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54. Il palazzo Besta e l Antiquarium Tellinum Gianluigi Garbellini Fronte principale del palazzo con chiari segni di gusto rinascimentale: il portale, le finestre con cornici e timpano in marmo chiaro, le elaborate inferriate e le lunette di gronda con le insegne d importanti casati aristocratici (foto: G. Palmieri)

Il vasto giardino a sud del palazzo, sede di varie manifestazioni culturali (foto: G. Palmieri) Piccola reggia nelle Alpi è giustamente chiamato il palazzo Besta tellino per la nobiltà dell architettura e degli apparati decorativi che nulla hanno da invidiare alle residenze di sovrani o di principi in località distanti dalla città, come nel caso di Teglio. La fortuna della famiglia Besta fu il frutto dell intraprendenza dei suoi componenti quali amministratori e fiduciari dell arcivescovo di Milano, signore feudale della Castellanza di Teglio. Il benessere raggiunto indusse Azzo I con la consorte Ippolita Alberti, tra la fine del 400 e nei primi anni del 500, a ristrutturare l avito maniero medievale in un palazzo rinascimentale con la realizzazione del cortile con porticato e loggiato e nuove sale, ambienti che, in seguito, il figlio Azzo II, sotto la guida del patrigno Andrea Guicciardi uomo di profonda cultura umanistica, abbellì di cicli pittorici a contenuto classico. Con il matrimonio di Azzo II e Agnese Quadrio, «donna di lettere e di intelletto» - come la definì nel 1548 il letterato Ortensio Lando ospite dei Besta il palazzo visse lo splendore di una corte tra artisti, letterati, musici e uomini d armi. La famiglia toccò allora il culmine della potenza al punto che, nel 1534, con l aiuto del Guicciardi, fu in grado di acquistare per 4.000 scudi d oro dall arcivescovo Ippolito d Este tutti i beni e i titoli feudali della Chiesa di Milano in Teglio e in Valtellina, un ingente patrimonio che accrebbe in valle il prestigio del casato. «NOVIT PAVCOS SECVRA QVIES» (la quiete sicura conosce pochi) ricorda la scritta sul portale per dire che solo a pochi è permessa la vera tranquillità lontana dai quotidiani negotia. Chiuso il portone e lasciato alle spalle il mondo esterno, essa viene ai Besta concessa tra le mura del palazzo e l ampio giardino, anche se arbitro assoluto resta il tempo, come ammonisce il motto araldico: «OMNIA FERT AETAS»:

ogni cosa porta il tempo (nel bene e nel male). Il palazzo si rivela un vero crogiuolo di civiltà del 500 in un vivace mosaico di motivi umanistici e rinascimentali della età dell oro dei Besta. Tra i vari tasselli si distingue anzitutto il cortile, luogo di mirabile armonia che dà corpo alla bellezza architettonica dell insieme. In esso si sprigiona la genuina anima del Rinascimento con l insaziabile ansia di perfezione, fondata sul rapporto numerico ad quadratum, quello preferito da Vitruvio, ma anche col temuto horror vacui che indusse a realizzare l apparato in grisaille della storia di Enea, ripresa dalle xilografie dell Eneide edita a Strasburgo nel 1502 e affrescata da Vincenzo de Barberis per celebrare non la gens Julia, ma la gens Besta in occasione delle nozze di Azzo II. L amore del mondo classico si manifesta anche nella presentazione di Marte, Venere e Giove affrescati sulla parete del cortile per evocare l innato istinto alla difesa, l anelito alla bellezza e l istanza religiosa dell uomo del 500, nel mito di Mida e Adone e nella storia romana di Clelia e di Muzio Scevola dei riquadri della camera picta dalle riposanti tonalità verdi, che fu probabile camera nuziale di Azzo e Agnese, nelle Metamorfosi di Ovidio, affrescate dall Aragonio, nei ritratti dei viri illustres delle lunette del salone d onore e nei riferimenti moralistici degli Adagia di Erasmo da Rotterdam a commento delle scene dell Orlando Furioso. Chiari aspetti della cultura del 500 si rivelano nell attenzione riservata alle scoperte geografiche e alla cartografia, eloquentemente proposta nella Sala della Creazione, dove la terra creata è raffigurata dal mappamondo al centro della volta, oggetto di studi recenti, di discussioni e riprese televisive per il rebus della data che vi è incisa - 1459 -, anteriore alla scoperta dell America. Non da meno fu l attenzione per le novità letterarie e le correnti di pensiero in voga nelle città egemoni della cultura. La pubblicazione dell Orlando Furioso nel 1542 a Venezia presso Giolito de Ferrari diede infatti lo spunto per la decorazione del salone d onore e, con le sue incisioni, fornì al pittore il modello da dipingere tra intenti di divertimento e lezioni morali. Né furono assenti, in sintonia con la spirito del tempo, il ricorso alla magia bianca con sottintesi esoterici disseminati tra le pitture e il riferimento al neo-platonismo e alla sua filosofia di vita. Gli eleganti comignoli a torretta con graffiti svettanti sul tetto del palazzo (foto: U. Zecca)

La curiosità tipicamente rinascimentale per il bestiario esotico e mostruoso, come la scimmia, lo struzzo, le sirene e il grifone, è testimoniata dai dipinti della sala da pranzo, insieme ai vari frutti dipinti sulla volta come nel classico locus amoenus romano. Né manca infine l esemplare delicatezza di uno sposo, il figlio Carlo di Azzo e Agnese, che, per compiacere la consorte Anna Travers di fede calvinista, scelse ad arredo pittorico della camera nuziale non le storie ritenute fatue dei miti, ma il libro della Genesi, le cui immagini, tratte da pubblicazioni del tempo, furono riprodotte sulla volta e lungo le pareti. Chiusa la stagione dei Besta con la morte nel 1660 dell ultima erede, la signora Alba, sposa in seconde nozze in Valcamonica, il palazzo, messo in vendita, fu rilevato all inizio del 700 da Bernardino Morelli il quale costruì l ala per le stanze d inverno, le stüe rivestite di cembro. Tra varie vicende di proprietà, il palazzo finì verso il 1880 a contadini che vi istallarono, secondo il loro bisogno, animali e attrezzi, e, noncuranti dei segni del passato splendore, alienarono arredi, caminetto e inferriate. Grazie all impegno di diverse personalità della cultura, il palazzo fu acquistato nel 1911 dallo Stato italiano che ne promosse l integrale restauro e lo trasformò in museo. Vi furono collocate la stanza a baule proveniente da Ponte in Valtellina e la cinquecentesca camera picta di Traona, interessante compendio pittorico di cultura umanistico-cristiana con raffigurazioni monocrome nei quadri alle pareti e nei tondi del fregio tra stemmi e sentenze. Dal 1965, il piano terra del palazzo ospita l Antiquarium Tellinum, la raccolta dei reperti preistorici rinvenuti nel territorio di Teglio e nei dintorni. Tra questi si segnalano per importanza le tre stele in granito del III millennio a. C. trovate nel 1940 a Càven, contrassegnate la prima e la seconda dal disco solare, da pugnali, armi a foglia di lauro, foderi e cervidi con chiaro riferimento al mondo della caccia. La terza si distingue per il nitore dell incisione e l originalità di una figura antropomorfa dai tratti Il fronte nord del palazzo con tracce del maniero medievale trasformato in dimora rinascimentale (foto: M. Brigatti)

femminili che ha fatto pensare subito alla Dea Madre, la terra fecondata dal sole, come suggeriscono i simboli maschili al suo lato. L immagine dovette avere nel terrazzo tellino particolare venerazione, considerate le stele con lo stesso soggetto ritrovate, tra cui quelle di Cornal e di Valgella, pure conservate nell Antiquarium. Diverse pietre steliche, come quelle enormi di Vangione e di Boalzo, sono purtroppo in frammenti. Perfettamente integra è invece la stele proveniente da Tirano, individuata nel 1981 nella discarica di Lovero. Ricca di nitide figure, con vari stambecchi, un pugnale sovrapposto a un cervide, un fodero, un omino pronto a scoccare la freccia dall arco, armi da getto con lunga asta e perfino un cagnolino, è tra le più ammirate della raccolta. Essa attesta le relazioni dell uomo preistorico valtellinese con i Camuni, i popoli dell Alto Adige e della Rezia transalpina per le somiglianze tipologiche tra i reperti. Completano la raccolta, destinata a crescere con le stele ancora in situ e in attesa di essere sistemate nel museo, l ara sacrificale del Castelàsc e la protome della Cruséta. Fonti edite e bibliografia citata Galletti, 1989 = G. Galletti, Aggiunte al Palazzo Besta di Teglio. Nuove ricerche e restauri, Bollettino della Società Storica Valtellinese, n. 42, 1989, pp. 139-167. Galetti, Mulazzani, 1983 = G. Galletti, G. Mulazzani, Il palazzo Besta di Teglio, Sondrio, Banca Piccolo Credito Valtellinese, 1983. Garbellini, 1996 = G. Garbellini, Il palazzo Besta di Teglio, Sondrio, Lyasis, 1996. Garbellini, 2007 = G. Garbellini, Teglio la terra l arte la storia, Sondrio, Cooperativa Quaderni Valtellinesi, 2007. Gatti Perer, 1984 = M. L. Gatti Perer, Precisazioni su Palazzo Besta, Arte Lombarda, n. 67, 1984. Gianasso, 2000 = Guida turistica della, a cura di M. Gianasso, II ed., Sondrio, Banca Popolare di Sondrio, 2000, pp. 270-271. Pace, Simonelli, Valmadre, 1985 = D. Pace, M. G. Simonelli, L. Valmadre, Escursione nell antichità della Valtellina: da Teglio a Grosio, Villa di Tirano, Sistema Bibliotecario di Tirano, 1985. Palazzi Trivelli, 1986 = F. Palazzi Trivelli, I Besta Azones di Teglio, Bollettino della Società Storica Valtellinese, n. 39, 1986, pp. 45-104. Perrone, 1928 = L. Perrone, Il Palazzo Besta di Teglio, Rivista Archeologica della Provincia e antica Diocesi di Como, n. 94-95, 1928.

Poggiani Keller, 1989 = Valtellina e mondo alpino nella Preistoria, a cura di R. Poggiani Keller, Milano, Panini, 1989. Reggiani Raja, 1981 = M. Reggiani Raja, Il mondo delle stele preistoriche di Teglio in Addua, Sondrio, Società Storica Valtellinese, 1981. Simonelli, 1997 = M. G. Simonelli, Le stele di Teglio (So), Rivista Archeologica dell antica Provincia e Diocesi di Como, n. 179, 1997, pp. 5-26. Copyright 2014 by Distretto Culturale della Valtellina, Società Storica Valtellinese, autori di testo e fotografie La riproduzione della scheda è consentita, con il vincolo della completa citazione della fonte: scheda n. 54 pubblicata online in: www.distrettoculturalevaltellina.it nell ambito di Az. 1: Percorsi per la valorizzazione del paesaggio dei terrazzamenti del versante retico