Stefano Borsacchi. Coordinatore. Carla Broccardo. Fabio Florio. David Cerri. Antonella Succi. Giuseppe Vitiello. Lucio Zarantonello.



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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE TAVOLA ROTONDA SABATO 19 MARZO 2011 LA DEONTOLOGIA NEI SITI WEB Stefano Borsacchi Coordinatore Carla Broccardo Fabio Florio David Cerri Antonella Succi Giuseppe Vitiello Lucio Zarantonello Antonella Succi La deontologia settoriale nei contenuti dei siti web: Famiglia e minori L avvocato, oggi, ancor più che in passato, si pone come operatore sociale, con funzioni e responsabilità etiche, che devono trascendere dal suo mero interesse economico. Già nella bozza di DDL approvato dal C.N.F. nella seduta del 27/02/2009, per la riforma dell ordinamento professionale (art. 2) l avvocato è un libero professionista che opera con attività abituale e prevalente in piena libertà, autonomia e indipendenza, per la tutela dei diritti e degli interessi della persona, in attuazione dei principi di cui agli articoli 4 e 35 della Costituzione, e dell articolo 15 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione Europea. 1

Tale funzione sociale dell avvocato si attua anche attraverso l etica nelle comunicazioni inerenti la propria attività professionale nei siti web, comunicazioni che, se operate in particolari settori della attività professionale, debbono, forse più che in altri, essere radicate a precisi canoni deontologici. Oramai da più parti del mondo forense si coglie la necessità di una revisione del C.D. in precipue aree di competenza dell attività professionale, penso al diritto di famiglia, al diritto penale ed ora, a seguito della introduzione della legge sulla mediazione (D. Lgs. 28/10), anche a questo ulteriore segmento di attività professionale. V è da dire che alcune aree di competenza della professione forense si prestano, più di altre, a sconfinamenti dal rigoroso rispetto del C.D., vuoi per il clamore mediatico di alcuni casi trattati nel settore penale o anche familiare minorile o di violenza a donne o bimbi, vuoi per il riflesso sociale che tali casi assumono su larghe fasce di popolazione. In particolare il diritto di famiglia riveste, come è noto, nella attuale società un ruolo importante perchè interessa molti cittadini ed occupa, peraltro, buona parte dei ruoli dei nostri Tribunali (le cause di separazione nel 2008 sono state 84.165, i divorzi 54.351, con un incremento, rispetto all anno precedente, rispettivamente del 3,4% e 7,3%, giusta rilevazione Istat del luglio 2010 Allegato n 1). Al maggior interesse dei cittadini deve, necessariamente, corrispondere una maggiore attenzione, un maggior rigore deontologico, da parte dei professionisti che si occupano di questa delicata materia, che coinvolge l ambito più intimo delle persone, il cuore della società, la famiglia, ove 2

peraltro la parte più debole è costituita da soggetti minori, la cui tutela è sovente rimessa all avvocato, pur chiamato in prima istanza alla difesa degli interessi degli adulti, interessi non sempre coincidenti con quelli dei minori, specialmente nelle prime fasi del conflitto che origina la crisi familiare. La deontologia dell avvocato nel settore del diritto di famiglia è, dunque, una esigenza particolarmente sentita dai cittadini e coerentemente ribadita ed evidenziata dalle numerose associazioni che si occupano della materia. Ci si è chiesti, in particolare, se l attuale codificazione deontologica sia in grado di cogliere tutti gli aspetti particolari delle attività difensive nel delicato settore, in particolare nella difesa del minore, ovvero, come appare più utile e forse oramai necessario, se non vi sia l esigenza di una specifica normativa comportamentale per gli avvocati che si occupano di diritto di famiglia e dei minori. È certo che la consapevolezza del particolare ruolo svolto dall avvocato che opera nel settore del diritto di famiglia e minorile induca ad un approccio deontologico, financo più rigoroso, rispetto a quello imposto all avvocato dal Codice Deontologico vigente. Si pensi a quanto il dovere di lealtà e colleganza nei rapporti tra i Colleghi, rispettoso e collaborativo, possa positivamente influire sulla definizione della vertenza familiare. Ed ancora, al dovere di competenza, già sancito dall art. 12 del C.D., da intendersi specifico, nel settore del diritto di famiglia per l avvocato che voglia adeguatamente trattare le relative controversie, competenza che deve estrinsecarsi, sia nell autorevolezza nella conduzione del cliente verso 3

una soluzione che tenga in assoluto conto del superamento del conflitto familiare e nella permanenza dei legami familiari, sia nella capacità di ridefinizione delle richieste del proprio cliente. Gli avvocati partecipano alla giurisdizione a quella attuazione dei fini di giustizia di cui si parla nel preambolo del C.D. ed è in tale funzione che essi devono valutare la congruità e correttezza della domanda del proprio patrocinato, rispetto al contesto fattuale, giuridico e giudiziario. L avvocato, sempre, ma nel diritto di famiglia, in particolare, non è mero portavoce delle affermazioni del proprio cliente (che deve peraltro previamente accertare, se del caso, financo documentare), non si pone in contrapposizione con l altra parte, ma assume una veste interattiva di facilitatore della risoluzione delle controversie, mediatore, tanto più oggi con l introduzione della legge sulla mediazione (D. Lgs. 28/2010), che dovrebbe condurci all acquisizione della cultura della mediazione, specie in materie, come quella del diritto di famiglia, ove i conflitti sono certamente da evitare. Del tutto lacunoso è il C.D. nel settore del rapporto tra avvocato e minore, anche in considerazione della circostanza che i minori non sono coinvolti nel rapporto professionale cliente avvocato, cui tradizionalmente è rivolta la norma deontologica, del pari avulsi dall assetto del regolamento disciplinare sono i rapporti con altri saperi professionali specifici, con i servizi del territorio, mentre è naturale e necessario, per l avvocato che si occupa di diritto di famiglia, interagire con il minore, con i suoi genitori, con gli esperti psicologi, psicoterapeuti e con i servizi del territorio. Carente il nostro C.D. anche da tale profilo, se non per il ricorso a quei 4

principi generali di lealtà e correttezza (art. 6), dignità e decoro (art. 5) ed ai soli, pur specifici, richiami al diritto di famiglia all art. 51 (assunzione di incarichi contro gli ex clienti) ed al successivo art. 52 (rapporti con i testimoni). I comportamenti etici dei professionisti avvocati che lavorano in talune specifiche aree di competenza professionale, segnatamente nel settore del diritto di famiglia, proprio per le considerazioni avanti esposte, sono tanto più rilevanti, laddove si trasferiscono dai rapporti reali a quelli virtuali e quindi particolare attenzione deve essere posta dagli organismi deputati al loro controllo (Ordini professionali e C.N.F.), al contenuto dei siti web, alle informazioni che vengono attraverso di essi divulgate, alla corrispondenza dei contenuti a quelle informazioni consentite dal regolamento etico professionale, all art. 17 bis I contenuti dei siti web dei professionisti che si occupano di diritto di famiglia devono, sì seguire le medesime regole imposte dal C.D. per ogni professionista e, dunque, essere improntati ai principi di dignità, decoro e lealtà nello svolgimento (e nella comunicazione) delle attività professionali, notoriamente superiori all interesse dell acquisizione della nuova clientela (secondo i principi ispiratori del C.N.F. ad esempio nella nota sentenza 31/12/2007 n 268, devono essere coerenti con la finalità di tutela dell affidamento della collettività e rispondere a quei criteri di trasparenza e veridicità imposti dall art. 17 C.D., preservando il riserbo ed il segreto professionale Allegato n 2), ma essi debbono, a mio avviso, rispondere a criteri e precetti deontologici ancor più severi. Il messaggio professionale contenuto nel sito web di un avvocato che si 5

occupa di diritto di famiglia deve assumere ulteriori attenzioni, proprio avendo riguardo a quel principio di tutela dell affidamento della collettività, mediante criteri di trasparenza e veridicità, intanto comunicando dati relativi al professionista rigorosamente aderenti alla realtà ed afferenti l attività professionale nell area di competenza (titoli accademici, specializzazioni universitarie, partecipazione ad associazioni, convegni, ecc.), evitando espressioni eccessive o banner pubblicitari eticamente sensibili. L art. 17 bis C.D., nel limitare l utilizzo di propri siti web o a società di avvocati alle quali l avvocato partecipa, non dispone un impedimento a comparire nei siti gestiti da terzi, a condizione che anche tali apparizioni siano ispirate ai medesimi principi utilizzati nel proprio spazio web, ciò che è invece vietato, nella ratio della norma, è l utilizzo di siti di diversa natura, per promuovere la propria attività di avvocato. Delicata è la questione, ad esempio, della indicazione, nel proprio spazio di comunicazione, di appartenenza ad associazioni, enti, comitati, appartenenza che deve, a mio avviso, limitarsi alla enunciazione della mera adesione ad essi del professionista, ovvero alla specifica carica eventualmente rivestita, senza indugiare su iniziative, apparizioni televisive, interviste o simili, afferenti sè o l associazione, traducendosi, tali comunicazioni, in una forma di pubblicità non consentita. Perplessità destano anche le partecipazioni del professionista alle pubblicazioni di associazioni o enti che, se non rigorosamente limitate entro ambiti di mera enunciazione di appartenenza, carica e settore di competenza, possono, anch esse, tradursi in una forma di pubblicità 6

vietata. La pubblicità occulta o dissimulata è senz altro contraria a quella lealtà e correttezza minime richieste dal Codice Deontologico. Del resto, significativo è l orientamento restrittivo di taluni ordini circondariali circa la consulenza legale via web, quando realizzata attraverso siti di terzi (COA Pistoia, delib. 28/11/2003 e già C.N.F., par. 21/11/2001), la promozione dell attività di uno studio legale realizzata all interno di una rete telematica di un ente (COA Roma, 16/06/2005), oppure lo sfruttamento della qualità di webmaster o di curatore di un sito di attualità giuridica a scopi pubblicitari (CNF, par. 27/04/2005, n 35 e COA Roma, par. 30/11/2006). Altra questione controversa è la comunicazione, nei siti web, della partecipazione dell avvocato a conferenze, convegni, interviste ed apparizioni televisive, informazioni che non debbono indugiare oltre la rigorosa aderenza alle notizie consentite, potendo, di converso, tradursi in una forma di pubblicità vietata, ovvero, financo, in una forma di concorrenza sleale. Il codice deontologico si occupa, come è noto, di indicare il contenuto minimo della comunicazione informativa professionale all art. 17 bis (denominazione, tipologia di esercizio della professione, ordine di appartenenza, sede, contatti, titolo professionale estero o di abilitazione all estero secondo la normativa comunitaria), nonchè di quella facoltativa (titoli accademici, diplomi di specializzazione universitaria, abilitazione avanti le giurisdizioni superiori, ambiti di attività prevalente, lingue conosciute, logo, polizza assicurativa, certificato di qualità), mentre la 7

indicazione di consulenti dello studio (psichiatri, criminologi, psicologi, mediatori) di chiara fama, ovvero aventi impatto mediatico, se da un lato, nella loro mera indicazione costituiscono comunicazioni consentite, d altro lato, ove ne siano enfatizzati ruolo e partecipazioni ad interviste in trasmissioni televisive, specie se inerenti specifici fatti di cronaca, si traducono, a mio avviso, in una forma di pubblicità dissimulata, non consentita, giacchè il messaggio si risolve non nella pura informazione ma tende, evidentemente, a suggestionare il destinatario di esso, violando le norme di dignità e decoro della professione. Da ultimo, è forse pleonastico asserire che nei siti web non possono, in alcun modo, essere date le indicazioni relative ai casi trattati e deve essere assicurata la privacy dei clienti, tuttavia, l avvocato che si occupa di diritto di famiglia ha una maggiore responsabilità rispetto ad altri. Segreto e riservatezza sono esigenze pregnanti per la nostra professione. È un principio che anche nella legislazione europea è sempre stato salvaguardato come garanzia di difesa: E nella natura della missione dell avvocato che egli sia depositario dei segreti del suo cliente e destinatario di comunicazioni confidenziali. Senza la garanzia della riservatezza non vi può essere fiducia. Il segreto professionale è dunque riconosciuto come un diritto e un dovere fondamentale e primordiale dell avvocato. L obbligo del segreto per l avvocato serve l interesse dell amministrazione della giustizia così come l interesse del cliente. È per questo che esso riceve una speciale protezione dallo Stato (Codice deontologico europeo, art. 2.3). Si pensi, ancora, alle pronunzie della Corte di Giustizia, alle direttive 8

europee sui servizi e sulla società dell informazione (art. 10 D. Lgs. 70/2003), all antitrust, all antiriciclaggio. Il CD (art. 9) dà, dell obbligo di segreto, una definizione e regolamentazione molto ampia, sia in senso soggettivo che oggettivo. Si tratta di un diritto-dovere indisponibile. Contrariamente ad altri professionisti ed in considerazione dell interesse pubblico tutelato, l avvocato non è liberato dal vincolo, neppure in presenza di espressa rinunzia dell assistito. Le ipotesi di deroga devono intendersi tipiche. Il segreto è un limite ideale non valicabile: è un diritto e una difesa per la parte assistita, è un dovere di prestazione per l avvocato che fonda su di esso la ragione stessa del proprio ministero (Remo Danovi). Esso, pur non essendo espressamente definito è previsto in varie norme di legge, oltrechè, naturalmente, dal nostro Codice Deontologico. Il segreto professionale è tutelato dall art. 622 del c.p. L art. 200 del c.p.p. stabilisce, inoltre, che gli avvocati non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione della propria professione ; tale disposizione è poi richiamata dall art. 249 c.p.c., che conferma, per la materia civile, e in favore degli stessi soggetti, la facoltà di astensione dal rendere testimonianza. L art. 118 dello stesso c.p.c., infine, consente al Giudice di ordinare alle parti ed ai terzi le ispezioni indispensabili per conoscere i fatti di causa, purchè ciò possa compiersi senza grave danno per la parte e per il terzo, e senza costringerli a violare uno dei segreti di cui agli artt. 200 e 202 del c.p.p. La riservatezza, invece, è un modo di essere strettamente connesso al principio generale di fedeltà nell esercizio della funzione difensiva, nei 9

rapporti con il cliente, anche successivamente al termine del mandato. Essa esclude la divulgazione di taluni aspetti della persona umana, diversamente dal segreto che copre ogni informazione che la riguarda. Il D Lgs. 196/2003 ci aiuta a comprenderne l alto valore: l art. 2 fa riferimento, fra le finalità della protezione dei dati personali, al rispetto della libertà, dignità e identità della persona. Questi stessi valori, rapportati al diritto-dovere di difesa, disegnano il contenuto del canone deontologico di riservatezza, in diverse tipologie di rapporti. Ne sono espressione: l art. 28 C.D.: divieto di produzione ed esibizione di corrispondenza contenente proposte transattive fra colleghi, dove si tutela la libertà degli avvocati di esprimersi liberamente con il collega nello svolgimento delle trattative; l art. 18 C.D.: rapporti con gli organi di informazione, dove si tutela, invece, l interesse pubblico e quello della categoria al rispetto di una informazione dignitosa ed equilibrata (con una pronuncia del CNF è stato sanzionato l avvocato che aveva censurato il comportamento della controparte in una intervista rilasciata ad organi di stampa, criticando direttamente e con toni aspri il comportamento della stessa CNF 139/2006); l art. 29 C.D.: divieto dell utilizzo di notizie riguardanti la persona del collega (è stato sanzionato un avvocato per aver usato espressioni offensive nei confronti della controparte in una corrispondenza che è poi divenuta pubblica (CNF 273/2007) e ciò non per il fatto dell offesa in sè, ma perchè quella offesa, una volta resa nota, per altri motivi, è stata considerata lesiva del dovere di misura e riservatezza su informazioni apprese nell esercizio del mandato). Tutelano, più o meno direttamente il vincolo di riservatezza, anche tutte le altre regole finalizzate 10

a preservare il vincolo fiduciario fra cliente e avvocato o fra due avvocati. Riservatezza, fiducia, indipendenza sono valori connessi ed inscindibili. Una profonda espressione del vincolo di riservatezza e della sua stretta inerenza con il dovere di difesa è rappresentato dall art. 58 sulla testimonianza dell avvocato, tutelata, come già detto, anche dal codice penale (art. 200 c.p.). L art. 35 CD prescrive che il rapporto con la parte deve essere fondato sulla fiducia e cioè sull intuitus personae. La parte deve, in ogni momento, essere libera di scegliere, cambiare, risolvere il rapporto con il professionista e questo rapporto non deve subire condizionamenti o controinteressi di sorta (così anche l art. 10 C.D.). La fiducia si intreccia a sua volta con i doveri di fedeltà, difesa ed autonomia (artt. 7, 11 e 36 CD). Il dovere deontologico di riservatezza e segreto deve estendersi anche alla sicurezza delle comunicazioni, laddove si rende necessaria, più che mai, l adozione del criterio di proporzionalità tra l uso delle nuove tecnologie e le esigenze di sicurezza informatica, ciò sia per evitare che subdoli programmi (i cd Malware, parola che deriva dalla fusione di Malicious e Software ) possano porre i dati personali trattati dallo studio legale a rischio di comunicazione o di diffusione non autorizzata a terzi, sia per evitare la possibile intercettazione di contenuti riservati da parte di terzi non autorizzati. L adozione di un sistema di crittografia e di software dedicati a rendere sicuro ed affidabile lo scambio di informazioni attraverso la posta elettronica, sono le misure tecniche preventive più consigliate, la loro mancata adozione potrebbe comportare, fra l altro, la violazione dei doveri di correttezza, diligenza e competenza (artt. 6, 8 e 12 11

C.D.). Tutto l impianto deontologico in materia di segreto e riserbo è ancor più rigoroso ove l area di competenza dell avvocato sia quella del diritto di famiglia ed involge interessi di tutela della privacy della persona e dei minori, in particolare. L avvocato della famiglia è tenuto al rigoroso rispetto della privacy della persona sempre e comunque, unica deroga è rappresentata dai motivi di giustizia, come sancito dalla recentissima sentenza della Cassazione Civile a S.U. n 3034/2011, del 08/02/2011, secondo la quale i dati personali in una vicenda giudiziaria di divorzio possono essere liberamente utilizzabili, ai fini giudiziari, prevalendo le norme del codice di procedura civile su quelle contenute nel codice della privacy, salvo il margine di discrezionalità del Giudice nel contemperamento degli interessi, da attuarsi modulando i provvedimenti in conformità ai principi di correttezza, pertinenza e non eccedenza, nel trattamento dei dati personali. Resta, tuttavia, ferma la imprescindibile valutazione circa la correttezza, pertinenza e non eccedenza nel trattamento dei dati sensibili, valutazione rimessa al ruolo dell avvocato tenuto al rispetto delle regole processuali e deontologiche. Se è vero, in conclusione, che il Codice Deontologico abbisogna d esser aggiornato in specifici settori di attività professionale, che la tutela del consumatore deve essere vera ed attuale, che il controllo disciplinare dei Consigli degli Ordini deve essere costantemente operato, è maggiormente vero che la realizzazione, forse un pò utopica ma non impossibile, di una figura di avvocato degno della fiducia della pubblica opinione è demandata 12

esclusivamente al singolo avvocato, al suo acquisito, consapevole, responsabile ruolo di difensore dei diritti costituzionalmente garantiti, di garante della loro attuazione. 13