Foto in copertina: spxchrome / istockphoto Lindau s.r.l. corso Re Umberto Torino. Prima edizione: settembre 2012 ISBN
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1 I Draghi
2 Foto in copertina: spxchrome / istockphoto 2012 Lindau s.r.l. corso Re Umberto Torino Prima edizione: settembre 2012 ISBN
3 Rodolfo Casadei TRIBOLATI, MA NON SCHIACCIATI Storie di persecuzione, fede e speranza Prefazione di monsignor Louis Sako Arcivescovo caldeo di Kirkuk
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5 1 Adam e gli altri martiri di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso Adam, Gesù Bambino crocefisso Se volete vedere il volto di Adam come lo vedono gli angeli e i beati in Paradiso, cercate la sua fotografia sul sito dell AINA, l agenzia di stampa assira che diffonde notizie sui cristiani in Medio Oriente. Gli occhioni neri ingenui e compiaciuti, la posa pacata e compresa di sé da persona importante, le manine intrecciate e la postura di tre quarti. È seduto su una seggiola di design moderno, rivestita in similpelle con l intelaiatura metallica. Dietro di lui, giochi di luce rimbalzano dai cromatismi di un quadro astratto, linee diagonali e linee curve che si proiettano in varie direzioni sotto forma di strisce nere, rosse e bianche. Gli stessi colori della maglietta a rombi che Adam indossa, sopra un paio di jeans tamarri tutti cuciture, cerniere e applicazioni. D oro l anello all anulare della manina destra, d oro il braccialetto e la catenina con i cuoricini e la sfera perfetta di un chiama angeli. I capelli spettinati e umidi come dopo una corsa a perdifiato di bambini. Un ragazzino del cortile, un figlioletto di re, un Gesù Bambino. Rosso, nero e bianco. I colori del sangue, del lutto e della resurrezione.
6 18 TRIBOLATI, MA NON SCHIACCIATI Adam Odai Zuhaid Arab è il nome del bambino di tre anni che ha gridato «basta!» mentre i terroristi insanguinavano e devastavano la chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad il 31 ottobre Lo ha gridato decine di volte, i sopravvissuti hanno ancora la sua voce nelle orecchie: uno strillo infantile disperato. Ha urlato per un tempo interminabile, da sotto il corpo di suo padre Odai che si era adagiato su di lui per proteggerlo e che stava morendo per le ferite subite all inizio dell assalto. Sua madre Martha era sdraiata a pochi passi da lui, come tutti i fedeli che non erano riusciti a rifugiarsi e barricarsi nella sacrestia si fingeva morta, ma nello stesso tempo premeva una mano contro la coscia di Nairi, l altra sua figlia di un anno che piangeva disperata, ferita da un proiettile e da schegge che le avevano fratturato il femore. Era lì, più impotente di Maria sotto alla croce. Se si fosse mossa, sarebbe stata falciata dalle armi automatiche dei terroristi, come era accaduto a decine di uomini, donne e bambini nei minuti precedenti. «Basta!», urlava disperato Adam, «basta!», strillava da terra. E raddoppiava l angoscia degli ostaggi che già avevano visto falciare a colpi di arma automatica i due sacerdoti e tutti i giovani adulti, dei feriti che cercavano di salvarsi fingendosi morti, delle ragazze e delle donne annichilite dallo spavento e dall orrore. Ma nemmeno i terroristi potevano restare indifferenti a quelle grida. Anzi, erano molto disturbati. La mamma di Adam ricorda bene l aggressore che si era chinato sul suo bambino a rimbrottarlo, metà severo fratello maggiore e metà psicopatico: «Taci una buona volta, non vedi la mia arma, vuoi che ti ammazziamo come gli altri?». Ricorda anche Hussein, il capo dei terroristi ferito sin dall inizio e seduto non lontano da lei, che dava ai suoi uomini l ordine di finire quell uomo scosso da-
7 ADAM E GLI ALTRI MARTIRI 19 gli spasmi che altri non era che suo marito. Ma il momento preciso dell addio alla vita dei suoi due cari Martha non sa dirlo. Ricorda solo che a un certo punto la voce spaventata del suo bambino non si è sentita più. Quei cinque erano entrati in chiesa sparando e gridando: «Allah u akbar! Dio è grande! Noi andremo in Paradiso, voi andrete all Inferno!». Ma quel giorno Dio non era grande: era piccolo come un bambino di tre anni terrorizzato e ferito che gridava «basta!». Che stava gridando loro di fermarsi, di non spargere il sangue altrui e il proprio, di comprendere e accettare che l ora della nostra morte deve essere lasciata nelle mani del Creatore e non decisa dalla volontà degli uomini. Di scorgere Lui in quei volti atterriti. Stupidi e feroci, non hanno saputo vedere Dio che si era fatto piccolo e senza difese. E che urlava con tutta la disperata innocenza di un bambino di tre anni. Di Adam, un Gesù crocefisso da bambino. E i feriti di Baghdad giunsero al Policlinico Gemelli Nel primo anniversario del massacro l agenzia di stampa Zenit informava che le comunità cattoliche orientali presenti a Baghdad stavano raccogliendo le prove canoniche per chiedere la beatificazione dei due sacerdoti assassinati: i padri Tahir Saadallah Abdal e Wassim Sabih Alkas Butros. Troppo poco. Tutti coloro che hanno perduto la vita dentro alla chiesa quella terribile sera 45 battezzati di ogni età e condizione sociale dovrebbero essere beatificati e riconosciuti come martiri. Perché hanno testimoniato Cristo attivamente, eroicamente, fino all effusione del sangue. Non hanno vissuto passivamente il ruolo di vittime portate al supplizio, come avrebbero voluto i loro aguzzini. Hanno
8 20 TRIBOLATI, MA NON SCHIACCIATI reso testimonianza della dignità umana redenta da Cristo, della creatura nuova della redenzione, in vari modi. Chi rivolgendosi direttamente ai terroristi per scuotere la loro coscienza, chi cercando di aiutare e di salvare i propri vicini mentre cercava di salvare la propria vita. Conosciamo le loro storie perché ce le hanno raccontate i sopravvissuti, in gran parte feriti. Anche costoro meritano tutta la nostra ammirazione e gratitudine per il modo in cui hanno attraversato la terribile prova, e perché è grazie a loro che si potranno tramandare questi nuovi «atti dei martiri». È dalla loro voce che ho appreso molti dettagli di quella terribile giornata. Ho incontrato la mamma di Adam e altri sopravvissuti del massacro del 31 ottobre 2010 al Policlinico Gemelli di Roma, poche settimane dopo i tragici avvenimenti. La signora ha parlato lungamente con me senza manifestare emozioni, come inaridita da una sofferenza troppo grande, o dalla fatica di raccontare ancora una volta quella storia tremenda, e stavolta a uno sconosciuto. Guardo i due volti sul distintivo che porta appuntato sull abito. Adam è un faccino serio con una gran testa di riccioli mori impresso sul rettangoletto di legno che mamma porta appeso a un risvolto del suo giacchetto, nero come tutti i capi d abbigliamento che ora indossa; alla sua sinistra c è anche il volto un po sfocato di papà Odai. Nairi invece è qui con mamma, vestita di bianco e di rosa si guarda attorno e sorride anche agli estranei. Ha l aria contenta dei piccoli della sua età, il volto disteso e perfettamente lieto. L unica traccia che l orrore ha lasciato su di lei è la medicazione nella parte superiore della coscia destra. I governi italiano e francese avevano deciso di fornire cure e protezione ad alcune decine di feriti e ai loro parenti
9 ADAM E GLI ALTRI MARTIRI 21 più stretti. Il 12 novembre, meno di due settimane dopo la strage, 26 feriti e una ventina di accompagnatori avevano fatto il loro ingresso nell ospedale vaticano, un altro gruppo più o meno della stessa entità era stato ammesso in una struttura nei pressi di Parigi. Era sottinteso che chi voleva restare in Europa avrebbe ottenuto lo status di rifugiato e sarebbe stato accolto come tale. A Roma delle necessità pratiche e spirituali dei cristiani iracheni ricoverati al Gemelli si occupava un giovane sacerdote siro-cattolico che era da qualche anno in Italia per studiare e che stava per rientrare in Iraq: padre Aysar Saeed. Fino al 2005 era stato uno dei coadiutori della parrocchia di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. Era lì quando, nell agosto del 2004, i terroristi fecero esplodere un autobomba contro quella e altre cinque chiese di Baghdad: era la dichiarazione di guerra dei jihadisti alle comunità cristiane irachene. Da quel momento le cose andarono di male in peggio, rapimenti e distruzioni di proprietà mirate contro i cristiani si moltiplicarono, causando un esodo interno (verso il Kurdistan e la Piana di Ninive nel Nord) ed esterno (verso paesi del Medio Oriente considerati più sicuri e verso i paesi occidentali) che da allora non si è mai veramente arrestato: i cristiani iracheni, che erano 800 mila circa alla vigilia dell invasione anglo-americana dell Iraq nella primavera del 2003, nel 2012 risultavano scesi a 350 mila. «L esplosione uccise un passante musulmano e ferì leggermente molti fedeli colpiti dai vetri in frantumi», racconta padre Aysar. «Gli autori dell assalto del 31 ottobre hanno messo la loro autobomba, che hanno fatto esplodere con un telecomando nel momento in cui hanno fatto irruzione in chiesa, esattamente nello stesso punto in cui la precedente era stata collocata sei anni prima.» Padre Aysar conosceva
10 22 TRIBOLATI, MA NON SCHIACCIATI bene i due sacerdoti trucidati durante l assalto e l anziano vicario episcopale Raphael Qutaimi che, pur ferito dalle schegge di una granata all addome, è scampato ed è stato ricoverato a Parigi assieme ad altri 35 sopravvissuti. Il racconto dei sopravvissuti Non tutti i particolari quadrano, non tutte le testimonianze convergono, ma la ricostruzione di ciò che è successo nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad e nei suoi dintorni quel 31 ottobre 2010 è sufficientemente certa. Quattro ore e mezza di incubo, fra le 17 e le La chiesa si trova nel quartiere a maggioranza sciita di Karrada, circondato su tre lati dal fiume Tigri, che attraversa grigio la capitale; di là dal ponte in direzione nord si entra già nella fortificatissima Zona verde, quartiere dei ministeri e della maggior parte delle ambasciate. L istituzione più importante con sede a Karrada è la Borsa valori, che si trova a poca distanza dalla cattedrale siro-cattolica: la presenza cristiana nel quartiere, che potrebbe essere definito di classe media e medioalta per gli standard iracheni, è significativa. I terroristi cinque o sei elementi, che poi, si scoprirà, appartenevano a un gruppo affiliato ad Al Qaeda attivo in Iraq fin dall inizio avevano deciso di assalire la chiesa e occuparla quanto più a lungo possibile. Per realizzare il loro intento hanno attuato una serie di azioni diversive. Prima hanno attaccato la sede della Borsa (che era chiusa) aprendo il fuoco e lanciando granate. Hanno ucciso due guardie, ma la reazione delle sentinelle ha causato dei feriti nelle loro file. Quindi hanno fatto saltare con un telecomando la Jeep Cherokee imbottita di esplosivo che avevano parcheggiato all altezza
11 ADAM E GLI ALTRI MARTIRI 23 dell abside e sono entrati nel cortile della chiesa scavalcando il muro di cinta. In questo modo hanno preso alle spalle guardie e poliziotti che vigilavano al cancello d ingresso e le cui attenzioni erano distratte da quello che sembrava avvenire solo all esterno. Uno degli assalitori, ferito gravemente durante l attacco alla sede della Borsa, ha fatto detonare la sua cintura esplosiva in quel momento per non essere d impaccio ai suoi compagni. Gli altri, sorprese le guardie di cui alcune sono rimaste uccise, hanno fatto irruzione nell edificio sparando contro i fedeli che avevano cercato di uscire. All interno hanno ucciso fra i primi il diacono in capo della chiesa e i due sacerdoti che hanno trovato; hanno separato gli uomini giovani dal resto dei fedeli e li hanno passati per le armi; hanno sparato sui gruppi di persone che protestavano o che non riuscivano a far tacere i bambini; hanno lanciato granate dentro alla sacrestia dove si erano barricate un ottantina di persone; hanno chiamato la hot line di una tv locale, Al Baghdadiya, sussidiaria di una tv egiziana, per un irrealistico scambio di ostaggi, chiedendo la liberazione di due donne egiziane cristiane che secondo loro erano state sequestrate dal clero copto e si trovavano ristrette in «monasteri prigione» per impedire loro di convertirsi all Islam; hanno tenuto i contatti con dei walkie-talkie con qualcuno che seguiva l azione dal di fuori; hanno insultato, minacciato, ferito a morte decine di cristiani terrorizzati dentro a Nostra Signora del Perpetuo Soccorso; hanno profanato la chiesa, distrutto gli arredi, sparato contro le immagini e gli oggetti sacri; hanno recitato le ultime due preghiere rituali dell Islam, quella del tramonto e quella della notte; quando le truppe speciali del Ministero dell Interno hanno finalmente fatto irruzione dopo quattro ore e mezza di assedio si sono fatti esplodere o
12 24 TRIBOLATI, MA NON SCHIACCIATI sono stati colpiti dal fuoco dei militari iracheni, dopo aver causato la morte di 57 persone, delle quali 45 erano cristiani che stavano partecipando alla Messa. Quattro settimane dopo l attacco 12 complici sono stati arrestati dalle forze speciali del Ministero dell Interno, fra loro anche Huthaifa al-batawi, soprannominato «l Emiro di Baghdad», mente, burattinaio e coordinatore dell assalto a Nostra Signora del Perpetuo Soccorso e capo dell Organizzazione della base del jihad in Mesopotamia, più nota come Al Qaeda in Iraq. Al-Batawi era il secondo successore di Abu Musab al-zarkawi, l estremista ucciso dagli americani nel 2006 che per primo, nel 2004, aveva iniziato in Iraq un gruppo terroristico federato ad Al Qaeda, a quel tempo con il nome di Gruppo del monoteismo e del jihad. Dopo la sua morte l organizzazione era andata a far parte di Stato Islamico in Iraq, una federazione di gruppi jihadisti che fra le sue prodezze conta anche la cacciata dei cristiani dal quartiere di Dora a Baghdad fra il 2006 e il Il 7 maggio del 2011 Al-Batawi e alcuni dei suoi luogotenenti arrestati nel novembre 2010 sono rimasti uccisi nel corso di una rivolta da loro stessi organizzata per evadere dal carcere nel quale erano ristretti. Come vennero uccisi padre Wassim e padre Tahir Lo scarno riassunto degli avvenimenti lascia annichiliti. Ma ciò che è accaduto in quelle ore è molto di più di quello che sta dentro a un semplice resoconto di cronaca nera, o a una cronaca di guerra. Racconta Yussef, un sopravvissuto: «Sparavano e gridavano: Sporchi cristiani, noi andremo in Paradiso e voi all Inferno! Allah è grande! Siete dei
13 ADAM E GLI ALTRI MARTIRI 25 miscredenti e andrete all Inferno!». La parola araba che usavano per insultare i cristiani era «wasekh», che è molto più spregiativa di quella che di solito viene impiegata per definire i cristiani «impuri»: «wasekh» si usa per indicare sporcizia morale e fisica nello stesso tempo. I terroristi entrano sparando ad altezza d uomo, costringendo a rientrare dentro l edificio i rari temerari che si erano affacciati all uscita udendo i primi colpi della sparatoria e le esplosioni davanti alla Borsa. Portano con sé borsoni con dentro armi e granate. Cercano i sacerdoti, e i due su tre che trovano li uccidono seduta stante. Nel primo si imbattono quasi accidentalmente. Padre Wassim Sabih Alkas Butros, che si trovava vicino alla porta di ingresso perché stava nel confessionale, si fa loro incontro per calmarli. Mentre tutti cercano riparo dietro le panche o addossandosi alle pareti lui si dirige verso gli assalitori che già hanno sparato dentro alla chiesa, hanno ferito varie persone e ucciso il diacono capo. Si offre in ostaggio: «Lasciate stare loro, prendete me!». Per tutta risposta uno dei terroristi gli spara al torace da distanza ravvicinata. L uomo cade a terra. «Chi è costui?» chiede sorpreso lo stesso carnefice che ha premuto il grilletto. «È un prete», gli risponde un compagno. Parte una seconda raffica sul sacerdote agonizzante. Viene colpito anche alla testa. Padre Tahir Saadallah Abdal, che presiede la Messa e si trova nei pressi dell altare al momento dell irruzione, esorta i fedeli delle prime file a rifugiarsi in sacrestia e invita i più giovani ad accompagnare i più anziani. Anche lui grida: «Prendete me, lasciate stare la gente!». Va verso il fondo della Chiesa poi torna indietro; fa scudo con il suo corpo ai chierichetti che si sono accucciati sotto l ambone. A un certo punto i terroristi l afferrano e lo trascinano di qualche
14 26 TRIBOLATI, MA NON SCHIACCIATI passo, mentre i ragazzi fuggono in tutte le direzioni. Lo spintonano come per farlo cadere, ma lui si regge in piedi. Quindi lo mitragliano sotto gli occhi di sua madre già ferita, almeno un colpo raggiunge la testa. Cade sulle ginocchia portandosi le mani al petto, e prima di scivolare a terra i testimoni sono concordi pronuncia le stesse parole di Gesù sulla croce nel Vangelo di Luca: «Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito». Non è quello l unico figlio che la donna si vede portar via quella sera: un altro verrà colpito a morte poco dopo. «Viva la Croce!» Gli assalitori urlano come invasati. Gridano ai fedeli terrorizzati di sdraiarsi a terra e restare immobili. Il minimo movimento o lamento diventa un pretesto per sparare sulle persone a terra con l intenzione di ucciderle. Lo stesso accade agli adulti che non riescono a far tacere i bambini che gridano per la paura. C è una coppia con una bambina di appena tre mesi in braccio alla madre. Il bebè piange disperatamente. I terroristi inveiscono. Il padre risponde che non è possibile calmare la bambina: viene falciato a colpi di mitra insieme alla giovane moglie, a suo padre e al neonato, resta viva ma ferita solo una sorella del giovane. Un altro uomo, colpito da un proiettile, emette un lamento di dolore e da terra grida: «Noi moriamo, però viva la Croce!». Più assalitori puntano le armi verso di lui e lo crivellano di colpi mentre grida ancora: «Viva la Croce!». Un giovane di nome Firas si carica sulle spalle una ragazza ferita al collo e cerca di trascinarla verso la porta che dà dentro alla sacrestia. Un terrorista vede la scena e lancia
15 ADAM E GLI ALTRI MARTIRI 27 una granata verso la coppia. Investiti dalle schegge alla schiena, i due cadono a terra come morti sul colpo, ma solo la ragazza è spirata. Firas, un dolore tremendo al dorso e a un polpaccio investiti dai frammenti della bomba, è ancora vivo e si trascina carponi fino a un muro vicino all altare dove si nasconde sotto a un cadavere. Per tre ore quello sarà il suo riparo. Lo sposta impercettibilmente usandolo come uno scudo per avvicinarsi alla porta della sacrestia. Da lì assiste ai ripetuti attacchi dei terroristi al rifugio. A forza di raffiche e di granate i terroristi riescono quasi ad aprire un varco nella porta che era stata barricata dall interno con mobili e altre attrezzature. Sono costretti a desistere quando le forze di sicurezza si decidono infine a dare il via al loro blitz e loro devono concentrarsi su quell attacco dalla porta centrale. In quel momento Firas si avvicina alla sacrestia e chiede a quelli dentro di farlo entrare. Si rifiutano di aprirgli credendolo uno degli assalitori che li vuole ingannare. Finalmente una ragazza riconosce il suo nome e la sua voce. Riesce a farsi aprire dopo molte insistenze e a scivolare dentro. «I terroristi erano quasi tutti stranieri, forse di iracheni ce n era solo uno», racconta. «Uno era sicuramente egiziano e un altro era siriano. C era un ragazzino che non poteva avere più di 15 anni, ma anche gli altri erano molto giovani: anni, non di più. Un paio di loro indossavano divise della polizia. Dicevano: In questo paese resteranno solo i musulmani!. E poi: Tutte le chiese verranno colpite come questa!.» Quindi i terroristi salgono in piedi sull altare e su altri arredi per controllare la situazione da una posizione elevata. Scaricano le armi contro i lampadari, contro le ventole dell aria condizionata, contro le formelle della Via Crucis, contro la grande croce incastonata alla parete dietro all al-
16 28 TRIBOLATI, MA NON SCHIACCIATI tare. Ma anche sulle persone sdraiate a terra che non sono perfettamente immobili. A un certo punto, solo una signora di mezz età gravemente ferita può permettersi di parlare con loro senza essere falciata all istante: «Per favore, uccidetemi», implora la donna. «Sto soffrendo troppo, datemi il colpo di grazia!» «No, sporca cristiana!», le risponde il capo del commando. «Devi soffrire fino alla fine in questa vita e poi dopo, quando ti ritroverai all inferno!» A un certo punto su ordine del loro capo i terroristi cominciano ad accanirsi sulla croce, per distruggerla e svellerla dalla parete dove è incastonata dietro all altare. Le croci delle chiese caldee e siriache non portano il corpo di Gesù inchiodato al legno. Sono croci vuote, a simboleggiare la resurrezione di Cristo dopo il suo sacrificio. Chi conosce la storia delle Chiese d Oriente, sa che la rappresentazione sia artistica che a uso liturgico delle immagini sacre e in particolare della croce è stata oggetto di incandescenti diatribe teologiche, sfociate anche negli iconoclasmi dell VIII e del IX secolo. Le croci vuote delle chiese irachene sono eredi di quei dibattiti e di quegli scontri, ma non si riducono certo a una «concessione» alle umane esigenze di rappresentazione del sacro: la devozione dei cristiani iracheni per la croce è molto intensa; per esempio i caldei celebrano con molta partecipazione il 14 settembre la festa della croce, che espongono in forma di luminaria davanti a casa, come noi facciamo a Natale con gli alberi illuminati. In quella data le case dei cristiani si distinguono perfettamente da quelle dei musulmani proprio per la presenza di croci luminose. La donna morente protesta con le forze che le sono rimaste. Rende la sua estrema testimonianza al potere salvifico della croce, si rivolge ai suoi aguzzini come se davvero potesse fargli capire che stanno sbagliando, li ammonisce
17 ADAM E GLI ALTRI MARTIRI 29 sul sacrilegio che stanno compiendo: «No, cosa fate!», dice con voce soffocata. «Non distruggete la Croce della nostra salvezza! Non lo sapete che è la Croce che ci salva tutti?» «Taci, donna! Tu devi soffrire e morire!» «Lasciate stare la croce!» «Bada, faccio esplodere la mia cintura», minaccia Hussein. «Fallo», lo sfida la signora. Poco dopo smetterà di parlare. Shahad, zia di Adam I terroristi hanno una ricetrasmittente e la usano per parlare con l esterno. «Tutto procede come previsto, sta andando proprio come volevamo», comunicano a un misterioso interlocutore. Poco dopo però cominciano a dire fra di loro: «C è un altro prete, dobbiamo trovarlo e ammazzarlo». Cercano di forzare la porta della sacrestia convinti di trovarlo lì, ma l ottantina di persone che ha trovato riparo in quel locale senza vie di fuga (c è un portone che dà sull esterno, ma è sbarrato da fuori) ha collocato armadi e panche dietro la porta. Gli sforzi per passare sono vani, anche perché gli assalitori non possono sguarnire le altre zone della chiesa per concentrarsi davanti alla sacrestia. Allora cominciano a usare le granate. Riescono a gettarne un paio dentro al locale, uccidendo alcune persone e causando feriti sia gravi che leggeri. Ma il passaggio resta loro interdetto. Shahad Zuhair Marsina, studentessa universitaria, era la zia di Adam e la sorella di suo padre Odai. Era sdraiata vicino a loro durante l eccidio. È una delle persone che hanno avuto scambi verbali con i terroristi e che sono state lasciate in vita. «Un terrorista era in piedi proprio vicino a me, sentivo la sua arma sfiorarmi i piedi. Avevo paura che
18 30 TRIBOLATI, MA NON SCHIACCIATI da un momento all altro mi sparasse, perché ero la prima della fila di persone sdraiate che poteva vedere. Ma per prima cosa uccisero tutti gli uomini che trovavano, non solo i giovani ma anche quelli più vecchi. C era un uomo calvo, gridarono: Dio è grande! e gli spararono. Odai era sdraiato vicino a me, aveva una spalla ferita e si fingeva morto. All inizio aveva cercato di incoraggiarci, dicendo che volevano solo rapinarci. Ma dopo che aveva visto sparare prima al diacono capo e poi a padre Wassim, aveva cambiato espressione. Aveva chiamato mio padre al cellulare per chiedere aiuto, poi aveva sbattuto il telefono a terra con rabbia: Perché hanno ucciso il diacono, cosa gli aveva fatto?. Dopo aver ucciso tutti gli uomini hanno cercato di forzare la sacrestia, dove aveva trovato riparo mia madre. Ero certa che l avrebbero uccisa, perché ci buttavano dentro le loro granate. Tremava il pavimento, sembrava dovesse crollare tutto e l aria si riempiva di fumo. Mi dicevo: È morta, non la rivedrò più. Poi uno di loro, un siriano, chiese ad alta voce che una donna andasse a parlare al suo cellulare. Io avevo paura che avrebbe chiamato mia sorella; si trovava vicino a me ed era molto spaventata, temevo che una volta in piedi l avrebbero uccisa. Allora mi sono alzata io, ma subito il terrore mi ha paralizzato, non sapevo più cosa fare. L uomo mi ha apostrofato: Muoviti, vieni subito qui altrimenti ti ammazzo.» È il momento in cui i terroristi hanno chiamato la tv Al Baghdadiya per rivendicare l attacco e fare le loro stravaganti e probabilmente pretestuose richieste. A Shahad viene intimato di comunicare che gli ostaggi sono tutti in vita, e che non è ancora successo nulla. «Mi disse di dire a quelli della televisione che stavamo tutti bene, che non ci avevano fatto niente di male. Ma io vedevo i morti davanti a
19 ADAM E GLI ALTRI MARTIRI 31 me, avevo ancora nelle orecchie il rumore delle armi e delle granate. E morivo di paura. Non parlai come mi aveva chiesto lui. Si arrabbiò e cominciò a insultare me e la mia fede: Non vi lasceremo andare, cristiani! Siete degli infedeli che adorano la Croce. Ma Dio è uno solo! Non dovete adorare la Croce!. Sono tornata terrorizzata al mio posto e loro hanno ricominciato a distruggere la chiesa. Hanno sparato alla statua di Gesù, che è caduta a terra. Hanno fatto cadere il lampadario sopra di noi, che per poco non mi ha colpito. E intanto Adam continuava a urlare: Kafi! Kafi! Basta! Basta!. Avrei voluto soccorrerlo, abbracciarlo, ma il terrorista era troppo vicino a me. Ma a questo punto è successa la cosa più brutta: quell uomo s è accorto che Odai era ancora vivo e ha chiamato uno che aveva ancora munizioni nel mitra. Gli ha detto: C è un uomo ancora vivo in mezzo a queste donne, sparagli!. E quello ha sparato!» Shahad scoppia in un pianto dirotto ricordando il momento della morte del fratello. Forse è allora che Adam, che il padre tiene abbracciato stretto, resta colpito. Sta di fatto che poco dopo diventa tranquillo, non lo si sente più gridare. Arriva il momento dell isha, l ultima delle cinque preghiere musulmane; non c è acqua per le abluzioni, e con le mani e la coscienza sporche di sangue i massacratori si rivolgono per l ultima volta all Altissimo. Le loro parole diventano incerte: «Dio, mantieni ferma la mia fede. Signore, perdonami!». Anche Shahad prega. Testa piegata e sguardo a terra, fa scorrere i grani di un rosario fra le dita. Uno dei sequestratori se ne accorge e la ammonisce: «Che cosa pregate? Che cosa adorate? Adorate Cristo? Siete infedeli, Dio è uno solo!».
20 32 TRIBOLATI, MA NON SCHIACCIATI E Hussein il terrorista chiese perdono Il capo dei terroristi è ferito a un piede sin da quando sono entrati nella chiesa. Uno dei suoi uomini vorrebbe bendarglielo ma lui si rifiuta. Ha trascorso quasi tutto il tempo seduto, dando ordini e preoccupandosi che tutti i suoi uomini recitassero le ultime due delle cinque preghiere canoniche islamiche: quella del tramonto e quella che si recita un ora e mezza dopo il tramonto. In certi momenti hanno addirittura scherzato fra di loro: «Hussein, che facciamo? Dobbiamo detonare le cinture?». «Aspetta, che fretta c è? Abbiamo ancora tempo.» Ma poi viene il momento di dare le ultime disposizioni: «Quando i soldati entreranno nella chiesa ci faremo esplodere, moriremo insieme alla gente». «Non abbiamo più munizioni», gli dicono. «Usate le granate.» «Non speravamo più di poterci salvare. Chiunque era ancora vivo pensava che sarebbe stato ucciso», racconta Shahad. «Pregavamo come se la morte fosse imminente, non immaginavamo di poter sopravvivere a una prova come quella: Maria nostra madre ci ha salvati con la sua forza! Poi uno di loro si è fatto esplodere, mentre quelli ancora in vita lanciavano le granate nel buio. La chiesa tremava tutta, pensavamo che ci sarebbe crollata sulla testa.» Martha, la madre di Adam, ricorderà per sempre quegli istanti. «Dopo che hanno recitato l isha lo stato d animo di Hussein è cambiato rapidamente, è diventato triste. Perdonatemi, ha cominciato a dire guardandosi intorno.» Sotto lo sguardo di Hussein ci sono morti, feriti e bambini piangenti: il risultato delle sue azioni. Adesso il comandante spietato sembra inebetito. «Perdonatemi!», ripete due-tre volte con voce sempre più afflitta, con pause drammatiche. A fatica per l aggravarsi della ferita con cui era entrato nel-
21 ADAM E GLI ALTRI MARTIRI 33 la chiesa si trascina in direzione dell uscita. Martha solleva leggermente la testa da terra per vedere cosa stia facendo. I loro sguardi si incrociano. È un istante terrificante e interminabile. La donna riabbassa subito gli occhi mentre le si gela il sangue, ma non succede nulla. «Si è accorto del mio movimento e del fatto che ero ancora viva», racconta. «Ma ha continuato a trascinarsi zoppicando lontano da me. Poco dopo c è stata l esplosione. È stato orribile, per lo spostamento d aria ci siamo sollevate da terra. Brandelli di corpi sono volati dappertutto. Vicino a me un braccio di Hussein, vicino a mia sorella è rotolata la sua testa.» I soldati cominciano il loro tardivo assalto, e in rapida sequenza i terroristi si fanno esplodere. Per i militari, che per tutto il tempo dell assedio erano rimasti all esterno senza assumere iniziative, prendere il controllo dell edificio risulta molto facile. Ignorano i feriti che chiedono aiuto e si mettono a cercare armi e terroristi ancora in vita. Medici e infermieri non osano entrare, e finisce che i feriti si aiutano e si sorreggono fra loro trascinandosi fino alle ambulanze. Martha porta fuori la figlioletta che continua a perdere sangue, scivola sui lacerti umani dei terroristi che si sono fatti esplodere e cade a terra orripilata. Torna dentro per soccorrere Adam e Odai, ma la vita li ha abbandonati. «Il mio bambino aveva la bocca piena di calcinacci, e una gamba quasi staccata dal corpo», racconta a ciglio asciutto, con rabbia. Probabilmente a ferirlo sono state le schegge delle granate o dei giubbotti esplosivi dei suicidi. Surur, la sorella di Shahad, è l ultima persona che ha visto Adam vivo. Anche lei era sdraiata a terra accanto al fratello e al nipotino. «Quando i soldati hanno attaccato, la luce era andata via. Col display del mio cellulare ho illuminato il volto di Adam per vedere come stava. L ho toccato:
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