12 Dossier Biomasse Il dossier di questo mese propone due articoli estratti da altrettanti libri sulle biomasse di recente pubblicazione e attualmente disponibili in rete: Biomasse legnose: Petrolio verde per il teleriscaldamento italiano di FIPER, Ramponi Arti grafiche S.r.l. Editore. Il libro esplora le potenzialità economiche del legname e dei suoi cascami derivanti da un accurata gestione del bosco percorrendo, un capitolo alla volta, le diverse tappe di trasformazione del petrolio verde italiano in biomassa legnosa, attraverso un processo sostenibile. Il pellet di A. Guercio e G. Toscano, Flaccovio Editore. Il libro analizza la situazione del mercato del pellet a livello globale, mettendo in luce le problematiche che devono essere attualmente affrontate e risolte in Italia al fine di sfruttare al meglio e in maniera sostenibile questa risorsa. Esso suggerisce anche alcuni spunti per una corretta utilizzazione del pellet e ne illustra i possibili usi cogenerativi e industriali. LE EMISSIONI INQUINANTI DA BIOMASSA Introduzione Il rilascio in atmosfera di sostanze dovute alla combustione, le cosiddette Emissioni Inquinanti, è un processo complicato che tiene in conto parecchi fattori, tra i quali possiamo evidenziare: il tipo di combustibile utilizzato la tipologia di focolare utilizzato i sistemi di abbattimento impiegati le procedure di gestione impiegate (il Manuale di Gestione) Solo la considerazione di tutti questi fattori determina la reale emissione di un sito, sia esso industriale o civile. Le tipologie di combustibile e di inquinanti rilasciati Le sostanze che vengono utilizzate come combustibile sono numerose, e le principali sono: Di origine fossile: o Carbon Coke o Petrolio o Olio Combustibile Denso (OCD) ad alto, medio o basso tenore di zolfo o Gasoli o benzine o Gas Propano Liquido o Gas Metano Domenico Cipriano - RSE Articolo tratto dal libro Biomasse legnose: Petrolio verde per il teleriscaldamento italiano di FIPER Di origine biogenica: o Carbone di legna o Legna o cippato o Pellet FIGURA 1 - Schema sul meccanismo di generazione delle emissioni inquinanti
IL CTI INFORMA 13 FIGURA 2 - Impatto dei diversi combustibili o Residui colturali o Etanolo e distillati similari o Biometano La differenza tra queste due famiglie deriva dal fatto che la prima provoca un aumento della CO2 in atmosfera perché utilizza nel processo di combustione carbonio che risultava sequestrato nel sottosuolo, mentre la seconda utilizza carbonio derivante direttamente dal processo fotosintetico, e che quindi non altera il contenuto di CO2 totale in atmosfera. Nessuna altra differenza è invece legata agli altri inquinanti. I principali inquinanti che vengono rilasciati dalla combustione, ed i principali processi che portano alla loro formazione, sono i seguenti: Ossidi di azoto (NOx): sono prevalentemente formati dall ossidazione dell azoto atmosferico, in quanto il contenuto di azoto nel combustibile è di solito limitato. La formazione di NOx avviene tanto più velocemente quanto la temperatura è alta, e dipende assai poco dalla natura del combustibile. Ossidi di zolfo (SOx): al loro concentrazione dipende dal contenuto di zolfo nel combustibile, che viene ossidato ad SO2 (o SO3, in quantità di solito inferiore). Monossido di carbonio (CO): è un prodotto intermedio della combustione del carbonio, che invece di arrivare a CO2, può fermarsi a metà strada. Non è caratteristico, se non in minima parte, del combustibile, ma di come la combustione sia svolta. Acido cloridrico (HCl): dipende dal contenuto di cloro contenuto nel combustibile, seppur ci siano anche altri fattori Polveri: le polveri, siano esse totali o PM10 (le cosiddette polveri fini), si generano a seguito di fenomeni molto complessi, di cui daremo una brevissima introduzione, ma in linea di massima hanno concentrazioni molto alte se il combustibile è solido, medie con i liquidi e basse con i gas, anche se ciò non è sempre vero. Uno dei fenomeni per cui si generano è che i composti che non partecipano alla combustione (si pensi al silicio ed al calcio, prevalentemente) vengono strappati via dai gas che si generano nella fiamma e trascinati via. Un altro meccanismo è legato al fatto che, durante la combustione, parte delle sostanze organiche complesse sono trascinate via dai i gas di combustion prima che abbiamo finito di bruciare, e una volta allontanate dalla fiamma non hanno più la temperatura necessaria per completare il processo, che quindi porta alla formazione di residui (di solito carboniosi e di origine organica) che spesso sono anche solidi e ricadono nella categoria delle polveri. Come importante eccezione alla regola generale, si consideri il caso del nerofumo, che viene prodotto in grandi quantità pur partendo da composti gassosi. Carbonio organico totale (COV): tali composti derivano prevalentemente dalla combustione non completa del combustibile, dove molecole organiche complesse non riescono ad essere interamente distrutte e fuoriescono nell ambiente. Il meccanismo di formazione è lo stesso mostrato per le polveri. Nella figura 1 è possibile vedere i principali combustibili normalmente impiegati oggigiorno ed il loro impatto emissivo per i vari aspetti, dividendoli tra alto, medio e basso. È stata aggiunta una riga per i rifiuti solidi urbani (RSU) al fine di poter fare un confronto, visto il loro utilizzo a fini energetici. Nel caso particolare della combustione di biomassa,
14 questa è assimilabile di fatto alla combustione di legna vergine, ed i principali inquinanti emessi sono polveri ed idrocarburi (COV); il contenuto di CO è importante solo in caso di cattiva combustione, mentre le emissioni di gas acidi (HCl ed SO2) è trascurabile. Ovviamente la combustione di biomassa genera CO2, ma è opportuno ricordare che questa risulta neutra (ovvero nulla) rispetto all incremento della CO2 in atmosfera in quanto viene rilasciato quanto è stato assorbito dalle piante durante il loro ciclo di vita, e risulta ininfluente rispetto all equilibrio naturale. I tipi di focolare Per avere combustione è necessario che siano presenti tre diversi attori, secondo quello che comunemente si dice il triangolo del fuoco : 1. Combustibile 2. Aria comburente 3. Calore (temperatura) essere suddivise, per i nostri scopi, in tre famiglie: 1. Impianti a ventilazione naturale 2. Impianti a ventilazione forzata 3. Impianti a ventilazione ottimizzata Ricadono tra gli impianti a ventilazione naturale i caminetti, le cucine economiche, le caldaie più economiche. Si basano sul principio che i gas di combustione, essendo caldi, hanno una densità minore rispetto all aria ambiente e tendono naturalmente a salire, generando il cosiddetto effetto camino. In questo modo nella zona del focolare si viene a creare una depressione che tende richiamare aria fresca dall esterno, necessaria a mantenere la combustione, senza la necessità di nessun altro meccanismo. Questa semplicità, che ha reso questa la soluzione tecnica più utilizzata in assoluto dall Umanità, è quella che Solo quando questi tre fattori sono presenti contemporaneamente, ovvero nello stesso spazio ed allo stesso tempo, la combustione può avere luogo, e se anche uno di questi attori viene a mancare, anche di poco, il processo si interrompe, con esiti che possono essere molto diversi tra loro. Al fine delle emissioni questo discorso è di estrema importanza perché è ormai assodato che qualunque combustibile, se lasciato in presenta di alte temperature e di ossigeno per un tempo sufficiente, viene ridotto ad FIGURA 3 - Schema di combustione in camera aperta ossidi elementari (acqua e CO2, prevalentemente, ma anche NOx ed SO2) che seppur FIGURA 4 - Schema di combustione con ventilazione forzata considerati inquinanti, hanno i minori pericoli per la salute. Una combustione parziale, invece, porta alla formazione di CO, sostanze organiche complesse (ovvero composte da più atomi di carbonio ed idrogeno) e polveri che sono molto più tossiche e pericolose e i cui effetti dannosi sono assodati. Per tale motivo non ci può esimere dal considerare le tecnologie con cui vengono utilizzati i vari combustibili; queste possono
IL CTI INFORMA 15 Con queste tecniche si riesce facilmente a ridurre la formazione di NOx, CO, COV e polveri fino ed oltre 10 volte rispetto alla soluzione a ventilazione naturale. Le soluzioni più moderne sono quelle dette a ventilazione ottimizzata, nelle quali l intero ciclo di combustione avviene in un ambiente chiuso, e i gas generati vengono fatti ricircolare nel focolare, al fine di avere un controllo ancora più accurato di temperatura e velocità, riducendo ulteriormente di altre 10 volte i livelli di NOx, CO ed incombusti FIGURA 5 - Schema di impianto a combustione ottimizzata rispetto alla soluzione a ventilazione forzata. Il prezzo da pagare è naturalmente dato useremo riferimento per confrontare le successive. dalla maggiore complessità dell impianto, che richiede Gli impianti a ventilazione forzata sono invece costituiti una tecnologia non banale e sicuramente più costosa da un focolare che è ermeticamente chiuso, e l aria di combustione viene immessa a pressione attraverso un ventilatore e delle serrande di controllo. È possibile controllare con accuratezza il contenuto di ossigeno all interno del focolare, potendo accelerare la combustione immettendo più aria, o rallentarla, diminuendola. In questo modo è possibile regolare la temperatura e la velocità di combustione per avere sempre valori pressoché ottimali. Nella combustione naturale la quantità di aria è di solito molto maggiore di quella che è necessaria a causa del trascinamento creato dall effetto camino, e questo FIGURA 6 - Valori di inquinanti in aria ambiente porta a fiamme molto calde e molto concentrate (si (Fonte: Arpa Lombardia) pensi ad esempio ad un falò di legna), e si dà vita ad FIGURA 7 - Schema di funzionamento di filtro una forte corrente collettiva composta da gas combusto a maniche ed aria. L alta temperatura permette la formazione di notevoli quantità di NOx, mentre l alta velocità dei gas non dà il tempo a tutto il combustibile di bruciare completamente, trascinando molte particelle incombuste e molte molecole di CO. Nelle caldaie a ventilazione forzata, controllando invece la quantità di aria immessa, si diminuisce la reattività della fiamma, che si presenta più estesa ed omogenea, con forte riduzione degli NOx e, soprattutto, con una decisa riduzione nella produzione di CO ed altri incombusti per merito della ridotta velocità dei gas all interno della camera stessa. La temperatura risulta, inoltre più uniforme con grande vantaggio per l utilizzo dell energia generata.
16 come investimenti, oltre che una manutenzione molto accurata. I sistemi di abbattimento Questi dispositivi, come è ben facile capire dal loro nome, hanno lo scopo di ripulire i gas emissivi prima che questi vengano liberati in atmosfera. Ne esistono di vari tipologie, e di seguito sono illustrate le più utili per gli impianti termici. I Filtri a maniche sono costituiti da FIGURA 8 - Tabella riassuntiva dell influenza di vari combustibili lunghi tubi di tessuto, di solito posti e sistemi di abbattimento sulle emissioni finali in verticale, al cui all interno sono spinti i gas. Questi, passando attraverso i pori del (NH2)2CO), secondo lo schema: NO + NH3 + O2 = tessuto, rilasciano al suo interno la pressoché interezza N2 + H2O delle polveri presenti (sono di fatto degli enormi sacchetti da aspirapolvere ), mantenendo allo scarico una valori di NOx (fino al 75%) ma necessitano di ammo- Questi dispositivi permettono una grossa riduzione dei concentrazione compresa tra 0,1 e 0,3 mg/m3, ovvero niaca, che, seppur in minima parte, viene rilasciata compresa tra 100 e 300 ug/m3, valori anche inferiori in atmosfera. Inoltre sono costituiti da metalli nobili alle concentrazioni spesso misurate in aria a Milano (palladio, rodio e similari) che devono promuovere le (fonte Arpa Lombardia). Si consideri che in molti casi la reazione per via catalitica, e che devono essere accuratamente gestiti perché abbastanza inquinanti. riduzione di poveri emesse, rispetto al caso di assenza di filtrazione, può arrivare al 99.9% (ovvero del 999 Concludiamo questa brevissima carrellata con gli abbattitori di ossidi acidi (DeSOx). Oltre all utilizzo in tal per mille). Questi dispositivi rappresentano così lo stato dell arte senso dei filtri a maniche con carbone attivo, come già nella depolverazione, sono relativamente economici illustrato, di solito il principio sfruttato è la cattura in ed abbastanza affidabili, anche se non sempre diffusi ambiente umido e la successiva ossidazione. I sistemi come sarebbe auspicabile. di abbattimenti sono delle torri in cui i fumi vengono Oltre alla filtrazione delle polveri, questi dispositivi lavati da una pioggia di acqua, o acqua e soda, e possono essere impiegati per abbattere altri inquinanti; i composti a base di zolfo e cloro si vengono disciolti questo è fatto aggiungendo ai gas di scarico, prima del ed intrappolati nell acqua, diventando cloruri e solfati. filtro stesso, specifici carboni attivi. Ciò perché si viene Questi dispositivi sono molto efficienti e relativamente a creare, lungo la manica, uno strato di polvere che i semplici, anche se difficilmente trovano utilizzo negli gas devono attraversare. In questo modo, scegliendo impianti a biomassa visto il tesso tenore di zolfo e cloro opportunamente il tipo di carbone è possibile ridurre il che di solito si ha nel combustibile. contenuto di microinquinanti organici, metalli, diossine A titolo di esempio, riportiamo una tabella in cui sono o composti acidi utilizzando una tecnica tutto sommato mostrate le varie soluzioni tecniche fin qui illustrate ed semplice. il loro impatto sulla riduzione dei principali inquinanti I sistemi per la riduzione degli ossidi di azoto (detti generati dalla combustione. comunemente DeNOx) si basano su particolari reazioni chimiche che ritrasformano gli ossidi di azoto (NO ed Il Manuale di Gestione NO2) in azoto atmosferico ed acqua. Per svolgere questa reazione si inietta ammoniaca (NH3) (a volte urea in rateo di massa (ad esempio tonnellate per anno), Se si esprimono le emissioni non in concentrazione, ma si
IL CTI INFORMA 17 può facilmente scoprire che più del 50% delle emissioni totali non viene rilasciato durante le normali operazioni dell impianto (quando funziona, ad esempio, a piena potenza), ma durante periodi detti di transitorio, ovvero partenze, fermate o guasti. Ironia della sorte, spesso tali operazioni non sono soggette a limite proprio a causa del loro carattere che dovrebbe essere eccezionale, ma che spesso così non è. Altro fattore molto importante, soprattutto nel caso di uso di biomasse, è la modalità con cui il combustibile è preparato, trasportato e conservato prima del suo utilizzo. Possiamo riportare un classico esempio, a volte però poco noto: se la biomassa, dopo esser cippata, viene conservata a lungo in ambienti caldo-umidi ed entra a contatto con il terreno, è probabile che inizi un processo di digestione che, assieme ai residui di terreno, ricci di silicati e calcio, portano alla formazione durante la combustione di grandi quantità di ceneri. In alcuni casi, verificati sperimentalmente, la concentrazione di polveri è passata da 50mg/Nm3 ad oltre 1000 mg/m3 a parità di ogni altra condizione. Da ciò si evince che una grande ricaduta sulle emissioni hanno anche le procedure che il gestore segue per far funzionare l impianto, contenute nel cosiddetto manuale di gestione. Una gestione accurata dell impianto, limitando, ad esempio, il numero delle accensioni o preriscaldando FIGURA 9 - Estratto dal D.Lgs 152/06 l impianto con gas metano prima di immettere legna, così come una corretta preparazione del cippato, possono ridurre di molto (fino oltre il 50% in alcuni casi) le emissioni totali, a parità di energia prodotta e combustibile utilizzato. I limiti delle emissioni Le emissioni di impianti termici a biomassa sono regolati a livello nazionale dal Dlgs 152/06 (Parte V, Allegato IX), di cui alleghiamo un estratto. C è da notare che il limite per il COT non è dato, e ciò non implica che sia nullo, anzi, non viene limitato. I valori espressi sono genericamente alti, e facilmente, negli impianti moderni, è possibile operare ben sotto di questi. A puro titolo di esempio, si può valutare l impatto emissivo di un impianto termico che produca 10 MW termici (una normale caldaia da teleriscaldamento, pari al fabbisogno di circa 400/500 famiglie). Ipotizziamo un funzionamento di 3000 ore/anno, pari a 108000GJ, trascurando, per semplicità di discorso, le perdite. Se realizzata con tecnologia con tecnologia a ventilazione forzata, senza particolari sistemi di abbattimento, i valori di emissioni sarebbero 1 : 1. Polveri: 50mg/m3, pari a 54.000 Kg/anno 2. Ossidi di Azoto: 200mg/m3, pari a 216.000 Kg/ anno 3. Ossidi di Zolfo: trascurabili 4. Monossido di Carbonio: 300 mg/m3, pari a 324.000 Kg/anno Se per lo stesso impianto venisse impiegata legna di cattiva qualità, le emissioni possono diventare: 1. Polveri: 550mg/m3, pari a 594.000 Kg/anno 2. Ossidi di Azoto: 100mg/m3, pari a 108.000 Kg/anno 3. Ossidi di Zolfo: trascurabili 4. Monossido di Carbonio: 400 mg/m3, pari a 432.000 Kg/anno Utilizzando, invece, legna di buona quali- 1 Simulazione basata su valori sperimentali
18 FIGURA 10 - Riassunto di fattori di emissione per diversi combustibili (Fonte: Arpa Lombardia) tà, un sistema di ventilazione ottimizzata ed un sistema di filtri a maniche, le stesse emissioni sarebbero: 1. Polveri: 0.5mg/m3, pari a 540 Kg/anno 2. Ossidi di Azoto: 200mg/m3, pari a 216.000 Kg/ anno 3. Ossidi di Zolfo: trascurabili 4. Monossido di Carbonio: 5 mg/m3, pari a 5.400 Kg/anno Questi ultimi valori sono assolutamente in linea con quelli, e forse anche leggermente inferiori, che si possono ottenere utilizzando GPL. Risultano solo più alte rispetto al metano, che avrebbe un emissione di polveri di circa 210 Kg/anno. A titolo, sempre, di esempio, se volessimo realizzare lo stesso risultato (ovvero la produzione di 10MW di calore) utilizzando una serie TABELLA 1 di classici caminetti, e supponendo di utilizzare unità da 5 kg/ora (pari a circa 20 kw lordi), si ottiene che le emissioni TOTALI sarebbero: 1. Polveri: 300mg/m3, pari a 125.000 Kg/anno 2. Ossidi di Azoto: 100mg/m3, pari a 42.000 Kg/anno 3. Ossidi di Zolfo: trascurabili 4. Monossido di Carbonio: 700 mg/ m3, pari a 292.000 Kg/anno. Ovviamente, però, nel caso dell utilizzo di combustibili fossili, questi emettono CO2 fossile, aumentando l effetto serra globale, a differenza delle biomasse. Come si può vedere, nei vari casi, pur utilizzando lo stesso combustibile, si possono ottenere differenze molto marcate (per le polveri si va dal caso peggiore di 590.000 Kg/anno a 540kg/anno). L emissione di NOx rimane pressoché costante, e del resto varia poco anche per gli altri combustibili, perché dipende sostanzialmente dall utilizzo di aria ambiente e difficilmente può scendere al di sotto di 100/150 mg/m3 in quanto i sistemi DeNOx possono essere impiegati solo in impianti di grossa taglia (>>10MW) a causa dei loro costi. Possiamo quindi riassumere le valutazioni fatte fino ad ora in una tabella riassuntiva (Tabella 1), che esprime il contenuto totale di inquinanti emessi per un totale di 10MW di calore prodotti. Molto si può fare, invece, sul fronte del CO e degli incombusti, che sono il tallone d Achille dell uso delle biomasse, che possono essere pressoché eliminati con la scelta di caldaie moderne e di un sistema di abbattimento a maniche, con eventuale aggiunta di carboni attivi per gli impianti di taglia maggiore (>2MW).
IL CTI INFORMA 19 LA COGENERAZIONE PER LA SOSTENIBILITÀ DELLA PRODUZIONE DEL PELLET Alessandro Guercio Giuseppe Toscano - toscano@cti2000.it Articolo tratto dal libro Il pellet di A. Guercio e G. Toscano - Edito da Flaccovio Editore Gli Autori di Il pellet propongono nel libro una serie di riflessioni sugli aspetti di sostenibilità della produzione del pellet: Il mercato del pellet combustibile è in continua evoluzione: la standardizzazione del prodotto e lo sviluppo normativo lo hanno reso disponibile in un mercato globale facendolo diventare una nuova commodity. La crescita dei consumi in Europa e in modo particolare in Italia è costante. A fronte di un consumo crescente, però, si assiste nel nostro paese ad un calo della produzione, perdendo così l opportunità di sviluppare importanti economie locali legate al territorio. Questa tendenza può e deve essere invertita, in maniera sostenibile, con l impegno e la volontà di tutti gli attori della filiera, con la valorizzazione delle risorse forestali e degli scarti agricoli e attraverso una nuova visione politica. La produzione del pellet comporta un notevole consumo di energia sia elettrica, per tutti i processi di macinatura, movimentazione e trasformazioni fisiche del materiale, sia termica, per essiccare la materia prima in ingresso al fine di abbassarne il contenuto di umidità fino ai valori richiesti. Di qui la necessità di individuare soluzioni che mirano a contenere i consumi ed ottimizzare le risorse energetiche. La cogenerazione appare il processo che in combinazione con la produzione di pellet soddisfa queste esigenze di carattere energetico, economico ed ambientale. Una prima soluzione, operata da diversi impianti di pellet, prevede l applicazione della cogenerazione a servizio della produzione di pellet. Il ricorso a questo processo avviene con biomasse residuali di minore qualità non compatibili con la produzione del pellet, quali ramaglie e cortecce, normalmente di scarto dai materiali approvvigionati dagli impianti di pellettizzazione. Questo sistema permette di ridurre sensibilmente gli imp a t ti ambientali, l i m i t a n d o al minimo quella che viene chiamata energia grigia del processo produttivo. Inoltre, gli impianti di produzione pellet con sistema cogenerativo possono abbassare in misura sensibile i costi di produzione. Implementare la cogenerazione con tecnologia ORC in un impianto di produzione pellet non comporta l esigenza di personale dedicato e aggiunto rispetto all equivalente impianto di produzione pellet senza cogenerazione. I cicli ORC trovano applicazione sempre più diffusa nella produzione del pellet, con decine di referenze in Europa, tra cui anche in Italia, su impianti con capacità produttiva a partire da 8.000 t/a fino ad arrivare a 240.000 t/a. Una seconda soluzione vede l implementazione della produzione di pellet in combinazione ad impianti energetici e di teleriscaldamento che dispongono di calore in eccesso anche solo in alcuni periodi dell anno, in particolare nelle stagioni più calde in cui i fabbisogni termici si riducono al minimo. Il surplus di calore può, quindi, essere utilmente impiegato per la fase di essiccazione nella produzione del pellet. Applicare questo tipo di cogenerazione a questi sistemi integrati non solo è possibile ma è auspicabile rendendo maggiormente sostenibile questo importante biocombustibile solido.