Il tema del lavoro autonomo e della sua differenziazione dal lavoro subordinato. La recente legge n. 92/2012. In questo numero. N 30 - Gennaio 2013



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Come complicarsi la vita e vivere felici e contenti N 30 - Gennaio 2013 In questo numero Partite Iva: regole operative per applicare la Riforma del lavoro Recentemente il Ministero del Lavoro ha fornito chiarimenti circa l utilizzo delle Partite IVA nell ambito dei rapporti di lavoro, chiarendo quando scatta la trasformazione del contratto... Le eccezioni alle partite Iva nella Riforma Fornero Al fine di contrastare il fenomeno delle cosiddette false partite Iva, la recente riforma del mercato del lavoro ha introdotto una serie di parametri al cui verificarsi scatta la presunzione... I primi chiarimenti ministeriali Le circolari ministeriali n. 29/2012 e n. 32/2012 hanno fornito i primi chiarimenti sulle novità introdotte dalla L. n. 92/2012 (e dal successivo D.L. n. 83/2012, conv. in L. n. 134/2012) in punto di collaborazioni a progetto... I tirocini formativi I tirocini formativi (c.d. curriculari) e di orientamento (c.d. non curriculari) costituiscono un inserimento temporaneo dei giovani all interno di una realtà aziendale al fine di agevolare... 1 Il tema del lavoro autonomo e della sua differenziazione dal lavoro subordinato ha sempre rappresentato uno dei temi fondamentali del diritto del lavoro. Negli anni più recenti tale tematica è divenuta sempre più rilevante per la crescita esponenziale di formule c.d. atipiche di contratto adottate dalle aziende in cerca di flessibilità. La numerosità del ricorso a queste forme è diventato così evidente da porre l esigenza di una più stretta disciplina per frenare gli abusi. E cosa ha fatto il nostro legislatore? Cedendo al difetto atavico della nostra burocrazia ha emesso nuove norme incomprensibili ai più, complicandoci ulteriormente la vita. Grazie quindi agli autori degli articoli di questa newsletter, che ci aiutano ad orientarci in modo, come sempre, chiaro ed esaustivo. Enrico Cazzulani, Past President - AIDP Gruppo Co.co.co. e co.co.pro. alla luce dei recenti interventi legislativi di Angelo Zambelli Partner, Grimaldi Studio Legale La recente legge n. 92/2012 ha introdotto rilevanti modifiche alla disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative a progetto, intervenendo su diversi ambiti, dai requisiti del progetto alla sua concreta esecuzione e conclusione. In primo luogo, la novella citata ha stabilito che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici. Sono, pertanto, venuti meno i concetti di programma di lavoro e fase di esso che nella previgente normativa erano tra i possibili obiettivi di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. La novella in commento ha previsto, inoltre e significativamente, che i progetti devono essere funzionalmente collegati ad un determinato risultato finale. Rispetto al passato, dunque, il risultato non deve essere solo potenziale riguardo al progetto indicato contrattualmente, ma deve avere un proprio ruolo ovvero essere obiettivamente verificabile ed idoneo a realizzare uno specifico e circoscritto interesse del committente. Altro aspetto innovativo della riforma è dato dalla necessaria non coincidenza del progetto con l oggetto sociale del committente. Peraltro, nella recente circolare n. 29/2012, il Ministero del Lavoro ha fornito un interpretazione non particolarmente restrittiva, avendo chiarito come il progetto possa in realtà farsi rientrare nel ciclo produttivo dell impresa e insistere in attività che rappresentino il core business aziendale, purché esso sia caratterizzato da una autonomia di contenuti e obiettivi. La riforma ha precisato, inoltre, che il progetto non possa comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, nei quali non sia ravvisabile alcun margine di autonomia da parte del collaboratore o che, per la loro elementarità, non necessitino di specifiche indicazioni di carattere operativo fornite di volta in volta dal committente. Si pensi in tal senso ai camerieri, ai ba- vizafoto - Fotolia.com

risti, ai custodi, ai facchini o ancora agli addetti ai servizi inbound nei call center. Laddove, invece, in base alle modifiche introdotte dall agostana legge n. 134/2012, è ammesso il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto nelle attività di vendita diretta di beni e servizi realizzate attraverso call center outbound. Come noto, i requisiti sopra indicati non operano in una serie di ipotesi già individuate dalla legge Biagi e non affrontate dalla riforma. Trattasi, in particolare, delle collaborazioni coordinate e continuative rese in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche ovvero stipulate con titolari di pensioni di vecchiaia, amministratori di società e professionisti iscritti ad albi, purché in quest ultimo caso l oggetto della collaborazione sia riconducibile all attività professionale da essi espletata. Si noti bene che i richiamati interventi legislativi non hanno fatto venir meno, ma hanno anzi confermato, il principio secondo cui la mera titolarità della partita IVA in capo al collaboratore non esime automaticamente dalla necessità della stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, a progetto o meno. La partita IVA, infatti, è un mero requisito fiscale riservato a coloro che esercitano un impresa, un arte o professione, e di per sé non esclude la qualificazione di rapporti di lavoro autonomo in termini di collaborazioni coordinate e continuative o perfino, ove ne ricorrano le modalità tipiche di svolgimento del rapporto, di lavoro subordinato. è proprio all evidente fine di smascherare fenomeni distorsivi che dissimulano, con lo strumento della partita IVA, prestazioni inquadrabili nell ambito delle collaborazioni a progetto che il legislatore della riforma ha introdotto una specifica presunzione che, in presenza di determinate condizioni attinenti alla durata e al corrispettivo della collaborazione ovvero all utilizzo di una postazione fissa di lavoro da parte del collaboratore, è diretta a ricondurre la prestazione di lavoro autonomo ad una collaborazione coordinata e continuativa che, in mancanza del progetto, è sanzionata con la conversione del contratto in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Partite Iva: regole operative per applicare la Riforma del lavoro apops - Fotolia.com di Luca Failla *Founding Partner, LABLAW STUDIO LEGALE 2 Recentemente il Ministero del Lavoro ha fornito chiarimenti circa l utilizzo delle Partite IVA nell ambito dei rapporti di lavoro, chiarendo quando scatta la trasformazione del contratto aziendale in co.co.pro. o assunzione a tempo indeterminato (Circ. n. 32/2012). Come è noto, la Legge 92/2012 ha introdotto una presunzione semplice (è infatti fatta salva la prova contraria fornita dal committente), in forza della quale al verificarsi di almeno due condizioni su tre, le partite IVA sono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto: 1. la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva superiore a 8 mesi per 2 anni consecutivi; 2. il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi, costituisca più dell 80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell arco di 2 anni consecutivi; 3. oppure, che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente. Tale meccanismo presuntivo non è l unica strada percorribile per il funzionario ispettivo laddove si voglia contestare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato in luogo di quello autonomo, ben potendo ricorrere ai criteri abitualmente utilizzati dalla giurisprudenza. Il Ministero ha chiarito, circa la durata della collaborazione, che il periodo di riferimento è ciascun anno civile (1 gennaio 31 dicembre) che tradotto in termini di giorni, deve essere almeno pari a 241 giorni, anche non continuativi. In merito al corrispettivo (derivante da prestazioni di lavoro autonomo, che sia comunque fatturato anche se non ancora effettivamente incassato), la norma fa riferimento a 2 anni solari consecutivi, ossia a due periodi di 365 giorni, che non necessariamente devono coincidere con l anno civile. Tuttavia, nel caso in cui si intenda far valere la predetta condizione unitamente a quella concernente la durata della prestazione, andrà preso come riferimento il criterio dell anno civile, anche ai fini reddituali.

Circa la postazione di lavoro è sufficiente che il collaboratore possa usufruire di una postazione ubicata in locali in disponibilità del committente, indipendentemente dalla possibilità di utilizzare qualunque attrezzatura necessaria allo svolgimento dell attività. L applicabilità della presunzione è esclusa, quando la prestazione abbia entrambi i seguenti requisiti: a) sia connotata da competenze teoriche di grado elevato ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze (comprovate da titoli di studio, qualifiche o diplomi di apprendistato, qualifiche o specializzazioni attribuite da un datore di lavoro per almeno 10 anni); b) sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il minimale (per il 2012 pari a 18.662,50). Esclusi sono inoltre, gli iscritti ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli etc. (DM 20 dicembre 2012). Circa gli effetti della presunzione, in mancanza dei requisiti sopra indicati, le prestazioni rese sono da inquadrarsi nell ambito delle collaborazioni coordinate e continuative a progetto, con applicazione della relativa disciplina contributiva; tuttavia, in mancanza di un progetto specifico, il rapporto sarà convertito in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla sua costituzione. Pertanto, sarà opportuno d ora in avanti che anche i contratti di lavoro autonomo con i soggetti titolari di Partite Iva prevedano nel loro oggetto qualcosa di simile ad un progetto. La presunzione si applica ai rapporti instaurati successivamente al 18 luglio 2012. Nell ipotesi di prestazioni già in essere, il Legislatore dà tempo 12 mesi dall entrata in vigore della riforma per consentire gli opportuni adeguamenti: pertanto, solo dopo l estate del 2014 si capirà effettivamente la portata di tale meccanismo di presunzione. Trattandosi di circolari ministeriali la loro portata precettiva è limitata come sempre agli organi periferici dell amministrazione del lavoro, ben diverso potendo essere, sui medesimi argomenti, l approccio e l interpretazione da parte Giudici: solo il tempo e le prime pronunzie ci potranno dire di più. Le eccezioni alle partite Iva nella Riforma Fornero di Gabriele Fava* Al fine di contrastare il fenomeno delle cosiddette false partite Iva, la recente riforma del mercato del lavoro ha introdotto una serie di parametri al cui verificarsi scatta la presunzione relativa, essendo ammessa la prova contraria da parte del committente, di parasubordinazione e, in seconda battuta, in mancanza dello specifico progetto, la conversione in lavoro subordinato. Affinché ciò si realizzi, è sufficiente che sussistano almeno due dei requisiti stabiliti dalla Riforma, poi modificati dal Decreto sviluppo, riguardanti la durata, i corrispettivi e la disponibilità del posto fisso. Tuttavia, la Riforma ha previsto una serie di deroghe dall applicazione di tali criteri presuntivi. Una prima ipotesi di esenzione si verifica allorché la prestazione lavorativa è connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell esercizio concreto di attività. In merito, però, le prime riflessioni dottrinali seguite alla riforma hanno osservato come l eccezione appaia poco convincente, a causa del riferimento a concetti giuridici indeterminati. Un primo intervento chiarificatore si è avuto con la circolare n. 32 del 2012 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali secondo cui il grado elevato delle competenze e le rilevanti esperienze sono comprovate dal possesso di: diploma; titolo di studio universitario; qualifica o diploma conseguito al termine del periodo di apprendistato di qualunque tipo; qualifica o specializzazione posseduta da almeno dieci anni ed attribuita in forza di un rapporto di lavoro subordinato e in applicazione del contratto collettivo di riferimento; svolgimento dell attività autonoma in questione, in via esclusiva o prevalente sotto il profilo reddituale, da almeno dieci anni. Chiaramente, i certificati, i diplomi ed i titoli devono essere pertinenti all attività svolta dal collaboratore. Unitamente al possesso delle citate competenze e capacità, la Riforma richiede il conseguimento di un reddito annuo da lavoro autonomo, derivante da compensi per prestazioni rese anche in favore di più datori di lavoro, non inferiore 1,25 volte il minimale annuo di retribuzione. Il minimale annuo in questione, per l anno 2012, è stato pari ad euro 14.930 che, moltiplicato per 1,25, ha dato un reddito annuo pari a 18.662,50. Sono, inoltre, escluse dall applicabilità della presunzione anche le prestazioni lavorative svolte nell esercizio di attività professionali per le quali l ordinamento richiede l iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni. Con successivo decreto ministeriale, si è provveduto alla ricognizione di tali attività che, per l operatività della deroga, devono possedere specifici requisiti e condizioni. *Socio, Studio Fava & Associati James Thew - Fotolia.com 3

I primi chiarimenti ministeriali di Valentina Pomares* Picture-Factory - Fotolia.com Le circolari ministeriali n. 29/2012 e n. 32/2012 hanno fornito i primi chiarimenti sulle novità introdotte dalla L. n. 92/2012 (e dal successivo D.L. n. 83/2012, conv. in L. n. 134/2012) in punto di collaborazioni a progetto e collaborazioni in regime di partita IVA. Tali chiarimenti interpretativi riguardano, da un lato, i requisiti di cui deve essere dotato il progetto e le conseguenze sanzionatorie afferenti alla sua mancanza o a quella dei requisiti che lo devono caratterizzare; dall altro lato, l operatività, nell ambito di una collaborazione a partita IVA, della presunzione di cui all art. 69- bis comma 1 del D.lgs. n. 276/2003, nonchè i requisiti necessari per escluderne l applicazione. Nell ambito dei diversi argomenti trattati, la circolare n. 29/2012 offre spunti interessanti circa cosa debba intendersi per risultato finale (cui ora deve senza dubbio ricollegarsi il progetto) e per non coincidenza del progetto con l oggetto sociale della committente. In merito, il Ministero ha precisato che per risultato finale deve intendersi una modificazione della realtà materiale che il collaboratore si impegna a realizzare in un determinato arco temporale (ad es. sviluppo di uno specifico software e non l attività ordinariamente necessaria ai fini della sua gestione ) e che il progetto, pur potendo fare parte del ciclo produttivo dell impresa, deve esser dotato di autonomi contenuti ed obiettivi ( ad esempio, nell ambito di un azienda di software, creazione di un 4 programma informatico avente particolari caratteristiche ). Per quanto riguarda invece il regime sanzionatorio (art. 69, comma 1 del D.lgs. n. 276/2003), il Ministero afferma che non solo la mancata presenza del progetto porta alla riqualificazione della collaborazione in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ma, anche la carenza all interno dello stesso dei requisiti previsti dalla legge ( autonomia gestionale, collegamento ad un risultato finale, non coincidenza del progetto con l oggetto sociale della committente e svolgimento di compiti non meramente esecutivi o ripetitivi ). La circolare n. 32/2012 si occupa invece delle collaborazioni svolte in regime di partita IVA, soffermandosi, tra l altro, su uno dei due requisiti che devono contemporaneamente sussistere affinchè non operi la presunzione disciplinata all art. 69-bis comma 1, ossia il possesso da parte del collaboratore di competenze teoriche di grado elevato ovvero rilevanti esperienze, maturate nell esercizio concreto di attività. In merito, il Ministero fornisce un elencazione esemplificativa dei titoli di studio e delle esperienze lavorative che comproverebbero tali competenze ed esperienze, precisando che le stesse devono evidentemente essere pertinenti all attività svolta dal collaboratore. * Partner, Carnelutti Studio Legale Associato

Informazioni utili Andrea Orlandini Presidente AIDP Gruppo Enrico Cazzulani Past President AIDP Gruppo i tirocini formativi di Sergio Barozzi * I tirocini formativi (c.d. curriculari) e di orientamento (c.d. non curriculari) costituiscono un inserimento temporaneo dei giovani all interno di una realtà aziendale al fine di agevolare così le scelte professionali mediante conoscenza diretta del mondo del lavoro. L art. 11 D.L. 138/2011, convertito dalla L. 148/2011, rubricato Livelli di tutela essenziali per l attivazione dei tirocini ha recentemente modificato le regole di attivazione dei tirocini non curriculari; ratio legis: limitare l abuso e l uso distorto di tale strumento.. In particolare, il legislatore ha previsto che i tirocini possano durare al massimo sei mesi ed ha vietato l attivazione degli stessi trascorsi 12 mesi dal conseguimento del diploma o della laurea. Tali limiti creano qualche difficoltà applicativa in quanto circoscrivono l ambito applicativo dei tirocini, strumento molto usato e molto apprezzato dal mercato del lavoro per la sua capacità di agire come ponte efficace tra istruzione, università e impiego. Inoltre, su tale istituto è intervenuta la riforma Fornero che ha delegato il Governo e le Regioni, a concludere entro il 18 gennaio 2013 un accordo per la definizione di linee guida condivise in materia di tirocini. I criteri stabiliti dal legislatore sono: a) revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo; b) previsione di azioni ed interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività; c) individuazione degli elementi qualificanti il tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza; d) riconoscimento di una congrua indennità, anche forfettaria in relazione alla prestazione svolta. Inoltre, la riforma ha introdotto una sanzione amministrativa proporzionata alla gravità dell illecito per coloro che non riconoscono alcuna indennità per l attività svolta dal tirocinante. Da ultimo la Commissione Lavoro ha recentemente predisposto una bozza di accordo con le Regioni al fine di attuare la delega per la definizione di linee guida prevista dalla riforma Fornero; le linee-guida sono semplici standard di riferimento e quindi al momento non vincolanti per le imprese, almeno fino a quando non saranno recepite dalle singole Regioni. Infine, degna di nota è la sentenza n. 287/2012 in cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l illegittimità delle disposizioni previste dall art. 11 D.L. 183/2011 in quanto, nel fissare i limiti essenziali per l attivazione dei tirocini, dettano in concreto una disciplina sostanziale in una materia riservata alla competenza esclusiva delle Regioni. *Partner, Lexellent 5 pressmaster - Fotolia.com Domenico Butera Vicepresidente AIDP Gruppo Paolo Iacci Vicepresidente AIDP e Responsabile Editoria Contatti: Via Cornalia, 26 20124 Milano Tel. + 39 02.67178384 Fax. + 39 02.66719181 aidplombardia@aidp.it Autori del numero Sergio Barozzi Lexellent Luca Failla LABLAW Studio Legale Gabriele Fava Studio Fava & Associati Valentina Pomares Carnelutti Studio Legale Associato Angelo Zambelli Grimaldi Studio Legale Newsletter A cura di Paola De Gori Coordinamento redazionale Daniela Tronconi Per iscrizioni newsletter.aidplombardia@aidp.it Grafica e Impaginazione HHD - Kreita.com