A Santo Domingo tre volontari VIS con i ragazzi di strada Luca Cristaldi Mimmo, Mirna e Cristina; Ada e Giacomino. Eccola qui l équipe di volontari del VIS presenti nella Repubblica Dominicana da circa 8 mesi. In verità, Ada - figlia di Mimmo e Mirna - ha quasi 4 anni mentre Giacomino figlio di Cristina ne ha soltanto uno e mezzo, ma tutti a Santo Domingo li conoscono come i volontari senior Lavorano nel Progetto Muchachos con Don Bosco, che cerca di offrire una alternativa ai ragazzi di strada-lavoratori di alcuni quartieri di Santo Domingo. Con loro abbiamo trascorso un intera giornata, e ci siamo fatti raccontare della loro vita in questa città, del lavoro che svolgono, della loro famiglia. Quali sono state le sensazioni dei primi giorni? A parte le previste difficoltà logistiche e di ambientamento mi dice Mimmo piano piano ci siamo abituati al nuovo ambiente e al suo modo di vivere, affrontare e risolvere i problemi della vita quotidiana, problemi che qui, nel quartiere povero dove viviamo, sono essenziali: acqua potabile, elettricità, igiene, raccolta dell immondizia, ecc. Santo Domingo è un esempio lampante delle contraddizioni tipiche di molti Paesi in via di sviluppo (PVS). Sono 4 o 5 città in una: quartieri miserabili, senza servizi a pochi chilometri da ville con piscina, ipermercati e negozi raffinati. Questa così intima vicinanza tra povertà e miseria da un lato e potere e ricchezza dall altro a volte ti crea dolore e frustrazione altre volte ti fa davvero rabbia.! 45
L impatto con le realtà povere di alcuni quartieri quali Guachupita, La Cienaga, Caliche descrive Cristina è stato più forte di quanto mi aspettassi. Però la città è un gran calderone; si può trovare di tutto, anche la bellezza. Qual è il vostro ruolo all interno del Progetto VIS Muchachos con Don Bosco? Mirna: Mi occupo di relazioni esterne e di promozione sul territorio del Progetto. In particolare curo le relazioni con i mass media e con le diverse Istituzioni, Associazioni ed Ong che si occupano delle nostre stesse problematiche. Cerco quindi da un lato di fare azioni di sensibilizzazione ed informazione della opinione pubblica, dall altro di promuovere la creazioni di reti operative per gli interventi a favore di ragazzi di strada. Cristina: Sono una sociologa e sto creando una unità sociologica che serva concretamente al lavoro quotidiano degli amici salesiani e del progetto. Sto inoltre dando vita ad un luogo di raccolta e sistemazione di dati e di Cristina Serafini informazioni sui ragazzi lavoratori e di strada del progetto, che permetta di capire il fenomeno in questione e di aiutare ad elaborare progetti sempre più puntuali. Mimmo: La mia specifica funzione all interno del Progetto è quella di coordinare le attività di formazione tecnica del neonato Centro Professionale con il mercato del lavoro. Cerco, cioè, di favorire in varie forme l incontro tra la domanda e l offerta di lavoro ed anche, quando è possibile, di promuovere un sostegno economico e logistico delle imprese interessate a favore dei Talleres (laboratori) e dei muchachos (borse di studio, materiale didattico, ecc.). Ulteriore obiettivo è quello della creazione di alcune microimprese e cooperative modello in particolare in settori di marcata utilità sociale. Come sono i rapporti con la controparte salesiana? Sono ottimi ci racconta Mimmo e la loro presenza è essenziale. Io vado ad inserirmi in un processo e in una storia già in corso da molti anni. Una bella e fruttuosa storia di solidarietà e di concrete opere sociali realizzate. Tutto ciò facilita molto le relazioni con i miei interlocutori privilegiati. Anche la conoscenza delle specifiche problematiche dei muchachos è fortemente aiutata ed orientata dalla grande esperienza degli operatori salesiani. Inoltre l azione organizzativa e di contenuto messa in campo dal VIS prima del nostro arrivo ha facilitato il nostro inserimento secondo le necessita del Progetto. Così ti senti davvero utile, produttivo; senti che puoi portare davvero al progetto un valore aggiunto. I Salesiani aggiunge Cristina sono riconosciuti e apprezzati nel Paese e questo rinforza ulteriormente il senso del lavoro e del progetto. Perciò ritengo molto importante la presenza di una controparte così solida ma allo stesso tempo aperta allo scambio che la nostra presenza comporta. È molto rassicurante sottolinea Mirna sapere che puoi contare sulla grande forza e credibilità che i Salesiani hanno qui in tutto il Paese. Cosa significa essere Volontario Internazionale? Significa essere disposti allo scambio culturale, portare la propria cultura e ricevere la cultura del luogo in cui si lavora e si vive mi dice Cristina. Significa incontrarsi e aprirsi alla visione dell altro, e non sempre è facile: è un grande esercizio mentale. Vuol dire aggiunge Mirna avere l opportunità di conoscere un altro Paese, la sua gente, la sua cultura e desiderare di penetrare nella sua storia e nelle sue radici, nelle sue cose belle e in quelle meno belle. La co- 46
Mirna, Ada e Mimmo Damiani sa essenziale è lasciarsi aperti all imprevisto, alla sorpresa, allo stupore. Significa poi ovviamente il desiderio di collaborare ad una azione di sviluppo, di giustizia, di liberazione. Significa fare una esperienza di amicizia e di lavoro in cui insieme si cresce e si cambia conclude Mimmo - dove il dialogo interculturale e la transcultura diventano esperienza concreta, quotidiana, personale. Significa coltivare assieme idealità ed azioni, nella comune speranza di dare frutti buoni per ciascuno e per tutti. Significa anche conoscere nuovi volti dell uomo, delle sue miserie e delle sue grandezze. È poi un modo di non sognare da soli un mondo un po più umano ma di provare a sognarlo e a farlo insieme a gli altri. È conoscere nuovi luoghi, colori, cieli, storie, lingue, musiche, cibi. Impari a destreggiarti in situazioni ignote ed impreviste; impari anche ad apprezzare le cose che hai lasciato. Voi lavorate con i ragazzi di strada; come li descrivereste? Cristina: Occhi che parlano di uomini-bambini; hanno vissuto e vivono una vita da adulti. La pesantezza di lavori massacranti, la durezza della vita di strada, la responsabilità di sé stessi fin dalla tenera età (che spesso ha molto poco di tenero) li fa essere adulti pur rimanendo bambini. Mimmo: Ragazzi che riescono a convivere e sopravvivere nella loro povertà ma che quasi mai riescono a liberarsene, ad emanciparsi, ad avere un futuro diverso. Ragazzi con grandi potenzialità che necessitano solo un po di aiuto, un po di orientamento e sostegno per essere valorizzati e per dare i frutti che possono dare, per se stessi, per le loro famiglie e per il loro Paese. Mirna: Belli, intelligenti, furbi, bisognosi di amore e di attenzione, prematuramente diventati grandi. In fondo non molto diversi da altri ragazzi che ricordo nella mia infanzia, costretti a portare la loro difficile situazione sulle loro piccole spalle di ragazzini e ragazzine cresciuti troppo in fretta. Qual è la tua esperienza come famiglia? Nonostante la mia famiglia sia anomala (siamo solo io e mio figlio Giacomo mi racconta Cristina c è ed è riconosciuta; mi sento famiglia e vengo considerata famiglia e in quanto tale partecipiamo alla famiglia salesiana. È una bella sensazione. È per me molto bello poter condividere con mio marito spiega Mirna non solo la vita familiare ma anche una esperienza di lavoro così particolare. È un modo per stare più uniti e anche per mettersi alla prova. Abbiamo molto più tempo per stare vicini, tra noi e con nostra figlia. Per Ada poi tutto è una scoperta ed una avventura; anche i problemi quotidiani lei li vive come una storia entusiasmante piena di fantasia. Cosa abbiamo da imparare dal Sud del Mondo e cosa possiamo dare? Mirna: Più che imparare credo che abbiamo da ricordare, ritrovando una memoria che ci appartiene. La maggior parte dei valori che il Sud ha rispetto al Nord sono in fondo quelli che noi abbiamo dimenticato, che! 47
abbiamo perso lungo la strada di una corsa spesso cieca ed egoistica verso un benessere che non sempre ci rende più felici. In particolare, abbiamo da imparare la comunicazione tra le persone, la spontaneità, la semplicità ed un ritmo un po più lento ed armonioso della vita quotidiana. Quello che poi credo che possiamo dare è essenzialmente la consapevolezza dei nostri errori; le tante esperienze negative, in senso tecnologico, ambientale, politico-sociale, di relazioni umane, ecc. che abbiamo vissuto lungo la strada del nostro sviluppo e che sarebbe davvero sensato e logico fare in modo che il Sud del mondo non ripeta. Risparmiare a chi ha già tanti problemi di rifare la sequenza dei nostri errori. Ma soprattutto penso che il mondo, questo nostro mondo sia uno solo, sia la casa di tutti, dove tutti possono e devono vivere con dignità, cercando insieme le non facili soluzioni ai problemi di oggi. È necessario liberarsi della cultura della indifferenza, della sopraffazione, della violenza, dei confini tracciati nella terra, non meno che nel nostro cuore. Dobbiamo lavorare tutti insieme affinché i bambini del mondo, che sono poi i bambini di ciascuno di noi, possano avere un futuro, un futuro di pace, di gioia e di amicizia gli uni con gli altri. Cristina: Il relativismo contro l egocentrismo occidentale; possiamo dare l ascolto che gli emarginati non hanno Mimmo: In generale direi che abbiamo da imparare il sorriso, l allegria, la voglia di vivere, una concezione del tempo diversa, il rispetto per gli anziani, l antica e dimenticata virtù della parsimonia, il senso di appartenenza comunitaria. Abbiamo da dare, meglio sarebbe dire da restituire, tutto il maltolto e rubato di questi secoli. Nuove e più eque regole nel commercio internazionale, alcune risorse umane specializzate, le nuove tecnologie che devono essere patrimonio di tutti, evitando che si ripetano i guasti del nostro non sempre sensato modello di sviluppo. Trovo poi essenziale che cresca nei PVS una più forte e consapevole sensibilità ai diritti umani, civili, politici e religiosi, e tra questi la centralità dei diritti delle bambine e dei bambini. Credo comunque che oggi parlare di nord e sud del mondo non abbia più tanto senso. Il nord, il sud, l est e l ovest sono dislocati in ogni regione del pianete. La città di Santo Domingo ne è un esempio. E poi il nord e il sud sono anche dentro ciascuno di noi, come provocazione, come rimorso, come ferita e come speranza. Se il lampo ti appare ad oriente, aspira all oriente; se ti appare all occidente, aspira all occidente. Ciò che davvero conta è il lampo nel suo fulgore e non i luoghi che tocca. 48
IDENTIKITdei nostri tre volontari Pier Francesco Damiani (detto Mimmo) Nato a Pavia. Età: 45 anni. Sposato con Mirna e padre di Ada. È stato per quindici anni Presidente volontario del Comitato Provinciale Unicef di Pavia e membro e fondatore di diverse associazioni di volontariato sociale ed internazionale. Ha precedentemente partecipato a progetti di cooperazione in particolare in Africa. Prima di questa esperienza a Santo Domingo lavorava a Milano quale dirigente del Ministero del lavoro occupandosi dei programmi a favore degli immigrati extracomunitari e fasce deboli. Mirna Imamovic Nata a Sarajevo. Età: 37 anni. Giornalista. Ha lavorato nelle tv e radio della ex Iugoslavia occupandosi in particolare dei programmi culturali. È stata tra le fondatrici della prima televisione indipendente della ex Iugoslavia. Fuggita in Italia a causa della guerra ha lavorato nel progetto europeo Radio Nave-Diritto di Parola un programma di assistenza informativa ai profughi e cittadini della ex Iugoslavia, realizzato attraverso una radio-nave nelle acque dell adriatico e sulla quale lavoravano giornalisti indipendenti di tutte le nazionalità in conflitto. In Italia ha lavorato presso Centri di documentazione al dialogo interculturale e in programmi di assistenza ai profughi ed immigrati. Cristina Serafini Laureata alla facoltà di Scienze Politiche con indirizzo sociologico nel 1990 approfondendo il tema della salute materno-infantile in Guatemala, dove ha passato 3 mesi sull altipiano guatemalteco nord-occidentale, facendo una ricerca sul campo con le levatrici tradizionali, appoggiandosi al GRT (una ong milanese). Con il GRT, nel 1992, ha partecipato come coordinatrice sociologa ad un progetto di sviluppo integrale, in Guatemala. Dal 1994 al 1998 ha continuato ad essere educatrice nell ambito del disagio psichico e sociale con giovani e minori, in collegamento con i servizi sociali di Milano, la Regione, le Asl e in alcuni casi i privati. Ha partecipato come educatriceformatrice-sociologa cooperante esperto ad un progetto GRT in Nepal dal 1996 al 1998, in favore di ragazzi lavoratori di e nella strada. 49