Le Supernovae. Un po di storia



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Le Supernovae Un po di storia Nel 1572 Tycho Brahe osservò un stella mai vista nella costellazione di Cassiopea. Questa stella aumentò di luminosità sino ad essere confrontabile con quella di Venere, per poi diminuire nel giro di poche settimane, fino a sparire alla vista. Un'altra fu osservata nella costellazione dell'ofiuco da Keplero nel 1604. Nell'estremo oriente (di questa supernova ne parleremo in seguito) cinesi e giapponesi avevano osservato nella costellazione del toro una stella mai vista prima che per mesi fu visibile anche di giorno. Questa ed altre stelle di questo tipo vennero classificate come stelle Novae Che cos'e' una Supernova Il più straordinario evento che possa svilupparsi in cielo è rappresentato dall'esplosione di una supernova. L'esplosione di una supernova è un fenomeno molto più intenso di quello che porta alla formazione di una nova in cui una stella può liberare una potenza pari a 100 miliardi di stelle come il sole. L'intera atmosfera della stella e buona parte degli strati interni sono espulsi a velocità di parecchie migliaia di chilometri al secondo, mettendo a nudo il suo denso nucleo centrale. La nebulosa del cigno è, per esempio, il residuo di una supernova molto antica che per effetto dell'espansione si è allargata fino a raggiungere un diametro di circa 20 parsec (1 parsec 3,26 anni luce) Gli involucri in espansione delle supernovae agiscono come spazzaneve, trascinando tutto il materiale che trovano sul percorso. Il materiale espulso da una supernova è molo ricco di materiali espulsi dalle reazioni nucleari verificatesi nel nucleo della stella prima dell'esplosione e negli strati atmosferici durante l'esplosione. I neutroni liberati dal nucleo, interagendo con li strati esterni possono dar luogo alla sintesi di elementi pesanti con peso a- tomico maggiore di quello del ferro. Dice Asimov " nel corso dei miliardi di anni le supernovae hanno riempito lo spazio di elementi pesanti essenziali al nostro mondo ed a noi stessi, senza i quali non saremmo mai apparsi come nessun' altra forma di vita nell'universo." Pensiamoci un attimo : di cosa sono composti i pianeti del sistema solare? Di idrogeno? Di elio? No. Essi sono composti da elementi pesanti come il ferro, carbonio ed il silicio. Ed essi hanno potuto formarsi soltanto grazie alle reazioni nucleari che questi giganti del cosmo svolgevano al loro interno. Gli atomi di cui noi stessi siamo costituiti sono stati costruiti quindi nel nucleo ed in seguito all'esplosione di una grande stella ormai spenta. Supernove (Tipo I e II) Le stelle di piccola massa terminano la loro esistenza come nane bianche, oggetti freddi e poco luminosi. Quando invece la massa di una stella è diverse volte quella del Sole, si verificano nel nucleo in successione le combustioni di elementi sempre più pesanti. Per esempio, le stelle con masse maggiori di 4 masse solari raggiungono una temperatura centrale di 600 milioni di K, necessaria per la conversione del carbonio in neon, magnesio, ossigeno ed elio. Sopra alle 9 masse solari, con temperature pari a miliardi di gradi, brucia il neon. Considerando masse ancora superiori, per esempio 25 masse solari, arriviamo alla combustione del silicio a 3 miliardi di K e alla conseguente formazione del ferro. Tutte queste reazioni termonucleari avvengono entro gusci sferici concentrici di dimensione massima pari al nostro pianeta (distribuzione a "cipolla") mentre la stella è un globo gassoso di 700 milioni di km di diametro. Il ferro non viene smaltito in elementi più pesanti e il continuo incremento da parte del guscio di silicio porta al superamento della massa limite di Chandrasekhar (nane bianche) nel nucleo. Il conseguente collasso innalza la temperatura fino a 5 miliardi di gradi in pochissimi secondi. La densità centrale raggiunge i valori tipici dei nuclei atomici: 400 milioni di t/cm3! Il collasso del nucleo a questo punto si deve fermare. I gusci più esterni sempre in contrazione si imbattono contro questo nucleo solido e generano un'onda d'urto. Quest' onda, propagandosi verso l'esterno della stella, accelera attraversando gli strati più esterni sempre più rarefatti. Alcune ore dopo, giunta sulla superficie della stella, l'onda trascina una grande quantità di gas nello spazio esterno alla stella. Si realizza così una esplosione di supernova. L'aumento di luminosità che accompagna una supernova può essere di centinaia di milioni di volte: un salto di 20 magnitudini! Dall'analisi spettrale risultano evidenti le righe dell'idrogeno, semplicemente perché è il gas più abbondante negli strati esterni della stella, che vengono espulsi nello spazio.

Le supernove si possono suddividere fondamentalmente in due sottoclassi, in base alla loro origine e quindi alle loro curve di luce e ai loro spettri. Quella sopra descritta è una supernova di tipo II. Quelle di tipo I hanno una storia che ricorda le nove. Si verificano in sistemi binari costituiti da una stella gigante rossa e da una nana bianca con nucleo ricco di carbonio e di ossigeno. L'accumulo di materia sulla nana bianca comporta l'implosione di questa al superamento della massa critica di Chandrasekhar (nane bianche), e la conseguente violenta esplosione. La materia viene espulsa a velocità maggiori di 10.000 km/s. Vengono espulsi vari isotopi instabili, tra i tanti il più importante è il 56Ni. Questa classe di supernove presenta una curva di luce regolare, con rapida crescita e lenta discesa, e una brillanza massima abbastanza costante, intorno alle -20 magnitudini assolute. Per questo motivo sono utilizzate anche come indicatori di distanze. Per questo motivo sono utilizzate anche come indicatori di distanze.il fatto che sia le supernove di tipo I che quelle di tipo II raggiungano al massimo splendore la stessa magnitudine assoluta risulta essere una coincidenza. Mentre una supernova arricchisce lo spazio interstellare circostante di molti elementi pesanti processati durante la sua vita, ciò che resta del suo nucleo è una stella di neutroni o, alternativamente, quando si parte con differenti condizioni iniziali, un buco nero. Supernove storiche Fino a oggi nella nostra galassia sono state identificate con certezza 4 supernove, mentre altri 4 eventi simili non hanno ancora una identificazione certa. Quelle confermate sono esplose: 1) nell'aprile del 1006 nella costellazione del Lupo, a una distanza di 3000 anni luce. Ha raggiunto una luminosità di -10 magnitudini ed è stata visibile per più di 2 anni; 2) nel luglio del 1054 nella costellazione del Toro, a una distanza di 6000 anni luce. Massima magnitudine -4, come Venere, visibile giorno e notte per una ventina di giorni. Nota oggi come Nebulosa del Granchio; 3) nel novembre 1572 nella costellazione di Cassiopea, a una distanza di 20.000 anni luce. Ha raggiunto una massima luminosità di -4 per un periodo di 18 mesi; 4) nell'ottobre 1604 nella costellazione di Ofiuco. Magnitudine massima -2,5. Tra le supernove esplose nelle galassie esterne dobbiamo citare la recente (24 febbraio 1987) SN 1987A, e quella del 1885 nella galassia M31 della costellazione di Andromeda. La SN 1987A è esplosa nella Grande Nube di Magellano, la nostra galassia compagna, vicino alla Nebulosa della Tarantola. Questa supernova ha mostrato un'inusuale curva di luce. La luminosità iniziale, pari a 4,5 magnitudini a febbraio 1987, è cresciuta raggiungendo il massimo di 2,3 magnitudini solo nel maggio del 1987 per poi decrescere molto lentamente. La stella progenitrice è stata Sanduleak 69.202, di massa pari a 20 masse solari. Una supernova che invece ha presentato una forte emissione radio è stata SN1986J nella galassia NGC 891. L'esplosione dovrebbe essere avvenuta nel 1982 da una stella con massa almeno 30 volte quella del Sole. A volte non si assiste all'esplosione della stella ma si può dedurre l'epoca dell'esplosione dallo studio dei resti della supernova. L'onda d'urto, viaggiando ad alta velocità, eccita il gas interstellare che incontra, e lo rende visibile. Dalla velocità di espansione del guscio di gas brillante si può risalire all'istante della esplosione. Un esempio è la bellissima nebulosa di Gum, nel cielo meridionale, nella costellazione della Vela. I resti della supernova, esplosa intorno al 9000 a.c., coprono una regione di cielo di 60 gradi di diametro! Attualmente sono state identificate più di 600 supernove nelle galassie distanti. Da considerazioni statistiche si pensa che nella nostra galassia possa esplodere una supernova ogni 20-50 anni, e prevalentemente quelle di tipo II. Come mai non si sono viste tutte queste supernove galattiche? Una risposta plausibile è che il luogo più probabile per le esplosioni di supernove è il piano galattico, dove si formano le stelle più massive. In questo caso la polvere interstellare ci tiene nascoste le esplosioni. Metodi alternativi per l'osservazione di supernove sono la misura dei neutrini emessi nella combinazione elettroniprotoni e la misura delle onde gravitazionali prodotte dalle enormi masse che vengono messe in moto durante l'esplosione. Entrambe queste tecniche osservative richiedono sofisticati strumenti di misura, come le antenne gravitazionali in funzione presso il CERN di Ginevra o i rivelatori di neutrini costruiti al riparo di enormi pareti di roccia, sotto il Gran Sasso o sotto il monte Bianco.

Stelle di neutroni e pulsar Dopo l'esplosione di una supernova, oltre all'onda d'urto luminosa, in cielo si vede ciò che resta della stella: un nucleo estremamente denso di neutroni degeneri, che viene detto stella di neutroni. Nel 1932 si ebbe la prima prova sperimentale dell'esistenza dei neutroni, e lo stesso anno il fisico russo Lev Davidovic Landau (1908-1968) propose l'idea di una stella composta di soli neutroni. Anche due fisici americani, Fritz Zwicky del California Institute of Technology e Walter Baade dell'osservatorio di monte Wilson, dopo due anni giunsero alla stessa idea, ispirati dalla similitudine con il gas degenere di elettroni presente in una nana bianca. Le straordinarie proprietà di una stella così fatta non resero questa ipotesi credibile alla scettica comunità scientifica dell'epoca: la stella avrebbe dovuto avere una massa pari a quella del Sole contenuta dentro una sfera di 30 km di diametro, e un campo di gravitazione così intenso che per abbandonare la superficie della stella un ipotetico razzo avrebbe dovuto viaggiare a una velocità pari a metà di quella della luce. Solo nel 1967 si ebbe la prima osservazione di una stella di neutroni: ma questa interpretazione delle osservazioni giunse solo dopo lunghe analisi. In quell'anno un gruppo di ricercatori dell'università di Cambridge in Inghilterra mise a punto un sistema di antenne per misurare l'emissione di radioonde da oggetti celesti. Con questo apparato Jocelyne Bell misurò un segnale straordinariamente periodico, e proveniente sistematicamente sempre dalla stessa regione di cielo. Esclusa la produzione di un segnale del genere da parte di civiltà extraterrestri, vennero identificate altre sorgenti simili, e si coniò per questa nuova classe di sorgenti il nome di pulsar, cioè sorgenti radio pulsanti. Il periodo dell'emissione pulsata è in genere molto breve: nel caso della prima pulsar osservata, la CP 1919 (la pulsar del catalogo di Cambridge ad ascensione retta 19 ore e 19 minuti), il periodo risulta di 1,3373011 secondi. All'inizio del 1969, con il telescopio dell'osservatorio Steward in Arizona, si osservò per la prima volta una pulsar nel visibile, la NP 0532. Questa pulsar coincideva con quello che poteva essere il nucleo residuo della supernova esplosa nel 1054, la Nebulosa del Granchio, una delle supernove storiche. Dagli anni Sessanta a oggi, questa pulsar è stata osservata a tutte le lunghezze d'onda dai raggi X al radio. Fino a quel momento si riteneva ancora che tutte le stelle finissero la loro esistenza come nane bianche, indipendentemente dalla loro massa iniziale. Durante l'evoluzione una qualunque stella avrebbe dovuto perdere la massa necessaria per non violare il limite massimo di Chandrasekhar già descritto per le nane bianche. Il periodo di emissione estremamente breve di NP 0532, solo 0,0339 secondi (circa 30 impulsi al secondo), minò questa certezza. Una nana bianca non avrebbe potuto né ruotare né oscillare 30 volte al secondo per produrre il segnale osservato. L'ipotesi che venne avanzata per risolvere questo problema fu proprio che si trattasse di una stella di neutroni rotante. Se il Sole, che impiega un mese per compiere un'intera rivoluzione su se stesso, venisse compresso fino a un diametro uguale a una stella di neutroni (16 km), inizierebbe a ruotare 1000 volte più velocemente per rispettare la legge di conservazione del momento angolare. In realtà per essere corretti dovremmo tenere in considerazione anche le inevitabili perdite di massa che si hanno durante la compressione, ma la conclusione resta qualitativamente la stessa: una stella collassata deve acquistare una velocissima rotazione intorno al proprio asse. Una magnificazione analoga si presenta anche su un'altra proprietà della stella di neutroni: il suo campo magnetico. Nelle stelle di neutroni questo può raggiungere valori enormi, dell'ordine di 1012 G. Per confronto il campo magnetico del Sole è di 1 G. La combinazione della rotazione e dell'intenso campo magnetico, suggerì nel 1969 a Peter Goldreich del California Institute of Technology, la possibilità che una stella di neutroni emettesse fasci di particelle (elettroni e protoni) lungo l'asse magnetico. Non coincidendo l'asse magnetico con l'asse di rotazione, il fascio di particelle verrebbe a spazzare un cono durante la rotazione della stella. Queste particelle spiraleggiando produrrebbero la cosiddetta luce di sincrotrone, prevalentemente nella direzione del fascio di particelle. L'emissione della pulsar è analoga a quella di un faro in un porto: solo se l'osservatore si trova entro il cono di luce può ricevere il segnale, e lo riceverà in impulsi distanziati di un intervallo pari al periodo di rotazione del faro. Non tutte le supernove generano delle pulsar: solo quelle di tipo II, cioè quelle in cui si verifica un violento collasso gravitazionale di grandi masse. Il periodo di rotazione di una pulsar è destinato ad aumentare nel tempo: l'energia irradiata, come luce e come onde gravitazionali, va a scapito dell'energia rotazionale e quindi la rotazione rallenta. Tanto più è veloce la rotazione della pulsar (come nel caso della pulsar del Granchio) tanto maggiore è il rallentamento. Nel caso della CP 1919, che invece ha una rotazione relativamente lenta, si stima che il periodo passi da 1,3373 secondi a 1,3374 secondi nel giro di 3000 anni! Durante il regolare rallentamento, si osservano anche alcuni salti improvvisi che si spiegano come forti "stellemoti" (paragonabili a terremoti del 25 grado della scala Richter!), assestamenti della crosta superficiale della stella. Sotto questa crosta, spessa circa 1 km e ricca di ferro, si prevede uno strato di neutroni superfluido (superfluidità), in pratica senza reciproco attrito, come l'elio liquido a temperature prossime allo zero assoluto. Nel nucleo della stella di neutroni è poi teorizzato un nucleo superfluido di neutroni e superconduttore di protoni (superconduttività). Crab nebula La più famosa nebulosa presente nel cielo è, senza dubbio, il residuo della supernova del 1054, o0 megli nota come Crab nebula (M1), nella costellazione del Toro. La data del primo avvistamento è incerta : ci sono infatti discordanze fra cinesi e giapponesi, ma la data più attendibile sembra essere il 4 luglio. La supernova rimase visibile per 23 giorni, 24 ore su 24, e dunque doveva essere luminosa almeno quanto o più di Venere.

Sebbene sia esplosa circa 1000 anni fa, essa riveste un ruolo molto importante, poiché da essa si sono potuti ricavare i dati necessari per la comprensione di questo misterioso fenomeno. Nella stessa posizione oggi si osserva una nube nota come " la nebulosa del granchio " a causa della sua tenue luminosità diffusa, solcata da ramificazioni di gas emittente lo spettro d'idrogeno, che somiglia vagamente alle zampe di un granchio. Inoltre il fatto che la nube emetta uno spettro sincrotrone che va dalle radiazioni gamma alle radiazioni radio, fa postulare all'interno l'esistenza di una sorgente capace di produrre elettroni aventi velocità prossime a quelle della luce. La sorgente viene definita stella di neutroni (come dicevamo prima) o pulsar, da "pulsanting star" che ruota con un periodo di 30 giri al secondo e che emana, dal centro della nebulosa, impulsi radio ad ogni giro. SN 1987A L'ultima, in ordine di tempo, tra le supernove esplose nelle nostre vicinanze, e che è stata oggetto di vari studi, è la SN1987A. La notte del 23 febbraio del 1987 l'astronomo canadese Ian Shelton scoprì, dall'osservatorio di Las Campanas in Cile, una supernova nella grande nube di Magellano, una galassia irregolare, visibile solo dall'emisfero australe, facente parte del nostro gruppo locale insieme ad Andromeda ed altre. La supernova era visibile debolmente anche ad occhio nudo. [da "l'universo alle soglie del 2000" di M. Hack]... Il 24 febbraio 1987 si è verificato un avvenimento astronomico che ha messo a rumore gran parte dei fisici e degli astronomi : l'esplosione di una supernova nella grande nube di Magellano distante 160000 anni luce da noi. È la prima volta che nella storia dell'umanità si osserva l'esplosione di una stella, non solo abbastanza vicina da poterla vedere ad occhio nudo, ma anche utilizzando tutte le attrezzature che lo sviluppo tecnologico in questi ultimi 30 anni ci aveva messo a disposizione. La supernova 1987A nella grande nube di Magellano ha solo in parte confermato le nostre previsioni. Infatti la predetta emissione di neutrini c'è stata, come previsto, ma non proprio come ci si attendeva. L'esplosione ha prodotto un'espulsione di gas di qualche decina di migliaia di chilometri al secondo, come ci si a- spettava. Tuttavia la stella esplodente non era una gigantesca e rarefatta stella di colore rossastro ( una gigante rossa) come indicano le più moderne teorie sull'evoluzione stellare, ma una brillante stella azzurra, paragonabile a Riegel, ossia di alta temperatura superficiale. Questo avvenimento ci dimostra come sia di fondamentale importanza il progresso tecnologico delle scienze, in particolar modo per una scienza osservativa come l'astronomia, basata unicamente sull'osservazione degli eventi che non si possono né provocare né ripetere. Ian Shelton, dell'università di Toronto, stava fotografando la grande nube di Magellano con un piccolo telescopio di appena 25 cm di diametro all'osservatorio di Las Campanas in Cile. Erano le 4 e 20 minuti del 24 febbraio, tempo di Greenvich ( il tempo ufficiale con cui gli astronomi si scambiano le informazioni). Sviluppata la lastra si accorse subito che c'era qualcosa di anomalo rispetto alle fotografie delle serate precedenti: una stella di magnitudine 5 vicino alla grande nebulosa brillante, nota come 30 Doradus. Per la prima volta dopo quasi 4 secoli ( e cioè dopo la supernova di Keplero del 1604 ) una supernova era facilmente osservabile ad occhio nudo. Cominciava così sotto i nostri occhi il film della morte esplosiva di una stella. Fino ad allora ci eravamo dovuti accontentare di osservarne i resti a distanza di secoli o millenni dall'esplosione e ricostruirne faticosamente l'evolversi degli eventi, con l'aiuto della teoria dell'evoluzione stellare. Ora il laboratorio ce l'avevamo sotto i nostri occhi, e potevamo avere la possibilità di confermare o correggere tutte le nostre previsioni teoriche. E le sorprese cominciarono subito. Nel laboratorio per la rivelazione dei neutrini situato sotto il monte bianco ne furono osservati 5 in un intervallo di 5 secondi a partire dalle 2, 52 minuti e 37 secondi del 23 febbraio, tempo di Greenvich. Un rivelatore di neutrini dell'università di Tokyo ne rivelò 8 in 12 secondi a partire dalle 7, 35 minuti e 35 secondi, tempo di Greenvich. Ed un terzo rivelatore, l'imb, ne scoprì altri 8 in 6 secondi a partire dalle ore 7, 35 minuti e 35 secondi. Ora le teorie prevedevano che, durante la fase esplosiva di una supernova si verificasse un gran numero di reazioni nucleari incontrollate e durante queste reazioni si sarebbe dovuto produrre un gran numero di neutrini. poiché questi non hanno carica ed hanno massa praticamente nulla, essi interagiscono pochissimo con la materia. Possono così attraversare indisturbati la stella, nel cui centro si sono prodotti. E siccome le nubi di Magellano si trovano nel cielo australe,ciò significa che i neutrini rilevati la notte del 23 febbraio in tutto l'emisfero nord hanno attraversato indisturbati l'intero diametro terrestre, e solo un piccola parte -21 di numero- dello sciame che ha investito la terra è stata catturata dai nostri rivelatori. Per la prima volta l'astronomia a neutrini era diventata un scienza sperimentale. Le teorie erano confermate? Sembrava di sì, però C'era un grosso ed inaspettato problema. Le rivelazioni del monte Bianco erano avvenute circa 4 ore e mezza prima delle altre. La teoria sosteneva l'emissione di un uno sciame di neutrini al momento del collasso del nocciolo centrale, poco prima della gigantesca esplosione del nocciolo della stella. Mentre le altre misure erano in ottima coincidenza temporale, nessun altro rivelatore aveva confermato quelle del monte bianco. Sebbene i ricercatori del laboratorio italiano non abbiano trovato alcuna causa d'errore, e ritengano reale la loro rivelazione, la quasi totalità della comunità scientifica ha preferito ignorare questa misura che la scienza moderna attualmente non riesce a spiegare. Comunque l'osservazione dei neutrini in coincidenza dell'esplosione di una supernova, prova che essi viaggiano a velocità molto prossime a quelle della luce, e quindi che la loro massa è molto piccola o addirittura nulla ; per ora si può dire solo che la loro massa è inferiore o uguale ad un centomillesimo della massa dell'elettrone.

Infine, essendo giunti fino a noi dopo un viaggio di 160000 anni, significa che la loro vita è almeno altrettanto lunga. cade quindi una delle ipotesi avanzate per spiegare che i neutrini provenienti dal sole siano solo un terzo di quelli previsti, e cioè che decadano in un tempo paragonabile agli 8 minuti impiegati nel viaggio che essi fanno dal sole alla terra. Un'altra domanda che non ha trovato subito risposta è stata : qual è la stella esplosa? Le prime accurate misure di posizione indicavano che la supernova coincideva con una stellina di magnitudine 12 e di colore blu, indice di una temperatura superficiale di circa 250.000 gradi. La teoria però ci insegna che ad esplodere come supernova sono le cosiddette supergiganti rosse, stelle di raggio pari a qualche centinaio di raggi solari che sono verso la fine della loro storia evolutiva, di circa 3000 gradi. Inoltre la stella era passata da magnitudine 12 a magnitudine 4,5 al massimo del suo splendore, mentre le supernove presentano variazioni superiori a 10 magnitudini La SN1987A ha presentato altre sorprese. Mentre di solito lo splendore di una supernova decresce regolarmente dopo aver raggiunto il massimo, la nostra è rimasta quasi costante fino al 12 marzo, poi ha cominciato ad aumentare di splendore fino a raggiungere magnitudine 3 alla fine di aprile, ed un massimo di 2,9 alla fine di maggio uno splendore troppo basso rispetto a quelle delle supernove tipiche. Infine è cominciato il suo regolare declino. Invece lo spettro è abbastanza in accordo con ciò che ci si aspetta da una supernova : le righe di assorbimento sono spostate verso lunghezze d'onda più corte di quelle rilevate in laboratorio: è una conseguenza dell'effetto Doppler, ed indica che l'inviluppo esterno di una stella si sta espandendo con velocità superiore ai 15.000 km/sec e la velocità cresce con l'altezza rispetto al nocciolo centrale. Ad un certo momento, stimato tra qualche mese ad uno-due anni dall'esplosione sarebbe dovuta diventare misurabile la radiazione x e gamma, altamente energetica, prodotta dagli strati più interni e caldi e fino ad ora assorbita nell'inviluppo. Ed infine si sarebbe dovuto vedere il nocciolo della supernova : la compatta stella di neutroni. Queste ultime previsioni si sono, in parte, avverate. Un'altra previsione è stata confermata : i raggi provenienti dalla supernova possono giungere direttamente fino a noi, oppure possono essere riflessi da banchi di polvere interstellare frapposti fra noi e la supernova. In tal caso, dopo un certo tempo, corrispondente a quello impiegato dalla luce a compiere il cammino più lungo di quello diretto, si dovrebbero vedere degli archi o degli anelli luminosi, regioni di massimo addensamento delle polveri, illuminate dalla luce della supernova. [...] Le pulsar : il nocciolo della supernova [da " l'universo che fugge " di Paul Davies] [...] il primo residuo di supernova fu scoperto accidentalmente da un gruppo di astronomi che lavoravano sotto la direzione di Anhony Hewish, della Cambridge University, che stava allestendo apparecchiature radio per scoprire lo scintillio di radiosorgenti lontane. Durante l'installazione di un'antenna, un'allieva di Heish, Joceline Bell, scorse una piccola traccia sulla registrazione stampata. Quando si imbatté in altre tracce analoghe fece un controllo, e accertò che il segnale che le produceva veniva captato sempre alla stessa ora del giorno astronomico. L'associazione del segnale con alcuni impulsi radio, suggeriva l'ipotesi che la sorgente del segnale fosse un oggetto astronomico molto lontano. Il carattere più notevole di questi segnali non era però la loro connessione col tempo astronomico, bensì il fatto che ciascuno di essi consisteva in una sequenza di impulsi estremamente regolare. La conclusione immediata a cui si pervenne era che gli impulsi fossero segnali radio artificiali di qualche genere. Si presentò dunque una proposta davvero interessante : forse la Bell aveva scoperto il primo radiomessaggio artificiale proveniente da un'altra civiltà nella galassia. Se la cosa fosse stata vera, ciò avrebbe avuto implicazioni profonde. Si decise perciò di agire con estrema prudenza senza avvertire nessuno, e non si fece nessun annuncio. La sorgente fu chiamata provvisoriamente LGM (little green men) e fu tenuta sotto discreta osservazione per alcuni mesi. Poiché il segnale dopo alcun mesi restava inalterato ( cosa che non sarebbe stata possibile, a causa della rotazione del possibile pianeta attorno alla stella centrale)non potevano essere perciò associati a qualche stella peculiare. Infine una seconda sorgente pulsante venne scoperta in un'altra zona di cielo. La coincidenza era troppo grande per pensare che due civiltà extraterrestri stessero trasmettendo simultaneamente verso terra un segnale artificiale e quindi la spiegazione stellare non poteva più essere messa in dubbio L'enigma consisteva nell'identificare il tipo di stella capace di produrre impulsi radio così potenti e caratterizzati da tale regolarità. Erano ben note le pulsazioni delle variabili cefeidi che, per esempio, oscillano modificando la loro luminosità in modo sistematico. Per compiere più di un'oscillazione al secondo doveva essere una stella supercompatta : più densa addirittura di una nana bianca. Poco tempo dopo l'astronomo Thomas Gold propose il modello di stella supercompatta, con un campo magnetico chiuso al suo interno. La stella ruoterebbe attorno al suo asse molto rapidamente, trasportando nel suo moto anche il campo magnetico. Come ogni fine di stella che si rispetti, vicinissima ad essa ed unita dal campo magnetico è una nube di plasma, o per meglio dire una nube molecolare, che ruota insieme alla stella.

Gli impulsi che riceviamo a terra non provengono dalla stella, ma dalla schermatura che il plasma circostante ne fa delle radiazioni emettenti. Questo effetto di rotazione continua (spiegabile fisicamente con la legge della conservazione del momento angolare) suggerì l'acronimo di "pulsanting star", da cui il nome di pulsar. Come poteva formarsi un oggetto così strano? Esiste nel cosmo una classe di stelle supercompatte (1.5 volte la massa del sole in 10 km di raggio)chiamate stelle di neutroni, perchè formate da neutroni, appunto, che si formano dal collasso gravitazionale di una stella di 10 o più masse solari, al termine del suo ciclo vitale. La morte di queste stelle avverrebbe con l'esplosione di una supernova che inonda lo spazio dei materiali pesanti avuti dalle sue reazioni di fusione nucleare che si sono avuti al suo interno. Questi in futuro permetteranno la formazione dei sistemi planetari. Dopo la creazione delle nubi molecolari caratteristiche, il nucleo della stella crolla su se stesso, condensandosi ad una densità talmente elevata da provocare la unione di protoni ed elettroni in neutroni e neutrini. Dun- que una stella di neutroni non sarebbe altro che la carcassa della stella progenitrice. L'origine spiegherebbe anche la sua strana rotazione. Poiché durante il collasso gravitazionale il raggio del nucleo diminuisce mentre la sua massa sostanzialmente si conserva. risultato: la velocità di rotazione non può che aumentare in base alla regola che ci dice : Ιιϖι = Ιfϖf La prova definitiva che le pulsar fossero stelle di neutroni create dall'esplosione di una supernova si ebbe qualche mese più tardi con la scoperta di una nuova pulsar con periodo di rotazione di 33 millisecondi all interno della nebulosa del granchio, il ben noto resto di supernova presente nella costellazione del toro. Definiamo dapprima cos'è il momento angolare, o meglio detto momento della quantità di moto. Il momento angolare è una quantità fisica che, tramite un particolare teorema, chiamato teorema del momento angolare ( il quale consiste nel derivare la quantità suddetta ) viene dimostrato che si conserva in tutte le posizioni, in presenza di un asse di rotazione.