UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA Ufficio Stampa Rassegna Stampa Roma 7 marzo 2017 Argomento Testata Titolo Pag. Università Gazzetta del Mezzogiorno Palese: Meno fondi alle Università del Sud il governo di contraddice sul Mezzogiorno 2 Università Avvenire Piccoli atenei, 3 italiani nella top-ten mondiale 3 Università Il Foglio Primato dell italiano? 4-5 Università Scuola24 Donne più brave negli studi, ma penalizzate nel lavoro 6 Università CorrieredellaSera.it Università, donne nelle commissioni dei concorsi penalizzano le candidate 7-8 Sport e salute la Repubblica Com è bello andar sulla mia cyclette 9-10 Sport e scienza la Repubblica Pensaci e cammina grazie al robot 11-13
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STUDENTI E RICERCATORI Donne più brave negli studi, ma penalizzate nel lavoro Donne più brillanti negli studi e più penalizzate nel lavoro, a partire dalla retribuzione. I rapporti Almalaurea e Almadiploma 2016 appena pubblicati confermano che le donne, nella quasi totalità dei percorsi di studio, continuano ad avere performance migliori rispetto ai loro colleghi uomini, sia in termini di regolarità negli studi che di voti, ma sul mercato del lavoro scontano ancora un forte divario in termini non solo occupazionali e contrattuali, ma anche e soprattutto retributivi. Tra i laureati del 2015, dove è nettamente più elevata la presenza della componente femminile (60%), la quota delle donne che si laureano in corso è superiore a quanto registrato per i loro colleghi, il 48% contro il 44% degli uomini e il voto medio di laurea è uguale a 103,2 su 110 per le prime e a 101,1 per i secondi. Il rapporto 2016 sulla condizione occupazionale dei laureati registra ancora una volta significative e persistenti disuguaglianze di genere, mostrando che tra i laureati magistrali, a cinque anni dal conseguimento del titolo, le differenze di genere si confermano significative e pari a 10 punti percentuali: lavorano 80 donne e 90 uomini su cento. E a un lustro dal titolo il lavoro stabile diventa una prerogativa tutta maschile: può contare su un posto sicuro, infatti, il 78% degli occupati e il 67% delle occupate. In particolare, ha un contratto a tempo indeterminato il 48% delle donne rispetto al 58% degli uomini. È naturale che queste differenze siano legate anche alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne; le seconde, infatti, tendono più frequentemente ad inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell'insegnamento, notoriamente in difficoltà nel garantire, almeno nel breve periodo, una rapida stabilizzazione contrattuale. Le differenze di genere si confermano anche dal punto di vista retributivo. Tra i laureati magistrali che a cinque anni lavorano a tempo pieno emerge che il differenziale è pari al 20% a favore dei maschi: 1.624 euro contro 1.354 euro delle colleghe. 07/03/2017 6
06/03/17 Eva contro Eva. Se la rivalità tra donne è antica quanto il mondo, ora ha anche una misura scientifica. Uno studio che sarà pubblicato ad aprile su The American Economic Review analizza l operato delle commissioni chiamate a valutare candidati per l abilitazione scientifica nazionale in diversi concorsi e conclude che la presenza di commissari di sesso femminile spesso penalizza le donne. Lo studio Lo studio, condotto da Mauro Sylos Labini del dipartimento di scienze politiche dell Università di Pisa insieme a Manuel Bagues e Natalia Zinovyeva dell Università Aalto di Helsinki ha preso in esame tre diversi concorsi: quello che si è svolto in Italia nel 2012 e quelli indetti in Spagna nel 2002 e nel 2006. In totale, 100 mila domande presentate e 8 mila commissari coinvolti per scegliere chi poteva diventare professore associato e ordinario e quindi progredire nella carriera accademica e della ricerca. Meno chance La presenza di donne non aiuta a promuovere le donne, anzi. «È emerso - spiega Sylos Labini - che in Italia le donne hanno una probabilità leggermente inferiore di essere promosse rispetto agli uomini di circa 1.5 punti percentuali, con una differenza più marcata negli esami per professore associato e nelle discipline sociali e umanistiche. Se però la commissione è composta anche da donne, la probabilità di promozione delle candidate si riduce». I ricercatori hanno quantificato le «chance in meno» delle candidate: un commissario donna in più diminuisce di circa 1.8 punti percentuali la loro probabilità di ottenere l abilitazione. Il metro di giudizio Il motivo, secondo i ricercatori, è da attribuirsi a «un diverso metro di giudizio adottato complessivamente da tutta la commissione quando include commissari di entrambi i generi». «Una spiegazione plausibile - sottolinea Sylos Labini - è che in assenza di donne i commissari sentano l obbligo morale di esprimere giudizi più favorevoli (o forse meno discriminatori) nei confronti delle candidate, mentre la presenza di colleghe in commissione fa venir meno questo effetto». Quote rosa, sì o no? I dati sono in controtendenza rispetto a un altra ricerca, del 2015 (condotta da Daniele Checchi, Simona Cicognani e Nevena Kulic), che concludeva invocando «un importante intervento politico, come potrebbe essere l introduzione di quote di genere nelle commissioni scientifiche», per aiutare le donne a proseguire una carriera nel mondo accademico italiano. In quell occasione, i ricercatori 07/03/2017 7
avevano trovato «evidenza del ruolo positivo della presenza di un commissario donna in tutte le commissioni sulla probabilità di una candidata di vincere un concorso e compensare in questo modo lo svantaggio iniziale». «In tutti i casi in cui vince un candidato uomo non sono presenti donne in commissione, mentre in presenza di almeno un commissario donna il concorso viene vinto da un candidato donna una volta su tre - scrivevano gli autori -. Questi risultati mostrano un ruolo positivo delle quote di genere nelle commissioni di selezione per promuovere le ricercatrici nell ambiente della ricerca, nonostante vadano valutate le conseguenze negative di una politica di questo tipo in casi specifici». Barriera Proprio il contrario delle conclusioni di Sylos Labini, che sostiene: «Quello è chiaro è che, almeno in questo ambito, le quote rosa nelle commissioni non sembrano una buona idea. Secondo le nostre stime, quote di genere del 40% impedirebbero a circa 500 ricercatrici di ottenere l abilitazione». 07/03/2017 8
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