Sintesi primo incontro preparazione Colloqui Fiorentini Poco noto ad altrui, poco a me stesso. Conoscere Manzoni attraverso i testi 2 novembre 2010 Scopo di questo primo incontro è assumere l ipotesi interpretativa del titolo dei Colloqui Fiorentini ( Sentir, riprese, e meditar ) e domandarsi cosa significa studiare Manzoni a partire dal punto di vista indicato da questi due verbi. È dunque il tentativo di indicare un metodo di studio. Questo tentativo lo conduciamo attraverso l affronto dei testi. I testi, infatti, sono lo strumento principe che abbiamo per conoscere un autore e da essi occorre sempre partire. Sentir e meditar è una citazione dall ode In morte di Carlo Imbonati, ed è inserita in un preciso contesto: Sentir, riprese, e meditar: di poco esser contento: da la meta mai non torcer gli occhi: conservar la mano pura e la mente: de le umane cose tanto sperimentar, quanto ti basti per non curarle: non ti far mai servo: non far tregua coi vili: il santo Vero mai non tradir: né proferir mai verbo, che plauda al vizio, o la virtù derida. I due verbi indicano, dunque, un metodo per conoscere un oggetto ben identificato: il santo Vero. Questi due punti, il metodo di conoscenza (senti e meditar) e l oggetto della conoscenza (il santo Vero) saranno centrali nella riflessione manzoniana per tutto l arco della sua vita. Il bisogno della verità è l unica cosa che possa farci attribuire importanza a tutto ciò che apprendiamo (Lettera allo Chauvet) Questa dunque è l ipotesi da verificare: Manzoni cerca il santo Vero e lo fa attraverso un sentir e un meditar, cioè attraverso un preciso metodo di conoscenza. Questo indica una certa posizione di Manzoni di fronte alla vita ed a se stesso: occorre vivere intensamente il reale, i fatti che accadono, gli eventi, sia personali, sia storici. Da qui la straordinaria sensibilità di questo autore per la storia, nella quale si svela il destino dell uomo.
A tal proposito fondamentale è il sonetto Autoritratto, scritto da Manzoni nel 1801 all età di sedici anni. Autoritratto Capel bruno: alta fronte; occhio loquace: Naso non grande e non soverchio umile: Tonda la gota e di color vivace: Stretto labbro e vermiglio: e bocca esile: Lingua or spedita or tarda, e non mai vile, Che il ver favella apertamente, o tace. Giovin d'anni e di senno; non audace: Duro di modi, ma di cor gentile. La gloria amo e le selve e il biondo iddio: Spregio, non odio mai: m'attristo spesso: Buono al buon, buono al tristo, a me sol rio. A l'ira presto, e più presto al perdono: Poco noto ad altrui, poco a me stesso: Gli uomini e gli anni mi diran chi sono. Questo sonetto rivela una dinamica conoscitiva ben precisa: il giovane Manzoni è alla ricerca della sua identità ( Poco noto ad altrui, poco a me stesso ) e il punto di riferimento per giungere a tale conoscenza viene indicato negli uomini e negli anni. Cioè nella storia, nel manifestarsi degli eventi, negli incontri umani che la sua vita gli riserverà. Interessantissimo a questo riguardo il paragone con i sonetti di Alfieri e di Foscolo, nei quali la questione della propria identità è affidata ad una introspezione (Alfieri davanti allo specchio e alle sue stesse parole) e alla capacità di entrambi di permanere nel tempo dopo la propria morte (concetto di fama). Per Manzoni, invece, la conoscenza di sé ha a che fare con la storia della sua esistenza terrena: saranno gli incontri umani con Fauriel, con la madre Giulia Beccaria, con l umanità di Carlo Imbonati, con la moglie Enrichetta Blondel, con l abate Degola, con Rosmini, etc a segnare i passi della conoscenza di sé. Saranno gli eventi storici come la Rivoluzione Francese, l epopea di Napoleone, i moti risorgimentali a palesare la veridicità o meno della filosofia illuminista e della weltanschaung romantica. Una dinamica conoscitiva tutta volta alla verifica nel reale, ad una vita intensamente vissuta: sentir e meditar. In questa formula sta anche il superamento della divisione fra illuminismo (ragione) e romanticismo (sentimento), in una riscoperta unità delle due dimensioni. Ecco allora che il poeta, colui che vive sistematicamente un sentimento ed una meditazione sulla vita, è in grado di addentrarsi nel mistero del reale: Ogni segreto dell anima umana si svela, tutto quello che fa i grandi avvenimenti, tutto quello che caratterizza i grandi destini, si scopre alle immaginazioni dotate di sufficiente forza di simpatia. Tutto ciò
che la volontà umana ha di vigoroso e misterioso, la sventura di religioso e di profondo, il poeta può indovinarlo; o per meglio dire, percepirlo [sentir], comprenderlo [meditar] e rappresentarlo. (A. Manzoni, Lettera allo Chauvet) Nell ode In morte di Carlo Imbonati Manzoni ci racconta dei suoi primi due incontri umani significativi: quello con la madre e quello, attraverso la testimonianza della madre, con Carlo Imbonati, che muore pochi giorni prima dell arrivo di Manzoni a Parigi. Nei primi versi dell ode Manzoni palesa già la sua posizione di fronte al reale: è disposto a cambiare idea. Pensava che nel suo tempo non ci fosse spazio per la virtù e l onore, ma, attraverso le parole accorate della madre ( ma poi che sospirando, / Come si fa di cosa amata e tolta, / Narrar t'udia di che virtù fu tempio / Il casto petto di colui che piangi ), incontra un uomo veramente virtuoso e nobile e cambia idea. In questa disponibilità a cambiare idea, a cambiare posizione di fronte alla vita sta tutta la grandezza di Manzoni. E questa condizione chiede al lettore che approccia i suoi testi. Nelle Osservazioni sulla morale cattolica, l introduzione Al lettore recita così: Per prevenire questa impressione, non dirò al lettore: vedete se non ho ragione ogni volta che prendo qui a contradire: so e sento che l aver ragione non basta sempre a giustificare una critica, e soprattutto a nobilitarla. Ma dirò: considerate la natura dell argomento. Non è questa una discussione speculativa; è una deliberazione: deve condurre, non a ricevere piuttosto alcune nozioni che alcune altre, ma a scegliere un partito. Di fronte ai fatti occorre non speculare, ma deliberare, cioè prendere una posizione. E ciò può accadere solo se mi lascio coinvolgere dal fatto stesso ( Sentir e meditar ). Con questa predisposizione conoscitiva Manzoni attraversa tutta la sua vita: - Conosce Fauriel e gli ideologi parigini - Conosce i testi di Pascal - Conosce e sposa Enrichetta Blondel e qui comincia il suo cammino di conversione. - Si converte, con il famoso episodio di San Rocco, durante i festeggiamenti a Parigi per il matrimonio tra Napoleone e Maria Luisa d Austria. Questo episodio, normalmente presentato in una veste agiografica e miracolistica, è invece il punto di approdo di un percorso di conoscenza lungo e meditato, costellato di incontri umani e di eventi sui quali Manzoni ha a lungo riflettuto e che trova qui il suo scioglimento. La conversione di Manzoni è normalmente considerata una opzione sentimentale, che in ultima analisi si connota come una aggiunta, una colorazione sentimentale ad un intelletto rigorosamente illuminista. La conversione, invece, è la tappa di approdo di un cammino di conoscenza alla ricerca del vero, tant è che il metodo di conoscenza resta sempre quello, ma ha trovato alla fine un approdo che soddisfa interamente la dinamica del sentir e meditar.
Tale punto di approdo, però, non è un punto di arrivo finale e pacificante. E soprattutto non è l addormentarsi della sua ragione nel placido riposo del dogma e della religione. Se approcciamo così la vicenda di Manzoni non capiamo più tutto il lavorio che, invece, proprio dalla conversione in poi getta Manzoni nell agone letterario: dalla poesia mitologica il passaggio agli Inni, che sono di per sé una grande rivoluzione del linguaggio poetico; poi il passaggio alle tragedie; poi il passaggio al romanzo; poi la riflessione sul romanzo stesso e sul rapporto tra invenzione e verità. Mentre si intende normalmente la conversione di Manzoni come pacificazione rassegnata e solare della sua indagine razionale del reale, a ben guardare Manzoni deve essere collocato all interno della sua stessa affermazione: È il nostro privilegio, o il nostro peso, se non lo vogliamo accettare come privilegio, l esser messi tra la verità e l inquietudine. Il Natale del 1813 era stato uno degli Inni sacri, espressione non tanto di un entusiasmo sentimentale, quanto di un giudizio conoscitivo, gnoseologico, sulla storia sua personale e dell umanità intera. Un giudizio nuovo, rivoluzionario: l uomo non è condannato al proprio male. La scia di sangue e dolore che attraversa tutta la storia dell umanità, non è definitiva, non è l ultima parola sull uomo. Ecco ci è nato un Parvolo, ci fu largito un Figlio: le avverse forze tremano, al mover del suo ciglio: a l uom la mano Ei porge, che si ravviva, e sorge oltre l antico onor. Il Natale del 1833. Con questo abbozzo Manzoni raggiunge il cuore della sua esperienza di fede. Non più solo l annuncio della salvezza per tutta l umanità, ma l affondo nell esperienza personale, del proprio dolore e della propria esistenza ferita. Normalmente questo testo viene presentato come un momento di crisi religiosa di Manzoni. Invece è il momento in cui egli fa i conti fino in fondo con il mistero di Dio, attraverso il dolore e la contraddizione. Tutto il testo è attraversato da un Tu che domina sia quando appare come indifferente tiranno, sia quando assume lo stesso dolore e strazio dell uomo salendo sulla croce e imponendo a sua madre la stessa ferita che spacca il suo cuore. Ed è questo il centro della fede di Manzoni: la centralità di Dio nell esperienza dell uomo. Sì, che tu sei terribile! Sì, che in quei lini ascoso, In braccio a quella Vergine, Sovra quel sen pietoso, Come da sopra i turbini Regni, o Fanciul severo! È fato il tuo pensiero,
È legge il tuo vagir. Vedi le nostre lagrime, Intendi i nostri gridi, Il voler nostro interroghi, E a tuo voler decidi. Mentre, a stornare il fulmine Trepido il prego ascende, Sordo il tuo fulmin scende Dove tu vuoi ferir. Ma tu pur nasci a piangere; Ma da quel cor ferito Sorgerà pure un gemito, Un prego inesaudito; E Questa tua fra gli uomini Unicamente amata, [Nel guardo tuo beata, Ebra del tuo respir,] Vezzi or ti fa; ti supplica Suo pargolo, suo Dio; Ti stringe al cor, che attonito Va ripetendo: È mio! Un dì con altro palpito, Un dì con altra fronte, Ti seguirà sul monte, E ti vedrà morir. Onnipotente..... L immedesimazione di Dio incarnato col dolore dell uomo era già stata la scoperta di Manzoni con il Carmagnola e l Adelchi. Qui l immedesimazione avviene con il suo dolore personale, la perdita dell amata Enrichetta, che egli vive realmente come una morte di Dio: essa era stata la causa principale della sua conversione, perché in lei aveva visto la Sua luce e con lei aveva fatto i passi verso la fede. La sua morte si manifesta dunque nella vita di Manzoni come la morte in croce di Dio e solo questa possibilità lo mantiene nella speranza della resurrezione ( Ma tu pur nasci a piangere; / ma da quel cor ferito / sorgerà pure un gemito, / un prego inesaudito ).