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Paola Cianci Il Monastero di Nuestra Señora de Veruela Heme aquí transportado de la noche a la mañana a mi escondido valle de Veruela; [ ] este valle, cuya melancólica belleza impresiona profundamente, cuyo eterno silencio agrada y sobrecoge a la vez [ ].. (Gustavo Adolfo Bécquer, Desde mi celda. Carta I. Monasterio de Veruela, 1864) 1. Situata alle pendici del Moncayo, sulla strada che da Saragozza conduce a Soria, a una decina di chilometri a sud di Tarazona 2, sorge una splendida abbazia cistercense fondata nel 1146 da alcuni frati dell ordine di San Bernardo originari di Fitero. Si tratta del Monastero di Nuestra Señora de Veruela. Circondato da solide mura merlate rafforzate da torrioni, tra i quali risalta la massiccia Torre del Homenaje che sovrasta l entrata, il complesso fu fatto erigere, come narra una leggenda popolare, per volere del signore di Borja, don Pedro de Atarés, poco distante dal luogo in cui gli era apparsa in una visione la Vergine Maria, ed ha subito nei secoli vari mutamenti. Si accede al suo interno, attraverso il portale ad arco, lasciandosi alle spalle una croce rinascimentale realizzata in marmo nero di Trasmoz, tra il 1561 ed il 1586, meglio conosciuta come la Croce di Bécquer. Oltre il portale vi è l entrata principale 3, in stile plateresco, costituita da due torrioni, sui quali fanno bella mostra di sé le insegne di coloro che ne furono i costruttori -l abate Lope Marco (1539-1560) ed il suo predecessore Hernando de Aragón (1535-1539)- e, al centro di essi, la Torre del Homenaje, la cui parte inferiore, eretta da Pedro Garcés, risale al 1286-1292, mentre il corpo superiore a pianta ottagonale e la sua estremità rispondono ad un successivo intervento barocco. 1 Gustavo Adolfo Bécquer, Desde mi celda, Edición de Darío Villanueva, Madrid, Clásicos Castalia, 1993, p. 83. 2 La riproduzione della carta stradale è mia. 3 Qui, nel luogo che oggi è stato adibito ad Ufficio informazioni, sorgeva anticamente una cappella.

Proseguendo verso l interno, si apre davanti agli occhi del visitatore un grande patio, nel quale si possono ammirare vari edifici: immediatamente sulla destra si trovano l antica fattoria, in seguito trasformata in albergo (1982) dal Consiglio provinciale di Saragozza, la cisterna in pietra per l approvvigionamento d acqua, appartenente al XIII secolo, e la residenza dell abate, costruita durante il ministero di Carlos Cerdán Gurrea (1561-1587) e notevolmente alterata nel suo aspetto originario nel terzo decennio del XVIII secolo. Al termine dell ampio corridoio d entrata sorge, severa a maestosa con le sue tre navate che si estendono sulla pianta a croce latina 4, l abbazia dedicata, come vuole la tradizione dell ordine cistercense, a Maria, ritratta in un immagine situata al centro dell abside. Sulla facciata si possono osservare il massiccio portale romanico ed una serie di elementi architettonici tipici di questo stile. Percorrendo la navata laterale sinistra è possibile vedere il sontuoso sepolcro in alabastro, di cui però si ignora lo scultore, che accoglie le spoglie dell abate Lope Marco (1539-1560), situato nella cappella di San Bernardo, nel braccio settentrionale del transetto. Dalla parte opposta invece, nel braccio meridionale, si nasconde l entrata alla sacrestia ed alla sala capitolare, nella quale i monaci erano soliti riunirsi in assemblea per discutere di questioni importanti, come l elezione dell abate, l ammissione dei novizi, la compravendita e lo scambio di beni, ecc. Da questa sala è possibile raggiungere il chiostro inferiore 5, in stile gotico, che sostituisce interamente quello originario del quale oggi non resta quasi più traccia. Il chiostro è formato da quattro gallerie dalle quali si ha accesso alla sala di lettura, al refettorio ed alla cucina annessa ad esso, alla stanza dei conversi, completamente demolita dai Gesuiti nel 1947 per la costruzione di un edificio attualmente integrato con la portineria, ad una grande sala, alla sinistra della soglia che conduce al chiostro, adibita a magazzino agricolo; infine al parlatorio, trasformato in un corridoio che unisce la parte più antica del Monastero con quella moderna, dal quale, superando una grande scalinata la cui costruzione fu iniziata dall abate Jorge de Oro (1660-1664) e terminata da Bernardo López (1664-1668), suo successore, con l aggiunta della cupola in stile barocco, si va al secondo piano, dove si trovano il dormitorio ed il chiostro superiore. 6 4 La pianta della chiesa qui riprodotta è tratta da http://monasteriodeveruela.blogspot.com/2008/04/plantadel-monasterio-cisterciense-de.html 5 La foto del chiostro proviene dalle pagine di Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/file:veruela_- _Claustro_-_Detalle_02.jpg 6 La riproduzione della pianta del Monastero sulla base dell originale realizzato dal Servicio de Cultura de la

C è qualcosa di indefinibile che rende questo posto quasi magico e che si può comprendere solo se si è calpestato almeno una volta il suolo dove si erge la suggestiva costruzione. Questo luogo è stato per qualche tempo il palcoscenico dell esistenza di Gustavo Adolfo Bécquer, il teatro delle sue brevi passeggiate mattutine, durante le quali spesso il poeta si sedeva ai piedi della croce nera che oggi è conosciuta con il suo nome, oppure sotto i rami di un albero a dar vita ai figli dell immaginazione, a catturare con la matita qualche angolo della natura, a pensare e ripensare a quale futuro gli avrebbe riservato il destino. Una lunga opera di restauro, iniziata nel 1988, permette oggi a chiunque voglia recarsi in visita al Monastero di scoprire in tutto il suo splendore questo gioiello d architettura, nel quale si mescolano armoniosamente i vari stili e dove si Fig. 2 respira ancora l atmosfera mistica e misteriosa dell epoca in cui i monaci si muovevano tra le sue mura, adoperandosi in opere artigianali e nell esercizio della preghiera. Ma all inizio del XIX secolo, il Monastero di Veruela rischiava di entrare in un irreversibile fase di decadenza. Ben poco infatti restava del suo passato luminoso, quando anch esso venne raggiunto dalla legge sulla desamortización di Mendizábal. Abbandonato una prima volta nel 1808, durante l invasione francese, ed una seconda, nel 1820, con il decreto emanato da Fernando VII che scioglieva definitivamente gli ordini monastici, il Monastero subì per circa trentacinque anni il degrado di cui lo rendevano vittima l incuria ed il disinteresse. Pur privato di gran parte dei suoi arredi, distrutti dal tempo alcuni dei suoi edifici, riuscì però a giungere fino al 28 luglio 1844, data in cui il Boletín de la Provincia de Zaragoza pubblicò l annuncio della sua messa all asta. L intero complesso ed i terreni confinanti suddivisi in sei lotti vennero aggiudicati al miglior offerente, fatta eccezione della sesta parte, reclamata dalla Comisión Central de Monumentos Artísticos e costituita da todo lo restante del monasterio, claustro procesional con la iglesia que contiene 9.060 varas cuadradas y atendiendo que no puede dársele otro destino que el de la demolición para utilizar los materiales [ ]. 7. Diputación de Zaragoza, è mia. 7 Boletín Provincial de Zaragoza, 28 de julio de 1844 (cito da Jesús Rubio Jiménez, Los Bécquer en Veruela. Un viaje artístico-literario, Zaragoza, Ibercaja, 1990, p. 19).

Per conservare la parte menzionata, si formò allora una sorta di Associazione per la Conservazione dei Beni Culturali, composta da quattro persone, due residenti a Tarazona e due a Borja, e presieduta dal canonico turiasonense José Purroy y Castillón. I lavori di consolidamento del Monastero iniziarono nel 1846 e tre anni dopo vi venne trasferita l immagine di Nuestra Señora de Veruela dalla chiesa del vicino centro di Vera del Moncayo, nella quale, come già era accaduto nelle precedenti occasioni in cui il complesso cistercense era stato abbandonato, era stata installata. Per circa vent anni il Monastero restò sotto la tutela dell Associazione, fino a quando non subentrarono i Gesuiti (1877) che si fecero carico dell impegno da essa assunto, contribuendo finalmente ad arrestare l azione devastatrice del tempo. Intanto, funzionava già un servizio di foresteria, grazie al quale i viaggiatori che intendevano visitare il complesso e i dintorni del Moncayo potevano comodamente alloggiare nell edificio in cui si trovavano le celle una volta appartenute ai monaci. Proprio una di queste celle, nel 1864, ospitò Gustavo Adolfo Bécquer, durante il suo soggiorno a Veruela. Nella profonda quiete della valle del Moncayo, accarezzata dal sole di primavera, lontano dal caos della capitale, il poeta sivigliano comincia il racconto del lungo e faticoso viaggio alla ricerca di un tempo e di un luogo ormai perduti per i quali la sua anima consacra como una especie de culto, una veneración profunda 8. È qui che trova l ispirazione per una delle sue ultime opere, Desde mi celda, in cui narra storie nate dalla fantasia popolare e inserite nel suggestivo scenario del Somontano del Moncayo: l episodio della morte della tía Casca, quello della fondazione del castello di Trasmoz, nei quali i fatti storici si mescolano al folklore e alla superstizione, come nella storia di Mosén Gil el Limosnero e di sua nipote Dorotea, frutto dell immaginazione del poeta; infine la storia dell edificazione del monastero, contenuta nella carta IX, intitolata La Virgen de Veruela e dedicata a la señorita doña M. L. A. 9, la cui identità è tuttora sconosciuta ai critici. Dell origine di questo monastero dell ordine Cistercense, Bécquer scriverà anche nell articolo intitolato El Monasterio de Veruela en Aragón (1866), destinato a commentare alcuni disegni del fratello Valeriano sulle pagine de El Museo Universal. Due versioni dello stesso tema, dunque, nelle quali l autore riporta gli elementi essenziali di un antico codice 10, un manoscritto agiografico redatto dal monaco Mariano Blas Ubide, nel 1821, anno in cui il religioso, costretto ad abbandonare il monastero di Veruela al quale apparteneva, si trovava presso la chiesa di Vera del Moncayo, dove pare che il manoscritto fosse conservato quando Bécquer visitò per la prima volta la regione aragonese. Qui il poeta sarebbe venuto a conoscenza dei dos acontecimientos particulares respecto á la marabillosa Ymagen de Maria Santísima de Beruela, y los motibos por los que en el dia es venerada en esta Villa de Bera 11, contenuti nello scritto in questione. Nella carta IX si narra di un personaggio, la cui esistenza è comprovata da documenti storici. Se non che, come vuole la tradizione orale, nella persona di Pedro de Atarés, signore di Borja, si mescolano realtà e leggenda, e all epoca in cui lo scrittore sivigliano redige la lettera, si è ormai consolidata l antica credenza popolare secondo la quale l abbazia cistercense di Veruela fu fatta erigere per volontà del nobile aragonese, in segno della sua devozione verso la Santa Vergine, 8 Gustavo Adolfo Bécquer, op. cit., p. 135. 9 Gustavo Adolfo Bécquer, op. cit. p. 204. 10 Cfr. ibidem, pp. 205-207. 11 Cito il testo del manoscritto di Don Blas de Ubide, di cui viene riprodotta una copia facsimile, da Jesús Costa Ferrandís, La carta novena: relato hagiográfico o ensoñación romántica, in A.A.V.V., Actas del Congreso Los Bécquer y el Moncayo celebrado en Tarazona y Veruela. Septiembre de 1990, Edición a cargo de Jesús Rubio Jiménez, Zaragoza, Centro de Estudios Turiasonenses, Instituto Fernando El Católico, 1992, p. 367.

apparsagli miracolosamente in risposta alla sua preghiera di aiuto, durante una notte di tempesta. Nel suo racconto Bécquer, più interessato al mondo della fantasia popolare che al mero fondo storico di questa tradizione, riporta fedelmente l episodio dell apparizione divina, così come è stata trasmessa per secoli. Egli scrive sapendo che las delicadas flores de la tradición solo puede tocarlas la mano de la piedad, y solo a esta le es dado aspirar su religioso perfume sin marchitar sus hojas. 12. Per questo motivo il poeta si rivolge all amica, destinataria di questa lettera, affidandole il racconto del prodigio celeste: soltanto in coloro nei quali, come in lei, arde ancora la fiamma della fede, potrà infatti essere gettato, per poi germogliare, il seme prezioso di questo fiore delicato. Soltanto chi sente en su alma la verdadera poesía de la religión 13 saprà decifrare la verità contenuta nei segni misteriosi del miracolo cristiano. E, come accade nelle Cartas literarias a una mujer, il messaggio becqueriano non può che essere destinato ad una donna, l unica in grado di captare e comprendere l irresistibile acento de la fe 14, l estasi indescrivibile che ha afferrato il poeta quando, per la prima volta, ha varcato le porte dell anchuroso recinto [ ] mudo y solitario 15 del monastero di Veruela. Ed è nella solitudine di Veruela, a contatto con una natura che la mano dell uomo non ha ancora osato profanare e nella quale l unica traccia della sua presenza sono i resti di un castello diroccato, le mura di un piccolo eremo o di un cimitero, che Bécquer si immerge nella lettura de El Contemporáneo, il giornale per il quale scrive e dal quale gli giungono le notizie della capitale come un eco lontana che sfuma a poco a poco. 16 Altri pensieri, altre sensazioni cominciano a prenderne il posto. Tutto ciò che lo circonda del nuovo ambiente -la placida atmosfera, il vento che soffia leggero tra i rami degli alberi, il cinguettio delle rondini in volo che disegnano linee invisibili nel cielo, il gorgoglio del ruscello che scorre allegro nel suo letto- cominciano a prendere il sopravvento: le ombre della sera scendono lentamente, l ultimo raggio di sole brilla un attimo sulla cima del Moncayo e poi muore tra le alte torri del monastero. Dappertutto sulla pianura si stende l oscurità e per Gustavo diventa impossibile proseguire la lettura. Se apriamo le pagine di Desde mi celda, possiamo vedere il poeta che attraversa il viale dei pioppi, raggiunge le enormi porte di ferro dell entrata del monastero, varca la soglia e, percorrendo il sentiero costeggiato da una lunga fila di olmi e cipressi, oltre la quale si intravede il portale dell antica chiesa bizantina, giunge al chiostro dal quale può finalmente accedere alla propria cella. Qui Gustavo pensa di tuffarsi nuovamente tra le pagine del quotidiano, ma improvvisamente, mentre passa in rassegna gli ultimi articoli, un pezzo di cronaca mondana, la recensione di un nuovo libro, l annuncio della celebrazione di un matrimonio, un necrologio, El 12 Gustavo Adolfo Bécquer, op. cit, p. 205. 13 Gustavo Adolfo Bécquer, op. cit. p. 215. 14 Gustavo Adolfo Bécquer, Cartas literarias a una mujer, carta IV, Rimas y declaraciones poéticas, Madrid, Espasa-Calpe, 1989, 4 ed., p. 243. 15 Gustavo Adolfo Bécquer, Desde mi celda, cit., p. 213. 16 Valeriano Bécquer, Gustavo Adolfo Bécquer leyendo (Veruela 1864), Spanish Sketches, Biblioteca Nacional de Madrid, in http://cervantesvirtual.com/bib_autor/becquer

Contemporáneo gli pare scritto in una lingua incomprensibile e, leggendo, ha l impressione di assistere ad una pantomima muda e inexplicable, grotesca unas veces, terrible otras. 17. È il trionfo definitivo di Veruela su Madrid, che, a partire da adesso, non verrà più messo in discussione all interno dell opera; anzi, il contrasto tra queste due realtà si farà ancora più stridente, quando Gustavo, dalle lettere quarta e quinta, denuncerà l aspetto negativo del progresso che, sotto l alibi della modernizzazione, distrugge il passato considerandolo inutile e addirittura ridicolo per il solo fatto che non c è più, che non è alla moda. 18 È, quella di Gustavo, una critica al nuovo spirito borghese e al proprio secolo distratto che dimentica la tradizione nazionale, uno straordinario tesoro di tracce del passato, che rischia di scomparire travolto dall ansia di innovazione. Bibliografia A. A. V. V., Actas del Congreso Los Bécquer y el Moncayo celebrado en Tarazona y Veruela. Septiembre de 1990, Edición a cargo de Jesús Rubio Jiménez, Zaragoza, Centro de Estudios Turiasonenses, Instituto Fernando El Católico, 1992. BÉCQUER GUSTAVO ADOLFO, Rimas y declaraciones poéticas, Madrid, Espasa-Calpe, 1989, 4 ed. BÉCQUER GUSTAVO ADOLFO, Desde mi celda, Edición de Darío Villanueva, Madrid, Clásicos Castalia, 1993. BÉCQUER VALERIANO, Spanish Sketches, Biblioteca Nacional de Madrid. RUBIO JIMÉNEZ JESÚS, Los Bécquer en Veruela. Un viaje artístico-literario, Zaragoza, Ibercaja, 1990. SERRANO DOLADER ALBERTO, El Moncayo, fantástico, legendario y misterioso, Saragozza, Diputación Provincial de Zaragoza, 1996. Sitografia http://it.wikipedia.org/wiki/file:veruela_-_claustro_-_detalle_02.jpg http://cervantesvirtual.com/bib_autor/becquer http://www1.dpz.es/cultura/veruela/veruela.htm http://www.guiadelocio.com/arte/zaragoza/vera-de-moncayo/monasterio-de-veruela http://monasteriodeveruela.blogspot.com/2008/04/planta-del-monasterio-cisterciensede.html 17 Gustavo Adolfo Bécquer, Desde mi celda, cit.p. 118. 18 Las almenas caen unas tras otras de lo alto de los muros, y van cegando los fosos; de la picota feudal solo queda un trozo de granito informe, y el arado abre un profundo surco en el patio de armas, el traje característico del labriego comienza a parecer un disfraz fuera del rincón de su provincia, las fiestas peculiares de cada población comienzan a encontrarse ridículas o de mal gusto por los más ilustrados, y los antiguos usos caen en olvido, la tradición se rompe y todo lo que no es nuevo se menosprecia. (Ibidem, p. 140).