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Repubblica Italiana In nome del popolo italiano La Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale d Appello per la Regione Siciliana composta dai magistrati: dott. GIOVANNI COPPOLA Presidente dott. VINCENZO LO PRESTI Consigliere dott.ssa ANNA LUISA CARRA Consigliere dott. VALTER DEL ROSARIO Consigliere- relatore dott. GUIDO PETRIGNI Consigliere ha pronunziato la seguente SENTENZA N.200/A/2016 nel giudizio d appello in materia di responsabilità amministrativa iscritto al n. 5435 del registro di segreteria, promosso dalla Procura regionale della Corte dei Conti per la Sicilia avverso: S. C. G. (c.f. Omissis ), nato a Omissis il Omissis, difeso dall avv. Massimiliano Mangano (con domicilio eletto presso il suo studio legale, in via N. Morello, n.40, Palermo), il quale, a sua volta, ha proposto appello incidentale avverso la Procura Generale e la Procura Regionale della Corte dei Conti per la Sicilia, per ottenere la riforma della sentenza n.670/2015, emessa dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana in data 9.7.2015; visti tutti gli atti e documenti di causa;

2 riuniti gli appelli ai sensi dell art. 335 del c.p.c.; uditi nella pubblica udienza dell 11 ottobre 2016 il consigliere relatore dott. Valter Del Rosario, il Pubblico Ministero dott.ssa Maria Rachele Aronica e l avv. Massimiliano Mangano per il sig. S.. FATTO Con la sentenza n.670/2015 la Sezione di primo grado s è pronunziata in ordine all azione di responsabilità amministrativa che era stata proposta dalla Procura della Corte dei Conti nei confronti di S. C. G. (dirigente generale della Regione Siciliana, già preposto al Dipartimento degli Interventi per la Pesca), al fine d ottenerne la condanna al risarcimento del danno arrecato all immagine ed al prestigio dell Amministrazione regionale mediante comportamenti delittuosi, penalmente sanzionati. In particolare, la Procura regionale riferiva che con sentenza n.1695/2013, emessa, a seguito di patteggiamento ai sensi degli artt. 444 e ss. del c.p.p., dal Giudice per l Udienza Preliminare presso il Tribunale di Palermo, divenuta irrevocabile in data 2.1.2014, lo S. era stato condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione per il reato di cui agli artt. 81 cpv., 110, 319 e 321 del c.p., perché: In concorso con G. F., V. A. e C. S., con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, eseguite anche in tempi diversi, lo S., in qualità di Dirigente Generale del Dipartimento degli Interventi per la Pesca della Regione Siciliana e, dunque, di pubblico ufficiale, aveva ricevuto, per sé o per terzi, varie utilità dai suddetti G., V. e C., a titolo di compenso per la commissione di atti contrari ai doveri del

3 proprio ufficio di fedeltà, d imparzialità e d onestà, tra i quali quelli finalizzati ad aggiudicare appalti per le forniture di servizi e di spazi pubblicitari ad alcune società commerciali, concretamente ricollegabili (come accertato in sede di indagini svolte nell ambito del procedimento penale) al G.. Per compiere gli atti contrari ai proprii doveri d ufficio, che avevano comportato una sorta di asservimento al soddisfacimento di interessi privati di una parte delle funzioni pubbliche da lui concretamente espletate, il dirigente generale S. aveva conseguito, nel tempo, svariate utilità, tra cui: versamenti di cospicue somme di denaro (materialmente eseguiti, di volta in volta, dallo stesso G. o dai suoi sodali C. e V.); facoltà di utilizzare una carta di credito, messa a sua disposizione dal V., ed un abbonamento a Sky, pagato dal C.; pagamenti di spese di vario genere (inerenti vacanze all estero con la famiglia, trasporti di mobilia, taluni lavori effettuati in casa ecc.), eseguiti direttamente per suo conto dai predetti soggetti. Tenuto conto dei plurimi elementi emersi nel corso del procedimento penale, la Procura della Corte dei Conti contestava allo S. la grave lesione da lui inferta mediante tali comportamenti al prestigio ed all immagine della Regione Siciliana e riteneva che il correlativo onere risarcitorio da porsi a suo carico fosse quantificabile in complessivi 293.221,90, pari alla somma di: 43.221,90, corrispondenti al doppio del valore delle utilità che erano state lucrate dallo S. per rendere gli illeciti favori al G.;

4 250.000,00, corrispondenti ai costi che erano stati sostenuti dall Amministrazione regionale per remunerare le forniture dei servizi e degli spazi pubblicitari, che erano state aggiudicate dallo S. alle società commerciali collegate al G.. * * * * * Accogliendo parzialmente la domanda risarcitoria proposta dalla Procura, con la sentenza n.670/2015 la Sezione di primo grado ha condannato lo S. a pagare alla Regione Siciliana, a titolo di risarcimento del danno all immagine, la somma di 50.000,00, da maggiorarsi di rivalutazione monetaria ed interessi legali (entrambi calcolati secondo le modalità ivi specificate), nonché alla rifusione delle spese processuali in favore dello Stato. A tal proposito, la Sezione di primo grado ha evidenziato che non v era alcun dubbio sul fatto che i comportamenti illeciti tenuti dallo S., integranti il reato di corruzione continuata di pubblico funzionario per il compimento di atti contrari ai doveri d ufficio (artt. 81 cpv., 110, 319 e 321 del c.p.), avessero arrecato una grave lesione all immagine ed al prestigio della Regione Siciliana. D altro canto, lo stesso S. aveva ammesso, nel corso del procedimento penale promosso a suo carico, d aver ricevuto, in varie occasioni, somme di denaro ed altre utilità dal G. e dai suoi sodali V. e C., al fine di soddisfare i loro desiderata. In tale contesto, essendo inequivocabilmente assodata la sussistenza della vicenda corruttiva che aveva visto coinvolti lo S., il G. e gli altri soggetti sopra menzionati, il Giudice di primo grado ha

5 affermato che non poteva assumere alcuna significativa rilevanza e, quindi, non era meritevole d accoglimento la richiesta, avanzata dallo S., di acquisire informazioni presso la Procura della Repubblica di Palermo in ordine ad eventuali procedimenti penali in corso a carico di non meglio identificati amministratori delle società commerciali, cui erano stati aggiudicati gli appalti per le forniture dei servizi e degli spazi pubblicitari in questione. Passando alla quantificazione dell onere risarcitorio da porsi a carico dello S. per il danno arrecato all immagine della P.A., il Giudice di primo grado ha ritenuto non condivisibile, in quanto priva di qualsiasi congrua motivazione, la tesi della Procura, secondo cui si sarebbe dovuto tener conto, oltre che dei vari parametri elaborati dalla consolidata giurisprudenza in materia, anche dell ammontare delle spese che erano state sostenute dall Amministrazione regionale per remunerare le forniture dei servizi e degli spazi pubblicitari, aggiudicate dallo S. alle ditte collegate al G.. Infatti, nel formulare l atto di citazione, la Procura aveva stigmatizzato gli illeciti favoritismi compiuti dallo S. in sede d aggiudicazione delle forniture in questione alle ditte sponsorizzate dal G. ma non aveva affatto ipotizzato né tantomeno dimostrato che le relative prestazioni non fossero state eseguite e che le spese sostenute dall Amministrazione fossero state, in sé e per sé, prive di utilità giuridicamente apprezzabili e, quindi, foriere di danno erariale. Ciò premesso, il Giudice di primo grado, dopo aver illustrato i principii ed i criteri elaborati dalla giurisprudenza in materia, ha ritenuto di

6 dover determinare equitativamente, ai sensi dell art. 1226 del c.c., in 50.000,00 l onere risarcitorio a carico dello S., tenendo ponderatamente conto: della gravità dei comportamenti delittuosi tenuti dal medesimo (corruzione continuata di pubblico funzionario per il compimento di atti contrari ai doveri d ufficio); della reiterazione di tali comportamenti, che avevano determinato una sorta di asservimento ad interessi privati di parte delle funzioni da lui espletate quale pubblico funzionario; della posizione apicale di dirigente generale da lui ricoperta nell ambito della Regione Siciliana; dell ampia risonanza a livello mediatico della vicenda corruttiva, con conseguente notevole detrimento dell immagine, del prestigio e della credibilità istituzionale dell Amministrazione in seno alla collettività sociale; della cospicua entità dei vari benefici economici da lui lucrati, quale compenso per le attività illecitamente svolte. * * * * * Avverso la sentenza n.670/2015 ha proposto appello la Procura Regionale, contestando esclusivamente la quantificazione in 50.000,00 dell onere risarcitorio posto a carico dello S.. Ad avviso del P.M., infatti, il Giudice di primo grado non avrebbe fornito una congrua motivazione in ordine all omessa considerazione, tra i vari parametri utilizzati per la determinazione in via equitativa del danno all immagine risarcibile, dell ammontare delle spese, pari ad

7 250.000,00, che erano state sostenute dall Amministrazione regionale per remunerare le forniture dei servizi e degli spazi pubblicitari, aggiudicate dallo S. alle società collegate al G.. D altro canto, secondo la Procura, l ampia risonanza mediatica della vicenda corruttiva in cui è rimasto coinvolto lo S., con il conseguente notevole detrimento arrecato all immagine ed al prestigio dell Amministrazione regionale, avrebbe dovuto indurre la Sezione di primo grado a quantificare l onere risarcitorio nella maggior misura di 293.221,90, indicata dal P.M. nell atto di citazione. * * * * * Avverso la sentenza n.670/2015 ha proposto appello anche lo S., difeso dall avv. Massimiliano Mangano. In particolare, lo S. ha contestato il rigetto, da parte della Sezione di primo grado, della richiesta da lui formulata affinchè venissero acquisite informazioni aggiornate presso la Procura della Repubblica di Palermo in ordine ad eventuali procedimenti penali pendenti a carico dei titolari delle società commerciali, cui erano stati da lui aggiudicati gli appalti per le forniture dei servizi e degli spazi pubblicitari. Ad avviso dello S., infatti, l eventuale conferma della mancata attivazione di procedimenti penali anche nei confronti di tali soggetti (diversi dal G., dal C. e dal V., dai quali egli aveva ricevuto denaro ed altre utilità) avvalorerebbe la tesi secondo cui le aggiudicazioni, da lui effettuate, degli appalti alle società in questione non sarebbero state frutto della vicenda corruttiva, da cui, secondo il P.M. contabile, è

8 scaturito il danno all immagine della P.A., oggetto del giudizio di responsabilità amministrativa promosso nei suoi confronti. Per tali ragioni lo S. ha chiesto che, previa effettuazione del supplemento d istruttoria da lui auspicato, questa Sezione d Appello riformi la sentenza di condanna al risarcimento del danno all immagine della P.A., che è stata pronunziata nei suoi confronti dal Giudice di primo grado. * * * * * La Procura Generale ha depositato le proprie conclusioni relativamente all appello incidentale proposto dallo S., chiedendone il rigetto. * * * * * All odierna udienza, le parti hanno illustrato le rispettive tesi, ribadendo le conclusioni già formulate per iscritto. DIRITTO Preliminarmente, il Collegio Giudicante reputa opportuno sottolineare (benchè tale specifica tematica non abbia costituito oggetto di alcuna eccezione sollevata dallo S.) che anche dopo l entrata in vigore, avvenuta il 7.10.2016, del D.L.vo 26.8.2016, n.174, recante il Nuovo Codice della Giustizia Contabile, sussiste pienamente la giurisdizione della Corte dei Conti in materia di risarcimento dei danni arrecati all immagine ed al prestigio della Pubblica Amministrazione, giurisdizione che, dopo essere stata esplicitamente riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione sin dagli anni novanta dello scorso secolo, è stata oggetto anche di apposite norme di rango

9 legislativo. A tal proposito, si osserva che l art. 1, comma 1-sexies, della L. n. 20/1994 (nel testo vigente a seguito delle modifiche introdotte dall art. 1, comma 62, della L. n. 190/2012), il quale disciplina l istituto del risarcimento dei danni all immagine della P.A. derivanti da comportamenti delittuosi, che siano stati tenuti contro la medesima P.A. da amministratori e dipendenti pubblici nell esercizio delle loro funzioni e che siano stati sanzionati con sentenza penale irrevocabile, non è stato affatto inciso dalle norme contenute nell art. 4, comma 1, lettere g) ed h), dell allegato 3, denominato Norme transitorie ed abrogazioni, del D.L.vo n.174/2016, le quali hanno riguardato esclusivamente l art. 7 della L. n. 97/2001 e l art. 17, comma 30-ter, primo periodo, del D.L. n.78/2009, convertito, con modificazioni, dalla L. n.102/2009, il cui combinato disposto, come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza sia della Corte dei Conti (v. la sentenza n.8/2015/q.m) che della Corte Costituzionale (v. la sentenza n.355/2010 e le ordinanze nn. 219, 220 e 221 del 2011), era specificamente finalizzato a limitare l esercizio, da parte del P.M. contabile, dell azione per il risarcimento del danno all immagine della P.A. con esclusivo riferimento ai reati previsti nel capo I del titolo II del libro II del codice penale (artt. 314-335). Ne consegue che, dopo l intervenuta abrogazione dell art. 7 della L. n. 97/2001 e dell art. 17, comma 30-ter, primo periodo, del D.L. n.78/2009, convertito, con modificazioni, dalla L. n.102/2009, ferma restando la giurisdizione della Corte dei Conti in materia, l esercizio,

10 da parte del P.M. contabile, dell azione risarcitoria per il danno all immagine della P.A. presuppone ancora, in linea generale, l esistenza di una sentenza penale irrevocabile di condanna, che sia stata pronunziata a carico di un dipendente o di un amministratore pubblico per reati commessi nei confronti della P.A., senza più, però, alcuna limitazione ai delitti specificamente contemplati nel capo I del titolo II del libro II del codice penale. Va infine rilevato, per completezza, che il presupposto della sussistenza di una sentenza penale irrevocabile di condanna non è previsto in relazione a talune peculiari fattispecie di danno all immagine della P.A., che sono state individuate dal legislatore nell art. 55-quinquies del D.L.vo n.165/2001 e nell art. 46 del D.L.vo n.33/2013. Assodata la perdurante sussistenza della giurisdizione di questa Corte in ordine alla fattispecie oggetto del presente giudizio di responsabilità amministrativa, può procedersi alla disamina dei motivi d appello che sono stati prospettati dalle parti. * * * * * Come già riferito nella parte in fatto della presente sentenza, lo S. ha contestato il rigetto, da parte della Sezione di primo grado, della richiesta da lui formulata affinchè venissero acquisite informazioni aggiornate presso la Procura della Repubblica di Palermo in ordine ad eventuali procedimenti penali pendenti a carico di non meglio identificati titolari delle società commerciali, alle quali erano stati da lui aggiudicati gli appalti per le forniture dei servizi e degli spazi

11 pubblicitari in questione. Ad avviso dello S., infatti, l eventuale mancata attivazione di procedimenti penali nei confronti anche di tali soggetti (diversi dal G., dal C. e dal V., dai quali egli aveva ricevuto denaro ed altre utilità) avvalorerebbe la tesi secondo cui le aggiudicazioni, da lui disposte, degli appalti alle società in questione non sarebbero state frutto della vicenda corruttiva, da cui, secondo il P.M. contabile, è scaturito il danno all immagine della P.A., oggetto del giudizio di responsabilità amministrativa promosso nei suoi confronti. Il Collegio Giudicante reputa che la doglianza formulata dallo S. sia priva di qualsiasi valido fondamento. Infatti, il danno all immagine della Regione Siciliana, che è stato contestato allo S. dal P.M. contabile, trae essenzialmente origine dal fatto che, con la sentenza n.1695/2013, emessa dal Giudice per l Udienza Preliminare presso il Tribunale di Palermo e divenuta irrevocabile in data 2.1.2014, egli è stato penalmente condannato, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 81 cpv., 110, 319 e 321 del c.p., perché: In concorso con G. F., V. A. e C. S., con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, eseguite anche in tempi diversi, lo S., in qualità di Dirigente Generale del Dipartimento degli Interventi per la Pesca della Regione Siciliana e, dunque, di pubblico ufficiale, aveva ricevuto, per sé o per terzi, varie utilità dai suddetti G., V. e C., a titolo di compenso per la commissione di atti contrari ai doveri del proprio ufficio di fedeltà, d imparzialità e d onestà, tra i quali quelli finalizzati ad aggiudicare

12 appalti per le forniture di servizi e di spazi pubblicitari ad alcune società commerciali, concretamente ricollegabili al G.. In tale contesto, appare, quindi, del tutto evidente che, una volta acclarata, sulla scorta delle indagini svolte nell ambito del procedimento penale (le cui oggettive risultanze non sono mai state validamente smentite da alcuno), la sussistenza dei comportamenti illeciti e contrari ai doveri d ufficio effettivamente tenuti dal dirigente generale S., non viene ad assumere alcuna concreta rilevanza nell ambito del giudizio di responsabilità amministrativa, promosso dal P.M. contabile per il risarcimento del danno all immagine della P.A., la circostanza che nella vicenda corruttiva, che ha visto come protagonisti lo S., da un lato, il G. ed i suoi sodali V. e C., da un altro lato, siano stati o meno direttamente coinvolti anche i non meglio identificati titolari delle società commerciali, alle quali erano stati aggiudicati gli appalti per le forniture dei servizi e degli spazi pubblicitari. Infatti, l eventuale mancata attivazione di procedimenti penali riguardanti la vicenda corruttiva in questione anche nei confronti di tali soggetti non verrebbe ad alterare il quadro essenziale della fattispecie illecita né a modificare sostanzialmente la posizione nel presente giudizio di responsabilità amministrativa dello S., il quale è stato chiamato a risarcire il danno arrecato all immagine dell Amministrazione regionale per aver compiuto atti contrari ai proprii doveri di pubblico funzionario, ottenendo l indebita elargizione di vari compensi, in denaro od altre utilità, da soggetti privati, quali il

13 G., il V. ed il C., che avevano specifici interessi in proposito. Ne consegue che l appello proposto dallo S. (il quale non ha, peraltro, sollevato alcuna doglianza in ordine alla specifica tematica concernente i criteri utilizzati dal Giudice di primo grado in sede di concreta quantificazione in 50.000,00 dell onere risarcitorio posto a suo carico) dev essere respinto. * * * * * Passando all esame dell appello proposto dalla Procura regionale, il Collegio Giudicante rileva che il P.M. ha lamentato che il Giudice di primo grado non avrebbe fornito alcuna congrua motivazione in ordine all omessa considerazione, tra i vari parametri utilizzati per la quantificazione in via equitativa del danno all immagine risarcibile, anche dell ammontare delle spese, pari ad 250.000,00, che erano state sostenute dall Amministrazione regionale per remunerare le forniture dei servizi e degli spazi pubblicitari, aggiudicate dallo S. alle società commerciali collegate al G.. D altro canto, secondo la Procura, l ampia risonanza mediatica della vicenda corruttiva in cui è rimasto coinvolto lo S., con il conseguente notevole detrimento arrecato all immagine ed al prestigio dell Amministrazione regionale, avrebbe dovuto indurre la Sezione di primo grado a quantificare il correlativo onere risarcitorio nella misura di 293.221,90, indicata dal P.M. nell atto di citazione. Il Collegio Giudicante reputa che l appello proposto dalla Procura sia privo di valido fondamento. A tal proposito, si osserva che il Giudice di primo grado ha

14 quantificato, in via equitativa, in 50.000,00 l onere risarcitorio posto a carico dello S., tenendo ponderatamente conto di molteplici elementi, quali: la gravità dei comportamenti delittuosi tenuti dal medesimo S. (corruzione continuata di pubblico funzionario per il compimento di atti contrari ai doveri d ufficio); la reiterazione di tali comportamenti, che avevano determinato una sorta di asservimento ad illeciti interessi privati di parte delle funzioni da lui espletate quale pubblico funzionario; la posizione apicale di dirigente generale, da lui ricoperta nell ambito della Regione Siciliana; l ampia risonanza a livello mediatico della vicenda corruttiva, con conseguente notevole detrimento dell immagine, del prestigio e della credibilità istituzionale dell Amministrazione in seno alla collettività sociale; la cospicua entità dei vari benefici economici, da lui lucrati quale compenso per le attività illecitamente svolte. Orbene, ad avviso di questa Corte, il percorso argomentativo seguito dal Giudice di primo grado nel quantificare in via equitativa, ai sensi dell art. 1226 del c.c., l onere risarcitorio posto a carico dello S. appare adeguatamente motivato, privo di vizi logico-giuridici nonchè sostanzialmente conforme ai principii elaborati dalla consolidata giurisprudenza in materia. A fronte di tale complesso di elementi, la Procura non ha indicato, né nell originario atto di citazione né tantomeno in quello d appello, quali

15 sarebbero le concrete e valide ragioni per le quali, tra i vari parametri utilizzati dal Giudice per la quantificazione in via equitativa del danno all immagine, dovrebbe essere ricompreso anche l ammontare delle spese, che erano state sostenute dall Amministrazione regionale per remunerare le forniture dei servizi e degli spazi pubblicitari, aggiudicate dallo S. alle società collegate al G.. D altro canto, non risulta neppure dimostrato che le suddette forniture fossero, in sé e per sé, prive di utilità giuridicamente apprezzabili per l Amministrazione che le aveva commissionate o che esse non siano state eseguite. Ne consegue che il generico motivo d appello prospettato dalla Procura dev essere respinto. * * * * * Considerata la reciproca soccombenza sia dello S. che della Procura, il Collegio Giudicante reputa che sussistano i presupposti per potersi addivenire alla compensazione di tutte le spese inerenti il presente giudizio d appello. PER QUESTI MOTIVI la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale d Appello per la Regione Siciliana, definitivamente pronunziando sui gravami, riuniti ai sensi dell art. 335 del c.p.c., proposti avverso la sentenza n.670/2015, emessa dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana in data 9.7.2015: rigetta l appello principale della Procura regionale; rigetta l appello incidentale di S. C. G.;

16 conferma le statuizioni di condanna a carico dello S. contenute nella predetta sentenza n.670/2015; dichiara integralmente compensate le spese inerenti il presente giudizio d appello. Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio dell 11 ottobre 2016. L ESTENSORE IL PRESIDENTE F.TO (Valter Del Rosario) F.TO (Giovanni Coppola) Sentenza depositata in segreteria nei modi di legge Palermo,13/12/2016 Il direttore della segreteria F.TO (Fabio Cultrera)