Dipartimento di Scienze della Formazione Università di Roma Tre Anno accademico 2015/2016

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1 Dipartimento di Scienze della Formazione Università di Roma Tre Anno accademico 2015/2016 Corso di laurea in Formazione e sviluppo delle risorse umane Insegnamento Politica economica e gestione delle risorse umane Docente Prof. Aldo Gandiglio Seconda parte LEZIONE 1 MERCATO DEL LAVORO E RISORSE UMANE: DEFINIZIONI, STATISTICHE, RILEVAZIONI, INDICATORI

2 Definizioni, statistiche, rilevazioni, indicatori Iniziamo col dotarci di un cassetto degli attrezzi per poter leggere ed interpretare i complessi fenomeni che caratterizzano il mercato del lavoro, con una particolare attenzione alle problematiche delle risorse umane. Molto spesso nel dibattito economico e politico, nei confronti tra le parti sociali, anche solo negli articoli di giornale, si fa riferimento ai disoccupati, o ai tassi di disoccupazione, all occupazione, ai salari e retribuzione lorde, o a tassi di iscrizione all università, di passaggio dopo il diploma, o a tassi di ripetenza o abbandono, dispersione scolastica, e a altre grandezze delle quali si intuisce il contenuto, ma di cui spesso non se ne comprende del tutto il significato, per cui diventa difficile apprezzare appieno i termini di un confronto, cogliere la dimensione di problemi che hanno impatti sociali rilevanti, come sta avvenendo in questo periodo di particolare crisi economica. Si inizierà col proporre le definizioni dei più rilevanti indicatori statistici utilizzati per l'analisi del mercato del lavoro e dei sistemi dell istruzione e della formazione, unitamente alle modalità con cui questi vengono calcolati; ciò permetterà di approfondire il confronto tra la realtà italiana e quella degli altri paesi, in quanto larga parte di questi indicatori sono ormai comunemente utilizzati da tutta la comunità scientifica mondiale. Le forze di lavoro, occupazione, disoccupazione Quando si parla di tassi di occupazione o di disoccupazione si fa solitamente riferimento ai dati prodotti dagli Istituti di Statistica dei diversi paesi attraverso le indagini realizzate presso un campione di famiglie. 2

3 L ISTAT applica una metodologia stabilita da Eurostat, l ufficio statistico dell Unione Europea, e definita con un apposito regolamento, adottando definizioni che fanno riferimento a quelle dell International Labour Office (ILO) e con modalità di rilevazione analoghe a tutti i Paesi europei 1. La rilevazione trimestrale campionaria sulle forze di lavoro ha subito nel tempo numerose modifiche, ed ora è caratterizzata da una rilevazione continua, distribuita su tutte le settimane dell anno e pubblicata con cadenza mensile e trimestrale, al posto della precedente in cui la rilevazione avveniva in una specifica settimana di ciascun trimestre 2. La popolazione in età lavorativa (15 anni e oltre, e solitamente riferita alla classe anni) è ripartita in tre gruppi distinti: occupati, in cerca di occupazione, inattivi. 3 I primi due gruppi fanno parte delle forze di lavoro, detta anche popolazione attiva, mentre gli inattivi vengono anche detti non forze di lavoro. Viene definito occupato la persone (con almeno 15 anni) che, nella settimana che precede la settimana in cui viene condotta l intervista, ha svolto almeno un ora di lavoro retribuito in una qualsiasi attività. Si distingue tra occupazione dipendente e indipendente, con contratti a termine, part-time (meno di venti ore di lavoro settimanali), occupati precari (stagionali, a progetto e collaborazione coordinata e continuativa). L individuazione delle persone in cerca di occupazione (di età compresa tra 15 e 64 anni, e a volte anche oltre i 65 anni) si fonda sui seguenti requisiti: risultare non occupato, essere disponibile a 1 L Eurostat riporta le rilevazioni condotte in tutti I paesi europei, con possibilità di giungere a disaggregazione dei dati sino a livelli territoriali analoghi alle nostre Province. Vedi Employment and unemployment (Labour Force Survey). 2 Partecipano all indagine sulle Forze di lavoro in qualità di rispondenti circa 250mila famiglie (per un totale di circa 600mila individui) in un anno. Per ciascun trimestre vengono intervistati circa 150 mila individui, appartenenti a oltre 60mila famiglie residenti in circa comuni di tutte le province del territorio nazionale. Ogni famiglia viene intervistata per due trimestri consecutivi; segue un interruzione per i due successivi trimestri, dopodiché essa viene nuovamente intervistata per altri due trimestri. Complessivamente, rimane nel campione per un periodo di 15 mesi. L intervista alla famiglia viene effettuata mediante tecnica mista Capi (Computer assisted personal interview) e Cati (Computer assisted telephone interview). 3 Per un approfondimento sui contenuti dell attuale rilevazione vedi ISTAT IV trimestre 2015 IL MERCATO DEL LAVORO Una lettura integrata 10 marzo 2016 (pagg. 20 e successive). 3

4 lavorare (o ad avviare un attività autonoma) entro le due settimane successive il momento dell intervista, avere fatto almeno un azione di ricerca di lavoro (tra quelle previste nel questionario) nelle quattro settimane precedenti l intervista. Tra le persone in cerca di occupazione si distinguono: con precedenti esperienze lavorative: chi ha perso un posto di lavoro per licenziamento, fine di un contratto a tempo determinato, dimissioni (il termine disoccupato viene sovente utilizzato per l'insieme delle persone in cerca di lavoro, non solo per chi ha perso il lavoro); senza precedenti esperienze lavorative: coloro che non hanno mai esercitato un'attività lavorativa, oppure l'hanno esercitata in proprio. Possono quindi articolarsi in ex-inattivi e in cerca di prima occupazione ; La popolazione residua appartiene alle non forze di lavoro (detta anche inattiva) viene anche distinta in: popolazione in età non da lavoro, inferiore a 15 anni; cercano lavoro non attivamente, che vengono anche definite forze di lavoro potenziali e in alcune comparazioni vengono sommate alle persone in cerca di occupazione; cercano ma non disponibili a lavorare; non cercano ma disponibili a lavorare, non cercano e non disponibili a lavorare A questa ripartizione tradizionale, con definizioni che nel tempo hanno subito lievi modificazioni, sono state aggiunti nuovi indicatori complementari, definiti a livello europeo, che offrono un informazione che va oltre la distinzione tra occupati, disoccupati e inattivi, quali: NEET (Not in Education, Employment or Training), giovani in età anni non più inseriti in un percorso scolastico/formativo ma neppure impegnati in un attività lavorativa; 4

5 forze lavoro potenziali, comprendenti gli inattivi disponibili a lavorare e inattivi che cercano lavoro; sottoccupati a part-time, lavoratori a orario ridotto che vorrebbero svolgere un numero maggiore di ore di lavoro, ma non ne hanno l opportunità. Attraverso i valori assoluti di questa rilevazione sulle forze di lavoro è possibile costruire numerosi indicatori (rapporti %) che permettono di trarre valutazioni sintetiche relativamente agli andamenti storici, comparazioni territoriali nazionali ed internazionali. Anche se il principale obiettivo della nuova indagine rimane la produzione delle stime ufficiali degli occupati e delle persone in cerca di occupazione, vi sono novità riguardanti le informazioni sul tema dell istruzione e della formazione. Viene evidenziata la separazione tra educazione di tipo formale e attività di formazione, secondo la recente rivisitazione operata in sede comunitaria dei concetti e delle variabili di interesse per l indagine sulle forze di lavoro. Mentre precedentemente si limitava a rilevare la partecipazione a corsi di formazione professionale o ad altri corsi, ora l apprendimento al di fuori del sistema di istruzione viene esteso ad un insieme di attività: dai seminari alle lezioni private, dalle conferenze all Università della terza età. Il numero degli indicatori che vengono utilizzati solitamente è molto ampio, e questi sono costruiti anche per analizzare fenomeni specifici e per particolari categorie di persone. Gran parte degli indicatori fanno riferimento a definizioni condivise a livello internazionale, non solo a livello europeo, presso l OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Intanto, per un primo approfondimento sul mercato del lavoro vengono solitamente utilizzati i seguenti indicatori: tasso di attività (rapporto tra le forze di lavoro e la popolazione in età lavorativa); tasso di occupazione (rapporto tra gli occupati e la popolazione in età lavorativa). 5

6 tasso di disoccupazione (rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro). E necessario prestare attenzione alle classi di età cui si riferiscono gli indicatori sopra riportati, in quanto (a parte quelli specifici per distinte classi di età) la popolazione di riferimento può essere estesa fino a 64 anno o anche oltre. Italia, forze di lavoro e indicatori, anni , (migliaia di unità e %). FORZE DI LAVORO (15-64) POPOLA- INATTIVI Anno Persone in ZIONE Occupati cerca di Totale (15-64) (15-64) occupazione Tasso di attività (15-64) Tasso di occupazione (15-64) Tasso di disoccupazione ,9 58,6 6, ,3 57,4 7, ,0 56,8 8, ,1 56,8 8, ,5 56,6 10, ,4 55,5 12, ,9 55,7 12, (*) ,1 56,3 11,9 Fonte: ISTAT, Indagine sulle forze di lavoro, Anni vari (*) dati non destagionalizzati 6

7 Inoltre, le informazioni aggiuntive a livello disaggregato per sesso, territorio, età, permettono di osservare uno spaccato di grande articolazione e dinamicità (in questi anni, negativa) degli indicatori che, invece, sembrerebbero mutare poco a fronte dell avanzare della crisi. Tasso di occupazione (15-64 anni) e giovanile ( anni) per sesso e ripartizione geografica Tasso di occupazione (15-64 anni) Tasso di occupazione (15-24 anni) Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine 2008 Totale 58,7 70,3 47,2 24,4 29,1 19,4 Nord 66,9 76,2 57,5 32,0 37,1 26,6 Centro 62,8 73,0 52,7 25,1 29,2 20,8 Mezzogiorno 46,1 61,1 31,3 17,0 21,7 12, Totale 56,3 65,5 47,2 15,6 18,6 12,4 Nord 64,8 72,6 57,0 19,7 23,0 13,7 Centro 61,4 69,1 54,0 16,3 18,9 12,9 Mezzogiorno 42,5 54,4 30,9 10,9 13,9 7,7 7

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9 Tasso di disoccupazione (15 anni e oltre) e giovanile ( anni) per sesso e ripartizione geografica Tasso di disoccupazione Tasso di disoccupazione (15 anni e oltre) (15-24 anni) Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine 2008 Totale 6,7 5,5 8,5 21,3 18,9 24,7 Nord 3,9 2,9 5,2 12,5 10,6 15,2 Centro 6,1 4,6 8,2 19,6 16,9 23,2 Mezzogiorno 12,0 10,0 15,7 33,6 30,2 39,3 IV trimestre 2015 Totale 11,9 11,3 12,8 40,0 39,3 41,2 Nord 8,2 7,3 9,2 32,7 31,1 34,8 Centro 10,6 10,3 11,0 42,4 40,5 45,0 Mezzogiorno 19,4 17,9 21,8 55,9 54,1 58,5 NB: i dati del tasso di disoccupazione (15-24 anni) per le tre ripartizioni territoriali sono riferiti alla media 2014, in quanto non ancora disponibili 9

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11 I giovani NEET Il permanere della crisi economica, che ha portato ad un forte aumento delle difficoltà di inserimento per le giovani generazioni, ha spinto la Commissione europea, nell ambito dell iniziativa Youth on the Move, ricompresa nella strategia Europa 2020, ad un monitoraggio sistematico della situazione dei giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione (Neet, Not in education, employment or training) e all'elaborazione di politiche comuni su un segmento di popolazione che presenza particolari problematiche di alto rischio di esclusione. I crescenti valori di tale aggregato di popolazione giovanile (15-29 anni, e anche anni) segnalano le difficoltà e i ritardi nella transizione dallo studio al lavoro, la scarsa capacità del mercato di includere i giovani, e l accentuarsi di fenomeni di skill mismatch e di scoraggiamento. Ma, più ancora, la prolungata assenza dal mercato del lavoro e dal circuito formativo rischia di rendere più difficile le possibilità di reinserimento in qualsivoglia processo formativo e/o di esperienza lavorativa e di aumentare i periodi di disoccupazione e i fenomeni di dipendenza dalle prestazioni sociali. Occorre osservare che i Neet sono identificati per quello che non fanno (non studiano, non sono in formazione e non lavorano 4 ) piuttosto che per quali ragioni, volontarie o involontarie, risultano esclusi o si escludono dal circuito formativo o lavorativo. Di conseguenza comprendono un mix eterogeneo di giovani con livelli di esclusione sociale molto differenziati e che si trovano nelle più 4 Per ISTAT, la popolazione dei NEET è costituita da tutti i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione regionali della durata superiore a 6 mesi; tuttavia, nel novero di costoro, sono anche inclusi tutti gli individui che frequentano corsi di formazione regionali con durata maggiore ai 6 mesi o 600 ore, per i quali non è richiesto un titolo di studio per l accesso alla frequenza. Tuttavia, in considerazione della struttura del mercato del lavoro in Italia e dei processi di transizione dal mondo dell istruzione al lavoro, soprattutto negli anni più recenti l analisi sulla mancata partecipazione delle fasce più giovani della popolazione viene di fatto estesa fino a includere gli under

12 diverse condizioni professionali, alcune delle quali basate su scelte individuali, temporanee o determinate dalla fase ciclica negativa della recessione. In Italia, dati ISTAT 2015, la quota di giovani Neet sta assumendo una dimensione preoccupante: circa 2,4 milioni di giovani (+600mila da prima della crisi), pari al 26% della popolazione in età anni, con una leggera prevalenza della componente femminile che giunge al 26,5% della corrispondente fascia di età, mentre i maschi toccano il 23,2%, per i quali la situazione che si sta particolarmente deteriorando a causa della crisi (15,2% nel 2007). Inoltre, l aumento si è concentrato soprattutto nelle aree del Centro-Nord, pur continuando ad essere la quota dei Neet ancora vicina il doppio del fenomeno nel Mezzogiorno (35,4% contro il 19% del Nord); ma il dato che appare significativo è che il fenomeno colpisca indifferentemente i giovani per ogni livello di istruzione raggiunto, con una maggioranza di diplomati e laureati (930mila con al più la scuola media, 1,2milioni con il diploma e 250mila con la laurea). 12

13 Disoccupati, inattivi, sottoccupati. Indicatori complementari al tasso di disoccupazione Per meglio analizzare il mercato del lavoro sono stati definiti a livello europeo nuovi indicatori complementari al fine di offrire un informazione che vada oltre la tradizionale distinzione tra occupati, disoccupati e inattivi. 13

14 Tale tripartizione è sempre apparsa troppo semplificata per riuscire a cogliere un mercato del lavoro sempre più frammentato e diversificato, e tale segmentazione si è dilatata specialmente oggi che la crisi provoca dinamiche proprio nelle fasce più marginali. Due nuovi indicatori danno conto di parte della popolazione inattiva che manifesta una qualche disponibilità a lavorare 5, collocandosi così tra chi lo cerca attivamente (disoccupati) e chi, tra gli inattivi, non manifesta alcuna disponibilità. La somma dei due indicatori relativi agli inattivi (detta forze di lavoro potenziali ) ai disoccupati fornisce la misura delle persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo. Un terzo indicatore infine è quello dei sottoccupati part time. Al contrario della disoccupazione, non si è in presenza di mancanza di lavoro ma di una situazione lavorativa subottimale o indesiderata. Tra questi, il segmento più vicino alle situazioni di criticità individuate dalla disoccupazione è rappresentato dai lavoratori a orario ridotto che vorrebbero svolgere un numero maggiore di ore di lavoro, ma non ne hanno l opportunità. E evidente che la precarietà, unita ad una ridotta retribuzione, rendono vicine le criticità della disoccupazione, con i conseguenti rischi di entrare, o permanere, nell area della povertà. L elevato livello di mancata partecipazione che caratterizza il nostro Paese suggerisce la persistenza di meccanismi di scoraggiamento che deprimono l ingresso nel mercato del lavoro di ampie fasce di popolazione: coloro che non cercano lavoro ma vorrebbero lavorare erano circa 2.7 milioni negli anni prima della crisi e sono saliti sino a superare nel 2014 le 3,6 milioni di unità, per poi scendere 5 Il primo riguarda gli inattivi disponibili a lavorare, ovvero coloro che non hanno cercato un lavoro nelle ultime quattro settimane ma sono subito disponibili a lavorare. Il secondo indicatore riguarda gli inattivi che cercano lavoro, ma non sono subito disponibili a lavorare. La somma degli inattivi disponibili a lavorare e degli inattivi che cercano ma non disponibili rappresenta le cosiddette forze di lavoro potenziali. 14

15 leggermente nel Tra questi, circa la metà è scoraggiato, ovvero dichiara di non aver cercato lavoro perché ritiene di non riuscire a trovarlo. Di seguito, si fornisce uno schema che illustra (anche se riferito al 2012) come si articolano le principali grandezza che caratterizzano il mercato del lavoro e la popolazioni potenzialmente attiva. 15

16 L occupazione e la produzione: i dati della Contabilità Nazionale Sempre l ISTAT fornisce un altro dato riconducibile all occupazione, le Unità di lavoro - Ula (o Equivalente tempo pieno), che sono utilizzate in Contabilità Nazionale come unità di misura del volume di lavoro impiegato nella produzione dei beni e servizi rientranti nelle stime del prodotto interno lordo (PIL) in un determinato periodo di riferimento (anche queste definizioni sono condivise a livello europeo nell ambito del Sistema europeo dei conti, Sec95). L unità di lavoro rappresenta la quantità di lavoro prestato nell anno da un occupato a tempo pieno, oppure la quantità di lavoro equivalente prestata da lavoratori a tempo parziale o da lavoratori che svolgono un doppio lavoro. Questo concetto non è più legato alla singola persona fisica, ma risulta ragguagliato a un numero di ore annue corrispondenti a un occupazione esercitata a tempo pieno. Appare evidente la discordanza tra le due grandezze, aldilà delle modalità di rilevazione e stima. Infatti, per le Forze di lavoro si contano le teste, in quanto la fonte di rilevazione è la persona, che può svolgere anche un doppio lavoro (quindi produce di più di un altro occupato a tempo pieno), oppure può svolgere un lavoro a tempo parziale (quindi meno di un occupato a tempo pieno); inoltre, il lavoro nero trova qualche riscontro nel calcolo della produzione, al contrario della rilevazione sulle Forze di lavoro. Le serie storiche fra le due grandezze, come evidente, differiscono con valori che toccano il massimo di circa 2milioni di unità nel 2007 (anno prima della crisi) e poi scendono sino a 1,7 milioni di unità. In un periodo di recessione economica, come quello che stiamo attraversando, si sta accorciando il divario tra i due valori, in quanto la rilevazione della Forze di lavoro non appare, almeno nelle prime fasi di recessione, segnalare in complesso le difficoltà occupazionali, in quanto 16

17 può verificarsi il passaggio da situazioni di lavoro strutturato a lavori a tempo parziale o a i lavori precari, mentre non tiene conto, ad esempio, delle riduzioni di orario o delle situazioni di sospensione del lavoro, come la Cassa integrazione 6, mentre la serie delle Ula, direttamente correlata all andamento della produzione, funziona da buon anticipatore di come la crisi possa successivamente coinvolgere la struttura occupazionale. Questo argomento avremo anche modo di approfondirlo successivamente, quando tratteremo della produttività del lavoro. Confronto tra Occupazione in termini di unità standard e Occupazione nelle Forze di Lavoro; Italia, anni (migliaia di unità) In termini di unità standard Nelle Forze di Lavoro Differenza Negli anni di più forte crisi, il 2008 e parte del 2009 le ULA e l occupazione hanno continuato a crescere (per poi scendere nella seconda metà del 2009), non solo per trascinamento dall anno precedente, ma anche per la legislazione di protezione del lavoro e le pratiche di labour hoarding delle imprese, che trattengono occupazione oltre i loro fabbisogni di produzione. 17

18 FONTI AMMINISTRATIVE Oltre alle statistiche ufficiali, di fonte ISTAT, vi sono altri giacimenti di informazioni, che non hanno origine, e quindi non sono rilevati né organizzati per offrire analisi statistiche, ma che sono i risultati di procedimenti amministrativi, quali archivi amministrativi, anagrafi di imprese, movimenti di iscrizione di lavoratori. La differenza sostanziale e che il dato amministrativo nasce per la gestione di un provvedimento, mentre l informazione statistica è organizzata e diffusa per la conoscenza. I vantaggi: economicità per l utilizzo dei dati a fini statistici, non vi alcuna molestia per l intervistato, sovente i dati si riferiscono alla totalità della popolazione, costituiscono utili archivi di base. Gli svantaggi: non coincidenza fra le definizioni usate per uno stesso fenomeno (categoria, utenza) tra dati amministrativi e quelli di fonte statistica, modifiche legislative /o regolamentari che pregiudicano la confrontabilità dei dati, scarso controllo della qualità dei dati, informazioni secondarie mancanti in quanto non rilevanti per l uso amministrativo. Le fonti amministrative più importanti sono quelle rispetto alle quali esiste l obbligo di iscrizione e/o dichiarazione formale di determinate informazioni (INPS, Camere di Commercio, Centri per l impiego, ed anche anagrafi comunali, scuole, università, ecc.). E da ricordare che spesso vi sono divergenze, anche rilevanti, relative ad un medesimo fenomeno osservato attraverso fonti di informazioni diverse. Per una breve panoramica delle principali fonti del mercato del lavoro vedi Lezione 1 - Allegato ADAPT_Francesco Giubileo - Le principali fonti del mercato del lavoro 18

19 Informazioni relative a: salario contrattuale, retribuzioni lorde e nette, redditi da lavoro dipendente Il salario di un lavoratore è la somma che il lavoratore riceve dal datore di lavoro (privato o Pubblica Amministrazione) come compenso per l'attività lavorativa svolta. Generalmente, il singolo lavoratore ha scarsa possibilità di determinare l ammontare del salario; di solito ciò avviene per il livelli professionali più elevati (dirigenti o professionisti). Nel lavoro dipendente, una parte rilevante del livello salariale è definita attraverso la contrattazione sindacale. Ad ogni rinnovo contrattuale, con il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), articolato per ogni comparto e settore produttivo, si definisce il salario contrattuale, che rappresenta la retribuzione base, cioè la parte fissa. Per il settore privato, spesso, alla retribuzione definita dal CCNL, che rappresenta il minimo salariale, si aggiunge una retribuzione che tiene conto della specificità dell attività svolta dal singolo lavoratore, il cosiddetto superminimo. Al salario contrattuale, determinato in misura mensile fissa, se ne aggiunge solitamente una parte variabile, legata alla cosiddetta contrattazione decentrata (o di secondo livello), che viene collegata ai risultati economici dell impresa, o a altri indici di produttività (come avviene anche nel settore pubblico). Prima che il salario diventi disponibile per il lavoratore, cioè si trasformi in salario (o retribuzione) netto, sulla retribuzione da lavoro le diverse Amministrazione Pubbliche (Stato, Regioni, Comuni, INPS, INAIL) prelevano imposte e contributi sociali cosiddetti a carico del lavoratore. sui redditi da lavoro; passando dalla retribuzione lorda (comprensiva di imposte sui redditi e contributi sociali a 19

20 carico dei lavoratori) al netto, per un salario medio si scende anche del 35-40%, come si può vedere dalla Tabella che segue. Il datore di lavoro, oltre a versare le somme trattenute per le imposte e contributi di competenza del lavoratore, sono tenute a versare altre imposte e contributi assistenziali e assicurativi, cosiddetti a carico del datore del lavoro, che, sommate alla retribuzione lorda, diventano il costo del lavoro, che in Contabilità nazionale (calcolata dall ISTAT) viene chiamato il Reddito da lavoro dipendente. I protagonisti che entrano in gioco nel determinare le politiche salariali sono, dunque, orientati in modo prevalente e definire i livelli delle tre grandezze che sono state appena richiamate: per il sindacato, la retribuzione lorda, in modo particolare quella contrattuale, sia quella legata alla contrattazione nazionale che decentrata; per il lavoratore, la retribuzione netta, quello che riceve effettivamente, dopo che sono state detratte le imposte e i contributi sociali a suo carico; per il datore di lavoro, il reddito da lavoro, che comprende la retribuzione lorda sommata alle imposte e i contributi sociali a suo carico, e che rappresenta infine il costo del lavoro cui il datore di lavoro deve sostenere per ogni dipendente 7. Le informazioni relative alle diverse tipologie con cui si può configurare il salario sono così individuabili: le retribuzioni contrattuali orarie (indagine mensile ISTAT sui contratti collettivi, retribuzioni contrattuali e conflitti di lavoro); le retribuzioni lorde effettive, dette anche retribuzioni di fatto, rilevate dall ISTAT con l indagine OROS, che permette di avere indicazioni anche sul costo del lavoro; 7 E ancora da rilevare che a queste somme si deve aggiungere l accantonamento (o il versamento ai Fondi pensione) della quota annuale del cd. Salario differito, cioè del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), o indennità di liquidazione, somma accantonata (o versata) dal datore di lavoro, che spetta al lavoratore in caso di cessazione del rapporto di lavoro (pensionamento, licenziamento). 20

21 le serie delle retribuzioni lorde e dei redditi da lavoro dipendenti riportate nei dati di Contabilità Nazionale dell ISTAT (per i settori privati e per le Amministrazioni Pubbliche); per le sole Amministrazioni Pubbliche, le informazioni riportate nel Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato; Redditi familiari e individuali, tratti dall indagine sui Bilanci delle famiglie italiane, condotta ogni due anni dalla Banca d Italia 8. Nella tavola che segue, viene riportato un esempio relativo alla determinazione della retribuzione netta di un lavoratore tipo, partendo dalla retribuzione lorda e calcolando anche il costo del lavoro. Questo metodologia è da tempo seguita a livello internazionale, in sede OCSE 9, in quanto permette di confrontare la dimensione dell imposizione fiscale e del carico contributivo per finanziare il sistema previdenziale ed altri servizi pubblici, come la sanità. Il lavoratore che si prende in considerazione in questo esempio ha un contratto di lavoro dipendente con una retribuzione : lorda media, è single, e non ha carichi familiari (quali: detrazioni per figli, assegni familiari) che possono in qualche misura alterare il confronto. 8 Banca d Italia, Supplemento al Bollettino statistico Indagini campionarie- I bilanci della famiglie italiane nell anno 2012, Roma, 27 gennaio OECD, Taxing Wages 2015 Edition, Paris

22 Lavoratore dipendente: confronto tra retribuzione netta, lorda e costo del lavoro; anno V.A. (euro) Calcolo 1) Retribuzione lorda annua ,00 2) Contributi a carico del lavoratore 2.729,43 (1)*9,19% 3) Retribuzione soggetta a tassazione ,57 (1) - (2) 4) IRPEF 6.682, ((3)-15000) * 27% 5) Retribuzione netta ,52 (3) - (4) 6) Contributi a carico del datore di lavoro 6.508,56 (1) * 32,08% 7) Costo del lavoro n ,56 (1) + (6) 8) Rateo annualità del TFR 2.682,12 (1) / 13,5 9) Costo del lavoro n ,67 (7) + (8) 10) IRAP 1.161,00 ((9) -(6) -5000)* 4,25% 11) Costo del lavoro finale ,67 (9) + (10) Rapporti percentuali Retribuzione netta / Retribuzione lorda 68,31 (5) / (1) % Retribuzione netta / Costo del lavoro 50,66 (5) / (11) % Costo del lavoro / Retribuzione lorda 134,85 (11) / (1) % Fonte: ns. elaborazioni su dati Agenzia delle Entrate (calcolo IRPEF) e Ministero dell Economia e delle Finanze. 22

23 Appare evidente dalle informazioni riportate in tabella quanto sia ampio il rapporto tra retribuzione netta (cioè quello che riceve il lavoratore) e la retribuzione lorda, cui fa riferimento la busta paga (quello che è oggetto della contrattazione sindacale, o individuale), e più ancora quanto salga il costo del lavoro a carico del datore. E, in sintesi, la dimensione di quello che si chiama il cuneo fiscale (differenza tra il costo del lavoro sostenuto dall'impresa e la retribuzione netta che resta a disposizione del lavoratore.), che è anche una delle cause della particolare situazione di rigidità del nostro mercato del lavoro. Su tale problematica, di grande rilevanza e che sta sollevando ancora accesi dibattiti e contrapposizioni, si avrà modo di approfondire diffusamente nei capitoli successivi. Per segnalare solo come questo aspetto assuma rilevanza nel confronto internazionale, e quindi anche sul grado di competitività del nostri sistema economico, si riportano le seguenti tavola. 23

24 24

25 ISTRUZIONE E FORMAZIONE: fonti e indicatori Riguardo a tali macro aree di policy, le necessità di approfondimento non vertono tanto sui contenuti delle definizioni, quanto sugli indicatori che vengono utilizzati nel dibattito scientifico e politico, che spesso non sono a conoscenza di un pubblico più vasto. Si inizierà offendo indicazioni sui giacimenti di informazioni statistiche in Italia curate a livello istituzionale, mentre per le numerose indagini condotte su problematiche particolari (territori circoscritti, segmenti di popolazione scolastica, categorie, ecc.), così come per le informazioni di fonti internazionali, si farà specifico riferimento al momento della trattazione nei capitoli seguenti). Per l istruzione, per tutti i livelli scolastici sino all università, le fonti statistiche possono essere così riassunte: a) nel sito alla voce Istruzione, le pubblicazioni relative alla scuola statale (scuole, classi, alunni, insegnanti), agli alunni con cittadinanza non italiana delle scuole statali e non statali, i notiziari relativi agli esiti degli scrutini, i dati relativi agli esami di stato; b) nel sito alla voce università, la rilevazione degli studenti iscritti in corso e fuori corso, i laureati per anno solare, con possibilità di ottenere direttamente aggregate o particolareggiate per sedi universitarie, facoltà, corsi di laurea, ecc. c) nel sito dell ISTAT, oltre ai dati dell istruzione (scuole statali e non statali) negli Annuari statistici, sono di grande interesse le rilevazioni campionarie sulla transizione istruzione-lavoro che si pongono l obiettivo di analizzare, anche in ottica comparativa, il rendimento dei diversi titoli di studio sul mercato del lavoro; diplomati, laureati, dottorati di ricerca. Sono utilissime, anche perché permettono analisi ormai ventennali, le informazioni riportate tra gli Indicatori per le politiche di sviluppo, ove i dati sono disaggregati per regione e partizioni territoriali; 25

26 d) Nel sito Consorzio di 62 Atenei Italiani, si trovano informazioni e approfondimenti su tematiche inerenti la condizione giovanile, gli studi universitari, l'occupazione dei laureati. Oltre a rendere disponibili online i curriculum vitae dei laureati, per favorire l incontro fra Laureati, Università e Aziende, ogni anno pubblica un Rapporto sul Profilo dei laureati per approfondire le caratteristiche e le performances dei laureati e un Rapporto sulla Condizione occupazionale dei laureati dopo uno, tre e cinque anni dalla conclusione degli studi, con le prospettive del mercato del lavoro e le relazioni fra studi universitari e sbocchi occupazionali. e) Nel sito del Consorzio CILEA, che raccoglie le adesioni di 11 atenei italiani, dei quali 8 lombardi, (Università di Bergamo, Brescia, Università Cattolica, Milano-Bicocca, Milano Statale, Pavia, Politecnico di Milano, IULM, Università di Pisa, Scuola Superiore Sant Anna e Università di Palermo), e rappresenta il 17,3% dei laureati italiani e l 84% dei laureati in atenei lombardi, si trovano informazioni relative ai laureati ed agli sbocchi professionali post-laurea per questo insieme di università (Rapporti Laureati STELLA). Diversa appare la situazione delle informazioni per l area della formazione. Anzitutto, mentre per l istruzione, aldilà delle differenze tra i Paesi, vi è persino una classificazioni internazionale di riferimento 10, per la formazione, invece, i perimetri entro cui collocare le diverse esperienze di riferimento sono molto incerti e di non facile definizione e quantificazione. Si parla, infatti di un sistema di lifelong learning, di cui le parti più rilevanti e più strutturate sono la formazione professionale offerta per favorire l occupabilità delle persone (giovani e non) e la formazione continua rivolta ai lavoratori, cui segue una vera e propria galassia di iniziative di formazione permanente rivolta agli adulti. 10 UNESCO, ISCED International Standard Classification of Education. 26

27 In sintesi: a) per la formazione professionale, essendo una competenza primaria delle Regioni, con iniziative formative in larga parte cofinanziate attraverso i Fondi Strutturali europei (Fondo Sociale Europeo), le informazioni primarie sono organizzate presso gli Assessorati regionali che hanno al responsabilità della formazione e dei fondi europei. A livello centrale, l ISFOL con le diverse collane informative e rapporti mette a disposizione quadri riepilogativi nazionali, regionali e approfondimenti sui sistemi formativi regionali; b) per la formazione continua, anche se una parte non secondaria viene finanziata attraverso il Fondo Sociale Europeo, il sistema formativo è ancora più complesso con una molteplicità di iniziative, attori e fonti di finanziamento. Basti ricordare le attività formative finanziate dai Fondi Paritetici Interprofessionali, quelle finanziate da leggi statali e gestite anche da Regioni e Province come la legge 236/93 e 53/00, sino alle attività promosse direttamente dalle imprese. Un approfondito quadro riepilogativo è riportato nel rapporto annuale sulla formazione continua, presentato al Parlamento dal Ministero del Lavoro, e curato dall ISFOL e da Italia Lavoro 11. c) per la formazione permanente, che può, in una accezione ampia, ricomprendere tutte le diverse tipologie di formazione per la popolazione di anni (come negli indicatori utilizzati nei confronti europei), dall istruzione media al dottorato di ricerca, la formazione professionale, la formazione continua rivolta agli occupati, tutte le altre iniziative formative rivolte agli adulti, sino a quelle informali ed auto-gestite. All interno di questo aggregato, si fa anche riferimento ad un insieme più circoscritto quale l istruzione per gli adulti (EdA), che fa riferimento ad un assetto 11 Per l edizione più recente: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ISFOL, XV rapporto sulla Formazione Continua, Roma, dicembre 2014, che contiene anche i risultati della indagine quinquennale CVTS (Continuing Vocational Training Survey) promossa dall Eurostat e realizzata in Italia da una partnership scientifica tra ISTAT e ISFOL. Inoltre: ISTAT, La partecipazione degli adulti alle attività formative,anno 2012, Roma, 2 dicembre

28 istituzionale in modificazione, oggi costituito dai Centri territoriali permanenti per l educazione degli adulti (CTP) e dai corsi serali negli Istituti superiori. E, comunque, un aggregato di iniziative che viene rilevato ed analizzato in profondità. A livello europeo, con riferimenti anche alla realtà italiana, l Eurostat ha condotto tra il 2005 e 2007 la prima Adult Education Survey (AES), e che sarà prodotta con una periodicità quinquennale, come per la Continuing Vocational Training Survey (CVTS); nel 2011 vi è stata una seconda edizione e la prossima verrà condotta in questo L ISTAT e l ISFOL, in numerose pubblicazioni e ricerche, offrono informazioni sulle tipologie di attività e sulla spesa 12 ; al riguardo, si ricorda che la Rilevazione continua sulle forze di lavoro dell ISTAT contiene informazioni sulla formazione permanente. Da ultimo, stanno entrando a regime le indagini sui livelli delle competenze di giovani ed adulti, quali: a) le indagini OCSE PISA sulle competenze dei quindicenni, attraverso i punteggi medi in lettura, matematica e scienze, con l offerta di uno spaccato informativo che rappresenta una caratterizzazione in divenire della dotazione del capitale umano del territorio. E ciò sia in termini dinamici, sia con i confronti intertemporali tra le regioni, considerando la quota di studenti in difficoltà, con scarse competenze, ma anche a riguardo degli studenti con elevate competenze. A queste risultanze si affiancano con ulteriori indicazioni, ed anche confronti, le rilevazioni nazionali realizzate dall INVALSI, (l ultima si riferisce all anno scolastico ), che restituiscono a ciascuna scuola una serie d informazioni sul funzionamento in termini di apprendimenti prodotti in un ottica comparativa e longitudinale. b) Il Programme for International Assessment of Adult Competencies (PIAAC), una iniziativa dell OCSE volta a misurare (mediante la somministrazione di test su base campionaria) il livello 12 L ISTAT, che ha realizzata in Italia l indagine AES dell Eurostat, ha ampliato il questionario europeo nell ambito dell inchiesta Multiscopo I cittadini e il tempo libero, rivolgendosi anche a coloro che non partecipano alle attività formative. L indagine più recente, non ancora pubblicata, è stata condotta a metà del

29 di possesso di quelle competenze o abilità chiave (key skills) nell elaborazione delle informazioni che sono considerate essenziali per la piena partecipazione di cittadini adulti al mercato del lavoro e alla vita sociale di oggi. In particolare PIAAC misura, per adulti tra 16 e 65 anni, il livello di possesso delle competenze chiave nei seguenti campi: alfabetizzazione di base o literacy, alfabetizzazione matematico-scientifica o numeracy. La più recente è stata effettuata nel 2013, da poco resa pubblica 13. E evidente che appare difficile cogliere attraverso una serie di indicatori l ampiezza, la complessità e la problematicità delle diverse dimensioni caratterizzanti i sistemi dell istruzione e della formazione. Tuttavia, di seguito, vengono riportati gli indicatori che più comunemente vengono utilizzati per fornire una prima chiave interpretativa della dimensione dei sistemi osservati, lasciando ad altri capitoli l utilizzo di indicatori più mirati ai fenomeni e problemi che saranno specificatamente trattati, in particolare quelli relativi alla qualità dell istruzione ed alla misurazione del livello di apprendimento. Gli indicatori più comunemente usati sono: tasso di scolarità (iscrizione, partecipazione), rapporto (%) tra gli studenti iscritti ad un livello di istruzione e la popolazione residente appartenente alla corrispondente classe teorica di età. Ad esempio, per la scuola secondaria superiore l'età teorica considerata è anni, per l'università è Per la scuola può assumere valori superiori a 100 per la presenza di ripetenze o anticipi di frequenza; 13 Nella distribuzione dei valori attorno alla media, la situazione italiana appare molto pesante nel confronto internazionale, e più ancora, circoscrivendo il raggiungimento del livello 3, quello che PIAAC valuta corrispondere al possesso delle competenze necessarie minime per poter vivere e lavorare in modo adeguato al giorno d oggi, oltre il 70% degli italiani risulta non possederle. 29

30 tasso di passaggio, rapporto (%) tra gli studenti iscritti ad un anno t su promossi (o licenziati) anno t- 1. Solitamente viene utilizzato nel misurare la transizione tra un ciclo di studi ed il successivo; tasso di scolarizzazione (livello di istruzione), quota (%) della popolazione di una classe di età teorica (convenzionale) in possesso di un titolo di studio. Oltre a definire il livello di istruzione raggiunto, viene spesso utilizzato per misurare la quota di popolazione che non ha raggiunto un determinato livello di studio (ad esempio, per la popolazione 15-19, chi è in possesso almeno la licenza media inferiore), ed in questi casi più è basso il valore è migliore è la situazione. E anche uno degli indicatori per misurare la dispersione scolastica, cioè l abbandono e il non raggiungimento di un livello di istruzione; tasso di produttività, rapporto (%) tra il numero di chi ha terminato un ciclo (diplomati-laureati) e gli iscritti al 1 anno (immatricolato) di x anni precedenti (a seconda del ciclo formativo); spesso questo tasso viene sostituito, per la secondaria superiore, dal tasso di maturità (diplomati sulla media della popolazione di anni) e. per l università, la % dei laureati sulla popolazione corrispondente 14 ; tasso di abbandono (abbandono), rapporto (%) tra gli studenti iscritti ad un anno t-1 e quelli che nel successivo anno t non risultano iscritti nella classe (o livello) successiva, né sono tra i ripetenti della stessa classe. A volte viene calcolato con gli abbandoni durante l anno scolastico. Oppure, come si è detto poco avanti, per misurare la quota di popolazione che ha raggiunto un determinato livello di studio (ad esempio, per la popolazione 15-19, chi è in possesso almeno la licenza media inferiore) e che non prosegue, o non è coinvolta, in un altro ciclo formativo. 14 Le classi di età sono molto variegate, come avviene anche nel caso di altri indicatori, e vanno da anni, come nel caso degli indicatori per le comparazione relative alla Strategia Europa 2020, sino a classe puntuali, quali 23 anni, adottate nel rapporti dell ISFOL, ad esempio, per le lauree triennali riferite al 1 ciclo, diplomi universitari, ecc, 30

31 Di seguito si riporta un quadro sintetico dell attuale scolarizzazione in Italia, attraverso gli indicatori appena descritti. Indicatori del sistema formativo in Italia; anni Secondaria superiore Università Indicatore % Indicatore % Tasso di partecipazione nell'istruzione secondaria superiore (a) 93,6 Tasso di passaggio (1) 61,3 Tasso di scolarizzazione superiore (b) 77,3 Tasso di immatricolazione (2) 55,4 Livello di istruzione della popolazione adulta (c) 40,5 Tasso di iscrizione (3) 40,3 Tasso di maturità (d) 76,5 Laureati su popolazione 25enne (4) 32,1 Tasso di produttività (e) 68,6 Laureati su popolazione anni (5) 25,3 Note (a) % della popolazione in età anni che frequenta la scuola secondaria superiore (b) % della popolazione in età anni che ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore (c) % della popolazione in età anni che ha conseguito al più un livello di istruzione secondario inferiore (d) % dei maturi sulla media della popolazione in età anni (e) % dei maturi rapportati agli iscritti al 1 anno della secondaria superiore 5 anni prima (1) % degli immatricolati per la prima volta in rapporto ai diplomati del precedente anno scolastico (2) % degli immatricolati in complesso in rapporto alla media dei giovani in età anni (3) % degli iscritti in rapporto alla popolazione in età anni (4) Laureati dei corsi di laurea triennali, diplomi universitari, scuole dirette a fini speciali (5) Popolazione che ha conseguito un titolo di studio universitario o equivalente (indicatore della Strategia Europa 2020) NB: In grassetto indicatori con valori aggiornati al 2015 Fonte: ISTAT, Noi Italia 2016; ISTAT, Indicatori politiche di sviluppo -Istruzione e formazione - OT10 Investire nell'istruzione, formazione e formazione professionale, per le competenze e l'apprendimento permanente, Roma,

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