«Il Signore Dio prese l uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse»

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«Il Signore Dio prese l uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» se» (Gen 2,15) LAVORO E FESTA NEL LIBRO DELLA GENESI DON MARCO SETTEMBRINI (FACOLTÀ TEOLOGICA DELL EMILIA ROMAGNA F.T.E.R. BOLOGNA) Modena Centro Famiglia Nazaret 15-10-11

LA FESTA E IL PRIMO RACCONTO DI CREAZIONE GEN 1 In un primo momento faremo una riflessione su Gen 1, unitamente ad un discorso sulla festa. Commenteremo poi Gen 2, mettendo a fuoco il tema del lavoro. Infine, nella terza relazione, considereremo come nella creazione subentra il peccato. Percorreremo Gen 3-11, per poi soffermare lo sguardo su Abramo, che è chiamato proprio in tale contesto. 1. PREMESSA La Scrittura è stata trasmessa grazie a delle scuole. Infatti, nell antico Israele la Scrittura va crescendo e maturando nei circoli degli scribi e nelle scuole antiche. La Scrittura che oggi noi abbiamo è innanzi tutto un condensato di sapienza: viene trasmesso e insegnato ciò che è utile e che serve. Oggi è possibile scrivere e pubblicare tutto ciò che si vuole su internet, lasciando così traccia di o- gni frase. Bisogna pensare che, invece, la Bibbia è proceduta grazie ad una trasmissione di circa 2.500 anni. Dunque non è un fatto scontato che questo libro sia giunto fino a noi. A noi è arrivato poiché, generazione dopo generazione, si è ritenuto di trovare qui dentro parole importanti, che danno luce e spiegano qualcosa della vita umana. Quindi la Bibbia, il Pentateuco (in modo particolare le sue prime pagine, che stiamo per affrontare) sono parole sapienti, che possono fornire un orientamento nella vita e nella quotidianità. Cominciamo leggendo Gen 1. «[1,1]In principio Dio creò il cielo e la terra. [2]La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. [3]Dio disse: Sia la luce!. E la luce fu. [4]Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. [5]Dio chiamò la luce giorno mentre chiamo le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo. [6]Dio disse: Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque. [7]Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. [8]Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. [9]Dio disse: Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l asciutto. E così avvenne. [10]Dio chiamò l asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. [11]Dio disse: La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie. E così avvenne. [12]E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. [13]E fu sera e fu mattina: terzo giorno. [14]Dio disse: Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni [15]e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra. E così avvenne. [16]E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. [17]Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra [18]e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. [19]E fu sera e fu mattina: quarto giorno. [20]Dio disse: Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo. [21]Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e 2

brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. [22]Dio li benedisse: Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra. [23]E fu sera e fu mattina: quinto giorno. [24]Dio disse: La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie. E così avvenne. [25]Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. [26]Dio disse: Facciamo l uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. [27]E Dio creò l uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. [28]Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra. [29]Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero, che produce seme: saranno il vostro cibo. [30]A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. [31]Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. [2,1]Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. [2]Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. [3]Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. [4a]Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati» (Gen 1,1-2,4a). 2. UNA CREAZIONE ORDINATA Come si avverte, è una lettura ripetitiva. Si tratta di una lettura che vuole essere solenne e quindi suggerisce la solennità del passo cadenzato di una processione. Il suo scopo non è quello di intrattenere con la varietà degli interventi, bensì vuole suggerire il senso di un passo che trasmette la stabilità della presenza di Dio e che rimanda a qualcosa di sacro. Questo testo proviene dalla cosiddetta tradizione sacerdotale dell Antico Testamento (AT). È una tradizione che si sviluppa intorno al culto (come si può facilmente immaginare dall aggettivo sacerdotale ) e che si cura di descrivere con minuzia i particolari della liturgia. Quindi si esprime in questo modo, cercando di aiutare a capire che il mondo è fatto secondo differenze (ogni cosa è fatta «secondo la propria specie»: ogni cosa è al suo posto prestabilito, è ordinata). La ripetizione nell esposizione vuole proprio suggerire tale idea: il mondo in cui viviamo è ordinato. Il mondo è ordinato e non è caotico. Si tratta di una questione importante, poiché probabilmente questo testo emerge quando Gerusalemme è stata colpita dall esercito babilonese, che l ha distrutta, e il tempio è stato profanato (586 a.c.). Quindi molti lamentano che le fondamenta del mondo sono state scosse: il luogo della presenza di Dio è stato profanato; gli Ebrei in quel momento sono dispersi e sono in un numero irrisorio; i giovani sono stati uccisi; regnano il disordine e il caos. Alle persone che per le strade diffondono tali idee, l autore sacro risponde che, invece, il mondo è ordinato. Affermare che il mondo è ordinato significa sostenere che il mondo segue ancora un binario stabilito da Dio. Per quanto sembri vincere il caos, in realtà il Signore ha stabilito la terra e ogni cosa. 3

Quindi la creazione è descritta con atti solenni e decisivi, che vanno a ritagliare il posto per tutto ciò che esiste. 3. UNA CREAZIONE FATTA BENE Tutto procede per separazione. Prima è tutta acqua; poi il Signore stabilisce il firmamento, che è qualcosa di fermo (come suggerisce lo stesso vocabolo firmamento in italiano), di molto robusto. Il vocabolo ebraico tradotto con «firmamento» significa (metallo) battuto : indica una volta robustissima che deve trattenere le acque superiori, tenendole separate da quelle inferiori (v. 6). Dunque all inizio c è solo acqua, c è il caos. Poi il Signore interviene con una prima divisione: separa delle acque da altre acque. Alla domanda perché il cielo sia azzurro, gli antichi rispondono che è azzurro poiché lassù ci sono delle acque. Acque che non cadono in quanto sono appunto trattenute da quella volta robustissima, che impedisce alle acque superiori di ricongiungersi con le acque inferiori, evento che causerebbe la distruzione. Questa è una prima divisione (v. 7). Poi il Signore continua a separare: concentrandosi sul piano inferiore, separa le acque, raccogliendole in un posto, affinché possa emergere la terraferma (v. 9). Dopo il Signore separa ulteriormente ciò che abita la terraferma, stabilendo prima una porzione dell ambiente per la vegetazione e poi l habitat per i rettili (vv. 11-12); mette i mostri marini nelle acque (vv. 20-22); stabilisce i quadrupedi (vv. 24-25). In tal modo sia le piante, sia tutti gli animali (gli insetti, i quadrupedi, i cetacei), si sviluppano ciascuno «secondo la propria specie». Quindi tutto è ordinato. Ci sono gli alberi, nella molteplicità delle loro specie, che si moltiplicano. Essi contengono semi, che producono alberi, che producono frutti, che producono altri semi, che producono ancora alberi, ecc. Poi ci sono gli animali, che si riproducono ognuno secondo la propria specie. Tutto è ordinato. Una tale insistenza sull ordine è ben comprensibile sullo sfondo di un popolo che è disorientato e che si chiede chi governi la terra e chi governi la storia. Infatti in quel momento storico non c è più un re in Israele e Dio sembra essere scomparso: il suo tempio è stato distrutto. Allora pare proprio esserci disordine. Nei libri di Isaia e Geremia si trova lo stesso lamento. Geremia guarda la terra ed ecco non c è più, è tutta caos (ad esempio, Ger 4,23). L espressione che si legge al v. 2: «La terra era informe e deserta» si ritrova nei profeti che descrivono la situazione di un paese distrutto dal passaggio degli eserciti nemici, che passando devastano, lasciando il paesaggio dietro di loro come informe e deserto. Allora si vede che questo passo di Genesi racconta degli inizi e tratta di tempi lontani, per parlare in realtà delle situazioni più drammatiche della nostra vita. Quando Israele racconta che «la terra era informe e deserta», afferma pure che il suo Dio è il Creatore e che Egli agisce esattamente quando la terra sembra essere «informe e deserta». È un metodo di presentare le cose frequente nella Bibbia. È impiegato molto spesso nella stesura dei racconti delle Sacre Scritture. Si parla di epoche molto lontane, remotissime, per parlare in realtà dell oggi. Si scelgono epoche passate affinché chi legge possa esprimere un giudizio; poi, riflettendoci sopra, per il lettore è possibile notare come nell attualità si sia nella stessa situazione. È lo stesso meccanismo della parabola. Come esempio, si può ricordare ciò che narra il profeta Natan al re Davide: «C era un uomo che era ricchissimo e che aveva tante greggi e tanti armenti. Un giorno ricevette degli amici e, per imbandire la tavola per loro, anziché uccidere uno dei suoi innumerevoli capi di bestiame, andò a prendere l unica pecorella del suo vicino di casa poverissimo, che aveva in quella pecorella l unico sostentamento». Al sentire ciò il re Davide si indigna: «Quell uomo deve risarcire quattro volte tanto e deve essere messo a morte». Il profeta gli risponde: «Sei tu quell uomo». Infatti Davide si è comportato nello stesso modo: aveva un harem, ma è andato a prendere l unica moglie di un suo generale, Uria l Hittita (2 Sam 11). 4

Anche Gesù, quando parla del regno dei cieli, propone delle parabole, ossia delle storie che sembrano essere molto lontane e non avere a che fare nulla con l attualità. Invece, se si riflette bene su di esse, si capisce che in realtà Gesù vuole parlare di noi, e di Dio nella nostra vita. In Gen 1-12 si trovano come delle grandi parabole. Non bisogna essere presi dalla preoccupazione di capire come tali racconti si armonizzino con le teorie scientifiche del Big bang o dell evoluzionismo; oppure di comprendere dove si possano fissare nella storia personaggi quali Adamo, Noè, ecc. La Scrittura non vuole che il lettore di oggi si ponga tali questioni. Invece questi capitoli offrono delle parabole, dei racconti, che sembrano parlare di epoche remotissime (si narra addirittura dell inizio dei tempi!), ma in realtà lo fanno per parlare di noi oggi davanti a Dio. Si parla della creazione del mondo, cioè dell inizio assoluto, per parlare del VI secolo a.c., in cui Gerusalemme viene distrutta. In questo procedimento si parla di un tempo in cui c erano il caos e la morte, per parlare del tempo attuale, in cui talvolta ci si sente disorientati e in cui viene da sospettare che Dio si sia ritirato, poiché le risorse odierne invecchiano e si stancano. Se c è la tentazione di ritenersi nel deserto, la Scrittura risponde ricordando che il Signore, sin dalla prima pagina, è esattamente Colui che agisce nel deserto ed è Colui che agisce nel tempo del caos. Allora si vede come Dio anche in questa epoca intervenga e crei ordine. Dio vuole creare la vita piena: vuole che il mondo goda di una vita piena. Talvolta l uomo ha il sospetto che la vita gli scappi dalle mani, perché i giorni da un lato sono lenti, mentre dall altro scorrono rapidissimi, così come gli anni. La vita sembra essere molto debole, perché ci sono le incomprensioni, le malattie, la fatica, ecc. Allora viene da domandarsi se Dio ci abbia dato la vita piena oppure la vita debole. Questo testo afferma che la vita è veramente vita, poiché non soltanto ci sono gli alberi, ma sono alberi che portano dei frutti che contengono dei semi. Quindi sono degli alberi destinati a produrre tanti altri alberi. La stessa cosa vale per gli animali. Non è che il Signore ha fatto molti animali, che poi, nel corso della storia, si esauriranno. Invece Dio ha fatto animali sani, capaci di riprodursi, quindi ha voluto animali per sempre. Inoltre ha creato l uomo e la donna capaci di riprodursi, affinché ci siano sempre uomini e donne. Questo testo insegna che Dio vuole la vita e vuole che la vita sia vita. Non vuole che l uomo abbia il terrore che la vita gli stia sfuggendo tra le dita. Invece questa è vita che sarà molto di più, crescerà, perché Dio vede che «tutto è buono». La ripetizione dell espressione: «E Dio vide che era cosa buona» rivela che ciò che Dio fa è sano. Cosa significa che gli animali «sono buoni»? Significa forse che non azzannano? No, significa che sono robusti. L aggettivo «buono» si trova spesso nella Sacra Scrittura. Ad esempio, la casa «buona» è la casa solida, con delle fondamenta profonde; l albero «buono» è quello che produce tanti frutti; la mucca «buona» è la mucca che partorisce vitelli e che dà tanto latte. Pertanto la ripetizione dell espressione: «E Dio vide che era cosa buona» indica che la creazione è robusta, è fatta bene. Dio si compiace di quello che c è, perché è robusto. Chi ascolta ha bisogno di sentirsi dire tutto ciò e l autore sacro lo ha scritto proprio perché i suoi contemporanei avevano bisogno di sentirselo ripetere e perché noi abbiamo bisogno di sentircelo ricordare: la creazione è buona, è robusta, sta in piedi, perché Dio l ha fatta bene. 4. UNA PAROLA CHE CREA Si trova poi un altra ripetizione. Si può notare che Dio crea parlando. La frase «Dio disse» ricorre 10 volte. Si tratta di un numero pieno: 10 sono le dita delle mani; inoltre 10 sono i comandamenti. Come fa Dio a creare? Lo fa parlando. Allora a chi legge viene l idea di dover ascoltare la parola di Dio. Perché, quando ascolta la parola di Dio, l uomo in qualche modo prende vita. La parola di Dio dà luce agli occhi e dà pace. Nel Nuovo Testamento (NT) si legge che le Scritture sono date per la nostra consolazione (Rm 15,4). Se, per caso, la speranza dentro di noi va rattrappendosi, si può prendere l uso di leggere le Scritture. Naturalmente bisogna cominciare dalle pagine più comprensibili ed eventualmente ci si può far guidare, in quanto la Scrittura è sempre stata insegnata, tanto 5

che in Israele è trasmessa all interno delle scuole. Bisogna cercare dei maestri e poi leggere la Scrittura e si noterà che, più si legge la Scrittura, più si è consolati. Dio crea parlando. Quindi l uomo ha bisogno di ascoltarlo, poiché, quando si espone alla sua voce, riceve vita. Dio parla e Dio fa. Se da un lato si legge: «Dio disse», dall altro si trova: «Dio fece». Ad esempio: «Dio disse: Sia il firmamento» e «Dio fece il firmamento». Che Dio dica qualcosa o che la faccia, è la stessa identica cosa, poiché Egli è fedele alla sua parola e ciò che dice lo compie. Questo è molto bello poiché, nella nostra vita di fede e di preghiera, sarà capitato di essere stati colpiti da una parola o da un intuizione. Ed allora bisogna essere consolati dal pensiero che Dio non dimentica ciò che dice, bensì lo porta a compimento. Dio dice e realizza. 5. LA LUCE SORGENTE DI VITA (VV. 3-5) Adesso guardiamo il modo in cui Dio vuole la terra. Innanzi tutto Dio vuole la luce: «Dio disse: Sia la luce». Questo è caratteristico. Il v. 3 vuole subito scoraggiare dal trovare una cronaca esatta di fatti. Qui l autore sacro non vuole spiegare come è avvenuta la creazione nei suoi dettagli, bensì vuole illustrare il senso della creazione. Infatti verrebbe da domandarsi come sia possibile che Dio crei la luce prima di mettere il sole, la luna e gli altri astri. L autore vuole subito disorientare il lettore. Il racconto della creazione non deve essere preso alla lettera. Dio ordina: «Sia la luce». Se una persona dovesse dire chi è Dio, potrebbe andare a spulciare le pagine della Bibbia. Forse alla memoria torna il Prologo di Giovanni: «Dio è luce» (cf. Gv 1,4-5.7.9). In effetti l AT scrive che Dio abita una luce inaccessibile; lo ripete anche Paolo in 1 Tm 6,16. Il Sal 104,2 recita che «Dio si ammanta di luce come di un mantello»; è più prudente. Invece Gv scrive proprio: «Dio è luce» (1 Gv 1,5). L AT esita a usare la formula: «Dio è». Però osa: «Dio si veste di luce»: affermare che qualcuno «è vestito» significa indicare la sostanza di quella persona. Nell antico Israele una persona si riconosceva dall abito, che rivelava l identità della persona che lo indossava. Qui si proclama che la luce è l abito di Dio. Affermare che «Dio è luce» è un modo per rivelare qualcosa della natura di Dio. Egli è come luce, poiché la nostra vita viene dalla luce. Tanto che pure il nostro umore dipende dalla luce. Ad esempio, quando c è la nebbia, si è più depressi. Dunque dalla luce viene la nostra felicità, essa incide sul nostro umore. Ma anche molto di più: è grazie alla luce che crescono le piante, che si fortificano le nostre ossa, che c è la nostra vita. Senza luce non c è la vita. Allora la frase: «Dio è luce» significa che Dio è sorgente di vita. Inoltre, grazie alla luce, l uomo trova sicurezza: non ha paura ad esempio di camminare per una strada. Invece camminare al buio può riempirlo di angoscia, per tutti i pericoli che potrebbero esserci. Alla luce si trova la quiete, è possibile incontrare persone, ci si riconosce nei volti e si dialoga. Allora Dio è Colui che consente la vita, le relazioni. Dunque vuole, innanzi tutto, che nella terra, nella creazione ci sia luce, cioè sia possibile trovarlo. Per trovare Dio, non bisogna fare chissà quali viaggi, ma è sufficiente tenere un occhio aperto nel proprio ambiente, nella propria terra, nel proprio luogo di lavoro. Nella creazione c è la luce, c è qualcosa di Dio; nella creazione si trova Dio. Dio si lascia cercare e vuole trovare l uomo dove si trova. 6. IL SABATO GIORNO DELLA FESTA (VV. 14-19) Dunque c è la luce. Poi c è una cosa importante, che avviene nel quarto giorno, che è ancora un giorno in cui c è luce. Il quarto giorno trova un risalto speciale, in quanto è quello centrale tra i 7. In questo giorno il Signore fissa due lampadari, uno grande e uno piccolo, il sole e la luna, ed anche 6

gli astri, al fine di regolare il tempo. Infatti il calendario liturgico dell antico Israele dipendeva dal sole e dalla luna, ad esempio nel calcolare la Pasqua. Dunque si parla degli astri per parlare dell importanza delle feste, che convocano tutti i figli di Israele nel tempio. C è la creazione con la luce, che è segno della presenza di Dio. E quand è che la persona gusta la presenza di Dio in modo speciale? Quando è festa, quando entra nel tempio perché è un giorno sacro. Si ritrova l importanza della festa anche guardando ciò che è riservato al settimo giorno, il Sabato, che è proprio il giorno in cui si sospende ogni attività umana, perché il cuore ha bisogno di incontrare Dio, ha bisogno di fare festa. Si potrebbe sostenere che il vertice della creazione è la nascita dell uomo. Ciò è sì vero, ma non del tutto, in quanto l uomo non è creato il settimo giorno, bensì il sesto. E lo è in vista di un settimo giorno, che è il giorno in cui l uomo incontra Dio. Infatti nel libro dell Esodo si legge: «Nel settimo giorno Mosè entrò nella nube sul monte Sinai» (Es 19). Il numero 7 è un numero importante, che rivela qual è il vertice della creazione. Ormai la creazione è completa: ci sono gli alberi, gli animali, l uomo e la donna. Però tutto ciò deve confluire nel Sabato, il giorno in cui non si lavora, poiché si entra al cospetto di Dio. La festa è l ambito in cui l uomo torna a farsi le grandi domande: perché lavorare? Perché c è tutto ciò che ci circonda? Tutto è dato all uomo affinché egli possa viverlo davanti a Dio, affinché possa ritrovarlo in Dio. L importanza della festa è suggerita da ciò che è descritto nel primo, nel quarto e nel settimo giorno. Nei punti cruciali della settimana della creazione si trova un riferimento a Dio nella luce, che è ciò che Lo contraddistingue; negli astri, che indicano quando l uomo deve andare nel tempio a fare festa; nel Sabato, che è un tempo speciale, poiché è il tempo propizio per incontrare Dio. Quando si legge che «Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò» (2,3), bisogna intendere che ci sono sì i momenti e i giorni. Però questo giorno è sacro, è consacrato; significa che è un giorno di Dio. Così come nel tempio quando si consacra qualcosa lo si dona al tempio, allo stesso modo Dio sancisce che questo giorno è suo. Il Sabato è un giorno particolare e, essendo consacrato, comunica qualcosa di Dio. Si vede che non è l uomo che rinuncia a lavorare e che organizza una festa, bensì è Dio che stabilisce che sono giorni speciali, giorni nei quali all uomo è concesso di ritrovarlo. Quindi in quei giorni l uomo può finalmente restare davanti a Lui e così ritrovare sé stesso. Nel sesto giorno si racconta che l uomo è creato «ad immagine e somiglianza di Dio». Quindi il settimo giorno è il momento in cui l uomo, finalmente, ritrova Qualcuno che è come lui, trova Qualcuno con cui si può intrattenere. Forse tutto ciò può sembrare paradossale, però la Scrittura rivela che Colui a cui ogni persona assomiglia di più è Qualcuno che la intende meglio di chiunque altro, Qualcuno che la ascolta perfettamente. Ciò perché non soltanto Dio interpreta bene le parole che ogni persona dice, ma anche perché le legge nel cuore. Dio è la persona a cui ognuno assomiglia più di ogni altra. Dunque ogni uomo trascorre la settimana con delle persone con le quali si capisce con alterne fortune. Poi arriva finalmente il giorno in cui si incontra con Colui che lo conosce bene. Ed è Dio, che l uomo incontra di Sabato. 7. LA CREAZIONE DELL UOMO (VV. 26-28) Abbiamo parlato di questa somiglianza, perché nel sesto giorno si legge che «Dio creò l uomo. Lo creò maschio e lo creò femmina». Anche questo è un punto che deve disorientare, in quanto qui si narra che Adamo ed Eva sono creati insieme, mentre subito dopo, in Gen 2, si legge che prima viene creato Adamo e poi Eva. Sì, perché l autore sacro vuole scompigliare i calcoli: non vuole che il lettore prenda nulla di tutto ciò alla lettera. Quindi narra le cose in contraddizione. Prima racconta che c è la luce, poi che c è il sole; prima che l uomo e la donna sono nati insieme, poi che prima è nato l uomo e in seguito la donna. Tutto ciò affinché il lettore non voglia cercare di ricostruire dei fatti, che non sono trasmessi né rivelati. Dio non ha descritto ciò che ha fatto in origine, non ha dato il resoconto dell origine della storia. Pertanto non bisogna cercarlo nella Bibbia. Invece nella Bibbia c è il senso. 7

Dio ha creato l uomo «maschio e femmina» e «a nostra immagine e somiglianza». In quest ultima espressione si trova qualcosa di simile a ciò che si legge in 1 Re 22, in Isaia 6, in Giobbe 1. Si può immaginare che qui si parla di Dio che è circondato dalla sua corte. Egli è il re del cielo e, così come i re sulla terra hanno i loro ministri attorno, allo stesso modo anche Dio è circondato dai propri angeli. Ed è parlando con essi che spiega: «Ora facciamo qualcuno a nostra immagine e somiglianza». Infatti nella Bibbia gli angeli, quando appaiono, hanno sembianze umane. Così è, ad esempio, in alcuni capitoli di Daniele (ad es.: 3,92; 4,10), di Ezechiele (ad es.: 1,5; 9,2; 40,3). Così anche il Salmo 8: «Cos è l uomo perché te ne ricordi, il figlio dell uomo perché te ne dia pensiero? Lo hai fatto poco meno degli angeli» (cf. Sal 8,5-6). Dunque gli esseri umani assomigliano agli angeli. Nel libro di Daniele, quando arriva l angelo Gabriele, si legge che aveva voce di uomo, aveva fattezze di uomo. Ciò proprio perché gli esseri umani sono stati fatti come gli angeli. Addirittura Dio, quando lascia intravvedere qualcosa della sua gloria in Ezechiele 1, contiene delle figure umane. L uomo può intendere Dio, in quanto è fatto come Lui. Quindi si descrive una somiglianza esteriore. Si afferma che gli esseri umani sono fatti così, perché gli angeli sono fatti così, al fine di insegnare che esiste una affinità profonda ed intima. Allora la festa è il momento in cui gli uomini finalmente, nel giorno di Sabato, nel giorno della festa, ritrovano Dio. Ritrovando Colui che finalmente lo intende, lo conosce e lo ama, l uomo sospende ogni altra cosa, perché essa è meno importante di Lui. Dunque la festa è il tempo della pace davanti a Dio. 8. IL LAVORO E LA FESTA Il comandamento del Sabato ritorna in Es 20 e in Dt 5, ossia nella lista dei Dieci comandamenti, e poi in tanti altri punti della Scrittura. Nei punti in cui si trova il precetto dell osservanza delle feste, il comandamento del Sabato si trova esplicitato in senso per nulla legalistico. Non è un precetto come un altro. Quindi nel giorno di Sabato non bisogna compiere una determinata serie di azioni, perché è un tempo particolare. Se durante la settimana, l uomo può finire per pensare che le cose vanno avanti perché egli le fa, ossia l uomo vive grazie al proprio lavoro, c è un giorno in cui non deve lavorare, perché deve ragionare su ciò che fa e capire che lavora unicamente poiché Dio gli dà la forza. Ad esempio, se è l uomo che semina, è però Dio che manda l acqua dal cielo, che consente la crescita e che fa sì che germinino i frutti. L uomo lavora perché Dio gli dà l energia. Pertanto, in profondità, l uomo vive non perché egli stesso si dà la vita, bensì perché Dio gli dà la vita. Per tale motivo l uomo ha bisogno di sospendere l attività non per ascesi, bensì perché ha bisogno di scoprire la radice delle cose, il motivo dell attività. L uomo deve riscoprire che non vive per lavorare, bensì lavora per vivere. Il lavoro non è fine a sé stesso. Quindi la vita va avanti, ma il lavoro si può fermare, affinché l uomo non rischi di diventare schiavo del lavoro. Il lavoro dà dignità all uomo. Pertanto bisogna adoperarsi affinché ci sia occupazione, affinché i giovani possano trovare uno sbocco. È forte la depressione che prende molte persone che non possono esprimersi nel lavoro. Certamente il lavoro dà dignità; ma può anche rendere schiavi; può far sì che le regole della famiglia siano sovvertite in quanto bisogna andare a lavorare a qualunque orario, in qualunque giorno, e pertanto non si riesce più a trovare i tempi per stare a tavola e per trascorrere le giornate insieme. Bisogna stare attenti a non dimenticare che il lavoro è per vivere, e dunque ha la vita come scopo. Se invece soffoca la vita, allora significa che il lavoro si sta snaturando e che sta snaturando l uomo. Ecco allora che il precetto delle feste vuole aiutare a ragionare proprio su tutto ciò. Le feste sono i giorni in cui Israele ricorda la salvezza che Dio gli ha assicurato nella storia. Ricorda che il Signore lo ha liberato dalla schiavitù dell Egitto, che gli ha concesso il dono della Legge. Ricordando episodi di salvezza, Israele riconosce che la propria vita esiste e che egli è salvo grazie a Dio. Pertanto la festa è il momento in cui la persona torna a darsi una gerarchia e a ricorda- 8

re che innanzi tutto c è Dio. E che ci sono cose sì importanti, ma che vengono comunque al secondo posto o al terzo, ecc. Nel giorno della festa si ritorna su ciò che è accaduto, affinché i giorni non scivolino addosso all uomo, senza che lui non li assapori, non li gusti e non tragga la lezione da ciò che è accaduto davanti a Dio. Dunque si legge che nella prima settimana sono creati il sole, la luna, le stelle, ecc. Quindi ci sono della feste. Poi ci sono delle feste anche annuali. Ma in particolare c è una festa settimanale: il Sabato. Inizialmente nell epoca cristiana si osserva il Sabato e poi si onora anche il giorno della risurrezione del Signore Gesù; dunque si osservano entrambi. Col tempo, lentamente il giorno della festa cristiana diventa la Domenica. Però nella celebrazione della Domenica si assumono molti tratti caratteristici della celebrazione del Sabato. In Gen si trova un gioco di parole. Si dice che il settimo giorno si chiama Sabato ( Shabbàt ) poiché Dio «cessa» di lavorare. Dunque il Sabato, nella sua formulazione ebraica, richiama la sospensione del lavoro, che però non è fine a sé stessa, bensì è per aiutare a rimettere la vita davanti a Dio e, dunque, davanti a Dio ricomprendere il senso del lavoro. 9. LA CREAZIONE DEI MOSTRI MARINI (VV. 20-23) Si ripete anche un altra espressione. Abbiamo segnalato che la frase più comune è: «Dio disse»; seguita dalla formula: «Dio vide che era cosa buona». Vi è anche l espressione: «Dio creò», tanto che noi diciamo che qui viene raccontata la creazione. Il verbo creare è usato con grande parsimonia: non lo si trova con la stessa frequenza dei verbi dire e fare. È presente tre volte: 1. all inizio («Dio creò il cielo e la terra», v. 1); 2. è usato a proposito dell uomo («Dio creò l uomo a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina Dio li creò», cf. v. 26). 3. al v. 21. Dunque il verbo creare è usato proprio per sottolineare i passaggi più importanti, per introdurre il tutto come qualcosa che nasce da Dio; e per sottolineare la dignità dell uomo, che è creato. L uomo non è fatto, bensì è creato. Come già indicato, il verbo creare si trova anche al v. 21, in cui si legge: «Dio creò i grandi mostri marini». Può sorprendere: perché questo verbo, così importante, è riservato per il mostro marino? Nell originale ebraico qui c è la menzione del tannìn, un mostro che si trova nei testi tipicamente mitologici. Lo si incontra sia nella parti della Bibbia che hanno un linguaggio di tipo mitologico, sia nella letteratura extrabiblica cananaica di Ugarit, ad esempio che parla del leviatano e del tannìn. Sono esseri che gli antichi pensavano infestassero le acque, seminando morte. Gli Ebrei non avevano un accesso sulla costa: l estensione della loro terra era limitata (grosso modo come l odierna Toscana). Quando essi ebbero accesso al mare, si trovarono una costa rocciosa, con degli scogli che impedivano l attracco delle navi. E quando invece Israele ospitava delle pianure, erano occupate da altri popoli, quali i Filistei. Ciò faceva sì che gli Ebrei non avessero familiarità col mare, né che tanto meno fossero commercianti per mare, ma che invece avessero paura del mare. Pertanto il mare era visto come un deposito terribile, infestato da demoni e da mostri, quali appunto il leviatano e il tannìn. Tuttavia, sebbene il mare spaventi, così come i grandi cetacei, i quali sono come un segno della presenza demoniaca, comunque Genesi afferma che persino loro sono stati «creati» da Dio! Ciò significa che, per quanto essi possano incutere paura, sono comunque creature piccolissime davanti a Dio. Sono come un fiore, come una formica; sono piccolissimi. E per quanto l uomo sia terrorizzato da alcuni aspetti della storia, della creazione e della società, deve pensare che davanti a Dio si tratta di cose piccolissime. Anzi: se Dio le ha create, significa che Egli le sa sottomettere, le sa aggiogare alla sua potenza, sa dirigere la loro azione, sapendola convogliare dove Lui vuole. Allora, se sin dall inizio si nomina il tannìn e poi nella Bibbia spesso si parla del male, tuttavia la Bibbia insegna che Dio sa dirigere e dominare anche il male. L uomo fa e subisce il male, che pe- 9

rò rimane in un ambito che è comunque sotto il controllo di Dio, Colui che sa ottenere il bene anche dal male. Anche il male, in qualche modo, è sotto le sue mani. Nella lettera ai Romani Paolo scrive come il male sia entrato in tutti i cuori, giudei e pagani: «Tutti hanno peccato» (Rm 5,12). È una constatazione. L Apostolo afferma che ciò avviene, innanzi tutto, poiché gli uomini si creano degli idoli. E poi perché gli uomini si ingannano, sono falsi, litigiosi, orgogliosi, usano la sopraffazione gli uni verso gli altri. Gli uomini si fanno del male e sono dei peccatori. Il male esiste; però Paolo ricorda che c è anche Dio, che è giusto e che è capace di rendere giusto l uomo. Quando l uomo finisce nel peccato, non finisce in una regione che è troppo lontana e inaccessibile per Dio. Se Dio ha addirittura creato il tannìn, allora è chiaramente capace di recuperare l uomo dal male. Dio rimane Colui che sa trarre anche dal male il figlio, che è stato creato a sua immagine e somiglianza. 10. UNA VITA PER TUTTI (VV. 29-30) In questo mondo nessuno mangia carne. C è il seguente comando, che recita: «Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero, che produce seme: saranno vostro cibo» (v. 29). Dunque si immagina che nel mondo primordiale tutti siano vegetariani. Ciò perché nessuno sparge sangue, neppure gli animali. Davanti a Dio tutti comprendono cos è la vita, quanto è bella. Quindi nessuno usa la spada. L uomo ha ricevuto il governo su tutta la terra, ma esercita tale governo con estrema mitezza e mansuetudine. L uomo vive senza provocare la morte di nessuno. È questo il modo in cui Adamo esprime la sua somiglianza. Così come Dio si compiace della vita, è un Dio mansueto, che vuole la vita e non uccide nessuno, allo stesso modo gli uomini e gli animali vivono senza uccidere. È un grande insegnamento, poiché spesso si finisce per vivere in posti di lavoro o di convivenza in cui sembra che, per avere il proprio spazio, si debba prevaricare l altro, secondo il detto: Mors tua, vita mea. Invece questo è il frutto del peccato. Si vede che, all inizio, tutti vivono vivendo e lasciando vivere gli altri, apprezzando il proprio di ciascuno, valorizzando le risorse dell altro: mentre l altro vive, anche tu vivi. Si capisce che questo comando è altamente simbolico. L uomo pensa che, per poter vivere lui, l altro debba morire. Invece no: ognuno vive coi frutti e coi semi, ossia ognuno ha da vivere con la vita dell altro: ogni uomo vive della vita dell altro. Nessuno vive se l altro muore: muoiono entrambi. * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * IL LAVORO E IL SECONDO RACCONTO DI CREAZIONE GEN 2 In questo secondo momento metteremo a fuoco Gen 2, cercando di trovare qualche linea a riguardo del lavoro. Innanzi tutto leggiamo il brano. «[2,4b]Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo [5]nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c era uomo che lavorasse il suolo, [6]ma una polla d acqua sgorgava dalla terra irrigava tutto il suolo. [7]Allora il Signore Dio plasmò l uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l uomo divenne un essere vivente. [8]Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l uomo che aveva plasmato. [9]Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni 10

da mangiare, e l albero della vita in mezzo al giardino e l albero della conoscenza del bene e del male. [10]Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. [11]Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c'è l oro [12]e l oro di quella terra è fino; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d ònice. [13]Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d Etiopia. [14]Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l Eufrate. [15]Il Signore Dio prese l uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. [16]Il Signore Dio diede questo comando all uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, [17]ma dell albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno che tu ne mangerai, certamente dovrai morire. [18]E il Signore Dio disse: Non è bene che l uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda. [19]Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. [20]Così l uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte gli animali selvatici, ma l uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. [21]Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. [22]Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all uomo, una donna e la condusse all uomo. [23]Allora l uomo disse: Questa volta è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne. La si chiamerà donna perché dall uomo è stata tolta. [24]Per questo l uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un unica carne. [25]Ora tutti e due erano nudi, l uomo e sua moglie, e non provavano vergogna» (Gen 2,4b-25) 1. L UOMO, POLVERE CON LO SPIRITO DI DIO (V. 7) Dopo Gen 1, che racconta la creazione del cielo, della terra e di tutto ciò che contengono, la narrazione restringe l attenzione, concentrandosi su ciò che accade sulla terra. In modo particolare, sembra offrire dettagli maggiori sulla vicenda della creazione dell uomo. In Gen 1 Dio crea l uomo e la donna, crea gli esseri umani «maschio e femmina» e assegna loro il dominio su tutta la terra, sugli animali, sugli uccelli, sui pesci. Invece ora l autore sacro si sofferma sulla costituzione dell uomo. Nuovamente con un immagine che non deve essere presa alla lettera, si afferma che l uomo è un po di polvere; polvere che, però, ha accolto l alito di Dio (v. 7). È un immagine molto pregna ed efficace, tramite cui si comprende sia il mistero della fragilità umana, sia il mistero della dignità umana. L uomo è volubile: un momento è contento e un altro è depresso; un momento è generoso e pronto ad esporre la propria vita per grandi ideali, un altro momento è meschino, falso e peccatore; ecc. Soprattutto l uomo muore e ritorna nella polvere, perché questa è la sua materia: la sua carne viene dalla polvere. L uomo è polvere. Anche nella letteratura sapienziale, nella letteratura in poesia, si trova che «l uomo è come il fiore dell erba, che al mattino fiorisce e poi alla sera appassisce e dissecca» (cf. Sal 90,5-6; 103,15). Anche Giobbe si lamenta perché si sente come un verme, si sente piccolissimo davanti alle potenze della natura; è un po di polvere (Gb 25,6; 30,19). Tuttavia questa è polvere che è stata presa nelle mani di Dio e che ha accolto lo spirito di Dio. Gen 1 parla della dignità dell uomo, affermando che l uomo ha questa forma poiché Dio e gli angeli sono così. Invece Gen 2 non si sofferma sull aspetto dell uomo, ma piuttosto insegna che l uomo ha l alito, ha il respiro di Dio. Dio si è come chinato su questo uomo, lo ha plasmato con le 11

sue dita e poi gli ha soffiato il suo alito. Quindi, quando respira, l uomo respira perché partecipa del mistero della vita di Dio. Dio è vita, Dio è il Vivente; e l uomo è diventato vivente poiché ha partecipato della sua vita. Dunque nell uomo c è polvere, però è fatto così perché così lo ha modellato Dio e vive perché partecipa del suo spirito. 2. UN RE GIARDINIERE E PASTORE (V. 8) Si nota che c è ancora qualche discrepanza col racconto precedente. In Gen 1 si legge che sono creati le piante e gli animali e poi gli uomini, mentre ora è creato prima l uomo e dopo gli animali e poi le piante. L uomo è creato affinché ci sia qualcuno che irrighi la terra, la coltivi e porti frutto. È in contraddizione con ciò che si è letto in precedenza. Anche tale contraddizione insiste nell insegnare che non bisogna prefiggersi una lettura letterale. Questi racconti lo ripetiamo non sono racconti di fatti, bensì sono parabole come quelle che si trovano nei vangeli. Sono parabole che vogliono rivelare qualcosa del mistero della vita umana. L uomo è plasmato, è creato al fine di coltivare e custodire. È molto bello: si parla del lavoro così. Il lavoro è qualcosa di costitutivo. Il verbo coltivare è tipico del lavoro. L uomo è creato per impiegarsi, affinché sulla terra ci sia vita. Dunque l uomo è vivente e la pienezza della sua vita è suscitare la vita, è fare sì che attorno a lui la terra porti frutto. Questo testo si può accostare alle parabole di Gesù che hanno come tema la vigna che viene piantata e custodita dal padrone e che viene poi affidata ai contadini (Mt 21,33ss). Oppure la vigna il cui padrone esce alle varie ore del giorno per andare a reclutare mano d opera che vi lavori (Mt 20,1ss). È una questione importante: cosa fa Dio all inizio della Bibbia? Dio crea. Ma quando ci si concentra sulla terra, qual è la prima azione di Dio? La prima azione di Dio è piantare: «Il Signore Dio piantò un giardino in Eden» (Gen 2,8). La creazione finisce al v. 7; dopo di che Dio pianta. Anche nei libri successivi si leggerà che «Dio pianta il suo popolo sul monte santo» (ad es.: Es 15,17; 2 Sam 7,10; Sal 44,3; Ger 11,17). Dunque Dio è giardiniere! In tal modo si vuole esprimere la regalità di Dio, in quanto, nella cultura antica, il re è giardiniere. Ad esempio, nella leggenda di Sargon, primo re di Accad e glorioso fondatore della dinastia assira, si narra che egli nasce da una sacerdotessa, che, in quanto tale, non avrebbe dovuto generare figli. La madre lo nasconde e poi se ne sbarazza, ponendolo in un cestello di papiro sulle acque di un fiume (come Mosè, la cui storia è stata scritta proprio sulla base della leggenda del re Sargon). Il piccolo Sargon viene tratto dalle acque da un giardiniere, il quale gli insegna appunto questo mestiere. Da adulto, viene amato dalla dea Ishtar, che lo rende re, il primo re di Accad. Questa antica leggenda voleva insegnare che il vero compito del re è quello di essere giardiniere. Quindi a ragione Sargon è stato scelto: lui era già giardiniere. Nell antichità ci sono due modelli per parlare del re: quello del giardiniere e quello del pastore. Anche quello di pastore è un titolo che, sia in Egitto che in Mesopotamia (quindi pure in Israele), viene attribuito al re, poiché, così come il pastore protegge le pecore del gregge, le conduce all acqua e ai pascoli, allo stesso modo il re è colui che protegge la terra col suo esercito, ha giurisdizione su tutto il paese, porta con canali irrigui l acqua in tutti i campi, quindi disseta il popolo. In tal modo fa sì che il popolo possa trarre il grano dalla terra. Dunque il vero re è colui che protegge, che nutre, che disseta; ossia è il pastore del popolo. Pertanto il re è pastore oppure è giardiniere, poiché la vera mansione del re è quella di far sì che la sua terra porti frutto e così il suo popolo viva. Questo era il modo in cui era visto il re e la Bibbia inizia scrivendo che Dio «piantò un giardino». Tutte le nazioni posso affermare di avere formidabili giardinieri come re, ma Israele ha il primo giardiniere in assoluto, ha il primo re. Dio è qualcuno che pianta un giardino, che suscita la vita, che pianta. Quindi chiede che l uomo, appena creato, subentri nella sua mansione. Adamo deve, innanzi tutto, lavorare la terra. Il lavoro è presentato come un attività che ha come scopo quello di far sì che le risorse circostanti siano impiegate e possano portare frutto. Il lavoro ha come fine quello di rendere la terra bella, abitabile, ricca 12

di frutti. Il lavoro è un servizio alla vita. Dio vuole la vita e vuole che l uomo partecipi della sua attività di fornire cibo, di rendere la terra bella e abitabile. Dio fa scaturire le acque dalla terra e Adamo le deve canalizzare. Il lavoro è quello di portare l acqua su tutta la terra. Anche questa è un immagine altamente simbolica. Questa pagina è adatta per intendere il compito del re e quindi del capo, dell autorità. Capo inteso a tutti i livelli: il padre, la madre, una direttrice, un capo di azienda, ecc. Il vero capo è colui che provvede all acqua, che porta acqua. E lo fa affinché possa crescere il cibo e la terra diventi fertile e feconda. Il capo lavora affinché tutto possa esprimersi. Questo è il taglio sotto il quale si presenta il lavoro di Adamo e, quindi, dell uomo: non finalizzato semplicemente ad una propria autorealizzazione, ad una propria autorità, ad un proprio potere; bensì il lavoro inteso come servizio alla vita. Il compito di Adamo è tipicamente regale. Probabilmente noi fatichiamo nel trovare riferimenti alla regalità in quanto nella nostra cultura i re hanno poco senso. Invece nella cultura dell Israele antico il re è importantissimo e tutto dipende da lui. Spesso, nelle letterature delle varie epoche, la figura del re è effettivamente l anello di congiunzione tra il mondo e l ordine di Dio. Ad esempio, l uccisione del re lo si può vedere nella tragedia shakespeariana del Macbeth provoca uno sconvolgimento incredibile: gli animali impazziscono, gli uccelli del cielo sono sconvolti, il sole si oscura. Si richiama quasi la pagina della croce del Signore, nella quale pure si vede il re dei Giudei che muore e, per tale motivo, la natura è sconvolta. Nella cultura classica è questo il re. Per Israele l accecamento e la deportazione del re significa l annientamento del popolo. Per l AT la regalità è fondamentale. 3. UN RE SACERDOTE (VV. 9-15) Dunque in Gen 2 si legge che Adamo è creato per coltivare (e abbiamo visto come la coltivazione sia un tratto regale). Dopo aver già ricevuto il compito di dominare la terra, Adamo si trova in un luogo dove c è abbondanza di acqua: ci sono piante straordinarie, con frutti belli da vedere e buoni da gustare. Inoltre ci sono alberi addirittura misteriosi, che trasmettono ad esempio la «conoscenza del bene e del male» oppure che sostengono e danno la vita (v. 9). Poi si menzionano pietre preziose: l oro, lo bdellio (la «resina odorosa»), la pietra d onice (v. 12). C è abbondanza di acqua (vv. 10-14). Queste caratteristiche aiutano a riconoscere nell Eden un luogo di culto, in quanto nell AT il luogo di culto è contraddistinto da alberi speciali: Dio si manifesta vicino a piante straordinarie. Nel libro dei Giudici si parla della «quercia degli indovini» (cf. Gdc 9,37); vi è poi la «quercia dell istruzione» (le «Querce di Mamre») presso la quale Dio compare ad Abramo (Gen 18,1). Ancora: nei salmi si legge: «Io, come olivo verdeggiante nella casa di Dio» (Sal 52,10); ossia: nel tempio di Gerusalemme ci sono alberi, che sono segno della vitalità, della vita che nasce presso il Signore. La presenza di alberi straordinari (analoghi agli alberi «della vita» e «della conoscenza del bene e del male» genesiaci) si ritrova in quei libri cosiddetti storici e presso di essi Dio si manifesta. La presenza di alberi rimanda alla presenza di Dio, al luogo sacro. Al v. 15 si trovano l oro e lo bdellio: le pietre preziose sono considerate sacre. Le pietre qui menzionate compongono anche il pettorale indossato dal sommo sacerdote nel tempio. Es 28 e Lv 8 descrivono i paramenti del sommo sacerdote, nel quale sono incastonate proprio tali pietre preziose. Il verbo tradotto con coltivare può anche essere tradotto con: officiare ; e il verbo custodire è usato con particolare riferimento alle azioni del culto liturgiche. Infatti si tratta di due verbi 13

che i libri di Levitico e Numeri utilizzano proprio con particolare riferimento al culto liturgico. Quindi Adamo sembra doversi comportare come un sacerdote. È posto in Eden, che assomiglia ad un santuario, e lì deve officiare, deve avere premura per questo luogo e deve custodirlo. Così come i leviti custodiscono gli arredi del tempio, Adamo deve custodire questo luogo. E così come i figli di Aronne officiano, egli deve officiare. Adamo è descritto come sacerdote perché nel mondo antico il re è il primo sacerdote. Infatti, ad esempio, è il re Salomone che costruisce il tempio e che offre i sacrifici (1 Re 6; 8). Qui si parla di Adamo come re. Il suo impegno è custodire la creazione come luogo della presenza di Dio e come un giardiniere. Adamo è un re, è un giardiniere, è un sacerdote. Ci soffermiamo su questi elementi. Abbiamo già detto qualcosa sull essere giardiniere. L attività, il lavoro di Adamo è individuato in questi due filoni. Il lavoro di Adamo è come il lavoro di un giardiniere. Pertanto egli si deve adoperare affinché tutto divenga fertile, fecondo, porti frutto. Il lavoro è un servizio alla vita. Inoltre è Adamo sacerdote. Il lavoro ha una connotazione sacerdotale, poiché in Israele si tramanda che il popolo è un popolo sacerdotale. In Esodo 19,6 si legge infatti che, in virtù dell alleanza, il popolo degli Israeliti è costituito come una nazione di sacerdoti. Cosa significa? In un villaggio ci sono dei sacerdoti: non esiste un villaggio di soli sacerdoti, in quanto i sacerdoti non vivono per sé stessi, bensì vivono per svolgere una mediazione. Essi devono trasmettere l istruzione del Signore, devono insegnare la Legge di Mosè, devono trasmettere le parole del Signore, devono offrire sacrifici, devono benedire, devono pregare. La loro attività è in funzione del popolo, di altri. Allora cosa significa che Israele è una «nazione di sacerdoti»? Significa che Israele deve vivere per le altre nazioni. Come non esiste un villaggio di soli sacerdoti, poiché il sacerdote è per altri, così Israele vive per altri. Pertanto si narra che Adamo è sacerdote e, quindi, deve vivere per altri. Il suo è un lavoro a vantaggio di altri. L uomo corre sempre il rischio di rinchiudersi in un ottica privata, come quando si pensa che ognuno ha la sua professione, ha il suo ambulatorio, ha la sua carriera, ha il suo lavoro, e provvede a sé stesso. In realtà il lavoro è innanzi tutto per la società, per il mondo. È sì per l individuo, ma anche per la famiglia, per il quartiere, per la parrocchia: il lavoro è per gli altri, non per chi lo fa. L attività del lavoro deve fornire qualcosa per tutti. È per la creazione. Si può rileggere così l identità di Adamo sacerdote. Adamo è creato per lavorare la terra al modo di un giardiniere e al modo di un sacerdote, che attraverso il proprio lavoro in qualche modo consacra le cose a Dio. L attività dei figli di Dio, l attività dei cristiani è proprio questa: impegnarsi nella società, nel luogo in cui si trovano, per ricondurre le cose alla lode di Dio. Come consacrare Dio? Rendendo le cose con cui i cristiani vengono in contatto luogo della presenza e occasione di benedizione di Dio. Quindi il lavoro non ha la funzione di asservire le cose o di sfruttarle, bensì mette in rapporto con persone e cose da aprire a Dio, come Adamo che suscita vita come un giardiniere e che apre a Dio come un sacerdote. 4. UN RE PADRE (VV. 19-20) Adamo ha una grande responsabilità. Se in Gen 1 era Dio ad assegnare nome a tutto ciò che andava creando, in Gen 2 è Adamo a imporre il nome agli animali. Tutti gli animali sono portati davanti all uomo e Dio è come curioso di vedere come questi animali saranno chiamati. Si vede qui la grande autorità: infatti, chi è che impone il nome? Innanzi tutto sono i genitori, che impongono il nome al neonato. Inoltre nell antichità si riteneva che il padre del proprio popolo fosse il re; pertanto questi poteva cambiare il nome. Ad esempio, in Dn 1,6-7 si legge come Daniele, Anania, Misaele e Azaria ricevano nomi nuovi, poiché il re si comporta coi suoi servi come con dei figli, quindi può cambiare loro il nome. Ancora: in 2 Re si legge che il faraone Necao impone un nome nuovo al re di Israele, il quale è diventato suo servo e, pertanto, il faraone può cambiargli il nome (2 Re 23,34). 14