SCAVI ARCHEOLOGICI DI POMPEI Bene protetto dall'unesco Patrimonio dell'umanità Nell'area degli scavi archeologici di Pompei è stata portata alla luce l'antica città romana distrutta tragicamente a seguito di una delle eruzioni del vicino vulcano Vesuvio, avvenuta nell'anno 79. Già alcuni anni prima - nel 62 - un terribile terremoto, premonitore della ben più grave catastrofe che si sarebbe abbattuta sulla città di lì a pochi anni, colpì Pompei e la città di Ercolano nonché altri centri della Campania. Pompei fu gravemente danneggiata, ma subito cominciò l'opera di ricostruzione. Diciassette anni più tardi, mentre i lavori continuavano a procedere a ritmo sostenuto (ed anche se gli edifici pubblici erano ancora quasi tutti da restaurare), la città e i suoi abitanti vissero una tra le più grandi tragedie della storia antica che oggi, cristallizzata nel tempo e in quell'attimo, è stata riportata in superficie divenendo il secondo sito archeologico più visitato al mondo.[senza fonte] La città tornò alla luce nel 1748, grazie agli scavi voluti e finanziati da Carlo di Borbone. Gli scavi di Pompei, con quelli di Ercolano ed Oplontis, sono riportati nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'unesco[1]. Il sito di Pompei è stato visitato nel 2008 da 2.253.633 persone.
Visita agli Scavi Con i suoi 44 ettari di area scavata e con il notevole stato di conservazione dei suoi edifici, dovuto al particolare seppellimento (sotto una coltre di lapilli e ceneri alta circa 6 metri) causato dall'eruzione del 79 d.c., Pompei può dirsi l'unico sito archeologico che ci restituisce l'immagine di una città romana nella sua interezza. Immagine che non era dissimile da quella di altre città dello stesso periodo, che il tempo non ha conservato. Cenni storici Pompei sorge su un pianoro (circa 30 m s.l.m.) formato da una colata di lava vesuviana, a controllo della valle del fiume Sarno, alla cui foce sorgeva un attivo porto. Incerte sono le notizie sulle origini della città. Le testimonianze più antiche si datano tra la fine del VII e la prima metà del VI sec. a.c., quando si realizza la prima cinta muraria in tufo detto 'pappamonte', che delimitava un'area di 63,5 ha. Una civiltà 'mista', nella quale erano fusi elementi indigeni, etruschi e greci, portò allo sviluppo della città. Verso la fine del V sec. a.c., le tribù dei Sanniti, scesi dai monti dell'irpinia e del Sannio, dilagarono nella pianura dell'attuale Campania (che significa 'pianura fertile'), conquistando e inserendo le città vesuviane e costiere in una lega con capitale Nuceria. In epoca sannitica Pompei riceve un forte impulso all'urbanizzazione: pure risale al V sec. a.c. la costruzione di una nuova fortificazione in calcare del Sarno, che doveva seguire un percorso analogo alla precedente. Verso la fine del IV sec. a.c., in seguito ad una nuova pressione di popolazioni sannitiche, Roma si affaccia nell'italia meridionale: sistemi di alleanze e vittoriose campagne militari la renderanno (343-290 a.c.) egemone in tutta la Campania. Pompei entrò quindi come socia (alleata) nell'organizzazione politica della res publica romana, cui però nel 90-89 a.c. si ribellò assieme ad altre popolazioni italiche, che reclamavano a Roma pari dignità socio-politica. Presa d'assedio dalle truppe di P. Cornelius Sulla, la città capitolò e diventò colonia romana col nome di Cornelia Veneria Pompeianorum (80 a.c.). Dopo la deduzione della colonia Pompei fu arricchita di edifici privati e pubblici, e ulteriormente abbellita soprattutto nell'età degli imperatori Ottaviano Augusto (27 a.c.-14 d.c.) e Tiberio (14-37 d.c.). Nel 62 d.c. un violento terremoto colpì l'intera area vesuviana. A Pompei la ricostruzione ebbe subito inizio, ma, per l'entità dei danni, e per lo sciame sismico che seguì, essa prese molto tempo: diciassette anni dopo, quando il 24 agosto del 79 d.c. l'improvvisa eruzione del Vesuvio la seppellì di ceneri e lapilli, Pompei si presentava come un cantiere ancora aperto. La sua riscoperta si verificò nel XVI secolo, ma solo nel 1748 cominciò l'esplorazione, col re di Napoli Carlo III di Borbone, e continuò sistematicamente nell'ottocento, fino agli interventi più recenti di scavo, restauro e valorizzazione della città antica e del suo eccezionale patrimonio di
architetture, sculture, pitture, mosaici. L'area archeologica di Pompei si estende per circa sessantasei ha dei quali circa quarantacinque sono stati scavati. La suddivisione della città in regiones (quartieri) e insulae (isolati) è stata fatta da G. Fiorelli nel 1858, per esigenze di studio e orientamento. Le denominazioni delle case, quando non ne è noto il proprietario, sono state coniate dagli scavatori in base a particolari ritrovamenti o altre circostanze. L'eruzione del Vesuvio La mattina del 24 agosto del 79 d.c., si sentì un boato nella regione vesuviana. Dal vulcano una nube di gas e pomici si proiettò in alto, simile ad un pino, ed oscurò il cielo. Una pioggia di lapilli e frammenti litici ricoprì Pompei: durò fino al giorno dopo facendo crollare i tetti e mietendo le prime vittime. I Pompeiani tentarono di ripararsi nelle case o sperarono nella fuga, camminando sul letto di pomici che si andava formando, alto ormai più di 2 m. Ma alle 7.30 del 25 agosto, una scarica violentissima di gas tossico e cenere ardente devastò la città: essa si infiltrò dovunque, sorprendendo chiunque cercasse di sfuggire e rendendo vana ogni difesa. Una pioggia di cenere finissima, depositata per uno spessore di circa 6 m, aderì alle forme dei corpi e alle pieghe delle vesti e avvolse ogni cosa. E quando, dopo due giorni, la furia degli elementi si placò, l'intera area aveva un aspetto diverso: una coltre bianca avvolgeva tutto; il fiume Sarno stentava a ritrovare il suo corso, invaso dai detriti vulcanici; e la costa, sommersa dal materiale eruttato dal Vesuvio, aveva guadagnato spazio al mare! L'area della città fu interdetta al passaggio, per salvaguardare le proprietà degli scampati, ma scavatori clandestini cercarono comunque di saccheggiarla: per lungo tempo la presenza umana fu rara e marginale, e solo con l'imperatore Adriano, intorno al 120 d.c., fu ripristinato almeno l'assetto viario nella zona. Ma da una lettera a Tacito, lo storico latino, ascoltiamo la descrizione della catastrofe di Plinio il Giovane, che narra la morte dello zio, Plinio il Vecchio, mentre questi cercava di portare soccorso alle città devastate. Storia Degli Scavi Di Pompei Gli scavi ebbero inizio nel 1748, durante il regno di Carlo di Borbone, Re delle Due Sicilie, con l'intento prevalente di conferire prestigio alla casa reale. Si procedette in modo discontinuo e in punti diversi dell'area, che solo dopo qualche anno fu identificata come Pompei, senza un piano sistematico. Furono così riportati alla luce parte della necropoli fuori porta Ercolano, il tempio di Iside, parte del quartiere dei teatri. Il periodo di occupazione francese, all'inizio del 1800, vide un incremento degli scavi, che venne poi spegnendosi con il ritorno dei Borbone. Si lavorò nella zona dell'anfiteatro e del Foro e ancora in quella di porta Ercolano e dei teatri. Grande eco suscitò la scoperta della casa del Fauno, con il grande mosaico raffigurante la battaglia di Alessandro. Dopo l'unità d'italia e la nomina di Giuseppe Fiorelli alla direzione degli scavi (1861) si ebbe una svolta nel metodo di lavoro. Si cercò di collegare i nuclei già messi in luce e di procedere in modo sistematico, di tenere resoconti di scavo più dettagliati, di lasciare sul posto i dipinti (precedentemente venivano staccati e portati al museo di Napoli). Fu anche introdotto il metodo dei calchi in gesso, che consentì di recuperare l'immagine delle vittime dell'eruzione. All'inizio del nostro secolo, l'esplorazione venne estendendosi, seguendo le direttrici costituite dalle strade, verso la parte orientale della città, ponendo sempre più attenzione anche alle tracce lasciate dal piano superiore delle case. Si giunge così al lungo periodo (1924-1961) segnato da Amedeo Maiuri. Nella sua intensa attività, oltre alla scoperta di edifici di grande prestigio (valga per tutti la Villa dei Misteri) è da segnalare il completamento della delimitazione della città, lo scavo di ampia parte delle regioni I e
II e della necropoli di porta Nocera, l'inizio metodico dell'esplorazione degli strati sottostanti al livello del 79 d.c., alla ricerca delle fasi più antiche di Pompei. In questi ultimi decenni, l'attività di scavo si è progressivamente ridotta, ritenendo opportuno concentrare le poche risorse disponibili (largamente insufficienti anche per questo solo compito) sul restauro e sulla manutenzione degli edifici già portati alla luce. La lettera di Plinio il Giovane "[...] Una nube nera e terribile, squarciata da guizzi serpeggianti di fuoco, si apriva in vasti bagliori di incendio: erano essi simili a folgori, ma ancora più estesi [...] Dopo non molto quella nube si abbassò verso terra e coprì il mare[...]. Allora mia madre si mise a pregarmi [...] che in qualsiasi modo cercassi scampo [...]. Cadeva già della cenere, ma ancora non fitta. [...] Scese la notte, non come quando non v'è luna o il cielo è nuvoloso, ma come quando ci si trova in un locale chiuso a lumi spenti. Udivi i gemiti delle donne, i gridi dei fanciulli, il clamore degli uomini: gli uni cercavano a gran voce i genitori, altri i figli, altri i consorti, li riconoscevan dalle voci; chi commiserava la propria sorte, chi quella dei propri cari: ve n'erano che per timore della morte invocavano la morte [...]. Riapparve un debole chiarore, che non ci sembrava il giorno, ma l'inizio dell'approssimarsi del fuoco. Ma questo si fermò a distanza e di nuovo furon le tenebre, di nuovo cenere in gran copia e spessa. Noi ci alzavamo a tratti per scrollarla di dosso, altrimenti ne saremmo stati ricoperti e anche oppressi dal suo peso. [...] Alfine quella caligine si attenuò e svanì in una specie di fumo o di nebbia: quindi fece proprio giorno, anche il sole apparve, ma livido, come quando è in eclisse. Agli sguardi ancor trepidanti il paesaggio appariva mutato e ricoperto da una spessa coltre di cenere, come fosse nevicato. [...] Prevaleva il timore; giacché le scosse di terremoto continuavano e molti fuor di senno con delle previsioni terrificanti crescevan quasi a gioco i propri e gli altrui malanni.
Noi però, benché scampati ai pericoli e in attesa di nuovi, neppure allora pensavamo a partire, finché non ci giungesse notizia dello zio". I calchi "Il 5 febbraio del 1863 mentre si sgombrava un vicolo, il Fiorelli, il direttore degli Scavi, venne avvertito dagli operai che avevano incontrato una cavità, in fondo alla quale si scorgevano delle ossa. Ispirato da un tratto di genio, Fiorelli ordinò che si arrestasse il lavoro, fece stemperare del gesso, che venne versato in quella cavità e in altre due vicine. Dopo aver atteso che il gesso fosse asciutto, venne tolta con precauzione la crosta di pomici e di cenere indurita. Eliminati dunque questi involucri, vennero fuori quattro cadaveri ". Questo racconto descrive l'invenzione del metodo dei calchi, grazie al quale oggi possiamo scorgere le espressioni dei volti, le pieghe dei vestiti, le posizioni contorte in cui i Pompeiani furono sorpresi dalla furia del Vesuvio, ma anche sagome di porte, di armadi, di radici di piante, di animali. Il metodo si applica ai corpi sommersi, nella fase eruttiva finale, dalla pioggia di cenere che, col tempo, solidificandosi ne ha preso la forma e, dopo la loro naturale decomposizione, ha creato nel terreno una cavità con la loro impronta. L' Orto dei fuggiaschi a Pompei È un ampio spazio coltivato a vigneto, che accoglie i calchi di alcune delle vittime del 79 d.c., sopraffatte dalla furia dell'eruzione mentre cercavano scampo. Direttore degli scavi di Pompei nel periodo 1860-1875, Giuseppe Fiorelli introdusse il metodo dei calchi, adottato sostanzialmente ancora oggi: nella cavità lasciata nel banco di cenere dal progressivo decomporsi del corpo della vittima si versa gesso liquido, che solidificato, ne riproduce la forma. Nel vigneto si trova anche un triclinio, con letti in muratura, per pasti all'aperto. Dove si trova: