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Fonti Un fondo di cataloghi di vendita libraria (XVII-XIX sec.) nella Biblioteca del Seminario di Padova Èun fatto ormai assodato che i libri presenti nelle odierne biblioteche storiche non rappresentino realisticamente i generi letterari più diffusi tra i lettori del passato. Libri di scuola, romanzi cavallereschi, raccolte di preghiere, ma anche fogli di notizie, almanacchi, operette di medicina popolare solo per citare alcuni esempi sono documentati in ben pochi esemplari, se paragonati con l enorme numero di copie in cui essi furono impressi. Erano libri pensati per un consumo di breve durata, costituiti da materiali di scarsa qualità, caratterizzati da un prezzo di vendita decisamente basso, ma non necessariamente per questo destinati solo a chi aveva scarsità di mezzi economici. Si può dire anzi che proprio per il prezzo fossero decisamente trasversali tra i vari generi di lettori, essendo ugualmente acquistati e letti dagli eruditi, come dai semi-analfabeti. Il problema però è che non venivano conservati. Innanzi tutto a minarne l integrità strutturale erano proprio i materiali di cui erano fatti, in primis la carta sempre di qualità scadente e poi la legatura spesso approssimativa e destinata a deteriorarsi con facilità. Anche la veste tipografica dimessa non favoriva l interesse del lettore alla conservazione futura del manufatto: testi impressi malamente per l uso di caratteri tipografici consumati, inchiostro di bassa qualità, correttezza ortografica poco curata, specchio di stampa spesso impreciso, tutto ciò anzi invogliava l acquirente a un rapido usa e getta. Si deve inoltre considerare che i fondi antichi delle nostre biblioteche storiche provengono quasi interamente da collezioni di nobili, bibliofili, eruditi o da biblioteche ecclesiastiche dei secoli scorsi, i cui volumi sono passati integralmente alla nuova biblioteca o vi sono arrivati dopo svariati passaggi nel mercato antiquario. Libri comunque che già all origine erano stati scelti e reputati degni di essere conservati, a seconda dei gusti e degli interessi del collezionista, che normalmente escludeva quei generi più economici e popolari di cui si è accennato in precedenza. Ecco allora che il fatto di trovarne anche un solo esemplare nelle raccolte odierne è da considerarsi frutto di una combinazione fortunata, piuttosto che di una volontà programmatica da parte del raccoglitore. Tali considerazioni valgono ancora di più per libri il cui contenuto riguardi argomenti che nulla hanno a che vedere con la letteratura, l erudizione, l arte o la scienza, come nel caso dei cataloghi librari di vendita, la cui presenza nei fondi antichi trova giustificazione nell essere stati strumenti di informazione per il bibliofilo nell atto della formazione della propria raccolta libraria. Si tratta 43

comunque di presenze generalmente sporadiche, quantificabili in pochi esemplari per biblioteca, ben lontane dal grande numero in cui vennero stampati e dalla capillare diffusione che conobbero in tutta Europa soprattutto dalla fine del XVII fino a tutto il XIX secolo 1. Furono questi infatti i principali strumenti utilizzati dai protagonisti del commercio librario per espandere il raggio d azione della propria attività e aumentare la quantità dei potenziali clienti 2. Trattandosi comunque di libri che in qualche modo si occupavano di altri libri, è stato notato che la funzione dei cataloghi andò ben oltre l iniziale intento finalizzato alla vendita. In particolare nel corso del XVIII secolo ne venne spesso curata la preparazione in chiave bibliografica da parte dei librai, non solo come dimostrazione pubblica della dotazione del proprio magazzino, ma anche per evidenziare le proprie conoscenze tecniche e la propria professionalità 3. Tale impostazione erudita restò comunque secondaria rispetto all obbiettivo principale, incentrato sempre sulla vendita dei libri in catalogo. Il commercio librario, inteso quale fase terminale del ciclo produttivo del libro, ancora oggi presenta per lo studioso vaste zone d ombra. Le condizioni di compra-vendita praticate dai singoli commercianti variarono a seconda dei luoghi e del periodo, come il rapporto stesso tra il libraio-editore e l acquirente fu soggetto a influenze diverse dettate dalle condizioni più disparate culturali, economiche, sociali, politiche, religiose legate ad ambiti locali, nazionali e anche sopranazionali, per larga parte ancora da verificare. In questa ottica i cataloghi di vendita rappresentano un importante testimonianza di almeno una parte di queste pratiche e il ritrovamento di alcune centinaia di essi dei secoli XVII-XIX all interno di una stessa biblioteca è di sicuro interesse per lo studioso del commercio librario. Quale sede di una delle più antiche università d Europa, Padova fu un centro dove più che i tipografi furono molto attivi i librai. Studenti, insegnanti, nobili, eruditi, giuristi e medici richiedevano un gran numero di volumi provenienti da tutta Europa per poter essere costantemente aggiornati nei loro studi o professioni. Inoltre anche alla Biblioteca Universitaria di Padova, fondata nel 1629 e fino al 1797 depositaria insieme alla Marciana di Venezia di una copia 1 A Padova rientra in questa categoria la Biblioteca Civica, fondata nella prima metà del XIX secolo, le cui raccolte storiche derivano dall acquisizione delle biblioteche dei bibliofili padovani dell 800. 2 Sui cataloghi librari di vendita in Francia e Olanda, ma con considerazioni per molti aspetti valide anche per l Italia, cfr. Les ventes de livres et leurs catalogues XVII e -XX e siècle. Actes des journées d étude organisées par l École nationale des chartes (Paris, 15 janvier 1998) et par l École nationale supérieure des sciences de l information et des bibliothèques (Villeurbanne, 22 janvier 1998), réunis par A. CHARON et É. PARINET avec la collaboration de D. BOUGÉ-GRANDON, Paris, École des chartes, 2000. 3 Cfr. L. BALSAMO, Bibliografia e cataloghi di librai fra 800 e 900: il contributo di Leo S. Olschki, «La Bibliofilia. Rivista di storia del libro e di bibliografia», 89 (1987), n. 1, pp. 67-69. Sui cataloghi librari come strumenti bibliografici cfr. ID., La bibliografia. Storia di una tradizione, Firenze, Sansoni, 1992, in part. capp. VI e VII, e A. SERRAI, Storia della bibliografia, Roma, Bulzoni, 1988-2001, in particolare vol. IV, Cataloghi a stampa. Bibliografie teologiche. Bibliografie filosofiche. Antonio Possevino, a cura di M.G. CECCARELLI, Roma, Bulzoni, 1993, pp. 5-12, 77. 44

di tutti i volumi stampati nello Stato Veneto, venne richiesto di dotare le proprie raccolte delle principali pubblicazioni scientifiche e letterarie che uscivano sul mercato italiano ed europeo 4. I cataloghi librari, utilizzati per la ricerca dei libri da acquisire, non vennero scartati, ma conservati in gran parte e nella prima metà del XX secolo ne vennero posti 307 nella collocazione 128.a.42-348 con un titolo generico di raggruppamento Cataloghi librari di varie case editrici e tipografi italiani e stranieri del 7-800 5. Tale scelta venne compiuta allo scopo di porre in ordine e di unire in un gruppo coerente questo genere di materiale librario, che aveva ormai perso la funzione originaria per acquisire un valore storico e bibliografico. La presenza sporadica di altri cataloghi in collocazioni diverse ( Orto Botanico, Raccolta Benvenisti, magazzini a, b e c ) integra il numero per arrivare a un totale di 373 cataloghi pubblicati entro il 1850. Nella Biblioteca del Seminario di Padova è stato recentemente ritrovato da chi scrive un importante gruppo di cataloghi librari, la cui datazione va dal 1670 alla prima metà del XX secolo. Erano tutti privi di collocazione e inseriti in una serie di scatoloni posti in parte nei magazzini librari e in parte in un magazzino di deposito. Di essi si è potuto stabilire che dal 1670 al 1860 il numero assomma a circa 590 unità, mentre nelle raccolte della Biblioteca si sono potuti identificare per lo stesso periodo altri 43 cataloghi che erano già stati inseriti nella collocazione A E e un catalogo della Tipografia Cominiana di Padova del 1742, privo di collocazione ma posto insieme ad altri libri usciti dai torchi di questa azienda padovana del 700. C è evidentemente da domandarsi la ragione della presenza di un numero così elevato di cataloghi (circa 640) all interno proprio di questa biblioteca. La data del 1670 del catalogo più antico rimanda esattamente al momento della fondazione della Biblioteca avvenuta tra il 1669 e il 1671 in concomitanza con la riforma per molti versi una vera e propria rifondazione del Seminario padovano, voluta dal cardinale Gregorio Barbarigo 6. I cambiamenti imposti da Barbarigo riguardarono soprattutto la scuola in cui dovevano essere formati i futuri sacerdoti, che avrebbe voluto missionari nell Impero Turco e che quindi avrebbero dovuto imparare anche le lingue semitiche e il greco. In questa ottica nel 1684 decise di avviare una tipografia con lo scopo principale di stampare i testi da utilizzarsi nella scuola stessa, tipografia che per tutto il XVIII secolo fu tra le più importanti dell intero Stato Veneto 7. 4 Sulla Biblioteca Universitaria di Padova cfr. T. PESENTI MARANGON, La biblioteca universitaria di Padova: dalla sua istituzione alla fine della Repubblica veneta (1629-1797), Padova, Antenore, 1979. 5 Cfr. S. BERGAMO, I cataloghi di libri nella Biblioteca Universitaria di Padova (1620-1850), tesi di laurea, relatore prof. MARIO INFELISE, Università Ca Foscari di Venezia, Facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1996-1997, da cui si traggono i dati relativi ai cataloghi presenti nella Biblioteca Universitaria di Padova. 6 Sulla storia della Biblioteca del Seminario di Padova cfr. G. VALENTINELLI, Della biblioteca del Seminario di Padova, Venezia, Tipografia di Teresa Gattei, 1849. 7 Sulla Tipografia del Seminario di Padova cfr. M. CALLEGARI, Dal torchio del tipografo al banco del libraio. Stampatori, editori e librai a Padova dal XV al XVIII secolo, Padova, Il Prato, 2002, pp. 73-95. 45

È evidente che, a differenza del caso della Biblioteca Universitaria, i cataloghi librari non furono strumento di lavoro esclusivamente per il direttore della Biblioteca, ma che in misura forse maggiore furono i professori della scuola a procurarsene per le proprie ricerche. Questo fatto aiuterebbe così a spiegare il numero molto alto dei cataloghi presenti nel Seminario. Il funzionamento della Biblioteca non era infatti autonomo, bensì funzionale alla scuola e alle esigenze dell istituto. È quindi molto probabile che la scelta dei libri nei cataloghi non mirasse all accrescimento delle raccolte librarie secondo un piano organico ben definito. Piuttosto dovevano essere i singoli professori della scuola del Seminario a indicare volta per volta i volumi che potevano essere utili per il proprio insegnamento e ancora di più per la preparazione delle numerose edizioni che uscivano dai torchi della famosa tipografia, almeno fino alla metà dell 800. Vi è inoltre da chiarire il motivo della presenza dei 43 cataloghi nei fondi della Biblioteca, al contrario degli altri rimasti negli scatoloni e dimenticati nei magazzini. La collocazione A E, in cui sono stati inseriti, raggruppa le opere di bibliografia, di storia del libro, gli annali dei tipografi ed è in coda ad essa che vennero aggiunti i cataloghi. L operazione probabilmente venne effettuata negli anni 30 del XX secolo dal bibliotecario Sebastiano Serena (lo indicherebbero i cartellini incollati ai dorsi dei libri, oltre a vari segnalibri di mano di Serena, tutti riconducibili a quell epoca), che in questo modo dimostrava di voler conferire ai cataloghi di vendita una notevole importanza, affiancandoli alle vere e proprie bibliografie conservate nella stessa collocazione. Il lavoro venne probabilmente interrotto dallo scoppio della seconda guerra mondiale, che vide nel Seminario il blocco di tutte le attività e l abbandono dei locali della Biblioteca. Con la riapertura avvenuta nel 1949, il nuovo direttore Ireneo Daniele non continuò più quanto iniziato dal predecessore 8. Anche un primo esame dei cataloghi librari tratti dagli scatoloni reca alcune sorprese. Risulta infatti evidente che furono oggetto di almeno due tentativi di ordinamento mediante la rilegatura di più cataloghi della stessa azienda in un unico volume. Probabilmente la prima fu compiuta attorno al 1840 con la formazione di 40 volumi, che si contraddistinguono per una certa cura nella realizzazione del dorso, formato da una striscia di pergamena con due tasselli in rosso e blu scuro con le scritte e i bordi dorati. Il secondo intervento è da collocarsi all incirca una quindicina d anni più tardi, ossia verso il 1855; in questo caso si contano 46 volumi con i dorsi in cartone di colore marroncino o verde e il nome delle aziende scritte in stampatello a penna. Molti cataloghi risultano comunque al di fuori dei due gruppi rilegati e non è chiaro quali siano stati i motivi della scelta. Il catalogo più antico proviene dal negozio ginevrino dei fratelli Iean Antoine e Samuel de Tournes e risale, come si è detto, al 1670. Si tratta però di un caso isolato, poiché il primo nucleo consistente si colloca agli inizi del secolo 8 Cfr. I. DANIELE, Il rilancio della biblioteca, in La diocesi di Padova dal 1949 al 1964. Nel XX di consacrazione episcopale e XV di ingresso in diocesi di S.E. Mons. Girolamo B. Bortignon, Padova, Tipografia Antoniana, 1965, pp. 99-121. 46

successivo e riguarda le nuove disponibilità del libraio Jaques Desbordes di Amsterdam. Sono presenti i cataloghi di vendita di molte delle più importanti aziende veneziane, come Baseggio, Baglioni, Manfré, Coleti, Pezzana, Recurti, Zatta, Remondini, Bettinelli, Pasquali, Andreola, Missiaglia; dei milanesi Stella, Sonzogno, Brizzolara, Dumolard, Giegler, Pirotta, Resnati, Silvestri, Società Tipografica dei Classici Italiani, Tosi, Truffi, Visaj, Vismara; dei parigini Baillére, Baudry, Dondey-Dupré, Didot, Gabon, Langlumé et Peltier; dei fiorentini Agostini e Molini e Landi, di Cramer e Philibert di Ginevra, di Drell e Fussli di Zurigo, di Gamba di Livorno e molti altri ancora. Sebbene l esame sia solo all inizio, dai primi conteggi si può già affermare che nella distribuzione temporale dei cataloghi la quantità cresce regolarmente dall inizio del XVIII secolo fino al decennio 1831-1840, per presentare però un improvviso brusco calo nei decenni successivi per la quasi scomparsa delle aziende milanesi. Nessuna sorpresa invece per quanto riguarda la provenienza geografica: nel XVIII secolo e fino al decennio 1801-1810 le ditte veneziane risultano essere le più numerose, per poi cedere il posto a quelle milanesi. Altro dato di un certo interesse è la presenza di cataloghi provenienti fuori dall Italia, che raggiungono poco meno del 20% del totale. «Les catalogues de vente sont une source essentielle de l histoire du livre. Ils permettent d étudier les courants de circulation des livres et les pratiques commerciales; ils sont aussi riches d enseignements pour l histoire de la lecture et du goût» 9. Così scrive Annie Charon, precisando quali sono gli indirizzi di ricerca che possono prendere origine dai cataloghi librari di vendita. Lo studio di questo gruppo di cataloghi potrà portare alla luce sicuramente nuovi dettagli sulle pratiche di acquisizione dei libri nella Biblioteca del Seminario di Padova aspetto questo del tutto ignorato dagli storici che si sono occupati delle sue vicende, ma anche ulteriori notizie su come circolassero le informazioni che riguardavano il mercato del libro in Italia e in Europa tra il XVIII e il XIX secolo. MARCO CALLEGARI Biblioteca civica di Padova 9 A. CHARON, Avant-propos, in Les ventes de livres et leurs catalogues, cit., p. 11. 47