Il sentimento della famiglia ne I Promessi Sposi di Cristanziano Serricchio



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Cristanziano Serricchio Il sentimento della famiglia ne I Promessi Sposi di Cristanziano Serricchio Uno dei temi più suggestivi e illuminanti de I Promessi Sposi, degno di meditazione in tempi come i nostri, è certamente quello della famiglia, non solo per i molteplici richiami di ordine estetico ed ideologico, ma anche etico e religioso, minacciata com è da certo relativismo culturale dilagante in una società, specie quella occidentale, impoverita di valori e incerta nelle sue tensioni e intenzioni. La sacralità e centralità della famiglia fondata sul matrimonio costituisce il motivo centrale e il fine conclusivo di tutta la narrazione manzoniana, ossia la condizione persuasiva ed efficace per rappresentare sul piano poetico e sociale la varia e composita realtà umana e additare, specie alle nuove generazioni, la speranza rigeneratrice che deriva dalla condizione di una famiglia unitaria, meno sola e fragile, integra nella concezione cristiana della vita. Per Alessandro Manzoni il sentimento della famiglia è il modo stesso di concepire la vita con le sue miserie e le sue passioni, con le fuggevoli gioie e i dolori, costantemente presente in ogni pagina. Non v è personaggio, o episodio che non riconduca, in un modo o nell altro, a considerare questo elementare e insopprimibile valore della vita, sia quando, ad esempio, la supremazia della famiglia è così pressante da coartare e annullare la personalità di Gertrude, sia quando il ricordo di essa è del tutto spento, come nel cuore inaridito della vecchiaccia nel castello dell Innominato. Sono esempi estremi, che congiuntamente ad altri tipi e modelli di famiglia, rappresentati nel concreto spettacolo del romanzo, offrono la misura della capacità inventiva e di penetrazione psicologica dello scrittore nella intima realtà individuale e sociale, e costituiscono il fertile humus poetico, in cui è possibile cogliere nella sua dimensione cristiana la natura etico- religiosa del meditare e sentire manzoniano. Il poeta, che fu schivo dal parlare di sé, dei propri sentimenti e delle proprie passioni, e geloso custode della propria intimità familiare, si rivela, tanto nella lirica (basti pensare a Ermengarda) quanto nella prosa (e molti possono essere gli esempi), un profondo e sottile indagatore del cuore umano e sapiente conoscitore dei problemi e bisogni, delle ansie e speranze tanto dei grandi quanto degli umili protagonisti della sua cantafavola, destinata ad aprire la grande fioritura del romanzo europeo. 113

Il sentimento della famiglia ne I promessi Sposi Indubbiamente il lievito della sua invenzione poetica, che gli permette di dar vita a una folla di personaggi, così vari e diversi tra loro da rappresentare la coralità delle tensioni e sofferenze umane, Manzoni lo trova nella sua esperienza di uomo e di padre di numerosa famiglia, avvinto dal fascino della madre e dall amore per la moglie, e provato dal dolore per i numerosi lutti. Giulia ed Enrichetta restano i modelli femminili, dai quali nascono i personaggi più delicati della sua poesia, fra cui Ermengarda e Lucia. Né si può trascurare la suggestione del rapporto familiare Alessandro-Giulia-Enrichetta, che richiama, sia pure su altro piano, l altro rapporto Renzo Agnese e Lucia. Egli era andato corroborando la forza del suo sentire non solo nella quotidiana esperienza di vita domestica, ma anche alla luce della sua meditazione eticoreligiosa, che lo porta dalla dimensione illuministica a quella cristiana e cattolica, per cui il dramma umano è sentito attraverso le pene della vita, e la soluzione è offerta dalla fiducia in Dio e dall intervento costante della Provvidenza. Il modello di famiglia delineato nel romanzo da Manzoni, in rapporto a questa visione della vita, è quello che, attraverso ostacoli e difficoltà di ogni sorta, alla fine riusciranno a realizzare i due giovani promessi sposi. Ma quale difficile cammino dovranno percorrere, quali e quante traversie, riservate a ciascuno di essi, dovranno affrontare e superare: Lucia col sentimento pudico e potente del suo amore, che le accende il volto di improvvisi rossori, e con la dolcezza del suo carattere mite illuminato da una sconfinata fiducia nella Provvidenza; e Renzo con la furia lieta dei suoi vent anni, instancabile pellegrino in un mondo di soprusi e di miserie, sorretto sempre da una indomabile forza fisica e morale, e deciso a tutti i costi a far sua la semplice contadinotta brianzola che ama. È una famiglia che nasce dalle sofferenze e privazioni e che si andrà formando attraverso i patimenti e le persecuzioni. Lucia è sola con la madre vedova e dalla sua educazione attinge, con la purezza dei costumi e la fede cristiana, la semplice genuinità del suo comportamento. Anche Renzo, privo di genitori, è solo nella lotta per vincere, da buon montanaro, ostacoli e pericoli sempre nuovi. In Lucia vede la compagna che riempirà di amore e di conforto la sua solitudine e sarà la madre dei suoi figli, e in Agnese ritrova, con la saggezza e l innata bontà della popolana, le dolcezze materne da lungo tempo perdute. Per questo già si considera parte integrante della famiglia e chiama Agnese madre e ne segue fiducioso i consigli, come quello di ricorrere all Azzeccagarbugli o quello del matrimonio per sorpresa, perché sa che quei pareri spregiudicati non hanno altro fine che il loro bene, e perché egli sente di essere riamato da lei con puro amore materno. Qui il sentimento della famiglia è tutto fondato sull amore, sulla sanità dei principi morali e religiosi, cui si ispira la loro esistenza e sulla dedizione di ciascun membro agli altri. Agnese, che ricorda le buone vedove onorate del Vangelo, è orgogliosa di essere madre di Lucia, e felice di poter avere Renzo per genero. Se le tribolazioni di questi tre umili popolani si concluderanno, dopo tante vicissitudini, con la morte 114

Cristanziano Serricchio di don Rodrigo durante la peste e col sospirato matrimonio, celebrato dal non più pavido don Abbondio, ad accoglierli non sarà più la vecchia casetta piena di tristi ricordi, ma la nuova casa nel nuovo paese di adozione. Nel doloroso distacco dai propri monti è il malinconico addio ad un passato non certamente felice, e il segno di una maturità conseguita con la lotta e le privazioni, temprati dal dolore, ma sorretti dall amore vicendevole, che cementa la loro unità, e dalla speranza fidente in un avvenire non lontano di pace. In Renzo e Lucia il sentimento della famiglia diventa sentimento dell amore, in cui quello umano, anche se tenuto a freno, non è soffocato ma esaltato da quello divino. Di ben altra natura e ispirata a ben diversi principi è la famiglia di Gertrude, su cui grava, secondo la giusta osservazione di Mario Sansone, un «atmosfera pesante e oppressiva». Accanto alla ingenua purezza di Lucia, Gertrude acquista un rilievo più intensamente fosco e drammatico. Il suo sguardo penetrante, le sue ambigue parole rivelano subito il male interiore che la tormenta, ma anche il tenue lume di una speranza di poter trarre un qualche bene dal bene che si accinge a fare a quella creatura così fiduciosa in lei ma anche tanto diversa. Gertrude è la vittima ignara e indifesa del più errato concetto di famiglia, espresso da una società impostata su leggi assurde e ingiuste. La polemica di Manzoni contro le storture giuridico-sociali più moralmente inique del Seicento si appunta anche contro il formalismo diffuso nell educazione, condannato persino dagli oratori sacri dell epoca come Jacques Benigne Bossuet e Jean-Baptiste Massillon. Il principe, cui il poeta nega il nome di padre, perché, tutto preso dal falso splendore del proprio casato, si fa disumano carnefice della figlia, è anch esso vittima di una falsa concezione secentesca dell onore e della dignità della famiglia e delle condizioni sociali e politiche del tempo. Nell apparente splendore che lo circonda, tra lo sfarzo dei saloni, proprio quando con la sua autorità domina incontrastato sulla povera Gertrude come sulla principessa e sul principino, oltre che sugli altri figli cadetti, sui familiari e sulla servitù, egli è tremendamente solo, privato degli affetti più elementari, rispettato e temuto da tutti, ma non amato da alcuno, né dalla figlia Gertrude che ha terrore al solo «rumore dei passi di lui», né dal figlio primogenito, al quale tutti gli altri sono stati sacrificati, perché destinato, come scrive Manzoni, «a conservar la famiglia, a procrearr cioè dei figliuoli, per tormentarsi a tormentarli nella stessa maniera». Triste eredità che annienta in lui, col retaggio del casato e della ricchezza, ogni sentimento di libertà e di amore. La solitudine smembra questa famiglia, e la lontananza distrugge gli affetti più cari. I figli cadetti sono tutti allontanati e rinchiusi in collegio. Il solo educato in famiglia è il principino. Anche Gertrude ancora fanciullina è relegata in convento, tra bambole vestite da suora e santini, senza poter così mai acquistare confidenza con la madre, né questa con lei. Quando pensava alla famiglia «il pensiero se ne arretrava spaventato». «Il solo castello nel quale Gertrude», annota Manzoni, «potesse immaginare un rifugio tranquillo e 115

Il sentimento della famiglia ne I promessi Sposi onorevole [...] era il monastero». Quando vi entra per sempre, Gertrude, assetata di affetto paterno e familiare e di amore, si ritrova tutto ad un tratto inaridita, frustrata, condannata suo malgrado ad una vita di rinunce non desiderata, senza neppure il conforto di un sia pur tenue barlume di fede, che la famiglia, nella sua ipocrita congiura, aveva del tutto spento in lei. Quando Manzoni va alla ricerca, come in questo caso, di una definizione più approfondita della condizione umana, attraverso una continua verifica della realtà sociale, è portato a registrare nell aristocrazia della nascita, anche lui nobile, spesso la presenza riprovevole del falso orgoglio di casta, congiunto al freddo calcolo, al puntiglio licenzioso e a un sentimento snaturato della famiglia. La legge si basa sulla violenza, il potere sulla negazione dei diritti altrui. Basti pensare a don Rodrigo, al conte Attilio, a Egidio, all Innominato prima della conversione, a questa specie umana, guasta dalla falsa formazione familiare e dalle male abitudini della loro posizione sociale. Sono personaggi senza luce di coscienza sui quali grava un senso falso della dignità familiare. Fra tutti questi personaggi d autorità, l Innominato e il cardinale Carlo Borromeo costituiscono la mirabile coppia in cui Manzoni scolpisce con potenza michelangiolesca e forza poetica l ideale superiore di purezza e di perfezione evangelica cui può pervenire l animo umano, sia attraverso il tormento del travaglio interiore, sia mediante una vita d abnegazione e d umiltà, che scorra limpida come ruscello. Si può pertanto notare che fra Manzoni e i potenti come fra Manzoni e gli umili non c è distacco sentimentale, perché gli uni e gli altri, al di là del rapporto sociale che spesso li unisce anche quando li contrappone fra loro, sono visti, contrariamente a quanto afferma Antonio Gramsci, nella loro più schietta interiorità, secondo la natura e la gradazione di responsabilità morale e umana di ciascuno, per cui ogni creatura è rappresentata anche artisticamente sempre sub specie aeternitatis, destinata per questo a risolversi dal piano individuale a quello del trascendente. Manzoni ha un senso profondo ed evangelico della verità umana, perché egli sa guardare con sentita penetrazione psicologica e con bonomia, prima che i personaggi, gli uomini stessi ai quali si ispira. Gli individui, soli con se stessi, i gruppi o le folle che animano le grandi scene di massa del romanzo, nelle vicissitudini durante il forzato viaggio dei promessi sposi, diventano occasione per cogliere e rappresentare la verità dolente delle cose, particolare e universale al tempo stesso. Non vi è, è vero, polemica sociale, c è però l impegno del poeta a esplorare in tutti i sensi la condizione drammatica degli uomini, a tutti i livelli, potenti o umili, oppressori o oppressi, accomunati dalla stessa ansia di vivere, tormentati dal male stesso di vivere, per cui non vi può essere speranza alcuna di bene senza la fiducia in Dio e nell opera della Provvidenza. I vari accenni a condizioni e a episodi di vita famigliare, come quella di Lucia, o del sarto del villaggio, esempio di una felice vita cristiana, ma altri possono essere gli esempi, danno la misura della capacità di Manzoni di penetrare nel «guaz- 116

Cristanziano Serricchio zabuglio del cuore umano» per rappresentarne i sentimenti più vivi e sofferti. La madre, che depone sul carro dei monatti Cecilia la figliola morta, è la glorificazione più altamente poetica del sentimento materno, della pietà di una madre dinanzi alla propria creatura morta, il simbolo stesso del dolore che richiama alla mente l immagine evangelica della Madonna e del Cristo morto, celebrata nel canto iacoponiano dello Stabat Mater, e scolpita più incisivamente nella stupenda Pietà da Michelangelo, anch essa colta nell intimità di un sentimento pacato e fermo di dolore e di amore filiale. È la pietà del dolore cristiano e universale, rassegnato e fiducioso, velato di tristezza ma aperto alla speranza. Infine, padre Cristoforo che scioglie Lucia dal voto, nelle ultime parole che pronuncia, raccomanda: «Se Dio vi concede figliuoli, abbiate in mira d allevarli per Lui, d istillar loro l amore di Lui e di tutti gli uomini, e allora li guiderete bene in tutto il resto». Qui l immagine sacra della famiglia si completa nel legame spirituale più sentito a tenerla unita. Il quadro conclusivo, che sembra assumere il tono di una semplice cronaca famigliare, ha una pacata ma incantata validità artistica. «Prima che finisse l anno del matrimonio venne alla luce una bella creatura, e fu [...] una bambina. Ne venner o col tempo non so quant altri [...] E furon tutti ben inclinati». Quanta poesia in tale scorcio di vita famigliare con la presenza serena di Lucia, Renzo, Agnese. Il vecchio Alessandro, rileggendo il brano e forse ripensando alla sua famiglia, deve aver gioito nella «tentazione di stare un po, ancora, in compagnia dei suoi burattini». In questo ritratto di famiglia felice egli si ritrova con tutte le debolezze e speranze degli uomini additando in cuor suo, proprio nella sacralità della famiglia, vivissimo esempio per tutti, il bene supremo concesso all intera umanità sofferente. Tornare pertanto a rileggere il romanzo de I Promessi Sposi, oggi, in una società tormentata da aspirazioni materialistiche, può essere una buona occasione per verificare la validità e attualità del suo messaggio poetico. La critica, del resto, a tal proposito e in rapporto a idee e valori affettivi nel mondo manzoniano, è andata intensificando la ricerca rivelando spesso le perplessità di valutazione soprattutto nella definizione del rapporto fra il dato ideologico e quello inventivo che costituisce la struttura sostanziale del capolavoro manzoniano. Prescindendo da certe forzature critiche, non sempre di natura filologica e artistica, il ritratto che finora si è tentato di comporre di Manzoni scaturisce dalla penetrazione, oltre il semplice dato biografico, degli aspetti della vita interiore dello scrittore in rapporto alla ricca problematica filosofica, etico-religiosa e politicosociale del suo tempo. Così il giudizio di Manzoni diventa anche il giudizio sulla funzione dello scrittore e dell intellettuale in una società caratterizzata da tensioni di natura illuministica e rivoluzionaria da un lato e da tendenze moderate e conservatrici dall altro. Nella coralità non sempre concorde di queste voci resta pur sempre valido e illuminante l incontro con la pagina manzoniana, l unico modo possibile per per- 117

Il sentimento della famiglia ne I promessi Sposi venire ad un rapporto più vivo e reale col mondo del poeta e della società, in cui egli si inserisce operativamente e responsabilmente, proprio in quel famoso decennio 1815-1825, tormentato dal crollo delle istituzioni tradizionali e da condizioni di incertezza socio-politica e linguistica. Il programma di Manzoni, sorretto da una profonda e sofferta esperienza religiosa e da una lucida meditazione ideologica, appare così rivolto a formare intellettualmente e moralmente la coscienza e l intelligenza degli italiani, adombrata, argutamente, nei suoi venticinque lettori, in un periodo particolarmente delicato della situazione del nostro paese. Di qui nasce l eccezionale impegno di Manzoni nell opera di rinnovamento della nostra cultura, di ricerca della verità umana e di chiarificazione e affermazione dei valori etici e religiosi, civili e sociali della vita. Se da una parte egli mirò, secondo Lanfranco Caretti, «a demistificare l historia ufficiale», condannando la violenza e il sopruso, la viltà e la rinuncia, la corruzione e l ignoranza, nella difesa cristiana della dignità e della libertà degli uomini, dall altra tentò di svelare e interpretare la realtà attraverso una continua verifica della storia, i cui protagonisti sono anche gli umili, depositari ingenui, ma pur autentici, dei valori di vita insegnati dal Vangelo. La poetica giovanile dell eletto sentire, ricca di fermenti morali e ispirata a principi di comprensione e di solidarietà umana, continua ad essere ne I Promessi Sposi il suo modo di sentire la realtà, colta nei vari aspetti del valore e della miseria, in cui i protagonisti della storia, umili e potenti, oppressi e oppressori, diventano oggetto di tutta una complessa problematica etico-sociale, ma soprattutto centro di un arte volutamente disliricata di Manzoni per dare una struttura nuova e possibilmente oggettiva al romanzo. Per questo I Promessi Sposi possono considerarsi per certi aspetti una rappresentazione impersonale della storia umana, in cui le vicende dei vari protagonisti, dai maggiori ai minori fino alle masse corali, paiono svolgersi da sé, senza che l autore faccia sentire la sua presenza per determinarle, tanto viva è in lui l esigenza di raccontare con una certo distacco la vita drammatica e passionale delle sue creature. Ma la sua apparente assenza di partecipazione lirica agli eventi e ai sentimenti rappresentati è opportunamente contemperata dalla prospettiva etico-religiosa nella quale la sua concezione cristiana lo porta a cogliere l essenza stessa del vivere. «Sentire e meditare» diventa pertanto la formula del suo essere poeta, per cui l oggettività del sentire si identifica con la soggettività del meditare, e il sentimento espresso nella ricca e notevole vicenda del romanzo si viene a identificare col suo pensiero fino a costituire l intuizione fondamentale da cui nasce e vive la poesia de I Promessi Sposi. Si può dire che Manzoni senta sentimentalmente le grandi idee ispiratrici della sua visione umana e religiosa del vivere, il che gli consente di superare la concezione pessimistica e tragica del reale e di cogliere anche nelle sventura la presenza di un significato trascendente. La ricca tematica e la struttura del romanzo sem- 118

Cristanziano Serricchio brano articolarsi mirabilmente nell ambito di questa poetica, dove il sentimento diventa romanticamente il motivo animatore della sua poesia. Vi sono pagine in cui le descrizioni e figurazioni si ispirano alla più semplice verità quotidiana e domestica, come in quello scorcio di vita serena e di intimità famigliare nel borgo al chiudersi di una giornata di lavoro (VII). È un quadro di limpida poesia, in cui il sentimento della famiglia assume il tono delicato e malinconico di certa pittura fiamminga e l espressione nella sua semplicità preannuncia, specie nei tocchi misurati delle campane, l addensarsi di eventi tristi. Lo stesso sentimento si avverte nella brevissima scena del distacco dei due promessi, in quella che doveva essere la loro notte nuziale: «Comiciava a imbrunire. Buona notte, disse tristemente Lucia a Renzo, il quale non sapeva risolversi d andarserne. Buona notte, rispose Renzo, ancor più tristamente» (III). In questo, come in altri esempi, si nota la straordinaria capacità narrativa di Manzoni, rivelatrice della sua partecipazione umana alla umile realtà quotidiana rappresentata. Si può anche osservare che il sentimento della famiglia sia strettamente legato a quello della casa, sul quale il poeta richiama costantemente l attenzione del lettore, ogni volta che l incalzare degli avvenimenti lo porta a considerare l incertezza terrena della condizione umana. Il tema della casa diventa anche il tema della nostalgia, ad esempio nel pianto segreto e dolcissimo di Lucia, preludio chopiniano alla trasfigurazione poetica del sentimento soffuso di abbandono lirico e di accorata commozione nel famoso addio. Lucia vive tutta nelle vibrazioni di un sentimento d amore non certamente tiepido, ma carico di quell ansia che nasce dal turbamento di una passione profonda, che però vuol trovare il suo giusto appagamento nel crisma della legge divina. Lo stesso sentimento afferra Renzo, dopo la separazione dolorosa, andando verso Milano. La tristezza nostalgica di Renzo, sulla quale insiste Manzoni, è resa più profonda dalla vista dei momenti più altamente drammatici della sommossa milanese. Qui l epopea popolare, già sottolineata da Natalino Sapegno, nasce dal moto spontaneo di affetto e di solidarietà del poeta per chi è nella sventura, e, ampliandosi sino alla visione corale di masse assetate di giustizia, assume proporzioni e risonanze altamente epiche, fusa al turbinio delle passioni e delle ansie terrene, nella presenza risolutrice del soprannaturale. Manzoni descrive con intensità drammatica e svela, al di là di ogni distacco, la sua partecipazione alla sofferenza degli umili e degli inermi. La rappresentazione delle famiglie, sconvolte, smembrate o distrutte nella loro unità e sacralità, raggiunge momenti di più sofferta e commossa partecipazione nella verità di certe scene durante l imperversare della peste. Sono uomini, donne, bambini, intere famiglie che fuggono, apparentemente folle anonime ma costituite da persone umane, famiglie che cercano scampo altrove per ritrovarsi dopo il flagello e continuare a vivere, ad amare, a soffrire. Spunta qui anche il tema della roba che avrà ben altro sviluppo nel verismo verghiano. 119

Il sentimento della famiglia ne I promessi Sposi L unità della famiglia, oltre la morte, è vista come compimento del dolore terreno e inizio della serenità celeste. Il più puro dei sentimenti umani, quello materno, specie nell episodio di Cecilia, è esaltato e trafitto dal più acuto dolore dinanzi alla tragica certezza della morte. E tutto questo è detto con una tonalità stilistica, una misurata scansione ritmica che innalza l episodio, sul piano artistico, alla dignità della più alta poesia. È superfluo ricordare altri momenti in cui l amore, il dolore, l istinto materno sono rappresentati, come in varie scene profondamente umane al lazzaretto e nello «spedale d innocenti». Renzo nel suo pellegrinaggio (c è forse la suggestione virgiliana di Enea, o quella dantesca, sia pure su piani diversi?) diventa protagonista e spettatore dell eterno dramma dell umanità alla ricerca del vero significato della propria condizione umana, sorretto e guidato dalla forza coraggiosa di vincere difficoltà e ostacoli di ogni sorta, e raggiungere, attraverso l esperienza del dolore e del male, il bene perduto. Commedia divina e umana quella dantesca, umana e divina al tempo stesso, si potrebbe dire, quella rappresentata da Manzoni. In essa il sentimento della famiglia occupa, come si è visto, un posto certamente non di secondo piano. Si noti ancora che quando Renzo, dopo aver cercato a lungo Lucia nel lazzaretto, sente la sua voce, la vede «chinata sopra un lettuccio», ossia nell atteggiamento più congeniale alla donna, quello della dedizione al sacrificio. Padre Cristoforo, che scioglie Lucia dal voto, nelle ultime parole che pronuncia (XXXVI), non è soltanto il sacerdote e il confessore, ma il padre, perché l immagine sacra della famiglia si completa nel legame spirituale più sentito a tenerla unita. L intonazione etico-religiosa ed oratoria del brano, sottolineata da critici di grande levatura, è la logica conclusione di una vicenda, narrata da un grandissimo poeta, che ha della vita una visione cristiana e cattolica. In questa esortazione, che non può essere assunta come il vero «sugo di tutta la storia», trova la sua più limpida espressione la concezione filosofico-religiosa di Manzoni nel superamento delle ultime remore giansenistiche e nella visione di dolore e di speranza che egli ha della vita. È il momento conclusivo di quel crescendo drammatico, che dalla apparizione singolare di don Abbondio, colto nella sua proverbiale calma, passa via via, attraverso l avvicendarsi di altri personaggi di primo piano o minori, in un numero che si va facendo sempre più vasto, alla rappresentazione corale di masse, che si muovono perché sospinte da preoccupazioni e bisogni diversi e spesso contrastanti, in cui si incontrano e si scontrano umili e potenti, oppressi e oppressori, buoni e malvagi, tutti però accomunati da una condizione esistenziale dolorosa e drammatica, che anche quando sembra toccare il fondo della malvagità e della disperazione, si apre a poco a poco alla speranza e alla salvazione, mentre in ogni recesso dell anima si va facendo strada il lume della Provvidenza. Il tono pacatamente dimesso e sorridente, che assume il finale de I Promessi Sposi, e che non trova il consenso totale della critica, è giustificato dallo stesso 120

Cristanziano Serricchio Manzoni, che in una lettera al figliastro Stefano Stampa scrive celiando: «Anche a me piace di più il lieto fine; e non ho potuto trattenermi dalla tentazione di stare un po ancora in compagnia dei miei burattini». Se il matrimonio può essere finalmente celebrato da Don Abbondio solo dopo che si è accertato della morte di don Rodrigo, se dopo il rito religioso, come si è detto, gli sposi sono invitati al palazzetto di don Rodrigo per il pranzo nuziale offerto dal signor marchese, se nella residenza del bergamasco, dove viene messa su una casa più grande, fornita di mobili, di corredo e di attrezzi, Renzo si infuria perché gli altri non trovano bella Lucia, tutti questi elementi di vita domestica e giornaliera non solo non diminuiscono il valore poetico e umano del racconto, ma servono a riportare, per così dire, la calma dopo la tempesta, in modo che «le ultime ondate di narrazione», come osservava finemente Baldini, si vengono spegnendo gradatamente in un «pianissimo pieno di riposo e di dolcezza». Si è detto che «sentimentalmente il Manzoni era piuttosto frigido» (Montanelli). Io credo che a dimostrare il contrario sia proprio una rilettura attenta, specie da parte dei giovani, e senza pregiudizi, dei Promessi Sposi. Bibliografia essenziale Manzoni dopo un secolo, in «Italianistica» (1973). Cultura e Scuola, n. 49-50 (1974). Cesare ANGELINI, Invito al Manzoni, Brescia 1968. Antonio BALDINI, Il finale dei Promessi Sposi, in «I libri del giorno», Milano 1923. Lanfranco CARETTI, Dante Manzoni e altri studi, Milano-Napoli 1964. Lanfranco CARETTI, Manzoni. Ideologia e stile, Torino 1972; «Cultura e Scuola», (1974), n. 49-50. Arcangelo LEONE DE CASTRIS, L impegno del Manzoni, Firenze 1965. Francesco DE SANCTIS, La letteratura italiana nel sec.xix, a cura di L. Blasucci, Bari 1953. Michele DELL AQUILA, Manzoni. La ricerca della lingua nella testimonianza dell epistolario, Bari 1974. Giuseppe GALLAVRESI, Manzoni intimo, vol. III, Milano 1923. Antonio GRAMSCI, Letteratura e vita nazionale, Torino 1950. Giovanni GETTO, Storia della letteratura italiana, Rizzoli 1972. Arturo CJEMOLO, Il dramma di Manzoni, Firenze 1973. Alessandro MANZONI, Tutte le opere, a cura di A. Chiari e F. Ghisalberti, Milano, Mondadori. Alessandro MANZONI, Lettere, a cura di C. Arieti, 3 tomi, Milano 1970 Renzo NEGRI, Manzoni diverso, Milano 1976 121

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