IL TRIBUNALE DI CATANZARO

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1 IL TRIBUNALE DI CATANZARO Prima Sezione Civile Controversie di Lavoro e Previdenza Sociale in persona del giudice del lavoro dott. Rosario Murgida ha pronunciato la seguente ORDINANZA nella causa iscritta al n del ruolo generale degli affari contenziosi dell anno 2003 promossa da Notaro Loredana contro il Ministero della Giustizia: a scioglimento della riserva assunta all udienza del 29 agosto 2003; letti gli atti ed esaminati i documenti di causa; ritenuto che siano stati compiuti atti istruttori sufficienti ai fini dell emanazione del provvedimento richiesto osserva e rileva La ricorrente, operatore giudiziario B2 in servizio presso gli uffici della corte di appello di Catanzaro, chiede di essere trasferita a Catania, ove il marito handicappato grave ha spostato recentemente il proprio domicilio, per continuare a prestargli assistenza. La norma che pone a fondamento della sua richiesta, ossia l art. 33 comma 5 l. 104 del 1992, nel testo risultante dall abrogazione dell inciso con lui convivente operata dall art. 19, l. n. 53 del 2000, così recita: il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio. Aderendo all interpretazione già propugnata da parte della giurisprudenza (cfr. Trib. Roma G. c. Ministero Finanze) e recepita anche da altri giudici di questo Tribunale (cfr. ord Pres. Mosca, Est. Santoemma, La Rinascente S.p.a. c. B.; e ord Est. Galati, C. c. Ministero dell Interno), ritiene il giudicante che la norma tuteli un diritto di scelta non solo iniziale, tipico del momento costitutivo del rapporto di lavoro, 1

2 ma riconosca il diritto del lavoratore ad essere trasferito anche nel corso del rapporto per avvicinarsi ad un congiunto handicappato cui già presta assistenza. Ed invero, posto che la ratio del diritto di scelta previsto dalla norma citata è quella di tutelare una situazione di assistenza in atto al familiare handicappato, qualsiasi ulteriore limitazione della portata di tale diritto (nel senso che esso sarebbe esercitabile solo al momento della scelta della prima sede di servizio), oltre a non trovare puntuale riscontro nella lettera della norma, contrasterebbe con l intento del legislatore di evitare cambiamenti traumatici e dannosi per il portatore di handicap ogni qual volta sorga la necessità di mantenere la continuità dell assistenza prestatagli dal familiare lavoratore, e, quindi, anche qualora tale necessità sia sorta nel corso del rapporto di lavoro. Sicché, attualmente, le uniche due condizioni espressamente previste dalla norma in parola perché il lavoratore possa rivendicare il diritto al trasferimento in una sede più vicina al luogo ove si trova il familiare handicappato sono, da un lato, che egli già lo assista con continuità ( e non intenda instaurare ex novo l assistenza continuativa o ripristinare l assistenza di fatto interrotta), e dall altro, che il trasferimento sia possibile per il datore di lavoro. Questa seconda condizione è soddisfatta se: 1) esiste un posto vacante nella sede in cui il lavoratore aspira ad essere trasferito; e 2) il suo trasferimento non leda in misura consistente le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro, in quanto ciò può tradursi soprattutto per quel che riguarda il rapporto di lavoro pubblico in un danno per la collettività. Sotto il primo profilo, è necessario che esista un posto vacante e disponibile, giacché la norma impone al datore di lavoro di trasferire il lavoratore che ne abbia diritto, ma non anche di creare un posto di lavoro da affidargli, eventualmente collocandolo in soprannumero in pianta organica. In altri termini, il limite che la norma pone al potere datoriale di dislocare i 2

3 suoi dipendenti sul territorio opera solo in presenza di una vicenda traslativa del lavoratore da un unità produttiva ad un altra, implicitamente supponendo l esistenza di due posti di lavoro, quello di provenienza e quello di destinazione. Il punto è pacifico in giurisprudenza: in tema di trasferimento di un pubblico dipendente per assistenza a familiare portatore di handicap, ai sensi dell'art. 33 comma 5 l. 5 febbraio 1992 n. 104, la prelazione in favore dell'interessato può operare solo nel caso in cui esista il posto vacante nella sede di destinazione richiesta (Consiglio Stato, sez. III, 9 giugno 1998, n. 23; Pretura Roma, 20 maggio 1999; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 22 settembre 1999, n. 390; T.A.R. Emilia Romagna Parma, 28 ottobre 2002, n. 736; Consiglio Stato, sez. VI, 31 gennaio 2003, n. 481). Sotto il secondo profilo, poi, è necessaria una valutazione caso per caso delle fattispecie concrete, anche allo scopo di verificare se sia possibile per il datore di lavoro effettuare il trasferimento del dipendente senza compromettere l efficienza del servizio reso nella sede attuale di lavoro ( nella valutazione della possibilità del trasferimento, occorre, in primo luogo, esaminare se l allontanamento del lavoratore dalla sede di provenienza arreca pregiudizio all assetto di quest ultima, così il Tribunale di Catanzaro nella citata ordinanza del ). Orbene, applicando al caso di specie i principi fin qui esposti, il giudicante ritiene che: 1) l esistenza di un posto di lavoro di operatore giudiziario B2 presso il Tribunale per i minorenni di Catania che potrebbe essere destinato alla ricorrente è stata da lei dedotta e non è stata contestata dal Ministero convenuto che pur ne aveva l onere (per le conseguenze della mancata contestazione cfr. Cass. S.U n. 761 in Foro It. 2002, 2019 ss.; Cass. 17 aprile 2002, n. 5526; Cass. 8 gennaio 2003 n. 85): può, pertanto, considerarsi provata beninteso, alla luce dell accertamento sommario proprio della fase cautelare ; 2) tuttavia, il trasferimento della ricorrente dalla corte di appello di Catanzaro, dove attualmente presta servizio, non appare possibile perché vi 3

4 ostano le esigenze di questo ufficio, come si evince: a) dalla lettera che il presidente della corte di appello di Catanzaro ha inviato alla direzione generale del personale del Ministero della Giustizia il , con la quale, in considerazione dell aumento del carico di lavoro di cancelleria e dell insufficiente personale a disposizione, ha subordinato il suo nulla osta al trasferimento della ricorrente alla contestuale sostituzione con altra unità di pari qualifica (cfr. doc. n. 3 allegato al fascicolo attoreo), e non vi è prova che siffatta contestuale sostituzione sia, allo stato, possibile; b) dalla pianta organica della corte di appello di Catanzaro (allegata sub. 4 al fascicolo del convenuto), da cui emerge la vacanza di un posto di operatore giudiziario B2, alla quale andrebbe ad aggiungersi l ulteriore vacanza derivante dal trasferimento della ricorrente, sicché se la sua domanda fosse accolta si creerebbe una situazione di pieno organico nella sede di destinazione e una scopertura di ben due posti nella sede di provenienza; c) dalla dichiarazione resa in udienza dalla stessa ricorrente, secondo cui nell ufficio ove lavora vi sono, oltre a lei, soltanto altri due dipendenti, di livello C1, sicché il suo trasferimento comporterebbe il venir meno dell unica lavoratrice della sua qualifica (B2) addetta a quell ufficio, con prevedibili disfunzioni nella gestione degli affari ad esso riservati. Né ad invalidare siffatta conclusione varrebbe opinare, come fa la ricorrente, che il carico di lavoro assegnatole è esiguo ; che presso la corte di appello di Catanzaro vi sono altri lavoratori che possono facilmente sostituirla ; che, comunque, l impossibilità di una sua immediata sostituzione non comporterebbe, oggettivamente, disservizi per l Ufficio. Tali affermazioni, oltre ad essere sfornite di prova, sono contraddette dalla predetta richiesta del presidente della corte di appello di Catanzaro alla direzione generale del personale del Ministero della Giustizia, e confliggono con la presunzione, valida fino a prova contraria, che l organigramma di ciascun ufficio pubblico sia proporzionato 4

5 all effettivo fabbisogno ed al carico di lavoro, determinati in base a quanto previsto dall art. 6 d.lgs n Insuscettibile di essere verificata in questa sede (perché richiederebbe un accertamento da condursi in tempi incompatibili con l urgenza del procedimento attivato) è anche l ulteriore affermazione della ricorrente, secondo cui, di fatto, le mansioni che svolge nell ufficio in cui attualmente lavora non le competono, essendo in parte superiori e in parte inferiori a quelle della sua qualifica ( più opportunamente dovrebbero essere svolte parte da un commesso e parte da dipendenti dall area C ). Pertanto, ritiene il giudicante che nella specie non sia soddisfatto il secondo requisito per l applicazione dell art. 33, c. 5, della legge 104 del 1992, ossia l oggettiva possibilità del trasferimento che la ricorrente rivendica. L assenza del fumus boni juris della tutela cautelare invocata induce, quindi, a rigettare il ricorso. Nulla sulle spese processuali, poiché i diritti di procuratore e gli onorari di avvocato non spettano all amministrazione vittoriosa costituitasi mediante un proprio dipendente, e non vi è prova che essa abbia sostenuto spese vive (ex multis Cass , n e Cass , n. 2301). P.Q.M. Visti gli artt. 700, 669 bis e seg. c.p.c.; - rigetta il ricorso; - nulla sulle spese. Si comunichi. Catanzaro, 3 settembre 2003 IL GIUDICE DEL LAVORO dott. Rosario Murgida 5

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