Studio Dott.ssa Pamela Frezza

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1 PRESTITI CONCESSI DAL DATORE DI LAVORO AI DIPENDENTI Riferimenti D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 51, comma 4, lett. b) Agenzia delle Entrate, Risoluzione 28 maggio 2010, n. 46/E Trattamento fiscale dei prestiti concessi ai dipendenti L articolo 51, comma 4, lett. b) del T.U.I.R. disciplina il trattamento fiscale dei benefit ai dipendenti consistenti nell erogazione di prestiti agli stessi da parte del datore di lavoro. In particolare, la norma prevede che in caso di concessione di prestiti si assume il 50% della differenza tra l importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi. Il tasso ufficiale di sconto cui fa riferimento la norma è il tasso di riferimento (c.d. TUR) che, a partire dal 1 gennaio 2004, non è più stabilito dalla Banca d Italia. Pertanto, si devono utilizzare quelli disponibili sul sito web della BCE e sul sito della Banca d Italia. Sintetizzando, dunque, in caso di concessione di prestiti da parte del datore di lavoro, il fringe benefit tassato in capo al dipendente è così calcolato: Fringe benefit = (interessi calcolati in base al TUR al 31 dicembre interessi calcolati in base al tasso pattuito) x50% Ovviamente, qualora il tasso applicato sul prestito sia pari o superiore al tasso ufficiale vigente al termine di ciascun anno non si è in presenza di reddito per il dipendente. Sono soggette alla normativa in commento tutte le forme di finanziamento comunque concesse dal datore di lavoro, indipendentemente dalla loro durata e anche se si tratta di finanziamenti concessi da terzi. Invece, la norma non trova applicazione se si tratta di: - finanziamenti di durata non superiore a 12 mesi concessi (a seguito di accordi aziendali) ai dipendenti in contratto di solidarietà ed in cassa integrazione guadagni; - finanziamenti concessi fino al 31 dicembre 1996, per i quali è applicabile la regola generale di tassazione in base all eventuale esistenza di un costo specifico. - acconti e anticipazioni della retribuzione; - prestiti concessi ai dipendenti vittime dell usura; - erogazioni pecuniarie concesse ai dipendenti a ristoro di danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive Pagina 1

2 La C.M. 23 dicembre 1997, n. 326/E ha inoltre chiarito che non rientrano nella disciplina in oggetto le dilazioni di pagamento previste per beni ceduti o servizi erogati dal datore di lavoro. Possono essere considerati sussidi esclusi dalla formazione del reddito anche alcuni piccoli prestiti di breve durata, cioè inferiori al periodo d imposta, quali quelli che il datore di lavoro concede per far fronte ad esigenze di semplificazione della propria gestione, come ad esempio l anticipo delle imposte dovute dal dipendente, comprese quelle dovute in sede di assistenza fiscale. Modalità operative Il momento impositivo dell eventuale fringe benefit derivante dall applicazione delle suddette norme è quello del pagamento delle singole rate di prestito come stabilito dal relativo piano di ammortamento. A tal fine occorre procedere nel seguente modo: - in sede di scadenza delle rate durante i singoli periodi di paga: si tiene conto del tasso ufficiale vigente alla fine del periodo d imposta precedente; - in sede di conguaglio di fine anno: si tiene conto del tasso ufficiale vigente alla fine del periodo d imposta. A titolo esemplificativo, per le rate scadenti nell anno 2010, si deve fare riferimento al tasso ufficiale vigente al 31 dicembre In sede di conguaglio di fine anno 2010, si deve applicare il tasso ufficiale in vigore al 31 dicembre Considerato che quest ultimo potrebbe non essere ancora noto al momento dell effettuazione del conguaglio dell anno 2010, provvisoriamente il conguaglio deve essere operato tenendo conto dell ultimo tasso ufficiale conosciuto. Naturalmente, identica procedura deve essere seguita anche per gli anni successivi al Qualora il prestito preveda la restituzione del capitale in unica soluzione oltre il periodo di imposta, il benefit deve essere comunque assoggettato a prelievo fiscale, per la parte che interessa il periodo di imposta in corso, in sede di conguaglio di fine anno. Concessione di prestiti per la stipula di mutui abitativi Come accennato, le disposizioni in materia di fringe benefit si applicano non solo sui finanziamenti erogati dal datore di lavoro, ma anche a quelli concessi da terzi (ad esempio un istituto di credito) anche in assenza di oneri specifici da parte del datore di lavoro stesso. L esempio classico è quello del mutuo stipulato dal dipendente per l acquisto di un immobile e coperto, in parte, con un contributo concesso dal datore di lavoro. Vecchia prassi -- Pagina 2

3 Sino a prima che fosse emanata la risoluzione n. 46/E, la prassi (ci si riferisce a quanto riportato nella C.M. n. 326/E/1997) prevedeva che il datore di lavoro stipulasse appositi accordi o convenzioni con l istituto erogante. In particolare, la concessione del prestito agevolato da parte di terzi prevedeva la stipula di un apposita convenzione con un istituto di credito in base alla quale il datore di lavoro si accollava una quota degli interessi relativi al prestito erogato al dipendente, provvedendo a corrispondere direttamente alla banca il relativo ammontare. Conseguentemente, l importo corrispondente alla quota degli interessi di cui si faceva carico il datore di lavoro non entrava nella disponibilità del dipendente e la banca addebitava a quest ultimo la rata del prestito al netto del suddetto ammontare. Ciò si è tradotto, di fatto, nella quasi impossibilità, per il dipendente-beneficiario di scegliere la propria banca di fiducia. Inoltre, seguire un simile approccio, specialmente in momenti, quali quelli attuali, di forte oscillazione dei mercati finanziari (e, di conseguenza, dei tassi di riferimento), risulta poco conveniente per il lavoratore; infatti, dovendo il datore di lavoro rivolgersi all istituto convenzionato si nega al dipendente la possibilità di scegliere il migliore prodotto sul mercato. Tutte queste considerazioni hanno indotto l Agenzia delle Entrate a modificare la vecchia interpretazione per renderla più aderente alla attuale situazione di crisi finanziaria e quindi più favorevole ai contribuenti. Nuova prassi L occasione per cambiare indirizzo si è presentata con la risposta fornita ad un interpello sulle modalità applicative dell articolo 54, comma 4, lett. b) del T.U.I.R. In particolare, è stato chiesto se il datore di lavoro possa lasciare ai propri dipendenti la scelta dell istituto di credito di fiducia, contribuendo, quindi, in misura percentuale all abbattimento del tasso di interesse relativo al finanziamento stipulato dagli stessi. A tal fine, il dubbio è se il datore di lavoro può erogare un contributo direttamente sul conto corrente del dipendente dal quale la banca preleva le rate del mutuo. Più in dettaglio, la procedura seguita per l erogazione del contributo aziendale, su cui è stato chiesto il parere dell Agenzia delle Entrate, sarebbe così articolata (vedi Tavola n. 2): 1) il dipendente sceglie un istituto di credito di fiducia per la concessione del mutuo ipotecario; 2) fatto ciò, il dipendente - in possesso dei requisiti per la concessione del contributo aziendale presenta, al datore di lavoro, la relativa richiesta, allegando lo schema del contratto di mutuo predisposto dall istituto di credito prescelto nonché il preventivo di mutuo recante i dati necessari per la predisposizione del piano di rimborso; 3) il datore di lavoro comunica al dipendente l accoglimento della richiesta e invia all istituto di credito mutuante l informativa attinente all erogazione del contributo medesimo, impegnandosi, altresì, a comunicare l eventuale revoca del beneficio; 4) successivamente alla stipula del contratto di mutuo, il dipendente consegna al datore di lavoro il piano di ammortamento definitivo che non deve essere difforme da quello già autorizzato - nonché i riferimenti del -- Pagina 3

4 conto corrente indicato nella disposizione permanente di addebito del mutuo rilasciata all istituto di credito mutuante; 5) il datore di lavoro provvede ad accreditare il contributo tramite bonifico sul conto corrente su cui avviene la disposizione permanente di addebito del mutuo, con data valuta di accredito del contributo coincidente con quella di addebito della rata del mutuo da parte della banca, secondo il piano di ammortamento; 6) entro il 31 gennaio, ovvero alla data di cessazione dal servizio, il dipendente fornisce al datore di lavoro la certificazione bancaria dell avvenuto pagamento delle rate di mutuo in scadenza nell anno precedente. Con la risoluzione n. 46/E, dunque, l Agenzia delle Entrate ha avvallato la suddetta procedura. Più precisamente, nella risoluzione si legge che, in base alle modalità di accreditamento sopra indicate si può affermare che il vantaggio economico concesso al dipendente - in termini di minore importo della rata da corrispondere alla banca - possa concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente secondo il criterio di valorizzazione previsto dall'art. 51, comma 4, lett. b), del T.U.I.R.. Ciò in quanto sembra sussistere un collegamento immediato e univoco tra l erogazione aziendale e il pagamento degli interessi tale per cui l importo corrisposto dal datore di lavoro non entra, di fatto, nella disponibilità del dipendente. Relativamente, inoltre, alla mancanza di un accordo tra datore di lavoro e istituto di credito, ciò, nel caso prospettato, è irrilevante in quanto l invio all istituto medesimo dell informativa attinente alla concessione del contributo aziendale ovvero alla eventuale revoca dello stesso, fa sì che l azienda non resti estranea all operazione di finanziamento che i dipendenti hanno posto in essere con l istituto di credito che ha offerto loro le condizioni più vantaggiose. Secondo l Agenzia, quindi, la finalità della norma non viene stravolta e di conseguenza l importo del contributo erogato dal datore di lavoro che concorrere alla formazione del reddito imponibile può essere determinato in base al criterio previsto dall art. 51, comma 4, lett. b), del T.U.I.R., tenendo conto degli oneri finanziari che restano effettivamente a carico del dipendente mutuatario. Passando agli aspetti prettamente operativi, la nuova interpretazione comporta che in capo al lavoratore la determinazione di un reddito di lavoro dipendente pari al 50% dell ammontare risultante dalla differenza tra gli interessi calcolati al tasso ufficiale vigente al 31 dicembre di ciascun anno e gli interessi al tasso praticato dalla banca mutuante, calcolati al netto del contributo erogato dal datore di lavoro. Contributo diretto del datore di lavoro al lavoratore (accreditamento diretto nel c/c bancario del dipendente): CALCOLO FRINGE BENEFIT Nel caso ipotizzato 1, Secondo quanto stabilito dalla norma e chiarito dall'agenzia delle Entrate, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente il 50% dell'ammontare risultante dalla differenza tra gli interessi calcolati al tasso ufficiale di riferimento vigente al 31 dicembre di ciascun anno e gli interessi al tasso praticato dalla banca mutuante, calcolati al netto del contributo erogato dall'azienda. 1 Nell ipotesi è stato prospettato che il datore di lavoro eroghi direttamente sul conto corrente che il dipendente mutuatario ha dedicato al pagamento del mutuo il contributo aziendale a copertura di una quota degli interessi maturati -- Pagina 4

5 Esempio 1: - tasso ufficiale di riferimento pari all'1% - tasso applicato dalla banca pari al 2,50% - contributo del datore di lavoro pari allo 0,25% In questo caso non sussiste un fringe benefit poiché il tasso effettivamente rimasto a carico del lavoro supera il tasso ufficiale di riferimento [1 - (2,50-0,25)] Esempio 2: - tasso ufficiale di riferimento pari all'1% - tasso applicato dalla banca pari all'1,50% - contributo del datore di lavoro pari all'1,25% In questo caso emerge un fringe benefit poiché il tasso effettivamente rimasto a carico del lavoratore è inferiore al tasso ufficiale di riferimento. Nell'esempio il fringe benefit è pari al 50% di 0,75 ossia [1 - (1,50-1,25)] Adempimenti successivi Rimane il problema legato alla detraibilità del 19% del costo degli interessi sostenuto dal lavoratore consentita laddove la tipologia di mutuo rispetti le norme fiscali. Evidentemente, la detrazione spetta sull'importo effettivamente sostenuto dal lavoratore e, quindi, al netto della quota a carico del datore di lavoro. Nella ordinaria ipotesi in cui il datore di lavoro corrisponda il contributo direttamente alla banca, il problema non sussiste poiché la certificazione rilasciata dalla banca conterrebbe gli interessi effettivamente sostenuti dal lavoratore. Al contrario, nella ipotesi gestionale accettata con la risoluzione n. 46/2010, la banca, non ricevendo il contributo dal datore di lavoro, certifica gli interessi nella misura corrispondente al tasso fissato in contratto. Pertanto, il datore di lavoro deve fornire tale indicazione all'amministrazione finanziaria mediante indicazione nelle annotazioni al mod. 770 (cod. Ah). Sarà successivamente compito dell'agenzia delle Entrate calcolare la misura degli interessi comunicati dall'istituto di credito, diminuendo la quota comunicata dal sostituto di imposta, e riscontrando il valore netto con quanto dichiarato dal lavoratore nella propria dichiarazione dei redditi. A questo riguardo, il datore di lavoro deve certificare l'ammontare del contributo concesso al lavoratore nell'ambito del Cud Pagina 5

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