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Aevum, 89 (2015), fasc. 3 ADA GROSSI UN CARTEGGIO INEDITO DI SAN CARLO BORROMEO (1578-79): LA SINDONE E L ESORCISMO DI UNA CALVINISTA q 2015 Vita e Pensiero / Pubblicazioni dell Università Cattolica del Sacro Cuore SUMMARY: A correspondence of the inquisitor of Vercelli, Cipriano Uberti O.P., with St. Charles Borromeo relates the story of a calvinist woman from Geneva, most likely daughter of Italian refugees, supposed to be possessed by demons: in May 1578 she underwent a peculiar rite of exorcism, performed in Chambéry by the dean of the Sainte-Chapelle du Saint-Suaire (who was also bishop of St-Jean-de-Maurienne) and the episcopal vicar of Grenoble. The Holy Shroud itself was used for the rite, which took place only a few months before the move of the relic to Turin. Later, the woman went to Piedmont, converted to Catholicism and was taken under protection by Uberti, who eventually asked St. Charles to hide her in Milan. A critical edition of the correspondence, of which five letters from December 1578 to January 1579 are preserved in Milan (Biblioteca Ambrosiana, F 53 A inf., F 55 inf., F 67 inf., F 99 if., P 17 inf.), is provided in the Appendix. Da secoli, la storia della Sindone di Chambéry-Torino si intreccia con la narrazione di vicende relative a miracoli, guarigioni e liberazioni di ossessi e indemoniati alla sua sola vista: pochissimi, tuttavia, sono i resoconti che si impongono all attenzione dello storico. È dunque degno di rilievo il caso di un inedito carteggio tra l inquisitore di Vercelli e l arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Borromeo, nel quale si riferisce di un esorcismo compiuto all inizio del maggio 1578 a Chambéry nella Sainte-Chapelle du Saint-Suaire dal vescovo di St-Jean-de-Maurienne (affiancato dal vicario episcopale di Grenoble): per liberare una donna calvinista posseduta da una legione di demòni, durante il rito il presule fece fisicamente ricorso alla Sindone. In seguito alla liberazione, la donna, che proveniva da Ginevra ed era stata accompagnata a Chambéry da alcuni cattolici là diretti per l ostensione annuale, si rifugiò in Piemonte e si convertì al Cattolicesimo sotto la guida spirituale di Cipriano Uberti, inquisitore generale di Vercelli nonché vicario della Lombardia Superiore per l Ordine Domenicano 1. A seguito di un 1 In precedenza aveva ricoperto le cariche di magister presso lo Studium di Milano (1553) e di priore del convento di S. Domenico a Vercelli (1559); morì nel 1607: G. VILLA D ANDEZENO - P. BENEDICENTI, I domenicani della Lombardia Superiore dalle origini al 1891, a c. di V. FERRUA, Torino 2002, 171; G. TIBALDESCHI, Un inquisitore in biblioteca: Cipriano Uberti e l inchiesta libraria del 1599-1600 a Vercelli, «Bollettino Storico Vercellese», 34 (1990), 43-103:

688 A. GROSSI tentativo di rapimento da parte dei Calvinisti per ricondurla a Ginevra, Uberti chiese aiuto al Borromeo, che accolse la donna a Milano e provvide infine a nasconderla. 1. I miracoli legati alla Sindone La storiografia conosce vari miracoli che si tramanda siano avvenuti alla presenza della Sindone: sappiamo di eventi tra storia e leggenda (per esempio la sua asserita indistruttibilità, con particolare riferimento all ordalia cui la reliquia sarebbe stata sottoposta entro il 1503) 2, di numerosi ex voto a seguito di grazie ottenute attraverso di essa e di liberazioni di ossessi e indemoniati in occasione delle ostensioni. A proposito di quest ultima fattispecie, sono pervenuti alcuni resoconti, concentrati in un breve giro d anni. Ecco la narrazione di quanto avvenuto a Chambéry nel 1535: [...] adducti energumeni ferreis vincti catenis, horrendo ululatu et inconditis clamoribus omnia complebant: mox ut in panno explicato divini sanguinis ac vulnerum notas suspexere, Deus en adest, exclamant, abimus. Dictum, factum: erupere cum fulgore ac nebulis, stupente turba 3. Analogamente avvenne a Milano nel 1536, come testimonia una lettera di Ercole 53-54, nota 3; A. MALENA, Uberti, Cipriano, in Dizionario Storico dell Inquisizione, III, Pisa 2010, 1605-06 (con indicazione errata di morte nel 1597). 2 Questo episodio è tramandato solo da Antoine de Lalaing, che ne riferisce dopo la descrizione dell ostensione del 14 aprile 1503 a Bourg-en-Bresse, alla quale egli stesso partecipò: Premier voyage de Philippe le Beau, incollection de voyages des souverains des Pays-Bas, éd. L.P. GACHARD, I, Bruxelles 1876, 286; di quell ostensione dà notizia anche F. PINGONE, Sindon evangelica, Augustae Taurinorum, apud haer. N. Bevilaquae, 1581, 21, ove non si fa però alcun cenno a quel particolare episodio. È possibile che il Lalaing, riferendo dell ordalia (bollitura in olio, lavaggi e sbiancature col ranno), non intendesse affermare che essa fosse avvenuta in quell occasione, bensì abbia riferito una voce che circolava (e infatti non circostanzia l ordalia in alcun modo); sulla questione G. ZANINOTTO,... Ma la Sindone non fu bollita nell olio, in La datazione della Sindone. Atti del V Congresso Internazionale di Sindonologia, Cagliari 29-30 aprile 1990, a c. di T. LADU, Quartuccio 1990, 293-308; G.M. ZACCONE, La Sindone. Storia di un immagine, Milano 2010, 155. Un tema analogo è quello dell intangibilità della Sindone: quando la Sindone era custodita da Marguerite de Charny (sul possesso in quest epoca cfr. ibid., 139-49), dei ladri avrebbero tentato di spartirsi il bottino tagliando in due la reliquia, senza riuscirci: F. CAPRÉ, Traité du Saint Suaire de Turin, intraité historique de la chambre des comptes de Savoye, Lyon, Barbier, 1662, 391-406: 395-96; I. BALDI, Discorso intorno à misteri della Santa Croce nel giorno di sua inventione dove anche si ragiona a lungo della Sacra Sindone et della serenissima Casa di Savoia per divina provvidenza sua legittima custode, Augustae Taurinorum 1605, 54-55; si veda poi A. PERRET, Essai sur l histoire du Saint Suaire du XIVe au XVIe siècle, «Mémoires de l Académie des Sciences, Belles-Lettres et Art de Savoie», s. 6, 4 (1960), 49-235: 83. 3 J.J. CHIFFLET, De linteis sepulchralibus Christi Servatoris crisis historica, Antverpiae, ex off. Plantiniana, 1688 (1 a ed. 1624), 73, che riassume quanto narrato in versi in PINGONE, Sindon evangelica, 32; cfr. inoltre BALDI, Discorso intorno à misteri, 51 (gli indemoniati esclamano: «Dio qui è venuto dunque andiam via, andiam via»).

UN CARTEGGIO INEDITO DI SAN CARLO BORROMEO 689 Capponi, indirizzata il 9 maggio al nunzio di Savoia, in cui si descrive la liberazione di tre indemoniati: Quilli tre indemoniati furno menati in castello quella matina giù abaso lì in su la piaza là apreso alquanto, dove si mostrò ditto lecolo [...] il miraculo angelico è questa circa l inspirtati; il primo indemoniato lo quale inscontrò il ditto lencolo quando lo portavano su il revelino de la fosa fu liberato, il diavolo subito usì fuora, quando lo destenseno fuori. L altro fu liberato quando derno la beneditione. Il terco fu ancora lui liberato dicendo: semo tuti usiti fuori, e così sono liberi e solti da li diavoli 4. Capponi precisa inoltre che a nulla erano valsi precedenti tentativi di scongiuri da parte di preti e frati, al punto che uno dei demòni aveva detto al sacerdote che tentava di esorcizzarlo: «adoperati tutte le vostre force, che non siti per cavarci di qui, ma l è venuto il duca di Savoglia, li venga la moria». Ancora, una fonte ginevrina narra che all inizio del 1534 alcuni cattolici avevano diffuso in città la voce che una donna, convinta assertrice dell avvenuta distruzione della Sindone nell incendio di due anni prima, fosse poi stata liberata dai demòni a Chambéry proprio in virtù del Telo 5. I Calvinisti sostenevano infatti che la Sindone fosse perita tra le fiamme e che fosse stata poi sostituita con una copia: fu anche per questo che Clemente VII dispose un inchiesta canonica e una ricognizione ufficiale, effettuata infine il 15 aprile 1534 dal delegato pontificio cardinale Ludovico de Gorrevod, il quale confermò che la reliquia, pur danneggiata, era quella originale 6. Tutto ciò ètestimoniato anche dalla Breve historia (1590) del padre francescano Trebazio Mareotti in un passo posto al termine del racconto dell incendio di Chambéry nel 1532: [...] non mancarono i diabolici spiriti delli calvinisti et di quelli che habitano in Geneva, hora più che mai inferno dei peccati et di heresie, come nimici capitalissimi di questa di- 4 A. SEGRE, Documenti di storia sabauda dal 1510 al 1536, «Miscellanea di storia italiana», s. 3, 8 (1903), 128, nota 3. Tale testo integra (come fa notare A. NICOLOTTI, Sindone. Storia e leggende di una reliquia controversa, Torino 2015, 128 e 153, nota 291) quanto illustrato in A. GROSSI, L ostensione milanese della Sindone: 7 maggio 1536, «Aevum», 87 (2013), 783-806, ove si riportano le fonti milanesi, che fanno riferimento alle liberazioni in modo generico: «nel scuoprimento di questo santo Lenzuolo, furono liberati da spiriti maligni molti, ch erano vessati da quelli» (P. MORIGIA, Historia dell antichità di Milano divisa in quattro libri, Venetia, Guerra, 1592, 345); «et liberò diversi inspiritati» (Milano, Ambr. A 257 suss., f. 586: Memorie cavate da un libro manoscritto della casa de signori Bolla scritto da Francesco Banfo agente di detti signori Bolla, qual libro si trovava apresso del molto illustre e molto reverendo signor Cristoforo Bolla). 5 A. FROMMENT, Les actes et gestes merveilleux de la cité de Genève, nouvellement convertie à l Evangile faictz du temps de leur Reformation et comment ils l ont receue par escript en fourme de Chroniques, Annales ou Hystoyres commençant l an MDXXXII, Genève 1854, 85-86. Per questo episodio e per la ricostruzione dei pareri coevi sull incendio del 1532: ZACCONE, La Sindone, 164; NICOLOTTI, Sindone, 118-21. 6 Archivio di Stato di Torino (d ora in poi ASTo), Materie ecclesiastiche, Benefizi di qua dai monti, mazzo 31, n. 9. Su Ludovico de Gorrevod, già vescovo di Moriana negli anni 1499-1532 e creato cardinale nel 1530: C. EUBEL, Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi, II, Monasterii 1914, 188 e III (1923), 21; N. NOGUIER DE MALIJAY, Le Sainte Suaire de Turin, Paris 1929 2 (1 a ed. 1902), 21-22.

690 A. GROSSI vina reliquia et del Salvator del mondo, di offuscar la gloria della maestà sua con dar nome che già era arso et risoluto in cenere il Sudario che adorava Savoya; et gran feste di allegrezze facevano tra di loro in opprobio et derisione sì della divotione di tutta la Chiesa catholica che gli haveva, come della particolare de l Alta Savoya; et in modo tale questi nimici alzarono le voci, che il Pontefice romano, vicario di Christo et perpetuo deffensore della santa fede et della verità che fu Clemente settimo, mandò legato suo il cardinale Ludovico Gorrevodo: qual gionto in Chiamberì l anno 1534 li 15 d aprile usò ogni sorte di diligenza et fece real inquisitione sopra tal fatto et, visitata riverentemente questa Sindone, trovò che era l istessa di prima et non rinovata, né arsa et consumata dal fuoco come la travano gli ugonotti, ma integra et illesa, benché come s è detto nelle piegature, ove non giunge l imagine del Salvatore, alquanto offesa; et di ciò ne fu fatta scrittura authentica in perpetua memoria del sucesso, onde Sua Beatitudine havuta del tutto fidelissima relatione, col consenso del sacro collegio delli illustrissimi cardinali, confermò tutte quelle gratie et indulgenze che dalle altri sommi Pontefici antecessori suoi erano statte concesse a questa pia et sacra Sindone del Salvatore 7. La convinzione che la Sindone avesse poteri taumaturgici era assai diffusa e considerata prova della sua particolare natura. I miracoli ottenuti per suo tramite risultano già citati nel 1506 nelle motivazioni addotte da Carlo, duca di Savoia, nella supplica rivolta al Papa per ottenere la concessione del culto pubblico («propter miracula que in dies inibi ipse dominus noster Iesus Christus circa christifideles huius Sanctae Sindonis devotos operatur») 8, e riportate nella conseguente bolla di 7 T. MAREOTTI, Breve historia et vera come questa Sacra Sindone sia venuta nelle mani della Serenissima Casa di Savoya, con alcuni miracoli di tempo in tempo sino al giorno d hoggi successi, ff. 10v-11r (ASTo, Materie ecclesiastiche, Benefizi di qua dai monti, mazzo 31, n. 23). Il ms. è citato in G. SANNA SOLARO, La Santa Sindone che si venera a Torino illustrata e difesa, Torino 1901, 54, e in E. DERVIEUX, Bibliografia della SS. Sindone di N.S.G.C. venerata in Torino dedicata a s. altezza reale Umberto di Savoia principe di Piemonte, Chieri 1929, 39 (n. 245). L autore del ms. dice solo di essere un padre francescano torinese recatosi a Brescia per predicare la Quaresima 1590 (per mandato del Padre Generale del suo Ordine e con licenza dei duchi di Savoia). Le numerose note a margine, di una mano diversa di poco successiva, lo identificano in «padre Trebatio»: deve quindi trattarsi di padre Trebazio Mareotti da Penna San Giovanni, teologo autore di varie opere, tra cui la predicazione tenuta a Bologna per la Quaresima del 1589 (Discorsi spirituali sopra l oratione dominicale utilissimi a tutti devoti christiani, Torino, A. de Bianchi, 1590); sul Mareotti, a Torino dal 1586 e ivi guardiano del convento nonché professore di Sacra Scrittura proprio dal 1590, oltre che predicatore di corte: F. BALSIMELLI, Il servo di Dio p.m. Trebazio Mareotti, ofm conv. (m. 1599): nota bio-bibliografica, «Miscellanea francescana», 49/2 (1949), 403-13: 405, ove il ms. conservato in ASTo non è citato (mentre si menziona la predicazione quaresimale a Brescia del 1590 cui si riferisce il ms. torinese). Quanto ad altre opere del Mareotti, è noto un volume di preghiere dal titolo De Sindone Christi. De cruce, cfr. O. CIVALLI, Visita triennale, in G. COLUCCI, Antichità picene, Fermo, G.A. Paccaroni 1785, 156 (l opera è citata anche in BALSIMELLI, Il servo di Dio p.m. Trebazio, 411, che trae la notizia da Civalli ma considera le due parti del titolo come relative a opere distinte). Il ms. torinese Breve historia è databile al 1590 innanzitutto perché l autore fa riferimento alla Quaresima di quell anno come a quella appena trascorsa; in secondo luogo, tale datazione concorda con l incrocio dei dati sui vescovi presenti all ostensione di Torino del 1578: per es., all epoca della redazione del ms. risultano defunti i vescovi Domenico della Rovere di Asti e Giovanni Francesco Bonomi di Vercelli (entrambi { 1587: EUBEL, Hierarchia Catholica, III, 121, 330), mentre viene nominato come ancora vivente Ippolito de Rossi di Pavia ({ 1591: ibid., 269). 8 Per la supplica del duca del 9 maggio 1506: P. SAVIO, Ricerche storiche sulla Santa Sindone, Torino 1957, 207-32: 208.

UN CARTEGGIO INEDITO DI SAN CARLO BORROMEO 691 Giulio II, mediante la quale si approvano anche Messa e Ufficio propri della Sindone («propter miracula que in dies inibi Altissimus circa fideles ipsos prefate Sindonis devotos operatur») 9. Dietro a questi due testi, peraltro, c è la mente del domenicano Antoine Pennet, il quale non esita a considerare proprio la grande venerazione da parte del popolo e i miracoli avvenuti durante le ostensioni quali dimostrazioni di autenticità 10. Il primo autore a fornire più sistematici ragguagli sulla questione dei miracoli è Filiberto Pingone 11, lo storico della corte sabauda che nel suo celebre Sindon evangelica attribuisce al Telo ogni sorta di prodigio: Hic mutos loqui, audire surdos, videre cecos, claudos ambulare, lepra affectos mundati, cacodemone vexatos liberari, mortuos denique reviviscere quoties visum est et non semel admiratum: testes sunt fixae ad sacros postes tabulae sive programmata, cartophilacia, codicilli publici: testis universa Europa, cuius cum nulla non tam remota pars huc accurrerit, nullus non voti compos ad suos lares rediit 12. Lo stesso Pingone provvede a una ricostruzione ufficiale delle tradizioni dei diversi miracoli destinata a diventare punto di riferimento anche per gli autori successivi 13 ; al termine della propria opera, Pingone riporta inoltre la lunga lettera, data a Milano il 23 ottobre 1578, nella quale il gesuita Francesco Adorno, narrando del viaggio da poco compiuto da san Carlo per venerare la Sindone a Torino, accenna in modo generico ad alcuni miracoli: Plurima quoque miracula sacri Lintei vim nobilitatemque declarant, que gravissimis certissimisque monumentis testata et Chamberii et Augustae Taurinorum in publicas tabulas relata passim celebrantur 14. 9 Per la bolla di Giulio II in pari data, cfr. ibid., 232-45: 233. Quanto a Messa e Ufficio, citiamo qui in particolare l Officium Sanctae Syndonis sudarium Christi vulgariter nuncupate et per octavas, Camberii, per F. Pomarum, 1571 (ASTo, Materie ecclesiastiche, Benefizi di qua dai monti, mazzo 31, n. 4), sul quale M. BESSON, L Église et l imprimerie dans les anciens diocèses de Lausanne et de Genève jusqu en 1525, Genève 1937, 355. 10 ZACCONE, La Sindone, 156-58; ID., Pietà e liturgia nella storia, inguardare la Sindone. Cinquecento anni di liturgia sindonica, a c. di G.M. ZACCONE - G. GHIBERTI, Cantalupa 2007 (Studia Taurinensia, 23), 119-21. Pennet, correttamente, ha cura di chiarire che i miracoli sono opera di Gesù Cristo nei confronti dei devoti accorsi alle ostensioni, onde evitare un approccio eterodosso alla questione. 11 Su Pingone e il suo fortunato testo: G.M. ZACCONE, Contributo allo studio delle fonti edite sulla Sindone nei secoli XVI e XVII, inla Sindone. Nuovi studi e ricerche. Atti del III Congresso Nazionale di Studi sulla Sindone. Trani, a c. di P. COERO BORGA - G. INTRIGILLO, Cinisello Balsamo 1986, 35-73: 38-41. 12 PINGONE, Sindon evangelica, 20; sugli ex voto nella Sainte-Chapelle: PERRET, Essai, 115. 13 ZACCONE, La Sindone, 155-56. Cfr. per es. J. TONSI, De vita Emmanuelis Philiberti Allobrogum ducis et subalpinorum principis libri duo, Mediolani 1602 (1 a ed. Augustae Taurinorum, apud J.D. Taurinum, 1596), 250-51; A. SOLARO DI MORETTA, Sindone evangelica, historica et teologica, Torino, Cavalleris, 1627, 93. Segnaliamo a parte il manoscritto del francescano Mareotti del 1590 (di cui supra, nota 7), che, se per alcuni dettagli sembra attingere ad altre fonti di difficile identificazione (v. infra, testo corrispondente alla nota 24, oltre a nota 25), sulla questione dei miracoli si basa principalmente su quanto riporta Pingone (MAREOTTI, Breve historia, ff. 11-13). 14 G.A. GUARNERI, Epistola qua peregrinatio ab illustrissimo cardinali Sanctae Praxedis suscepta exponitur cum ad invisendum sacrum Linteum Augustam Taurinorum se contulit, Bergo-

692 A. GROSSI Anche un domenicano di origine milanese della generazione seguente, Camillo Balbiani (o Balliani), poi inquisitore a Torino e confessore di Emanuele Filiberto 15, celebra gli innumerevoli miracoli ottenuti per virtù della Sindone: Ma volete vedere, se Christo viva nella Sindone rispetto alle sue operationi? Considerate che a lei diede potenza e virtù di fare li medesimi miracoli che egli faceva vivendo. Perciò se Christo diede la favella a muti: muti fece parlare la Sindone. Se Christo illuminò ciechi, a ciechi rese il lume la Sindone. Se Christo diede l udito a sordi: sordi fece udire la Sindone. Se Christo donò le forze a stropiati: stropiati sanò la Sindone. Se Christo curò leprosi: molti dalla lepra purgò la Sindone. Se Christo cacciò demonii da corpi humani: che indemoniati non liberò la Sindone? Che più? Se Christo resuscitò morti: a morti la Sindone ritornò la vita. Tutti questi miracoli di questa divina reliquia gli narrano le sue historie, gli mostrano le pitture, gli contengono le tavolette, gli testificono le scritture de voti fatti e resi da quelli che da questo miracolo del mondo hebbero le gratie, i doni e beneficii della sanità o della vista istessa 16. Tralasciando convinzioni e dicerie più vaghe, secondo le quali la Sindone avrebbe preservato Chambéry dalla peste, come sosteneva Antonio De Beatis, segretario del cardinale d Aragona (affermazione peraltro storicamente non corretta) 17, resta il fatto che la fama di reliquia taumaturgica attribuita alla Sindone riposa su un numero limitato di eventi documentati. mi, per C. Venturam, 1579 si noti la precisazione dell autore nella dedica al vescovo di Bergamo: «Verbum pro verbo non reddidi», pubblicata in PINGONE, Sindon evangelica, 57-85 (riferimento ai miracoli: 67); per la versione in italiano, tratta dai documenti originali conservati in Archivio Segreto Vaticano: P. SAVIO, Pellegrinaggio di san Carlo Borromeo alla Sindone in Torino, «Aevum», 7 (1933), 423-54: 433-54. 15 Balbiani, predicatore e teologo milanese, fu inquisitore a Tortona e ad Alessandria, nonché vicario della Lombardia Superiore; morì nel 1627. Cfr. PAOLO MORIGIA, La nobiltà di Milano, Milano, G.B. Bidelli 1615, 284-85; J. QUÉTIF - J. ECHARD, Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, Lutetiae Parisiorum, J.B.Ch. Ballard - N. Simart, 1721, 447-48; B.M. REI- CHERT, Acta capitulorum generalium ordinis Praedicatorum, VI, Romae-Stuttgartiae 1901 (Monumenta Ordinis Fratrum Praedicatorum Historica, 11), 345; ID., Acta capitulorum generalium ordinis Praedicatorum, VI, Romae 1902 (Monumenta Ordinis Fratrum Praedicatorum Historica, 11), 8, 45; P. COZZO, Il clero di corte nel Ducato di Savoia fra XVI e XVII secolo, inl affermarsi della corte sabauda. Dinastie, poteri, élites in Piemonte e Savoia fra tardo medioevo e prima età moderna, a c. di P. BIANCHI - L.C. GENTILE, Torino 2006, 361-86: 370. 16 C. BALBIANI, Ragionamenti sopra la Sacra Sindone di N.S. Giesu Christo, Torino, L. Pizzamiglio, 1618, 254-55; i medesimi concetti vengono poi riassunti e ripresi ibid., 256-57, di nuovo a riprova dell autenticità della reliquia. Il trattato è dedicato a Carlo Emanuele di Savoia, figlio di Emanuele Filiberto. 17 A. CHASTEL, Luigi d Aragona. Un cardinale del Rinascimento in viaggio per l Europa, Roma-Bari 1987, 91. Un epidemia di peste giunse nel 1577 in Savoia e a Chambéry, presumibilmente da Torino: R. DEVOS - B. GROSPERRIN, La Savoie de la Réforme à la Révolution française, Rennes 1985 (Histoire de la Savoie, 3), 127; la peste infuriò a Chambéry nel 1577-78: J.N. BIRABEN, Les hommes et la peste en France et dans les pays européens et méditeranéens, I, Paris 1975 (Civilisations et Sociétés, 35), 384; Correspondence de Théodore de Bèze, 19(1578), pub. par A. DUFOUR - B. NICOLLIER - R. BODENMANN, Genève 1996 (Travaux d Humanisme et Renaissance, 304), 159; diversi casi di peste a Chambéry sono noti nell agosto 1577: L. PERRIL- LAT, La Savoie au coeur de l Europe du XVI e siècle, d après une lettre de Jacques de Savoie, duc de Genevois et de Nemours, inla Savoie dans l Europe (Actes du XXXVIII e Congrès des sociétés savantes de Savoie, Moûtiers, 9 et 10 septembre 2000), Moûtiers 2002, 149-73: 156.

UN CARTEGGIO INEDITO DI SAN CARLO BORROMEO 693 Pingone propone alcuni miracoli avvenuti negli anni immediatamente seguenti il famoso incendio che interessò la Sainte-Chapelle nel 1532: c è il caso della fanciulla inferma di Chambéry, incapace di muovere le membra del corpo e che, portata nel 1533 a pregare al cospetto della Sindone, guarì completamente; o quello del giovane che l anno seguente rimase illeso dopo la caduta da un ponte di quasi 20 metri di altezza che stava attraversando a cavallo, salvato dalle invocazioni rivolte alla Sindone dal padre, che assisteva alla scena 18. Il caso più noto è certamente quello di Battista, il giovane muto (affetto da una grave malformazione alla lingua), che riacquistò miracolosamente la parola dopo la celebre ostensione torinese dell ottobre 1578. Il duca di Savoia Emanuele Filiberto da tempo desiderava condurre la Sindone da Chambéry a Torino, quale coronamento simbolico del trasferimento della capitale sabauda, e vi riuscì finalmente nel settembre di quell anno: il pretesto principale fu quello di abbreviare il viaggio al cardinale Carlo Borromeo, che durante la terribile peste del 1576-77 aveva fatto voto di recarsi a piedi sino a Chambéry per venerare la reliquia quando il morbo fosse cessato 19 ; l altra motivazione addotta per mutare il luogo di conservazione della Sindone fu che, come riferisce Adorno, il Telo «in Ciamberì non pareva molto sicuro, per li continui tumulti delli Hugonotti ne paesi vicini della Francia et Delfinato» 20. La vicenda del muto è narrata innanzitutto da Pingone, che vi dedica un certo spazio in quanto testimone diretto della guarigione del ragazzo, che aveva avuto la lingua «in globo contracta» 21. Le fonti cronologicamente più vicine ai fatti menzionano anche un processo canonico in merito. Da un carteggio tra gesuiti apprendiamo infatti che il giovane, che soffriva perché «la lingua se gli era raddoppiata», si svegliò una notte miracolato («una notte, dormendo, solutum est vinculum linguae eius») e, dopo che si fu confessato presso uno dei padri del collegio di Torino e là comunicato, fu sottoposto a indagini canoniche («del quale miracolo il duca ne ha fatto fare processo») 22. Questo dato è confermato anche da una lettera che France- 18 Dei miracoli in questione riferisce PINGONE, Sindon evangelica, 31-32, che a proposito del giovane che precipita riporta l invocazione «O Sindon sacra o salutis pignusque, arrhaque, filium reserva» (sia detto per inciso, Pingone non è teologicamente sottile quanto Pennet, v. supra, nota 10); i medesimi argomenti sono ripresi in MAREOTTI, Breve historia, ff. 11-12 («O Sindone, o Sindone santa, o pegno et caparra della salute nostra salvami ti prego il figlio, che non ho altro bene al mondo») e in CHIFFLET, De linteis sepulchralibus Christi, 72-73 («O sancta Sindon filium meum serva»). Sulla guarigione della fanciulla storpia nel 1533, cfr. anche BALDI, Discorso intorno à misteri, 49. 19 Cfr. le sintesi contenute in ZACCONE, La Sindone, 166-70 e in NICOLOTTI, Sindone, 131-34. Sulla traslazione della Sindone, cfr. in particolare G. DONNA D OLDENICO, La Sindone nella politica dei Duchi di Savoia e nella considerazione di S. Carlo Borromeo relatore della prima ricerca critica esegetica, «Verbanus», 5 (1984), 215-67: 252-65; P. COZZO, Da Chambéry à Turin: le transfert de la capitale du duché de Savoie au XVI e siècle, inles capitales de la Reinaissance, dir. J.M. LE GALL, Rennes 2011, 165-77: 173. 20 SAVIO, Pellegrinaggio, 439. 21 PINGONE, Sindon evangelica, 33-34; seguono un inno di Michele Gaspare Beltrami («De Baptista muto, virtute Sanctae Christi Sindonis loquellam adepto») e un epigramma, 34-38. Cfr. anche ZACCONE, La Sindone, 156. 22 Lettera di un gesuita (di cui non si conosce l identità) al padre generale Eberhard Mercu-

694 A. GROSSI sco Lino, segretario del duca di Savoia, indirizzò da Torino a Carlo Borromeo il 3 novembre 1578: Monsignor Pingone, referendario di Savoia, ha scritto latinamente il pellegrinaggio di Vostra Signoria illustrissima et tutta questa attione della mostra del santissimo Sudario et credo si mandarà presto in stampa, accompagnandovi il miracolo d un putto mouto, il quale essendo venuto di Savoia a Turino per visitare questa santissima reliquia, ha recuperata la loquela et parla speditamente et se ne fa hora il processo 23. Eccettuati i due riferimenti che abbiamo riportato, non sono tuttavia finora emersi dati più precisi circa il processo, tanto da far pensare che l accertamento canonico dei fatti si sia in qualche modo arenato e non abbia avuto conclusione. Un ulteriore resoconto della medesima vicenda del giovane muto, contenente alcuni elementi originali e che quindi parrebbe attingere anche ad altre fonti, è infine compreso nel già citato manoscritto di padre Mareotti, che risale a dodici anni dopo gli eventi narrati 24. Mettendo a sistema quanto tramandato, pare dunque che il giovane, che per cinque anni anni era vissuto di carità, non essendo in grado di emettere se non ululati scomposti per via di un ingrossamento della lingua, avesse conosciuto Pingone a Spinetta l anno precedente il miracolo; il nobile sabaudo, insieme alla moglie, per compassione lo avrebbe accolto nella sua villa e in seguito, fattosi ormai protettore del ragazzo, lo avrebbe esortato ad affidarsi all intercessione della Sindone dopo avergli raccontato della guarigione, avvenuta anni prima a Chambéry, di una giovane borgognona che presentava un disturbo analogo; il giovane, fatti alcuni voti innanzi alla Sindone (tra cui la promessa di far celebrare una Messa de quinque plagiis e di digiunare per cinque venerdì), una notte si sarebbe svegliato con la lingua sanguinante ma risanata, sciolta e priva di cicatrici; il 28 ottobre avrebbe quindi fatto ritorno a Torino per recarsi dal suo protettore Pingone e presso il Collegio dei Gesuiti di Torino allo scopo di confessarsi e comunicarsi; in grado ormai di parlare, avrebbe preso a lodare Dio, rivelato di chiamarsi Battista e di essere nativo di Chieri, figlio di genitori umili (conosceva il nome del padre, Michele, ma non quello della madre, morta quando era piccolo), e infine di avere sofferto di quell ingrossamento della lingua per complessivi sei anni a seguito, a seconda delle versioni, o rian, da Torino s.d. (post ottobre 1578), cfr. edizione critica del carteggio in F.M. BAUDUCCO, La Sindone di Torino e un manoscritto del sec. XVI, «Sindon», 3 (agosto 1960), 5-12: 7. Bauducco sottolinea l impossibilità di accertare la natura esatta del mutismo che affliggeva il giovane ed esprime riserve sul carattere soprannaturale della guarigione, ibid., 11. 23 Ambr. F 99 inf., f. 58. Sull epistolario di san Carlo Borromeo, conservato a Milano, Biblioteca Ambrosiana: A. TURCHINI, Monumenta Borromaica, I, L Archivio di un principe della Chiesa. Le carte segrete di Carlo Borromeo, Cesena 2006 (sulle lettere ricevute: 139-40, 143; sulle minute: 134-37, 142-43); più in generale: G. DELL ORO, L edizione nazionale dell epistolario di san Carlo Borromeo: progetti, speranze, dubbi, inle reti in rete. Per l inventario e l edizione dell archivio Vallisneri, a c. di I. DAL PRETE - D. GENERALE - M.T. MONTI, Firenze 2011, 133-59. 24 MAREOTTI, Breve historia, ff. 16-17.

UN CARTEGGIO INEDITO DI SAN CARLO BORROMEO 695 del sortilegio compiuto contro di lui da una strega, oppure del contatto con una generica sostanza nociva 25. Per quanto riguarda invece i casi noti di liberazione di ossessi, essi avvennero alla sola vista della Sindone e furono tramandati in modo assai vago, in base a testimonianze generiche e senza alcun appoggio documentario: proprio per questo, il carteggio borromaico in merito all esorcismo del 1578, che riferisce una vicenda che coinvolse l Inquisizione, costituisce una fonte di notevole rilievo. 2. L esorcismo sindonico di Chambéry Innanzitutto, ricostruiamo i fatti così come narrati da Cipriano Uberti nella lettera che scrisse al cardinale Carlo Borromeo il 10 dicembre 1578 (doc. 1). Tutto ebbe inizio nella Ginevra di Giovanni Calvino, quando una dodicenne a cui era stato imposto il nome stesso della città 26 ricevette il battesimo «dal ministro de Geneva». Due gli elementi che attirano immediatamente l attenzione: la menzione del ministro come unico (circostanza che corrobora l ipotesi di identificarla con una fanciulla appartenente alla comunità italiana, come vedremo) 27, e il fatto che avesse già dodici anni, dettaglio che suggerisce una vicenda particolare, probabilmente legata ad ambienti anabattisti. Sappiamo che in quegli anni la Compagnia dei Pastori e il Concistoro vigilavano sull amministrazione del battesimo ai bambini 28 e indagavano accuratamente i casi di bambini non ancora battezzati 29, il cui battesimo era stato dichiarato illecito 25 Nel carteggio gesuita pubblicato in BAUDUCCO, La Sindone di Torino si riferisce che il maleficio avrebbe avuto luogo a Momigliano (Montmélian, importante fortezza sabauda oggetto di rinforzi e restauri qualche anno addietro, cfr. Relazione della corte di Savoia di Andrea Boldù letta in Pregadi il 12 decembre del 1561, ine. ALBERI, Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, s. 2, I, Firenze 1839, 401-70: 419). Secondo Mareotti, invece, il disturbo cominciò dopo la caduta sulla lingua di una goccia di un liquido non specificato; il ragazzo, condotto a Torino ancora fanciullo, sarebbe stato originario della Savoia (e non di Chieri come riferisce Pingone, il che è compatibile con l avvelenamento presso Montmélian riferito dal gesuita e con quanto riportato dal Lino, v. supra, testo corrispondente alla nota 23); il racconto del miracolo sembra dipendere da Pingone; Mareotti riferisce infine che il giovane si recò nella dimora torinese del suo protettore Pingone e non fa alcun cenno né ai contatti con i Gesuiti, né al processo canonico (MAREOTTI, Breve historia, ff. 16-17). 26 Questo nome, all epoca del tutto inconsueto, risulta imposto a una sola fanciulla nell arco di molti anni (v. infra, testo corrispondente alle note 34-37). 27 V. infra, testo corrispondente alle note 36-38. 28 La dottrina calvinista difendeva il battesimo dei bambini, pur negando che da esso dipendesse la salvezza eterna, cfr. E. GRISLIS, Calvin s Doctrine of Baptism, «Church History», 31 (1962), 46-65: 52-53; V. VINAY, Il catechismo di Calvino, 1537, Torino 1983, 58-59; sul caso ginevrino, cfr. in particolare K.E. SPIERLING, Infant Baptism in Reformation Geneva: The Shaping of a Community (1536-1564), Burlington 2005, 31-60. 29 Una delle maggiori preoccupazioni di Calvino era proprio la lotta contro gli Anabattisti, contro i quali scrisse la Briève instruction contre les anabaptistes del 1544: U. GASTALDI, Storia dell Anabattismo. II, Da Münster ai giorni nostri, Torino 1981, 401-12; W. DE GREEF, The Writings of John Calvin, Louisville 2008, 153-55, che rimanda a W. BALKE, Calvin and the Anabaptist Radicals, Grand Rapids 1981; cfr. anche ID., Calvin and the Anabaptists, in The Calvin Handbook, ed. by H.J. SELDERHUIS, Grand Rapids-Cambridge 2009, 146-55: 146-47.

696 A. GROSSI perché amministrato da una levatrice 30, oppure battezzati tardivamente, talora perché illegittimi 31, in altri casi per mancata adesione alla dottrina calvinista o appartenenza, appunto, alle varie correnti dell Anabattismo. I battesimi tardivi, rimandati solo per settimane (qualche volta per banali ragioni pratiche quali l attesa dell arrivo di parenti da fuori città) o addirittura per anni, inducevano il Concistoro a sospettare che le famiglie aderissero alle radicali dottrine anabattiste, secondo le quali si doveva rimandare l amministrazione del battesimo a quando i credenti fossero stati sufficientemente adulti da professare autonomamente e consapevolmente la propria fede; gli Anabattisti condannavano infatti il battesimo dei bambini, ritenendo che essi si salvino comunque, in quanto non ancora in grado di discernere tra bene e male 32. Quanto ai casi di battesimo tardivo esaminati dal Concistoro, basterà qui citare il caso del 1541-42 di una bambina ginevrina che a cinque anni non aveva ancora ricevuto il sacramento: quando infine lo ricevette, a sei anni, il padre fu condannato ad essere imprigionato finché non avesse fornito ulteriori informazioni e fatto pubblica ammenda 33. Il battesimo di una dodicenne è dunque un fatto molto singolare, perché era ben difficile che una bambina potesse sfuggire tanto a lungo alla rigida vigilanza esercitata dalle autorità religiose cittadine: sarebbe invece stato possibile se ella fosse appartenuta a una famiglia di rifugiati, da poco accolti a Ginevra. Questa e altre coincidenze inducono a formulare un ipotesi precisa circa l identità di Genevra. Nei registri di battesimo degli anni in cui la fanciulla dovrebbe aver ricevuto il sacramento 34 figura infatti un unica bambina che porti questo nome: una sola Genevra su quasi 10.000 battezzati nell arco di una quindicina d anni, tra maschi e femmine, significa comunque una su quasi 5.000 35. Si tratta di Genevra Boranga, battezzata nell autunno del 1558, figlia di Bartolomeo, di professione 30 Il battesimo da parte delle levatrici era stato proibito dal Consiglio sin dal 1537: Registres du consistoire de Genève au temps de Calvin, I(1542-1544), par T.A. LAMBERT - I.M. WATT, Genève 1996 (Travaux d Humanisme et Renaissance, 305), 51, nota 233. 31 Il battesimo degli illegittimi poteva avvenire anche in assenza dei genitori, esclusi dalla comunità fino all ammissione del proprio peccato e all accettazione della punizione stabilita: K.E. SPIERLING, Children of the People of God: Infant Baptism in Reformation Geneva, «Bulletin de la Société d Histoire et d archéologie de Genève», 34-36 (2008), 31-54: 49-53; EAD., Infant Baptism, 158-91. 32 Cfr. in particolare SPIERLING, Infant Baptism, 86-91: 50-64. Per gli Anabattisti il battesimo dei credenti era testimonianza del pentimento, della fede nel sangue di Cristo che lava dai peccati e del proposito di camminare in novità di vita e di spirito: U. GASTALDI, Storia dell Anabattismo. I, Dalle origini a Münster (1525-1535), Torino 1972, 93-101. 33 Il 26 ottobre 1541 la questione fu sottoposta al Consiglio, che dispose indagini specifiche, cfr. Registres du consistoire, I, 51 nota 234; una volta accertato un battesimo ritenuto invalido perché praticato alla nascita dalla levatrice, la bambina ricevette il battesimo calvinista e pochi giorni dopo, il 2 maggio 1542, il Concistoro fece arrestare il padre, cfr. ibid., 51 (il caso è discusso in SPIERLING, Infant Baptism, 86). 34 V. infra, testo corrispondente alla nota 49. 35 Controllo effettuato sui battesimi amministrati sia in città, cfr. Archives d État de Genève (d ora in poi AEG), État civil, Répertoire des baptêmes de la ville de A à Z (1550-1563), E.C. rép. 1.1.1 mat, f. 55 (una sola occorrenza), sia nel contado ginevrino, cfr. AEG, État civil, Répertoire des baptêmes protestants de la campagne de A à Z (1542-1700), E.C. rép. 1.20 (nessuna occorrenza del nome Genevra o Genève nell arco di oltre 150 anni).

UN CARTEGGIO INEDITO DI SAN CARLO BORROMEO 697 fornaio, e di sua moglie Isabella, appartenenti alla comunità della chiesa italiana calvinista di Ginevra 36, guidata a quell epoca dal senese Lattanzio Ragnoni 37. L identificazione della nostra Genevra con l omonima Boranga è avvalorata, oltre che dalla singolarità del nome di battesimo, anche dalla circostanza che ella, come riferisce Uberti, era stata battezzata «dal ministro» di Ginevra (doc. 1), non «da un ministro»: si tratta di un dettaglio molto significativo, poiché, mentre i ministri della chiesa ginevrina autoctona erano una decina (e di conseguenza l espressione «dal ministro» non avrebbe avuto alcun senso) 38, il pastore della chiesa italiana era uno solo (il Ragnoni, appunto). Il fatto che proprio una straniera, figlia di eretici veneziani, sia l unica a portare il nome Genevra in un ampio giro d anni sembra potersi interpretare come un omaggio alla città simbolo del Calvinismo da parte di una famiglia italiana che vi aveva trovato rifugio 39. Bartolomeo, nativo di Torcello, ottenne la cittadinanza ginevrina il 21 giugno 1557 (previo consueto giuramento di sottomissione al Consiglio): Bartholomé Boragun, bolengier, filz de feuz Symon Boragun, natif du lieu de Porcille (sic) au pays de Venise 40. 36 «Adi 20 novembre si battezzò una figliuola di Bartolomeo Boranga, fornaio, e di Isabella, sua moglie. Il nome Genevra. Il compare Paulo Arn» (AEG, État civil, Communautés diverses 1, f. 10). Quanto al padrino Paulo Arn, egli era certamente svizzero: il cognome Arn è diffuso soprattutto nel Bernese almeno dalla seconda metà del XVI secolo, cfr. per es. Staatsarchiv des Kantons Bern, Kirchenbücher, Grossaffoltern 1. Taufrodel-Eherodel-Totenrodel (1583-1614); le fonti ginevrine (battesimi, matrimoni e decessi) non contengono altri riferimenti a costui e fanno quindi presumere che abbia in seguito lasciato la città: cfr. AEG, Répertoire des mariages de la ville de A-Z, 1550-1600 (E.C. rép. 2.1); ibid., 1601-1625 (E.C. rép. 2.2); ibid., 1626-1650 (E.C. rép. 2.3); AEG, Répertoires des décès de la ville de A à Z, 1549-1580 (E.C. rép. 3.1); ibid., 1580-1599 (E.C. rép. 3.2); ibid., 1608-1625 (E.C. rép. 3.3 bis); ibid., 1625-1651 (E.C. rép. 3.4). 37 Succeduto nel 1557 al conte bresciano Celso Massimiliano Martinengo, a cui Calvino aveva affidato la chiesa italiana dal 1552, anno della sua fondazione, Ragnoni morì nel 1559, cfr. J.B.G. GALIFFE, Le refuge italien de Genève au XVI me et XVII me siècles, Genève 1881, 144, 157; M. CIGNONI, Messer Lattanzio Ragnoni (1509-1559): dalla Repubblica di Siena alla Ginevra di Calvino, Firenze 2001. Sulla chiesa italiana di Ginevra, oltre al fondamentale GALIFFE, Le refuge italien de Genève, cfr. B. CROCE, Un calvinista italiano: il marchese di Vico Galeazzo Caracciolo. IV. La chiesa italiana di Ginevra, «La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce», 31 (1933), 251-65; E.W. MONTER, The Italians in Geneva, 1550-1600: A New Look, in Genève et l Italie, éd. par L. MONNIER - E.H. BALMAS, Genève 1969, 53-77 (ripubblicato in Enforcing Morality in Early Modern Europe, ed. by E.W. MONTER, London 1987). 38 Il numero dei pastori calvinisti della chiesa ginevrina oscillava in quel periodo tra 8 e 10, cfr. W.G. NAPHY, Calvin and the Consolidation of the Genevan Reformation, New York 1994 2, 78; S. M. MANETSCH, Calvin s Company of Pastors: Pastoral Care and the Emerging Reformed Church, 1536-1609, New York 2013, 2, 38-40 (negli anni 1545-1559 sono tutti francesi tranne uno di origine ignota; i ministri sono elencati in appendice, ibid., 309-16). 39 Sui rifugiati a Ginevra in generale, cfr. E.W. MONTER, Calvin s Geneva, New York 1967, 165-73. Quanto ad altri veneziani accolti a Ginevra in quegli anni, cfr. Livre des habitants de Genève, 1(1549-1560), par P.F. GEISENDORF, Genève 1957 (Travaux d Humanisme et Renaissance 26), 83 (Constantino Spada f. François), 140 (Dominique Maraveglie), 142 (Faustin de Zenone), 147 (Julio Barbaro), 154 (Julian de Salvioni), 191 (François de Forest), 206 (Jehan Balbi), e Livre des habitants de Genève, 2 (1572-1574 et 1585-1587), par P.F. GEISENDORF, Genève 1963 (Travaux d Humanisme et Renaissance 56), 21 (Cesar Bonipart). 40 Cfr. AEG, Registres des habitants (Habitation A1), f. 25v; da qui deve aver tratto la notizia, pur senza citare la fonte, anche GALIFFE, Le refuge italien de Genève, 145 (che se risale alla

698 A. GROSSI Quanto alle vicende successive della famiglia Boranga, i repertori ginevrini (battesimi, matrimoni e decessi) non forniscono altri dati 41 : Bartolomeo e Isabella erano quasi sicuramente già sposati, quando arrivarono a Ginevra, e il silenzio delle fonti negli anni seguenti induce a ritenere che si siano trasferiti altrove, prima o dopo la partenza di Genevra dalla città nel 1578 (né sappiamo, del resto, chi avesse cura di lei all epoca dei fatti). Che la Genevra protetta da Uberti sia proprio Genevra Boranga sembra molto probabile, anche se non è naturalmente possibile dimostrarlo con certezza: se della prima sappiamo che fu battezzata addirittura dodicenne, resta invece ignota l età della veneziana al momento del battesimo, poiché nei registri ginevrini la data di nascita dei bambini non viene mai indicata 42 (diversamente da quanto avviene di norma nei registri di battesimo cattolici, ove, anzi, è possibile verificare se il sacramento è stato amministrato il giorno stesso della nascita non di rado è specificata anche l ora, l indomani o, più raramente, dopo alcuni giorni). Potremmo a questo punto pensare che ella appartenesse a una famiglia di Anabattisti veneziani in fuga negli anni che seguono la repressione causata dal cosiddetto sinodo anabattista del 1550 43 ; risulta inoltre che diversi italiani accolti a Ginevra in quegli anni abbiano dato del filo da torcere a Calvino proprio per divergenze dottrinali imputabili al credo anabattista e a quello antitrinitario. Bartolomeo e Isabella sarebbero dunque giunti a Ginevra nel 1557 con una figlia già grandicella (magari mai battezzata in patria, considerando che secondo quella dottrina il battesimo deve essere amministrato in età adulta) 44, avrebbero accettato per amore o per forza, non possiamo provenienza dei Boranga nonostante la storpiatura di «Torcello» in «Porcille», tuttavia riporta l anno 1556, anziché 1557, e affianca al nome di Bartolomeo quello di Simone senza indicare che è il suo defunto padre). Legge invece «Borague», anziché «Boragun», Geisendorf, cfr. Livre des habitants de Genève, I, 86. Come Borangue è invece effettivamente citato Bartolomeo nel Registre du Conseil del 1557 (cfr. AEG, Registres du Conseil, 53, 188). Al di là di varianti e trascrizioni ginevrine, il cognome originario è senz altro Boranga, tipico di Venezia: sono noti Giovanni, pittore attivo alla fine del XVII sec. e autore di una tela oggi conservata presso il Museo diocesano di arte sacra Sant Apollonia di Venezia (Trasporto di un annegato in piazza S. Marco), e Antonio Maria, teologo cattolico (A.M. BORANGA, Institutiones theologico dogmatico canonico historico morales, Venetiis, S. Occhi, 1766). 41 Cfr. le fonti di cui alla nota 36. 42 Sui registri di battesimo ginevrini: SPIERLING, Infant Baptism, 170-76. La cerimonia avveniva di solito poco dopo la nascita e le puerpere erano spesso esonerate dal parteciparvi, mentre era richiesta la presenza dei padri; i padrini erano quasi sempre presenti (dopo attenti controlli da parte del Concistoro: Calvino stesso risulta essere stato padrino di più di 40 bambini), anche se privi di un ruolo specifico. In generale: SPIERLING, Children of the People of God, 41-47; EAD., Infant Baptism, 112-28. 43 Nella documentazione superstite del Sant Uffizio veneziano non risultano processi inquisitoriali a carico di alcun Boranga, cfr. Archivio di Stato di Venezia, Savi all eresia (Santo Ufficio), indice 303 (ex 199 II); né alcun Boranga figura tra i nomi denunciati da Pietro Manelfi all inquisitore di Bologna nel 1551, cfr. C. GINZBURG, I costituti di don Pietro Manelfi, Firenze- Chicago 1970 (in partic. 48-49, 67, 69-70 per i nomi di alcuni luterani e anabattisti veneziani). Sull Anabattismo italiano: GASTALDI, Storia dell Anabattismo. 2, 531-90; sulla complessa vicenda degli anabattisti veneti: A. STELLA, Dall anabattismo al socinianesimo nel Cinquecento veneto, Padova 1967, 63-83, 94-120; ID., Anabattismo e antitrinitarismo in Italia nel XVI secolo, Padova 1969, 38-44, 64-72; ID., Dall Anabattismo veneto al Sozialevangelimus dei Fratelli Hutteriti e all Illuminismo religioso sociniano, Roma 1996 (Italia sacra, 54), 93-106. 44 Il dato non è verificabile: i più antichi registri parrocchiali pervenuti per Torcello (catte-

UN CARTEGGIO INEDITO DI SAN CARLO BORROMEO 699 saperlo di entrare nella chiesa italiana calvinista di Ginevra 45 e avrebbero infine fatto battezzare la fanciulla «dal ministro», cioè dal pastore Ragnoni 46. Il tutto, si intende, dopo essere stati sottoposti alle necessarie verifiche da parte delle autorità religiose: i Calvinisti erano assai sospettosi nei riguardi degli stranieri in genere e della turbolenta comunità italiana in particolare, tanto che i membri di quest ultima furono convocati alla presenza di Calvino nella primavera del 1558 perché aderissero alla confessione di fede 47 stilata da lui stesso e da Ragnoni. Ed è proprio a tale confessione che devono essersi necessariamente conformati anche i genitori di Genevra Boranga, così da consentire il battesimo della fanciulla alcuni mesi più tardi, nel novembre di quello stesso 1558 48. Un ulteriore elemento che sembra corroborare l ipotesi che Genevra e l omonima Boranga siano la stessa persona è costituito dal fatto che dopo l esorcismo di Chambéry la donna, anziché la via della Francia, abbia preso quella dell Italia. Infatti, mentre la Francia in particolare le diocesi di St-Jean-de Maurienne e Grenoble sarebbe stata la scelta più logica per una ginevrina, anche perché esorcizzata e spinta alla conversione al Cattolicesimo da due ecclesiastici entrambi francesi, l Italia appare la destinazione più naturale per la figlia di italiani rifugiati in Svizzera per ragioni confessionali (ragioni che per lei, in procinto di convertirsi, non sussistevano più e quindi non compromettevano il suo ritorno al luogo di origine); Genevra si convertì in Piemonte e trovò rifugio a Milano, ma non possiamo escludere che fosse sua intenzione dirigersi oltre, forse appunto verso Venezia (come non possiamo escludere che ciò sia infine avvenuto, in anni successivi). In ogni caso, le disgrazie di Genevra erano cominciate pochi giorni dopo aver ricevuto il battesimo calvinista, quando iniziò a manifestare sintomi di una possessione diabolica che la attanagliò per molti anni: 27 secondo la ricostruzione di Uberti, da ridurre a 20 se davvero si tratta di Genevra Boranga 49. Proprio questo drale di S. Maria Assunta) risalgono solo alla fine del XVII sec. (cfr. Archivio Storico del Patriarcato di Venezia). 45 Membri delle diverse comunità dei rifugiati a Ginevra, specialmente italiani, francesi e inglesi, oltre ad alcuni anabattisti convertiti, aderirono spontaneamente alla rigida disciplina ecclesiastica del Concistoro: R.M. KINGDON, Les supporteurs de la discipline ecclésiastique à Genève au temps de Calvin, indire l interdit: The Vocabulary of Censure and Exclusion in the Early Modern Reformed Tradition, Leiden 2010, 169-78: 177-78). Il Calvinismo, sostiene Gastaldi, in alcuni casi era un buon antidoto contro la diffusione dell Anabattismo: a parte alcune profonde divergenze dottrinali e la questione del battesimo, faceva comunque leva su alcuni temi comuni come intensa pietà, responsabilità individuale, rigorismo etico e disciplina ecclesiastica (GASTALDI, Storia dell Anabattismo. 2, 412). 46 V. supra, nota 37. Si noti che il padrino di Genevra è uno svizzero, Paulo Arn, v. supra, nota 36 (forse perché, rispetto a un italiano, offriva migliori garanzie di ortodossia dottrinale?). 47 GALIFFE, Le refuge italien de Genève, 28; STELLA, Anabattismo e antitrinitarismo, 146. Sulla confessione di fede del 18 maggio 1558, cfr. G.H. WILLIAMS, The Radical Reformation, Kirksville 1992 3, 975; R. PETER - J.F. GILMONT, Bibliotheca Calviniana: Écrits théologiques, littéraires et juridiques, 1555-1564, Genève 1994 (Travaux d Humanisme et Renaissance, 281), 824. 48 I casi di anabattismo esaminati dal Concistoro in questo periodo riguardano invece svizzeri come Antoine Luchet (15 aprile 1557) e Jean Perigort (29 aprile 1557): AEG, Registres du Consistoire, 12, ff. 32v e 39v. 49 Negli anni di cui trattiamo risultano casi di accuse di blasfemia e perfino di satanismo: cfr. per es. il caso del dodicenne Jean Boulier (peraltro figlio di un pastore), che, interrogato in