Novembre. Negoziati sul clima. La posta in gioco a Durban. Ufficio Europeo Legambiente Rue Philippe Le Bon Bruxelles

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1 Novembre 11 Negoziati sul clima La posta in gioco a Durban Ufficio Europeo Legambiente Rue Philippe Le Bon Bruxelles legambiente@skynet.be

2 La posta in gioco a Durban Alla prossima Conferenza delle Parti (COP17) di Durban si gioca una partita cruciale. Mantenere viva la possibilità di giungere al più presto a un accordo globale sul clima. Possibilità vincolata al rinnovo del Protocollo di Kyoto. Importante per sbloccare l attuale stallo dei negoziati. Rinnovare Kyoto significa, infatti, dare continuità all unico strumento legalmente vincolante oggi a disposizione nell azione globale contro i mutamenti climatici. E Durban rappresenta l ultima opportunità per garantire questa vitale continuità, giacché il primo periodo d impegno del protocollo termina il prossimo dicembre Un primo segnale incoraggiante viene dall Europa. Il Consiglio dei Ministri Ue dell Ambiente - riuniti lo scorso ottobre per definire la posizione negoziale comunitaria per Durban - ha confermato la disponibilità europea a un secondo periodo d impegno nell ambito del Protocollo di Kyoto. Rinnovo tuttavia non oltre il 2020 e inteso come transizione verso un accordo globale legalmente vincolante. Posizione non scontata visto l annuncio di Canada, Giappone e Russia di non sottoscrivere un secondo periodo d impegno e l ostruzionismo di diversi paesi dell est sostenuti sino ad ora dall Italia. A Durban dunque l Europa ha la possibilità di ritornare a svolgere un ruolo di leadership e costruire una coalizione dei volenterosi ossia un alleanza trasversale tra paesi industrializzati e in via di sviluppo - in grado di spingere Stati Uniti, Cina e India ad approvare un mandato a sottoscrivere entro il 2015 un accordo globale che abbia come architrave il Protocollo di Kyoto. A tal fine è indispensabile raggiungere un accordo chiaro su come colmare il gigatonne gap, ossia il divario tra gli attuali impegni di riduzione delle emissioni e quelli necessari per contenere il surriscaldamento globale al di sotto almeno dei 2 C. E serve anche trovare un accordo su come rendere operativo dal 2013 il Green Climate Fund (GCF) destinato a finanziare le azioni di riduzione delle emissioni e di adattamento ai mutamenti climatici nei paesi poveri. Si tratta, infatti, di dare certezza ai finanziamenti promessi a Copenaghen e confermati a Cancún attraverso una roadmap che aumenti annualmente i 10 miliardi di dollari già stanziati per il 2012 sino a garantire i 100 miliardi di dollari promessi per il Non sono ammissibili altri rinvii. Come ammonisce l Agenzia Internazionale dell Energia ritardare l azione è un finto risparmio: per ogni dollaro d investimento evitato nel settore elettrico prima del 2020, sarà necessario investire 4,3 dollari in più negli anni successivi per controbilanciare l aumento delle emissioni. La partita è ancora tutta da giocare. Molto dipenderà dalla capacità e volontà dell Europa di svolgere fino in fondo un vero ruolo di leadership. Nella speranza che questa volta l Italia rinunci definitivamente al suo gioco ostruzionista e si impegni con forza a consolidare la leadership europea nella lotta ai cambiamenti climatici.

3 Nodi da sciogliere Non è più possibile continuare con la politica del rinvio. Come sottolinea l Agenzia Internazionale dell Energia (AIE) nel suo World Energy Outlook 2011 non possiamo permetterci ulteriori ritardi nell implementare le azioni necessarie a contrastare il cambiamento climatico se vogliamo che l obiettivo di limitare l aumento della temperatura media globale nel lungo termine entro i 2 C, analizzato nello scenario 450, venga raggiunto ad un costo ragionevole. Nello scenario 450 dell AIE il pianeta si muove verso un livello di emissioni coerente con un innalzamento della temperatura globale nel lungo termine superiore ai 3,5 C. In assenza di nuove politiche, ci avvieremo lungo un percorso ancora più pericoloso che porterebbe a un incremento di 6 C o addirittura superiore. Secondo le previsioni dell AIE quattro quinti delle emissioni totali di CO 2 legate all energia consentite nello scenario 450 all orizzonte 2035 sono già allocate dallo stock di capitale esistente ossia da centrali elettriche, edifici o impianti industriali già attivi. Se entro il 2017 non verrà implementata una nuova e decisa azione, le infrastrutture connesse al settore energetico esistenti in quel momento produrranno l intero volume di emissioni di CO 2 consentito nello scenario 450 al In questa ipotesi, non rimarrebbe alcuno spazio per la realizzazione di centrali elettriche, impianti industriali e altre infrastrutture di nuova costruzione a meno che non siano a zero emissioni di anidride carbonica, il che sarebbe estremamente costoso. Tre sono i principali nodi da sciogliere a Durban per sbloccare i negoziati e dare risposte concrete all allarme lanciato dall Agenzia: adottare un secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto; approvare un mandato e una roadmap per raggiungere un accordo globale legalmente vincolante entro il 2015; e rendere operativi gli accordi di Cancún. A Durban non sono ammissibili altri rinvii. Come ammonisce l AIE ritardare l azione è un finto risparmio: per ogni dollaro d investimento evitato nel settore elettrico prima del 2020, sarà necessario investire 4,3 dollari in più negli anni successivi per controbilanciare l aumento delle emissioni. Rinnovare gli impegni del Protocollo di Kyoto A Durban si gioca una partita cruciale. Mantenere viva la possibilità di giungere al più presto a un accordo globale sul clima. Possibilità vincolata al rinnovo del Protocollo di Kyoto. Importante per rilanciare i negoziati, bloccati proprio sul futuro del protocollo con paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo su fronti opposti. Rinnovare Kyoto significa dare continuità all unico strumento legalmente vincolante oggi a disposizione nell azione globale contro i mutamenti climatici. E Durban rappresenta l ultima opportunità per garantire questa vitale continuità, giacché il primo periodo d impegno del protocollo termina il prossimo dicembre 2012.

4 Al momento non esiste alternativa al regime normativo adottato a Kyoto. Il Protocollo contiene tutti gli strumenti obiettivi di riduzione e relative scadenze, monitoraggio degli impegni, supporto finanziario, cooperazione tecnologica, strumenti economici necessari per un efficace azione globale sul clima. Non c è nessun nuovo strumento normativo da inventarsi che non sia già presente o compatibile con una nuova versione riformata del Protocollo di Kyoto. Se davvero si vuole porre rimedio alla grave crisi climatica in atto, non è possibile ricominciare da zero e continuare a perdere tempo in lunghi negoziati alla ricerca di un nuovo regime normativo. A Durban i governi hanno l ultima opportunità per evitare un gap tra la fine (dicembre 2012) del primo periodo d impegno del Protocollo e l inizio del secondo. Un nuovo rinvio alla prossima COP18 non consente, infatti, ai Parlamenti nazionali di ratificare in tempo gli emendamenti al Protocollo. Si entrerebbe così in un regime di applicazione provvisoria e in una fase di grande incertezza politica che rischia di far naufragare definitivamente i negoziati. Un primo segnale incoraggiante viene dall Europa. Il Consiglio dei Ministri Ue dell Ambiente - riuniti lo scorso ottobre per definire la posizione negoziale comunitaria per Durban - ha confermato la disponibilità europea a un secondo periodo d impegno non oltre il 2020 e inteso come transizione verso un accordo globale legalmente vincolante, superando l ostruzionismo di diversi paesi dell est sostenuti sino ad ora dall Italia. Ma serve una maggiore disponibilità europea. I paesi in via di sviluppo dopo la rinuncia di Canada, Giappone e Russia a sottoscrivere un secondo periodo d impegno - nutrono forti attese nella leadership dell Europa per rinnovare il Protocollo di Kyoto e garantire continuità all azione globale sul clima. Per l Europa si tratta di un impegno che non richiede grandi sforzi aggiuntivi e in linea con le politiche climatiche ed energetiche adottate a livello comunitario. L Unione europea, infatti, è già ad un passo dal raggiungimento dell obiettivo de 20% al Nel 2010 le emissioni dei ventisette paesi Ue sono diminuite del 15,5% rispetto al 1990 grazie appunto alle politiche climatiche adottate per dare seguito al primo periodo di impegno di Kyoto. Sono sufficienti misure aggiuntive in grado di consentire colmando l attuale ritardo - il raggiungimento dell obiettivo del 20% per l efficienza energetica. Secondo recenti stime della Commissione, in questo modo sarà possibile raggiungere una riduzione interna ossia senza il ricorso agli strumenti flessibili previsti dalla legislazione comunitaria del 25% delle emissioni di gas-serra, facilitando così il raggiungimento dell obiettivo del 30% al L Europa pertanto è nelle condizioni di poter sottoscrivere a Durban il rinnovo del Protocollo di Kyoto con un impegno del 20%. E in seguito aggiornare al 30% il proprio impegno di riduzione al 2020 senza dover di nuovo ratificare il protocollo. L aggiornamento è una procedura tecnica già prevista dal Protocollo di Montreal per la protezione dello strato d ozono che consente alle parti di integrare i propri impegni senza la necessità di una nuova ratifica. Mandato e roadmap per un nuovo accordo globale entro il 2015 L Europa ha la possibilità di ritornare a svolgere un ruolo di leadership e costruire una coalizione dei volenterosi ossia un alleanza trasversale tra paesi industrializzati e in via

5 di sviluppo - in grado di spingere Stati Uniti, Cina e India ad approvare un mandato a sottoscrivere un accordo globale che abbia come architrave il Protocollo di Kyoto. A Durban insieme al rinnovo del Protocollo di Kyoto i governi devono concordare anche un mandato negoziale con relativa roadmap per un accordo globale legalmente vincolante che includa tutti i paesi che non hanno sottoscritto il Protocollo con impegni specifici. Il nuovo accordo deve rispettare i principi di equità riconosciuti dalla Convenzione sul Clima (UNFCCC), tener conto delle responsabilità storiche dei paesi industrializzati, essere adottato entro il 2015 ed entrare in vigore non oltre la fine del secondo periodo d impegno del Protocollo di Kyoto. Solo in questo modo sarà possibile avviare un processo credibile di riduzione delle emissioni - in coerenza con le ultime previsioni scientifiche - di almeno l 80% entro il 2050 e tenere sotto controllo i mutamenti climatici in atto. Rendere operativi gli accordi di Cancún Dare concreta attuazione a quanto concordato a Cancún serve a rinsaldare l alleanza trasversale tra paesi industrializzati e in via di sviluppo, indispensabile affinché a Durban si riesca a trovare un accordo sia per il rinnovo del Protocollo di Kyoto che per il mandato a sottoscrivere un nuovo accordo globale entro il A tal fine è indispensabile raggiungere un accordo chiaro soprattutto su come rendere operativo dal 2013 il Green Climate Fund (GCF) destinato a finanziare le azioni di riduzione delle emissioni e di adattamento ai mutamenti climatici nei paesi poveri. Si tratta, infatti, di dare certezza ai finanziamenti promessi a Copenaghen e confermati a Cancún attraverso una roadmap che aumenti annualmente i 10 miliardi di dollari già stanziati per il 2012 sino a garantire i 100 miliardi di dollari promessi per il Altrettanto importante è concordare tempi e procedure su come colmare il gigatonne gap - ossia il divario tra gli attuali impegni di riduzione delle emissioni e quelli necessari per contenere il surriscaldamento globale al di sotto almeno dei 2 C secondo una roadmap coerente con il mandato per sottoscrivere entro il 2015 un nuovo accordo globale legalmente vincolante. Si tratta come evidenzia il rapporto UNEP del 23 novembre scorso di un gap considerevole e tuttavia possibile da colmare entro il Nello scenario più ottimistico, ossia che i governi traducano in azioni concrete gli impegni assunti a Cancún, il divario è aumentato a 6GtCO 2 rispetto ai 5GtCO 2 stimati nel rapporto dello scorso anno. Se invece gli impegni assunti incluso il contributo finanziario di 100 miliardi di dollari entro il 2020 da parte dei paesi industrializzati - non sono rispettati il gap aumenta pericolosamente a 11GtCO 2. A Durban si dovranno anche adottare le linee guida concernenti il sistema MRV per il monitoraggio, la rendicontazione e la verifica sia degli impegni di riduzione delle emissioni che di contribuzione finanziaria al GCF. E infine vanno costituite oltre al Green Climate Fund anche le strutture di governo decise a Cancún per rendere operativi gli interventi relativi all adattamento e al trasferimento tecnologico.

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