BIOMASSE. Biomasse da rifiuti urbani: componente biodegradabile dei rifiuti urbani e industriali opportunamente selezionati.

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1 BIOMASSE Cos è? Tra le principali fonti energetiche rinnovabili, la biomassa riveste un ruolo esclusivo perché rappresenta una forma di accumulo di energia solare ampliamente distribuita sulla terra che può essere usata, direttamente o indirettamente attraverso alcuni processi di trasformazione, come biocombustibile per la produzione di energia termica o elettrica. Inoltre anche i rifiuti possono essere utilizzati come biomassa. Sono già in funzione in Italia impianti di trattamento che prevedono, oltre al riciclaggio e al deposito in discarica dei rifiuti, il recupero energetico degli stessi. Da punto di vista biologico per biomassa si intende tutto il materiale prodotto ed esistente all interno di un sistema ecologico, ossia il totale delle sostanze cellulari delle piante, animali e microrganismi. Si può quindi definire la biomassa come sostanza organica che deriva direttamente o indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana. A livello nazionale emerge una disponibilità complessiva di biomasse che potrebbe coprire fino al 14% della domanda energetica interna. Il raggiungimento di questo obiettivo è ancora distante, sia perché la tecnologia è ancora in fase di sviluppo e collaudo, sia perché il loro sfruttamento, in certi contesti, può risultare non conveniente dal punto di vista energetico ed economico. Perché sono importanti le biomasse? L interesse mondiale rivolto alle biomasse si basa sulle seguenti motivazioni: la loro combustione o degradazione presenta emissioni neutrali nei confronti dell aumento di anidride carbonica in atmosfera; presentano una distribuzione omogenea su tutto il pianeta; possono essere raccolte in prossimità dei centri di conversione energetica; hanno un elevato potenziale per la produzione di energia pulita e conveniente; contribuiscono allo sviluppo delle zone rurali; i biocombustibili derivabili possono essere economici rispetto allo sfruttamento di combustibili fossili importati. Le principali fonti di biomassa a fini energetici Biomasse di origine forestale e residui delle industrie di prima trasformazione del legno: residui provenienti dalle utilizzazioni forestali, residui della lavorazione del legno non trattato, potature del verde urbano; Biomasse di origine agricola e residui delle industrie agro-alimentari: produzioni legnose (salice, pioppo, robinia, eucalipto) o erbacee (miscanto, sorgo, cardo, canna) da coltivazioni dedicate, produzioni di piante oleaginose (girasole, colza, etc.), produzione di piante zuccherine (barbabietola da zucchero, sorgo zuccherino, etc.), residui delle potature, residui delle industrie agro-alimentari (sansa); Biomasse da rifiuti urbani: componente biodegradabile dei rifiuti urbani e industriali opportunamente selezionati. Conversione in energia La possibilità di sfruttare le biomasse come fonte energetica avviene attraverso una serie di processi che vanno dalla semplice combustione delle biomasse alla esterificazione degli oli per la produzione di biodiesel. I processi di conversione in energia delle biomasse possono essere ricondotti in due principali categorie:

2 1. Processi termochimici: l azione del calore permette le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia. Sono indicate per materiale cellulosico e legnoso. 2. combustione diretta: consiste nel bruciare la biomassa in presenza di aria. Il processo si avvia con una apporto esterno di calore. Idonee a questo processo di conversione termochimica sono le biomasse di origine forestale e le biomasse ligno-cellulosiche delle coltivazioni dedicate legnose e alcune erbacee (miscanto, canna, ecc.). 3. carbonizzazione: consente la trasformazione di materiale legno-cellulosico, per azione di calore, in carbone (carbone di legna o carbone vegetale), mediante l eliminazione dell acqua e delle sostanze volatili dalla materia vegetale. 4. gassificazione: processo in cui materiale ligno-cellusoico è termochimicamente convertito in un gas a basso o medio potere calorifico inferiore, tramite la vaporizzazione dei componenti più volatili (gas di idrocarburi, idrogeno ecc.). 5. pirolisi: decomposizione di materiali organici, per mezzo di calore (tra 400 e 800 C) e in completa assenza di ossigeno. I prodotti della pirolisi sono sia gassosi, sia liquidi, sia solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi. Processi biochimici: ricavano energia per reazioni chimiche derivate dalla presenza di enzimi, microrganismi, funghi, che si diffondono nelle biomasse in particolari condizioni di ambiente. Le biomasse che più si adattano sono le colture dedicate quali le piante oleaginose (girasole, colza, ecc.), i reflui zootecnici, scarti delle lavorazioni agro-industriali o agro-alimentari e i reflui urbani. 1. digestione aerobica:avviene in assenza di ossigeno e consiste nella demolizione, ad opera di micro-organismi, di sostanze organiche complesse contenute nei vegetali e nei sottoprodotti di origine animale, producendo gas (biogas); 2. fermentazione alcolica: avviene per mezzo della presenza di lieviti in condizioni di ambiente privo di ossigeno. Porta alla produzione di etanolo e altre sostanze secondarie. I derivati dell etanolo possono essere utilizzati come biocombustibili liquidi; 3. esterificazione: processo nel quale un olio vegetale è fatto reagire in eccesso di alcool metilico e in presenza di un catalizzatore. Il prodotto finale, è una miscela di metil-esteri, che non contiene né zolfo né composti aromatici, con elevata presenza di ossigeno (ha come prodotto il biodiesel). Questi processi hanno lo scopo di rendere la biomassa direttamente utilizzabile nei cicli di produzione di energia. Il mercato della biomassa Prodotti energetici della biomassa sono: Combustibili solidi; Combustibili per la produzione di calore a scopo industriale; Combustibili solidi per teleriscaldamento urbano; Combustibili solidi per generare energia elettrica; Combustibili liquidi (riscaldamento); Combustibili gassosi per generare energia elettrica; Cogenerazione (produzione energia elettrica e termica); Le fonti di energia da biomassa sono costituite da sostanze di origine animale e vegetale,

3 non fossili, che possono essere usate come combustibili per la produzione di energia. alcune, come la legna, non necessitano di subire trattamenti; altre, come gli scarti vegetali o i rifiuti urbani, devono essere processati in un digestore. Utilizzo delle biomasse in Italia Il 13% del fabbisogno energetico nazionale potrebbe essere soddisfatto con le biomasse risparmiando così oltre 12 milioni di tonnellate di petrolio, riducendo le emissioni di anidride carbonica (CO 2 ). Volendo l energia prodotta da biomasse potrebbe già essere disponibile. Ne producono in grande quantità Sicilia, Veneto, Lombardia e Piemonte e potrebbero alimentare 130 centrali elettriche da dieci mega watt per soddisfare fabbisogni termici. Praticamente, con solo centomila tonnellate annue di residui ligno-cellulosici provenienti da colture erbacee ed arboree sarebbe possibile alimentare una centrale termoelettrica da dieci mega watt. La regione italiana che possiede il potenziale di biomasse più alto è la Sicilia con quasi due milioni di tonnellate annue, seguita dal Piemonte, dal Veneto e dalla Lombardia che producono oltre un milione di tonnellate annue ciascuna. In Italia, i residui agricoli, non sono utilizzati adeguatamente per la mancanza di macchinari specifici per la raccolta, il trasporto e il trattamento della materia prima. Un uso diffuso delle biomasse lo si ha negli impianti di teleriscaldamento, diffusi, particolarmente in Val Pusteria. L'abbondanza della materie prime e il lungo periodo invernale favoriscono tale utilizzo. Alcuni impianti, come quello di Dobbiaco, producono anche energia termoelettrica. Sono presenti anche alcune altre piccole centrali nel Nord Italia; presto sorgerà anche nel Mezzogiorno, nel Polo Industriale del Dittaino, a Enna, la prima centrale di questo genere. Essa garantisce energia economica alle imprese e ai civili. L'importazione di biocombustibili oltre ai problemi causati all'ambiente provoca un consumo aggiuntivo di energia per il trasporto e un inquinamento che in parte vanifica gli obiettivi prefissati. Trattamenti per un uso diretto nella produzione di energia Con semplici pre trattamenti o trattamenti (per lo più meccanici), alcune biomasse, in particolar modo quelle ligno-cellusoiche, possono essere trasformate direttamente in biocombustibili, pronti i processi di conversione termochimica: essiccazione: trattamento rivolto a diminuire il contenuto d acqua al fine di incrementare il potere calorifico del legno. L essiccazione può essere naturale o forzata; cippatura: consiste nella riduzione in scaglie del materiale legno. Questo processo di trasformazione avviene tramite azione meccanica di uno strumento a martelli o a coltelli. Il prodotto finale è il cippato; pellettizzazione (o densificazione): processo che consiste nella essiccazione di materiale legnoso seguita da una sminuzzatura in piccole scaglie, quasi polvere, e successivamente compressione in piccoli cilindri. Il prodotto è chiamato pellets o briquette (biocombustibile solido legnoso). Ottenere energia termica dalle biomasse

4 Il principale sistema di conversione energetica della biomassa è la combustione. Questo processo di conversione è usato per produrre energia termica che può essere direttamente usata per riscaldare oppure essere utilizzata in impianti termo-elettrici per la produzione di energia elettrica. L energia termica ricavabile dalle biomasse può essere ottenuta attraverso la combustione delle stesse biomasse (opportunamente pretrattate essiccazione, cippatura, ecc.) oppure attraverso la combustione dei prodotti (biocombustibili) ottenuti dai diversi processi di conversione termo-chimici e biochimici. Vantaggi ampiamente disponibile; rappresenta una risorsa locale, pulita e rinnovabile; non contribuisce all effetto serra; è facilmente convertibile in combustibili ad alto potere energetico; può sfruttare le zone inutilizzate dall agricoltura e creare occupazione nelle comunità rurali; quantità limitata di zolfo, riducendo così la produzione di piogge acide. Svantaggi la combustione della biomassa può essere efficiente e pulita se si fa uso di tecnologie moderne e adatte. Per ottenere alta qualità e buon rendimento, è necessario l utilizzo di moderne caldaie; ancora poca programmazione a livello nazionale e regionale; mercato ancora non adeguato allo sviluppo del settore; l opinione pubblica non è ancora informata correttamente. Il Protocollo di Kyoto, trattato internazionale ambientale Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia di ambiente sottoscritto nella città giapponese l'11 dicembre 1997 da più di 160 paesi in occasione della Conferenza COP3 della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ed il riscaldamento globale. E' entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia. Termini e condizioni Il trattato prevede l'obbligo in capo ai paesi industrializzati di operare una drastica riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra, precisamente metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni rispettivamente registrate nel 1990 (considerato come anno base), nel periodo Perché il trattato potesse entrare nella pienezza di vigore si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55 nazioni firmatarie, e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti; quest'ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha perfezionato la sua adesione. Paesi aderenti Nel novembre 2001 si tenne la Conferenza di Marrakech, settima sessione della Conferenza delle Parti. In questa sede 40 Paesi sottoscrissero il trattato. Due anni dopo più di 120 paesi avevano aderito, sino appunto alla detta adesione e ratifica della Russia, considerata

5 importante poiché questo paese produce da solo il 17,6% delle emissioni. USA ed Australia, ritenuti grandi produttori di sostanze inquinanti, non hanno sottoscritto il trattato, provocando polemiche politiche internazionali di un certo rilievo. I paesi in via di sviluppo, al fine di non ostacolare la loro crescita economica frapponendovi oneri per essi particolarmente gravosi, non sono stati invitati a ridurre le loro emissioni. Paesi non aderenti Tra i paesi non aderenti figurano gli Stati Uniti, responsabili del 36,1% del totale delle emissioni (annuncio fatto nel marzo 2001). In principio, il presidente Clinton aveva firmato il Protocollo durante gli ultimi mesi del suo mandato, ma George W. Bush, poco tempo dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, ritirò l'adesione inizialmente sottoscritta dagli USA. Alcuni stati e grandi municipalità americane, come Chicago e Los Angeles, stanno studiando la possibilità di emettere provvedimenti che permettano a livello locale di applicare il trattato, il che comunque non sarebbe un successo indifferente: basti pensare che gli stati del New England, da soli, producono tanto biossido di carbonio quanto un grande paese industrializzato europeo come la Germania. Anche l'australia ha annunciato che non intende aderire all'accordo, per non danneggiare il proprio sistema industriale. Non hanno aderito neanche Croazia, Kazakistan e Monaco. Kyoto nel 2006, analisi della situazione Rispetto al 1990, anno preso in considerazione dal Protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas serra, nel 2004 si è registrato un incremento della CO2 pari al 26%, dovuto in parte agli Usa, ma soprattutto all imprevisto boom cinese; la sua crescita economica ha difatti comportato addirittura un raddoppio dell anidride carbonica prodotta e prima del 2010 avrà sorpassato gli Usa divenendo il numero uno nel mondo. I più recenti dati sull accelerazione dei cambiamenti climatici fanno ritenere che, se non si interverrà rapidamente, la situazione sarà fuori controllo. Sulla base delle informazioni disponibili, i prossimi 25 anni saranno decisivi. In questa finestra temporale infatti la produzione di petrolio inizierà a declinare e bisognerà riuscire ad arrestare la crescita delle emissioni globali di gas serra. L obiettivo deve essere quello di ridurre la crescita delle emissioni mondiali dal 30% di questo decennio al 20% nel periodo e al 10% tra il 2020 e il In questo modo dopo il 2030 le emissioni potrebbero iniziare a calare. Qualche segnale positivo si intravede, ma complessivamente la risposta è del tutto inadeguata. Sul versante delle fonti rinnovabili si registra una forte crescita, pure se geograficamente disomogenea. In Europa

6 Alla fine del 2003, le emissioni dei 15 erano ridotte dell'1,7% rispetto ai livelli del 1990 e le emissioni di tutti i 25 Stati membri erano ridotte in media dell'8%. Se si considera che la riduzione tra 1990 e 2010 con le misure esistenti (-1.6 %) e con l'uso dei meccanismi previsti dal protocollo di Kyoto, sarà approssimativamente del 4.1 %, le linee di condotta e le misure addizionali che devono essere compiute dagli stati membri dovranno coprire il 3,9% di quel che rimane per il raggiungimento di un taglio complessivo delle emissioni dell 8%. La lotta al cambiamento climatico richiede che tutte le nazioni del mondo apportino il loro contributo, in linea con il principio dell'onu delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità: in poche parole, le nazioni più ricche devono essere in prima linea. I governi europei hanno stanziato 2,7 miliardi di Euro per investimenti in progetti di riduzione delle emissioni nel quadro del Protocollo di Kyoto, principalmente nei paesi in via di sviluppo, ma anche con altri paesi che devono rispettare gli obiettivi di Kyoto. I progetti produrranno crediti di emissione che aiuteranno gli Stati membri dell'ue a raggiungere i loro obiettivi per il 2012 in modo economicamente efficiente e allo stesso tempo a trasferire tecnologie avanzate verso i paesi ospiti, sostenendoli nel loro cammino verso lo sviluppo sostenibile. Con la campagna "Sei tu che controlli i cambiamenti climatici" la Commissione ha quindi lanciato un messaggio che intende sensibilizzare i cittadini sul cambiamento climatico, una delle maggiori minacce ambientali del nostro tempo, e aiutare le persone che desiderano contribuire a limitarlo. In Italia Attualmente le emissioni climalteranti nel nostro paese nel 2004 (576 Mt) sono del 13% più alte rispetto al Si tratta di un eccesso di 64 Mt/a, cui si devono aggiungere 33 Mt/a necessari per raggiungere l obiettivo (-6,5%) assegnato all Italia. Circa 100 milioni di tonnellate CO2 equivalenti ci separano dal nostro target. Se poi le emissioni nei prossimi anni continuassero a salire, il pacchetto di riduzione potrebbe aumentare a 120 Mt/a. In totale nei 5 anni previsti dal Protocollo di Kyoto ( ) dovremmo gestire un eccesso di 600 Mt. Quanto ci potrebbe costare questo ritardo? Secondo le analisi del Kyoto Club, considerando ottimisticamente un valore di mercato pari a 15 e/tco2, sarebbero necessari 9 miliardi di euro per soddisfare gli obblighi. Questa è la cifra che l Italia dovrebbe spendere se fosse obbligata ad approvvigionarsi all estero per coprire tutto il debito, considerando una quotazione intermedia tra il valore della borsa europea delle emissioni (attualmente pari a 26 e/tco2) e il costo dei crediti dei progetti CDM realizzati nei Paesi in via di sviluppo (5-10 e/tco2). Naturalmente non sarà così, perché una parte di questo gap sarà colmato con interventi effettuati in Italia. Realisticamente, considerando i programmi già avviati, si può pensare che il contributo nazionale possa arrivare a coprire da uno a due terzi del nostro deficit. Una prima quota (cioè 200 dei 600 Mt di gas climalteranti da tagliare tra il 2008 e il 2012) si potrebbe ottenere con gli interventi già avviati, riforestazione inclusa. Un ulteriore quota di 200 Mt, potrebbe invece derivare da nuovi ambiziosi programmi di intervento. Quindi, a seconda dell incisività delle politiche che verranno attivate, si dovrebbe ricorrere ai crediti internazionali di carbonio per una cifra compresa tra i 3 e 6 miliardi di euro. Un notevole balzo in avanti si potrebbe ottenere negli usi termici delle tecnologie solari, che vedono l Italia ingloriosamente agli ultimi posti, ed espandendo anche il settore dei biocombustibili, su cui converge un forte interesse del comparto agricolo alla ricerca di nuovi sbocchi dopo la riduzione dei sussidi alle coltivazioni alimentari. Nel settore termoelettrico molto dipenderà dalla rapidità della rottamazione delle vecchie

7 centrali e dal ruolo che avranno il carbone e la cogenerazione. Il settore dei trasporti, quello in maggiore controtedenza rispetto agli impregni di Kyoto per un incremento delle emissioni del 25% rispetto al 1990, rappresenta un altra area di intervento, da percorrere con strategie all avanguardia: dalla mobilità sostenibile, con il rilancio del trasporto pubblico, all introduzione di soluzioni innovative come il road pricing o l aumento del costo della benzina recuperabile con detrazioni dalle tasse fino a nuovi accordi volontari con le case automobilistiche per veicoli più efficienti. Le riduzioni aggiuntive ottenibili nel settore dei trasporti possono superare i 30 Mt. Considerando la somma di tutte le azioni aggiuntive, si potrebbero ottenere 200 Mt di gas climalteranti in meno, in grado di limitare il ricorso all acquisizione all estero di crediti di carbonio solo per un terzo della riduzione necessaria.

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