La m ha purtâ via ul cör una stròliga rumena cuj man da sassina, a pell scüra e in facia l culur daa belèza.



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Ghazal V La m ha purtâ via ul cör una stròliga rumena cuj man da sassina, a pell scüra e in facia l culur daa belèza. I socch négar di messbàss e i tabàr daa pietà bütagaj là in uferta aa lüna cul sò vistî tütt sghiâ. Mi menaró drê in daa tera ul ricord dul tò neo, inscì a mè tera la savarà d acqua d udù. Ost, i Ángiul i sann no sa l é amur; alura cià i butigli, e gió rusòli in sü a palta di Omm. Mi sun rivâ a câ tua strepenâ, par dumandàtt na Grazia a ti, parché da ramédi par mi ga n é vön sul: che ti te me vöri ben a mi. Ho sentüü iersìra chela Vus là Scundüü in daa câ dul vén; dàmm a trâ mi, fèrmass lì e spécia, l é chel lì ul tò destén. Dess mett gió in tera a taza, da sùa daa mè fòpa, che al mument dul Giüdìzi mi, cut ul vén, bufaró föa dul cör anca l terùr daa Fén dul Mond. Tra dü ca sa vör ben gh é mai da mezz picóndri o afànn; a fà chela strâ chì t ê vist ca te sê ti ul vèll ch al quèt ul mond. Mi ha rubato il cuore un zingara rumena / con le mani da assassina, la pelle scura e in faccia il colore della bellezza. // Le gonne nere delle bigotte e i tabarri della pietà / gettali in offerta alla luna con la sua veste lacera. // Io porterò con me nella terra il ricordo del tuo neo / così la mia terra saprà di profumo. // Oste, gli Angeli non sanno cos è l amore; / allora fuori le bottiglie e versa rosolio sul fango degli Uomini. // Io sono giunto a casa tua sconvolto, per chiederti una Grazia, / perché di rimedi ne conosco uno solo: che tu mi ami. // Ho sentito quella Voce Nascosta nella casa del vino; / dammi retta, fermati là e aspetta, è quello il tuo destino. // Ora posa in terra la coppa, sopra la mia fossa, che il giorno del Giudizio / io, insieme al vino, soffierò fuori dal cuore il terrore della Fine del Mondo. // Fra due che si amano non ci sono mai di mezzo angosce o affanni; / facendo questa strada hai visto che sei tu il velo che copre il mondo. Due noterelle. Al v. 3, messbàss (sing. messabassa ) indica persone timide, introverse, un po represse e ottusamente devote, con sottintesa una punta di ipocrisia nel loro comportamento. Al v. 6, acqua d udù (lett., acqua di odore) è l acqua di colonia.

Ghazal II Da culp t ê trâ via ul vél s al vör dì? Bell e ciuca te s ê scapâ da câ s al vör dì? Ta gh é lassâ i rizz al vent e j urécc dumâ al tò grass da rost ma t éat già faj a stessa roba cun tütt i òl s al vör dì? Regina di gran gnocch, ti ta scüzìss anca i barbon ca cerca sü epür ti l tò valur te l capìssat no s al vör dì? In princìpi i pont di tò cavèj te m éi menga lassâ in man a mi? Ma pö te m ê trâ là me n strasc s al vör dì? I tò paroll m han cüntâ sü i sfulcìtt daa tò bóca e a tò zénta qui daa tò vita ma in dul discùr t ê catâ chì a fòlcia contra mi s al vör dì? Ga piasaìss a tüti a véng aj luterìj d amur ma ti cun tütt i gent t ê sempar giügâ spurch s al vör dì? Oh pueta, t ê casciâ via no da câ tua i furèst quan che in dul tò cürisén te gh é verdüü a porta aa tò amisa s al vör dì? Di colpo hai gettato via il velo, cosa significa? / Ubriaca sei scappata di casa, cosa significa? // Hai lasciato i ricci al vento e le orecchie solo per quell altro / ma avevi già fatto la stessa cosa con tutti, cosa significa? // Regina delle bellissime, ti guardano desiderosi anche i barboni che accattonano / eppure tu il tuo valore non lo capisci, cosa significa? // In principio le punte dei tuoi capelli non le avevi lasciate in mano mia? / Ma poi mi hai buttato via come uno straccio, cosa significa? // Le tue parole mi hanno raccontato gli altarini della tua bocca e la tua cintura quelli della tua vita / ma nel parlare mi hai minacciato con una falce, cosa significa? // Piacerebbe a tutti vincere alle lotterie dell amore / ma tu hai sempre giocato sporco con tutti, cosa significa? // O poeta, non hai scacciato da casa tua i forestieri / quando nel tuo piccolo cuore hai aperto la porta alla tua amica, cosa significa? Note: v. 3, grass da rost: lett. grasso d arrosto, significa persona inaffidabile, furbastro, opportunista, e in questo contesto sottintende che ha una relazione illecita con il tu a cui il testo poetico è rivolto. V. 10, t ê catâ chì a fòlcia: lett., sei andata a prendere, hai tirato fuori la falce

A mè vita in di casòtt In memoria da quan che ti te me guardéj da scundón In memoria di tò öcc, ca ma cupéan s ìan rabiâ cun mi, In memoria da nön dü, in gaìna al banchett di sentiment In memoria dul tò facén, ca pizéa ul fögh daa cuntentèza e i righ in sü a mè facia ìan i segn dul mè brüs. ma pö i tò làbar dulz me n miracul da Gesü ma féan resüscità. in daa màniga dul Re dul Mond séum dentar dumâ mi e ti. e chel cör chì gremâ, ca l sguéa sura pensé me n parpajón sü na fiama. In memoria da chela festa giüsta e misürâ, in du che dumâ l vén al büscéa in di tazz cun la legrìa dul ciucatà. In memoria da quan che ti te verséat dent ul vén ch al rìd in di tazz da rübén e tacâ i tò làbar sa cüntéum sü di stori e di sfulcìtt da menga dì. In memoria dul temp ch ho passâ in di casòtt, pien da vén daa belèza me n uglién, e là gh éa là tütt quel che dess, in gesa sul me n can, vó dré rimpiàng. In memoria di vostar man ca tuchéa chi sperli chì nöj nuént, che mi cun lur ho mitüü insema i mè vers cumé i curonn püssé bèj ca gh é.

La mia vita nei bordelli In memoria di quando tu / mi guardavi di nascosto / e le righe sul mio volto / erano i segni della mia passione. // In memoria dei tuoi occhi, / che mi uccidevano quando erano arrabbiati con me / ma poi le tue labbra dolci / come un miracolo di Gesù mi facevano resuscitare. // In memoria di noi due, / brilli al banchetto dei sensi e dei sentimenti / nei favori del Re del Mondo / c eravamo solo io e te. // In memoria del tuo visino, / che accendva il fuoco della contentezza / e questo cuore bruciato, che volava soprapensiero / come una farfalla notturna sulla fiamma. // In memoria di quella festa giusta e misurata, / dove solo il vino frizzava nei calici / con l allegria dello sbevazzare. // In memoria di quando tu / versavi il vino che ride nelle tazze di rubino / e vicino alle tue labbra ci raccontavamo / storie e segreti indicibili. // In memoria del tempo che ho passato nei bordelli, / ubriaco fradicio di vino della bellezza, / e là c era tutto ciò che adesso, / in chiesa solo come un cane, continuo a rimpiangere. // In memoria delle vostre mani / che toccavano queste perle nuove di zecca, / che io con loro ho composto i miei versi / come le più belle corone che esistono. Verso la fine, pien me n uglién (che indica uno molto ubriaco) vuol dire letteralmente pieno come un ampolla (tipo quelle che si usano per la messa). Nel contesto mi pare che ci stia bene.

Ghazal VIII Nanca a lüna la gh ha na facia sbarlüsénta me a tua, rispett a ti a rösa la par sbiavâ. Ul cantón di tò supracigli l é a câ daa mè anima un cantón püssé bell ga l ha nanca l re. Ho vist che l cör ner di tò öcc ga guarda doss nanca a quej ca l cugnùss. Oh magütt dul maciàm, cià un bell biceròtt par bé aa salüd d un maìstar senza cantiér. Bé l sangh, sètass gió e tâs, che l bragià da chi gh ha bisogn al ga nös al mè por cör. I tò cavèj ma i rólan menga dumâ a mi gh é in gir un quajghidön ca l han faj no murèll? Spécia, a vidarèmm s al fa ul fiâ dul mè cör sü a tò facia ul fiâ sbrujént, tegn a ment, al crepa i specc. Ch al vaga a lavà i mànigh cul sangh dul sò véntar chi l pó menga passà dent da chela söja chì! Guarda a süperbia di narcis sbuciâ in facia a ti i öcc süperbi ta fenn mai bèla cera. Perdona l por Afèzz in ginugión davant a ti; Belé, dumâ i rispurscèj han mai faj da pecâ d amur. Neanche la luna ha una faccia luccicante come la tua, / rispetto a te la rosa sembra sbiadita. // L angolo delle tue sopracciglia è la casa della mia anima / un angolo più bello non ce l ha neanche il re. // Ho visto che il cuore nero dei tuoi occhi / non guarda neppure i suoi conoscenti. // Oh apprendista dei detriti, porta un bel bicchiere colmo / per bere alla salute di un muratore senza cantiere. // Bevi il sangue, siediti e taci, che le urla / di chi ha bisogno danno fastidio al mio povero cuore. // I tuoi capelli fanno violenza non solo a me / c è qualcuno in giro che non ne porti i segni neri? // Aspetta, vedremo cosa fa il fiato del mio cuore sulla tua faccia / il fiato bollente, ricorda, crepa gli specchi. // Che vada a lavare le maniche con il sangue del suo ventre / chi non può passare questa soglia! // Guarda la superbia dei narcisi sbocciati davanti a te / gli occhi superbi non sono

mai gentili. // Perdona il povero Hafez inghinocchiato davanti a te; / Bellezza, solo i miscredenti non hanno mai fatto peccati d amore. Note: v. 4, magütt: muratore apprendista; maistar è il capocantiere. Ho trasformato la metafora originale in questa perché in dialetto funziona meglio. Metaforicamente dice la stessa cosa (oltre al fatto che oggi né le scuole né i conventi hanno il prestigio che avevano in una società di analfabeti dominata dal clero. Anzi, dato che i muratori guadagnano più di noi, forse l immagine è più aderente all originale). Maciàm sono detriti, resti, minutaglie, scarti. V. 5, bragià: lett., l urlare sbracato. v. 6, ma i rólan: lett., mi picchiano, me le danno. L han faj no murèll: fà murell vuol dire lett. far nero, picchiare. v. 9, ta fenn mai bèla cera: lett., non sono gentili, non ti guardano con faccia amichevole. Cerùs vuol dire gentile. v. 10, rispurscèj: lett. porcospini, fig. miscredenti (forse anche perché contiene la parola purscèj, cioè maiali). Si dice (si diceva, più che altro) di chi non va mai in chiesa.

Ghazal XV Un cantunén cüétt, vén da chel bon e amis sincer, che grazia végaj sempar, chi robb chì! Pensa ca ta pensa, in fén daa féa Oh pôr a mi, ho capî dumâ dess ul mond e tütt ul nostar fà e disfà hin un bell nagòtt. che i midisìnn daa cuntenteza hin i mè amis. Tìass là in dul tò cantunén e tégn da cönt ul temp gh é ndaj, i làdar cut i trapul daa vita hin agià in gir. In dua truaró un òl barbèll bell me l tò? Son bón no da truàll nanca in fond a n puzz da pensér. Mi meriti no un vidén me l tò, fén me n cavell, ma godi tütt a pensà di pensér fén me qué. Porta chì ul suris di tazz e l rübén daa tò beleza, mi ai robb bèj da menga créd rinónci no. L è nurmal che i mè lacrim hin russ me i gìgiul, a mi di labar russ me i gigiul m han sigilâ j öcc. Ma fann, Ti Afèzz, artista, sun mi l tò servo! Amis, mi gh ho menga scritt Sali e Tabacchi! Un angolino quieto, vino di quello buono e amici sinceri, / che grazia averle sempre, queste cose! // Pensa e ripensa, in fin della fiera / il mondo e tutto il nostro fare e disfare sono un bel niente. // Oh povero me, ho capito solo adesso / che le medicine della mia felicità sono gli amici. // Ritìrati nel tuo angolino e tieni d acconto il tempo trascorso, / i ladri con le trappole della vita sono già in giro. // Dove troverò un altro mento bello come il tuo? / Non sono capace di trovarlo neanche in fondo a un pozzo di pensieri. // Non mi merito un vitino come il tuo, sottile come un capello, / ma godo un mondo a pensare pensieri fini come questi. // Porta qui il sorriso dei calici e il rubino della tua bellezza, / io alle cose incredibilmente belle non rinuncio. // È normale che le mie lacrime siano rosse come corniole, / a me delle labbra rosse come corniole hanno sigillato gli occhi. // Mi fanno, Tu, Hafez, artista, sono io il tuo servo! / Amici, io non sono mica fesso del tutto! Note. V. 9, gh ho menga scritt Sali e Tabacchi: non ho scritto Sali e Tabacchi (sottinteso, sulla fronte), ovvero, non sono scemo. Ho usato il plurale (amis), perché la forma plurale è uguale per maschile e femminile. Quindi vale sia per amici che amiche.

Nota sul dialetto Il dialetto è l altomilanese o bosino e, per la precisione, una combinazione dei dialetti di Cassano Magnago e Fagnano Olona, in provincia di Varese. In termini non importati, da noi si parla semplicemente di lumbard o milanes arius. La pronuncia è grossomodo quella del milanese, con alcune differenze. Qui indico i suoni che differiscono da quelli dell italiano: â a chiusa e lunga, un po come nell inglese father o nello svedese jag. L accento circonflesso indica sempre una vocale lunga. aa vale per due a separate o una singola a più o meno strascicata secondo le necessità espressive del caso. Per esempio, daa (it. della o dalla) = da-a. ö ö tipo tedesca. ü ü tipo tedesca o francese. vocale + n o m vocale nasalizzata, sia all interno che a fine parola, ma in modo più debole rispetto al francese. In altomilanese la i nasalizzata è quasi sempre sostituita con la é nasalizzata. Per esempio, al milanese pin (pino) corrisponde un arioso pen. Prima di doppia n o m la vocale non subisce nasalizzazione. ch e gh a fine parola indicano c e g sorda (come in cane e gatto); nella stessa posizione, c e g vanno ovviamente pronunciate sonore. s c indica che i due suoni vanno letti separati e non uniti come ad esempio in scena. ss indica la s sorda, come in sai. La s singola è sonora. Rispetto all italiano, le consonanti doppie sono molto deboli o, sostanzialmente, non esistono. z zeta italiana, che nel milanese cittadino esiste solo in alcune parole adattate da altre lingue.