Il conflitto con le autorità religiose

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tag: Vangelo di Marco, Gesù l autorità e le autorità Gesù: * chi è e chi non è [ articolo precedente] * perché entra in conflitto con le autorità religiose? [il presente articolo] * come vede e propone un mondo alla rovescia [prossimo articolo] tre piste per rileggere e raccontare il vangelo di Marco Nell articolo precedente abbiamo indicato una prima pista di lettura del vangelo di Marco. Gesù è il Figlio che Dio manda agli uomini in attesa di salvezza. Eppure, è solo quando Gesù è sulla croce, senza nessuna possibilità di salvezza, che si comprende come la salvezza di Dio si realizza fra gli uomini. A questo punto, se la croce, nel vangelo di Marco, è così importante per comprendere chi è Gesù, dobbiamo anche chiederci come Gesù vi è arrivato. È un secondo filo conduttore di tutto il racconto. Ciò che porta Gesù sulla croce è il conflitto con le autorità religiose dei gruppi dei Farisei, Sadducei, Erodiani, Sommi Sacerdoti, Scribi e Anziani. Ma come nasce questo conflitto, come si sviluppa, qual è il punto di rottura che fa precipitare le cose? Il conflitto con le autorità religiose Già il primo sommario, dedicato all insegnamento di Gesù (1,21-22), fa intravedere il punto del conflitto. Quando Gesù parla nella sinagoga di Cafarnao, Marco descrive la reazione del popolo: Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi (1,22). Tutto si giocherà dunque attorno al problema dell autorità. Il lettore sa fin dal titolo del vangelo (1,1) che Gesù è il Messia e il Figlio di Dio, ma non sa ancora come questo titolo entra il relazione con le autorità riconosciute. Di per sé, Gesù riconosce le autorità religiose e la loro funzione. Dopo la guarigione del lebbroso, Gesù ordina: «Guarda di non dir niente a nessuno, ma va, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro» (1,44). Inoltre, anche se Marco tratta questi gruppi in modo stereotipato, come un unico fronte opposto a Gesù, tuttavia sa fare delle distinzioni. Così, Gesù guarisce la figlia di Giàiro, che è capo della sinagoga (5,22). Dopo l ultima e decisiva serie di dispute nel tempio, Gesù si trova d accordo, e proprio sulla questione centrale del comandamento più importante, con un capo degli scribi al quale rivolge l importante espressione di approvazione Non sei lontano dal regno di Dio (12,34). Dopo la morte di Gesù, infine, Marco tiene a precisare che Giuseppe d Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù (15,43). Soltanto lo sviluppo del conflitto ci potrà dunque indicare su quale piano le due autorità entrano in contrasto. Per il momento, l autorità di Gesù percepita dal popolo e dai discepoli è tale da far nascere una domanda: Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: - Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono! (1,27; 4,41). Il sommario iniziale sembra già orientare il lettore a distinguere tra un autorità che viene da Dio e un autorità che viene dagli uomini (cfr. 7,1-13; 11,27-33). Vediamo come questa opposizione appare sempre più chiaramente nel crescendo del racconto.

Nella prima parte (1,14-8,26), il conflitto va rendendosi più acuto in due modi. Anzitutto, il conflitto comincia con una prima serie di cinque controversie (2,1-3,5), al cui termine Marco rivela già che la posta in gioco è mortale (3,6). Nella prima (2,1-12), Gesù guarisce un paralitico, ma di fronte agli scribi collega il suo potere di guarire con la sua autorità di perdonare i peccati. Nella seconda (2,13-17), Gesù va a pranzo da Levi, esattore delle tasse, che ha iniziato a seguirlo come discepolo. In tal modo Gesù si presenta ai farisei come il medico venuto a cercare i malati: egli non accetta e non stabilisce regole che separano i peccatori dai giusti. Nella terza controversia (2,18-22), Gesù difende i suoi discepoli accusati di non osservare le pratiche religiose del digiuno, come invece fanno i discepoli di Giovanni e i farisei. Questa volta Gesù si qualifica come lo sposo, la cui presenza richiede nuovi comportamenti, vino nuovo in otri nuovi, e perciò ha l autorità di innovare sull antica tradizione. Nella quarta (2,23-28), Gesù difende di nuovo i discepoli accusati di lavorare in giorno di sabato, perché mentre attraversano un campo (e se Gesù si sposta è per annunciare il regno) essi raccolgono spighe per sfamarsi. Gesù applica a sé e ai suoi un antico esempio di Davide e dei suoi soldati affamati e afferma che la legge religiosa del sabato deve essere a vantaggio dell uomo (e del regno), e per questo egli si dichiara signore del sabato. Nella quinta controversia (3,1-5), Gesù prende infine egli stesso l iniziativa di guarire in giorno di sabato, e nella sinagoga, un uomo con la mano paralizzata. Egli anzitutto interroga i suoi avversari su un punto sul quale tutti sono notoriamente d accordo: È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o uccidere?. Faceva parte dell insegnamento rabbinico, senza discussioni, che salvare una vita ha sempre la precedenza sull osservanza del riposo sabbatico. Inoltre, è ovvio che fare il male o uccidere non è lecito né in giorno di sabato né in nessun altro giorno. Il modo dunque con cui Gesù pone la domanda, nominando l opposizione tra fare il bene e fare il male, tra salvare e uccidere, e il silenzio degli avversari su un punto così ovvio, mette a nudo il loro reale stato d animo, la loro distanza dalla legge e la loro ingiustificata avversione. Per questo Marco introduce qui un suo commento introspettivo che interpreta per il lettore la forte reazione emotiva di Gesù: E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell'uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata (3,4b-5). Di fatti, ciò che avviene è che da una parte Gesù fa il bene e salva una vita senza fare nessun lavoro proibito, mentre dall altra gli avversari, decidono di sabato di fare il male e di uccidere: E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire (3,6). I farisei e il gruppo degli aristocratici della corte di Erode Antipa non avevano alcuna autorità politica diretta, ma avevano certo un grande potere d influenza sul sinedrio (cf. 12,13; 14,55). Rivelando ora le loro intenzioni, Marco vuole che il lettore sappia fin dall inizio dove conduce la strada che Gesù ha cominciato a percorrere. In secondo luogo, si noterà che Marco presenta le controversie in modo tale da passare progressivamente da attacchi indiretti ad attacchi più personali. Soltanto nell ultima controversia della prima parte si giungerà a un punto di non ritorno (8,11-13). Durante la guarigione del paralitico, alcuni scribi accusano Gesù nei loro cuori : Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: - Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo? (2,6-7). Mentre Gesù è a mensa in casa di Levi, gli scribi della setta dei farisei hanno qualcosa contro Gesù, ma si lamentano soltanto con i suoi discepoli: Allora gli scribi della setta dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: - Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori? (2,16). Un simile tentativo di rompere l intesa fra maestro e discepoli è ripetuto subito dopo, per due volte, però con una tattica inversa, questa volta parlando male dei discepoli con il maestro: la prima volta perché raccolgono spighe in giorno di

sabato: I farisei gli dissero: - Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso? (2,23-24); la seconda volta perché non osservano le pratiche religiose del digiuno: Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano? (2,18). Ogni volta Gesù interviene, rafforzando così il legame che lo unisce ai suoi discepoli. Dopo l episodio della chiamata dei discepoli, in aggiunta ad alcune voci popolari che giudicano Gesù fuori di sé (3,21: secondo un uso sintattico frequente, la terza persona plurale dicevano si riferisce a un soggetto generico, la gente diceva, e non ai familiari della frase precedente), gli scribi scesi da Gerusalemme aggravano la loro accusa, ma ancora una volta senza affrontare Gesù direttamente: Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: - Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del principe dei demòni (3,22). La gravità dell accusa appare anche dal fatto che nella risposta Gesù parla di essa come di una bestemmia contro lo Spirito santo (3,29), come di un interpretazione che si pone volontariamente al di fuori di ogni conversione e quindi ogni possibile perdono. Il lettore del resto sa che una tale accusa nega proprio la rivelazione iniziale del battesimo, in cui lo Spirito era sceso su Gesù (1,10). L accusa resta indiretta ancora al capitolo 7, quando i farisei e alcuni scribi, sempre venuti da Gerusalemme (7,1), lo interrogano sul comportamento dei discepoli che prendono cibo con mani immonde (7,5), senza rispettare la tradizione degli antichi. Appoggiandosi su un testo del profeta Isaia che condanna un culto esteriore, Gesù introduce esplicitamente, e per tre volte, l opposizione che fin dall inizio si era sospettata tra autorità umana e divina: Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini (7,8); Siete veramente bravi nell eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione (7,9); annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simile ne fate molte (7,13). Avendo ormai toccato il punto cruciale del conflitto, la sfida si fa finalmente aperta e decisa. Intanto, notiamo, almeno di passaggio, che quattro dei cinque miracoli che ora sono raccontati, avvengono in territorio straniero o presso i confini. Quando Gesù ritorna sulla riva giudaica del lago di Galilea, il racconto presenta di nuovo una discussione con i farisei: Allora vennero i farisei e incominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli, traendo un profondo sospiro, disse: - Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione. E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all'altra sponda (8,11-13). Gesù non rivolge nemmeno la parola ai suoi avversari, e di essi parla con i presenti soltanto alla terza persona. La rottura è ormai definitiva, e le motivazioni chiare. D ora in poi gli attacchi non saranno più indiretti. Nella seconda parte del vangelo (8,27-13,37), Marco accresce ancora l intensità del conflitto. Durante il viaggio verso Gerusalemme, per due volte Gesù dibatte con le autorità religiose, ma ogni volta usa il dibattito come occasione per istruire i suoi discepoli (9,14-29; 10,2-12). Queste istruzioni, come vedremo, riguardano il punto centrale del conflitto, e le esamineremo in un terzo percorso dell intero vangelo. È solo dopo il suo ingresso a Gerusalemme e dopo aver scacciato i venditori dal tempio che Gesù si impegna in un ultimo grande confronto con le autorità religiose prima della sua passione. Diversi espedienti retorici segnalano a questo punto l accresciuta intensità del conflitto. Anzitutto, la sede delle ultime controversie è il tempio stesso (11,11.27): sfidando i capi nel tempio, Gesù li attacca proprio nella sede del loro potere. In secondo luogo, l atmosfera di queste ultime controversie è di una ostilità senza sconti, a parte il dialogo amichevole sul primo comandamento con uno degli scribi (12,28-34), Ripetutamente, i capi vogliono impadronirsi di Gesù o farlo morire: L'udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento (11,18); Allora cercarono di catturarlo, ma ebbero paura della folla;

avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. E, lasciatolo, se ne andarono (12,12). In terzo luogo, queste controversie sono tutte acutamente polemiche nel tono: ogni volta Gesù è sfidato su punti che lo riguardano ormai personalmente. In quarto luogo, gli argomenti in discussione sono quanto mai cruciali, perché in modo diretto o indiretto mettono in questione la sua stessa autorità (11,15-18.27-33). In quinto luogo, tutti i gruppi che formano il fronte avversario si presentano a Gesù uno dopo l altro durante un unico giorno per poterlo accusare: i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani in 11,27, alcuni farisei ed erodiani in 12,13, i sadducei in 12,18. Infine, non essendo riusciti a intrappolare Gesù con i dibattiti e non avendo più il coraggio di interrogarlo (12,34c), essi optano per l unica soluzione che ritengono ancora possibile: si ritirano dal tempio per cercare attivamente il modo di arrestare e uccidere Gesù (14,1-2). Per quanto riguarda i contenuti delle controversie, notiamo che il punto centrale è proprio l opposizione tra un autorità che viene da Dio e un autorità che viene dagli uomini. Quando i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani chiedono a Gesù con quale autorità ha scacciato i venditori dal tempio, Gesù risponde con una controdomanda: Il battesimo di Giovanni veniva da Dio o dagli uomini? Rispondetemi. Gli avversari rifiutano di prendere posizione: Se diciamo: Da Dio, risponderà: Perché allora non gli avete creduto? Diciamo dunque: Dagli uomini?. Ma temevano la folla, perché tutti consideravano Giovanni come un vero profeta. Rispondendo a Gesù dissero: Non lo sappiamo. La risposta finale di Gesù prende atto ormai di questa incapacità ormai costituzionale delle autorità religiose di riconoscere come di Dio ciò che viene da Dio: Neanch io vi dico con quale autorità faccio queste cose (11,27-33). La posizione di Gesù non è tuttavia rinunciataria, poiché subito dopo, di fronte ad alcuni farisei ed erodiani mandati per coglierlo in fallo nella questione se era lecito o no pagare le tasse all imperatore, Gesù invece risponderà con l invito chiaro a dare a Dio quello che è di Dio. Non si tratta per Gesù di stabilire l equilibrio dei rapporti fra Chiesa e Stato, così come arriveranno a concepirlo le democrazie occidentali dei secoli diciannovesimo e ventesimo. Dal nostro punto di vista questa pagina è tra le peggio capite del vangelo di Marco. C è ancora chi scambia Gesù Cristo per Cavour. A leggere il vangelo di seguito non c è però alcun dubbio possibile: Gesù non sta anticipando affatto l assioma libera Chiesa in libero Stato. A chi ha rifiutato di riconoscere che Giovanni Battista veniva da Dio, Gesù sta rinnovando l invito a riconoscere che ora egli stesso viene da Dio. Ciò che bisogna restituire a Dio è Gesù stesso, perché viene da Dio. Nella sezione conclusiva della passione (14,1-16,8) il conflitto con le autorità raggiunge il suo culmine e la sua soluzione. La scena più importante per il nostro sviluppo è quella in cui i capi affrontano Gesù per l ultima volta (15,31-32). I sommi sacerdoti e gli scribi si fanno beffe di Gesù su due punti. Pur avendo dimostrato una stupefacente autorità nel corso della sua predicazione per salvare gli altri, ora egli è incapace di salvare sé stesso (15,31). Inoltre, la sua pretesa di essere il Cristo, il messia re d Israele, è ridicola, non avendo egli il potere di liberarsi scendendo dalla croce: Il Cristo, il re d Israele scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo (15,32). In altre parole, i capi religiosi guardano Gesù appeso in croce come spogliato di ogni autorità e nello stesso tempo vedono nella croce il segno del suo annullamento. Nel conflitto con lui, essi si ritengono ormai i vincitori. Il lettore, invece, ha tutti gli elementi per riconoscere, insieme con il centurione, che la vittoria è andata a Gesù, e che la sua croce è in realtà il segno della salvezza che Dio compie attraverso di lui. Ciò che i capi non vedono è che Dio e Gesù stesso hanno accettato questa morte. Gesù l ha accettata dalle trame dei suoi avversari poiché egli è il figlio obbediente del Padre (14,36), perché attraverso di essa Dio segna la via di salvezza e di perdono a tutti gli uomini (14,24). La risurrezione viene a confermare (per il lettore) che Dio rivendica alla morte di Gesù una totale conformità con la sua volontà di salvezza (16,6).

Poiché sia il tema dell identità di Gesù sia il tema del conflitto con le autorità raggiungono la loro soluzione al momento della croce, rivelando in che modo Gesù è Figlio di Dio e in che modo egli porta la salvezza, è necessario vedere più da vicino in che cosa consista questa soluzione. Lo faremo rileggendo il percorso con cui Gesù prepara i suoi discepoli a comprendere il momento finale della sua vita. Sarà il percorso del prossimo articolo.