LA PARTECIPAZIONE ITALIANA A MISSIONI INTERNAZIONALI:

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1 LA PARTECIPAZIONE ITALIANA A MISSIONI INTERNAZIONALI: DISCIPLINA VIGENTE E PROSPETTIVE DI RIFORMA di Renato Somma (Consigliere parlamentare della Camera dei deputati * ) 6 aprile 2011 Sommario. Premessa. parte i: disciplina vigente e prassi parlamentare. 1. I principi costituzionali. 2. La legge 18 febbraio 1997, n La prassi parlamentare alla luce della risoluzione Ruffino. 4. I principali profili problematici La temporaneità della disciplina ordinamentale e finanziaria I diversi indirizzi adottati in materia di disciplina penale del personale militare La mancanza di un organica disciplina per il coordinamento tra missioni militari e missioni civili La necessità di un periodico atto legislativo per il rifinanziamento delle missioni. parte ii: prospettive di riforma 1. La legge quadro come strumento di razionalizzazione della materia. 2. Le possibili soluzioni alle questioni aperte. 3. La delegificazione della proroga delle missioni: una strada percorribile a determinate condizioni. * Le opinioni espresse sono personali e non impegnano l Istituzione di appartenenza. federalismi.it n. 7/2011

2 Premessa. Lo scopo del presente lavoro è quello di fare il punto sulla complessa e consolidata procedura attraverso la quale, ormai da molti anni, viene disposta periodicamente la partecipazione del nostro Paese a missioni internazionali implicanti un impiego rilevante, ancorché non esclusivo, dello strumento militare. In particolare, si esamineranno i principi costituzionali e legislativi che disciplinano l impiego dello strumento militare all estero, con particolare riguardo ai rapporti Governo- Parlamento, fino ad arrivare alla prassi, affermatasi a partire dalla XIII Legislatura con la risoluzione n (cd. risoluzione Ruffino ), che, ai fini della partecipazione italiana a missioni internazionali, prevede l adozione di un iniziale atto di indirizzo da parte delle Camere e di successivi provvedimenti legislativi recanti il relativo finanziamento nonché la disciplina applicabile al personale che vi prende parte. Saranno affrontati, quindi, i profili più problematici di tale disciplina come la temporaneità delle disposizioni ordinamentali e finanziarie introdotte dai citati provvedimenti legislativi, la mancanza di un organica disciplina in materia penale e per il coordinamento dei profili militari e civili delle missioni internazionali, che possono determinare inconvenienti non trascurabili. Infine, saranno analizzate le prospettive di riforma della materia quali risultanti dai progetti di legge di iniziativa parlamentare presentati nelle ultime due legislature in entrambi i rami del Parlamento, che prevedono l introduzione di una legge quadro sulla partecipazione italiana a missioni internazionali ossia una disciplina a regime riguardante i rapporti Governo- Parlamento, il trattamento del personale militare impiegato nei teatri operativi all estero, anche in relazione ai profili penali, e, infine, il finanziamento delle missioni stesse. In questo quadro, sarà prospettata la possibilità dell introduzione di una nuova procedura per l avvio e la proroga delle missioni, mettendo a frutto l esperienza maturata nell ambito di un altro settore strategico per la vita del nostro Paese come quello della finanza pubblica. PARTE I: DISCIPLINA VIGENTE E PRASSI PARLAMENTARE 1. I principi costituzionali. L impiego delle Forze armate italiane al di fuori del territorio nazionale, pur avendo assunto in anni recenti un rilievo crescente, determinato dall evoluzione dello scenario 2

3 internazionale ed europeo, continua a porre delicati problemi di ordine giuridico a causa della mancanza di una esplicita disciplina costituzionale e di una legislazione organica sulla materia 1. La Costituzione italiana, infatti, reca al riguardo esclusivamente disposizioni volte a disciplinare lo stato di guerra, stabilendo, all articolo 78 che le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari, e, al successivo articolo 87, nono comma, che il Presidente della Repubblica dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Si tratta, quindi, di disposizioni dal contenuto assai scarno che si prestano a diverse interpretazioni, tanto che, mentre una parte della dottrina sostiene che la deliberazione dello stato di guerra debba avvenire con atto bicamerale non legislativo, secondo un altro orientamento si dovrebbe provvedere con legge 2. In ogni caso, si può ritenere che le citate disposizioni costituzionali, al di fuori del ricorso alla guerra internazionale storicamente definita come debellatio della controparte, non abbiano alcuna rilevanza diretta in ordine all impiego dello strumento militare all estero. Dopo la seconda guerra mondiale, infatti, da un lato, lo sviluppo dei rapporti internazionali ha reso praticamente inapplicabile l istituto della dichiarazione di guerra, dall altro, il ricorso alla violenza bellica è avvenuto in forme circoscritte e con obiettivi limitati, o comunque con modalità nettamente diverse rispetto al passato e difficilmente riconducibili alla guerra 3. In mancanza di un espressa disciplina costituzionale, un ruolo chiave è stato invece svolto in materia dall articolo 11 della Costituzione, secondo cui l Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà dei popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. 1 Cfr. G. DE VERGOTTINI, Costituzione e regole di ingaggio, in Riv. trim. dir. pubbl., 2008, p Cfr. D. CABRAS, Il controllo parlamentare nazionale nell impiego delle truppe impegnate in missioni di pace, in Comando e controllo nelle forze di pace e nelle coalizioni militari, a cura di N. RONZITTI, Roma 1999, p. 61. In merito al potere straordinario delle Camere di cui all articolo 78 della Costituzione, la dottrina più attenta al rilievo del metodo democratico nella decisione parlamentare riconosce l attivabilità delle forme legislative, le uniche capaci di garantire che il conferimento dei poteri necessari al Governo avvenga su di una base di legalità e nel rispetto del principio di democrazia. Si veda al riguardo R. DICKMANN, L approvazione parlamentare dell impiego dello strumento militare. L esperienza delle operazioni internazionali di pace, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001, p Cfr. D. CABRAS, Il controllo parlamentare nazionale nell impiego delle truppe impegnate in missioni di pace, cit., p

4 Senza volere entrare nel merito del dibattito che ha caratterizzato l interpretazione dell articolo 11, si può ritenere che se il ripudio della guerra - a cui fa cenno la prima parte della citata disposizione - è da intendersi non solo come rifiuto della guerra di aggressione tradizionalmente intesa, ma, in senso più ampio - in virtù dell articolo 10, primo comma, della Costituzione 4 - come rifiuto del ricorso alla forza nei casi non contemplati dal diritto internazionale dei conflitti armati, allo stesso modo, l impiego dello strumento militare deve considerarsi ammissibile quando esso avvenga invece in conformità con le regole del diritto internazionale o nel quadro della partecipazione ad organizzazioni internazionali che - presentando le caratteristiche indicate nella seconda parte del predetto articolo 11 - agiscano nel rispetto di quelle regole 5. E significativo il fatto che l articolo 11 della Costituzione ha costituito il presupposto su cui fondare il ruolo dell Italia nel contesto di iniziative a carattere militare concertate in assise internazionali 6, tanto che, dal secondo dopoguerra al giugno 2010, si è assistito alla partecipazione italiana a 124 missioni militari fuori dei confini nazionali, di cui 90 condotte nell ambito di organizzazioni internazionali: principalmente l ONU, la NATO e l Unione europea 7. 4 Si ricorda che, ai sensi dell articolo 10, primo comma, della Costituzione, L ordinamento giuridico italiano si conforma alle regole del diritto internazionale generalmente riconosciute. 5 Cfr. G. DE VERGOTTINI, Costituzione e regole di ingaggio, cit., p. 66 e 67. Secondo l Autore il ricorso alla forza armata è consentita a fini difensivi in linea con quanto previsto dalla Carta delle Nazioni Unite. Il diritto alla legittima difesa, di cui all articolo 51 della Carta, non richiede autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e può esercitarsi anche in aiuto di uno Stato aggredito nonché quando l aggressione provenga da un soggetto non statale come nel caso di un attacco terroristico. Dubbia invece è la possibilità che il citato diritto possa esercitarsi nell imminenza di un attacco, mentre è molto dibattuto se il diritto stesso possa essere esercitato, in modo preventivo, sulla base di una minaccia latente (dottrina Bush della guerra preventiva). Il ricorso alla forza armata è altresì ammesso nei casi autorizzati dal Consiglio di Sicurezza. Discusso è inoltre il caso di Stati o di organizzazioni di sicurezza collettiva che abbiano promosso azioni che richiedono il ricorso alla forza che tendono a sconfinare in conflitti armati non preventivamente autorizzati dal Consiglio di Sicurezza, ma di regola ratificati a posteriori da quest ultimo. Infine, la dottrina propende per la necessità di una preventiva autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite quando l intervento armato promosso da Stati o da organizzazioni di sicurezza collettiva in violazione del principio di sovranità dello stato territoriale sia motivato dalla necessità di salvaguardare i diritti dei soggetti sottoposti a tale sovranità minacciati di gravi violazioni o addirittura di genocidio. Si veda in proposito anche N. RONZITTI. Il diritto applicabile alle Forze armate italiane all estero: problemi e prospettive. Servizio Studi del Senato della Repubblica e Servizio Affari internazionali, L autore evidenzia che qualora l intervento sia lecito, la forza impiegata deve essere mantenuta nei limiti della necessità e della proporzionalità. Ad esempio, nella legittima difesa la forza deve essere impiegata per respingere l attacco armato e non avere carattere punitivo, altrimenti si sconfina nella rappresaglia, ammessa prima dell entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite, ma attualmente vietata dal diritto internazionale. Questo non significa che ci debba essere una perfetta simmetria tra offesa e difesa. Di fronte ad un attacco armato, lo Stato aggredito può portare in profondità la difesa nei confronti dell aggressore, allo scopo di respingere l attacco armato e di impedire che questi sia in grado di continuare l aggressione. 6 Cfr. R. DICKMANN, L approvazione parlamentare dell impiego dello strumento militare. L esperienza delle operazioni internazionali di pace, cit., p In particolare, al 24 giugno 2010, le missioni condotte nell ambito di organizzazioni internazionali erano le seguenti: 34 ONU, 26 NATO, 22 UE, 3 UEO, 2 NATO e UEO, 2 OSCE e 1 UE e UEO. Alla stessa data, le 4

5 La mancanza di una dettagliata disciplina costituzionale, comunque, non può indurre alla semplicistica conclusione che, nelle ipotesi in cui il ricorso allo strumento militare risulti ammissibile, il Governo sia dotato di poteri autonomi e svincolati dal controllo parlamentare 8. Come è stato correttamente osservato, infatti, se è vero che le disposizioni di cui agli articoli 78 e 87, nono comma, della Costituzione sono rimaste inutilizzate fin dalla loro entrata in vigore, esse sono comunque servite a portare alla luce la volontà del Costituente di coinvolgere Governo, Parlamento e Capo dello Stato nelle decisioni riguardanti la sicurezza dell ordinamento e, conseguentemente, anche nelle determinazioni concernenti, più in particolare, i conflitti armati e le missioni di pace suscettibili di sfociare in tali conflitti 9. Si può fondatamente argomentare che l esigenza di un tale coinvolgimento sia sottesa in modo ancor più pregnante allo spirito democratico della Repubblica che, ai sensi dell articolo 52, terzo comma, della Costituzione, informa l ordinamento militare 10, determinandone la sottoposizione al principio della sovranità popolare, di cui all articolo 1, secondo comma, della Costituzione stessa. Quindi, qualora il Governo intendesse assumere, nella propria veste di vertice politico dell amministrazione statale, decisioni in ordine all impiego dello strumento militare, non potrebbe non coinvolgere sia il Parlamento, quale espressione della sovranità popolare, sia il Presidente della Repubblica, a cui sono affidati, nella sua qualità di garante dei valori costituzionali e degli interessi unitari dello Stato, ai sensi dell articolo 87, nono comma, della Costituzione, il Comando delle Forze armate e la presidenza del Consiglio supremo di difesa. Ciò non nella prospettiva di una partecipazione del Capo dello Stato alle funzioni di governo concernenti l attuazione dell indirizzo politico-militare che implicherebbe il riconoscergli un improprio potere di disposizione delle Forze armate bensì in vista della tutela di quei valori e di quegli interessi 11. Proprio alla luce di tali considerazioni, le Forze armate vengono configurate come un istituzione super partes il cui impiego, poiché disposto nell interesse dell intera collettività missioni in corso di svolgimento o in preparazione, erano, invece, complessivamente 33. In proposito, si vedano i dati riportati in Camera dei deputati, XVI Legislatura. Servizio Studi. Quaderni. Nuovi profili della partecipazione italiana alle missioni internazionali, n. 4, Si veda, a quest ultimo riguardo, D. CABRAS, Il controllo parlamentare nazionale nell impiego delle truppe impegnate in missioni di pace, cit., p Cfr. G. DE VERGOTTINI, Costituzione e regole di ingaggio, cit., pp. 65 e Secondo l articolo 52, terzo comma, della Costituzione: L ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica. 11 In proposito si veda D. CABRAS, Il controllo parlamentare nazionale nell impiego delle truppe impegnate in missioni di pace, cit., p. 67. In particolare, secondo l Autore tale funzione di garanzia deve essere esercitata anche con riferimento all impiego delle Forze armate che il Capo dello Stato deve essere tempestivamente posto in grado di valutare e, qualora contrasti con la Costituzione, sanzionare ( ); in un settore in cui le decisioni devono essere necessariamente assunte in tempi assai rapidi, tenuto conto dei tempi più lunghi di cui necessita il Parlamento per intervenire, il Presidente della Repubblica potrebbe trovarsi ad assumere, in prima battuta, il ruolo di unico interlocutore del Governo e per ciò stesso di solo garante dei valori costituzionali. 5

6 nazionale, e non per finalità di parte, richiede il necessario coinvolgimento, oltre che del Presidente della Repubblica, anche del Parlamento i cui membri, ai sensi dell articolo 67 della Costituzione, rappresentano la Nazione 12. La necessità di un simile raccordo tra Governo e Parlamento, per altro, è insita nella stessa forma di governo parlamentare accolta nella Costituzione repubblicana, che postula, ai fini della definizione degli aspetti più qualificanti dell indirizzo politico, compresi quelli relativi all impiego delle Forze armate, l attivazione del rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento. Non va per altro sottaciuto, da un lato, come i programmi di Governo presentati alle Camere siano spesso carenti nei riferimenti alla politica di difesa e, dall altro, che nel corso dell attività di governo possano frequentemente verificarsi, sul piano internazionale, eventi nuovi ed imprevedibili che, rendendo necessari interventi non contemplati nell originario programma di governo, richiedono un nuovo coinvolgimento del Parlamento per rinsaldare il vincolo fiduciario. Ciò, per altro, non significa disconoscere al Governo un ruolo necessariamente preferenziale nelle decisioni riguardanti l impiego dello strumento militare, ma significa affermare che a tale ruolo se ne affianca uno forte del Parlamento - sia nella fissazione di indirizzi, anche tramite apposita legislazione, sia nello svolgimento di ispezioni e controlli - che si manifesta soprattutto in relazione alle iniziative di maggiore spessore, quali quelle che richiedono il ricorso alla forza armata per le quali vi è la tendenza dell Esecutivo ad ottenere il consenso parlamentare e, in particolare, quello delle opposizioni La legge 18 febbraio 1997, n. 25. Una prima razionalizzazione delle decisioni in materia di difesa e sicurezza si è avuta con la legge 18 febbraio 1997, n , recante Attribuzioni del Ministro della difesa, 12 La correttezza di tale impostazione, per altro, trova conferma negli articoli 87 e 89 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante Codice dell ordinamento militare, entrato in vigore il 9 ottobre 2010, laddove si dispone che l ordinamento e l attività delle Forze armate, conformi agli articoli 11 e 52 della Costituzione, sono disciplinati dal Codice stesso e dal relativo regolamento di attuazione e che compito prioritario delle Forze armate è la difesa dello Stato. Alle Forze armate spetta quindi il compito di operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza, in conformità alle regole del diritto internazionale ed alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali l Italia fa parte. Si ricorda che tali disposizioni riproducono quelle di cui all articolo 1 della legge 14 novembre 2000, n. 331, recante istituzione del servizio militare professionale, abrogata, a decorrere dal 9 ottobre 2010, dall articolo 2268, comma 1, n. 984, del citato Codice dell ordinamento militare. 13 Cfr. G. DE VERGOTTINI, Guerra e Costituzione, p , Bologna Si ricorda che le disposizioni della predetta legge sono state riprodotte nel decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante Codice dell ordinamento militare, entrato in vigore il 9 ottobre A decorrere da tale 6

7 ristrutturazione dei vertici delle Forze armate e dell'amministrazione della difesa, che ha disciplinato un articolata procedura che prevede il coinvolgimento, sotto diversi profili, di tutti i centri decisionali al vertice dello Stato 15. In particolare, l articolo 1 16, nel definire le attribuzioni del Ministro della difesa in qualità di organo preposto all amministrazione militare e civile della difesa e massimo organo gerarchico e militare, fissa una sequenza di fasi procedurali, riassumibile nei seguenti termini: a) il Governo adotta le deliberazioni in materia di difesa e sicurezza; b) le deliberazioni adottate sono sottoposte all esame del Consiglio supremo di difesa; c) il Parlamento procede all approvazione delle deliberazioni stesse; d) le deliberazioni approvate, infine, sono attuate dal Ministro della difesa, a cui è affidato il compito di emanare le direttive in merito alla politica militare nonché di partecipare direttamente o tramite un suo delegato a tutti gli organismi internazionali ed europei competenti in materia di difesa e sicurezza militare o le cui deliberazioni comportino effetti sulla difesa nazionale. Tale procedura può essere esaminata sia sotto il profilo del contenuto delle deliberazioni sia dal punto di vista dei centri decisionali che vi prendono parte. Per quanto riguarda il primo aspetto va sottolineato come le deliberazioni di cui trattasi, riguardando genericamente la difesa e la sicurezza, appaiano riferibili ad un ampia gamma di situazioni sia di carattere ordinario che emergenziale, anche implicanti l invio di unità militari all estero nell ambito di missioni internazionali. Per quanto concerne i centri decisionali che partecipano alla procedura, in primo luogo, bisogna segnalare come la legge, avendo previsto l adozione governativa delle deliberazioni in materia di difesa e sicurezza, abbia implicitamente richiesto una deliberazione collegiale, ossia il diretto coinvolgimento del Consiglio dei ministri 17. In secondo luogo, l intervento del Consiglio supremo di difesa, nonostante l imprecisa formulazione della disposizione in argomento, che affida ad esso l esame delle data, pertanto, ai sensi dell articolo 2268, comma 1, n. 927, del medesimo decreto legislativo, è stata abrogata la legge 18 febbraio 1997, n Prima dell entrata in vigore della legge 18 febbraio 1997, n. 25, in verità, l argomento era stato in parte affrontato dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, che, all articolo 2, comma 3, lettera h), prevede che siano sottoposte al Consiglio dei ministri le linee di indirizzo in tema di politica internazionale ( ) e i progetti dei trattati e degli accordi internazionali, comunque denominati, di natura politica o militare. 16 Si veda ora l articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante Codice dell ordinamento militare. 17 Una parte della dottrina tuttavia sostiene che, qualora vi fosse l esigenza di dare immediate risposte a situazioni di grave emergenza, non potendosi rispettare il principio di collegialità potrebbe essere il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro della difesa a dover decidere, informando immediatamente il Capo dello Stato. In proposito, si veda G. DE VERGOTTINI, Guerra e Costituzione, cit., p

8 deliberazioni adottate dal Governo, deve essere correttamente interpretato alla luce delle funzioni istituzionali del Consiglio stesso che ne fanno non già un organo deliberativo esterno, ma un organo di alta consulenza e informazione del Presidente della Repubblica, ai fini della valutazione della rispondenza delle decisioni in materia di difesa e sicurezza ai valori costituzionali 18. Ciò significa che l esame svolto dal Consiglio supremo di difesa non può sostanziarsi in una sorta di approvazione della delibera governativa - che si risolverebbe in un indebita interferenza nelle decisioni in tema di difesa e sicurezza, che spettano invece esclusivamente al raccordo Governo-Parlamento - ma deve contribuire a fornire quegli elementi di valutazione necessari affinché il Presidente della Repubblica possa svolgere, nella veste di rappresentante dell unità nazionale, l insostituibile ruolo di garante della rispondenza alla Costituzione dell impiego delle Forze armate e, più in generale, della politica del Governo in materia di sicurezza nazionale 19. In terzo luogo, va sottolineato che, se da un lato la legge affida al Governo le deliberazioni in materia di difesa e sicurezza, dall altro le sottopone alla successiva approvazione parlamentare, temperando con ciò il ruolo di primo piano accordato all Esecutivo al momento dell avvio della procedura. E opportuno sottolineare come il raccordo tra Governo e Parlamento, in materia di difesa, si manifesti però non solo attraverso l approvazione parlamentare testé richiamata, ma anche mediante una pluralità di strumenti desumibili dalla Costituzione, dalla legislazione e soprattutto dai regolamenti parlamentari che consentono l adozione di atti di indirizzo, per orientare l attività governativa, e la presentazione di atti di ispezione e controllo, per verificare la conformità di tale attività agli indirizzi approvati dalle Camere. Infine, dopo l approvazione parlamentare, il Ministro della difesa, in attuazione delle determinazioni del Consiglio dei ministri, emana direttive in merito alla politica militare, 18 Il Consiglio supremo di difesa è disciplinato dagli articoli da 2 a 9 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante codice dell ordinamento militare, che riproduce le disposizioni in precedenza contenute nella legge 28 luglio 1950, n. 624, abrogata, a decorrere dal 9 ottobre 2010, dall articolo 2268, comma 1, n. 330, del medesimo decreto legislativo. Le corrispondenti disposizioni attuative, invece, sono contenute agli articoli da 1 a 13 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, che riproducono il previgente regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1990, n. 251, abrogato, a decorrere dal 9 ottobre 2010, dall articolo 2269, comma 1, n. 279, del predetto decreto legislativo n. 66 del Secondo la dottrina prevalente, la citata disciplina, attribuendo al Consiglio supremo di difesa il compito di formulare direttive per l organizzazione e il coordinamento di attività che riguardano la difesa, ossia attribuendo veri e propri poteri decisionali in relazione alla formulazione dell indirizzo in materia di difesa, si collocherebbe al di fuori della previsione costituzionale. 19 Cfr. G. DE VERGOTTINI, Guerra e Costituzione, cit., pp L Autore rileva altresì che la mancanza all interno del Governo di un gabinetto di crisi - da più parti lamentata - idoneo per sua natura ad affrontare situazioni di emergenza con la necessaria tempestività, possa indurre ad utilizzare il Consiglio per finalità non soltanto istruttorie ma anche decisionali, così da pregiudicare il ruolo del Governo e del Parlamento 8

9 all attività informativa e di sicurezza e all attività tecnico-amministrativa, che vengono attuate dagli organi dell apparato organizzativo preposto alla difesa nazionale: Capo di stato maggiore della difesa, Capi di stato maggiore di Forza armata e Segretario generale della difesa. 3. La prassi parlamentare alla luce della risoluzione Ruffino. Nonostante che le disposizioni di cui all articolo 1 della legge 18 febbraio individuino un procedimento decisionale che consente il coinvolgimento dei massimi poteri dello Stato nell assunzione delle determinazioni inerenti all impiego delle Forze armate, esse tuttavia lasciano aperte alcune questioni particolarmente delicate che riguardano sia l esatta individuazione delle deliberazioni governative da assoggettare alla procedura delineata dalla legge, sia la natura dell approvazione parlamentare, vale a dire se questa debba consistere nell approvazione di un atto di indirizzo, da cui discenderebbe un mero vincolo politico per il Governo, o se, viceversa, essa sia costituita dall approvazione di un atto legislativo, da cui deriverebbe, invece, un vero e proprio vincolo giuridico per l Esecutivo. Al fine di meglio delineare lo schema decisionale previsto dalla legge, quindi, nel corso della XIII Legislatura, il 16 gennaio 2001, la Commissione Difesa della Camera dei deputati approvò la risoluzione n Ruffino che, al di là dell efficacia propria dell atto, ha rappresentato di fatto il modello a cui si sono ispirati negli ultimi anni i rapporti tra Governo e Parlamento in materia di impiego dello strumento militare all estero 21. In particolare, la risoluzione, partendo dalla considerazione che, dopo l entrata in vigore della legge 18 febbraio 1997, n. 25, si era registrato un chiarimento nel complessivo procedimento di definizione delle condizioni di impiego delle Forze armate all'estero, ma che nei fatti non poteva ritenersi affermato un percorso decisionale che rispecchiasse esattamente quanto previsto nella legge stessa, rilevava l opportunità di delineare modalità utili a consentire, in questo contesto, il coinvolgimento dell'organo parlamentare, al fine di assicurare in tale sede il controllo delle condizioni costituzionali di impiego delle Forze armate ed il conferimento della necessaria base di legalità alla relativa azione. In questa prospettiva, la risoluzione delineava uno schema decisionale sulla base del quale promuovere 20 Si veda ora l articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante Codice dell ordinamento militare. 21 Al riguardo, si veda R. DICKMANN, Il Parlamento italiano, Napoli, 2011, pp L autore, in particolare, sottolinea che il valore di tale risoluzione è essenzialmente documentale piuttosto che costitutivo, attesa la peculiare natura dell atto, una risoluzione in commissione, che come tutti gli atti di indirizzo esaurisce il proprio effetto nell ambito della legislatura di riferimento. 9

10 l'evoluzione di una prassi che consentisse di garantire il coinvolgimento dei poteri costituzionali di cui al citato articolo 1 della legge 18 febbraio 1997, n. 25, nel rispetto delle relative prerogative e attribuzioni, impegnando il Governo ad assicurarne l osservanza. Muovendo da tali premesse, la procedura si articola nelle seguenti fasi: a) il Governo adotta le deliberazioni di carattere generale in materia di difesa e sicurezza, comprese quelle relative ai criteri generali di impiego delle Forze armate all estero, nonché di quelle in ordine alla partecipazione a missioni di pace all'estero, in sede di Consiglio dei ministri, e ne informa tempestivamente le Camere; b) il Parlamento - entrambe le Camere o anche una sola di esse, oppure le competenti Commissioni parlamentari, nel regime di autonomia previsto dalla Costituzione per gli organi parlamentari - sulla base delle comunicazioni del Governo sull'andamento della crisi e sulle iniziative intraprese, approva, in tempi compatibili con l'adempimento dei previsti impegni internazionali, le determinazioni da questo assunte; c) il Governo, acquisita la posizione delle Camere (o di una sola di esse), può emanare un decreto-legge contenente la copertura finanziaria ed amministrativa delle misure deliberate, ovvero presentare un disegno di legge di corrispondente contenuto alle Camere; d) il Ministro della difesa attua le deliberazioni adottate dal Governo, impartendo le necessarie direttive al Capo di Stato maggiore della difesa; e) il Parlamento converte il decreto-legge, ovvero approva il disegno di legge presentato dal Governo, anche nel corso della relativa attuazione da parte del Ministro della difesa. La risoluzione si preoccupava altresì di sottolineare la necessità che il Governo ponesse il Presidente della Repubblica nelle condizioni di conoscere e valutare tempestivamente ogni determinazione relativa all impiego delle Forze armate all estero. In definitiva, essa quindi affrontava le principali questioni lasciate irrisolte dall articolo 1 della legge 18 febbraio 1997, n. 25, da un lato definendone più puntualmente l ambito di applicazione, dall altro esplicitando il senso dell approvazione parlamentare previsto dalla legge. Infatti, per quanto riguarda il primo aspetto, si può ritenere che la procedura disciplinata dalla risoluzione in esame riguardi comunque le più importanti decisioni in materia di difesa, comprese ovviamente quelle che implicano l impiego della forza armata fuori dei confini nazionali, con la sola esclusione dello stato di guerra, che però, come detto, rappresenta un ipotesi marginale alla luce dell evoluzione del diritto internazionale. Per quanto concerne l approvazione parlamentare, invece, la risoluzione sembra distinguere l assunzione di due diversi vincoli da parte del Governo: il vincolo politico, 10

11 derivante dall approvazione, anche da parte di una sola Camera, delle determinazioni che l Esecutivo intende assumere; il vincolo giuridico che deriva invece dall approvazione da parte delle Camere di un disegno di legge ordinario oppure, nel caso dell adozione di un decreto-legge, di un disegno di legge di conversione, presentati dal Governo. E da sottolineare come la risoluzione, collegando l approvazione legislativa non all intervento militare in sé, ma esclusivamente alla copertura finanziaria e amministrativa delle misure deliberate, presupponga che tale intervento non richieda un accordo internazionale, posto che la relativa ratifica dovrebbe essere autorizzata con legge ai sensi dell articolo 80 della Costituzione, ma si svolga nel quadro di delibere assunte da organismi internazionali di sicurezza a cui l Italia partecipa, che rappresentano l attuazione di accordi preesistenti già autorizzati dal Parlamento. A conferma di ciò si può richiamare l ultima parte della risoluzione stessa che precisa, invece, che qualora l'invio di contingenti militari nazionali si collochi nel quadro di iniziative adottate al di fuori di organizzazioni internazionali delle quali l'italia sia parte, occorre la definizione di un apposito accordo internazionale che, ove non sia adottato in forma semplificata e non entri in vigore all'atto della firma, richiede l'approvazione della necessaria legge di autorizzazione alla ratifica. Peraltro anche, in tal caso, la risoluzione non esclude che vi sia un via libera politico alla missione, separato dalla legge di autorizzazione alla ratifica, prevedendo che l approvazione di quest ultima possa avere luogo con procedimento anche parallelo all'attivazione della procedura in precedenza delineata In definitiva, alla luce della risoluzione in esame, la necessità dell approvazione parlamentare si pone sia rispetto alle decisioni governative che, inserendosi nel quadro di delibere di organismi internazionali di sicurezza a cui l Italia partecipa, rappresentano sostanzialmente l attuazione di accordi preesistenti, sia con riferimento a quelle decisioni che concorrono alla formazione di nuovi accordi internazionali realizzati al di fuori di organismi precedentemente costituiti, in modo da garantire un adeguato coinvolgimento delle Camere nelle decisioni governative che comportino l impiego dello strumento militare al di fuori dei confini nazionali, al fine di verificarne il rispetto dei vincoli costituzionali e di quelli derivanti dal diritto internazionale generale e pattizio in tema di impiego della forza. In entrambi i casi, comunque, sebbene con finalità diverse, è prevista l approvazione legislativa. Va per altro sottolineato come la risoluzione Ruffino abbia promosso una prassi parlamentare, che come tale rimane aperta ad evoluzioni sulla base del concreto svolgimento delle relazioni tra gli organi costituzionali coinvolti. 11

12 4. I principali profili problematici. L evoluzione della disciplina normativa in materia di missioni internazionali e della relativa prassi attuativa, nonostante gli indubbi progressi compiuti negli ultimi anni, non è ancora giunta ad un livello di maturazione che possa ritenersi soddisfacente. Vi sono infatti alcuni profili problematici che attendono di essere affrontati e risolti con la massima sollecitudine e che riguardano sia i contenuti della disciplina applicata alle missioni sia, più in generale, il pieno sviluppo della dialettica Governo-Parlamento. Nel prosieguo del presente lavoro, per quanto riguarda il primo profilo, si porrà particolare attenzione alla temporaneità della disciplina ordinamentale e finanziaria, ai diversi indirizzi adottati in materia di disciplina penale del personale militare e alla mancanza di un organica disciplina per il coordinamento tra missioni militari e missioni civili. Per quanto concerne, invece, il secondo profilo ci si soffermerà sulle implicazioni derivanti dalla necessità di un periodico atto legislativo per il rifinanziamento delle missioni La temporaneità della disciplina ordinamentale e finanziaria. La procedura disciplinata dall articolo 1 della legge 18 febbraio come risulta dalla prassi che emerge dalla risoluzione Ruffino - si conclude con l approvazione di un atto legislativo che, da un lato, reca la copertura amministrativa, ossia la disciplina relativa ai numerosi profili amministrativi connessi allo svolgimento della missione 22, dall altro, individua la copertura finanziaria vale a dire le risorse attraverso le quali si provvede agli oneri che derivano dai menzionati aspetti amministrativi 23. Entrambe le coperture, tuttavia, non riguardano l intera durata della missione, sempre ammesso che essa risulti determinabile con precisione, ma un periodo ben più breve che, in ogni caso, non risulta superiore all anno solare. Da ciò deriva la necessità di reiterare periodicamente, per tutta la durata della missione, le medesime disposizioni di carattere 22 Quali il trattamento economico e normativo del personale impiegato, la regolamentazione delle molteplici attività svolte nei teatri operativi per l acquisizione di mezzi, materiali, eccetera. 23 La necessità di provvedere con legge alla copertura finanziaria degli oneri deriva da un preciso vincolo costituzionale e, in particolare, dall articolo 81, quarto comma, della Costituzione, secondo cui: Ogni altra legge che comporti nuovi o maggiori oneri deve indicare i mezzi per farvi fronte 12

13 amministrativo e finanziario 24, attraverso successivi interventi legislativi che, per loro stessa natura, non sono in grado di assicurare un organico e stabile quadro normativo di riferimento. Per risalire alle ragioni di questo insoddisfacente stato di cose, bisogna ricordare innanzitutto che negli anni 80 e all inizio degli anni 90 gli impegni delle Forze armate al di fuori dei confini nazionali, diversamente da quanto si sta verificando negli ultimi tempi, non rappresentavano una costante strutturale della politica di difesa 25, ma costituivano interventi a carattere contingente a fronte dei quali non risultavano preventivamente allocate in bilancio apposite risorse finanziarie. Basti pensare che, per lungo tempo, la copertura finanziaria di tali interventi fu assicurata principalmente attraverso il fondo di riserva per le spese impreviste che, secondo quanto stabiliva l allora vigente disciplina contabile, di cui all articolo 9 della legge 5 agosto 1978, n. 468, era destinato a provvedere esclusivamente alle eventuali deficienze delle assegnazioni di bilancio 26. Tale forma di finanziamento continuò ad essere adottata dal Governo nel corso degli anni nonostante che, per effetto dei mutamenti del quadro geostrategico, l impiego delle Forze armate all estero avesse perduto quei caratteri di eccezionalità e imprevedibilità che l avevano contraddistinto nel passato. Un deciso cambio di rotta si verificò soltanto quando, a seguito dei reiterati rilievi formulati dalla Corte dei conti e dalle Commissioni Bilancio della Camera e del Senato, che avevano stigmatizzato l incoerenza del periodico ricorso al Fondo di riserva per le spese impreviste a fronte di oneri ormai ampiamente prevedibili, con la legge finanziaria per l anno 2004, su iniziativa del Governo, venne istituito un fondo di riserva ad hoc destinato a provvedere alla copertura finanziaria delle missioni internazionali 27, inizialmente per la durata di un anno e, successivamente, nell anno 2007, per la durata di tre anni. E opportuno sottolineare che l istituzione del fondo missioni internazionali non comportò l introduzione di un meccanismo di finanziamento a regime delle missioni, in quanto le risorse stanziate, ancorché pluriennali, non avevano carattere permanente e neppure fu 24 Salva la possibilità, ovviamente, di introdurre, all occorrenza, innovazioni più o meno sensibili. 25 In proposito, si veda l intervento del Capo di stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, nel corso della sua audizione presso le Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei deputati, il 12 gennaio 2010, nell ambito dell indagine conoscitiva relativa all esame, in sede referente, delle proposte di legge C Garofani, C Di Stanislao e C Maurizio Turco, recanti disposizioni per la partecipazione italiana a missioni internazionali. 26 Si ricorda che la legge 5 agosto 1978, n. 468 è stata abrogata dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196, recante legge di contabilità e finanza pubblica, che, all articolo 28, detta la nuova disciplina del Fondo di riserva per le spese impreviste. 27 Si vedano, rispettivamente, l articolo 3, comma 8, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004) e l articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). 13

14 prevista una disposizione che vincolasse la legge finanziaria a predisporre i necessari finanziamenti allo scadere di quelli disposti dalla legislazione vigente 28. Tutto ciò incise negativamente non solo sulla stabilità dei flussi finanziari destinati alle missioni internazionali, ma anche sulla stessa possibilità di introdurre un organica disciplina a regime applicabile alle missioni stesse, posto che essa avrebbe richiesto innanzitutto la previsione di un meccanismo stabile di finanziamento 29. Fu quindi giocoforza configurare la normativa applicabile alle missioni internazionali come disciplina temporanea e di durata corrispondente a quella dei finanziamenti ad essa destinati, da reiterare periodicamente unitamente alle autorizzazioni di spesa relative alle singole missioni, le cui scadenze venivano allineate ad un unico termine, in modo da farle confluire, in occasione della relativa proroga, in un solo provvedimento legislativo. Va per altro rilevato come, nonostante l istituzione di un Fondo apposito, tale forma di finanziamento si prestasse a più di una critica, sia riguardo all ammontare delle risorse disponibili, sia sotto il profilo della tempestività delle erogazioni finanziarie. Riguardo al primo aspetto, infatti, bisogna ricordare che le risorse necessarie alla copertura delle spese per le missioni internazionali sono risultate spesso superiori agli stanziamenti iscritti nel citato Fondo, il che ha comportato la necessità di ricorrere a ulteriori fonti di finanziamento 30. Inoltre, le risorse così individuate finanziano solo le spese strettamente legate alle attività realizzate nei vari teatri operativi, mentre tutte le altre, quali quelle per l approntamento del personale e dei mezzi prima dell impiego nei teatri stessi (costi di 28 Prova ne è il fatto che, ad esempio, nella XVI Legislatura, il disegno di legge finanziaria per l anno 2010 (S.1790), in mancanza di un esplicito vincolo normativo in tal senso, non recasse alcuna disposizione volta al rifinanziamento del fondo missioni internazionali. Nel corso dell esame del citato disegno di legge presso la Camera dei deputati (C.2936), al fine di porre rimedio a tale lacuna, è stato introdotto uno specifico accantonamento nel fondo speciale di parte corrente del Ministero della difesa destinato alla copertura finanziaria delle iniziative legislative da intraprendere nel corso del 2010 per assicurare la proroga di missioni internazionali. Si è trattato, tuttavia, di un rimedio parziale, posto che l ammontare dell accantonamento non ha consentito la copertura integrale degli oneri neanche per il primo semestre 2010 e si è, quindi, dovuto ricorrere ad ulteriori fonti di finanziamento. Si veda al riguardo la copertura finanziaria di cui all articolo 10 del decretolegge 1 gennaio 2010, n. 1, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2010, n Non a caso il primo ed unico tentativo di iniziativa governativa, volto a stabilizzare la normativa applicabile alle missioni internazionali, fu compiuto, nella XV Legislatura, con il disegno di legge finanziaria per l anno 2007 (C bis), proprio in occasione della previsione di uno stanziamento triennale, e non più annuale, pari a 1 miliardo di euro annui, destinato al Fondo missioni internazionali. L articolo 188 del predetto disegno di legge, infatti, nel mettere a regime le diverse disposizioni fino a quel momento applicate alle missioni internazionali in corso, prevedeva un meccanismo di sostanziale delegificazione della materia, affidando ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, corredati di relazione tecnica esplicativa, il compito di procedere al riparto dei fondi tra le missioni deliberate con determinazione dello stesso Consiglio dei ministri e atto di indirizzo del Parlamento, previa informazione del Presidente della Repubblica. La disposizione in esame, tuttavia, ad esclusione della parte relativa al citato stanziamento triennale, fu soppressa dalla Camera dei deputati durante l esame in Assemblea del predetto disegno di legge. 30 Infatti, alle risorse stanziate nel fondo missioni internazionali nel triennio , pari a un miliardo di euro annui, sono stati aggiunti stanziamenti per 50,55 milioni di euro nel 2007, 90 milioni di euro nel 2008 e 500 milioni di euro nel

15 addestramento, di manutenzione dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti, costi sanitari, eccetera), nonché quelle che seguono il rientro nel territorio nazionale (la rimessa in efficienza dei mezzi, il recupero psicofisico del personale, eccetera) vengono imputate agli ordinari stanziamenti di bilancio 31. Nel corso del 2009, tuttavia, si è registrato in proposito un significativo cambio di orientamento rispetto alle modalità con cui si procedeva alla quantificazione degli oneri, che ha condotto ad un sensibile incremento delle risorse destinate ai vari teatri operativi 32. Per quanto concerne, invece, il secondo profilo, va sottolineato come le risorse stanziate dai provvedimenti legislativi di proroga delle missioni internazionali siano oggetto di due successivi provvedimenti amministrativi di riparto. Infatti, le risorse destinate alle missioni internazionali, allocate ad inizio d anno in un apposto Fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dell economia e delle finanze, dopo l entrata in vigore del provvedimento legislativo che autorizza la spesa in relazione alle singole missioni, vengono ripartite con decreto del Ministro dell economia e delle finanze tra i diversi dicasteri coinvolti nello svolgimento delle missioni stesse (Affari esteri, Difesa, Economia e finanze, Interno e Giustizia). Soltanto dopo la registrazione di tale decreto presso la Corte dei conti si può procedere con decreto del Ministro della difesa - da comunicare alla Ragioneria generale dello Stato e alla Corte dei conti - alla ulteriore ripartizione delle risorse tra le diverse voci di spesa, nell ambito dello stato di previsione del Ministero della difesa. Poiché però la conclusione di questo complesso iter amministrativo richiede un lasso di tempo non trascurabile, di regola, accade che tali risorse diventano effettivamente disponibili soltanto dopo tre o quattro mesi dall adozione del provvedimento legislativo che autorizza la spesa. Agli inevitabili inconvenienti che ne derivano si è cercato di porre rimedio attraverso il ricorso alla disciplina della contabilità speciale del Ministero della difesa, che consente sia di fronteggiare le temporanee esigenze di cassa sia di derogare, entro determinati limiti temporali, alla necessità 31 Nelle relazioni sul Rendiconto generale dello Stato, la Corte dei conti quantificava tali oneri aggiuntivi in 161 milioni di euro per il 2007 e in circa 468 milioni di euro per il In tale anno, infatti, al fine di evitare di gravare sul bilancio ordinario della Difesa, già connotato da particolari criticità dopo le recenti manovre di contenimento della spesa, si è registrata un inversione di rotta, nel senso che si è iniziato a tenere conto dei predetti oneri nelle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti di proroga. Tali relazioni, infatti, hanno evidenziato, per la prima volta, il passaggio da una quantificazione a costi vivi ad una quantificazione secondo precisi parametri standard di riferimento (costo/chilometro per i mezzi terrestri, costo orario di navigazione e di volo per i mezzi navali ed aerei eccetera, inclusi i costi di manutenzione e ammortamento) sulla base della quale sono state definite le esigenze finanziarie delle singole missioni, con un incremento di circa 500 milioni di euro rispetto all esercizio precedente. Si veda in proposito la documentazione prodotta da Biagio Mazzotta, direttore generale del Servizio Studi del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, il 13 ottobre 2009, nel corso della sua audizione svolta dalle Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei deputati, nell ambito dell indagine conoscitiva relativa all esame, in sede referente, delle proposte di legge C Cirielli, C Garofani e C Di Stanislao, recanti «disposizioni per la partecipazione italiana a missioni internazionali». 15

16 di contabilizzare gli impegni e i pagamenti di spesa entro la chiusura dell esercizio 33. Inoltre, negli ultimi anni è stata inserita nei diversi provvedimenti legislativi di proroga un apposita disposizione che consente ai vari ministeri coinvolti - e, quindi, in primo luogo al Ministero della difesa - di ottenere, subito dopo l adozione del provvedimento legislativo di proroga, immediate anticipazioni di fondi proporzionate al volume complessivo della spesa e comunque non superiori ad un ammontare predeterminato, in modo da compensare, almeno in parte, gli inconvenienti derivanti dai citati ritardi I diversi indirizzi adottati in materia di disciplina penale del personale militare. Uno dei problemi principali relativi alla partecipazione italiana a missioni internazionali riguarda la disciplina penale applicabile al personale militare. Nel corso degli ultimi anni si è infatti molto dibattuto sul fatto se tale disciplina dovesse essere quella dettata dal codice penale militare di pace o dal codice penale militare di guerra. Prima di fare cenno a questa complessa vicenda, è opportuno innanzitutto premettere che il codice penale militare di pace, essendo costituito da un corpus normativo aderente a un contesto di addestramento ed esercitazioni militari, trova la sua naturale applicazione quando non si è in presenza di eventi bellici. Il codice penale militare di guerra, invece, è caratterizzato da un sistema di inasprimento di sanzioni che dovrebbe trovare applicazione in condizioni di guerra 34. Tuttavia, ai sensi dell articolo 9 del codice penale militare di guerra, la 33 Tale ritardo può comportare problemi sia in relazione all accreditamento dei fondi prima della chiusura dell esercizio finanziario, fissata come è noto al 31 dicembre, sia con riguardo alla effettiva disponibilità delle risorse nei primi mesi di vigenza del provvedimento legislativo che autorizza la spesa. Per porre rimedio a tali problemi, come detto, si ricorre frequentemente alla disciplina della contabilità speciale del Ministero della difesa, che consente di far fronte alle esigenze rientranti nella competenza, autonomia e responsabilità dei Comandanti periferici. La contabilità speciale, infatti, gode di una disciplina ad hoc per il Ministero della difesa, dettata dal Libro terzo del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, che riproduce le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 21 febbraio 2006, n. 167, recante il regolamento per l'amministrazione e la contabilità degli organismi della Difesa, abrogato, ad eccezione, degli articoli 14 e 15, a decorrere dal 9 ottobre 2010, dall articolo 2269, comma 1, n. 370, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66. Tale disciplina consente all amministrazione di includere nella rendicontazione riferita all esercizio scaduto anche le somme pagate nel primo trimestre dell esercizio successivo. Circa l per cento delle spese, infatti, è effettuato mediante contabilità speciale, mentre solo una minima parte delle spese, pari a circa il per cento, viene gestita finanziariamente in modalità accentrata. Inoltre, la contabilità speciale consente di anticipare le somme occorrenti a valere su una pluralità di capitoli di bilancio in relazione alla disponibilità di risorse finanziarie, che saranno poi reintegrate non appena le risorse affluite nel fondo missioni saranno ripartite con decreto del Ministro della difesa. Si veda in proposito la documentazione di cui alla nota n In proposito, si veda l intervento di Giuseppe Cataldi, ordinario di diritto internazionale presso la facoltà di Scienze politiche dell Università degli studi di Napoli L orientale, nel corso della sua audizione presso le Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei deputati, il 6 ottobre 2009, nell ambito dell indagine 16

17 disciplina recata da tale codice dovrebbe essere applicata, anche in tempo di pace, ai corpi di spedizione all estero per operazioni militari, dal momento in cui inizia il passaggio dei confini dello Stato o, se si tratta di spedizione oltremare, dal momento in cui inizia l imbarco del corpo di spedizione 35. Derogando a tale disposizione, invece, fino a quasi tutto il 2001, si è sempre provveduto, mediante legge, a stabilire l applicabilità del codice penale militare di pace anche alle missioni militari all estero. Un inversione di tendenza si verificò nella XIV Legislatura con il decreto-legge 1 dicembre 2001, n. 421, convertito in legge, con modificazioni dalla legge 31 gennaio 2002, n. 6, relativo alla partecipazione di personale militare all'operazione multinazionale in Afghanistan denominata «Enduring Freedom» che, da un lato, dispose l applicazione del codice penale militare di guerra - tranne alcune sue disposizioni alla citata missione, dall altro, integrò tale codice con alcune norme conformi alle prescrizioni del diritto internazionale umanitario e introdusse ulteriori disposizioni di carattere penale che avrebbero trovato applicazione alla missione stessa. Per quanto riguarda il primo profilo, fu esclusa l applicazione del Libro IV del codice penale militare di guerra, in materia di procedura penale militare di guerra, nonché delle disposizioni concernenti l ordinamento giudiziario militare di guerra, contenute nella Parte II dell ordinamento giudiziario militare, approvato con regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni 36. Conseguentemente fu attribuita la giurisdizione penale al tribunale militare di Roma, in conformità con quanto disposto dall articolo 9 della legge 7 maggio 1981, n. 180, recante Modifiche all ordinamento giudiziario militare di pace, che prevede, appunto, la competenza del citato tribunale per i reati commessi all estero 37. conoscitiva relativa all esame, in sede referente, delle proposte di legge C Garofani, C Di Stanislao e C Maurizio Turco, recanti disposizioni per la partecipazione italiana a missioni internazionali 35 Cfr. N. RONZITTI. Il diritto applicabile alle Forze armate italiane all estero: problemi e prospettive, cit.. In particolare, l Autore ricorda che il problema dell applicazione del codice penale militare di guerra, si pose quando l Italia inviò un corpo di bersaglieri a Beirut nel 1982 per assicurare, insieme ad altri Stati partecipanti, l evacuazione dei combattenti palestinesi. Per escludere l applicazione del codice penale militare di guerra, le Camere votarono un ordine del giorno in cui si disponeva l applicabilità del codice penale militare di pace alle missioni all estero. Il problema si pose poiché il codice penale militare di guerra prevedeva, tra le pene applicabili, la pena di morte, poi abolita con la legge 13 ottobre 1994, n La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del citato decreto-legge (S. 914) giustificò questa scelta in considerazione del fatto che le norme di cui si escluse l applicazione contemplano organi, quali i tribunali militari di guerra ordinari, a composizione prevalentemente militare, e comunque dipendenti dal comandante supremo, i tribunali militari di guerra straordinari, i tribunali di bordo, il tribunale supremo militare di guerra, di dubbia costituzionalità - con particolare riguardo ai princìpi relativi all indipendenza del giudice e alle garanzie della difesa - la cui costituzione, comunque, risultava eccessiva rispetto alle effettive necessità e avrebbe comportato un notevole aggravio di spesa pubblica. 37 Si ricorda che la legge 7 maggio 1981, n. 180 è stata abrogata, a decorrere dal 9 ottobre 2010, dall articolo 2268, comma 1, n. 776, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66. Le disposizioni del citato articolo 9 sono ora riprodotte all articolo 2121, comma 1, lettera a), del medesimo decreto legislativo che ha introdotto un apposita novella all articolo 273 del codice penale militare di pace. 17

18 Per quanto riguarda il secondo profilo, invece, bisogna innanzitutto considerare che il codice penale militare di guerra ha il vantaggio di implicare l applicazione delle proprie norme di diritto umanitario contenute nel Libro III, Titolo IV, in materia di reati contro le leggi e gli usi di guerra, che apprestano un apposita tutela per i soggetti deboli o particolarmente esposti alla sofferenza in situazioni di conflitto armato, quali le popolazioni civili, gli infermi, i feriti, i naufraghi, il personale sanitario e i prigionieri di guerra, eccetera 38. Partendo da tale considerazione, il provvedimento innanzitutto dispose l applicazione delle citate disposizioni in ogni caso di conflitto armato, indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra, recependo in tal modo la tendenza generale del diritto e della pratica internazionale al superamento della dichiarazione formale di guerra ed alla sostituzione della nozione di guerra con quella di conflitto armato 39. In secondo luogo, apportò alcune modificazioni e integrazioni alle disposizioni stesse al fine di eliminare le fattispecie ritenute manifestamente non conformi ai valori costituzionali 40 e di adeguarle alle mutate condizioni di gestione delle operazioni militari, recependo al tempo stesso alcune convenzioni internazionali in materia umanitaria sottoscritte dal nostro Paese e non ancora recepite sotto il profilo della tutela penalistica 41. Infine, vennero introdotte ulteriori disposizioni per garantire una migliore tutela della disciplina militare e l efficacia del servizio nonché per tenere conto delle particolari esigenze operative che si pongono nell ambito delle missioni internazionali. L applicazione del codice penale militare di guerra nei termini dianzi evidenziati fu applicata alle missioni suscettibili di un maggior ricorso alla forza armata: Enduring Freedom, Active Endeavour e ISAF in Afghanistan nonché alla missione Antica Babilonia in Iraq. Per le altre missioni oggetto di proroga, invece, fu prevista l applicazione del codice penale militare di pace e di alcune disposizioni che avevano integrato quelle del codice penale di guerra Si veda in proposito la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del citato decreto-legge (S. 914). 39 Si veda al riguardo il nuovo testo dell articolo 165, comma 1, del codice penale miliare di guerra, introdotto dal citato decreto-legge. 40 Si pensi ad esempio alla disposizione di cui al vecchio testo dell articolo 165 del codice penale militare di guerra che subordinava la tutela penale degli stranieri alla discrezionalità del comandante supremo ed alla sussistenza della condizione di reciprocità. 41 Tra queste, l articolo 184-bis, che introduce il reato di cattura di ostaggi, previsto dal citato I Protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Ginevra del 1949, e l articolo 185-bis che punisce differenti tipologie di offese contro persone protette dalle convenzioni internazionali (ad esempio prigionieri di guerra o civili). 42 Si tratta delle disposizioni relative alla competenza del Tribunale di Roma, ad alcune norme concernenti l arresto in caso di flagranza di reato da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria, alla convalida dell arresto in flagranza e all interrogatorio della persona sottoposta alla misura della custodia cautelare in carcere. 18

19 Una nuova inversione di rotta si verificò, nella XV Legislatura, con la legge 4 agosto 2006, n. 247, che, con una disposizione reiterata fino ad oggi, estese l applicazione del codice penale militare di pace a tutte le missioni oggetto di proroga, comprese quindi le missioni Antica Babilonia, Enduring freedom e ISAF 43. Infine, sono state recentemente introdotte alcune importanti innovazioni normative in materia di disciplina penale applicabile al personale militare impiegato nelle missioni internazionali, ferma restando l applicazione del codice penale militare di pace 44. Ciò nonostante, tale disciplina viene da più parti considerata insoddisfacente, in quanto ancora fondata sul codice penale militare di pace, che - essendo concepito con riferimento ad attività che si svolgono in assenza di eventi bellici - non tiene conto delle particolari esigenze che si presentano in situazioni di conflitto armato, prima tra tutte quella relativa alla tutela dei cosiddetti soggetti deboli. Proprio alla luce di queste considerazioni, negli ultimi anni, si è sviluppata, sia in ambito parlamentare, sia a livello governativo, un approfondita riflessione volta al superamento della rigida alternativa tra applicazione del codice penale militare di pace e applicazione del codice penale militare di guerra, attraverso l elaborazione di una nuova disciplina ad hoc, che dovrebbe trovare applicazione esclusivamente nelle missioni internazionali, in modo da poter tenere conto della specificità del settore, garantendo al tempo stesso la serenità e l'efficienza del personale impegnato in particolari situazioni di rischio, quali quelle riscontrabili nei teatri operativi La citata estensione fu prevista dall emendamento Mattarella 2.50, nel testo riformulato dalle Commissioni Esteri e Difesa, approvato dall Assemblea della Camera dei deputati nella seduta del 19 luglio 2006, durante l esame del disegno di legge n. 1288, recante Disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali. In particolare, nel corso della predetta seduta il rappresentante del Governo, nell esprimere parere favorevole sul citato emendamento, precisava che: Il Governo aveva ritenuto di confermare il regime finora scelto e condiviso (ossia il regime penale militare di guerra) perché non aveva problemi di ordine nominalistico, essendo chiaro che si tratta di missioni di pace e che il codice penale militare di guerra presenta quelle caratteristiche che riguardano gli aspetti umanitari del diritto internazionale (.). Il Governo è comunque favorevole ad accogliere la proposta che viene dal Parlamento, proprio in relazione al comportamento e all'attività finora svolta dai nostri militari, che è stata sostanzialmente caratterizzata da una rigorosa correttezza comportamentale e disciplinare che non ha mai visto coinvolti militari italiani in comportamenti contrari al diritto umanitario. 44 Si vedano al riguardo i commi da 1-bis a 1-octies dell articolo 4 del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n In proposito, si veda l intervento del Capo di stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, cit. nella nota n

20 4.3. La mancanza di un organica disciplina per il coordinamento tra missioni militari e missioni civili. Negli ultimi anni, nell ambito delle missioni internazionali, ha assunto un rilievo crescente la dimensione civile, grazie agli interventi realizzati dall Italia a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione. Non stupisce, quindi, come i provvedimenti legislativi di proroga delle missioni internazionali, pur nascendo come strumenti per rispondere a esigenze di carattere principalmente militare, abbiano rappresentato l occasione per disporre appositi interventi normativi e finanziari in favore della cooperazione allo sviluppo, al fine di fornire assistenza alle popolazioni e di sostenere i processi di sviluppo e consolidamento delle istituzioni nelle aree di crisi. Attraverso tali interventi il Ministero degli affari esteri ha potuto adottare e porre in essere iniziative di ampio respiro in teatri di crisi particolarmente complessi, consentendo alla cooperazione italiana di disporre delle risorse necessarie per realizzare progetti volti a favorire la stabilizzazione di tali aree. Gli interventi di cooperazione, complementari alla presenza militare, si configurano quindi, allo stato attuale, come un elemento essenziale dell'azione politica. Le iniziative della cooperazione italiana sono volte primariamente alla riduzione delle cause profonde dell'instabilità, che vedono nelle situazioni di povertà e di degrado istituzionale vere e proprie camere di incubazione di radicalismo e di violenza 46. Lo strumento della proroga delle missioni internazionali appare altresì il più idoneo a rispondere anche a due ulteriori esigenze. La prima è quella di consentire il necessario raccordo con specifiche iniziative poste in essere dalla comunità internazionale nell'ambito delle operazioni internazionali di gestione delle crisi, quali, ad esempio, il finanziamento dei vari fondi fiduciari. La seconda è costituita dalla necessità di porre in essere le misure necessarie alla tutela dei cittadini e degli interessi italiani in territori bellici o ad alto rischio. Va altresì rilevato che, nell ambito dell Unione europea, le missioni civili a sostegno della pace e della sicurezza internazionale, rappresentano uno strumento fondamentale della Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) e sono in continua espansione. Gli interventi 46 In proposito, si veda l intervento del vicesegretario generale vicario del Ministero degli affari esteri, ministro plenipotenziario Carlo Oliva, nel corso della sua audizione presso le Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei deputati, il 26 gennaio 2010, nell ambito dell indagine conoscitiva relativa all esame, in sede referente, delle proposte di legge C Garofani, C Di Stanislao e C Maurizio Turco, recanti disposizioni per la partecipazione italiana a missioni internazionali. 20

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