SENTENZA N FATTO

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1 T.A.R. Puglia Bari, Sezione III, 21 maggio 2008 (Sulle previsioni di cui all art. 9 DM 1444/68 riguardanti la distanza minima di metri dieci da osservarsi tra edifici e sulla derogabilità o meno da parte dei Comuni) SENTENZA N Per ormai consolidata Giurisprudenza della Corte di Cassazione, della quarta sezione del Consiglio di Stato e di buona parte dei Giudici Amministrativi di primo grado, le previsioni di cui all art. 9 DM 1444/68, riguardanti la distanza minima da osservarsi tra edifici, essendo funzionali a garantire non tanto la riservatezza quanto piuttosto l igiene e la salubrità dei luoghi e la formazione di intercapedini dannose ( tra le più recenti: Cass. Civ. II, 03/03/2008 n. 5741; TAR Liguria Genova 19/12/2006 n. 1711; CdS V 26/10/2006 n. 6399), debbono considerarsi assolutamente inderogabili da parte dei Comuni, che si debbono attenere ad esse in sede di formazione e revisione degli strumenti urbanistici; inoltre, traendo le norme del DM 1444/68 la propria efficacia dall art. 41 quienquies comma 8 L. 1150/42 in tale parte non abrogato dal DPR 380/01 le relative previsioni debbono considerarsi avere una efficacia immediatamente precettiva e tale da potersi sostituire alle eventuali norme di piano regolatore ad esse non conformi. Si vedano, al proposito: Cass. Civ /2007 e 20574/2007; CdS IV 2094/2007; CdS IV 1206/2007; TAR Liguria I, 1711/2006; TAR Abruzzo Pescara 11/06; TAR Liguria Genova 1027/2005, ed altre ancora. In particolare, la sentenza n. 3094/2007 della IV sezione del Consiglio di Stato così testualmente statuisce: Tanto chiarito e venendo all esame della normativa urbanistica comunale, si premette che per consolidata giurisprudenza le norme di cui al D.M. in questione, emanate in forza dell art. 17 L. 765/67, traggono da questa la forza di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze nelle costruzioni, sicché l inderogabile distanza di metri dieci tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i comuni in sede di formazione e revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l anzidetto limite è illegittima e va annullata ove oggetto di impugnazione o, secondo l indirizzo prevalente, comunque disapplicata, stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata. FATTO Con ricorso notificato il 17/10/2006 i ricorrenti, premesso di essere proprietari e/o utilizzatori di alcune unità immobiliari in palazzina sita in Comune di Sannicandro di Bari, con accesso alla via Caiati, civici nn. 1 e 3, deducevano che il Comune di Sannicandro di Bari aveva rilasciato l impugnato permesso di costruire con il quale veniva autorizzata la demolizione di un fabbricato esistente, adibito a deposito, e la ricostruzione di immobile plurifamiliare per civili abitazioni aventi pareti finestrate a distanza di soli tre metri dalla palazzina abitata dai ricorrenti. Il permesso di costruire veniva quindi gravato con articolati motivi, per resistere ai quali si sono costituiti in giudizio sia il Comune di Sannicandro di Bari sia il contro interessato Valerio Vincenzo Jim Peter, titolare del permesso impugnato, i quali hanno chiesto la reiezione del ricorso. Alla udienza in camera di consiglio del 16/11/2006 veniva disposta verificazione, accogliendo la richiesta di tutela cautelare solo per il tempo necessario ad effettuare l accertamento. Depositata la verificazione, i ricorrenti presentavano motivi aggiunti a fondamento della impugnativa spiegata avverso il permesso di costruire gravato. Il ricorso veniva poi chiamato alle udienze pubbliche del 14/03/2007, del 30/05/2007 e quindi del 28/03/2008, quando veniva trattenuto per la decisione. DIRITTO

2 Giova preliminarmente precisare, in punto di fatto, che il fabbricato nel quale abitano i ricorrenti e quello autorizzato con il permesso di costruire impugnato sono separati tra loro da una distanza di tre metri data da uno spazio che secondo il Comune ed il controinteressato costituisce via pubblica, denominata Traversa di Via Balenzano, mentre secondo i ricorrenti costituisce uno spazio privato interno. La verificazione disposta in corso di causa ha appurato, con argomentazioni che il Collegio ritiene condivisibili, che l area di che trattasi è adibita a viabilità pubblica, seppure pedonale e non veicolare. Tanto premesso, la qualificazione di detto spazio interno risulterebbe rilevante, ad avviso dei resistenti, in quanto a norma dell art. 32 bis della NTA, nelle zone B - quale è la zona interessata dall intervento edilizio autorizzato con l atto impugnato il distacco da osservarsi dalle strade è quello previsto dal DM 1444/68, salvo l allineamento prevalente: orbene, poiché nella fattispecie esiste un allineamento preesistente sul filo di questa strada, ne conseguirebbe che il permesso di costruire impugnato - con il quale il Comune ha consentito la realizzazione della nuova palazzina mantenendo l allineamento preesistente - sarebbe perfettamente legittima, in quanto conforme al citato art. 32 bis delle N.T.A., e sul presupposto che lo spazio che separa i due fabbricati deve appunto considerarsi una area soggetta a viabilità. Il rilievo non è dirimente. I ricorrenti hanno dedotto al terzo motivo di censura enunciato nel ricorso principale - la illegittimità dell atto gravato per contrarietà a quanto previsto dal combinato disposto dell art. 41 quinquies L. 1150/42 e 9 del DM 1444/68 n. 2, il quale impone, nelle zone B, che i nuovi edifici rispettino la distanza minima assoluta di dieci metri tra edifici antistanti: il permesso impugnato, quindi, sarebbe per questo solo fatto e cioè a prescindere dalla qualificazione dello spazio interposto tra i due edifici - illegittimo, stante l evidente violazione della anzidette disposizioni. Il motivo è fondato. Al proposito si deve ricordare che, per ormai consolidata Giurisprudenza della Corte di Cassazione, della quarta sezione del Consiglio di Stato e di buona parte dei Giudici Amministrativi di primo grado, le previsioni di cui all art. 9 DM 1444/68, riguardanti la distanza minima da osservarsi tra edifici, essendo funzionali a garantire non tanto la riservatezza quanto piuttosto l igiene e la salubrità dei luoghi e la formazione di intercapedini dannose ( tra le più recenti: Cass. Civ. II, 03/03/2008 n. 5741; TAR Liguria Genova 19/12/2006 n. 1711; CdS V 26/10/2006 n. 6399), debbono considerarsi assolutamente inderogabili da parte dei Comuni, che si debbono attenere ad esse in sede di formazione e revisione degli strumenti urbanistici; inoltre, traendo le norme del DM 1444/68 la propria efficacia dall art. 41 quienquies comma 8 L. 1150/42 in tale parte non abrogato dal DPR 380/01 le relative previsioni debbono considerarsi avere una efficacia immediatamente precettiva e tale da potersi sostituire alle eventuali norme di piano regolatore ad esse non conformi. Si vedano, al proposito: Cass. Civ /2007 e 20574/2007; CdS IV 2094/2007; CdS IV 1206/2007; TAR Liguria I, 1711/2006; TAR Abruzzo Pescara 11/06; TAR Liguria Genova 1027/2005, ed altre ancora. In particolare, la sentenza n. 3094/2007 della IV sezione del Consiglio di Stato così testualmente statuisce: Tanto chiarito e venendo all esame della normativa urbanistica comunale, si premette che per consolidata giurisprudenza le norme di cui al D.M. in questione, emanate in forza dell art. 17 L. 765/67, traggono da questa la forza di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze nelle costruzioni, sicché l inderogabile distanza di metri dieci tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i comuni in sede di formazione e revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l anzidetto limite è illegittima e va annullata ove oggetto di impugnazione o, secondo l indirizzo prevalente, comunque disapplicata, stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata.. L orientamento di cui sopra si è dato conto appare assolutamente prevalente rispetto a quello fatto proprio dalla sentenza di Cons. St. sez. V n. 1795/2005 citato dalla difesa del controinteressato - la cui portata sembra essere superata da un pronunciamento della stessa sezione più recente: si tratta della sentenza n del 26/10/2006, ove si legge testualmente: Secondo pacifico orientamento

3 giurisprudenziale, infatti, il suddetto decreto ministeriale trae dal menzionato art. 41 quinquies della legge urbanistica (come modificato dall art. 17 L. 765/67, c.d. legge ponte) la forza di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze nelle costruzioni, sicché la distanza di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, predeterminata dal carattere cogente in via generale ed astratta in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e sicurezza, vincola anche i Comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l anzidetto limite minimo è illegittima (cfr. Cass. SS.UU. 1645/94), essendo consentita alla Pubblica Amministrazione solo la fissazione di distanze superiori (cfr. Cons. St. sez. IV 6909/2005, id. 3929/2002; 511/92, Cass. Civ. 8944/94, id. 1645/94, ed. 1132/98).. E ben vero che la sentenza in esame non afferma espressamente la possibilità che la norma illegittima venga sostituita automaticamente con le previsioni del DM 1444/68, ma il rilievo non è dirimente, in quanto nel caso di specie la norma regolamentare illegittima era stata impugnata espressamente, e quindi non si poneva il problema di disapplicarla. Resta il fatto che nel caso in esame la sezione V ha affermato espressamente che le norme del DM 1444 traggono, dall art. 41 quinquies L. 1150/42 la forza di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze nelle costruzioni, poggiando la statuizione su precedenti della Corte di Cassazione e della Sezione IV favorevoli alla tesi della automatica sostituzione delle norme regolamentari illegittime con quelle del DM 1444/88. Per i sovra esposti motivi il Collegio ritiene di non doversi discostare dall orientamento sopra esaminato, in base al quale le norme regolamentari che contrastano con le previsioni dell art. 9 DM 1444/68, sono da queste ultime sostituite automaticamente e pertanto possono essere disapplicate anche in mancanza di specifica impugnativa. A questo punto si può affermare che l art. 32 bis delle NTA vigenti in Comune di Sannicandro di Bari deve considerarsi illegittimo, e può essere pertanto disapplicato, nella misura in cui consente di realizzare nuovi edifici a filo strada, ove esista un preesistente allineamento in tal senso, ed anche se tale allineamento comporti la violazione delle distanze minime inderogabili che debbono sussistere tra fabbricati. Non si può infatti credere che le disposizioni del DM 1444/68 possano essere aggirate dalla normativa regolamentare che disciplina il distacco dalle strade: in tal senso depone lo stesso art. 9 del DM 1444/68, il quale, pur prendendo espressamente in considerazione l ipotesi in cui esista una strada tra gli edifici, deroga alla regola generale di cui al comma 1 solo per prevedere una distanza maggiore quando la eventuale strada sia soggetta a traffico veicolare, implicitamente vietando ogni altro tipo di deroga, segnatamente quelle che comportino minori distanze tra gli edifici (fatto salvo solo il caso in cui gli edifici si trovino in zona A): la norma tace in ordine alla distanza da mantenere tra edifici tra i quali sia interposta una strada a traffico non veicolare, ma si deve ritenere che tale silenzio importi, semplicemente, l obbligo di osservare la distanza minima di dieci metri tra i fabbricati, e non quella maggiore che risulta aggiungendo ad essa la larghezza del sedime stradale. D altro canto, si deve pensare che gli artt. 873 e segg. c.c. risalgono al 1942, e sono stati concepiti in un momento in cui la normativa che imponeva la distanza minima inderogabile tra fabbricati di cui alla L. 765/67 e DM 1444/68 ancora non esisteva: di guisa che si deve ritenere che l art. 879 comma 2 c.c., là ove esonera dalla osservanza delle norme sulle distanze i fabbricati prospicienti piazze e vie pubbliche, non possa applicarsi anche alle norme di cui al DM 1444/68, che, come detto, sono sopravvenute ed hanno carattere cogente. Pertanto assolutamente non pertinente appare il richiamo agli artt. 873 e 879 c.c., ed alla relativa Giurisprudenza sul punto, e non è certo su tali norme che i resistenti possono fondare la pretesa di realizzare una nuova costruzione in zona non A rispettando la preesistente distanza tra i fabbricati. Va precisato, ancora, che la palazzina che si intende realizzare a mezzo del permesso di costruire impugnato, adibita a civili abitazioni, essendo completamente diversa, per tipologìa e destinazione d uso, dal fabbricato preesistente, oggetto di demolizione totale (capannone adibito a deposito), deve considerarsi nuova costruzione ad ogni effetto, e quindi anche ai fini della applicabilità dell art. 9 n. 2 DM 1444/68. Sul punto si veda ancora la ricordata pronuncia di Cons. St. sezione V n. 6399/2006.

4 Va infine osservato che nel caso di specie non ricorre l ipotesi prevista dall art. 9 ultimo comma DM 1444/68, la quale consente di derogare alle distanze minime contemplate dalla norma nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano volumetriche. La difesa del contro interessato sostiene che l intervento in contestazione va a completare una maglia già totalmente edificata, ed invoca la circolare dell Assessorato all Urbanistica e Lavori Pubblici della Regione Puglia 04/05/1972, secondo la quale la norma di cui al punto n. 2 dell art. 9 DM 1444/68 va applicata solo compatibilmente con lo stato di fatto costituito dalla viabilità esistente che si ripete rappresenta un piano particolareggiato, cioè una strumentazione urbanistica più precisa e definita dal semplice P.d.F. o P.R.G.. Orbene, in disparte il fatto che non spetta alle circolari degli assessorati regionali l interpretazione autentica di norme di rango primario, si osserva che nel caso di specie l intervento si va ad inserire in un isolato già edificato senza, peraltro, incidere sulla viabilità veicolare che già esiste e che delimita l isolato, individuato da via Volta, via Balenzano, via Caiati e via Paolo VI/Piazza Andriola. La stradina che separa l edificio abitato dai ricorrenti e quello oggetto del permesso impugnare denominato Traversa di via Balenzano e larga appena tre metri - in pratica unisce via Balenzano con la Piazza Andrioli, dividendo in due l isolato: ma si tratta, come ha evidenziato la verificazione espletata in corso di causa, di una strada utilizzata solo quale via pedonale, probabilmente di natura privata. Non si vede, pertanto, come l eventuale arretramento della nuova palazzina dal filo di questa strada possa compromettere la configurazione della maglia. Va dipoi considerato che l ultimo comma dell art. 9 DM 1444/68 contempla quale ipotesi di deroga alle distanze minime tra fabbricati, la realizzazione contestuale di gruppi di edifici e cioè di una pluralità di nuovi edifici inseriti in piani particolareggiati o in lottizzazioni convenzionate, ipotesi dalla quale esula il caso in esame, in cui si ha realizzazione di un unico nuovo edificio che si va ad inserire nel contesto di un isolato già edificato. E ovvio che in una situazione simile la applicazione delle distanze previste dall art. 9 del DM 1444/68 va ad incidere profondamente sulle modalità di nuova edificazione; ma ad avviso del Collegio ciò non costituisce una ragione sufficiente per derogare a norme imposte a garanzia della salubrità dei luoghi, certamente penalizzata ove palazzi a più piani e con pareti finestrate si fronteggiano a distanza di appena tre metri e per una distanza di oltre trenta metri (tale è la lunghezza della Traversa di via Balenzano, oggetto di causa). Occorre d altra parte tener conto del fatto che l obbligo del rispetto delle maggiori distanze previste dal DM 1444/68 scatta solo per la realizzazione di nuovi edifici, e quindi non viene meno la possibilità di mantenere l allineamento preesistente, a filo strada, ove l intervento si mantenga nell ambito della ristrutturazione o del risanamento conservativo. Conclusivamente il Collegio ritiene meritevole di accoglimento il terzo motivo del ricorso principale, che ha natura assorbente rispetto ad ogni altro. Deve invece essere rigettata la domanda di risarcimento del danno formulata dai ricorrenti, non essendo stata dedotta né dimostrata l esistenza di un danno qualsiasi, a carico dei ricorrenti, conseguente al rilascio dell illegittimo permesso di costruire rilasciato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, previa compensazione in ragione di un terzo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo per la Puglia-Bari, sezione III, definitivamente pronunciando: accoglie in parte il ricorso indicato in epigrafe, e per l effetto annulla il permesso di costruire n. 39/06 rilasciato dal Comune di Sannicandro di Bari al sig. Valerio Vincenzo Jim Peter; rigetta la domanda di risarcimento danni formulata dai ricorrenti; condanna il Comune di Sannicandro di Bari ed il controinteressato Valerio Vincenzo Jim Peter, in via solidale tra loro, al pagamento delle spese processuali a favore dei ricorrenti, che si liquidano,

5 già effettuata la compensazione in ragione di un terzo, in E ,00, oltre accessori di legge e contributo unificato, ponendo altresì le spese di verificazione definitivamente a carico dei ricorrenti in ragione di un terzo ed in ragione di due terzi a carico dei resistenti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28/03/2008 con l'intervento dei Magistrati: Amedeo Urbano, Presidente Vito Mangialardi, Consigliere Roberta Ravasio, Referendario, Estensore