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1 Contributi - Retribuzione imponibile - Nozione - Erogazioni del datore di lavoro a titolo di liberalità - Esenzione dalla contribuzione - Condizioni - Accertamento del giudice del merito in ordine al collegamento delle erogazioni con il rendimento dei lavoratori e l'andamento dell'azienda - Censurabilità in sede di legittimità - Limiti - Fattispecie. Corte di Cassazione / , n. 9155/03 - Pres. Senese - Rel. De Luca - P.M. Raimondi (Conf.) - SIRZ S.p.A. (Avv. Paggi) - INPS (Avv.ti Sgroi, Fonzo, Coretti). Nel rapporto di lavoro subordinato, la nozione di retribuzione imponibile ai fini del calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali, prima delle modifiche introdotte dalla legge 3 14 del 1997, è più ampia rispetto alla nozione civilistica della retribuzione, essendo costituita non solo dal corrispettivo della prestazione lavorativa, bensì da tutte le utilità economiche che il lavoratore riceve, ovvero ha diritto di ricevere. Tuttavia, in base all'art. 12 della legge n. 153 del 1969, le erogazioni liberali del datore di lavoro ai propri dipendenti sono sottratte alla contribuzione a condizione che: a) non sussista alcun obbligo rispetto ad esse a carico del datore di lavoro; b) le elargizioni siano concesse per eventi eccezionali e non ricorrenti; c) non vi sia alcun collegamento, neppure indiretto, tra le elargizioni stesse, il rendimento dei lavoratori e l'andamento aziendale. L'accertamento relativo a tale ultimo collegamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e, come tale, incensurabile in sede di legittimità salvo che per vizio di motivazione o violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C. aveva ritenuto che dovesse essere inclusa nella retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali la elargizione di lire in favore di tutti i dipendenti in occasione del ventinovesimo anniversario della fondazione dell'azienda, posto che tale evento, a differenza delle speciali ricorrenze, aveva cadenza annuale e ripetitiva e che l'elargizione era stata concordata dal Consiglio di amministrazione e dalla rappresentanza dei lavoratori con documento sottoscritto per accettazione dai componenti del consiglio di fabbrica pochi giorni prima della conclusione di un più vasto accordo aziendale a carattere normativo e retributivo) FATTO. - Con la sentenza ora denunciata, il Tribunale di Padova - in parziale riforma della sentenza dei Pretore della stessa sede in data 16 aprile/16 luglio 1997, appellata dall'inps contro la SIRZ S.p.A. - condannava la società medesima al pagamento, in favore dell'istituto, di quanto dovuto (lire , oltre sanzioni relative) a titolo di contributi omessi - sulla elargizione una tantum (di lire ) in favore di tutti i dipendenti, asseritamente a titolo di liberalità in base ai rilievi seguenti: - "il dichiarato intento di festeggiare il 29 anniversario della fondazione dell'azienda, privo di ogni accenno valido ad attribuire particolare significato all'anno prescelto, non può valere in termini oggettivi a motivare il carattere di eccezionalità dell'elargizione, posto che l'evento o presupposto, a differenza delle speciali ricorrenze ( ), ha cadenza annuale e ripetitiva ( )"; - peraltro "la motivazione dell'intento di liberalità é contrastata e smentita, dal rilievo che l'elargizione in questione risulta sostanzialmente concordata dal Consiglio di amministrazione e dalla rappresentanza dei lavoratori con documento in data 30/3/1988, sottoscritto "per accettazione" dai componenti del c.d.f. (consiglio di fabbrica), pochi giorni prima della conclusione tra le parti dell'accordo aziendale del 14/4/9988 normativo e retributivo, con 1

2 modalità e sequenze tali da far ragionevolmente ritenere che in effetti l'importo di lire erogato a ciascun lavoratore rappresentasse in realtà una integrazione salariale, avente quindi carattere retributivo". Avverso la sentenza d'appello la società soccombente propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo. L'Istituto intimato resiste con controricorso. DIRITTO Con l'unico motivo di ricorso - denunciando violazione e falsa applicazione dì norme di diritto (art. 12, comma 2, n. 6, legge 30 aprile 1969, n. 153), nonché vizio di motivazione (art. 360, n. 3 e 5, c.p.c.) - la SIRZ S.p.A. censura la sentenza impugnata per avere negato che la elargizione una tantum (di lire mensili) in favore di tutti i dipendenti, in occasione del 29 anniversario della fondazione dell'azienda, fosse una erogazione a titolo di liberalità, come tale esclusa dalla retribuzione imponibile a fini contributivi, sebbene avesse carattere eccezionale e sebbene la rappresentanza dei lavoratori si sia limitata alla "accettazione" dell'erogazione deliberata, autonomamente, dal consiglio d'amministrazione della società. Il ricorso non é fondato. 2. La nozione di retribuzione imponibile a fini contributivi - prevista dalla disposizione (art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, che ha sostituito gli articoli 27 e 28 del DPR 30 maggio 1955, n. 197, e l'articolo 29 del DPR 30 giugno 1965, n. 1124), applicabile ratione temporis alla dedotta fattispecie (essendo stata a sua volta sostituita, dall'art. 6 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314, solo a far tempo dal 1988) - é più ampia rispetto alla nozione civilistica (art e seguenti c.c.), di generale applicazione, della retribuzione - secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 4262/2001, 7552/99, 576/1990, n. 828 (1), 5004/1989, 61/87) - in quanto non comprende soltanto il corrispettivo della prestazione lavorativa, ma tutto ciò che il lavoratore "riceve" (così, testualmente, l'articolo 12 della legge n , cit.) - oppure "ha diritto di ricevere" (in tal senso, vedi, per tutte, Cass. n. 677 (2), 5547/93 (3), 1898/97 (4), 3630, 5002, 11148, 12122/99, 7951/2000 (5)) - dal datore di lavoro, "in dipendenza dei rapporto di lavoro". Dalla retribuzione imponibile - quale risulta dalla prospettata nozione causale (che ha sostituito la nozione corrispettiva, di cui alle disposizioni precedenti in materia) - sono escluse, tuttavia, soltanto le voci elencate espressamente, quanto tassativamente (dallo stesso art.12 della legge n. 153/69, cit.), la cui esclusione esplicita, peraltro, implicitamente suppone - almeno in alcuni casi (quale quello del "rimborso spese", di cui al n. 2 del citato elenco, che all'evidenza non ha natura corrispettiva) - e, perciò, conferma quell'ampia nozione. La natura giuridica, poi, di ciascuna delle erogazioni del datore di lavoro - al fine della loro inclusione o meno nella retribuzione imponibile a fini contributivi - va accertata, in base alla funzione obiettiva ed alla disciplina concreta r rispettiva, a prescindere dall'eventuale autoqualificazione delle parti, trattandosi di materia - previdenziale, appunto - che é sottratta alla loro disponibilità (in tal senso, vedi, per tutte, Cass. n. 2991/85). 3. Applicando gli enunciati principi alla dedotta fattispecie, osserva la Corte che - secondo l'accertamento del Tribunale, non investito da censure sul punto e, perciò, coperto dal giudicato - le dedotte elargizioni sono state erogate dalla SIRI S.p.A. in favore dei propri dipendenti e, perciò, risultano - sul piano soggettivo - provenienti dal datore di lavoro e ricevute dai lavoratori, nonché - sotto il profilo causale - corrisposte "in dipendenza del rapporto di lavoro", non risultandone neanche prospettata la dipendenza da un rapporto diverso tra le medesime parti. Né sono riconducibili ad alcuna delle voci che - sebbene rientrino nell'ampia nozione di retribuzione imponibile a fini contributivi - ne risultano espressamente, quanto tassativamente, 2

3 escluse. In particolare non sono riconducibili - siccome ritenuto dal Tribunale, con la statuizione investita dal ricorso - alle "gratificazioni o elargizioni concesse una tantum a titolo di liberalità, per eventi eccezionali e non ricorrenti, purché non collegate, anche indirettamente, al rendimento dei lavoratori e all'andamento aziendale" (di cui al secondo comma, n. 6, dello stesso art. 12 della legge n. 153 del 1969, cit.). 4. Per escludere le erogazioni liberali prospettate, dalla retribuzione imponibile a fini contributivi, devono infatti concorrere - secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n.5224/2001, 9499/2000 (6), 1426/99, 9828/97) - le condizioni seguenti: a) non sussista alcun obbligo rispetto ad esse a carico del datore di lavoro; b) le elargizioni siano concesse per eventi eccezionali e non ricorrenti; c) non vi sia alcun collegamento, neppure indiretto, tra le elargizioni stesse e il rendimento dei lavoratori e l'andamento aziendale. L'accertamento, poi, circa la sussistenza, nel caso concreto, di ciascuna delle condizioni - legittimanti l'esclusione dalla retribuzione imponibile - costituisce accertamento ed apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e, come tale, censurabile in sede di legittimità soltanto per vizio di motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.) oppure per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale (art e seguenti c.c.), nella interpretazione della disciplina collettiva o, comunque, negoziale dell'erogazione considerata. Alla luce dei principi di diritto enunciati, la sentenza impugnata non merita le censure che le vengono mosse dalla ricorrente. 5. Invero la denuncia di un vizio di motivazione, nella sentenza impugnata con ricorso per cassazione (ai sensi deil'art.360, n.5, c.p.c.), non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni - svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva l'accertamento dei fatti, all'esito della insindacabile selezione e valutazione della fonti del proprio convincimento - con la conseguenza che il vizio di motivazione deve emergere - secondo l'orientamento (ora) consolidato della giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n.13045/97 delle sezioni unite e n. 3161/2002, 4667/2001, 14858, 9716, 4916/2000, 8383/99 delle sezioni semplici) - dall'esame del ragionamento svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può ritenersi sussistente solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione dei procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, mentre non rileva la mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso giudice di merito agli elementi da lui vagliati, ed il valore e significato diversi che, agli stessi elementi, siano attribuiti dal ricorrente ed, in genere, dalle parti. In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto - consentito al giudice di legittimità (dall'art. 360 n. 5 c.p.c.) - non equivale alla revisione del "ragionamento decisorio", ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata: invero una revisione siffatta si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità. 6. Peraltro la violazione o falsa applicazione di disposizioni dei contratti collettivi di diritto comune - non essendo queste norme di diritto, ma clausole contrattuali (vedi, per tutte, Cass /2000, 11141/91) - non é, infatti, deducibile con il ricorso per cassazione (ai sensi dell'art. 360, n.3, c.p.c.). 3

4 Coerentemente, l'interpretazione degli stessi contratti collettivi di diritto comune é riservata al giudice del merito - secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 975, 124, 18/2002, 14487, 14349, 14099, 14005, 13182, 11539, 11347, 3906/2001, oltre che n.8057/99, 6288/97, concernenti controversia identica e, rispettivamente, analoga a quella che forma oggetto di questo giudizio) - e può essere denunciata, in sede di legittimità, soltanto per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (art ss. c.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.) oppure per vizio di motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.), con l'onere per il ricorrente, tuttavia, di indicare specificamente il punto ed il modo in cui l'interpretazione si discosti dai canoni di ermeneutica o la motivazione relativa risulti obiettivamente carente o logicamente contraddittoria, non potendosi, invece, limitarsi a contrapporre - inammissibilmente - interpretazioni o argomentazioni alternative - o, comunque, diverse - rispetto a quelle proposte dal giudice di merito ed investite dal sindacato di legittimità, esclusivamente, sotto i profili prospettati. 7. Ora la sentenza impugnata nega la riconducibilità della elargizione (di lire ) in favore di tutti i dipendenti, della quale si discute, alle "gratificazioni o elargizioni una tantum a titolo di liberalità" - che sono escluse, per quanto si é detto, dalla retribuzione imponibile a fini contributivi - in base ai rilievi concorrenti che, da un lato, "il dichiarato intento di festeggiare il 29 anniversario della fondazione dell'azienda, privo di ogni accenno valido ad attribuire particolare significato all'anno prescelto, non può valere in termini oggettivi a motivare il carattere di eccezionalità dell'elargizione, posto che l'evento o presupposto, a differenza delle speciali ricorrenze ( ), ha cadenza annuale e ripetitiva ( )" e, dall'altro, che "la motivazione dell'intento di liberalità é contrastata e smentita dal rilievo che l'elargizione in questione risulta sostanzialmente concordata dal Consiglio di amministrazione e dalla rappresentanza dei lavoratori con documento in data 30/3/1988, sottoscritto "per accettazione" dai componenti del c.d.f. (consiglio di fabbrica), pochi giorni prima della conclusione tra le parti dell'accordo aziendale del 14/4/1988 normativo e retributivo, con modalità e sequenze tali da far ragionevolmente ritenere che in effetti l'importo di lire erogato a ciascun lavoratore rappresentasse in realtà una integrazione salariale, avente quindi carattere retributivo". All'evidenza, ne risulta il difetto - nella elargizione, di cui si discute - sia del requisito della concessione per "eventi eccezionali e non ricorrenti" - che riposa su un accertamento ed una valutazione di fatto - sia del requisito della concessione "a titolo di liberalità", che riposa sulla interpretazione della disciplina contrattuale impositiva dell'obbligo di erogare quella elargizione a carico del datore di lavoro. Lungi dal denunciare lacune o logiche contraddizioni - nella motivazione in fatto della sentenza impugnata - oppure violazioni dei canoni legali di emeneutica contrattuale (art ss. c.c.) - nella interpretazione che il Tribunale propone per la contrattazione impositiva dell'obbligo di erogare l'elargizione in questione a carico dei datore di lavoro - la società ricorrente, tuttavia, si limita a prospettare - inammissibilmente - un ragionamento decisorio e, comunque un esito affatto diverso per quell'accertamento e per quella interpretazione. 8. Il ricorso, pertanto, dev'essere rigettato. Tuttavia sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione (art. 92 c.p.c.). (Omissis) (1) V. in q. Riv., 1989, p. 934 (2) Idem, 1993, p. 396 (3) Idem, idem, p

5 (4) Idem, 2000, p. 60 (5) Idem, idem, p (6) Idem, idem, p

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