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Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693 Pubblicazione del 14.04.2016 La Nuova Procedura Civile, 2, 2016 Editrice Comitato scientifico: Simone ALECCI (Magistrato) - Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) Costanzo Mario CEA (Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Mirella DELIA (Magistrato) - Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) Francesco FIMMANO (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) Francesca PROIETTI (Magistrato) Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare, Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato, Vice Capo dell Ufficio legislativo finanze del Ministro dell economia e delle finanze) Antonella STILO (Consigliere Corte di Appello) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.). Appello, requisiti di forma-contenuto: necessarie le ragioni, correlate ed alternative rispetto a quelle che sorreggono la pronuncia impugnata, in base alle quali ne è chiesta la riforma Va confermato che il principio della necessaria specificità dei motivi di appello, previsto dall'art. 342 c.p.c., comma 1, anche nella formulazione dettata dal D.L. n. 83 del 2012, n. 83, art. 54, prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, ma richiede che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, al giudice siano indicate, oltre ai punti e ai capi della decisione investiti dal gravame, anche le ragioni, correlate ed alternative rispetto a quelle che sorreggono la pronuncia, in base alle quali è chiesta la riforma, cosicché il quantum appellatum resti individuato in modo chiaro ed esauriente. Pertanto, in caso di doglianze evidentemente del tutto inidonee ad incidere sulla ratio decidendi della sentenza impugnata e ad incrinarne il fondamento logicogiuridico, l appello principale deve essere dichiarato inammissibile.

Massime rilevanti La norma, come ha di recente osservato la S.C. a sezioni unite, persegue lo scopo di migliorare l'efficienza dell'appello rendendo esplicita l'esigenza che l'appellante, in un'ottica di leale collaborazione ed a pena di inammissibilità del gravame, rispetti precisi oneri nella formalizzazione delle ragioni dell'impugnazione. Ciò non può tradursi, tuttavia, in limitazioni dell'accesso alla tutela giurisdizionale alle quali non corrispondano esigenze reali del processo, ivi compresa quella di economia dei tempi processuali (Cass., sez. un., 27 maggio 2015, n. 10878). Le limitazioni dell'accesso ad un giudice sono consentite solo in quanto espressamente previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (ex plurimis, Corte EDU, Omar c. Francia, 29 luglio 1998; Bellet c. Francia, 4 dicembre 1995). Ritenere l'irricevibilità di un ricorso non articolato con la specificità richiesta configura un eccessivo formalismo (v., tra le altre, Corte EDU, Walchi c. Francia, 26 luglio 2007 e Cass., sez. un., 27 maggio 2015, n. 10878). Gli oneri imposti alla parte dall'art. 342 c.p.c. devono essere interpretati, in coerenza con la funzione loro ascritta, nel senso che essi, lungi dall'imporre irragionevoli adempimenti formali, richiedono la definizione dell'ambito del giudizio di gravame con l'espressa individuazione non solo dei punti e dei capi della sentenza che vengono impugnati, ma anche dei passaggi argomentativi che li sorreggono; tali passaggi devono, poi, essere contestati attraverso la proposizione di un percorso logico alternativo a quello adottato dal giudice, chiarendo perché tale alternativo percorso condurrebbe alle modifiche richieste (Cass. 5 febbraio 2015, n. 2143, in La Nuova Procedura Civile, 1, 2015, in relazione alle identiche questioni poste dall'art. 434 c.p.c.). Corte d Appello di Reggio di Calabria, sentenza del 10.3.2016 omissis Motivi della decisione 1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria, dopo aver premesso che xxxxx. ha azionato il procedimento monitorio nei confronti di x. xxx quali garanti di xxx., in relazione all esposizione debitoria derivante da un apertura di credito in conto corrente, ha rigettato l opposizione a decreto ingiuntivo dagli stessi proposta, sulla base (in sintesi) delle seguenti argomentazioni: -le pattuizioni di cui agli artt. 7 e 8 del contratto di garanzia, nel derogare al principio dell accessorietà della fideiussione, valgono a connotare la fattispecie negoziale in termini di garanzia autonoma, la quale si caratterizza per l assunzione dell obbligo di eseguire la prestazione oggetto della garanzia senza poter opporre eccezioni attinenti alla validità, efficacia e, in genere, alle vicende del rapporto principale ( ), atteso che in forza di dette clausole i garanti erano tenuti a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, quanto dovutole per capitale, interessi e spese e nell ipotesi in cui le obbligazioni garantite fossero state dichiarate invalide, erano tenuti a garantire comunque l obbligo del debitore di restituire le somme erogate (v. sentenza impugnata, pag. 2); -tre sono i casi in cui il garante, nel contratto autonomo di garanzia, può opporre eccezioni al beneficiario dell accordo: l inesistenza del contratto principale; la nullità dello stesso per contrarietà a norme imperative o per illiceità della causa (tendendo altrimenti il contratto di garanzia ad assicurare un risultato vietato dall ordinamento); l esecuzione fraudolenta o abusiva (rientrando in quest ultima ipotesi anche il caso di adempimento

dell obbligazione principale, se il garante ha fornito prova liquida ed incontestabile di detto adempimento); -di conseguenza, la nullità della pattuizione di intessi ultralegali per mancanza della forma scritta non si comunica al contratto autonomo di garanzia in quanto il risultato perseguito, il pagamento di interessi superiori a quelli legali, non è vietato dall ordinamento; -alla luce di tali principi, le eccezioni sollevate dagli opponenti in ordine alla validità del rapporto principale, esulando dall ipotesi di inesistenza o nullità dello stesso per contrarietà a norme imperative o per illiceità della causa, sono inammissibili; -in particolare, inammissibile è l eccepita nullità della capitalizzazione trimestrale, data la non configurabilità di un divieto assoluto di anatocismo, essendo quest ultimo permesso alle particolari condizioni previste dall art. 1283 c.c. e per gli esercenti l attività bancaria dall art. 120 d.lgs. n. 385/93 (come modificato dal d.lgs. 342/99) in attuazione del quale è stata emanata la delibera CICR del 9 aprile 2000. 2. Con il primo motivo di impugnazione, gli appellanti censurano la sentenza impugnata per erronea valutazione di norme di diritto, deducendo: -che le eccezioni di nullità proposte (concernenti l anatocismo, la vessatorietà di clausole contrattuali e l applicazione di interessi ultralegali) valgono sia per il debitore principale che nei confronti del fideiussore, attesa la nota natura accessoria dell obbligazione fideiussoria rispetto all obbligazione garantita, a pena di dimostrazione dall Istituto che si verta in tema di c.d. garanzia autonoma, e perciò svincolata dal rapporto fideiussorio ; -che dunque, in forza dell art. 1945 c.c., il fideiussore, con le suindicate eccezioni, avrebbe dovuto vedere annullato l intero rapporto negoziale, in particolare, per il superamento del tasso-soglia, ed all applicazione indebita di tutte le voci sopra elencate (cfr. atto di appello, p. 3); -che, ciò posto, il credito vantato dalla banca risulta privo di fondamento, dal momento che: a) la documentazione prodotta dall appellata a corredo del ricorso monitorio non vale a provare l asserito diritto di credito nella fase dell opposizione; b) non può assumere valenza l obbligazione assunta con il contratto di fideiussione che secondo le condizioni generali del contratto fanno piena prova nei confronti dello stesso le risultanze delle scritture contabili della banca (cfr. pag. 4 dell atto di appello); c) tale previsione si palesa pacificamente vessatoria, come tale inefficace ex art. 1469 quinquies c.c., oltre che nulla per difetto della doppia sottoscrizione, al pari di tutte le clausole che prevedono, a favore della banca, limitazioni di responsabilità, nonché, a carico del fideiussore, decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni e/o deroghe alla competenza dell Autorità Giudiziaria (cfr. sempre pag. 4); d) nel contratto si prevede la chiusura delle partite debitorie ad ogni trimestre e si stabilisce altresì che gli interessi dovuti dal correntista all azienda di credito producano a loro volta interessi nella stessa misura, in violazione del divieto di anatocismo ex art. 1283 c.c., con conseguente nullità ex artt. 1418 e 1419 c.c.; -che, alla luce di quanto sopra, appare palese la fondatezza, in diritto, delle ragioni degli appellanti (fideiussori), che in quanto tali hanno piena capacità di proporre le dovute eccezioni come il debitore principale e non, come avrebbe statuito il Giudice di prime cure, titolari del solo obbligo di eseguire la prestazione (cfr. atto di appello, p. 7).

3. Con il secondo motivo di impugnazione gli appellanti poi si dolgono che il Tribunale non si sia pronunciato sulla richiesta di CTU contabile, formulata sin dall atto introduttivo del giudizio, assumendo che ciò renderebbe la sentenza nulla per palese violazione di legge. 4. L appello, sì come eccepito dalla xxxxxxxxx., è inammissibile. 4.1- L'art. 342 c.p.c., come sostituito dall art. 54, comma 1 lett. c-bis d.l. 22.06.2012 n. 83, convertito in legge 07.08.2012 n. 134, dispone al primo comma: L'appello si propone con citazione contenente le indicazioni prescritte dall art. 163. L appello deve essere motivato. La motivazione dell appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. La norma, come ha di recente osservato la S.C. a sezioni unite, persegue lo scopo di migliorare l'efficienza dell'appello rendendo esplicita l'esigenza che l'appellante, in un'ottica di leale collaborazione ed a pena di inammissibilità del gravame, rispetti precisi oneri nella formalizzazione delle ragioni dell'impugnazione. Ciò non può tradursi, tuttavia, in limitazioni dell'accesso alla tutela giurisdizionale alle quali non corrispondano esigenze reali del processo, ivi compresa quella di economia dei tempi processuali (Cass., sez. un., 27 maggio 2015, n. 10878). Al riguardo, viene richiamata la giurisprudenza della Corte E.D.U., secondo la quale le limitazioni dell'accesso ad un giudice sono consentite solo in quanto espressamente previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (v., ex plurimis, Omar c. Francia, 29 luglio 1998; Bellet c. Francia, 4 dicembre 1995), con il corollario che ritenere l'irricevibilità di un ricorso non articolato con la specificità richiesta configura un eccessivo formalismo (v., tra le altre, Walchi c. Francia, 26 luglio 2007) (così sempre Cass., sez. un., 27 maggio 2015, n. 10878). Ne discende che, come già sostenuto da questa Corte, gli oneri imposti alla parte dall'art. 342 c.p.c. devono essere interpretati, in coerenza con la funzione loro ascritta, nel senso che essi, lungi dall'imporre irragionevoli adempimenti formali, richiedono la definizione dell'ambito del giudizio di gravame con l'espressa individuazione non solo dei punti e dei capi della sentenza che vengono impugnati, ma anche dei passaggi argomentativi che li sorreggono; tali passaggi devono, poi, essere contestati attraverso la proposizione di un percorso logico alternativo a quello adottato dal giudice, chiarendo perché tale alternativo percorso condurrebbe alle modifiche richieste (cfr. Cass. 5 febbraio 2015, n. 2143, in relazione alle identiche questioni poste dall'art. 434 c.p.c.). Si perviene così ad un approdo sostanzialmente coincidente con quello cui era giunta la prevalente giurisprudenza di legittimità in merito alla precedente formulazione dell'art. 342 c.p.c. (cfr. ex plurimis Cass. 20 marzo 2013, n. 6978; Cass. 18 gennaio 2013, n. 1248; Cass. s.u. 9 novembre 2011, n. 23299; Cass. 17 dicembre 2010, n. 25588). La conclusione delle sezioni unite è infatti che il principio della necessaria specificità dei motivi di appello, previsto dall'art. 342 c.p.c., comma 1, anche nella formulazione dettata dal D.L. n. 83 del 2012, n. 83, art. 54, prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, ma richiede che, in relazione al contenuto

della sentenza appellata, al giudice siano indicate, oltre ai punti e ai capi della decisione investiti dal gravame, anche le ragioni, correlate ed alternative rispetto a quelle che sorreggono la pronuncia, in base alle quali è chiesta la riforma, cosicché il quantum appellatum resti individuato in modo chiaro ed esauriente (cfr. la già citata Cass., sez. un., 27 maggio 2015, n. 10878). 4.2- Se queste sono le guide-lines interpretative dei requisiti di formacontenuto dell'atto di appello, è da rilevare che nel caso in esame l'impugnazione, che soggiace alla nuova disciplina, risulta costruita in maniera difforme dall art. 342 c.p.c. nel testo vigente a far data dall 11 settembre 2012. Ed invero, se dalla lettura dell'atto di impugnazione è chiaramente evincibile che si è inteso impugnare la sentenza per intero, tuttavia le argomentazioni degli appellanti non si appalesano idonee ad inficiare il fondamento logicogiuridico della decisione del Tribunale. 4.3- I C.-C., a fronte della statuizione di rigetto dell opposizione a decreto ingiuntivo incentrata sulla ritenuta configurazione del rapporto in controversia alla stregua di un contratto autonomo di garanzia e non di una fideiussione, in ragione dell assenza dell elemento dell accessorietà tipico di quest ultima, e sulla conseguente inopponibilità delle eccezioni sollevate dagli opponenti con riguardo alla validità del rapporto principale (v. sentenza impugnata, pag. 3), si sono difatti limitati a formulare delle deduzioni afferenti alla nullità delle clausole del contratto di conto corrente in tema di interessi e a dolersi, genericamente, delle clausole che prevedono, a carico del fideiussore, decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni e/o deroghe alla competenza dell Autorità Giudiziaria (cfr. atto di appello, pag. 4). Orbene, tali doglianze sono evidentemente del tutto inidonee ad incidere sulla ratio decidendi della sentenza impugnata e ad incrinarne il fondamento logicogiuridico, proprio perché non contengono alcuna critica specifica in ordine alla connotazione del titolo che sorregge la pretesa creditoria della banca nei confronti degli appellanti in termini di garanzia autonoma, anziché di fideiussione. L appello principale deve essere allora dichiarato inammissibile. 5. Per l effetto, l appello incidentale deve essere dichiarato inefficace. La Corte di Cassazione ha infatti in più occasioni affermato che l'appello incidentale tardivo perde efficacia se l'impugnazione principale viene dichiarata improponibile, improcedibile o inammissibile per mancata osservanza del termine per impugnare ovvero degli adempimenti richiesti a tale fine dalla legge processuale (e non invece se alla declaratoria di inammissibilità della impugnazione principale si pervenga attraverso l'esame di una condizione dell'azione e di una questione che - in ragione di un litisconsorzio necessario originario di natura sostanziale o processuale o in ipotesi di causa tra loro dipendenti - sia suscettibile di provocare effetti e di avere ricadute sull'appellante incidentale tardivo: così Cass. 11 giugno 2010, n. 14084). Precisamente, l'art. 334 c.p.c., comma 2 - in base al quale, se l'impugnazione principale viene dichiarata inammissibile, l'impugnazione incidentale tardiva perde efficacia - trova applicazione nei casi di inammissibilità dell'impugnazione in senso proprio, in quelli di improponibilità ed in quelli di improcedibilità dell'impugnazione principale, casi che hanno in comune tra loro il dato essenziale consistente in una carenza o vizio formale del procedimento

di impugnazione tale da precludere l'esame del merito della impugnazione stessa (così Cass. 5 luglio 2004 n. 12249). Ciò posto, e considerato che l'appello incidentale in esame, proposto dalla dobank nella comparsa di costituzione e risposta depositata in data 30 dicembre 2005, dopo il decorso del c.d. termine breve (semestrale) per impugnare la sentenza (pubblicata il 27 gennaio 2015), è da ricondurre al disposto dell'art. 334 c.p.c., dall'inammissibilità dell'impugnazione principale discende la perdita di efficacia del medesimo (simul stabunt simul cadent). 6. Appare equo infine compensare tra le parti per intero le spese di questo grado di giudizio, dato il suo esito complessivo, che vede l inammissibilità dell appello principale e l inefficacia dell appello incidentale. 7. Deve in ultimo darsi atto, ex art. 13 comma 1-quater d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, che sussistono i presupposti per il versamento da parte degli appellanti (principali) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione. p.q.m. La Corte di Appello di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sull appello principale proposto, avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 27 gennaio 2015, da Cxxxx. nei confronti della xxxbank S.p.A, oggi dxxxxxbank xxa., nonché sull appello incidentale spiegato da quest ultima, quale mandataria della xxxx., così provvede: a) dichiara inammissibile l appello principale; b) dichiara inefficace l appello incidentale; c) compensa per intero tra le parti le spese del grado; d) ex art. 13 comma 1-quater d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte degli appellanti principali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione. Così deciso in Reggio Calabria, nella camera di consiglio della sezione civile della Corte di Appello, addì 10 marzo 2016. Il consigliere est. (dr.ssa Antonella Stilo) Il Presidente (dr. Andrea Pastore)