Roma, 9 aprile 2015. Gentili ospiti,



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INTERVENTO DELLA VICEPRESIDENTE LINDA LANZILLOTTA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE PER L AZIONE CONTRO LE MINE E GLI ORDIGNI BELLICI INESPLOSI "CONOSCERE PER RI-CONOSCERE - VIAGGIO NELLE SCUOLE D'ITALIA E DI GAZA" Roma, 9 aprile 2015 Gentili ospiti, ho accolto volentieri l'invito a questo incontro in occasione della "Giornata mondiale per la promozione e l'assistenza all'azione contro le mine e gli ordigni inesplosi". Già dal solo titolo, CONOSCERE PER RI-CONOSCERE - Viaggio nelle scuole d Italia e di Gaza, si possono desumere spunti di riflessione, dato che in esso si focalizzano tre elementi molto significativi: 'Gaza' come luogo emblematico, in rappresentanza di tutte le aree martoriate nel mondo; quindi 'scuola', perché spesso di questa tipologia di ordigni sono vittime i bambini e per il ruolo fondamentale che la scuola può e deve svolgere nell'informare; infine 'Italia', perché il nostro territorio non è esente dal problema, in quanto non ancora completamente ripulito dei residui bellici dell'ultimo conflitto mondiale. In oltre 60 paesi del mondo sono stati disseminati più di 100 milioni di mine. Di questi paesi, Afghanistan, Bosnia, Cambogia, Iraq, Yemen, Sudan, Angola, Somalia, Mozambico, Vietnam sono tra i maggiormente interessati dal problema, così come la Striscia di Gaza, territorio, sì, di estensione limitata ma dove la concentrazione degli 1

ordigni inesplosi è elevatissima, anche a causa degli eventi bellici più recenti. Con la legge n. 374 del 1997 l'italia ha messo al bando questo vergognoso strumento di distruzione di massa e il 1 Ottobre 1999 ha ratificato il Trattato di Ottawa, adottato il 3 dicembre 1997 con la firma di 122 stati. Essi si sono impegnati, in primo luogo, a impedire ogni produzione, uso, stoccaggio ed esportazione di ordigni antipersona, quindi a distruggere tutte le mine esistenti nei rispettivi arsenali, bonificare le aree minate nel proprio territorio e, infine, a fornire assistenza tecnica e finanziaria per le operazioni di sminamento e l'assistenza alle vittime. Oggi sono 161 i paesi firmatari del Trattato e soltanto 36 nazioni, tra cui potenze mondiali come Cina, Russia, Stati Uniti e paesi quali India, Pakistan e Siria, non hanno ancora aderito. Con l'importante Dichiarazione di Maputo, poi, i paesi aderenti al Trattato di Ottawa sulle mine antipersona, dismessa la produzione, rinnovano gli altri impegni assunti. Pur esistendo ancora un considerevole mercato oscuro - con l'improvvisa comparsa di miniere in Sudan e Yemen - mentre prima di Ottawa erano oltre 50 gli stati produttori di mine, dall'approvazione del Trattato a oggi si sono ridotti a 12. Nell'ordine, Cina, Cuba, India, Iran, Myanmar, Corea del Nord, Pakistan, Russia, Singapore, Corea del Sud, Stati Uniti, e Vietnam. Purtroppo ci troviamo, però, a constatare che sono ancora molti i grandi stati che tuttora producono questa perversa e subdola arma mortale che colpisce per la grande maggioranza civili. Negli ultimi 14 anni il maggior numero di persone uccise dalle mine si sono registrate in Afghanistan, Cambogia, e Colombia e dei civili uccisi circa il 47% sono bambini. I piccoli sono particolarmente esposti agli ordigni che comunemente definiamo "mine antiuomo" - incluse le bombe a 2

grappolo - che, essendo spesso colorate e luccicanti, risultano attraenti ai loro occhi. Inoltre, per la loro piccola corporatura, gli effetti di questi dispositivi su di essi sono fisicamente più devastanti, aumentando, rispetto agli adulti, le probabilità di morte in seguito ad una deflagrazione. Infatti, per oltre l'85% dei casi, arrivano in ospedale quando è ormai troppo tardi. Questi armamenti insidiosi mietono vittime anche a decenni di distanza dalla cessazione dei conflitti. Se prendiamo ad esempio un paese come l'afghanistan, dove sono stati usati massicciamente, procedendo agli attuali ritmi di sminamento, secondo alcune stime, per bonificare completamente il Paese occorrerebbero oltre 4.000 anni! Anche in Italia, sebbene l'ultimo conflitto bellico risalga a 70 anni fa, pochi sanno che, secondo dati del Ministero della Difesa, ogni anno vengono rinvenuti oltre 60.000 ordigni e si registrano ferimenti gravi, talvolta mortali. Il 29 marzo dell'anno scorso, il Ministero della Difesa ha comunicato di aver rinvenuto e disinnescato una bomba da 20 libbre contenente esplosivo ad alto potenziale a Valderice, a pochi passi da una casa di riposo per anziani. Per non parlare degli enormi costi - e non mi riferisco ai costi di produzione delle mine antiuomo, che invece, purtroppo, sono molto bassi - che queste "presenze scomode" comportano in termini sia economici che sociali: oltre alle spese che i singoli paesi e le organizzazioni internazionali debbono sostenere per la bonifica, lo sviluppo di intere regioni dei paesi più contaminati è gravemente compromesso per la presenza di ordigni inesplosi, i quali, terminati i conflitti, impediscono la costruzione di case, strade, scuole, strutture sanitarie e altri servizi essenziali. Inoltre ostacolano seriamente l'accesso ai terreni agricoli, la loro irrigazione, il pascolo e l'allevamento del bestiame. Si aggiunga a ciò il rallentamento del 3

rimpatrio dei rifugiati e degli sfollati i quali, ignari della loro collocazione sul territorio, sono tra le principali vittime di tali ordigni. Ritengo, pertanto, che sia un dovere dello Stato italiano e di tutti i Paesi impegnarsi affinché, da un lato, sia interdetta in tutto il mondo la fabbricazione di nuove mine antiuomo e sia assicurata la distruzione di quelle esistenti e, dall'altro, si proceda con convinzione e determinazione allo sminamento dei territori infestati. L'Italia, in primis, nella sua dichiarazione a Maputo ha individuato come "zona grigia" della Convenzione l'assenza dell'adesione di molti paesi. Rimane, in particolare, non chiara la posizione degli Stati Uniti: il primo colosso economico del mondo, sebbene abbia rassicurato di non produrre più mine antipersona, è l'unico paese dell'alleanza Nato a non aver aderito al Trattato di Ottawa e quindi serba, di fatto, il diritto di detenerle ed utilizzarle nelle diverse zone di guerra del mondo, fino a esaurimento delle scorte (tra i 10 e i 13 milioni!). La partecipazione di 12 Stati non parte del Trattato, tra cui Cina, Libia e gli stessi Stati Uniti alla Conferenza ha, comunque, dimostrato la forza della messa al bando delle mine antipersona. Ritengo che si debba agire a livello di comunità internazionale per fare ulteriori passi avanti. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, dovrebbe cominciare a muoversi la Nato, con una chiara azione diplomatica congiunta, per promuoverne l'adesione al Trattato, mentre per gli altri paesi si deve lavorare alacremente in sede ONU. Questo per quanto concerne la sfera di azione della politica e della diplomazia. Oltre a ciò, è fondamentale procedere, parallelamente, con campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte alle popolazioni, in particolare ai giovani, affinché chi si imbatte in questi ordigni sappia come comportarsi: una corretta informazione è, infatti, il 4

primo passo per evitare ulteriori tragedie. Per questo sono particolarmente lieta di poter dare con la mia presenza qui, in rappresentanza del Senato della Repubblica, un contributo a questa campagna. In conclusione, ringrazio di cuore gli organizzatori per l'invito e per il loro costante e lodevole impegno. 5