Guida al Lavoro IL SOLE 24 ORE. SICUREZZA SUL LAVORO Articoli

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1 Il provvedimento di sospensione dell attività imprenditoriale Paolo Pennesi Vice Direttore generale area giuridica e attività di interpello della D.G. Attività Ispettiva Min. lav. Danilo Papa Responsabile area giuridica e attività di interpello della D.G. Attività Ispettiva Min. lav. Il Ministero del lavoro, con lettera circolare 22 agosto 2007, prot. n , fornisce i primi chiarimenti sulla applicabilità del nuovo potere di sospensione dell attività imprenditoriale previsto dall articolo 5 della legge n. 123/2007 La legge n. 123/2007, recante «Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia», ha introdotto nuovi ed incisivi strumenti di contrasto al lavoro «nero», fra i quali spicca l estensione del provvedimento di sospensione«dei lavori nell ambito dei cantieri edili» già previsto dall art. 36 bis del Dl n. 223/2006 (conv. da legge n. 248/2006) con riferimento ad ogni attività imprenditoriale. Il provvedimento di sospensione nasceva come un istituto di natura cautelare che, nei pensieri dei suoi ideatori, voleva esplicitare il forte legame che esiste tra lavoro sommerso, violazione delle norme in materia di tempi di lavoro ed infortuni sul lavoro, consentendo al personale ispettivo del Ministero la sospensione delle attività di chi opera nei cantieri edili in presenza di gravi violazioni in materia lavoristica. Alla disciplina contenuta nel citato art. 36 bis è stata dunque affiancata quella prevista dall art. 5 della legge n. 123/2007 (nel testo normativo la compresenza delle due discipline è sottolineata dall incipit secondo cui resta fermo «quanto previsto dall articolo 36 bis del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223»), il che richiede una analisi comparativa dei due istituti per individuare con esattezza gli ambiti applicativi di ciascuno di essi. Con riferimento alla più recente disciplina va poi evidenziata la tempestività del Ministero del lavoro che, con lettera circolare del 22 agosto, ha fornito i primi chiarimenti al proprio personale ispettivo sulla applicabilità del nuovo potere di sospensione. La lettera circolare che in parte riprende i contenuti della circ. n. 29/2006, interpretativa dell art. 36 bis pur sottolineando la transitorietà delle istruzioni fornite (1), appare piuttosto esauriente, affrontando ogni singolo profilo applicativo delle previsioni entrate in vigore il 25 agosto scorso. Ambito applicativo Prima di esaminare il contenuto delle disposizioni normative e del documento ministeriale si rendono opportune alcune osservazioni sull ambito applicativo dei due provvedimenti interdittivi. Da un lato occorre osservare che il «vecchio» potere di sospensione dei lavori è rimesso in via esclusiva al personale ispettivo del Ministero del lavoro, competente a vigilare in materia prevenzionistica nell ambito dell edilizia in virtù di quanto previsto dall art. 23, comma 2, del Dlgs n. 626/1994 e dal Dpcm n. 412/1997 (2), mentre il «nuovo» potere Si segnala che le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero degli Autori e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l Amministrazione. (1) Nella lettera circolare si dice infatti a chiare lettere che le istruzioni operative ivi contenute sono fornite «in attesa di più approfonditi chiarimenti sulla disciplina del nuovo istituto, integrativi o modificativi di quanto riportato ( )». (2) L art. 23, comma 2, del Dlgs n. 626/1994 stabilisce che«ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente all ispettorato del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ( ), l attività di vigilanza sull applicazione della legislazione in materia di sicurezza può essere esercitata anche dall ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell unità sanitaria locale competente per territorio». Il Dpcm n. 412/1997 ha conseguentemente previsto che «le attività comportanti rischi particolarmente elevati, per le quali la vigilanza sull applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro può essere esercitata anche dai servizi di ispezione del lavoro delle direzioni provinciali del lavoro, sono: a) attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati. Lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l impiego di esplosivi; b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei». XV

2 Guida al Lavoro interdittivo è rimesso anche al personale ispettivo delle Aassll. Dall altro, l esercizio del potere di sospensione ex art. 36 bis, Dl n. 223/2006 è limitato all ambito dei cantieri edili, mentre il provvedimento introdotto dall art. 5 della legge n. 123/ 2007 è applicabile in ogni altra ipotesi in cui sia esercitata una attività imprenditoriale. La differenza che reca tuttavia maggiori perplessità è costituita dal fatto che la più recente disciplina è applicabile, oltre che in presenza di lavoratori «in nero» e di violazione delle norme in materia di tempi di lavoro, anche in caso «di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro», mentre così non sembrerebbe per i lavori «nell ambito dei cantieri edili». In altre parole salta subito all occhio come proprio nell ambito dell edilizia, dove maggiori sono i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, non sia probabilmente possibile adottare un provvedimento di sospensione motivato da esigenze di natura prevenzionistica (3). Sulla questione occorre dunque fare maggiore chiarezza atteso che, con un comunicato stampa del 23 agosto (4), i vertici politici del Ministero del lavoro hanno invece evidenziato come «l art. 5 si riferisce anche alla possibilità di sospensione delle attività delle imprese edili» (5). Certamente non va dimenticato che per garantire la sicurezza e la salute del lavoro gli ufficiali di polizia giudiziaria, quali sono il personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle Aassll, possono disporre di altri strumenti di carattere interdittivo, quale ad esempio il cd. sequestro cautelare; senza contare il potere di prescrizione obbligatoria previsto già dal Dlgs n. 758/1994. Proprio l art. 20, comma 3, del decreto potrebbe infatti rappresentare un mezzo per ovviare alla problematica sull impossibilità di sospendere l attività imprenditoriale per violazioni prevenzionistiche nell ambito dei cantieri edili. La norma in questione stabilisce infatti che «con la prescrizione l organo di vigilanza può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro», misure che potrebbero essere rappresentate, per l appunto, dal provvedimento di sospensione dei lavori recentemente disciplinato. Non si nasconde la complessità di tale ricostruzione ma sulla questione non sembrano al momento esserci altri «spazi di manovra». Per tornare all ambito applicativo dei poteri di sospensione va dunque ricordato quanto chiarito dal Ministero del lavoro sia con la circ. n. 29/ 2006 che con la lettera circolare del 22 agosto in commento. Il provvedimento di sospensione previsto dall art. 36 bis del Dl n. 223/2006 trova applicazione stante il riferimento a «l ambito dei cantieri edili» nei confronti delle imprese che svolgono le attività descritte dall allegato I del Dlgs n. 494/1996, «nel quale sono ricomprese sia aziende inquadrate o inquadrabili previdenzialmente come imprese edili sia imprese non edili che operano comunque nell ambito delle realtà di cantiere» (6). Al di fuori di tale ambito sembra dunque trovare applicazione l art. 5 della legge n. 123/2007, il quale fa riferimento ai soli datori di lavoro imprenditori escludendo, pertanto, i soggetti che non esercitano attività di impresa. Quanto alla individuazione della nozione di «attività imprenditoriale» il Ministero precisa che la stessa è da intendersi riferita alla specifica «unità produttiva» rispetto alla quale, conseguentemente, vanno sia verificati i presupposti di applicazione del provvedimento che circoscritti gli effetti sospensivi dello stesso. XVI (3) Altra interpretazione vorrebbe invece il personale ispettivo delle Aassll competente a sospendere l attività imprenditoriale in edilizia anche con riferimento a violazioni di natura prevenzionistica. Ciò sulla base di una estensione del potere interdittivo prevista dall art. 5, comma 6, legge n. 123/2007 non solo sotto il profilo soggettivo ma anche sotto quello oggettivo. In altre parole la norma nello stabilire che«i poteri e gli obblighi assegnati( ) al personale ispettivo del Ministero del lavoro ( ) sono estesi nell ambito dei compiti istituzionali delle aziende sanitarie locali ( ) al personale ispettivo delle medesime aziende sanitarie, limitatamente all accertamento di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro» potrebbe indurre a pensare che il potere di sospensione per violazioni di natura prevenzionistica sia esercitabile nell ambito dei cantieri edili da parte degli ispettori Aassll non essendo ad essi applicabile la disciplina speciale (e limitativa) dell art. 36 bis, Dl n. 223/2006. A ciò, tuttavia, potrebbe obiettarsi che il potere «esteso» alle Aassll è un potere che nasce già limitato ad un ambito diverso da quello dei cantieri edili. (4) V. Il Sole 24 Ore,Edilizia, correzioni dal lavoro, p. 24. (5) Continua il comunicato: «d altra parte sarebbe assurdo conferire al personale ispettivo del Ministero del lavoro poteri di sospensione in materia di sicurezza sul lavoro per attività imprenditoriali che esulano dalla loro competenza escludendo invece la possibilità di intervenire con provvedimenti sospensivi nell ambito dell edilizia che per quanto riguarda la sicurezza rientra nei propri specifici poteri». (6) Si tratta in particolare di imprese che svolgono: 1) lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche, le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro; 2) scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per i lavori edili o di ingegneria civile.

3 Il nuovo testo dell art. 36-bis del Dl n. 223/2006 Art. 36-bis, commi 1 e 2, Dl n. 223/2006 (conv. da legge n. 248/2006), come modificato dall art. 5 della legge n. 123/2007 Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro 1. Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore dell edilizia, nonché al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare ed in attesa dell adozione di un Testo unico in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l esecuzione dei lavori di cui all articolo 5, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e successive modificazioni, nonché le competenze in tema di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) e dell Istituto nazionale per l assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), può adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell ambito dei cantieri edili qualora riscontri l impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. I competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale informano tempestivamente i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture dell adozione del provvedimento di sospensione al fine dell emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni. A tal fine, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero delle infrastrutture e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale predispongono le attività necessarie per l integrazione dei rispettivi archivi informativi e per il coordinamento delle attività di vigilanza ed ispettive in materia di prevenzione e sicurezza dei lavoratori nel settore dell edilizia. 2. È condizione per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 1: a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria; b) l accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. È comunque fatta salva l applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti; b-bis) il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva rispetto a quelle di cui alla lettera b), ultimo periodo, pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate. Presupposti applicativi I presupposti di adozione del provvedimento sono in parte comuni ai due provvedimenti di sospensione. In particolare è anzitutto possibile sospendere l attività imprenditoriale: qualora sia accertato l impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori regolarmente occupati; in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del Dlgs n. 66/2003. Sul primo presupposto il Ministero richiama quanto già precisato con la precedente circolare n. 29/2006 e cioè: il personale «non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria» va individuato nel personale totalmente sconosciuto alla P.A. in quanto non iscritto nella documentazione obbligatoria né oggetto di alcuna comunicazione prescritta dalla normativa lavoristica e previdenziale. Ne consegue che da tale formulazione restano esclusi, ad esempio, eventuali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto che, seppur ritenuti fittizi, risultano comunque iscritti sul libro matricola, così come previsto dal Dlgs n. 38/2000. Viceversa, eventuali forme di collaborazione occasionale ritenute non genuine, in assenza di qualunque formalizzazione su libri o documenti obbligatori, potranno contribuire alla determinazione della percentuale di personale «in nero»; XVII

4 Guida al Lavoro Provvedimento di sospensione ex art. 36-bis, Dl n. 223/2006 Ambito applicativo Ambito dei cantieri edili (imprese che svolgono le attività descritte dall allegato I del Dlgs n. 494/1996) Titolare del potere di sospensione Solo personale ispettivo Ministero del lavoro Presupposti per l adozione del provvedimento Per utilizzo lavoratori «in nero» e violazione della normativa sui tempi di lavoro Provvedimento di sospensione ex art. 5, legge n. 123/2007 Ogni altro ambito Personale ispettivo Ministero del lavoro e Aassll Per utilizzo lavoratori «in nero», violazione della normativa sui tempi di lavoro e per gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza e salute del lavoro la percentuale del personale «in nero» va rapportata alla totalità dei lavoratori regolari della singola unità produttiva o della singola impresa operante nel cantiere al momento dell accesso ispettivo (e non già complessivamente in forza all azienda) (7). A questo va aggiunto precisazione non contenuta nella precedente circ. n. 29/2006 che nel computo della percentuale di lavoratori «in nero» va ricompreso anche il personale extracomunitario clandestino, rispetto al quale il Ministero ha peraltro recentemente chiarito che trova applicazione anche la cd. maxisanzione di cui all art. 36 bis della legge n. 223/2006 (8). Quanto al presupposto relativo alle reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del Dlgs n. 66/2003 il Ministero del lavoro e della previdenza sociale aveva già chiarito che il termine «reiterate» va interpretato come «ripetizione di una o più delle diverse condotte illecite contemplate nella norma in esame, riferita ad almeno un lavoratore, in un determinato arco temporale (l art. 8 bis della legge n. 689/1981, ad esempio, prende in considerazione gli ultimi 5 anni), tale da non poter considerare la condotta stessa meramente occasionale». Un ulteriore presupposto per l adozione del provvedimento di sospensione che, come detto, sembrerebbe però operare solo al di fuori dell ambito dei cantieri edili attiene alle «gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro». Il Ministero al riguardo ha precisato che: per «gravi» devono intendersi le violazioni riscontrate a carico dei soli datori di lavoro e dei dirigenti punite con le pene più gravi (sia di carattere detentivo che pecuniario); la reiterazione va intesa come «recidiva aggravata» e cioè relativa ad una violazione della stessa indole (violazione grave in materia di sicurezza e salute del lavoro) e commessa nei cinque anni precedenti all ultima condotta oggetto di prescrizione obbligatoria ovvero di giudicato penale. Ovviamente la verifica del requisito della reiterazione richiederà un frequente scambio di informazioni tra Direzioni provinciali del lavoro e Aassll, probabilmente da realizzare attraverso strumenti informatici, così come peraltro richiede l art. 5 del XVIII (7) A titolo esemplificativo la circ. n. 29/2006 riporta quanto segue: «si consideri l ipotesi di un impresa con 30 dipendenti in forza che occupa in un cantiere, al momento dell accesso ispettivo, 10 lavoratori, di cui 3 non iscritti sul libro matricola. Detta impresa potrà essere destinataria del provvedimento di sospensione in quanto i 3 lavoratori irregolari rapportati ai 7 lavoratori regolarmente occupati (i 3 lavoratori irregolari vanno dunque esclusi dalla base di calcolo) rappresentano oltre il 40% della totalità della manodopera». (8) Con nota del 4 luglio scorso il Ministero del lavoro, affrontando anche la problematica circa la compatibilità della maxisanzione con la sanzione penale prevista dall art. 22, comma 12, del Dlgs n. 286/1998, ha infatti precisato che «il Legislatore ( ) precisa che la sanzione amministrativa trova applicazione ferma restando l applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore. Ciò evidentemente implica che la condotta sanzionabile, nella sua materiale realizzazione, realizzi una pluralità di offese a diversi beni giuridici i quali, a loro volta, non godono tutti del medesimo tipo di tutela, ma possono essere differentemente garantiti in base alle valutazioni di opportunità fatte dal Legislatore. La tutela dei diversi interessi giuridici coinvolti in una determinata fattispecie, in altri termini, non sempre è assicurata dalla prevalenza della sanzione penale rispetto a quelle di altra natura. Alla luce di quanto sopra, si ritiene perciò compatibile l applicazione della maxisanzione in concorrenza alla sanzione penale di cui al Dlgs n. 286/1998, atteso che le due disposizioni sono solo parzialmente coincidenti in quanto volte a tutelare diversi beni giuridici. Da un lato, infatti, la previsione penale ha la specifica finalità di disciplinare i flussi migratori di lavoratori extracomunitari ed è volta a contrastare la permanenza di soggetti clandestini sul territorio nazionale mentre, dall altro, la sanzione amministrativa è volta a contrastare il fenomeno del lavoro sommerso tout court, indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati e dalla qualificazione del rapporto di lavoro ( )».

5 Dlgs n. 124/2004 in riferimento alla attività di vigilanza del Ministero del lavoro e degli Enti previdenziali (9). In sede di prima applicazione la lettera circolare stabilisce pertanto che l eventuale sussistenza della reiterazione possa essere verificata o richiedendo al datore di lavoro copia dei verbali redatti da personale ispettivo delle Aassll nell ultimo quinquennio ovvero acquisendo una dichiarazione sostitutiva ai sensi dell art. 46 del Dpr n. 445/2000 relativa alla assenza di provvedimenti prescrittivi o di sentenze penali passate in giudicato aventi ad oggetto le ipotesi di reato in materia. Discrezionalità del provvedimento Sia la formulazione normativa del «vecchio» provvedimento di sospensione che quella contenuta nell art. 5 della legge n. 123/2007 disciplinano il potere interdittivo come un potere di carattere discrezionale («il personale ispettivo può adottare il provvedimenti di sospensione»). Al fine di limitare tale discrezionalità il Ministero è dunque intervenuto chiarendo anzitutto che il provvedimento debba «di norma» essere adottato ogni qual volta ne siano accertati i presupposti, «salvo valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell opportunità, di non adottare il provvedimento in questione». Le circostanze che possono indurre il personale ispettivo a non adottare il provvedimento sono anzitutto legate ad esigenze di sicurezza e salute del lavoro; in altre parole come già chiarito dalla circ. n. 29/2006 laddove la sospensione dell attività possa determinare a sua volta una situazione di maggior pericolo per l incolumità dei lavoratori o di terzi sarà opportuno non emettere alcun provvedimento. Ecco allora che la lettera circolare del 22 agosto afferma come«un utile criterio volto ad orientare la valutazione dell organo di vigilanza va legato alla natura del rischio dell attività svolta dai lavoratori irregolari, tenendo conto che il provvedimento può non essere adottato nei casi in cui l immediata interruzione dell attività comporti a sua volta una imminente situazione di pericolo sia per i lavoratori che per i terzi». Ma non è tutto. Va infatti tenuto conto che, anche al di fuori dell ambito dei cantieri edili, la sospensione dell attività imprenditoriale può dar luogo a conseguenze che possono incidere sulla stessa sopravvivenza dell impresa: si pensi alle attività a ciclo continuo o al settore dell agricoltura nel periodo del raccolto. Ebbene, in tutti questi casi il provvedimento di sospensione, secondo un bilanciamento degli interessi che dovrebbe guidare l emanazione di ogni provvedimento amministrativo, potrebbe non essere adottato. È così che, secondo il Ministero, «appare opportuno altresì non adottare il provvedimento di sospensione nel caso in cui l interruzione dell attività di impresa comporti un irrimediabile degrado degli impianti o delle attrezzature»; l osservazione è certamente condivisibile, anche se può non ricomprendere tutte le ipotesi in cui si rende opportuno astenersi dal sospendere l attività imprenditoriale. Basti pensare all esempio ora citato concernente il settore dell agricoltura, in cui l eventuale sospensione delle attività di raccolta di frutta o verdura, pur non determinando un irrimediabile degrado «degli impianti o delle attrezzature», può dar luogo ad ingenti danni per le aziende. A ciò, ad onor del vero, va tuttavia risposto che, come si dirà meglio in seguito, i destinatari del provvedimento sono comunque messi subito nelle condizioni di ottenere un provvedimento di revoca della sospensione e quindi di limitare al massimo eventuali danni alla produzione. Ottemperanza al provvedimento Una volta adottato, il provvedimento di sospensione è trasmesso al presidio territoriale dell Arma dei Carabinieri, alla Questura ed al Comune ove è situata l unità produttiva oggetto di interdizione, affinché tali soggetti siano messi nelle condizioni di poter eventualmente verificarne il rispetto. Qualora non si ottemperi al provvedimento è possibile incorrere nell ipotesi di reato di cui all art. 650 c.p. che punisce «chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d ordine pubblico o d igiene» con l arresto sino a tre mesi o l ammenda sino ad E 206. In tal caso spiega il Ministero «si è in presenza di un provvedimento emanato per ragioni di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori che, quale bene costituzionalmente tutelato, rientra nell ambito della nozione di sicurezza pubblica (in tal senso Cass., sez. III, 17 novembre (9) Il comma 1 della disposizione, che non ha tuttavia ancora trovato attuazione, prevede infatti che «al fine di razionalizzare gli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza sul territorio, è istituita ( ) una banca dati telematica che raccoglie le informazioni concernenti i datori di lavoro ispezionati, nonché informazioni e approfondimenti sulle dinamiche del mercato del lavoro e su tutte le materie oggetto di aggiornamento e di formazione permanente del personale ispettivo. Alla banca dati ( ) hanno accesso esclusivamente le amministrazioni che effettuano vigilanza ai sensi del presente decreto». XIX

6 Guida al Lavoro 1960eCass.,sez.III,14febbraio1995,n.3375)». Certamente va notato che, seppur presidiata penalmente, la fattispecie di reato potrebbe tuttavia non scoraggiare eventuali imprenditori dal continuare la propria attività, in particolare in quelle ipotesi in cui, come detto in precedenza, il provvedimento di sospensione possa dar luogo a forti perdite economiche. Revoca del provvedimento La lettera circolare si dilunga, giustamente, nel fornire ogni possibile chiarimento sulle modalità di revoca del provvedimento di sospensione, modificando sensibilmente il proprio orientamento rispetto a quanto già chiarito con la circ. n. 29/ 2006 sulla scorta del nuovo assetto normativo. Anzitutto va osservato che le due discipline, quella contenuta nell art. 36 bis del Dl n. 223/2006 e quella di cui all art. 5 della legge n. 123/2007, sono pressoché identiche, tenuto anche conto che lo stesso art. 36 bis è stato appositamente modificato. Le istruzioni fornite dal Ministero sulla revoca del provvedimento sono allora da intendersi riferite all una e all altra disciplina. Anzitutto, sulla regolarizzazione dei lavoratori «in nero» il Dicastero del lavoro ribadisce quanto già detto in passato e cioè: è necessaria la registrazione dei lavoratori sui libri obbligatori; è necessario versare, ove sia scaduto il periodo di paga, i relativi contributi previdenziali ed assicurativi; è necessaria l ottemperanza agli eventuali obblighi di natura prevenzionistica di cui al Dlgs n. 626/1994, con specifico riferimento almeno alla sorveglianza sanitaria ed alla formazione ed informazione sui pericoli legati all attività svolta nonché alla fornitura degli eventuali dispositivi di protezione individuale. Peraltro, per quanto concerne gli obblighi di natura prevenzionistica, il Ministero coglie l occasione per ricordare al personale ispettivo che ogniqualvolta venga accertata la presenza di manodopera «in nero» e sussistano detti obblighi in relazione all attività svolta, si configurano nella quasi totalità dei casi violazioni punite penalmente, in relazione alle quali occorre impartire al datore di lavoro una prescrizione obbligatoria e verificarne successivamente l ottemperanza. Sul punto la lettera circolare osserva ancora che, ai fini della revoca del provvedimento di sospensione, il datore di lavoro potrà procedere immediatamente alla regolarizzazione delle violazioni oggetto di prescrizione obbligatoria senza che sia altresì necessario il pagamento della somma indicata dall art. 21 del Dlgs n. 758/1994 (somma pari al quarto del massimo dell ammenda stabilita per la contravvenzione commessa). Per quanto concerne il «ripristino delle regolari condizioni di lavoro» nelle ipotesi di violazioni in materia di tempi di lavoro e di riposi il Ministero del lavoro, come anticipato, modifica il proprio orientamento rispetto a quanto detto con circolare n. 29/2006, dove sosteneva che la regolarizzazione non poteva che avvenire con il solo pagamento delle relative sanzioni amministrative. In tal caso, infatti, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale precisa che la regolarizzazione presuppone «la fruizione di eventuali riposi compensativio,almeno,neicasiincuinonsiaimmediatamente possibile tale fruizione, la programmazione degli stessi entro un arco temporale congruo». In altri termini il datore di lavoro che abbia violato la disciplina in materia di tempi di lavoro, ai fini della revoca del provvedimento di sospensione, potrà limitarsi a concedere ai lavoratori interessati i relativi riposi compensativi o, addirittura, è sufficiente che dimostri di aver pianificato detti riposi, trasmettendo la relativa programmazione alla Direzione provinciale del lavoro unitamente all istanza di revoca. La scelta interpretativa, sebbene del tutto condivisibile in quanto mira ad un sostanziale ripristino dell integrità psicofisica dei lavoratori più che ad un formale ripristino dell ordine giuridico violato attraverso il pagamento delle relative sanzioni amministrative, dà luogo ad alcune perplessità solo per il fatto che le violazioni in materia di tempi di lavoro e riposi sono state da sempre considerate «non sanabili» (10) con riferimento alla possibile applicazione della procedura di diffida di cui all articolo 13 del decreto legislativo n. 124/2004. C è poi da chiedersi cosa avvenga nell ipotesi in cui la programmazione dei riposi compensativi non sia in seguito rispettata; in tal caso si potrebbe pensare alla adozione di un nuovo provvedimento di sospensione sulla base degli stessi presupposti che hanno giustificato l emissione del primo, considerato comunque che la revoca è intervenuta a suo tempo legittimamente. Sia in caso di ricorso a lavoratori «in nero» che di violazione della disciplina in materia di tempi di lavoro e riposi, per la ripresa dell attività impren XX (10) Cfr. le circolari del Ministero del lavoro n. 8/2005 e n. 9/2006.

7 ditoriale, è altresì necessario «il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva ( ) pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate». Sul punto occorre far chiarezza. Va anzitutto osservato che la norma fa riferimento ad una «sanzione amministrativa» quantificata sulla base delle altre (eventuali) sanzioni amministrative irrogate. Al riguardo verrebbe da chiedersi se, in concreto, non si tratti invece di un semplice onere pecuniario da versare ai fini della revoca del provvedimento giacché, in caso contrario, potrebbe trovare applicazione la disciplina della legge n. 689/1981. Ciò vorrebbe dire applicare anche l art. 16 di tale legge, concernente la quantificazione delle sanzioni in misura ridotta, cosicché il datore di lavoro che volesse corrispondere l importo nei successivi 60 giorni dalla sospensione dell attività dovrebbe essere ammesso a pagare solamente 1/3 della somma (in concreto 1/3 di 1/5 delle sanzioni amministrative irrogate). Sebbene tale ricostruzione lasci un po interdetti, se non altro per l esiguità degli importi che verrebbero a determinarsi, non può non notarsi come il Legislatore, qualora non avesse voluto applicare il regime sanzionatorio amministrativo, avrebbe più semplicemente fatto riferimento al pagamento di una «somma» quantificata sulla base delle sanzioni amministrative irrogate e non al pagamento di una «sanzione». Sul punto il Ministero non si esprime, sebbene sembra possibile ritenere che, pur non contestando la natura di sanzione amministrativa degli importi in questione, agli stessi non vada applicato il regime agevolativo dell art. 16 citato, considerato che la normativa ha già inteso determinare in modo esplicito il quantum di ciò che occorre versare per la ripresa dell attività imprenditoriale (11). Qualora poi per una medesima violazione siano irrogate più sanzioni amministrative (si pensi ad una società di persone tutte responsabili degli adempimenti in materia di lavoro e legislazione sociale), la sanzione aggiuntiva dovrebbe calcolarsi sull ammontare complessivo degli importi sanzionatori. Va comunque sottolineato che la scelta interpretativa del Ministero, circoscrivendo alle sole sanzioni «immediatamente accertate» la base di calcolo della sanzione aggiuntiva, consentirà il personale ispettivo di mettere in condizione immediatamente i datori di lavoro di richiedere la revoca del provvedimento di sospensione, circostanza peraltro confermata dal fatto che già nel modello di provvedimento allegato alla lettera circolare è data indicazione dell importo della sanzione aggiuntiva. La lettera circolare chiarisce infatti che «il personale ispettivo dovrà quantificare l importo totale delle sanzioni in misura ridotta (art. 16, legge n. 689/1981) accertate e quindi indicare nel provvedimento di sospensione la somma di un quinto di tale importo da versare al Fondo per l occupazione così come stabilito dal comma 4 della disposizione in esame (codice tributo 698T)». Il pagamento delle restanti sanzioni amministrative non sarà dunque più necessario così come lo era sulla base della previgente disciplina e della relativa interpretazione fornita dal Ministero del lavoro con circ. n. 29/2006 ai fini della revoca del provvedimento. Tali sanzioni seguiranno il loro iter procedimentale dettato dalla legge n. 689/1981. Impugnazione del provvedimento di sospensione Un ultima osservazione il Ministero del lavoro la dedica alla possibilità di impugnare il provvedimento in sede amministrativa. Al riguardo, come già chiarito dalla citata circ. n. 29/2006, la lettera circolare ricorda come «sembra potersi ammettere un ricorso di natura gerarchica alle Direzioni regionali del lavoro territorialmente competenti, secondo quanto stabilito in via generale dal Dpr n del 1971», ferma restando la possibilità della Direzione provinciale del lavoro di revocare il provvedimento di sospensione in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241/1990. (11) Il personale ispettivo dovrà dunque quantificare la sanzione aggiuntiva tenendo conto di qualsiasi violazione accertata (non soltanto, come sottolinea il Ministero, di quelle riferite all occupazione di lavoratori «in nero» o alle violazioni in materia di tempi di lavoro) il che, va comunque osservato, desta qualche perplessità, se non altro per le possibili incongruenze che potrebbero derivarne, legate in particolare alla diversa competenza del personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle Aassll. Su tale aspetto, infatti, va rilevato che una medesima violazione di natura prevenzionistica che determini un provvedimento di sospensione, potrebbe essere subordinata o meno al pagamento della sanzione aggiuntiva in relazione al soggetto (ispettori del Ministero o delle Aassll) che ha proceduto agli accertamenti ed ha disposto la sospensione della attività imprenditoriale. Infatti il personale ispettivo del Ministero oltre a richiedere, ai fini della revoca del provvedimento, la regolarizzazione delle violazioni in materia di sicurezza e salute accertate, potrebbe richiedere all impresa il pagamento della sanzione aggiuntiva calcolata sulla base di altre e fors anche numerose sanzioni amministrative che, a differenza del personale delle Aassll, ha la possibilità di irrogare (si pensi, solo per fare un esempio, alla cd. maxisanzione per il «lavoro nero». XXI

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