PROGETTO PER IL CENTENARIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE. Spettacolo

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Transcript:

PROGETTO PER IL CENTENARIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Spettacolo RACCONTI DI GUERRA PER UN MONDO DI PACE La storia si è consumata qui, a due passi da noi... Le Alpi Venete, così come tutto l arco Alpino, sono state terreno di guerra, cornice in cui il conflitto mondiale del 1915-18 si è dispiegato: luoghi che, nel silenzio dei loro monumenti, testimoniano la grande tragedia. Camminamenti, trincee, fortificazioni arroccate sulle montagne, luoghi della memoria... beni architettonici da riconsegnare alla comune consapevolezza, che si ergono quale memoria storica della Grande Guerra. Per questo lo spettacolo, adatto a qualsiasi tipo di sala, verrà proposto anche: negli spazi aperti - forti, trincee, camminamenti - diffusi sul territorio dell arco Alpino. in forma itinerante, attraverso percorsi negli scenari naturali in cui quella Guerra si consumò. LO SPETTACOLO E' la storia degli ultimi, dei soldati semplici al fronte, la storia di un attesa che consuma l esistenza, annichilisce ogni speranza, tessuta con le testimonianze di un altra attesa, quella dei civili, in particolare donne... La quotidianità della vita di trincea - tra postazioni perdute, isolate in un deserto, di neve e roccia, di buzzatiana memoria, in un tempo sospeso - e la quotidianità dei civili: disagi, pericoli, ma anche un mutato rapporto col tempo, con lo spazio, con se stessi. Tra cronaca e testimonianza si compongono fulminanti spaccati narrativi: protagoniste le voci di quell umanità sofferente, espressione di quell Italia degli umili, frammentata nel gergo, nell inflessione, e unita nel dolore, che la letteratura del 900, in varie forme, ha consegnato alla storia. INFORMAZIONI: Vassilij Mangheras: vassilij@tibteatro.it _ 0437-950555 _ mobile 334-6620926 - 349-1490742 Lara Sacchi: lara@tibteatro.it _ 0437-950555 _ mobile 334-6620926 Tib Teatro _ 0437-950555 _ info@tibteatro.it

IL BRUTTO ANATROCCOLO una favola pop sulle differenze dalla favola di Hans Christian Andersen Drammaturgia e regia Daniela Nicosia Con Clara Libertini, Solimano Pontarollo «Sono stata un brutto anatroccolo per questo sono qui, per questo vi racconto questa storia, ma chi mi ha amato ha sempre detto sei bellissimaaaa!» Soli, è come quando che la festa finisce e ci si sente soli, ti viene su quella malinconia eppure resti là... ancora un po di musica, ci provi a divertirti ancora un po... poi dai raccontami di te, della tua storia... C è stata una festa, due amici di vecchia data, si ritrovano soli a sistemare, così mentre si raccontano, ci raccontano la storia del Brutto anatroccolo... rivelandoci come, in fin dei conti, tutti, almeno una volta nella vita, siamo stati o ci siamo sentiti brutti anatroccoli. Lo spettacolo rivisiterà la celebre favola di Andersen, dando vita ad una originale DRAMMATURGIA MUSICALE che, pur raccontando la favola nota, comporrà le esperienze personali dei protagonisti con le migliori canzoni del pop italiano. La musica, e la ricerca ad essa connessa, caratterizza lo spettacolo segnando gli snodi del racconto. Musiche e parole atte a disegnare quel paesaggio umano affettivo che costituisce il nucleo della relazione che intendiamo stabilire con i nostri piccoli spettatori. Lo stesso paesaggio affettivo di cui l anatroccolo, protagonista della storia, viene deprivato, a causa del suo aspetto fisico. Una favola sul bisogno d amore negato... sulla scoperta di se stessi, della bellezza che c è in ognuno, fino al volo finale del bellissimo cigno. LO SPETTACOLO Lo spettacolo, vuol essere una riflessione sulla necessità di mutare lo sguardo, alla ricerca in noi stessi, di uno sguardo nuovo che sappia vedere la bellezza del cigno, nascosta, in ogni persona, e accogliere l altrui bisogno di essere amato. L impianto scenico, essenziale, e di taglio assolutamente contemporaneo, porta i segni di una festa vintage appena finita: disordine, sgabelli, piatti e dischi in terra, mentre un 45 giri riporta le canzoni di un tempo...in un alternanza di ritmi e stili musicali che emozionano e commuovono... Le emozioni si alternano, tra momenti di evidente comicità e leggerezza, in cui le musiche giocano un ruolo rilevante, insieme alle goffaggini e agli impacci del corpo.

IL TESTO Il testo dello spettacolo è scaturito dalla mappatura delle emozioni vissute dai bambini delle scuole primarie su questo tema, e dalla tessitura delle loro esperienze con la ben nota favola che, in scena, viene integralmente raccontata.

LA FAVOLA DELLE STAGIONI ovvero la storia di Persefone, il fiore di narciso e il chicco di melograno... drammaturgia e regia Daniela Nicosia con Susanna Cro e Labros Mangheras assistente alla regia e coreografie Clara Libertini Una madre e una figlia, appartenenti alla razza degli dei di Grecia. La mamma della nostra storia, Demetra, era la dea dei raccolti, dell agricoltura, la figlia detta Core, bellissima, si chiamava Persefone. Zeus, il capo degli Dei, l aveva promessa in sposa, all insaputa della madre, al dio Ade, bruttissimo, e padrone degli Inferi, cioè dell Aldilà, cioè del regno delle ombre, del regno dei morti insomma! Certo, l avesse saputo, Demetra, la madre, non avrebbe mai permesso quelle nozze luttuose! Per questo motivo Ade, con la complicità di Zeus e di un bellissimo fiore di narciso, rapisce la ragazza e se la porta sottoterra. Una madre separata a forza dalla figlia, scatena un putiferio, non si da pace, vero? Figuratevi una madre Dea! Un triplo putiferio, altro che pace, il finimondo! «Sono la Dea del raccolto, dell agricoltura? Bene! Nessun seme, nessuna spiga mai più germoglierà, i campi saranno secchi per la siccità, tutto sepolto sottoterra per sempre resterà, nessun raccolto maturerà, nessun nutrimento per uomini e Dei più ci sarà! Di fame ognuno morirà! Unica via d uscita che io possa rivedere mia figlia Persefone! Subitooo!!!» tuonò Demetra. A Zeus non restò alternativa e nemmeno ad Ade, che si convinse a lasciar tornare sulla terra la bella Persefone, solo, però, dopo averle fatto gustare il chicco di melograno... Era furbo Ade, perché quel chicco gustato insieme era una specie di sortilegio, una promessa rubata, affinché lei tornasse periodicamente da lui. Da allora Persefone ogni anno, per due terzi dell anno, torna sulla terra e la terra si riempie di fiori, di frutti, di nuovi semi che, dopo la semina, per l altro terzo dell anno, se ne stanno sottoterra, nel gelo dell inverno, proprio come Persefone che, in quei mesi freddi, se ne torna laggiù dal marito, per riscaldarsi un po tra le sue braccia, nel gelo dell inverno, in attesa di donarci, col suo ritorno in terra, ogni anno, una nuova primavera... Fascia d età: 3 / 8 anni Lo spettacolo Lo spettacolo sviluppa la linea artistica di Tib Teatro circa la trasmissione del mito ai più piccoli - già felicemente perseguita con produzioni come La Favola di Orfeo, il Volo di Icaro, Ulisse - mentre induce la riflessione sul legame con la figura materna e con la madre natura, entrambe fonte di nutrimento, mentre l antico mito delle stagioni fluisce sul piano emotivo ancor prima che su quello cognitivo e si traduce

in paesaggio umano dei più giovani, creando un legame affettivo con i piccoli spettatori, secondo la poetica del teatro delle emozioni, che caratterizza la scrittura scenica di Daniela Nicosia. Emozioni quali nutrimento dei più giovani e approccio al teatro, che ne è luogo elettivo; mito quale strumento di lettura della realtà, alle origini della nostra cultura. Contenuti LA FAVOLA DELLE STAGIONI ovvero la storia di Persefone, il fiore di narciso e il chicco di melograno, racconta ai più piccoli il mito di Demetra e Persefone, una storia con la quale l antica Grecia cercò risposte ai misteri connessi al ciclo della natura, e alla iniziazione sessuale dei giovani, un mito alle origini dei rituali dei misteri Eleusini, riattraversato con un linguaggio semplice e giocoso che sa attingere all esperienza emotiva dei più giovani nella relazione affettiva con la figura materna. Una relazione, questa, determinante, nel vissuto dei nostri piccoli spettatori. Una relazione attraverso la quale si disegna quel tessuto emotivo di affettività e ambiente che costituisce il dna del nostro essere. Relazione che necessita della pur critica separazione, affinché nasca e si consolidi una nuova identità. La separazione dalla madre è infatti lo snodo, non privo di difficoltà, attraverso il quale si realizza il percorso evolutivo del bambino. Drammaturgia e Bibliografia Un accurato lavoro di scrittura drammaturgica, scaturito dalla composizione artistica dei materiali verbali e gestuali prodotti dai bambini in sede di laboratorio, e dalla corposa bibliografia sul mito di Dario Dal Corno, Karoly Kerenyi, Felice Ramorino, Luciano De Crescenzo, Jean Pierre Vernant, Roberto Calasso, caratterizza lo spettacolo. Una scrittura immediata ma non banale, che diverte e commuove ad un tempo, che con leggerezza racconta storie antiche, quale nutrimento, per i più giovani, della sfera emotiva e del pensiero, storie che coltivino l attitudine ad interrogarsi sul presente, anche attraverso le suggestioni del passato. Una drammaturgia atta a comporre, unitamente al determinante ruolo svolto dalle accurate scelte musicali, che si fanno struttura, metalinguaggio testuale, il tessuto emotivo dello spettacolo. UN TEATRO CHE INTENDE PARLARE AL PRESENTE, ATTRAVERSO SCRITTURE ORIGINALI, CHE FANNO DELLA DRAMMATURGIA IL TASSELLO PIÙ SIGNIFICATIVO DEL NOSTRO SEGNO SCENICO.

IL VOLO DI ICARO Drammaturgia e regia Con Produzione Daniela Nicosia Vania Bortot e Labros Mangheras Tib Teatro Scene Costumi Coreografie Assistente alla regia Gaetano Ricci Silvia Bisconti Clara Libertini Lorena Casol Luci e Suono Realizzazione scene Scenotecnico Francesco d'altilia Luigi Bortot Luigino Marchetti Un papà e suo figlio. L alchimia di un legame profondo che dalla prima infanzia ci accompagna per tutta la vita. Nella nostra storia il papà si chiama Dedalo, fa l inventore e passa ore e ore rinchiuso nel suo studio, mentre il piccolo Icaro, il figlio, occhioni azzurro cielo spalancati, lo osserva curioso, discreto e a tratti indiscreto Aspetta Icaro, come ogni bambino, aspetta il tempo che il papà potrà dedicargli aspetta la passeggiata della sera sulla scogliera, insieme, papà e figlio, nel vento. Lassù il papà gli ha rivelato i segreti delle api e le sue segrete ambizioni e in quelle sere, Icaro si è sentito felice Finché un giorno - imprigionati entrambi da Minosse, il terribile re di Creta che accusa Dedalo di tradimento - padre e figlio, si ritroveranno insieme con una infinità di tempo da condividere. Loro due soli, rinchiusi nel labirinto, la prigione a cielo aperto, inventata dallo stesso Dedalo, da cui è impossibile uscire. Ma tu papà puoi tutto! Sei il mio papà e sei anche inventore, dai inventa un invenzione trova la soluzione! Ora Dedalo e Icaro, occhi negli occhi, soli, sotto quell azzurro cielo di quel cielo speciale, cielo di Grecia, che se alzi un dito ti pare che lo puoi toccare, cercano insieme una via d uscita. Ora padre e figlio sono davvero insieme, perché insieme progettano il loro futuro Lo spettacolo sviluppa la ricerca artistica di Daniela Nicosia intrapresa con La Favola di Orfeo - Premio quale Migliore Spettacolo al Festival Nazionale di Molfetta 2005 - circa la trasmissione del mito ai più piccoli con leggerezza e semplicità, grazie ad un accurato lavoro di drammaturgia. Premio Speciale Silvia-Miglior Attore al Festival di Molfetta Ti fiabo e ti racconto 2009

LA FAVOLA DI ORFEO Drammaturgia e regia Con Produzione Daniela Nicosia Silvia Nanni e Solimano Pontarollo TIB Teatro Scene Marcello Chiarenza Costumi Silvia Bisconti Una favola qualcosa che resta nel tempo qualcosa che è sempre, proprio come il mito, qualcosa che, come dice Rodari, può nascondersi in un gesto quotidiano in un oggetto in un fiore. Basta saperla scorgere e risvegliare basta saperla ascoltare basta aver voglia di raccontarla ancora La favola di Orfeo è una storia semplice e antica, che respira di sole e di mediterraneità, a risvegliarla, nello spettacolo, sarà proprio lui, Orfeo: poeta, musico, cantore e da buon greco incantatore. Orfeo con la sua musica incantava ogni cosa, ammansiva le fiere compiva prodigi, finché un giorno Prodigio! A restare incantato fu proprio lui, innamorato per sempre della bella ninfa Euridice Per quell amore Orfeo sfiderà il buio, la paura, il regno delle ombre. Grazie alla sua musica saprà affrontare Caronte il barcaiolo, Cerbero, il cane a tre teste, e perfino Ade il terribile re dell Aldilà finché Apollo, il padre, mosso a pietà dal prodigioso canto di Orfeo, che ha smarrito per sempre la sua Euridice, lo trasformerà in una costellazione! Luminosissimi punti di luce nell aria buia nel cielo della notte. Così Orfeo stella, Euridice aria si ritroveranno abbracciati insieme per sempre! E se guardate in aria, stasera, nasino all insù, li scoprirete abbracciati ancora adesso Il desiderio è quello di raccontare il mito ai più piccoli, con immediatezza e vivacità grazie ad un accurata drammaturgia in cui la parola si staglia tra bagliori poetici e guizzi di evidente comicità, trasfondendosi in un universo musicale multietnico che permette alla storia di respirare atmosfere, echi di mondi lontani, visioni evocate dalla musica e dai particolari elementi scenici di Marcello Chiarenza. All amore è dedicato lo spettacolo, a quella forza che permette, insieme, di crescere, di sentirsi forti, una forza che permane anche quando si resta soli e sembra di precipitare

ANNEGATI DI TERRA La storia dei fratelli Bisaglia Come sono morti veramente i fratelli Bisaglia? Per quale motivo in entrambi i casi la magistratura non è stata messa in condizione di svolgere indagini adeguate ed esaustive? Nessuna autopsia, dichiarazioni contrastanti, ricostruzioni improbabili dei fatti e non luoghi a procedere ne fanno uno dei misteri più impenetrabili del Belpaese. Come è morto davvero Toni Bisaglia, noto esponente della Democrazia Cristiana tra il 1972 e il 1980, tre volte ministro della Repubblica nei governi Moro, Andreotti, Cossiga e Forlani e coinvolto in clamorosi scandali? Secondo la versione ufficiale muore il 24 giugno 1984 a Santa Margherita Ligure, cadendo in mare dallo yacht Rosalù, di proprietà della moglie Romilda Bollati di Saint Pierre, forse in seguito ad un'onda anomala mentre veleggiava nel golfo. Ma la versione ufficiale lascia perplessa la magistratura e sono molte le incongruenze che affiorano analizzando le deposizioni dei presenti a bordo dello yacht. E come è morto don Mario Bisaglia, fratello del ministro? Ritrovato cadavere nel lago di Centro Cadore a Domegge, in provincia di Belluno. Nella prima ipotesi è suicidio per asfissia da annegamento, ma ad un successivo esame risulterà deceduto prima di cadere in acqua. Da qualche tempo sosteneva di aver ricevuto alcune rivelazioni sulla morte del fratello... Annegati di terra è uno spettacolo che racconta un mistero inquietante e poco conosciuto: un intreccio di interessi e scandali, che non si conclude solo con la morte dei due fratelli ma che miete molte vittime anche all'interno dell'entourage del ministro. Molti, anzi tutti, morti in circostanze poco chiare o poco verosimili.

ULISSE testo, regia Daniela Nicosia con Piera Ardessi e Labros Mangheras scene Gaetano Ricci coreografie Clara Libertini costumi Silvia Bisconti luci e suono Paolo Pellicciari «Non ci voleva andare lui, alla guerra Non era come Achille Quello, Achille, aveva scelto di combattere, nel fiore degli anni, e se gli capitava di morire sul campo di battaglia sarebbe stata la bella morte, quella di cui favoleggiavano gli eroi, i Greci, e soprattutto gli eroi greci!! È così che avrebbe dimostrato di essere il migliore, di non avere simili, Achille, è così che avrebbe ottenuto una gloria immortale! Poveretto, e intanto se l era andata cercando la morte, lui, il coraggioso, il guerriero, il più forte, l invincibile Achille! Ulisse no, a Ulisse gli piaceva la vita aveva trent anni poco meno, poco più, quando lo chiamarono alla guerra, a Troia, e pure una moglie bella ci aveva, anzi bellissima, Penelope, l aveva sposata da poco in quel letto bello scavato nell olivo massiccio, profumato, e in quello stesso letto, Telemaco, il figlio, era nato, che quando lo chiamarono alla guerra Ulisse, quel figlioletto c aveva tre mesi soli Come si fa a lasciare un figlio di tre mesi solo, e una moglie sola, e un cane che era il migliore dei cani, solo come un cane, Argo si chiamava, la fedeltà in persona e la sua isola, Itaca, e tutta la vita sua, insomma a trent anni, com è possibile lasciare tutto e andarsene alla guerra Non gli piaceva la guerra a Ulisse e quella volta lì messo alle strette da tutti i guerrieri greci e da Nestore, il saggio, si finse pazzo Ulisse, pazzo per non andare a guerra, per non andare, per non attraversare il mare Le provò tutte, lui, ci aveva la métis, lui, l astuzia, la furbizia, così la chiamano i Greci métis e grazie a quella métis che era un dono della natura, che accompagnava l intelligenza, l intelligenza che è quella roba che ti fa pensare, che ti fa capire che la guerra è brutta, grazie alla métis la vinse Ulisse, alla fine, quella guerra infame come tutte le guerre, la vinse, lui che non voleva andare a guerra, la guerra» Lo spettacolo sviluppa la ricerca artistica di Daniela Nicosia sul mito raccontato ai più piccoli. Dopo l esteso successo de Il Volo di Icaro e La Favola di Orfeo, è questa volta il mito di Ulisse ad essere riattraversato con efficacia e semplicità, con una drammaturgia ricca di spessore e allo stesso tempo popolare, mentre in quel mito, in quella storia antica, si rintraccia un profondo, attualissimo messaggio di pace