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Transcript:

S t i l i d i v i t a c o n t e m p o r a n e i vogliono certamente migliorare la qualità della loro vita, ma anche provare a cambiare un pezzetto di mondo con le loro scelte personali. Sono quelli del living together, ovvero i cohousers: persone che hanno deciso di andare a vivere insieme. Ma dimenticatevi le comuni hippie stile anni 70, le feste con degli sconosciuti in salotto e le riunioni per rivoluzionare il sistema. Il cohousing è una modalità abitativa molto diversa, che rispetta la privacy e le regole: ogni nucleo familiare ha infatti il suo appartamento e condivide con i vicini alcuni spazi comuni. Parlo della lavanderia, la hobby room, la sala giochi per i bambini, la piscina o il giardino. È un fenomeno in rapida espansione, che riscuote sempre più interesse e sta prendendo piede anche in Italia, come dimostrano i primi esperimenti diventati realtà e la neonata Rete nazionale del cohousing. Sono gruppi di amici, persone con gli stessi interessi e gli stessi bisogni. Hanno scelto di abitare insieme, di costruire insieme la loro casa: ciascuno ha la sua privacy, ma condivide con gli altri spazi e servizi comuni, dalla lavanderia alla piscina. Viaggio nel paese dei primi cohouser italiani. di Loredana Saporito È un fenomeno urbano «Il cohousing nasce in Danimarca negli anni 70 e poi si è diffuso rapidamente in altri paesi europei, come l Olanda e la Svezia, dove è anche riconosciuto e sostenuto dalle amministrazioni pubbliche». Ce lo racconta Matthieu Lietaert, studioso del fenomeno e autore di Cohousing e condomini solidali (Terra Nuova). «Oggi si contano oltre un migliaio di esperienze in tutto il mondo, fra cui i primi casi italiani. Ma l Italia conosce già questo stile di vita: fino agli anni 50 diversi nuclei familiari vivevano vicini, e si sostenevano a vicenda,

io, tu, noi: fai cohousing e vivi meglio F o t o d i S u s a n n a H o w e / T r u n k a r c h i v e Cohousers al lavoro per ristrutturare la loro casa.

s t i l i d i v i t a c o n t e m p o r a n e i Chi fa cohousing si sceglie e, per questo, è disposto a costruire con i vicini un progetto di vita in comune. creando legami solidali e affettivi». Allora qual è la novità, perché oggi se ne parla tanto? «Un tempo», continua Lietaert, «questo tipo di relazione avveniva principalmente fra parenti e persone che abitavano in piccoli comuni. Il cohousing è invece un fenomeno urbano, risponde alle questioni che la frenetica vita cittadina lascia irrisolte e offre delle soluzioni ai grandi temi sociali, come la sostenibilità ambientale, la solidarietà e la solitudine». Nasce qui un nuovo concetto di famiglia Professionisti di 35 o 40 anni dall intensa attività lavorativa, mamme con bambini che fanno fatica a tenere insieme lavoro e famiglia, persone anziane che vogliono abbattere la solitudine della grande città: ecco chi sono i cohousers di oggi. «Sono persone che si scelgono e sono accomunate dalla volontà di costruire un progetto comune. È per questo che si chiamano anche vicini elettivi», afferma Lietaert. «La vera rivoluzione è l evoluzione del concetto di famiglia», precisa Antonella Sapio, neuropsichiatra e curatrice di Famiglie, reti familiari e cohousing (Franco Angeli). «Il cohousing genera nuove forme familiari: si creano dei legami affettivi estesi che diventano il nuovo punto di riferimento. È una risposta alla disgregazione che ha subito la famiglia nella società contemporanea». un percorso di crescita Le comunità di cohousers possono nascere da un gruppo di amici che si riuniscono in associazione. Possono nascere intorno a un progetto che parte in Rete. «E a volte sono anche l evoluzione di un gruppo di acquisto solidale», spiega Caterina Presti, antropologa che ha studiato l esperienza di Solidaria di Ferrara (vedi box a pag. xxx), «. L esigenza delle persone di trovare delle soluzioni più sostenibili ai bisogni Torino: questa casa ci assomiglia Chiara Mossetti, 33 anni, architetta e futura cohouser di Numerozero a Torino (www. cohousingnumerozero.org). «Il nostro è il primo caso italiano di progettazione totalmente condivisa, compreso il progetto architettonico. Siamo partiti nel 2007 come associazione (www. coabitare.org). Il primo step è stato cercare l edificio giusto (un vecchio stabile a Porta Palazzo) e poi tradurre i sogni e i bisogni in spazi per tutti. Ognuno ha espresso desideri ed esigenze, e abbiamo deciso di ridurre all essenziale gli spazi individuali a vantaggio di quelli collettivi: la lavanderia in cambio del terrazzo, una stanza in meno in cambio del micronido al pianterreno. Il progetto di vita ha preso forma insieme a quello architettonico: più definivamo gli spazi, più ci chiarivamo le idee e miglioravamo le relazioni. Il risultato? Un progetto che ci somiglia. A quel punto, ci siamo costituiti in cooperativa edile, abbiamo fatto l offerta e comprato lo stabile. Per coprire la ristrutturazione abbiamo fatto un mutuo con Banca Etica: i lavori sono iniziati a giugno e finiranno a settempre 2011, in parte fatti da noi, in parte da un impresa. Il prossimo step? Definire il regolamento di condominio: ma non vogliamo avere troppo regole. Ci bastano due principi: chiara mossetti avere rispetto degli altri ed essere responsabili». di notte segui...julius I cohousers di Numerozero a Torino nel loro terrazzo in ristrutturazione. quotidiani e la volontà di migliorare la qualità della vita fa maturare la scelta della coabitazione». Ma non bastano le intenzioni per una felice convivenza. È la capacità di gestire le relazioni fra i vicini il nodo centrale e più delicato delle esperienze di coabitazione. «Ci deve essere una totale consapev- c h i a r a m i r e l l i, m a t t e o n o b i l e

S t i l i d i v i t a c o n t e m p o r a n e i È il momento dell aperitivo per i cohousers dell Urban Village di Bovisa. olezza delle scelte che si stanno per compiere, per evitare successivi pentimenti. Proprio per raggiungere questo obiettivo i cohousers fanno un percorso di crescita collettivo, con psicologi di gruppo, counselor ed esperti che aiutano a risolvere e superare i problemi e i conflitti che si possono riscontrare in una convivenza», dice Lietaert. È come un laboratorio di tolleranza «Il percorso può durare anche un paio di anni», gli fa eco Presti. «Mentre cercano l edificio che corrisponde alle loro esigenze, i cohousers fanno degli incontri settimanali per approfondire la conoscenza reciproca e per mettere a fuoco bisogni e desideri che dovranno materializzarsi negli spazi privati e collettivi. Per riuscirci a volte chiedono l aiuto del cosiddetto facilitatore: un professionista che utilizza il metodo del consenso, insegna a superare gli screzi e a prendere decisioni totalmente condivise». Qui non si decide in base alla maggioranza, ma solo se c è la totale adesione di tutti i membri che non sempre è facile da ottenere. «Le persone sono invitate a esprimere la propria opinione: parlare è un diritto e Paola maraone Milano: buon senso e cortesia Paola Maraone, giornalista e scrittrice, cohouser di Urban Village Bovisa a Milano. «Noi coabitiamo già da un anno e siamo felici di questa esperienza. Ognuno di noi ha trovato la sua dimensione, individuale e collettiva. La nostra storia è iniziata nel 2006 con un idea lanciata dalla società Cohousing Ventures (http://cohousing. it) in collaborazione con il Politecnico di Milano. Per 3 anni abbiamo lavorato insieme al progetto, con l aiuto di un counselor, e tutti gli spazi sono stati pensati tenendo conto delle esigenze di ogni nucleo familiare. Ci siamo dati un regolamento condominiale basato sulla cortesia e sul buon senso. Qui prima c era una vecchia fabbrica di barattoli, adesso 32 appartamenti abitati da 50 persone, un giardino (che stiamo terminando di sistemare), una piscina, una cucina comune, la stanza dei giochi per i bambini, l hobby room e la lavanderia. Ogni spazio comune ha un responsabile, che lo gestisce e ne organizza le attività. Per esempio, se qualcuno vuole fare una festa in piscina con degli amici, avvisa il responsabile e verifica che non ci siano altre richieste per lo stesso giorno. La conseguenza? Che qui stiamo cosi bene insieme che non abbiamo più voglia di uscire. E sono sempre i nostri amici a doverci venire a trovare». un dovere. Partecipazione e interazione sono requisiti fondamentali, insieme alla volontà di superare i conflitti». «È la qualità della relazione a fare la differenza», aggiunge Sapio. «È come se fosse un laboratorio di tolleranza e di civiltà. Per una felice riuscita si deve accettare l altro». Ferrara: noi eravamo un Gas STELLA MALGRATI Stella Malgrati, sviluppatrice web, futura cohouser di Solidaria a Ferrara (www.cohousingsolidaria.org). «Il nostro gruppo si è costituito a partire da un Gas, un gruppo di acquisto solidale: volevamo tutti migliorare la qualità della nostra vita ed è stato un passaggio naturale. Ci siamo costituiti in associazione e abbiamo avviato la ricerca dello spazio. Dopo una ventina di sopralluoghi, forse lo abbiamo trovato: un casolare da ristrutturare per accogliere 15 famiglie. Con un architetto abbiamo fatto un pre-progetto per capire come dividere gli spazi e avere un idea dei costi effettivi. Abbiamo anche contattato l amministrazione locale per avere un sostegno e verificare se c è dell interesse per tutta la città». Economia della solidarietà «Il cohousing non risponde a un credo ideologico, ma a delle esigenze sociali», insiste Lietart. «I Sono le donne spesso a trarre più benefici dalla gestione condivisa delle famiglie. s e b a s t i a n o r o s s i

s t i l i d i v i t a c o n t e m p o r a n e i vantaggi sono molteplici: ambientali, economici e pratici. L impatto ecologico di un condominio di cohousers può arrivare fino al 50 per cento in meno di un un edificio normale. I palazzi sono spesso costruiti (o ristrutturati) nel rispetto dell architettura sostenibile, con materiali eco e dotati di sistemi per il risparmio energetico. Bisogna poi considerare il Lodi: amici da anni ANDREA SPALLA Andrea Spalla, 45 anni, manager e amministratore di condominio della Cascina Torchio in provincia di Lodi. «Siamo un gruppo di amici che si conoscono da 30 anni. Ci siamo sempre frequentati e abbiamo passato tutte le vacanze insieme: più crescevamo più eravamo convinti di voler vivere vicino, per invecchiare insieme e creare una vera comunità. Nel corso degli anni abbiamo cercato di trovare casa in zone limitrofe gli uni agli altri, fino a quando, 4 anni fa, abbiamo visto questa cascina in rovina... Abbiamo cominciato a fantasticare, fino a convincerci che il nostro sogno sarebbe potuto trasformarsi in realtà, e ci siamo attivati per realizzarlo. Con un impresa e un archittetto abbiamo ricavato 18 appartamenti più degli spazi comuni: un ampio giardino, una biblioteca, una cucina, un grande living, e una cappella. Ci siamo trasferiti nel corso del 2009 e stiamo completando gli ultimi lavori. Siamo 30 adulti e 30 bambini e crediamo profondamente che vivere insieme possa completarci e dare un nuovo senso alle nostre vite. Ci aiutiamo, ci sosteniamo e facciamo molte attività formative: dalle lezioni di informatica ai laboratori di danza. Nel nostro percorso non sono intervenuti esperti o counselor, ma fra di noi c è un sacerdote, professore all università Cattolica di Milano, che è anche la nostra guida. Lui ci ha aiutato a focalizzare i nostri desideri». guadagno economico per le singole famiglie, che godono di una grande riduzione dei costi». «Le famiglie hanno bisogni molto simili, e questo può dar vita all esperienza della banca del tempo fra vicini: ti porto il bambino a scuola, in cambio della spesa; ti bagno l orto, in cambio della sostituzione delle lampadine. Si crea una nuova forma di economia basata sulla solidarietà. Tutti guadagnano in tempo libero e organizzazione ma sono soprattutto le donne a trarne i maggiori benefici: le incombenze della vita quotidiana si possono allegerire nettamente nella condivisione», continua Presti. Non è tutto. Anche la comunità locale, esterna all edificio, può trarre vantaggio da questa nuova forma dell abitare. «Molti progetti di cohousing prevedono degli spazi, dei servizi e delle attività aperti a tutta la cittadinanza. Come asili e micronidi», afferma Lietaert. «L obiettivo», conclude Sapio, «è inserire nel territorio un modello abitativo e di vita diverso. Finora è stato lasciato all iniziativa di singoli cittadini. L ideale sarebbe avere un piano regolatore che preveda condomini di cohousing, come avviene nei Paesi scandinavi e progettare in funzione della coabitazione». Perché su una cosa sono tutti d accordo: il cohousing aumenta il Fil, l indicatore della felicità interna lorda che sta sostituendo il Pil nel valutare il benessere e la qualità di vita delle persone. Esperti e cohousers sono d accordo il nuovo stile di vita aumenta il Fil, l indicatore della felicità interna lorda. Sopra e a sinistra: tutti al lavoro nel giardino della Cascina Torchio. 6