L anello magico. Italo Calvino, Fiabe italiane, Einaudi



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L anello magico Italo Calvino, Fiabe italiane, Einaudi C era una volta un giovane povero, che un bel giorno lasciò la sua mamma e se ne andò per il mondo in cerca di fortuna. Mentre passeggiava per le strade di una città, aiutò una vecchietta che ansimava sotto il peso di due grossi secchi d acqua. Lei per ricompensa gli diede un anello magico, un cane e un gatto. Quando si fece notte, il giovane trovò riparo sotto un albero, ma non riusciva a dormire per la gran fame. Allora si ricordò dell anello magico e gli disse: Comando da mangiare e da bere. Una tavola imbandita con ogni specie di cibi e di bevande comparve davanti a lui. Il giovane mangiò, ne diede anche alle due bestiole e si addormentò. Il giorno dopo si svegliò tutto contento, si alzò e se ne andò in giro per prati e per campi. A un certo punto vide un gran palazzo; a una finestra era affacciata una bellissima ragazza. Il giovane comandò all anello di far sorgere davanti a quello un palazzo ancora più bello. Il palazzo sorse e lui ci andò ad abitare. Così conobbe la ragazza e poco dopo tempo la sposò. La prima notte di matrimonio la sposa gli chiese come avesse fatto a far sorgere all istante il castello. Lui le rivelò la magia dell anello. Così la notte seguente, mentre lui dormiva, lei gli rubò l anello e se ne tornò a casa dei genitori con tutta la servitù. Poi comandò all anello che il palazzo del marito fosse messo su un alta montagna scoscesa. E così fu. Quando il giovane si svegliò, si accorse dell accaduto e si disperò. Ma il cane e il gatto, saltando per balze e per picchi, riuscirono a calarsi giù dalla montagna, a introdursi nella casa della fanciulla e a recuperare l anello. Appena il giovane lo riebbe al dito, gli disse: Comando che il mio palazzo venga quassù dove io sono ora. I due palazzi volarono nell aria e cambiarono posto. Il giovane allora fece andare sua madre a vivere con lui e le diede una vecchiaia felice. Sua moglie la trovarono morta di fame, secca come un chiodo. Fu una fine crudele, ma non ne meritava una migliore.

Cuoco minestrone M. Paola Guarracino, Ruggero Y. Quintavalle, Domenico Volpi, La fiaba corre sul filo, SEI C era una volta un cuoco famoso. Era soprannominato da tutti Minestrone, per la sua abilità nel mettere nel piatto almeno cento ingredienti diversi. Una volta il re lo mandò a chiamare e gli disse: Minestrone, ascoltami bene. Tra qualche giorno al castello ci sarà una cena importante. Devi assolutamente creare un piatto originale, che lasci tutti a bocca aperta. Ripeto: devono restare tutti a bocca aperta! Non dubiti, Maestà! rispose Minestrone. E così, il giorno della festa prese un pentolone e si mise al lavoro. Intanto, mentre preparava altre pietanze, non si accorse che in cucina era entrato il gatto Pussy, il quale fece cadere qualcosa nel pentolone. La sera era tutto pronto. Quando giunse il momento del piatto speciale, tutti gli ospiti portarono contemporaneamente il cucchiaio alla bocca e mandarono giù il primo boccone! Accadde l imprevedibile: il re e gli invitati rimasero tutti con la bocca aperta, senza fiato. Già! Perché il barattolo rovesciato dal gatto Pussy conteneva peperoncino rosso e molto piccante. Il re s infuriò veramente e voleva cacciare via il povero cuoco. Ma Minestrone gli ricordò: Maestà, in fondo voi mi avevate chiesto proprio un piatto che facesse rimanere tutti a bocca aperta Il re si mise a ridere e perdonò Minestrone, che da quella volta fu chiamato cuoco Peperoncino.

Giuha e la preghiera del venerdì fiaba marocchina, Francesca Lazzarato, Vinicio Ongini, L erede dello sceicco, Mondadori Un venerdì Giuha salì sul pulpito della moschea e disse alla gente che si era riunita per pregare: Nel nome di Allah, clemente e misericordioso! Sapete di cosa vi parlerò oggi? Quelli naturalmente, risposero che non lo sapevano, e lui: Se è così, è inutile predicare a degli ignoranti. E se ne andò. Il venerdì seguente tornò alla moschea, salì di nuovo sul pulpito e disse: Nel nome di Allah, clemente e misericordioso! Sapete di cosa vi parlerò, o fedeli? E quelli risposero: Sì, lo sappiamo. Allora è inutile che ve lo dica fece Giuha, e se ne andò. Il terzo venerdì, i fedeli si misero d accordo: Fratelli, disse uno faremo così: se Giuha tornerà a chiederci sapete di cosa vi parlerò?, metà di noi risponderà di sì, e l altra di no. Vedremo come riuscirà a cavarsela. Ma quando Giuha si sentì rispondere in questo modo, disse: Benissimo. Allora fatemi un favore: quelli che lo sanno lo spieghino a quelli che non lo sanno. Io me ne vado a casa. E così fece.

Immondizia a caro prezzo fiaba indiana, Favole e fiabe orientali antiche, www.larici.it C era una volta un contadino dal cervello fino, proprietario di una casa e di un frutteto. Aveva anche un figlio, un gran lavoratore. Quando compì ventun anni, suo padre pensò che avrebbe fatto bene a trovarsi una moglie, che fosse naturalmente una brava ragazza volonterosa e amante del lavoro. Giusto, ma dove trovarla? Il contadino ebbe un idea e la mise subito in atto. Caricò il suo carretto di belle susine e andò in giro per i villaggi vicini. No, non intendeva venderle. Arrivando sulla piazza principale si metteva a strillare: Chi vuole le mie susine? Sono belle e buone e non chiedo denaro in cambio, mi accontento di un sacco di spazzatura. La gente rideva: Deve essere diventato matto... L offerta era conveniente e le ragazze portavano volentieri l immondizia che avevano in casa e se ne andavano tutte allegre dopo aver ricevuto in cambio vari chilogrammi di susine, tanti quanti erano i chilogrammi di immondizia che erano riuscite a raccogliere. Chi portava un sacco, chi due, chi mezzo sacco, chi il grembiule colmo. Qualche ragazza si vantava: Guardate quanta spazzatura ho raccolto. Quella è niente, ribatteva un altra il mio sacco è più grosso, senza contare che a casa ne ho lasciata altrettanta. Guardate qui, mi è bastato spazzare negli angoli e sotto i mobili! Il furbo contadino raccoglieva sacchi e sacchetti, lodava le ragazze, distribuiva susine. Una pacchia! Quando di susine sul carretto ne erano rimaste ben poche, si fece avanti una ragazza giovane e bella, con un misero mucchietto di spazzatura raccolto in un fazzoletto. Così poca? si meravigliò il contadino. Quante susine vuoi che possa darti? Non so che farci rispose la giovane. In casa mia non c è mai spazzatura, questa me l hanno data i vicini per ringraziarmi di essere andata ad aiutarli a spazzare il pavimento di casa loro. A sentire una tale spiegazione, il contadino esultò. Ecco la ragazza che andava bene per suo figlio: bella, lavoratrice e amante della pulizia. La fece salire sul carretto e tornò al villaggio: voleva presentarla subito al figlio. Perbacco! Era la nuora che aveva sempre sperato di trovare. Le nozze furono ben presto celebrate e i due sposi vissero felici: la loro casa brillava come uno specchio.

La tigre che fuggì di fronte alla formica a cura di Ferdinando Storelli, in La formica coraggiosa e altre favole maya del Guatemala, EMI C era una volta una formica che viveva felice nella sua casa in compagnia della sua famiglia, in armonia con il padre, la madre e le sorelle. Un giorno uscì per cercare un po di cibo per la sua famiglia, e quando tornò vide che la casa era stata distrutta: divenne triste e cominciò a lamentarsi. Le sorelle le dissero: Un forte terremoto ha distrutto la casa. La formica cominciò a girare intorno alla casa, per vedere chi avesse provocato il terremoto. Vicino alla casa stava sdraiata una grande tigre; allora le disse: Perché ti sei sdraiata sulla mia casa? Dove sta la tua casa? disse la tigre. Certamente è così piccola che neppure l ho vista. Fattene un altra! La formica si arrabbiò e le rispose: Se non ricostruirai la mia casa, ti sfiderò alla lotta. Va bene disse la tigre. Quando vuoi fare questa lotta? Domani a mezzogiorno disse la formica. La tigre riunì tutti gli animali grandi del bosco e il giorno seguente si presentarono per la lotta. La formica riunì tutti gli insetti: le api, le vespe e i calabroni. Si presentò la formica di fronte alla tigre, e questa le si avvicinò per ucciderla: allora tutti gli insetti si lanciarono per pungere la tigre e i suoi compagni. Gli animali grandi non resistettero e fuggirono. Fu così che la formica vinse la lotta. Per quanto possiamo essere piccoli, se uniamo i nostri sforzi, supereremo i grandi ostacoli e qualsiasi difficoltà.

Giuha il gallo fiaba marocchina, Francesca Lazzarato, Vinicio Ongini, da L erede dello sceicco, Mondadori Un giorno Giuha andò all Hammam (che sarebbe il bagno pubblico) insieme agli amici: lui non lo sapeva, ma quelli avevano deciso di fargli uno scherzo coi fiocchi. E infatti, una volta seduti sulle panchine di pietra intorno alle vasche, gli dissero: Fratello Giuha, vediamo se te la cavi anche stavolta. Ognuno di noi deporrà un uovo, e chi non riesce dovrà pagare l entrata al bagno per tutti. Così, l uno dopo l altro, gli amici si accovacciarono sulle panche, e dopo aver fatto coccodè tirarono fuori le uova che avevano nascosto nei vestiti, prima di uscire di casa. Giuha, a quel punto, si alzò in piedi agitando le braccia come ali, e fece chicchirichì con quanta voce aveva in gola. Ma che cosa fai? chiesero gli amici. In mezzo a tante galline ci vuole un gallo disse Giuha. E i galli, si sa, non fanno le uova!

La rondine Esperanza e il gallo Carolo fiaba cilena, Paula Baudet Vivanco, www.metropoli.repubblica.it SANTIAGO Il gallo Carolo viveva a Pucón (città del Sud del Cile) ed era molto felice di stare a casa sua perché aveva incontrato Esperanza, una rondine molto bella. Si erano conosciuti agli inizi dell estate ed erano diventati grandi amici, trascorrendo insieme momenti stupendi e divertenti. Carolo era contento perché facevano lunghe passeggiate per i campi, giocando tutto il tempo. Ma un giorno l estate finì, senza che se ne fossero accorti. La rondine Esperanza doveva partire per Londra (città della Gran Bretagna), per visitare i suoi fratelli. Esperanza era triste perché doveva lasciare il suo migliore amico. Non si dava pace ma doveva proprio partire. I suoi parenti la aspettavano. Il gallo Carolo, molto triste, salutò la rondine. Lei lo consolò assicurando che un giorno sarebbe ritornata e che intanto gli avrebbe scritto e così anche i suoi fratelli. Nel sentire queste parole il gallo si sentì sereno, sapendo che non sarebbe stato dimenticato e che l avrebbe rivista presto. E così il gallo Carolo restò nella sua casa, aspettando felice il ritorno della sua grande amica Esperanza.