SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) 4 ottobre 2018 (*)

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1 Edizione provvisoria SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) 4 ottobre 2018 (*) «Rinvio pregiudiziale Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia Frontiere, asilo e immigrazione Regolamento (UE) n. 604/2013 Articolo 3 Determinazione dello Stato membro competente per l esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo Esame di una domanda di protezione internazionale senza decisione esplicita in merito alla determinazione dello Stato membro competente per l esame Direttiva 2011/95/UE Articoli 9 e 10 Motivi di persecuzione fondati sulla religione Prova Legislazione iraniana sull apostasia Direttiva 2013/32/UE Articolo 46, paragrafo 3 Ricorso effettivo» Nella causa C-56/17, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell articolo 267 TFUE, dall Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia, Bulgaria), con decisione del 23 gennaio 2017, pervenuta in cancelleria il 3 febbraio 2017, nel procedimento Bahtiyar Fathi contro Predsedatel na Darzhavna agentsia za bezhantsite, LA CORTE (Seconda Sezione), composta da M. Ilešič (relatore), presidente di sezione, A. Rosas, C. Toader, A. Prechal ed E. Jarašiūnas, giudici, avvocato generale: P. Mengozzi cancelliere: A. Calot Escobar vista la fase scritta del procedimento, considerate le osservazioni presentate: per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, G. Koós ed E. Tóth, in qualità di agenti; per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente; per il governo del Regno Unito, da S. Brandon, in qualità di agente, assistito da M. Gray, barrister; per la Commissione europea, da M. Condou-Durande e I. Zaloguin, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell avvocato generale, presentate all udienza del 25 luglio 2018,

2 ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull interpretazione dell articolo 4, paragrafo 2 e paragrafo 5, lettera b), dell articolo 9, paragrafi 1 e 2, e dell articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9), dell articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»), e dell articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60). 2 Tale domanda è stata proposta nell ambito di una controversia tra il sig. Bahtiyar Fathi e il predsedatel na Darzhavna agentsia za bezhantsite (direttore dell agenzia nazionale per i rifugiati; in prosieguo: la «DAB»), in merito al rigetto da parte di quest ultimo della domanda di protezione internazionale presentata dal sig. Fathi. Contesto normativo Diritto internazionale Convenzione di Ginevra 3 La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n (1954)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954 ed è stata integrata e modificata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore a sua volta il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»). 4 Ai sensi dell articolo 1 A, paragrafo 2, primo comma, della Convenzione di Ginevra, il termine «rifugiato» si applica a chiunque, «temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure a chiunque, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori dal Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra». La CEDU 5 La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), all articolo 15, intitolato «Deroga in caso di stato d urgenza», così dispone:

3 «1. In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte contraente può adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale. 2. La disposizione precedente non autorizza alcuna deroga all articolo 2 [ Diritto alla vita ], salvo il caso di decesso causato da legittimi atti di guerra, e agli articoli 3 [ Proibizione della tortura ], 4 1 [ Proibizione della schiavitù ] e 7 [ Nulla poena sine lege ].». Diritto dell Unione Direttiva 2011/95 6 La direttiva 2011/95 ha abrogato, a decorrere dal 21 dicembre 2013, la direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12). 7 Il considerando 16 della direttiva 2011/95 così recita: «La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea.». 8 A termini dell articolo 2 della medesima: «Ai fini della presente direttiva, si intende per: h) domanda di protezione internazionale : una richiesta di protezione rivolta a uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, e che non sollecita esplicitamente un diverso tipo di protezione non contemplato nell ambito di applicazione della presente direttiva e che possa essere richiesto con domanda separata;». 9 L articolo 4 della direttiva in parola così dispone: «1. Gli Stati membri possono ritenere che il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale. Lo Stato membro è tenuto, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda. 2. Gli elementi di cui al paragrafo 1 consistono nelle dichiarazioni del richiedente e in tutta la documentazione in possesso del richiedente in merito alla sua età, estrazione, anche, ove occorra, dei congiunti, identità, cittadinanza/e, paese/i e luogo/luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di viaggio nonché i motivi della sua domanda di protezione internazionale.

4 3. L esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale e prevede la valutazione: a) di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d origine al momento dell adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le disposizioni legislative e regolamentari del paese d origine e le relative modalità di applicazione; b) delle dichiarazioni e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente che deve anche render noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi; c) della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare l estrazione, il sesso e l età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave; ( ) 4. Il fatto che un richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di siffatte persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni gravi, a meno che vi siano buoni motivi per ritenere che tali persecuzioni o danni gravi non si ripeteranno. 5. Quando gli Stati membri applicano il principio in base al quale il richiedente è tenuto a motivare la sua domanda di protezione internazionale e qualora taluni aspetti delle dichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove documentali o di altro tipo, la loro conferma non è comunque necessaria se sono soddisfatte le seguenti condizioni: a) il richiedente ha compiuto sinceri sforzi per circostanziare la domanda; b) tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una spiegazione soddisfacente dell eventuale mancanza di altri elementi significativi; c) le dichiarazioni del richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone; d) il richiedente ha presentato la domanda di protezione internazionale il prima possibile, a meno che egli non dimostri di aver avuto buoni motivi per ritardarla; e e) è accertato che il richiedente è in generale attendibile». 10 L articolo 9, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva prevede quanto segue: «1. Sono atti di persecuzione ai sensi dell articolo 1 A della [C]onvenzione di Ginevra gli atti che: a) sono, per loro natura o frequenza, sufficientemente gravi da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti per cui qualsiasi deroga è esclusa a norma dell articolo 15, paragrafo 2, della [CEDU]; oppure b) costituiscono la somma di diverse misure, tra cui violazioni dei diritti umani, il cui impatto sia sufficientemente grave da esercitare sulla persona un effetto analogo a quello di cui alla lettera a).

5 2. Gli atti di persecuzione che rientrano nella definizione di cui al paragrafo 1 possono, tra l altro, assumere la forma di: b) provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia e/o giudiziari, discriminatori per loro stessa natura o attuati in modo discriminatorio; c) azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie;». 11 Ai sensi dell articolo 10 della direttiva 2011/95: «1. Nel valutare i motivi di persecuzione, gli Stati membri tengono conto dei seguenti elementi: b) il termine religione include, in particolare, le convinzioni teiste, non teiste e ateiste, la partecipazione a, o l astensione da, riti di culto celebrati in privato o in pubblico, sia singolarmente sia in comunità, altri atti religiosi o professioni di fede, nonché le forme di comportamento personale o sociale fondate su un credo religioso o da esso prescritte; 2. Nell esaminare se un richiedente abbia un timore fondato di essere perseguitato è irrilevante che il richiedente possegga effettivamente le caratteristiche razziali, religiose, nazionali, sociali o politiche che provocano gli atti di persecuzione, purché una siffatta caratteristica gli venga attribuita dall autore delle persecuzioni». Direttiva 2013/32 12 I considerando 12, 53 e 54 della direttiva 2013/32 così recitano: «(12) Obiettivo principale della presente direttiva è sviluppare ulteriormente le norme relative alle procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, così da istituire una procedura comune di asilo nell Unione. (53) La presente direttiva non contempla le procedure tra Stati membri disciplinate dal regolamento [Dublino III]. (54) La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai richiedenti cui si applica il regolamento [Dublino III], quale integrazione e lasciare impregiudicate le disposizioni di detto regolamento». 13 A termini dell articolo 2 della medesima: «Ai fini della presente direttiva, si intende per:

6 b) domanda di protezione internazionale o domanda : una richiesta di protezione rivolta a uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, e che non sollecita esplicitamente un diverso tipo di protezione non contemplato nell ambito di applicazione della direttiva [2011/95] e che possa essere richiesto con domanda separata;». 14 L articolo 31, paragrafo 8, della direttiva succitata è del seguente tenore: «Gli Stati membri possono prevedere[, nel rispetto dei principi fondamentali e delle garanzie di cui al capo II,] che una procedura d esame sia accelerata e/o svolta alla frontiera o in zone di transito a norma dell articolo 43 se: e) il richiedente ha rilasciato dichiarazioni palesemente incoerenti e contraddittorie, palesemente false o evidentemente improbabili che contraddicono informazioni sufficientemente verificate sul paese di origine, rendendo così chiaramente non convincente la sua asserzione di avere diritto alla qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95];». 15 L articolo 32, paragrafo 2, della medesima direttiva prevede quanto segue: «Nei casi di domande infondate cui si applichi una qualsiasi delle circostanze elencate nell articolo 31, paragrafo 8, gli Stati membri possono altresì ritenere una domanda manifestamente infondata, se così definita dal diritto nazionale». 16 L articolo 46, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2013/32 dispone quanto segue: «1. Gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti [atti]: a) la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la decisione: i) di ritenere la domanda infondata in relazione allo status di rifugiato e/o allo status di protezione sussidiaria; ii) di considerare la domanda inammissibile a norma dell articolo 33, paragrafo 2; iii) presa alla frontiera o nelle zone di transito di uno Stato membro a norma dell articolo 43, paragrafo 1; iv) di non procedere a un esame a norma dell articolo 39; b) il rifiuto di riaprire l esame di una domanda, sospeso a norma degli articoli 27 e 28; c) una decisione di revoca della protezione internazionale a norma dell articolo 45.

7 3. Per conformarsi al paragrafo 1 gli Stati membri assicurano che un ricorso effettivo preveda l esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto compreso, se del caso, l esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95], quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado». Regolamento Dublino III 17 I considerando 4, 5 e 19 del regolamento Dublino III così recitano: «(4) Secondo le conclusioni [della riunione straordinaria del Consiglio europeo tenutasi a Tampere il 15 e il 16 ottobre 1999], il [Sistema europeo comune di asilo] dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l esame di una domanda di asilo. (5) Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non dovrebbe pregiudicare l obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale. (19) Al fine di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente, ai sensi, in particolare, dell articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea. Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull esame dell applicazione del presente regolamento quanto sull esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito». 18 L articolo 1 di tale regolamento così dispone: «Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide ( )». 19 L articolo 2 del medesimo così recita: «Ai fini del presente regolamento si intende per: b) domanda di protezione internazionale : la domanda di protezione internazionale quale definita all articolo 2, lettera h), della direttiva [2011/95]; d) esame di una domanda di protezione internazionale : l insieme delle misure d esame, le decisioni o le sentenze pronunciate dalle autorità competenti su una domanda di protezione internazionale conformemente alla direttiva [2013/32] e alla direttiva [2011/95] ad eccezione delle

8 procedure volte a determinare quale sia lo Stato competente in applicazione del presente regolamento;». 20 L articolo 3, paragrafo 1, del regolamento in parola dispone quanto segue: «Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III». 21 Gli articoli 4 e 5 del regolamento Dublino III prevedono, rispettivamente, un diritto di informazione del richiedente protezione internazionale nonché regole relative all espletamento del colloquio con il medesimo richiedente. 22 L articolo 17, paragrafo 1, commi primo e secondo, di tale regolamento è del seguente tenore: «In deroga all articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento. Lo Stato membro che decide di esaminare una domanda di protezione internazionale ai sensi del presente paragrafo diventa lo Stato membro competente e assume gli obblighi connessi a tale competenza.». 23 Ai sensi dell articolo 20, paragrafo 1, del medesimo: «La procedura di determinazione dello Stato membro competente è avviata non appena una domanda di protezione internazionale è presentata per la prima volta in uno Stato membro». 24 L articolo 27 del regolamento Dublino III prevede i mezzi di impugnazione di cui dispone un richiedente protezione internazionale nell ambito dell applicazione del medesimo regolamento. Diritto bulgaro 25 In Bulgaria, l esame delle domande di protezione internazionale è disciplinato dallo Zakon za ubezhishteto i bezhantsite (legge sull asilo e sui rifugiati), nella versione pubblicata nel DV n. 103, del 27 dicembre 2016 (in prosieguo: lo «ZUB»). 26 L articolo 6, paragrafo 1, dello ZUB così dispone: «I poteri conferiti dalla presente legge sono esercitati dai funzionari dell agenzia nazionale per i rifugiati, i quali accertano tutti i fatti e le circostanze rilevanti per la procedura di riconoscimento della protezione internazionale e assistono gli stranieri richiedenti una simile protezione». 27 Gli articoli 8 e 9 dello ZUB vertono sullo status di rifugiato in Bulgaria nonché sullo status umanitario. 28 L articolo 67a, paragrafo 2, dello ZUB prevede quanto segue:

9 «La procedura prevista nella presente sezione è avviata: 1. con decisione dell autorità presso cui si svolgono i colloqui, in presenza di dati che stabiliscano che la competenza per l esame della domanda di protezione internazionale incombe a un altro Stato membro dell Unione europea; 2. su richiesta del ministero dell Interno e dell agenzia di Stato per la Sicurezza nazionale in merito al soggiorno irregolare dello straniero nel territorio della Repubblica di Bulgaria; 3. su domanda di presa in carico o di ripresa in carico dello straniero». 29 L articolo 68 dello ZUB è del seguente tenore: «La procedura ordinaria è avviata: (1) con la registrazione dello straniero in seguito al deposito da parte di questi di una domanda di protezione internazionale; (2) Qualora la Repubblica di Bulgaria sia designata come competente o abbia ripreso in carico uno straniero, la procedura prevista dalla presente sezione è avviata in forza della registrazione dello straniero presso l agenzia nazionale per i rifugiati in seguito al suo trasferimento.». Procedimento principale e questioni pregiudiziali 30 Il sig. Fathi è un cittadino iraniano, di origine curda, che ha presentato presso la DAB, il 1 marzo 2016, una domanda di protezione internazionale fondata sulla persecuzione di cui sarebbe stato vittima da parte delle autorità iraniane per motivi religiosi e, in particolare, per via della sua conversione al cristianesimo tra la fine del 2008 e l inizio del Il sig. Fathi ha affermato, in occasione dei colloqui con le autorità bulgare, di essere stato in possesso di un antenna parabolica illegale con la quale ha captato il segnale dell emittente televisiva cristiana vietata «Nejat TV» e di aver partecipato, una volta, telefonicamente, a un programma televisivo in diretta. Per provare tale circostanza, il sig. Fathi ha prodotto dinanzi alle autorità in questione una lettera della Nejat TV, del 29 novembre Il sig. Fathi ha altresì affermato di possedere una bibbia in una lingua a lui comprensibile e ha dichiarato di essere entrato in contatto con altri cristiani in occasione di riunioni, senza tuttavia essere membro di una comunità religiosa. 32 Nel settembre 2009, egli sarebbe stato detenuto per due giorni dai servizi segreti iraniani e sarebbe stato interrogato in merito alla sua partecipazione al programma televisivo summenzionato. Durante la detenzione, sarebbe stato costretto ad ammettere di essersi convertito al cristianesimo. 33 Con decisione del 20 giugno 2016, la DAB ha respinto la domanda di protezione internazionale del sig. Fathi in quanto infondata, con la motivazione che il racconto del sig. Fathi conteneva contraddizioni sostanziali e che non erano state dimostrate né l esistenza di una persecuzione o di un potenziale rischio di persecuzione né quella di un rischio di pena di morte. Essa ha altresì ritenuto, stante il carattere inverosimile dell intero racconto dell interessato, che il

10 documento del 29 novembre 2012, prodotto dal sig. Fathi per comprovare la sua conversione al cristianesimo, fosse un falso. 34 Il sig. Fathi ha chiesto l annullamento di tale decisione dinanzi al giudice del rinvio, l Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia, Bulgaria). Egli sostiene che la DAB ha erroneamente valutato il documento di cui al punto precedente, il quale attesterebbe la sua conversione al cristianesimo. Ritiene altresì che la stessa autorità non abbia tenuto adeguatamente conto delle informazioni secondo cui la «legge islamica sull apostasia» (legge sull abiura) prevede la pena di morte per una simile conversione, in quanto proselitismo, «ostilità nei confronti di Dio» e «offesa al profeta». Il giudice del rinvio precisa che il sig. Fathi è di origine curda, ma che, a suo dire, i suoi problemi in Iran derivano dai suoi rapporti con i cristiani e dalla sua conversione al cristianesimo. 35 Per quanto riguarda la situazione dei cristiani in Iran, il giudice del rinvio indica che è stato riferito che il governo iraniano ha fatto giustiziare almeno 20 persone accusate di «ostilità nei confronti di Dio», tra le quali figurerebbe un certo numero di curdi sunniti. Secondo una relazione dell Organizzazione delle Nazioni Uniti (ONU) del 15 aprile 2015, alcune persone recentemente convertite al cristianesimo sono state condannate, in Iran, a pene di un anno di reclusione e divieto di lasciare il territorio per due anni. 36 Il sig. Fathi sostiene di dover essere riconosciuto come rifugiato sulla base della sua appartenenza religiosa e, per quanto riguarda la prova dei fatti pertinenti, che occorre far applicazione del principio secondo il quale il dubbio opera a favore del richiedente. 37 Stante quanto precede, l Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se dall articolo 3, paragrafo 1, del regolamento [Dublino III], interpretato in combinato disposto con il considerando 12 e con l articolo 17 del medesimo regolamento, consegua che uno Stato membro può emettere una decisione che rappresenta un esame di una domanda di protezione internazionale ai sensi dell articolo 2, lettera d), del regolamento suddetto dinanzi ad esso presentata, senza che vi sia stata una pronuncia esplicita sulla competenza dello Stato membro di cui trattasi in base ai criteri del regolamento, quando, nel caso specifico, non vi sono elementi che depongono per una deroga ai sensi dell articolo 17 dello stesso. 2) Se dall articolo 3, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento [Dublino III], interpretato in combinato disposto con il considerando 54 della direttiva 2013/32/UE, consegua che, in considerazione delle circostanze del procedimento principale, ove non intervenga alcuna deroga ai sensi dell articolo 17, paragrafo 1, del regolamento in parola, a fronte di una domanda di protezione internazionale a norma dell articolo 2, lettera b), dello stesso, deve essere emanata una decisione con cui lo Stato membro si impegna a esaminare la domanda in base ai criteri del regolamento e che viene fondata sull applicabilità al richiedente delle disposizioni di quest ultimo. 3) Se l articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 debba essere interpretato nel senso che, nell ambito di un ricorso avverso un provvedimento di diniego della protezione internazionale, ai sensi del considerando 54 della direttiva, il giudice deve valutare se le disposizioni del regolamento [Dublino III] si applichino al richiedente quando lo Stato membro non si è pronunciato espressamente sulla sua competenza ad esaminare la domanda di protezione internazionale in base ai criteri di tale regolamento. Se, in base al considerando 54 della direttiva 2013/32, si debba ritenere che, quando mancano elementi a favore dell applicazione dell articolo 17 del regolamento

11 [Dublino III] e la domanda di protezione internazionale è stata esaminata in base alla direttiva 2011/95 dallo Stato membro dinanzi al quale essa è stata presentata, la situazione giuridica dell interessato ricada nell ambito di applicazione del regolamento anche quando lo Stato membro non si è pronunciato espressamente sulla propria competenza in base ai criteri dello stesso. 4) Se dall articolo 10, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/95 consegua che, in considerazione delle circostanze del procedimento principale, sussiste il motivo di persecuzione fondato sulla religione quando il richiedente non ha rilasciato dichiarazioni e presentato documenti in relazione a tutte le componenti ricomprese nella nozione di religione ai sensi della disposizione in parola che assumono rilevanza essenziale ai fini dell appartenenza dell interessato a una determinata religione. 5) Se dall articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2011/95 consegua che sussistono motivi di persecuzione fondati sulla religione a norma del suo articolo 10, paragrafo 1, lettera b), quando il richiedente, in considerazione delle circostanze del procedimento principale, fa valere di essere stato perseguitato per via della sua appartenenza religiosa, ma non ha rilasciato o presentato alcuna dichiarazione o prova rispetto a circostanze che sono caratteristiche per l appartenenza di una persona a una determinata religione e che costituirebbero per l autore delle persecuzioni motivo di ritenere che l interessato appartenga ad essa in particolare, circostanze collegate al compimento di atti religiosi o professioni di fede o all astensione dal compimento dei medesimi, o rispetto a forme di comportamento personale o sociale fondate su un credo religioso o da esso prescritte. 6) Se dall articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2011/95/UE, interpretato in combinato disposto con gli articoli 18 e 10 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea, e dalla nozione di religione ai sensi dell articolo 10, paragrafo 1, lettera b), della direttiva succitata, consegua che, in considerazione delle circostanze del procedimento principale: a) la nozione di religione ai sensi del diritto dell Unione non ricomprende alcun atto considerato sanzionabile penalmente in base alla normativa nazionale degli Stati membri. Se tali atti, considerati sanzionabili penalmente nello Stato di origine del richiedente, possano costituire atti di persecuzione. b) Se, in relazione al divieto di proselitismo e al divieto di atti contrari alla religione su cui si fondando le disposizioni di legge e regolamentari in detto paese, debbano considerarsi lecite delle restrizioni previste a tutela dei diritti e delle libertà altrui nonché dell ordine pubblico nello Stato di origine del richiedente. Se i suddetti divieti integrino, in quanto tali, atti di persecuzione ai sensi delle succitate disposizioni della direttiva quando la loro violazione è punita con la pena di morte, anche se le leggi non sono espressamente dirette contro una determinata religione. 7) Se dall articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2011/95/UE, interpretato in combinato disposto con il paragrafo 5, lettera b), dello stesso articolo, con l articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea e con l articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32/UE, consegua che, in considerazione delle circostanze del procedimento principale, l esame dei fatti e delle circostanze può avvenire soltanto sulla base delle dichiarazioni fornite e dei documenti presentati dal richiedente, ma che è lecito esigere prova delle mancanti componenti di cui alla nozione di religione ai sensi dell articolo 10, paragrafo 1, lettera b), della direttiva quando: in mancanza delle suddette indicazioni la domanda di protezione internazionale sarebbe considerata infondata ai sensi dell articolo 32 della direttiva 2013/32/UE, in combinato disposto con l articolo 31, paragrafo 8, lettera e), della medesima, e

12 il diritto nazionale prevede che l autorità competente debba accertare tutti i fatti rilevanti ai fini dell esame della domanda di protezione internazionale e che, in caso di impugnazione del provvedimento di diniego, il giudice debba indicare che l interessato non ha offerto e presentato elementi di prova». Sulle questioni pregiudiziali Sulle questioni prima e seconda 38 In via preliminare, occorre rilevare che il giudice del rinvio riferisce, nella motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale, che il ricorso di cui è investito è diretto contro la decisione con la quale la DAB ha respinto nel merito la domanda di protezione internazionale del sig. Fathi. 39 A tale proposito, esso sottolinea che, in seguito alla presentazione della domanda in questione, questa è stata registrata e il sig. Fathi è stato personalmente sentito in due occasioni. Aggiunge che, da un punto di vista formale, è stata adottata soltanto una decisione sul merito della sua domanda di protezione internazionale e che non è stata emessa alcuna decisione esplicita, sulla base dell articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, che stabilisse che la domanda di cui trattasi era esaminata dalla Repubblica di Bulgaria in quanto Stato che i criteri di cui al capo III del medesimo regolamento designano come competente. Il giudice del rinvio si chiede quindi se il regolamento Dublino III si applichi a tutte le domande di protezione internazionale presentate nel territorio di uno Stato membro o unicamente alle procedure di trasferimento di richiedenti protezione internazionale. 40 Lo stesso giudice precisa, a tale riguardo, che, alla data di presentazione della domanda di protezione internazionale del sig. Fathi, era in vigore l articolo 67a dello ZUB, in forza del quale la procedura di determinazione dello Stato membro competente per l esame di una domanda di protezione internazionale è avviata con decisione dell autorità presso cui si svolgono i colloqui, «in presenza di dati che stabiliscano che la competenza per l esame della domanda di protezione internazionale incombe a un altro Stato membro dell Unione europea». 41 In mancanza di dati secondo cui l esame della domanda di protezione internazionale del sig. Fathi rientrerebbe nella competenza di un altro Stato membro, è stata avviata dalla DAB la «procedura ordinaria» volta a statuire sul merito di tale domanda, a norma dell articolo 68, paragrafo 1, dello ZUB. A tale proposito, il giudice del rinvio non indica né che il sig. Fathi non sia stato informato dell avvio della procedura in questione né che egli abbia sollevato una qualsiasi obiezione al riguardo. 42 Ciò premesso, si deve ritenere che, con le questioni prima e seconda, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, l articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che osta a che le autorità di uno Stato membro procedano all esame del merito di una domanda di protezione internazionale, ai sensi dell articolo 2, lettera d), del medesimo regolamento, in mancanza di una decisione esplicita delle stesse autorità che stabilisca, sulla base dei criteri previsti dal regolamento in parola, che la competenza a effettuare un simile esame incombeva a tale Stato membro. 43 Va rilevato in limine che, ai sensi dell articolo 1 del regolamento succitato, quest ultimo stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide. L articolo 2, lettera b), del medesimo regolamento definisce, ai fini

13 della sua applicazione, una «domanda di protezione internazionale» come la domanda di protezione internazionale ai sensi dell articolo 2, lettera h), della direttiva 2011/95. Secondo quest ultima disposizione, una simile domanda è da intendersi come «una richiesta di protezione rivolta a uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria». 44 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che la domanda del sig. Fathi, cittadino di un paese terzo, che è stata respinta dalla DAB, è volta a ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o dello status umanitario, che corrisponde allo status di protezione sussidiaria, previsti rispettivamente agli articoli 8 e 9 dello ZUB. Ne consegue, come rilevato anche dall avvocato generale al paragrafo 14 delle conclusioni, che la domanda del sig. Fathi, in quanto domanda presentata da un cittadino di un paese terzo in Bulgaria, rientra nell ambito di applicazione del regolamento in parola, conformemente all articolo 1 del medesimo. 45 A termini dell articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di un qualsiasi Stato membro è, di norma, esaminata dal solo Stato membro individuato come competente in base ai criteri enunciati al capo III. Il capo IV del medesimo regolamento individua, con precisione, le situazioni in cui uno Stato membro può essere considerato competente per l esame di una simile domanda in deroga a tali criteri. 46 Inoltre, uno Stato membro al quale sia stata presentata una domanda di protezione internazionale è tenuto a seguire le procedure previste al capo VI dello stesso regolamento, al fine di determinare lo Stato membro competente per l esame di tale domanda (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C-578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 58). 47 Tra le disposizioni contenute nel capo VI del regolamento Dublino III, l articolo 20, paragrafo 1, dispone che la procedura di determinazione dello Stato membro competente prevista dal medesimo regolamento è avviata «non appena una domanda di protezione internazionale è presentata per la prima volta in uno Stato membro». 48 Pertanto, i meccanismi istituiti dal regolamento Dublino III per raccogliere gli elementi necessari nell ambito di tale procedura sono destinati a essere applicati sin dalla presentazione di una domanda di protezione internazionale. L articolo 4, paragrafo 1, del regolamento in questione prevede del resto espressamente che è dopo la presentazione di una tale domanda che il richiedente dev essere informato, in particolare, dei criteri di determinazione dello Stato membro competente, dell organizzazione di un colloquio personale e della possibilità di presentare informazioni alle autorità competenti (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab, C-670/16, EU:C:2017:587, punti 86 e 87). 49 Nella fattispecie, come rilevato dall avvocato generale al paragrafo 20 delle conclusioni, non risulta in alcun modo dalla decisione di rinvio che le autorità bulgare non abbiano stabilito la loro competenza sulla base dei criteri previsti dal regolamento Dublino III dopo aver constatato che la competenza per l esame della domanda di protezione internazionale non incombeva a un altro Stato membro in applicazione dell articolo 67a dello ZUB. I dubbi espressi in proposito dal giudice del rinvio nella decisione di rinvio, infatti, riguardano esclusivamente il fatto che non è stata adottata alcuna decisione esplicita da parte dell autorità bulgara competente in seguito alla procedura di determinazione dello Stato membro competente. 50 Per quanto riguarda la questione se, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, la suddetta procedura debba concludersi con l adozione di una decisione esplicita che

14 stabilisca, sulla base dei criteri previsti dal regolamento succitato, la competenza dello Stato membro in questione a effettuare un tale esame, essa deve essere risolta tenendo conto non soltanto del testo dell articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, ma anche del suo contesto e dell economia generale della normativa di cui la disposizione citata fa parte, nonché degli obiettivi che la stessa persegue (sentenza del 5 luglio 2018, X, C-213/17, EU:C:2018:538, punto 26). 51 In primo luogo, per quanto riguarda il testo dell articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, occorre constatare che detta disposizione non prevede espressamente obblighi per lo Stato membro nel cui territorio è stata presentata una domanda di protezione internazionale di adottare, in maniera esplicita, una decisione che stabilisca la sua competenza in forza dei criteri previsti dallo stesso regolamento né la forma che dovrebbe assumere una decisione del genere. 52 In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto nel quale si inserisce la disposizione di cui trattasi, si deve rilevare, anzitutto, che l articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III fa parte del capo II di quest ultimo, il quale riguarda i principi generali e le garanzie per l applicazione del regolamento in parola. Tra le suddette garanzie, che devono essere rispettate dallo Stato membro che procede alla determinazione dello Stato membro competente, figura un diritto di informazione del richiedente, previsto all articolo 4 del regolamento succitato. Tale diritto di essere informato verte non soltanto sui criteri di determinazione dello Stato membro competente, sulla gerarchia di tali criteri nelle varie fasi della procedura e sulla sua durata, bensì anche sul fatto che una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro può comportare che tale Stato membro diventi competente ai sensi di questo stesso regolamento anche se tale competenza non si basi su tali criteri. 53 Inoltre, l articolo 17 del regolamento Dublino III, intitolato «Clausole discrezionali», prevede nello specifico, al paragrafo 1, che, in deroga all articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel medesimo regolamento, e un tale Stato membro diventa allora lo Stato membro competente e assume gli obblighi connessi a tale competenza. La Corte ha rilevato, al riguardo, che tale facoltà mira a consentire a ciascuno Stato membro di decidere in piena sovranità, in base a considerazioni di tipo politico, umanitario o pragmatico, di accettare l esame di una domanda di protezione internazionale, anche se esso non è competente in applicazione dei suddetti criteri (v., in tal senso, sentenza del 30 maggio 2013, Halaf, C-528/11, EU:C:2013:342, punto 37). 54 Infine, la sezione IV, intitolata «Garanzie procedurali», del capo VI del regolamento Dublino III prevede, in caso di adozione di una decisione di trasferimento del richiedente, la notifica a quest ultimo di una simile decisione, la quale contiene anche informazioni sui mezzi di impugnazione disponibili. Per contro, detto regolamento non contempla, fatte salve le garanzie di cui agli articoli 4 e 5 del medesimo, simili garanzie procedurali specifiche qualora, come avviene nel procedimento principale, lo Stato membro che procede alla determinazione dello Stato membro competente giunga alla conclusione che non occorre effettuare un trasferimento del richiedente verso un altro Stato membro in considerazione della mancanza di dati che stabiliscano che la competenza per l esame di tale domanda incombe a un altro Stato membro e che lo Stato membro che procede a tale determinazione è, sulla base dei criteri previsti dal regolamento in parola, competente per l esame della domanda di protezione internazionale. 55 In terzo luogo, tra gli obiettivi perseguiti dal regolamento Dublino III figura quello di stabilire regole di carattere organizzativo che disciplinino i rapporti tra gli Stati membri, al fine di determinare lo Stato membro competente e, come deriva dai considerando 4 e 5 del medesimo, di consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l effettivo

15 accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e di non pregiudicare l obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C-578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 57). 56 Alla luce di tali elementi testuali, contestuali e teleologici, occorre rispondere alle questioni prima e seconda dichiarando che l articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, deve essere interpretato nel senso che non osta a che le autorità di uno Stato membro procedano all esame del merito di una domanda di protezione internazionale, ai sensi dell articolo 2, lettera d), del medesimo regolamento, in mancanza di una decisione esplicita delle stesse autorità che stabilisca, sulla base dei criteri previsti dal regolamento succitato, che la competenza a effettuare un simile esame incombeva a tale Stato membro. Sulla terza questione 57 In via preliminare, occorre rilevare che il giudice del rinvio riferisce di essere investito del ricorso presentato dal sig. Fathi avverso la decisione della DAB che ha respinto nel merito la sua domanda di protezione internazionale e di essere competente a effettuare l esame previsto all articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32. Esso aggiunge di essere tenuto, in forza del diritto nazionale, a verificare se la procedura di adozione della decisione in questione sia stata rispettata. 58 Il giudice del rinvio rileva, al riguardo, che dal considerando 54 della direttiva 2013/32 emerge che quest ultima dovrebbe applicarsi ai richiedenti oggetto del regolamento Dublino III «quale integrazione e [lasciando] impregiudicate le disposizioni di detto regolamento». 59 Esso si chiede, pertanto, se, in qualità di giudice di primo grado investito di un ricorso avverso una decisione di diniego di protezione internazionale, sia tenuto a verificare d ufficio il rispetto dei criteri e dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l esame della domanda di protezione internazionale previsti dal regolamento Dublino III. 60 Ciò premesso, si deve ritenere che, con la terza questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, debba essere interpretato nel senso che, nell ambito di un ricorso proposto da un richiedente protezione internazionale avverso una decisione di ritenere infondata la sua domanda di protezione internazionale, il giudice competente di uno Stato membro è tenuto a verificare d ufficio se i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l esame della domanda in questione, quali previsti dal regolamento Dublino III, siano stati correttamente applicati. 61 Come si evince dal combinato disposto dell articolo 46, paragrafo 1, lettera a), e dell articolo 2, lettera b), della direttiva 2013/32, gli Stati membri dispongono che il richiedente protezione internazionale abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso, in particolare, la decisione di ritenere infondata la domanda di protezione presentata loro dal medesimo richiedente, di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria. 62 L articolo 46, paragrafo 3, della stessa direttiva precisa la portata del diritto a un ricorso effettivo che i richiedenti protezione internazionale devono avere nei confronti delle decisioni riguardanti le loro domande. In tal senso, esso dispone che, per conformarsi al paragrafo 1 dello stesso articolo, gli Stati membri assicurano che un ricorso effettivo preveda l esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto, compreso, se del caso, l esame delle esigenze di protezione

16 internazionale ai sensi della direttiva 2011/95, quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado. 63 La Corte ha sottolineato, a tale proposito, per quanto riguarda l espressione «assicurano che un ricorso effettivo preveda l esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto», che, per non privarla del suo significato abituale, occorre interpretarla nel senso che gli Stati membri sono tenuti, in forza dell articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, ad adattare il loro diritto nazionale in modo tale che il trattamento dei ricorsi in questione preveda un esame, da parte del giudice, di tutti gli elementi di fatto e di diritto che gli consentano di procedere a una valutazione aggiornata del caso di specie (sentenza del 25 luglio 2018, Alheto, C-585/16, EU:C:2018:584, punto 110). 64 A tale riguardo, la locuzione «ex nunc» mette in evidenza l obbligo del giudice di procedere a una valutazione che tenga conto, se del caso, dei nuovi elementi intervenuti dopo l adozione della decisione oggetto dell impugnazione. Dal canto suo, l aggettivo «completo» di cui all articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 conferma che il giudice è tenuto a esaminare gli elementi di cui l autorità accertante ha tenuto o avrebbe potuto tenere conto (sentenza del 25 luglio 2018, Alheto, C-585/16, EU:C:2018:584, punti 111 e 113). 65 Come la Corte ha parimenti rilevato, l obbligo di cui all articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel contesto dell intera procedura d esame delle domande di protezione internazionale disciplinata da tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Sacko, C-348/16, EU:C:2017:591, punto 42), atteso che i mezzi di ricorso specificamente previsti nell ambito dell applicazione del regolamento Dublino III sono contemplati all articolo 27 del medesimo, il che emerge altresì dal suo considerando Orbene, come risulta in particolare dal considerando 12 della direttiva 2013/32, l obiettivo principale di quest ultima è sviluppare ulteriormente le norme relative alle procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale. 67 È vero che il considerando 54 della direttiva 2013/32 prevede che essa dovrebbe applicarsi ai richiedenti cui si applica il regolamento Dublino III, quale integrazione e lasciando impregiudicato detto regolamento. 68 Da ciò non può tuttavia dedursi che, nell ambito di un ricorso proposto, in forza dell articolo 46, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, da un richiedente protezione internazionale avverso una decisione di ritenere infondata la sua domanda di protezione internazionale, il giudice competente di uno Stato membro debba verificare d ufficio la corretta applicazione dei criteri e dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l esame della domanda di protezione internazionale, previsti dal regolamento Dublino III. 69 Da un lato, infatti, dal considerando 53 della direttiva 2013/32 risulta espressamente che essa non è destinata ad applicarsi alle procedure tra Stati membri disciplinate dal regolamento Dublino III. 70 Dall altro, l articolo 2, lettera d), del regolamento Dublino III dispone che, ai fini dello stesso regolamento, per «esame di una domanda di protezione internazionale» si intende l «insieme delle misure d esame, le decisioni o le sentenze pronunciate dalle autorità competenti su una domanda di protezione internazionale conformemente alla direttiva [2013/32] e alla direttiva [2011/95] ad eccezione delle procedure volte a determinare quale sia lo Stato competente in applicazione del [medesimo] regolamento».

Decreto Legislativo 19 novembre 2007 n. 251

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