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Repubblica Italiana In Nome del Popolo Italiano La Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale d'appello per la Regione Siciliana composta dai magistrati: dott. Salvatore Cilia dott. Luciana Savagnone dott. Salvatore Cultrera dott. Pino Zingale Presidente Consigliere relatore Consigliere Consigliere dott. Valter Camillo Del Rosario Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA N.220/A/2012 nel giudizio di appello iscritto al n. 4032/A.Resp del registro di segreteria, proposto dal Procuratore generale contro C. A., elettivamente domiciliato a Palermo presso lo studio dell avv. Rosario Calì, che lo rappresenta e difende avverso la sentenza n. 2839/2011 dell 8 luglio 2011, pubblicata il 25 luglio 2011, emessa dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana. Uditi alla pubblica udienza del 26 giugno 2012 il relatore, consigliere dott.ssa Luciana Savagnone, il P.M. nella persona della dott.ssa Maria Rachele Aronica e l avv. Rosario Calì. Esaminati gli atti e i documenti di causa 1

Fatto Con atto di citazione depositato il 10 novembre 2010, il Procuratore regionale conveniva in giudizio il dott. C. A., direttore dell unità operativa di gastroenterologia dell Azienda ospedaliera S. Antonio Abate di Trapani, chiedendone la condanna al pagamento, in favore della stessa Azienda, della soma di 5.045,52, di cui 1.299,52 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, arrecato per l indebita appropriazione delle quote di spettanza dell azienda relative alle prestazioni libero professionali, e 3.746,00 a titolo di risarcimento del danno all immagine subito dall azienda in conseguenza della condanna penale per il reato di peculato. Con sentenza n. 2839/2011, la Sezione giurisdizionale di primo grado condannava il dott. C. al pagamento, in favore dell Azienda sanitaria di Trapani, della somma di 1.299,52 per il danno patrimoniale arrecato. Rigettava, invece, la richiesta di condanna al risarcimento del danno non patrimoniale ritenendola del tutto sfornita di prova. Avverso questa sentenza il Procuratore generale, con ricorso depositato il 21 dicembre 2011, ha proposto appello, affermando che il c.d. clamor fori non è elemento indispensabile né per ritenere esistente il danno all immagine né come criterio della sua quantificazione. Ha sostenuto, infatti, che non vi sono spazi di discrezionalità all esercizio dell azione in presenza della attività delittuosa individuata dalla legge, che venga accertata con sentenza penale irrevocabile. Ha chiesto, quindi, l accoglimento del gravame e la condanna dell appellante al pagamento della somma di 3.746,00, oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi legali. 2

Con memoria depositata il 15 giugno 2012, il dott. A. C. si è costituito in giudizio a mezzo dell avv. Rosario Calì, che ha contestato i motivi di appello, escludendo che la Procura abbia fornito la prova della grave perdita di prestigio e del grave detrimento della personalità pubblica nella quale si sostanzia il danno all immagine della P.A. All udienza dibattimentale il P.M. ha confermato i motivi di appello, richiamando la sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 3/2010. L avv. Calì ha chiesto il rigetto del gravame. Diritto Con l appello proposto è stato impugnato il capo della sentenza con il quale il giudice di primo grado ha respinto la domanda di risarcimento del danno all immagine, ritenendo sfornita di prova la sussistenza dell elemento del clamor fori. In proposito il Procuratore generale ha contestato che, ai fini dell esistenza del danno all immagine, il clamor fori sia un elemento indispensabile, affermando che rappresenta solo uno dei parametri utilizzati dalla giurisprudenza per quantificarne l ammontare. Ha rilevato, poi, che la disciplina introdotta dall art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78 del 2009, convertito nella l. n. 102/2009, in presenza dell attività delittuosa indicata dalla legge, accertata con sentenza penale irrevocabile, non lascia spazio di discrezionalità nell esercizio dell azione di risarcimento del danno all immagine. Nel merito, ha ritenuto sussistenti tutti gli elementi perché si possa pervenire ad una condanna del dott. C., in considerazione del ruolo di vertice da lui ricoperto all interno dell Azienda e della diffusione, quanto meno 3

nell ambito aziendale, che ha avuto la notizia del reato di peculato commesso. L appello è infondato. Rileva, anzitutto, il Collegio che, come è noto, le disposizioni contenute nel d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito nella legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno limitato l esercizio dell azione di risarcimento del danno all immagine da parte del Procuratore della Corte dei conti ai soli casi previsti dall articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97 e nei modi in esso indicati. La suddetta norma prevede che la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova entro trenta giorni l'eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Dalla lettura del combinato disposto delle disposizioni citate, non emerge alcun fondamento dell assunto del Procuratore generale secondo cui, a seguito della citata riforma, la proposizione dell azione per risarcimento per danno all immagine sia divenuta obbligatoria, perdendo ogni carattere di discrezionalità. E appena il caso di sottolineare che, nell esercitare le azioni a tutela dell erario, il pubblico ministero contabile non ha mai alcuna discrezionalità, essendo l obbligatorietà una delle caratteristiche fondamentali dell azione. Diversa dalla discrezionalità è, invece, la valutazione, da parte dell organo inquirente, della sussistenza dei presupposti per procedere alla richiesta di condanna nei confronti del presunto responsabile, presupposti che saranno 4

successivamente vagliati dal giudice che viene chiamato a decidere sulla fondatezza della domanda. Delineati, così, sommariamente, i principi che disciplinano l azione del pubblico ministero contabile, non ritiene il Collegio che nell esercizio dell azione risarcitoria per danno all immagine vi sia alcuna sostanziale differenza, rispetto alle altre azioni risarcitorie, nella esistenza ed accertamento dei presupposti per procedere, nel senso indicato dal Procuratore generale. Egli, infatti, vorrebbe desumere dalle norme citate la sussistenza di una sorta di presunzione circa l esistenza dell an, rimanendo al giudice contabile solo la determinazione del quantum. Ritiene, invece, il Collegio che in presenza di una sentenza di condanna per delitti contro la pubblica amministrazione, non vi è alcun automatismo dell azione per una presupposta esistenza del danno all immagine, quasi si fosse in presenza di una responsabilità di natura sanzionatoria, dovendo il Procuratore regionale agente fornire, di volta in volta, la prova non solo del quantum ma prima di tutto dell an della pretesa risarcitoria. L interpretazione delle disposizioni nel senso sopra indicato è confermata dalla semplice lettura dell art. 7 della legge n. 97/2001 che finalizza l obbligo della trasmissione della sentenza di condanna al competente procuratore regionale della Corte dei conti alla promozione di un eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Passando al merito della richiesta risarcitoria, nessun dubbio sussiste in astratto circa l esistenza di un interesse costituzionalmente tutelato della P.A., nelle sue varie articolazioni, alla propria integrità, nè che la lesione di questo 5

diritto, per effetto del comportamento illecito di un soggetto legato all'ente pubblico da rapporto di servizio, possa cagionare, di per sé, alla P.A. un nocumento economicamente valutabile. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il diritto all'immagine deve intendersi come diritto al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come persona giuridica pubblica. In proposito le Sezioni Riunite (vedi n. 10/2003/QM) hanno precisato che è interesse precipuo della pubblica amministrazione fornire un'immagine di sé caratterizzata dal rispetto dei principi di legalità, di buon andamento, di esclusiva ed efficace tutela degli interessi della collettività, in modo da incrementare la fiducia dei cittadini e degli utenti nelle istituzioni e nei servizi pubblici. In definitiva, il bene protetto da tutelare consiste nella diffusione all'esterno dell immagine di una P.A. sana ed efficiente, con la conseguenza che, se non vi è una consapevolezza da parte della collettività dei comportamenti delittuosi posti in essere, non può concretizzarsi la grave perdita di prestigio ed il detrimento della personalità pubblica che costituiscono il danno all immagine. Nella fattispecie, nessuna notizia è stata mai divulgata circa i reati commessi in danno dell Azienda sanitaria dal dott. C. né della condanna penale per peculato allo stesso inflitta, cosicché, al difuori del risarcimento per il danno patrimoniale arrecato, nessuna altra posta di danno gli può essere addebitata, fatte salve eventuali sanzioni disciplinari da comminare da parte della Direzione dell Ospedale. L appello deve quindi essere respinto e confermata la sentenza di primo 6

grado. Prosciolto l appellato, questo Collegio deve, ai sensi del combinato disposto degli artt. 10 bis, comma 10, legge 2 dicembre 2005, n. 248, di conversione del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, e 3, comma 2-bis, del decretolegge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, procedere alla liquidazione delle spese di questo grado di giudizio, ai fini del rimborso delle stesse da parte dell Azienda Ospedaliera di Trapani. In mancanza di nota spese, il Collegio determina i soli onorari di difesa e liquida in favore del difensore la somma di 1.300,00 (milletrecento/00). P. Q. M. la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale d appello per la Regione siciliana, definitivamente pronunciando RIGETTA l appello proposto e conferma la sentenza in epigrafe. Liquida, in favore del difensore, la somma di 1.300,00 (milletrecento/00). Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 26 giugno 2012. L ESTENSORE F.TO (Luciana Savagnone) IL PRESIDENTE F.TO (Salvatore Cilia) Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge. Palermo, 24/07/2012 Il Direttore della Cancelleria F.TO (dott. Nicola Daidone) 7