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Sergio Scariolo: Lo sport non si fa solo in campo, ma anche fuori: si tratta di dar vita a una cultura sportiva. Il declino della cultura dei Tengger, antico popolo indonesiano, ammaliato dall industria del turismo di massa. Crociera ai confini del mondo alla volta del leggendario Capo Horn, dove la natura selvaggia regna sovrana. Diego Dominguez e il tennis: una passione nata da bambino e che continua sui campi di terra rossa del TCM.

Lo scorso 6 novembre in via Solari a Milano un gesto tanto banale e usuale, come l apertura improvvisa e distratta della portiera di un auto, ha provocato una tragedia che ha spento la vita di un bambino di soli 12 anni e segnato per sempre quella di una giovane ragazza e di un incolpevole tramviere. È solo l ennesimo episodio di una guerra dove basta un gesto, anche il più normale, per diventare in un attimo vittima o carnefice. Il degrado del senso civico che ogni giorno ci vede protagonisti o spettatori sulle strade di Milano è lo specchio perfetto di un malessere più ampio che, in modo trasversale, coinvolge tutti: cittadini, istituzioni, aziende pubbliche. Queste ultime, inefficienti per statuto e con cda pieni di parcheggiati politici, istituzioni incapaci di fornire soluzioni e imporre regole, cittadini in preda a raptus da mandria impazzita in un sistema dove a vincere è il più forte e il più veloce, e dove le regole vengono viste come un inutile ostacolo. Un mix infernale che rende le nostre strade una imprevedibile roulette russa. In questi mesi abbiamo assistito a ciclisti investiti (il bambino di via Solari non è purtroppo il primo), un pensionato che perde la testa e investe a morte un giovane in scooter che lo aveva insultato e gli aveva sputato addosso per una precedenza, un tassista ucciso a pugni per aver investito un cane, e chissà quanti altri episodi non usciti sulle cronache locali e nazionali. Storie, queste ultime, accomunate da un tasso di adrenalina e aggressività fuori controllo e un totale azzeramento del livello minimo di convivenza civile, per recuperare il quale sarebbe grave e troppo furbo far ricadere la colpa sulle assenze delle istituzioni. Qualche tempo fa, in coda a un semaforo, mi capitò di assistere a una scena emblematica: un auto si fermò, in panne, in mezzo all incrocio tra piazzale Cantore e corso Genova. A bordo una signora anziana. Appena scattato il semaforo verde nel suo senso di marcia le auto in coda iniziarono a sorpassarla, schivandola e mandandola a quel paese tra un frastuono di clacson. La fretta di non perdere neppure un secondo era troppo forte e nessuno sembrava capire che il modo più civile ed efficiente per risolvere la situazione era aiutare la povera signora a risolvere il suo problema. Assieme a un passante e un altro automobilista spingemmo la sua auto fuori dall incrocio. Dopo un istante mi trovai solo con la signora parcheggiata con le 4 frecce in un punto dove non poteva più disturbare: i miei due compagni si erano immediatamente dileguati appena l auto non era più di intralcio a nessuno. Chiamai un meccanico lì vicino e me ne andai anch io. Con un certo senso di nausea. Si può discutere della fatalità, delle regole non rispettate oppure dell azzardo di girare in bicicletta per Milano, dove la maggior parte delle piste ciclabili si interrompono come per incanto in mezzo a una strada. Certo è che a volte basterebbe un bel respiro e un attimo di attenzione in più, nella consapevolezza che ogni volta che ci mettiamo al volante ci trasformiamo in potenziali omicidi. Rovinarsi la vita e rovinarla a un nostro concittadino è un attimo. Cinicamente bisogna ringraziare la giovanissima età della vittima di questa ulteriore tragedia. Se fosse stato un cingalese di 45 anni non ne avremmo parlato.

Il mio destino è sempre stato Milano. Io non lo sapevo, io non lo immaginavo, ma già questo era scritto per me quando ero un ragazzo di provincia stretto tra il mare e i monti che tifava per il Genoa, per la Pro Recco pallanuoto, per Giacomo Agostini sulla MV Agusta, per Felice Gimondi e per il Simmenthal. Io neanche sapevo che il suo nome vero era Olimpia, che quello era solo lo sponsor. Ma in quelle sfide tra Varese e Milano, io stavo sempre per Milano. Tra l altro il basket, non era (e non è) neanche il mio sport preferito, però io tifavo Olimpia. Non c era una ragione particolare, puro istinto. Poi, salito dal mare alla pianura, quando ho cominciato a fare il giornalista avevo accanto un gigante (del giornalismo e anche di fisico) come Oscar Eleni che dell Olimpia è stato il supremo cantore. A casa sua ho conosciuto Tony Cappellari e Franco Casalini. Erano i tempi magici di Dan Peterson e di Meneghin, D Antoni, Doo-Doo McAdoo. Come vorrei che tornassero. Confesso che le mie conoscenze di basket si fermano ad allora, come un tifoso deluso. Ora l Olimpia ha un ottimo tecnico in panchina, Sergio Scariolo, e tenta di ostacolare la noiosissima supremazia di Siena. Io spero che se la cavi, io spero di tornare a vedere una bella vittoria. Tifo per Milano, sempre. È la città dove vivo e dove sono nati i miei figli. Tifo per Milano anche con l Ecotass che partirà a gennaio. Mentre scrivo questo editoriale ho ancora nel cuore la storia di quel ragazzino travolto dal tram per colpa di un auto in doppia fila. Perché questo è il problema. Il problema è l educazione. Non solo le piste ciclabili, le domeniche a piedi, la tassa da pagare per andare in centro in auto. Il problema è l educazione e dopo le regole. Le auto non sono cattive. È maleducato chi le guida, chi le posteggia selvaggiamente. E vogliamo parlare di certi mezzi pubblici i cui guidatori si comportano né più né meno di certi automobilisti convinti che la strada sia una loro proprietà? Ma dappertutto, in questo paese, a livello nazionale e a livello locale, si crede che per risolvere il problema si debba rimuoverlo. Che enorme illusione. Il problema bisogna affrontarlo. Non mi piace questa tassa, non mi piace dover pagare per andare a vedere il Duomo. Però tifo per Milano, anche questa volta. Tifo per Milano come faccio da trent anni, sperando che ce la caviamo.

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Uno dei giochi che va per la maggiore nella settimana enigmistica è quello delle differenze. Volendo essere più originali, nelle prossime righe si farà l opposto: si tenterà di spiegare i punti in comune tra un personaggio di storia e uno di sport. Da una parte Re Mida. Chi sia lo ricorda Wikipedia, figlio adottivo di Gordio e di Cibele, fu un mitico re della Frigia. È molto celebre il suo proverbiale tocco d oro: la capacità di trasformare in metallo prezioso qualsiasi cosa. Dall altra parte, Sergio Scariolo. Wikipedia suggerisce ancora: Sergio Scariolo (Brescia, 1º aprile 1961) è un allenatore di pallacanestro italiano. Chiarito questo, basta confrontarlo con il personaggio precedente e iniziare a giocare: cos hanno in comune? Un regno no di certo. Qualcosa di più concreto, però, forse sì. Vincere è l obiettivo di chiunque pratichi sport a livello professionistico. La sconfitta è uno dei motivi per cui non si dorme la notte, dopo una gara non importa poi molto se la prestazione sia stata buona o scarsa a livello di gioco, per chi compete prima di tutto viene la vittoria. Sergio Scariolo ha iniziato molto presto a occuparsi di sport, e lo ha fatto nell unico modo che conta. Vincendo. Nel 1990, a soli 29 anni, conquista a Pesaro il primo scudetto, oltre a una finale di Coppa Korac. Nel 1993 viene eletto miglior allenatore del campionato. Ma l Italia gli sta stretta e 3 anni dopo va in Spagna. Dove passa e soprattutto fa passare ai tifosi una gran bella vita intorno al parquet: 1999, la sua prima Coppa del Re con il Tau Vitoria. 2000, Real Madrid: ecco lo scudetto. 2005, seconda Coppa del Re, ma con l Unicaja Malaga, l anno dopo bis di campionato. Passa in seguito alla guida del Khimki Mosca dal 2008 al 2010, ma non è solo vita da club: nel febbraio 2009 firma per la nazionale iberica, con cui conquista un primo Europeo nel 2009 e un secondo nel settembre 2011. Prima di alzare il trofeo, però, altra sfida: firma per l Olimpia Milano, è l atteso rientro in Italia. Sfruttando le competenze di questo prodotto d esportazione vincente, forse è più semplice analizzare i limiti dello sport italiano, magari prendendo d esempio proprio i vicini spagnoli. Come spiega, alla luce delle vittorie conquistate in Asturia e dintorni, lo scarso successo azzurro a livello internazionale? In Spagna esiste una situazione di impianti sportivi 100 volte migliore della nostra, forse anche 1000. La presenza di sport nelle scuole, in particolare, è migliore. E il risultato si vede 10, 20 anni dopo, in sala trofei. Bisogna intervenire dal basso, per ritrovarsi una squadra sorridente sul podio più alto di Olimpiadi, Mondiali oppure Europei. Mettere un Gallinari o un Bargnani in formazione non basta: serve un movimento più ampio, i talenti vanno coltivati da subito in un ottica d insieme, mettendo loro a disposizione i mezzi necessari. E da subito significa proprio nelle scuole. Ci sono atleti spagnoli che vincono e stravincono, come ad esempio Nadal, atleti italiani che si trasferiscono lì per vincere, vedi Pennetta, e le nazionali e i club spagnoli dominano basket e calcio. Segno che oltre ai mezzi serve qualcos altro, qualcosa in più, al di là del discorso impianti sportivi? Certamente. In Spagna lo sport tutto ha un ruolo di primo piano nella vita dell intero Paese, a differenza di quanto si respira in Italia. Come risolvere la situazione? Fornire i mezzi, e poi? Serve un cambio di mentalità. La situazione generale non è poi così negativa, gli elementi su cui investire in fondo esistono, ma bisogna saperli trovare e dimostrare la volontà concreta di lavorarci sopra. Troppo spesso, invece, si passa il tempo a piangersi addosso, finendo per dipingere le cose addirittura peggiori di quelle che sono, e questo non serve a niente se non a creare un circolo vizioso di negatività. In un clima simile è impossibile riuscire a sviluppare un progetto concreto. Qualche volta bisognerebbe saper mettere la polvere sotto il tappeto, e quando è possibile pulirlo. Il ritorno è stato così dolce come si aspettava? Il calendario ha regalato la partita d esordio in casa contro Cimberio Varese, vinta 89 a 75. Una serata quasi perfetta. Quasi, perché mi ha sorpreso l effetto scatenato su tribune e stampa: un euforia assolutamente negativa. Non aveva senso tanto entusiasmo, i risultati delle prime settimane non hanno valore, tirare fuori conclusioni tanto positive così presto è pericoloso. Lo sport non si fa solo in campo, ma anche fuori: si tratta di cultura sportiva. Significa trattare lo sport nel modo equilibrato, le critiche servono ma devono

essere fondate, così come l entusiasmo. Cultura sportiva: strano concetto, ai molti sconosciuto. Chi ha il compito di svilupparla? Le scuole, è questo l ambiente di base da cui parte il progetto che intendo. Ancora una volta è qui che bisogna intervenire, ma i mezzi di cui i ragazzi hanno bisogno per diventare atleti non sono solo strutture, palestre e campi. La scuola ha anche il compito di educare i bambini ai valori della cultura sportiva, prima che diventino ragazzi e facciano il loro ingresso nelle società professionistiche. Qui invece non si ha più la possibilità di aspettare: a differenza di una scuola una società vive puramente di risultati. Iniziando così presto a vivere lo sport non si corre il rischio di finire come Ibrahimovic o Cassano, che annunciano la conclusione della loro carriera intorno ai 30 anni? Capisco i loro casi, ma non li condivido. E, soprattutto, lo stress di cui parlano deriva ancora una volta dal malcostume italiano. In Italia all entusiasmo facile si affiancano critiche eccessive da una partita di campionato all altra con troppa facilità. Il segreto, non tanto nascosto, è non leggere i giornali: meglio tirare dritto. Alla prima sconfitta riempiono pagine e pagine di giudizi negativi, se ti lasci condizionare sei finito, perdi la voglia di entrare in campo. A me non succede semplicemente perché il mio riferimento è la squadra, la società, il Presidente. Non la stampa. Non leggerà i giornali, ma avrà notato l entusiasmo generato dall esordio con vittoria. Come accontentare ancora i tifosi? Quanto devono aspettare per rivedere le scarpette rosse alzare un trofeo che conta? Chi guida una squadra che gioca insieme da molti anni, basata su un gruppo di veterani, può anche pensare di vincere immediatamente. Se, viceversa, i giocatori si conoscono poco l un l altro o sono molto giovani, allora deve passare un tempo fisiologico prima di vedere i risultati del proprio lavoro. Questo è il caso dell Olimpia, che deve ancora trovare affiatamento: abbiamo investito molto sul mercato per creare un gruppo omogeneo, formato sia da elementi di esperienza sia da giovani su cui investire. Premesso questo, è chiaro a tutti che quello che conta è quanto si semina, quanto rimane dai tuoi sforzi, quanto hai raccolto. E questo lo valuteremo solo a posteriori, adesso è impossibile farlo. Due cose sono certe, per ora: che ho firmato un contratto triennale e che quanto vinceremo dipenderà dalla qualità del nostro lavoro e dalla personalità dei nostri giocatori. A proposito di giocatori. Il ritorno di Danilo Gallinari ha lasciato un segno sulle vendite degli abbonamenti per l intera stagione. E qualcosa di simile poteva avvenire non molto lontano da qui, a Bologna, se grazie al lockout Kobe Bryant avesse deciso di trasferirsi alla Virtus. Tutto nella piena consapevolezza che entrambi, prima o poi, faranno le valigie per tornarsene negli Stati Uniti. Ma sono questi uomini da ingaggi d oro targati NBA che fanno la differenza nel corso della stagione? Bisogna distinguere tra i contributi permanenti e quelli temporanei, che creano effervescenza ma in realtà sono fini a sé stessi. L annuncio di Bryant

Cerco prima di tutto una squadra affidabile, fondata sul massimo equilibrio, dotata di un identità chiara a Bologna, per esempio, è servito per parlare di pallacanestro in Italia, ancor meglio di una società in particolare, ma si tratta solo di tante chiacchiere e pochi fatti, visto che poi non c è stata alcuna firma. Di fatti se ne devono ancora vedere anche per l arrivo di Gallinari: è un grande campione, su questo nessuno discute, per ora c è e ce lo teniamo stretto, ma il dato maggiore dal suo arrivo a oggi è rappresentato dalle tante persone arrivate al Forum per il suo esordio, e questo non è un aspetto concreto. Dal presente al futuro: com è l Olimpia dei suoi desideri? Non è e non può essere quella dei primi mesi, né probabilmente del primo anno. La squadra ha cambiato tanto, l obiettivo è raggiungere un buon livello di maturità e stabilità. Non mi importano i classici picchi di prestazione, che invece qualsiasi squadra può offrire in ogni momento della stagione, e che diventano solo chiacchiere per giornalisti e tribune. Come ogni allenatore cerco prima di tutto una squadra affidabile, fondata sul massimo equilibrio, dotata di un identità chiara, con punti forti cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà. Sicuro, chiaro, netto, ma ci sarà stato pur un modello in questo coach tutto d un pezzo? Mio padre. Maestro per tenacia, perseveranza, determinazione sul lavoro ma anche per comprensione. Poi, ovviamente, oltre a lui i miei riferimenti sono i mille colleghi, seguiti da altrettante persone provenienti da altri settori. Sono un curioso, attento nel rubare una frase, un idea o anche solo uno spunto, da chi mi sta intorno. Esiste una Fondazione che porta il nome di tuo padre È nata dopo la sua morte, tre anni fa, ed ha il chiaro e concreto obiettivo di dare appoggio assistenziale e sociale ai malati oncologici. I bambini che soffrono di leucemia e linfoma sono i principali destinatari, a loro cerchiamo di garantire continuità negli aiuti e sostegno nei mezzi, per spianargli la strada verso la comprensione e l accettazione della malattia. Legata alla Fondazione c è anche la Pizarra tecnica, di cosa si tratta? Dopo molti anni di esperienza come coach ho ideato e disegnato una lavagnetta per indicare ai giocatori i movimenti giusti. È studiata per cancellare gli schemi segnati con un semplice gesto. Ma la cosa importante non è tanto la lavagnetta in sé quanto il suo secondo fine: costa 20 euro e il ricavato viene devoluto per metà proprio alla Fondazione e all Associazione Donatori Midollo Osseo. Nell augurio che la Pizarra tecnica illustri sempre la strada giusta, sia sincero: ha fatto un pensierino speciale sulla sua nazionale, dopo il secondo Europeo? Con la Spagna punto alle Olimpiadi di Londra 2012, sarebbe un bellissimo ultimo passo con cui chiudere il progetto. Tanti sono invece gli step da fare ancora con l Olimpia, ma mi piacerebbe che fossimo già sulla retta via: l obiettivo è quello di alzare un trofeo entro tre anni. Spero che Milano non faccia eccezione: ho vinto qualcosa dappertutto, mi manca solo di ottenere un successo qui!

Immaginate di premere un bottone e creare una lampada. E poi un vaso. E poi tutto l arredamento di casa. Con il 3D Printing questo sogno è destinato a diventare realtà. Se è vero che sono proprio le idee folli a partorire i progetti più rivoluzionari, è allora chiaro che la tecnica del 3D Printing sia destinata a cambiare radicalmente molti aspetti della nostra vita: ciò che sorge come una fantasia si trasforma in una realtà in grado di mutare i concetti di design, arte e mondo digitale. Nato come una semplice sperimentazione tra appassionati di elettronica e concepito come la naturale evoluzione della stampa tradizionale in due dimensioni, il 3D Printing consente di riprodurre modelli 3D attraverso l impiego di specifici software CAD e di sistemi per la modellazione di materiali polimerici in tre dimensioni: in poche parole diviene possibile stampare oggetti. Queste stampanti altro non sono che veri e propri impianti di prototipazione, che fino a oggi sono stati impiegati in campo industriale per la creazione di pezzi unici e, appunto, prototipi. La macchina è in grado di leggere il modello virtuale e di scomporlo in sottili strati in sezione trasversale che, una volta riprodotti su materiali termoplastici e addizionati gli uni sugli altri, permettono all oggetto di venire letteralmente alla luce, emergendo, è il caso di dirlo, da una placenta fatta di polimeri liquidi. Con il passare del tempo, l abbattimento dei costi di gestione e produzione ha sollevato l interesse del mondo del design e dell arte, da sempre alla ricerca di un modo per oltrepassare quelli che sono i limiti tradizionali imposti dalle possibilità tecniche. La stampa 3D amplifica infatti in modo praticamente infinito tutte le potenzialità espressive e creative del designer, traducendo in realtà oggetti che fino a qualche anno fa erano di fatto irrealizzabili. Il grande vantaggio è proprio quello di aver trovato il connubio perfetto tra la personalizzazione e l originalità proprie dell artigianato con un tipo di produzione industriale e massificata: un aspetto destinato a incidere enormemente su tutto quello che oggi consideriamo come prodotto artistico. Il designer diventa così un progettista digitale che nel giro di poche ore è in grado di trasformare un idea in un oggetto concreto da lanciare sul mercato: quello che una volta necessitava mesi tra

La stampa 3D amplifica in modo infinito le potenzialità espressive e creative del designer progettazione e realizzazione su scala oggi richiede molto meno tempo, in quanto non c è bisogno di innumerevoli attrezzature, non si producono scarti e non serve nemmeno un magazzino. Gli sviluppi futuri del digital design sono tutt oggi imprevedibili: quello che rimane certo è il successo di quei soggetti che tra i primi sono riusciti a intercettare questa tendenza e proporre ai consumatori articoli di uso quotidiano dallo stile e dalle caratteristiche tecniche esclusive..exnovo è una delle prime realtà ad aver aperto il proprio mercato alle cosiddette sculture digitali. Gli elementi di arredo e gli oggetti esclusivi per la casa sono concepiti e realizzati attraverso l uso della stampa 3D e della sinterizzazione, il processo industriale che permette la compattazione delle polveri di nylon in un unico materiale indivisibile. Si realizzano in questo modo strutture dal design elevato, studiate senza le preoccupazioni imposte dai vincoli della produzione e della destinazione d uso: l azienda propone collezioni dal design ardito, come le lampade a fiore o i vassoi dalle forme uniche, ispirate tanto al mondo organico della biologia e della natura quanto a quello della matematica e dei frattali. Queste tecnologie superano i convenzionali limiti geometrici, dando vita a forme con inediti livelli di complessità, conferma Fabio Ciciani, direttore commerciale per.exnovo e grande sostenitore del 3D Printing. È in corso una piccola rivoluzione industriale digitale, esattamente come è successo nel settore musicale e sta succedendo nel mercato dell editoria. La possibilità di superare i limiti imposti dalla massificazione permette alla tecnologia di realizzare pezzi unici completamente su misura, con un grado di customizzazione totale. Nel lungo termine - prosegue Ciciani - la gente potrà ordinare un prodotto direttamente sul web, scaricando un file e realizzandolo in autonomia con le stampanti 3D. Le opere di design diventano insomma opere d arte tout court e la produzione industriale si trasforma in una pura espressione artistica dalle infinite possibilità di sviluppo.

Tra paesaggi vulcanici, sabbia e ceneri, in una zona inospitale e isolata, l antico popolo dei Tengger ha protetto per secoli la propria cultura. Ma oggi, che il parco nazionale Bromo- Tengger-Semeru è diventato uno dei luoghi più visitati dell Indonesia, anche i Tengger cedono alle lusinghe della famelica industria turistica indonesiana. In nome della lotta alla povertà anche cultura e tradizioni sono ormai in vendita.

Passionale e sofisticato incanta uomini e donne di ogni età e fa riscoprire ruoli e gesti dimenticati. Un ballo considerato dai medici terapeutico per la mente e le relazioni umane. Il ballo proibito è oggi un fenomeno sociale anche in Italia. Dopo il successo dei ritmi caraibici, ormai inflazionati e massificati, da qualche anno a questa parte il Bel Paese riscopre un particolare legame, non calcistico, con l Argentina. I numeri del tango non sono certamente gli stessi delle danze latine, sia per la musica più sofisticata che per la costanza necessaria per apprenderne le dinamiche, ma è certo che nelle principali città italiane ci si può sentire tangueros quasi tutte le sere. A Milano le milongas (la milonga, oltre a un genere musicale è anche il nome argentino per indicare il luogo in cui si balla) più in voga sono l Arci Bellezza, Il Maglio, la Comuna Baires e La Mariposa. Ma la lista dei locali che coprono l intera settimana è davvero lunga, basta per esempio visitare il sito www.faitango.it per farsi un idea delle innumerevoli serate offerte. La magia di un tango dura circa tre minuti: dopo uno sguardo d intesa, che secondo la tradizione funge da invito, i due ballerini si chiudono in un abbraccio, diventano una cosa sola e sul respiro di una melodia vivono la tensione di un incontro, lasciando il mondo fuori. In questo ballo l abbraccio è molto importante spiega Alberto Colombo (www.spaziotango.com), maestro di esperienza ventennale tra i più apprezzati a livello nazionale, che nel lontano 1994 è stato il primo ad aprire una milonga a Milano la parte superiore del corpo è quella che si avvicina di più rispetto ad altri balli, un po quello che accade nella vita con le persone care. Si può dire che nell abbraccio del tango si avvicinano i cuori, la parte emotiva, forse quella più difficile da accostare a un altra persona, per di più se si tratta di uno sconosciuto. Il suo fascino è anche questo, soprattutto in una società dove risulta sempre più difficile avere una qualsiasi forma di contatto fisico. La musica del tango nasce da un miscuglio di culture tra le strade malfamate di Buenos Aires, punto di raccolta di migliaia d immigrati provenienti da ogni parte del mondo. Inizialmente viene considerato un ballo proibito (per l eccessiva connotazione sensuale) e popolare, ma i movimenti

e la sue note rapiscono ogni strato sociale, diffondendosi così nei bordelli come nelle più eleganti feste della borghesia porteña. Arriverà in Europa a inizio secolo, trovando il successo prima a Parigi e poi nel resto del Vecchio Continente. Scomparso quasi del tutto durante la dittatura militare argentina a causa delle continue retate dei militari nelle sale da ballo, il tango riemerge dagli scantinati con la fine del regime. Da quel momento in avanti, come un animale in continua evoluzione, non smette più di crescere e trasformarsi. Oggi in pista si possono ballare tanghi degli anni Venti e Trenta, così come le impegnative e struggenti melodie di Piazzolla o Pugliese, passando per le più recenti sonorità elettroniche di gruppi come i Gotan Project, Narcotango e Tanghetto. Sostanzialmente due sono gli stili nel tango: il milonguero e il tango salón prosegue Alberto Colombo Il primo ha un abbraccio molto chiuso e i ballerini sono sbilanciati in avanti l uno verso l altro, aspetto che condiziona anche lo stile dei passi. Nel tango salon, invece, che va per la maggiore tra i giovani, i ballerini rimangono ognuno sul proprio asse, riuscendo così a eseguire movimenti più dinamici sempre in evoluzione. Cambiano i tempi e anche nell abbigliamento c è una netta rottura con il passato, oggi le nuove generazioni di tangueros vanno spesso a ballare in jeans e maglietta. Sulle scarpe invece non si transige. Anzi, queste ultime sono il biglietto da visita di un ballerino, soprattutto per le donne, che devono abituarsi a volteggiare dall alto di tacchi che misurano almeno 8 centimetri. La forza coinvolgente del tango non è legata solo alla sua musica, ma anche a quell insieme di gesti che sono di contorno al ballo. Si dice che oggi sia difficile comunicare e che uomo e donna abbiano dimenticato alcuni tratti propri di vecchi ruoli. Nel tango tutto questo ritorna prepotentemente. Chi vuole ballare deve accettare di toccare l altro, di guardare e di essere guardato. L invito avviene spesso con gli occhi, l uomo cabecea, cioè ricerca lo sguardo della donna compiendo un lieve cenno con il capo e, se la donna accetta, i due si incontrano a bordo pista. Chi balla tango viene a

Nell abbraccio del tango si avvicinano i cuori, la parte emotiva, forse quella più difficile da accostare a una persona far parte di una tribù globale, con comportamenti condivisi ben precisi. Andare in un luogo in cui ci sono dei codici comuni da rispettare e dove non viene messo tutto in discussione ogni volta è comodo e rilassante continua Colombo Non c è bisogno di capire chi hai di fronte e ridiscutere tutte le volte le regole e questo vale in qualsiasi parte del mondo. Quando entri in milonga, a Milano come a Berlino, non c è niente da capire, non importa chi sei, un professionista o un operaio, conta solo com è il tuo abbraccio e se balli bene o male. Nel tango, in cui non ci sono dei passi che si ripetono come nelle danze standard, è l uomo che propone alla donna delle dinamiche, la quale segue e si abbandona a tal punto da danzare spesso con gli occhi chiusi. Per la ballerina il fatto di lasciarsi portare non vuol dire avere un ruolo passivo e subordinato. Entrambi i partner devono essere in ascolto l uno dell altro per ricercare un intesa e un dialogo non verbale, fatto di un continuo attrarsi e respingersi in cui ciascun ballerino marca il proprio territorio, lasciando però al tempo stesso che l altro lo invada. Che il ballo sia terapeutico e che migliori tono e mobilità muscolare non è una novità. Secondo alcuni studi compiuti dai ricercatori della McGill University di Montréal, si è scoperto che il tango ha effetti benefici anche sul cervello, più di altre danze. Gli studiosi canadesi, infatti, sostengono che sia il ballo ideale per migliorare e conservare le funzioni cognitive. I motivi sono due: la specifica componente musicale e la grande creatività richiesta a livello motorio (nel tango argentino tutto è improvvisazione). Le percussioni del tango sono medio-basse e per questo distensive e insieme tonificanti, in grado di attivare positivamente più aree cerebrali. La complessità e la varietà dei passi, oltre a richiedere disciplina e rigore, contribuisce a rendere il cervello più attivo, facendo divenire il ballerino coreografo di se stesso. Molti psicologi, poi, lo consigliano anche come terapia di coppia. Tramite il ballo si può infatti riscoprire il gioco della seduzione e dei ruoli, almeno nella magia di quei famosi tre minuti.

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Viaggiare con stile di casa in casa è una moda che sta contagiando migliaia di persone. Il merito è di una web community che apre le porte di alloggi unici nel centro delle più belle città del mondo. Tra i sogni di chi viaggia per business o per puro piacere c è quello di alloggiare in un ambiente più caldo e familiare dell asettica stanza di un albergo, senza però rinunciare a nessuno dei comfort di un hotel a 5 stelle. Ora, grazie ad Airbnb.com, un network che apre le porte di alloggi unici ed esclusivi in giro per il mondo, questo diventa possibile. Da Soho a Montmartre, dal centro di Milano alle villette fronte mare di Bondi Beach a Sydney, Airbnb.com dà la possibilità ai suoi utenti di trovare sistemazioni straordinarie nelle località più ambite. L idea è quella di entrare in contatto con persone che hanno uno spazio da affittare, ma non uno spazio qualunque, bensì una maison curata, arredata come una casa propria e localizzata a qualsiasi latitudine in zone strategiche. Ho ristrutturato l appartamento ispirandomi all atmosfera del Ryokan, l antico albergo tradizionale giapponese, ma adattandola agli standard di comfort occidentali spiega Antonia Cortella, medico, che ha da qualche tempo inserito il suo annuncio, B&B Antica Brera, su Airbnb.com, mettendo a disposizione un appartamento di 90 metri quadri nel centralissimo quartiere Brera Avevo in testa questo progetto da sempre ed è diventato un ottimo investimento. L appartamento, dall arredo ricercato, offre una suggestiva vista sui tetti di via Solferino ed il risultato è una casa-suite a uso esclusivo nel cuore della vecchia Milano. Airbnb.com è diventato il veicolo per far conoscere questo alloggio in tutto il mondo e, a solo una settimana dall iscrizione al sito, era già arrivata la prima richiesta di alloggio. Il prezzo è di circa 150 euro a notte, poi ovviamente la tariffa può variare in base al periodo e per quanto tempo si prende in affitto l appartamento. Oggi sul sito Airbnb.com sono pubblicati circa 100 mila annunci. Questo rent network è diffuso in 192 paesi e mette a disposizione alloggi da affittare in più di 19.000 città. Controllare la disponibilità di una casa in giro per il mondo è facile, basta scegliere la destinazione, guardare le foto e la posizione sulla mappa e successivamente contattare il proprietario. Anche per coloro che vogliono entrare nella cerchia di chi offre un tetto di classe, le tempi-

stiche sono immediate: pochi campi da compilare per definire il proprio alloggio, un submit che porta alla registrazione dell account, volendo anche il link a Facebook, e la scheda personale con tanto di inserimento foto. Tutto, anche il prezzo, è deciso dal proprietario. Mettere un annuncio è gratis, ed è anche per questo che le possibilità di alloggio si moltiplicano di ora in ora. Dopo il soggiorno, sia l ospite che chi ha ospitato possono rilasciare recensioni. È un modo perfetto per condividere le esperienze con l intera community e aiutare tutti a trovare l alloggio ideale senza avere spiacevoli sorprese. È possibile affittare una stanza privata in una casa condivisa con altri o una casa tutta per sé, per una notte, una settimana o molto di più. Il successo di Airbnb.com ci introduce a una nuova idea di turismo che si sta via via imponendo grazie alla tecnologie, alle reti sociali e al web: si tratta di una cultura del viaggio basata sulla condivisione, sulla partecipazione e lo scambio. Sto utilizzando Airbnb.com da un po, sia per ospitare che per essere ospitato, e penso sia un opportunità grandiosa per le esperienze che mi ha dato racconta Marie, un utente del blog del sito. Le esperienze negative non mancano, ma dal caso estremo di San Francisco, dove una donna che ha affittato la sua casa mentre era in viaggio d affari e al ritorno l ha trovata praticamente devastata, Airbnb.com ha fatto molti passi avanti, introducendo nuovi servizi focalizzati al miglioramento della fiducia e della sicurezza all interno della community. Ho viaggiato molto e so che sono le piccole cose a fare la differenza racconta Robert sulla AirTV collegata al sito per questo voglio far sentire i miei ospiti come a casa e regalare loro una diversa prospettiva sulla città. Alla fine quello che prevale è l entusiasmo di appartenere a un network che consente di fare del proprio viaggio un incontro di culture e un esperienza social. E allora perché non farsi tentare da quell appartamento disponibile a New York, sulla Quinta Strada, a 3 minuti dall Empire State Building, dove, come assicura una recensione pubblicata sul sito: Ogni cosa è perfetta, proprio come te lo aspetteresti nella Grande Mela.

Il suo concetto di ecodesign è come il fiume eracliteo: scorre costantemente con impeto. E ogni evoluzione arricchisce il dibattito. L architetto Marco Capellini, protagonista del panorama italiano, fra una provocazione nucleare e un nuovo materiale sostenibile rilancia con ottimismo la sfida della rivoluzione verde. Consumatori più critici e aziende meno furbe sono la ricetta per un futuro migliore.

Pacato, conciso e provocatorio. Il carattere di Marco Capellini sembra rispecchiare la sua carriera, un percorso cominciato a metà degli anni Novanta e suggellato nel 95 dalla conquista del Compasso d Oro per il progetto dello scarpone da sci Nordica. Al design si affianca il consulting, le sue idee si moltiplicano, fioccano le collaborazioni internazionali e istituzionali. Nel 2002 la sua curiosità per i nuovi materiali lo spinge a creare il centro di ricerche MATREC. Nel frattempo i contenuti dell ecodesign si evolvono anche grazie al suo contributo. Nel suo studio al riparo dal caos romano, Capellini ci racconta com è avvenuta questa trasformazione. L ecodesign è da sempre al centro dei tuoi progetti, il motore delle tue innovazioni. Come sintetizzeresti la tua filosofia professionale e personale? Mi occupo di ecodesign ormai da quindici anni e ho vissuto tutte le evoluzioni della tematica ambientale. Negli anni il dibattito si è gradualmente spostato dall ambiente alla società. Oggi l ecodesign è vissuto come una necessità oltre che come una realtà, una moda. Si parla di sostenibilità sociale, e quindi economica, e non solo più ambientale. Il mio approccio poi muta a seconda del problema, opero un po come un dottore: la cura dipende sempre dalla malattia. Oggi le imprese ricevono stimoli ambientali su più fronti. Secondo te su quale aspetto dovrebbero concentrare il loro modo di operare? Innanzitutto devono decidere di dedicarsi seriamente a quest obiettivo, senza furbizia. Poi, da consulente, consiglio sempre di individuare in quale modo l azienda impatta con il sistema. Spesso accade che le società vogliano intervenire in fasi produttive sbagliate, che magari riguardano solo l 1% del prodotto complessivo. E in quale campo c è da lavorare maggiormente? Direi sul fine vita. Il problema della gestione dei rifiuti è un problema reale, concreto. Tra i tuoi ultimi progetti spicca Nuclear!, una seduta realizzata per il 70% dal riciclo di scorie nucleari e per il 30% da resina naturale. Si tratta di un progetto dal chiaro intento provocatorio. Nasce come critica nei confronti di determinati processi energetici? La provocazione c è, ma non è relativa alle forme energetiche. L uscita di Nuclear! purtroppo è avvenuta in concomitanza con il dramma giapponese, anche se non c era nessun collegamento. Se potessi tornare indietro, ritirerei certamente il prodotto dal mercato. La provocazione invece era rivolta a tutte quelle aziende che speculano sul concetto di sostenibilità, sui prodotti riciclati. Il mio sgabello s inserisce in questo contesto: è riciclato ed è di colore verde, allora diventa automaticamente ecologico! La mia denuncia è un invito ai consumatori a essere più critici. Hai veramente trovato la disponibilità di scorie nucleari? Anche in questo caso siamo di fronte a una provocazione. All interno dello sgabello non ci sono delle vere scorie, altrimenti mi avrebbero già messo in prigione. Le ho simulate prendendo dei pezzi di gommapiuma nera e annegandoli nella resina, creando così un effetto sgradevole alla vista. Dopo aver testato materiali come il cartone in Spanky, la libreria composta da fogli di cartone impilato, il cuoio riciclato nelle scatole Lilù o la plastica nel prototipo Green Pc Head, quali nuovi materiali vorresti sperimentare in futuro? Attraverso MATREC, la banca dati creata nel 2002, abbiamo ottenuto risultati sorprendenti. Il mercato propone sempre nuove soluzioni sostenibili. Si passa dalla pelle di pesce del Brasile a materiali ottenuti dal riciclo del riso. Insomma, sostanze strane che hanno e forse avranno un mercato. Sei un designer e un consulente. Nel primo caso sintetizzi e crei, nel secondo osservi e supporti le imprese. È più difficile scoprire nuovi materiali o farli accettare alle aziende? Il primo passo è individuare il target di un materiale, il suo costo economico, la sua conciliabilità con il settore industriale. Il passo successivo è proporlo alle imprese, e non è una sfida facile. In molti casi le aziende diffidano di questi materiali, non vogliono essere le prime a utilizzarli. Hai due consociate anche a San Paolo e Buenos Aires. Che approccio hai potuto riscontrare dall altra parte dell Atlantico? È una realtà molto interessante. Il loro metodo è più legato al mondo artigianale piuttosto che a quello industriale. Il mercato europeo e statunitense, invece, è troppo incentrato sulla produzione di massa.

Esiste un solo progettista che per visionarietà, obiettivi raggiunti, quantità di lavoro prodotto e raggio d azione è paragonabile a Leonardo. Stiamo parlando del maestro Luigi Colani e dei suoi 6000 progetti.

Se oggi le probabilità che vi scivoli la macchina fotografica dalle mani si sono ridotte al minimo dovete ringraziare Luigi Colani. Nella sua vita questo designer italo-svizzero ha praticamente affrontato ogni sfida progettuale: case (andatevi a studiare la Rotor-house, un progetto geniale), automobili (basti ricordare il record di velocità a basso consumo stabilito dalla sua Ferrari Testa d Oro, che ha raggiunto i 351 km/h nel 1989) e oggetti di uso quotidiano (il suo pianoforte per la Schimmel è un icona per i musicisti di tutto il mondo), fino ai progetti per le navicelle spaziali per la NASA. Quando Canon lo chiamò per ripensare la scocca della macchina fotografica nell eterna competizione con Nikon, all epoca disegnata da Giugiaro, tutto pensava fuorché trovarsi nel bel mezzo di una rivoluzione delle forme. Colani approcciò il progetto della T-90 in maniera vergine, completamente nuova, abbandonando tutti i preconcetti del caso. Forme sinuose, estremamente ergonomiche: è così che nasce l impugnatura laterale e il design integrato, praticamente caratteristiche già riconducibili alla linea EOS. E pensare che fin dall inizio Colani aveva immaginato un estetica ancora più innovativa poi limitata dal team Canon, per paura di stravolgere troppo il brand: zoom e flash integrati, pulsanti tele e wide seminascosti sul lato sinistro, impugnatura a banana e palpebra paraluce all oculare a coda di pesce. Ma non è tutto: Colani aveva addirittura previsto diversi display digitali all interno della macchina, leggendo una volta in più nella sfera di cristallo del design. I suoi prototipi, come sarà poi per qualsiasi altro progetto, sembrano assimilare al loro interno influenze dal mondo animale, diventando esempi del cosiddetto Biodesign. Questi vanno ben oltre la pura estetica, quasi a spingersi addirittura a livello molecolare, per trovare soluzioni in grado di risolvere quei problemi che il resto del mondo progettuale ritiene inaffrontabili o che spesso non è in grado di vedere.

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I pochi spazi verdi, l inquinamento e il clima non fermano i runners della Madonnina, nemmeno d inverno. I milanesi corrono. E non lo fanno solo per prendere al volo una metro che sta partendo o perché sono in ritardo a un appuntamento. Lo fanno anche per passione. Sono sempre di più coloro che in città, di prima mattina o dopo una giornata di lavoro o nei fine settimana, si infilano un paio di scarpe da running e si dedicano allo sport più democratico del mondo. Già, perché l elemento necessario per iniziare è la voglia e sembra che, nonostante Milano non sia una città particolarmente friendly per il podismo, i suoi abitanti ne abbiano da vendere. Uno degli ostacoli più grandi è proprio la cronica mancanza di spazi verdi, soprattutto in centro città, nelle zone in prossimità della cerchia dei Bastioni. Non ci sono aree come Central Park, ma ci si adatta con i percorsi di ghiaia dei Giardini di Porta Venezia, con quelli sterrati di Parco Sempione o con le mattonelle dell Arena. Per chi non può fare a meno della propria corsa giornaliera, tornano utili anche i più piccoli e non recintati Parco Ravizza e Parco Solari. In zona nord ovest, a poca distanza da San Siro, c è invece la celebre montagnetta, luogo di allenamento di tanti runner milanesi della prima ora, che si spostano verso l esterno Bosco in Città o Parco di Trenno per allenamenti più lunghi. A est, invece, troviamo ovviamente il Parco Lambro, ma anche il meno conosciuto Parco Trotter: incastrato tra viale Padova e viale Monza, il suo anello di circa un chilometro ricavato dalla vecchia pista per cavalli (è un ex ippodromo) è apprezzato da chi abita in zona. Dove non ci sono parchi per correre, però, ci si inventa soluzioni alternative. Non abbiamo l Hudson, ma abbiamo i Navigli: le alzaie non eccessivamente trafficate, sia del Grande che del Pavese, diventano percorsi naturali di allenamento tutto il giorno. Così come il Naviglio della Martesana, che si estende da Melchiorre Gioia fino all inizio di viale Palmanova e, con i suoi oltre quattro chilometri, in gran parte illuminati sia d estate sia d inverno, si presta anche per una corsa serale. Manca sicuramente qualche lampione al Parco Nord, il polmone verde ai margini della città che da Niguarda arriva fino a Bres-

so, dove certamente si potrebbe creare anche più di un percorso dedicato al running. La situazione, quindi, non è la migliore possibile, ma ci si adatta per non rinunciare alla scarica di endorfine che la corsa può dare. Uno degli ostacoli più grandi è senza dubbio l inquinamento, perché nessuno ha voglia di respirare Pm10 a polmoni aperti, ma le piante nei parchi fungono da filtro naturale e il livello si abbassa. Poi c è il freddo delle stagioni invernali, ma più che altro è un blocco mentale. Tutti preferirebbero andare a correre con sole e venti gradi costanti, ma si può farlo anche quando il termometro scende, basta coprirsi in maniera adeguata. I più grandi marchi di sportswear hanno da tempo linee di abbigliamento dedicate esclusivamente al running, con capi in tessuti tecnici e traspiranti studiati apposta per l inverno. Chi ha scoperto questo sport da poco, magari per rimettersi in forma prima dell estate, può quindi continuare anche quando il clima si fa più rigido. Anche perché la corsa ci spinge a cercare i nostri limiti e le competizioni sono il luogo ideale dove farlo. Milano sta investendo la sua immagine nel running: oltre alla Stramilano, la classica mezza maratona giunta alla quarantesima edizione nel 2011 (80 mila iscritti alla 10 km non competitiva!), si è deciso due anni fa di spostare in primavera la Milano City Marathon, facendola partire dal nuovo Polo fieristico di Rho. Questa felice collocazione nel calendario delle maratone mondiali, l interesse di sponsor importanti e il percorso molto pianeggiante potrebbero portarla alla ribalta internazionale in pochi anni. Nel frattempo è stato il pubblico a premiarla, con quasi 10 mila iscritti per l edizione 2011. E poi c è l appuntamento di ottobre con la Deejay Ten, voluta da Linus e organizzata da Radio Deejay: 11 mila iscritti tra la gara dei 5 e quella dei 10 chilometri, tutti con la celebre maglietta Run like a Deejay da sfoggiare durante l anno nei propri allenamenti. La corsa, disciplina individuale per eccellenza, diventa così momento di socialità anche in una città come Milano che, al primo impatto, non si presenta troppo amichevole per chi si avvicina a questo sport.

Il running è uno sport alla portata di tutti e, grazie all attrezzatura appropriata, praticabile in qualsiasi luogo e con ogni clima. Basta indossare delle scarpe da corsa o più semplicemente restare a piedi nudi! L evoluzione della calzatura da corsa negli ultimi trent anni ha fatto passi da gigante allo scopo di garantire all atleta (professionista e non) il massimo del comfort e della performance. Lo sviluppo di nuove tecnologie e materiali ha prodotto un offerta incredibile di modelli tra cui poter individuare quello più adatto a ogni runner. Per orientarsi nella scelta della scarpa giusta è necessario per prima cosa individuare il tipo di appoggio plantare. Diversi tipi di appoggio, infatti, richiedono una concezione di calzatura diversa, per limitare e correggere gli eventuali difetti della corsa, evitare traumi e ridurre i rischi di lesioni. Oltre a metodi empirici (come l accurata osservazione delle scarpe usate e dell arco plantare) in alcuni punti vendita specializzati è possibile effettuare test che individuano con facilità la tipologia di appoggio del piede. Sarà più semplice in questo modo scegliere il modello corretto in base a peso, stile di corsa, tipologia di allenamento e distanza da percorrere. Esistono sette differenti categorie: superleggere A1 (ammortizzante limitato), intermedie A2 (leggere e ammortizzamento buono), massimo ammortizzamento A3 (perfette per qualsiasi chilometraggio), stabili A4 (indicate per atleti pesanti), trail running A5 (con suole specifiche adatte ai tracciati di montagna) e chiodate A7 (corsa su pista). Insomma, è impossibile non uscire dal negozio con la scarpa per praticare un running perfetto! Il barefoot running (corsa a piedi nudi) da fenomeno di nicchia sta diventando sempre più diffuso. Che si pratichi a piedi nudi o indossando scarpe minimaliste, molti corridori scelgono di fare a meno dell ammortizzazione a favore di un esperienza di corsa più naturale. Molte anche le celebrities paparazzate durante la corsa mattutina al parco in completo da running e calzature dall insolito design. Il consiglio degli esperti? Alternare le abituali scarpe da corsa a scarpe più minimaliste: può essere un ottimo modo per rafforzare l intero piede.

Tecnologia e comfort per il running quotidiano su ogni tipo di superficie e per differenti condizioni climatiche.

Tra applicazioni, comandi vocali e gestuali, ecco un assaggio di quello che troveremo tra qualche mese all interno dell abitacolo della nostra amata quattro ruote. Ormai chi si avvicina alla scelta di una macchina non può pensare di tenere in considerazione unicamente quanto consuma e la cilindrata del motore ma, con tutte le innovazioni dell infotainment disponibili, è necessario fare molta attenzione anche alla tecnologia installata all interno dell abitacolo. Non stiamo parlando di optional standard come il navigatore, un buon impianto audio oppure i comandi al volante, ma del modo in cui è possibile gestire tutte queste funzioni, di come l auto si interfaccia con il nostro smartphone e, infine, se fa anche quello che non pensiamo che faccia. Moltissimi marchi stanno investendo cifre consistenti in queste tecnologie. BMW, per esempio, nei suoi centri di ricerca situati in California e a Monaco sta ultimando tutta una serie di funzioni e applicazioni da integrare al suo Connected Drive (il kit multimediale della casa tedesca) dedicate ai dispositivi Apple, attraverso il quale sarà possibile non solo sincronizzare con l auto librerie musicali e rubrica telefonica, ma utiliz- zare alcune applicazioni direttamente sull ampio display montato sul cruscotto. Facebook e Twitter saranno le prime, ma è facile prevedere che ne seguiranno molte altre. Per quanto riguarda l auto del futuro, invece, BMW sta sperimentando una serie di tecnologie che permetteranno al guidatore di gestire alcuni comandi principali utilizzando le mani, un po ispirandosi al Kinect della console Microsoft Xbox 360. Contemporaneamente, in via di sviluppo (anche se in fase embrionale) c è il concetto dell auto che guida da sola, lasciando al pilota la possibilità di fare altro. Il segreto? Un sistema GPS dedicato traccia la posizione dell auto con precisione millimetrica, una centralina gestisce sterzo, cambio e acceleratore, mentre il compito di vedere la strada è affidato a due telecamere posizionate sul parabrezza. Ford da parte sua non crede molto nei gesti ma punta molto sulla voce. Nel 2012, infatti, vedrà la luce il suo sistema Synch che permetterà di parlare all auto. Intendiamoci non si tratta di un si-