LA DIRETTIVA SERVIZI E IL D. LGS. 59/2010: UNA LETTURA INTEGRATA 1^ parte

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1 LA DIRETTIVA SERVIZI E IL D. LGS. 59/2010: UNA LETTURA INTEGRATA 1^ parte Gli enti locali sono chiamati ad un impegno rilevante in termini organizzativi, di revisione dei procedimenti, di aggiornamento degli strumenti operativi e informatici, di acquisizione di nuove competenze per applicare il D. Lgs. 59/2010, di attuazione della Direttiva 2006/123/CE sulla liberalizzazione dei servizi nel mercato interno europeo. Per applicare correttamente la normativa nazionale, gli operatori devono conoscere bene la Direttiva servizi. Al fine di agevolare tale conoscenza, l articolo propone una lettura integrata della norma nazionale con quella comunitaria. di Claudio Facchini, dirigente del settore sviluppo economico del Comune di Faenza pubblicato sulla rivista Azienditalia n. 12/2011, edita dall Ipsoa di Milano Nascita e obiettivi della Direttiva Servizi La Direttiva 2006/123/CE 1 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, è entrata in vigore il 28 dicembre 2006, dopo quasi tre anni di lavoro e un iter legislativo particolarmente complesso, per i contrasti politici che ha incontrato e che ne hanno modificato la formulazione iniziale. Essa viene anche denominata Direttiva servizi o Direttiva Bolkenstein, dal nome del Commissario europeo per il mercato interno, Fritz Bolkenstein, della Commissione presieduta da Romano Prodi, che ha curato e sostenuto questa direttiva. La Direttiva Servizi è basata sugli artt (Il diritto di stabilimento) e (I servizi) del Trattato che istituisce la comunità europea e si pone l obiettivo di facilitare la circolazione e la fruibilità dei servizi nell Unione europea, secondo i criteri tracciati dalla Strategia di Lisbona 2. Il comma 1 dell art. 1 chiarisce che la Direttiva contiene disposizioni generali che permettono di agevolare l esercizio della libertà di stabilimento 3 dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi 4, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi. Questo obiettivo è declinato nelle seguenti azioni strategiche: 1) facilitare la libertà di stabilimento dei servizi nell Unione europea. A tal fine gli Stati membri si impegnano ad eliminare gli ostacoli che impediscono o scoraggiano gli operatori di altri Stati membri a stabilirsi sul loro territorio; 2) facilitare la libertà di prestazione dei servizi nell Unione europea. Per potenziare l offerta transfrontaliera di servizi, la Direttiva precisa il diritto dei destinatari ad utilizzare servizi di altri Stati membri; 1 In Gazzetta Ufficiale dell Unione europea L 376 del 27 dicembre Sviluppata nel corso di diversi Consigli europei successivi a quello di Lisbona (marzo 2000), questa strategia si fonda su tre pilastri: - il pilastro economico deve preparare la transizione verso un economia competitiva, dinamica e fondata sulla conoscenza; - il pilastro sociale deve perseguire la modernizzazione del modello sociale europeo grazie all investimento nelle risorse umane e alla lotta contro l esclusione sociale; - il pilastro ambientale comporta che la crescita economica sia dissociata dall utilizzazione delle risorse naturali. Per l attuazione della Strategia di Lisbona sono previsti piani d azione nazionali, coordinati a livello europeo La Direttiva Servizi si inserisce nel programma di Lisbona. 3 Stabilimento è l esercizio effettivo di un attività economica di cui all articolo 43 del Trattato, a tempo indeterminato da parte del prestatore, con un infrastruttura stabile a partire dalla quale viene effettivamente svolta l attività di prestazione di servizi. 4 Servizio è qualsiasi attività economica non salariata di cui all art. 50 del Trattato, fornita normalmente dietro retribuzione. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia la caratteristica essenziale della retribuzione va rintracciata nella circostanza che essa costituisce il corrispettivo della prestazione considerata. Non rileva se il fornitore è un ente statale o una onlus.

2 3) promuovere la qualità dei servizi. La Direttiva mira a rafforzare la qualità dei servizi incoraggiando ad esempio la certificazione volontaria delle attività o l elaborazione di carte di qualità e incoraggiando l elaborazione di codici di condotta europei, in particolare da parte di organismi o associazioni professionali; 4) stabilire una cooperazione amministrativa effettiva tra gli Stati per favorire la crescita del mercato dei servizi; per garantire una protezione equivalente su questioni generali; per garantire un efficace controllo dei servizi. La Direttiva Servizi nasce anche dalla convinzione che una maggiore competitività del mercato dei servizi è essenziale per promuovere la crescita economica e creare posti di lavoro nell Unione europea (Considerando 2) e dalla consapevolezza che i servizi costituiscono il motore della crescita economica e rappresentano il 70% del Pil e dei posti di lavoro nella maggior parte degli Stati membri (Considerando 4). Monitoraggio e applicazione della Direttiva La Direttiva Servizi 5 doveva essere recepita negli ordinamenti nazionali entro il 28 dicembre Il Consiglio medesimo ha riconosciuto che affinché il mercato dei servizi diventi una realtà, dovranno essere eliminati gli ostacoli legislativi, ma anche non legislativi presenti nei diversi Stati membri. Infatti non è sufficiente una semplice legge per applicare la Direttiva servizi, ma sono necessari anche un impegno importante di razionalizzazione del diritto amministrativo e una serie di iniziative concrete, di carattere organizzativo e di sostegno delle azioni finalizzate ad assicurare le informazioni per i prestatori e per i destinatari. La Direttiva Servizi si presenta come una direttiva quadro. Essa non mira a dettare norme specifiche per la regolamentazione della materia dei servizi, ma tratta le questioni con un approccio orizzontale, con l obiettivo di perseguire l armonizzazione della materia nel tempo. Secondo la Direttiva servizi, gli Stati membri devono esaminare ed eventualmente semplificare le procedure e le formalità applicabili per accedere ad un attività di servizi ed esercitarla. Le procedure autorizzative possono essere mantenute solo se rispettano i principi di non discriminazione e di proporzionalità; i requisiti richiesti per rilasciare le autorizzazioni possono essere mantenuti solo se siano giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di salute pubblica, di tutela dell ambiente. Gli Stati membri, dunque, hanno dovuto esaminare tutta la normativa nazionale e regionale relativa all accesso e all esercizio di attività di servizi per verificarne la conformità ai diversi criteri fissati dalla Direttiva. Pertanto, al fine dell applicazione della Direttiva, lo Stato italiano ha avviato un monitoraggio di tutte le norme che impattano sui servizi 7, in collaborazione con le Regioni. Un primo intervento normativo in materia compare nella legge comunitaria Essa prevede una delega al Governo (art. 41) per l approvazione di decreti legislativi di attuazione della Direttiva Servizi, su parere della Conferenza Stato-Regioni. La norma stabilisce principi e criteri direttivi ai quali si deve attenere il Governo. Si richiamano i seguenti di particolare interesse per gli Enti locali: a) semplificazione dei procedimenti amministrativi per l accesso alle attività di servizi: la dichiarazione di inizio attività deve rappresentare la regola generale; 5 La direttiva rappresenta lo strumento di cui si avvalgono le istituzioni europee, il Consiglio o la Commissione, quando intendono raggiungere gli obiettivi previsti dal Trattato, avvalendosi degli ordinamenti interni degli Stati membri, al fine di procedere ad un ravvicinamento delle legislazioni nazionali. La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per il risultato da raggiungere. Rimane la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi per raggiungere tale risultato. Affinché i dettami della direttiva si traducano in un azione efficace per i singoli cittadini è necessario un atto del legislatore nazionale, tramite il quale il diritto nazionale venga adeguato agli obiettivi fissati nella direttiva stessa. 6 Lo Stato italiano vi ha provveduto con il d.lgs. n. n. 59 del 26 marzo 2010; alcune Regioni hanno approvato una legge di applicazione della Direttiva servizi. 7 Per la metodologia del monitoraggio vedi Dipartimento politiche comunitarie, Guida per il Monitoraggio relativo alla Direttiva Servizi, Roma, ottobre 2007, in 8 Legge n. 88/2009, Disposizioni per l adempimento di obblighi derivanti dall appartenenza dell Italia alle comunità europee - Legge comunitaria 2008.

3 b) se necessaria una autorizzazione, i requisiti devono essere conformi ai principi di trasparenza, proporzionalità e parità di trattamento; c) se necessaria una autorizzazione, questa avrà efficacia su tutto il territorio nazionale; d) gli sportelli unici per lo svolgimento di tutte le formalità necessarie per l accesso alle attività di servizi potranno essere quelli già istituiti dai comuni per le attività produttive; e) gli sportelli unici dovranno assicurare l espletamento delle procedure anche a distanza e per via elettronica. Anche le Regioni avevano l obiettivo di adeguare le proprie normative al contenuto della Direttiva e ai principi della legge delega entro il ; in caso di inadempienza la delega prevede l esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato. La disciplina sulla liberalizzazione dei servizi in Italia Con il d.lgs. n. 59/2010, lo Stato italiano ha dato attuazione alla Direttiva comunitaria per la liberalizzazione dei servizi nel mercato interno 9. Il decreto è diviso in tre parti. Nella prima si stabiliscono i principi generali a cui tutte le pubbliche amministrazioni dovranno attenersi nell applicazione del decreto: l ambito di applicazione, le definizioni, le modalità di accesso, i regimi autorizzatori, la semplificazione amministrativa, la tutela dei destinatari, la qualità dei servizi e la collaborazione amministrativa fra Stati. Nella seconda parte si disciplinano alcuni procedimenti riconducibili alla competenza di indirizzo e vigilanza di alcuni Ministeri, gestiti in buona parte dai comuni. Nella terza parte, oltre a modifiche e abrogazioni, viene normato il rapporto tra la legge statale e le leggi regionali, in materia di applicazione della Direttiva servizi. Entro il 7 maggio 2012 il Governo potrà adottare ulteriori decreti legislativi per dettare disposizioni integrative e correttive, alla luce delle problematiche che emergeranno con l applicazione del d.lgs. n. 59/ Il decreto stabilisce (art. 86) che l attuazione non dovrà comportare nuovi oneri a carico della finanza pubblica. Ciò appare una forzatura alla luce dei contenuti del decreto medesimo, dell evidente impegno organizzativo che sarà richiesto alle amministrazioni coinvolte e della pretesa di attribuire alle norme così varate il carattere di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e principi dell ordinamento giuridico dello Stato (art. 1, comma 3). La mancanza di risorse aggiuntive per l attuazione della Direttiva servizi incrina la possibilità di attuare misure di accompagnamento per l attuazione di norme specifiche, come richiesto dalla Direttiva, che però il decreto ha ampiamente eluso. All art. 1, si stabilisce anche che le disposizioni della prima parte (i principi e l assetto generale) sono adottate ai sensi delle lettere e), tutela della concorrenza, e m), determinazioni dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, dell art. 117, comma 2, Cost. Pertanto regioni ed enti locali non potranno discostarsi da essi. Conformità con la norma di delega I principi e criteri direttivi della delega sono stabiliti dalla legge comunitaria 2008, all art. 41. Al riguardo si rileva che il d.lgs. n. 59/2010 non ha rispettato i seguenti criteri: - alla lett. e) del comma 1, che dispone l elencazione in allegato al decreto dei regimi autorizzatori richiesti per l accesso alle attività di servizi, che manca del tutto, che manca del tutto; - alla lett. s) del comma 1, che dispone che il decreto legislativo deve garantire l applicazione della normativa del luogo in cui viene effettuata la prestazione di servizi, cioè la salvezza dei trattamenti più favorevoli al prestatore previsti contrattualmente, ovvero assicurati nei Paesi di provenienza con oneri a carico di questi ultimi, salvezza che non è ripresa dall art. 23 del d.lgs. n Si tratta del d.lgs. n. 26 marzo 2010, n. 59, Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, pubblicato sulla G.U. del 23 aprile 2010, n. 94, S.O. 10 Ai sensi dell art. 1, comma 5 della legge n. 88/2009.

4 L ambito di applicazione La liberalizzazione si applica a qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale (art. 1, comma 1), come il decreto definisce l attività di prestazione di servizi. La Direttiva Servizi, quindi, si applica ad esempio ai servizi alle imprese (servizi di pubblicità, certificazione e collaudo, manutenzione degli uffici), ai servizi collegati al settore immobiliare (come le agenzie immobiliari, l edilizia, la distribuzione, l organizzazione di fiere, agenzie di viaggio) e ai servizi ai consumatori (servizi ricreativi, guide turistiche, servizi nel settore del turismo, ecc.). Peraltro la Direttiva non si occupa della liberalizzazione né della privatizzazione dei servizi pubblici; non intende pregiudicare la diversità culturale e linguistica; non si occupa di diritto penale (ma gli Stati membri non devono usare il diritto penale per limitare la libertà di fornire servizi); non pregiudica la legislazione sul lavoro e sulla sicurezza sociale; non pregiudica la libertà di negoziare e concludere accordi fra lavoratori e datori di lavoro. Gli artt. da 2 a 7 del d.lgs. n. 59/2010 stabiliscono le esclusioni, riorganizzando diversamente la tassonomia rintracciabile nella Direttiva servizi: - le attività connesse all esercizio dei pubblici poteri; - la disciplina fiscale; - i servizi di interesse economico generale 11 ; - i servizi sociali fornite dalle pubbliche amministrazioni o da soggetti da esse incaricati o da associazioni che perseguono scopi caritatevoli. Queste ultime non sono riconducibili ad alcun soggetto giuridico nell ordinamento italiano; peraltro non è prevista l esclusione delle cooperative sociali, che avevano chiesto di essere escluse dall applicazione della Direttiva servizi. Sarebbe stato più chiaro fare riferimento alle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus); - i servizi finanziari (attività bancaria, credito, assicurazione, pensioni, titoli, consulenza nel settore degli investimenti, ecc.); - i servizi di comunicazione 12, per i quali però si applica la semplificazione amministrativa e la tutela dei destinatari; - i servizi di trasporto, inclusi i trasporti urbani, di taxi, di ambulanza, i servizi portuali e di noleggio auto con conducente. Si stabilisce che la norma si applica comunque alle attività di scuola guida, trasloco, noleggio veicoli, pompe funebri, fotografia aerea. Se per alcune attività le esclusioni appaiono giustificate, per altre tale giustificazione non è evidente e il Governo avrebbe dovuto argomentare al riguardo, ai sensi della Direttiva; - i servizi di somministrazione di lavoratori; - i servizi sanitari e farmaceutici forniti a scopo terapeutico; - i servizi audiovisivi; - il gioco d azzardo, comprese le lotterie, le scommesse, le case da gioco; - i servizi privati di sicurezza; - i notai L espressione servizi di interesse economico generale è utilizzata negli artt. 16 e 86, par. 2 del Trattato. Non è definita nel Trattato o nella normativa derivata. Tuttavia, nella prassi comunitaria vi è ampio accordo sul fatto che l'espressione si riferisce a servizi di natura economica che, in virtù di un criterio di interesse generale, gli Stati membri o la comunità assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico. Il concetto di servizi di interesse economico generale riguarda in particolare alcuni servizi forniti dalle grandi industrie a rete quali i trasporti, i servizi postali, l'energia e la comunicazione. I servizi non economici di interesse generale sono, per esclusione, gli altri servizi, di interesse generale, privi di rilevanza economica in quanto non vengono prestati contro remunerazione, quali l istruzione primaria e secondaria nazionale. 12 Si tratta dei servizi disciplinati dal d.lgs. n. 259/2003, Codice delle comunicazioni elettroniche, quali, ad esempio, le reti telefoniche e le reti televisive. 13 La norma non riprende anche la categoria degli ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione, che dovrebbe essere esclusa anch essa dall applicazione della Direttiva, ai sensi dell art. 2, comma 2, lett. l) della medesima.

5 Decreti interministeriali potranno effettuare una ricognizione degli ulteriori servizi esclusi (art. 2, comma 3). L art. 9 reca una Clausola di specialità, individuando le disposizioni approvate in attuazione di norme comunitarie, che si devono applicare se in contrasto con il d.lgs. n. 59/2010. Quest ultimo ha diversificato la casistica rispetto a quanto indicato dall art. 3 della Direttiva servizi, ponendosi parzialmente in contrasto con essa. Le definizioni contenute nell art. 8 richiamano quelle dell art. 4 della Direttiva servizi. I requisiti vietati L art. 10 afferma la libertà dell accesso e dell esercizio delle attività di servizio (la finalità della Direttiva). Essi, pertanto, non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate (se non da motivi imperativi di interesse generale 14 ) o discriminatorie. Cade definitivamente la programmazione quantitativa delle autorizzazioni: i comuni devono effettuare un ampia revisione dei regolamenti, che in molti casi non hanno più fondamento e contengono limitazioni ingiustificate. Fra l altro, la disciplina di dettaglio, quella possibile, è già contenuta nelle leggi, in particolare nelle leggi regionali. La regola generale per l accesso ad una attività diventa la Dichiarazione di inizio attività ad efficacia immediata 15 e, oggi, con la trasformazione della Dia in Scia, la regola generale diventa la Segnalazione certificata di inizio attività. L art. 11 riprende dall art. 14 della Direttiva servizi i requisiti vietati, che non possono essere previsti per consentire l accesso e l esercizio dell attività di servizi: - la cittadinanza o l ubicazione della sede in Italia; - il divieto di avere stabilimenti in altri Stati, se non in Italia; - le condizioni di reciprocità; - il contingentamento a seguito di una programmazione economica dei bisogni del mercato; - la presentazione di garanzie finanziarie; - la precedente iscrizione nei registri italiani, per un determinato periodo. Si tratta di requisiti che numerosi regolamenti locali ancora prevedono. L articolo 12 indica (così come l art. 15 della Direttiva) i requisiti che possono essere previsti per consentire l accesso e l esercizio dei servizi, sussistendo motivi imperativi di interesse generale che lo richiedano: - restrizioni quantitative o territoriali, quali ad esempio, un numero di esercizi in rapporto alla popolazione residente o una precisa distanza fra sedi di esercizi; - il possesso di un determinato statuto giuridico; - la detenzione di una quantità minima di capitale; - requisiti diversi da quelli previsti in norme attuative di disposizioni comunitarie, in particolare la disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali 16 ; - il divieto di possedere più di uno stabilimento sul territorio nazionale; - la disponibilità di un numero minimo di dipendenti; - tariffe obbligatorie minime o massime; - l obbligo di fornire altri servizi, oltre a quello principale. L autorità pubblica, anche locale, che intenda prevedere requisiti consentiti, esistendo motivi imperativi di interesse generale che lo richiedano, a condizione che rispettino i principi di 14 Motivi imperativi di interesse generale sono motivi riconosciuti come tali dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, quali: l ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l incolumità pubblica, la sanità pubblica, il mantenimento dell equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell ambiente, incluso l ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale. 15 Al momento della emanazione del d.lgs. n. 59/2010 doveva ancora nascere la Scia. Pertanto la disciplina, per i servizi, era data dall art. 19, comma 2, secondo periodo, della legge n. 241/1990 (Dia ad efficacia immediata). 16 D.lgs. n. 2006/2007, Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell adesione di Bulgaria e Romania.

6 proporzionalità e non discriminazione, deve ottenere il consenso della Commissione europea. A tal fine si deve attivare il procedimento di notifica previsto dall art. 13, comunicando il progetto della norma (legge o regolamento) al Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie. Il procedimento di autorizzazione Per facilitare la libertà di stabilimento, la Direttiva prevede a carico degli Stati membri: - l obbligo di valutare la compatibilità dei regimi di autorizzazione alla luce dei principi di non discriminazione e di proporzionalità e di rispettare taluni principi quanto alle condizioni e procedure di autorizzazione applicabili al settore dei servizi; - il divieto di taluni requisiti giuridici per poter esercitare l attività, quali la nazionalità; - l obbligo di valutare la compatibilità di un certo numero di altri requisiti giuridici alla luce dei principi di non discriminazione e proporzionalità. Le disposizioni del capo III della Direttiva servizi sono volte a contenere e ridurre i regimi di autorizzazione 17, se non strettamente indispensabili. Esse sopprimono la discrezionalità del legislatore nazionale di disporre norme in materia di autorizzazione, sferrando un ulteriore colpo allo Stato dirigista. Non si forma, tuttavia, uno scenario di mancanza di regole: la Direttiva si preoccupa della tutela dei consumatori, dell ambiente, della sicurezza, della sanità e del diritto del lavoro. L autorizzazione per l accesso ad una attività di servizio e il suo esercizio può essere prevista da uno Stato membro solo alle seguenti condizioni (stabilite dall art. 9 della Direttiva servizi): a) il regime di autorizzazione 18 non è discriminatorio; b) il regime di autorizzazione è giustificato da un motivo imperativo di interesse generale; c) l obiettivo perseguito non può essere ottenuto con una misura meno restrittiva, in particolare se il controllo a posteriori risulterebbe tardivo per avere efficacia. Restano validi i regimi di autorizzazione stabiliti a livello comunitario. Pertanto il capo II del titolo II del d.lgs. n. 59/2010 disciplina il procedimento di autorizzazione in generale, quando si tratta di servizi. Secondo l art. 17 (cc. 2 e 3) del d.lgs. n. 59 i procedimenti di rilascio delle autorizzazioni sono i seguenti: - la dichiarazione di inizio attività ad efficacia differita (art. 19, comma 2, primo periodo, della legge n. 241/1990, nella formulazione previgente la modifica apportata dalla legge n. 122/2010). Con la modifica dell art. 19 della legge n. 241/1990 da parte della legge 122/2010, la fattispecie della dichiarazione o comunicazione ad efficacia differita scompare. Pertanto, quando il d.lgs. n. 59/2010 fa riferimento alla Dia, deve intendersi Scia, che per sua natura ha efficacia immediata. Quindi questa anomala fattispecie di procedimento autorizzatorio, con l introduzione della Scia, scompare; - il silenzio assenso (art. 20, legge n. 241/1990). Peraltro, ai sensi della Direttiva, art. 13, comma 4, il procedimento di silenzio assenso non preclude il rilascio di un atto espresso nei termini di conclusione dl procedimento; - il rilascio di un titolo espresso (art. 2, legge n. 241/1990), qualora sussista un motivo imperativo di interesse generale. In questo caso il Governo dovrà relazionare alla Commissione europea (art. 39 della Direttiva servizi) in relazione ai motivi imperativi di interesse generale che richiedano il rilascio del provvedimento, motivando la conformità all art. 9, comma 1 della Direttiva servizi, che stabilisce le condizioni alla quali può essere subordinato un regime di autorizzazione 19. Secondo l art. 14 i regimi autorizzatori possono essere mantenuti solo se sono giustificati da motivi imperativi di interesse generale e a condizione che rispettino i principi di non discriminazione e 17 Per regime autorizzatorio deve intendersi qualsiasi procedura che obblighi un prestatore a rivolgersi ad un autorità competente per ottenere un provvedimento espresso o un provvedimento implicito che consenta l accesso ad un attività di servizi o al suo esercizio. 18 Regime di autorizzazione è qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all accesso ad un attività di servizio o al suo esercizio. 19 Il regime autorizzatorio è possibile se: non è discriminatorio, vi è un motivo imperativo di interesse generale che lo richiede, l obiettivo non può essere raggiunto con una misura meno restrittiva.

7 proporzionalità. L imposizione di una autorizzazione è ammissibile solo nei casi in cui un controllo a posteriori non sarebbe sufficiente ad ottenere lo stesso risultato. Le condizioni per il rilascio dell autorizzazione devono essere chiare, oggettive, accessibili e devono essere rese pubbliche preventivamente (art. 15, d.lgs. n. 59/2010) 20. I documenti rilasciati da un altro Stato membro, che certificano requisiti e i controlli previsti dalle normative di settore per il rilascio dell autorizzazione, sono considerati validi e gli uffici non potranno chiederne di analoghi, rilasciati da autorità italiane (art. 27). I lavoratori delle pubbliche amministrazioni, in questo caso, dovrebbero essere in grado di tradurre il testo di tali documenti, per comprenderne il significato, e dovrebbero essere in grado di conoscere la disciplina vigente presso lo Stato membro in questione, per accertare la corrispondenza dei documenti rilasciati a quelli richiesti dalla normativa italiana. In materia di legislazione concorrente, le Regioni possono istituire o mantenere albi, elenchi, ecc. solo se previsti da principi generali contenuti nelle leggi dello Stato (art. 14, comma 2). Il numero delle autorizzazioni può essere limitato solo se sussistono motivi imperativi di interesse generale o per ragioni di scarsità delle risorse naturali o tecniche necessarie per la fornitura del servizio (art. 14, comma 3). In questo caso l autorità competente deve attivare una procedura di evidenza pubblica per la selezione dei candidati che aspirano ad ottenere l autorizzazione (art. 16) 21. Nel testo dell autorizzazione, la pubblica amministrazione dovrà richiamare i riferimenti degli atti a dimostrazione del rispetto dell attivazione della procedura di evidenza pubblica (art. 16, comma 3). I criteri per la selezione dovranno essere conformi al diritto comunitario e, pertanto, non potranno basarsi sulla cittadinanza, sulla esperienza, sul capitale posseduto, ecc., ma potranno tenere conto della salute pubblica, della sicurezza dei lavoratori, della protezione dell ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale, nonché degli obiettivi di politica sociale, oltre, evidentemente, a tutti quei criteri giustificati da motivi imperativi di interesse generale (art. 16, comma 2). Di norma la durata dell autorizzazione è illimitata (art. 19, comma 2). La durata può essere limitata nel caso di limitazione numerica delle autorizzazioni rilasciabili o per l esistenza di un motivo imperativo di interesse generale. Se l autorizzazione ha una durata limitata, essa non può essere rinnovata automaticamente e si dovrà procedere ad una nuova procedura di evidenza pubblica, per riassegnarla. In questo caso al prestatore uscente o chi sia subentrato nell azienda, non potranno essere riconosciuti vantaggi, in quanto possessore dell autorizzazione, per contrasto con il principio di non discriminazione (art. 16, comma 4). La norma, tuttavia, non richiama quanto contenuto al Considerando n. 62 della Direttiva servizi, nella parte in cui prevede che la durata dell autorizzazione dovrebbe essere sufficiente a remunerare l ammortamento degli investimenti effettuati e la remunerazione equa dei capitali investiti. Tali condizioni aprono una problematica assai rilevante sul fronte delle concessioni decennali rilasciate ai commercianti che operano su area pubblica, come si vedrà più avanti, e nel caso delle concessioni demaniali rilasciata agli operatori balneari. L autorizzazione è valida per l intero territorio nazionale, anzi, comunitario. Le limitazioni territoriali devono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale (art. 19, comma 1). Rimangono valide le condizioni di decadenza, sospensione e revoca dell autorizzazione, stabilite dalle norme speciali. Per verificare la persistenza delle condizioni previste per il rilascio dell autorizzazione, l autorità competente può chiedere informazioni e documentazioni al prestatore (art. 19, comma 3). A questo fine gli enti locali dovranno adottare formalmente una procedura di 20 L art. 10 della Direttiva servizi stabilisce che i regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che impediscano l uso arbitrario del potere da parte delle autorità competenti. Tali criteri devono essere: a) non discriminatori; b) giustificati da un motivo imperativo di interesse generale; c) commisurati all obiettivo di interesse generale; d) chiari e inequivocabili; e) oggettivi; f) resi pubblici preventivamente; g) trasparenti e accessibili. 21 Vedi art. 12 della Direttiva servizi.

8 verifica, trasparente e non discriminatoria. Le norme e gli enti potranno prevedere un termine per l avvio dell esercizio, pena la decadenza dell autorizzazione. Il termine potrà essere prorogato in presenza di giustificato motivo (art. 19, comma 4). Di norma il procedimento per l accesso e l esercizio di attività di servizi è quello disciplinato dall art. 19 della legge n. 241/1990, la Segnalazione certificata di inizio attività, o il silenzioassenso, se previsto (art. 20, legge n. 241/1990). Quando invece sia prevista l autorizzazione espressa, il procedimento si dovrà caratterizzare come segue (art. 17): - il termine per la conclusione decorre dal momento della presentazione di tutta la documentazione prevista; - per ogni domanda deve essere rilasciata una ricevuta, che deve contenere: il termine per la conclusione del procedimento e i casi per un eventuale differimento o sospensione, i mezzi di ricorso, la menzione dell eventuale silenzio-assenso. In realtà la ricevuta, corrispondente alla comunicazione di avvio del procedimento, dovrà contenere anche altre indicazioni, così come prevede la legge n. 241/1990, all art. 8: l Amministrazione competente, l oggetto del procedimento, l ufficio e la persona responsabile del procedimento, la data di presentazione della domanda, l ufficio in cui si può prendere visione degli atti. Nell indicazione dei mezzi di ricorso, si dovrà precisare a chi potrà rivolgersi il richiedente nel caso di inerzia dell amministrazione e in caso di diniego dell autorizzazione. Mancano riferimenti al termine del procedimento e alla dinamica della richiesta di integrazioni in caso di domanda incompleta, che la Direttiva servizi richiama all art. 13, commi 3 e 6. In questo caso si dovrà fare riferimento a quanto previsto dalla legge n. 241/1990. Viene precisato (art. 17, comma 5) che, quando la domanda viene presentata per via telematica, anche la ricevuta deve essere inviata per posta elettronica. In realtà, l intero procedimento dovrebbe sempre svolgersi per via telematica. Infatti il procedimento si svolge presso lo Sportello unico per le attività produttive del comune (art. 25) e l attività del Suap è disciplinata dal d.p.r. n. 160/2010, che prevede che la domanda sia presentata esclusivamente in via telematica (art. 2, comma 2). Gli operatori concorrenti non potranno partecipare al processo di formazione delle autorizzazioni, anche in seno ad organi consultivi (art. 18). Sostanzialmente devono essere abrogate tutte le commissioni consultive che prevedono la partecipazione di operatori o loro associazioni. A tal fine si potrà utilizzare l efficace disposizione dell art. 96 del d.lgs. n. 267/ Nel caso di procedimento autorizzatorio, l autorità competente, per motivi imperativi di interesse generale, nel corso dell istruttoria può chiamare il richiedente ad un colloquio per valutarne l integrità personale e l idoneità a svolgere l attività alla quale chiede di accedere. A tal fine può anche svolgere verifiche ispettive o sopralluoghi (art. 25, comma 8). La libera prestazione dei servizi e il principio del Paese d origine La norma stabilisce il principio di libertà di prestazione dei servizi sull intero territorio nazionale, per tutti coloro che operino in uno Stato membro dell Unione europea (art. 20). In particolare, le norme e le autorità non possono subordinare l esercizio alla sussistenza degli obblighi indicati dall art. 21, che sono ripresi dall art. 16, comma 2 della Direttiva, quali essere stabilito in Italia, ottenere un autorizzazione se non prevista, disporre di una determinata infrastruttura, essere in possesso di un documento di identità specifico, ecc. Gli Stati membri non possono introdurre restrizioni di fornitura del servizio in uno Stato membro diverso da quello di stabilimento 23. Tuttavia, il comma 2 dell art. 21 prevede che si possa derogare al divieto per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell ambiente. Tale deroga non è prevista dalla Direttiva e, pertanto, è incompatibile con essa. È vero che il par. 3 dell art. 16 della 22 Il Testo unico degli enti locali, all art. 96 stabilisce che al fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi i consigli e le giunte, secondo le rispettive competenze, con provvedimento da emanare entro sei mesi dall inizio di ogni esercizio finanziario, individuano i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali dell amministrazione o dell ente interessato. Gli organismi non identificati come indispensabili sono soppressi a decorrere dal mese successivo all emanazione del provvedimento. Le relative funzioni sono attribuite all ufficio che ne riveste preminente competenza nella materia. 23 Stato membro di stabilimento è lo Stato membro nel cui territorio è stabilito il prestatore del servizio considerato.

9 Direttiva richiama gli stessi motivi, ma non quale giustificazione per restringere la libera circolazione dei servizi, bensì quale motivazione per imporre restrizioni alla prestazione. La libera prestazione di servizi non vale per i servizi indicati dall art. 22: poste, energia elettrica, gas naturale, forniture idriche e acque reflue, trattamento rifiuti. Inoltre non si applicano per materie espressamente disciplinate, quali: la privacy, il riconoscimento delle qualifiche professionali, l immigrazione, la proprietà industriale, ecc. Il principio della libera prestazione di servizi ha aperto una rilevante discussione in fase di approvazione della Direttiva. Il principio del paese d origine, infatti, non tenendo conto delle differenze di tutela e dei costi sociali tra i 25 paesi dell Unione non porta con sé una benefica concorrenza e un aumento dei posti di lavoro, ma anzi l eliminazione di posti di lavoro nello Stato di accoglienza, per la concorrenza scorretta di imprese con lavoratori meno tutelati e, quindi, la spinta verso legislazioni di minore tutela del lavoro. Gli oppositori del principio del paese d origine, sventolando lo spauracchio dell idraulico polacco, sostenevano che esso avrebbe causato una sorta di dumping sociale, cioè avrebbe provocato una corsa al ribasso delle tutele sociali, dei diritti dei lavoratori e del livello delle retribuzioni. Per questi motivi il Parlamento europeo ne ha contenuto la portata negativa, introducendo diverse eccezioni e precisando che la Direttiva non concerne le condizioni di lavoro e di occupazione, rinviando al riguardo alla Direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al distacco dei lavoratori nell ambito di una prestazione di servizi. In tali casi, la direttiva 96/71/CE prevede che i prestatori debbano conformarsi alle condizioni di lavoro e di occupazione applicabili, in alcuni settori elencati, nello Stato membro in cui viene prestato il servizio. Tali condizioni sono: periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo, durata minima delle ferie annuali retribuite, tariffe minime salariali, comprese le tariffe per il lavoro straordinario Ciò riguarda non solo le condizioni di lavoro e occupazione stabilite per legge, ma anche quelle stabilite in contratti collettivi (Considerando 86, della Direttiva servizi). Pertanto per eliminare il rischio del dumping sociale, ai dipendenti distaccati, chiamati a svolgere un servizio in Italia si applicheranno, durante il periodo di distacco, le condizioni di lavoro previste dalle norme sul lavoro e sulla sicurezza, nonché dai contratti di lavoro stabilite per le imprese italiane, così come previsto dal d.lgs. n. 72/ (art. 23). I requisiti stabiliti dalla legislazione italiana di settore, anche se mantenuti dal d.lgs. n. 59/2010, non si applicano in caso di prestazione temporanea da parte di prestatori stabiliti in un altro Stato membro, se non sussitono ragioni di tutela dell ordine pubblico, sicurezza, sanità, tutela dell ambiente (art. 20). Nella formulazione della norma non trova applicazione il criterio di cui alla lett. s) dell art. 41 della legge n. 88/ che, nel garantire l applicazione della normativa del luogo in cui viene effettuata la prestazione di servizi, faceva salvi i trattamenti più favorevoli al prestatore previsti contrattualmente, ovvero assicurati dai Paesi di provenienza con oneri a carico di questi ultimi. Tale carenza rischia di favorire comportamenti discriminatori da parte dei prestatori stabiliti in un altro Stato membro, a danno dei propri lavoratori dipendenti distaccati in Italia, quando il trattamento nel loro Paese fosse più favorevole. La semplificazione amministrativa L obiettivo delle istituzioni europee è di ridurre del 25% entro il 2012 gli oneri amministrativi gravanti sulle piccole e medie imprese, derivanti dalla legislazione comunitaria. Gli artt. da 5 a 8 (capo II) della Direttiva si applicano a tutte le procedure e formalità necessarie per l accesso ad un attività di servizi e per il suo esercizio. Essi prevedono un ambizioso programma di semplificazione e modernizzazione. In sintesi, gli ambiti di intervento degli Stati membri, per semplificare e, quindi, facilitare lo stabilimento dei servizi, gli Stati membri devono prevedere: 24 Attuazione della direttiva 96/71/CE in materia di distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi. 25 Si tratta della normativa che contiene la delega (art. 41) per l attuazione della Direttiva servizi, Legge comunitaria 2008.

10 - l istituzione di sportelli unici presso i quali il prestatore possa espletare tutte le formalità necessarie per esercitare la propria attività; - la possibilità di espletare le procedure per via elettronica; - l eliminazione degli ostacoli giuridici e amministrativi allo sviluppo del settore dei servizi. Le disposizioni della Direttiva, imponendo l armonizzazione delle procedure per l accesso alle attività economiche di servizio, imprimono una accelerazione verso la semplificazione amministrativa e alla drastica riduzione dei regimi autorizzatori. Infatti, una delle principali difficoltà incontrate, in particolare dalle piccole e medie imprese, nell accesso alle attività di servizi e nel loro esercizio è rappresentato dalla complessità, dalla lunghezza e dall incertezza giuridica delle procedure amministrative (Considerando 43). La Direttiva si propone di infrangere la complicazione amministrativa, che si esplica in ritardi, costi e effetti dissuasivi che derivano, ad esempio, da procedure non necessarie o eccessivamente complesse e onerose, dalla duplicazione delle procedure, dalle complicazioni burocratiche nella presentazione di documenti, dall abuso di potere da parte delle autorità competenti, dai termini di risposta non precisati o eccessivamente lunghi, dalla validità limitata dell autorizzazione rilasciata o da costi e sanzioni sproporzionati (Considerando 43). Gli Stati membri devono semplificare le procedure e le formalità relative all accesso ad un attività di servizio e al suo esercizio, previo esame delle stesse. A tale fine, la Commissione può stabilire formulari armonizzati a livello comunitario, quali documenti richiesti ai prestatori per l istruttoria inerente la verifica del rispetto dei requisiti previsti dalla legge per lo svolgimento dell attività inerente il servizio specifico. La norma stabilisce (art. 25, d.lgs. n. 59/2010) che il punto unico di contatto per l espletamento delle procedure è lo Sportello unico per le attività produttive istituito presso i comuni, ai sensi dell art. 38 del d.l. n. 112/ La tutela dei destinatari Il d.lgs. n. 59/2010, così come la Direttiva servizi, si occupa anche della tutela dei destinatari delle prestazioni di servizi, stabilendo una serie di obblighi che incombono sui prestatori (artt ). In particolare al destinatario non può essere rifiutato il servizio in base alla sua nazionalità o al luogo di residenza. D altra parte le autorità non possono prevedere vincoli a carico del destinatario per fruire di un servizio da un prestatore stabilito in un altro Stato membro: ottenere una apposita autorizzazione o concedere benefici economici in relazione al luogo di stabilimento. Il Ministero dello sviluppo economico deve assicurare le seguenti informazioni ai destinatari dei servizi che ne facciano richiesta (art. 30), conformemente all art. 21, comma 1 della Direttiva: - requisiti applicati negli altri Stati membri per poter esercitare attività di servizi, in particolare quelli connessi alla tutela del consumatore; - mezzi di ricorso esperibili in caso di controversia fra prestatore e destinatario; - riferimenti delle organizzazioni, compresi gli sportelli della rete dei centri europei dei consumatori 27, presso le quali i prestatori e i destinatari possano ottenere assistenza. La qualità dei servizi Gli artt. da 31 a 35 del d.lgs. n. 59 stabiliscono norme finalizzate ad assicurare la qualità dei servizi 28. A tal fine sono previsti, in particolare, obblighi di informazione a carico dei prestatori e a favore dei destinatari. Le informazioni da assicurare obbligatoriamente prima della prestazione (art. 31) sono: - nome, forma giuridica, indirizzo e quant altro utile per entrare in contatto con il prestatore; - riferimenti delle eventuali iscrizioni in registri; - i dati dell eventuale autorizzazione; - il numero di partita Iva; 26 Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. L art. 38 è enfaticamente denominato Impresa in un giorno. 27 Si vedano i siti _summaries/consumers/consumer_information/l32048_it.htm. 28 Si vedano gli artt (capo V) della Direttiva servizi.

11 - nel caso di iscrizioni presso Ordini, la qualifica professionale posseduta e lo Stato membro presso il quale è stata acquisita; - condizioni generali; - indicazione dell eventuale garanzia post-vendita; - prezzo del servizio; - principali caratteristiche del servizio; - eventuale assicurazione o garanzie per responsabilità professionale. Sono diverse le modalità che il prestatore può scegliere per veicolare queste informazioni: comunicandole direttamente al destinatario, indicandole in tutti i documenti forniti al destinatario, rendendole accessibili sul luogo della prestazione o per via telematica. Inoltre, a richiesta del destinatario, il prestatore deve fornire le ulteriori seguenti informazioni: - il metodo di calcolo del prezzo del servizio, se non determinabile a priori; - il riferimento alle eventuali regole professionali; - le misure adottate per evitare i conflitti di interessi; - gli eventuali codici di condotta ai quali il prestatore è assoggettato; - l eventuale meccanismo extragiudiziale di risoluzione delle controversie, fornendo ai destinatari tutti i supporti per fruirne e presentare reclami. Quando siano consentite attività multidisciplinari, devono essere assicurate l indipendenza e l imparzialità, la compatibilità con le regole di deontologia professionale e devono essere evitati i conflitti di interesse. Un ultimo elemento finalizzato ad assicurare la qualità dei servizi deriva dall obbligo previsto dall art. 81. Esso stabilisce che i soggetti che istituiscono marchi o attestati di qualità o li attribuiscono ne danno notizia sul proprio sito internet e al Ministero dello sviluppo economico, che istituirà una apposita sezione sul proprio sito. Non si rintracciano, nella norma, le misure di accompagnamento volte ad incoraggiare i prestatori a garantire, su base volontaria, la qualità dei servizi 29. Anche l art. 41 della legge comunitaria 2009, che contiene la delega per l attuazione della Direttiva servizi, prevede la promozione dell elaborazione di codici di condotta e disciplinari finalizzati a promuovere la qualità dei servizi. Tale criterio, peraltro, risponde a un preciso obbligo contenuto nell art. 37 della Direttiva, ma esso non compare nel d.lgs. n. 59/2010, che, in ogni caso, non prevede risorse finanziarie finalizzate alle misure di accompagnamento della liberalizzazione dei servizi, imposte dalla Direttiva. La collaborazione amministrativa La cooperazione amministrativa fra gli Stati membri è fondamentale per consentire il corretto funzionamento del mercato dei servizi. La mancanza di fiducia nel quadro giuridico e nei controlli svolti in altri Stati membri è all origine di una produzione di norme che duplicano i controlli sulle attività transfrontaliere. Ciò costituisce uno dei maggiori ostacoli alla creazione di un libero mercato dei servizi a livello comunitario. Per fronteggiare l esigenza di controllo sui prestatori, la Direttiva stabilisce un obbligo legale vincolante per gli Stati membri di collaborare con le autorità di altri Stati membri. Gli artt. da 36 a 43, d.lgs. n. 59/2010 disciplinano la collaborazione amministrativa tra gli Stati membri, per assicurare l attuazione della Direttiva 30. La collaborazione amministrativa di attua attraverso le seguenti attività, a carico delle autorità competenti: - mutua assistenza, al fine di fornire informazioni alle autorità competenti degli Stati membri, richieste per il controllo delle attività di servizi; - mutua assistenza in caso di deroghe individuali alla libertà di prestazione nei confronti di un operatore stabilito in un altro Stato membro, per motivi di sicurezza. In tal caso dovrà essere rispettata la procedura di cui all art. 43; - informazioni sull attività di prestatori, richieste da altri Stati membri; - svolgimento di attività ispettiva richiesta da altri Stati membri; 29 Come stabilisce l art. 26, comma 1 della direttiva 2006/123/CE. 30 Si vedano gli artt (capo VI) della Direttiva servizi.

12 - meccanismo di allerta: informazioni agli altri Stati membri di comportamenti di pericolo per la salute e la sicurezza delle persone, di prestatori, che operino anche nei loro territori; - attività di controllo nel caso di spostamento temporaneo del prestatore in un altro Stato membro o nel territorio nazionale. Tutti i contatti fra autorità competenti degli Stati membri avvengono attraverso il punto di contatto nazionale costituito dal Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, presso la Presidenza del Consiglio, che utilizza il sistema telematico di assistenza reciproca istituito dalla Commissione europea e denominato Imi-Internal Market Information 31. Le autorità competenti e, quindi, anche i comuni e gli Sportelli unici per le attività produttive dovranno registrarsi nel sistema IMI (art. 36, comma 6) tramite il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie (art. 36, commi 2 e 3). La Direttiva Servizi prevede che gli Stati membri prendano in esame le rispettive legislazioni che riguardano i servizi, per costruire un processo di convergenza delle disposizioni normative in materia di servizi, frutto di un confronto con la Commissione e di una valutazione reciproca fra Stati membri, del quale sono stabilite le prime tappe, fino al I compiti dei comuni nella liberalizzazione dei servizi rinvio La seconda parte dell articolo sarà pubblicata nel prossimo numero della rivista. Essa analizzerà i procedimenti disciplinati dalla seconda parte del D. Lgs. 59/2010 e il ruolo dello Sportello unico per le attività produttive. 31 Si veda al riguardo la Decisione della Commissione europea 2009/739/Ce in G.u.c.e. L 263 del 7ottobre 2009.

13 LO SPORTELLO UNICO, PERNO DELL APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA SERVIZI 2^ parte Nel numero precedente della rivista è stata proposta una lettura integrata della prima parte del D. Lgs. 59/2010 con la Direttiva 2006/123/CE, c.d. Direttiva servizi. In questa seconda parte dell articolo vengono analizzati i procedimenti in materia di servizi, che in gran parte devono essere gestiti dai comuni, e viene illustrato il ruolo che la disciplina attribuisce allo Sportello unico per le attività produttive. di Claudio Facchini, dirigente del settore sviluppo economico del Comune di Faenza pubblicato sulla rivista Azienditalia n. 1/2012, edita dall Ipsoa di Milano I procedimenti in materia di servizi Nella prima parte dell articolo 32 è stata esaminata la parte generale del D. Lgs. 59/2010, con una lettura integrata con la Direttiva 2006/123/CE. Ora si procede all analisi della seconda parte del medesimo decreto, che interviene a disciplinare espressamente alcuni procedimenti che, in gran parte devono essere gestiti dai comuni. I procedimenti di competenza del Ministero della giustizia Il titolo I della parte seconda del decreto stabilisce disposizioni relative ai procedimenti di competenza del Ministero della Giustizia. Per i professionisti, cade il divieto di essere iscritti agli ordini di tutti i Paesi nei quali intende operare, è sufficiente l iscrizione ad un solo Ordine di uno fra i Paesi membri dell Unione europea; inoltre, per esercitare, non è necessario risiedere in Italia. Il procedimento per l iscrizione agli Ordini professionali si svolge davanti al Consiglio dell Ordine e si conclude con silenzio assenso entro due mesi dalla presentazione della domanda. Le professioni coinvolte dalla riforma sono quelle di avvocato e procuratore, dottore agronomo e forestale, agrotecnico, attuario, perito agrario, giornalista, dottore commercialista ed esperto contabile, biologo, consulente del lavoro, geologo, tecnologo alimentare, geometra, perito industriale, assistente sociale. I procedimenti di competenza del Ministero dello sviluppo economico Le domande e le segnalazioni per svolgere attività di servizi vanno presentate allo Sportello unico per le attività produttive del comune competente per territorio. Con molta tempestività, il 6 maggio 2010, il Ministero dello sviluppo economico (Mise) ha emesso la Circolare esplicativa n. 3635/C dei procedimenti di propria competenza. In realtà non si tratta di procedimenti gestiti direttamente dal Mise, ma di procedimenti sui quali il Ministero esprime una competenza di indirizzo e di elaborazione della normativa nazionale, ma che sono gestiti principalmente dai comuni e dalle Camere di commercio. Nelle Premesse il Mise argomenta sulla competenza statale in materia di figure professionali, per assicurarne il carattere nazionale unitario e per sostenere che le Regioni non potranno derogare alla disciplina dettata su questo profilo. Il Mise è poi intervenuto con la Circolare n. 3637/C del 10 agosto 2010, in merito all applicazione della Scia in alcuni procedimenti disciplinati dal d.lgs. n. 59/ Cfr C. Facchini, La Direttiva servizi e il decreto 59/2010: una lettura integrata, in Azienditalia, n. 12/2011, pag. 881.

14 Somministrazione di alimenti e bevande L apertura dei pubblici esercizi (bar e ristoranti) è soggetta ad autorizzazione 33, rilasciata dal comune (art. 64, comma 1). A tal fine il comune dovrà verificare che siano rispettate le norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro (comma 6). Il trasferimento della sede dell azienda, con l introduzione della Scia, è soggetto a Segnalazione certificata di inizio attività (prima era Dia differita). Per operare nelle zone sottoposte a tutela (dove è prevista la programmazione delle aperture degli esercizi) e, quindi, anche per il trasferimento in tali zone, invece, sarà necessaria l autorizzazione (art. 64, comma 3). Nel caso di trasferimento della titolarità o della gestione dell attività si applica la Scia (prima era Dia ad efficacia immediata). Nel caso di trasferimento della titolarità a causa di morte, l erede che intenda proseguire nell attività ha sei mesi di tempo dall apertura della successione, per acquisire i requisiti professionali, se non li possiede. In ogni caso la Scia non è compatibile con il trasferimento in una zona nella quale sia prevista la programmazione del numero degli esercizi, ai sensi dell art. 64, comma 3, sarà necessaria l autorizzazione. In caso di subingresso il termine per l avvio dell attività è un anno, in coerenza con quanto previsto dall art. 64, comma 8, lett. b) 34. È soggetta a Scia (era Dia immediata) anche l avvio dell attività di somministrazione di alimenti e bevande riservata a particolari soggetti 35, quali, quelle svolte al domicilio del consumatore; nelle strutture ricettive; nelle autostrade, stazioni ferroviarie, ecc.; nelle strutture di intrattenimento e svago 36 ; nei circoli privati; nelle strutture degli enti privati o pubblici, rivolte ai propri dipendenti; nelle scuole, negli ospedali e in altre comunità; nei mezzi di trasporto pubblico. Per i circoli privati resta ferma la disciplina speciale dettata dal d.p.r. n. 235/ È mantenuta la subordinazione dell attività ai requisiti di sorvegliabilità dei locali 38. Il comma 3 dell art. 64 detta criteri ai quali devono attenersi i comuni nella programmazione del rilascio delle autorizzazioni a nuove attività di somministrazione di alimenti e bevande, intervenendo con ciò in una materia di competenza esclusiva regionale. Tale programmazione può essere prevista solo nelle zone del territorio da sottoporre a tutela, per salvaguardare gli aspetti artistici, storici, architettonici e ambientali; è espressamente previsto il divieto di una programmazione che si basi sul perseguimento dell equilibrio economico fra domanda e offerta di mercato, così come richiede la Direttiva servizi. La programmazione dovrà assicurare l interesse della collettività ad avere un servizio adeguato e l interesse dell imprenditore al libero esercizio dell attività. Essa, quindi, può limitare l apertura di nuovi servizi solo nei casi in cui, per esigenze di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità, nelle zone che si vogliono tutelare, si renda necessario limitare i flussi di pubblico per poter svolgere adeguatamente le azioni di controllo (in particolare del consumo dell alcol) assicurando il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla mobilità ordinaria. 33 L autorizzazione per l esercizio di somministrazione di alimenti e bevande è soggetta a silenzio assenso (vedi Consiglio di Stato n del 27 ottobre 1998). Tale modalità, peraltro, è confermata in generale dall art. 17, comma 1, d.lgs. n. 59/2010 e dalla Direttiva servizi all art. 13, comma L autorizzazione ed il titolo abilitativo decadono nei seguenti casi: a) ; b) qualora il titolare sospenda l attività per un periodo superiore a dodici mesi. Pertanto, nel caso in cui il subentrante non possegga i requisiti per esercitare l attività, potrà sospendere l attività per un periodo massimo di un anno, al termine del quale dovrà entrare in possesso di tali requisiti, pena la decadenza del titolo. Nel caso di trasferimento a causa di morte il termine di un anno decorre dal decesso del titolare (Tar Lazio, sez. II, n. 64/1994). 35 Si tratta delle tipologie di attività previste dall art. 3, comma 6 della legge 287/1991, Aggiornamento della normativa sull insediamento e sull attività dei pubblici esercizi, come sostituito dal comma 7 dell art. 64 del d.lgs. n. 59/2010, che si rivolgono ai clienti o ai dipendenti delle strutture stesse e non alla generalità del pubblico. 36 Erroneamente il d.lgs. n. 59/2010 fa riferimento, per questo caso, all art. 5, comma 1, lett. e) della legge 287/1991, che non esiste. Il contenuto del richiamo riporta invece alla lett. c) del medesimo art. 5, comma Regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati. 38 Stabiliti con decreto del Ministero dell interno 17 dicembre 1992, n. 564, Regolamento concernente i criteri di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande.

15 La normativa disciplina le condizioni di decadenza del titolo abilitativo (art. 64, comma 8), che si ha quando il titolare non possegga più i requisiti morali, sospenda l attività per più di dodici mesi, non attivi l attività entro 180 giorni, in caso di autorizzazione, e quando il locale perda i requisiti della sorvegliabilità; corrispondentemente viene abrogato l art. 4 della legge n. 287/1991, che disciplinava la Revoca dell autorizzazione. Il comma 9 inasprisce la sanzione per l esercizio abusivo dell attività. L abrogazione dei commi da 1 a 5 dell art. 3 della legge n. 287/1991 (c. 10), oltre a produrre l adeguamento del procedimento autorizzatorio e del procedimento programmatorio alla nuova disciplina, ha come effetto la decadenza della durata quinquennale dell autorizzazione, limite peraltro già stato superato dalle normative regionali. Commercio al dettaglio in esercizi di vicinato In materia di commercio al dettaglio, la comunicazione prevista dal d.lgs. n. 114/199839, è sostituita con la Scia (era Dia ad efficacia immediata). Sono interessate le seguenti attività di vendita: esercizi di vicinato, spacci interni, apparecchi automatici, per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione, presso il domicilio dei consumatori (artt. da 65 a 69). Commercio al dettaglio su aree pubbliche Oltre alle persone fisiche e alle società di persone, la norma estende la possibilità di esercitare il commercio al dettaglio su aree pubbliche alle società di capitali e alle cooperative, così come accade per gli altri Paesi della Unione europea. Tale modifica è finalizzata al rispetto della disposizione della Direttiva, che prevede che l attività di servizi non sia vincolata ad uno specifico statuto giuridico. Non sarà più il comune di residenza della persona fisica o della sede legale della persona giuridica a rilasciare l autorizzazione, ma il comune nel quale il prestatore intende avviare l attività. Ciò comporterà una rilevante attività di rilascio di nuove autorizzazioni da parte dei comuni presso i quali operano i commercianti non residenti. Tale prescrizione consente l adeguamento a quanto stabilito dalla Direttiva, che considera vietato, ai fini dell avvio di una attività di servizio, il possesso del requisito della residenza 40. Peraltro rimane valida la possibilità di esercitare sull intero territorio nazionale in caso di commercio svolto in forma itinerante. Secondo l originaria formulazione del d.lgs. n. 114/1998, la programmazione del numero dei posteggi nei mercati cittadini è svolta dai comuni sulla base della densità della rete distributiva e della popolazione residente e fluttuante. Ora tali criteri non sono più coerenti con la Direttiva servizi 41, pertanto il d.lgs. n. 59 limita tale intervento programmatorio ai casi in cui vi siano ragioni di sostenibilità ambientale e sociale, nonché di viabilità, che impediscano di svolgere adeguatamente le attività di controllo, in particolare del consumo di alcolici. Rileva al riguardo anche la vivibilità del territorio e la normale mobilità. In ogni caso i comuni potranno comunque introdurre limiti alla svolgimento del commercio su aree pubbliche per motivi di tutela delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale. In tali zone il comune dovrà acquisire il parere della Sovrintendenza per stabilire le aree nella quali il commercio su aree pubbliche è vietato o è sottoposto a particolari condizioni 42. Sarà una intesa in sede di Conferenza Unificata a stabilire i criteri per il rilascio o il rinnovo delle concessioni dei posteggi. A tal fine la Conferenza Unificata potrà derogare dai rigidi vincoli dell art. 16, del d.lgs. n. 59/ , che prevede che non si tenga conto dell anzianità sul posteggio acquisita dagli operatori, in occasione della scadenza delle concessioni e delle nuove assegnazioni. Le concessioni in scadenza nel frattempo potranno essere prorogate dai comuni, in attesa dei nuovi criteri. La Circolare Mise 3635/C argomenta sul contenuto dei criteri che saranno definiti in sede di Conferenza unificata (preannunciando con ciò alcune proposte del Governo). A tal fine ipotizza che 39 Tale comunicazione consentiva l avvio dell attività solo dopo 30 giorni dalla presentazione. 40 Si veda l art. 14, n. 1 della Direttiva servizi e il medesimo d.lgs. n. 59/2010, all art. 11, c. 1, lett. a). 41 Si veda l art. 14, n. 5 della Direttiva servizi e il medesimo d.lgs. n. 59/2010, all art. 11, c. 1, lett. e). 42 Ai sensi dell art. 52 del d.lgs. n. 42/2004, Codice dei beni culturali. 43 Corrispondente all art. 12 della Direttiva servizi.

16 possano essere previsti limiti al numero dei posteggi concedibili ad una stessa impresa nella medesima area di mercato per garantire una maggiore gamma di prodotti e di offerte ed un sufficiente confronto concorrenziale. Grandi superfici di vendita La norma non dispone nulla in relazione alle medie e grandi superfici di vendita, sottoposte a regime autorizzatorio dal d.lgs. n. 114/1998. Non sono escluse dall applicazione della Direttiva, ma non sono disciplinate. In via di principio sarebbe necessario argomentare nel senso della liberalizzazione, in quanto non viene giustificato il mantenimento del regime autorizzatorio. Ma questo appare paradossale in relazione al contesto economico in cui opera la grande distribuzione, pertanto è ragionevole considerare in vigore la disciplina emergente dal d.lgs. n. 114/1998 e dalle leggi regionali, che hanno stabilito norme di programmazione urbanisticocommerciale; a volte di carattere quantitativo a volte di carattere qualitativo. Sarebbe necessario valutare se le restrizioni quantitative o urbanistiche possano essere compatibili con le condizioni di non discriminazione, necessità o proporzionalità di cui all art. 15, comma 3, della Direttiva servizi. Potranno intervenire al riguardo le singole Regioni. Per giustificare il mantenimento del regime autorizzatorio si potrebbe considerare la condizione di necessità legata ad uno dei motivi imperativi di interesse generale riconosciuto dalla Corte di Giustizia (art. 4, punto 8 della Direttiva), quello che fa riferimento alla tutela dei consumatori. In effetti uno sviluppo programmato della grande distribuzione consente di evitare condizioni di monopolio, che danneggerebbe, appunto, i consumatori e di diversificare le forme di offerta commerciale, favorendo, in determinate zone, i servizi di prossimità. Anche la tutela dell ambiante è un motivo imperativo di interesse generale che si può richiamare in questo caso. Quindi, per le medie e grandi superfici di vendita rimane l autorizzazione. Come detto, sarebbe stato necessario, ai sensi della Direttiva, che l intervento statale avesse effettuato una ricognizione di tutti i procedimenti, compreso quello per medie e grandi superfici di vendita, motivando il mantenimento della programmazione e dell autorizzazione sulla base di motivi imperativi di interesse generale. In ogni caso i comuni, al di là degli strumenti di programmazione commerciale per medie e grandi strutture di vendita, possono regolamentare il settore con gli strumenti urbanistici. Diffusione della stampa quotidiana e periodica Lo schema di decreto, proposto inizialmente dal Governo prevedeva anche un articolo finalizzato alla liberalizzazione del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica. Esso stabiliva la sostituzione dell autorizzazione con la Dia (oggi Scia) e abrogava l attuale disciplina programmatoria dei punti di vendita di quotidiani e riviste, analogamente a quanto stabilito per i pubblici esercizi di somministrazione. Tuttavia, l articolo è stato stralciato a seguito delle proposte in tal senso delle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato. Queste hanno osservato che la rete di vendita delle edicole italiane non è un sistema concorrenziale (i prezzi non sono stabiliti dai rivenditori, così come quantità e tipo di pubblicazioni da vendere). Essa è piuttosto un servizio di pubblica utilità, che garantisce la presenza anche ai piccoli editori, in attuazione dell art. 21 della Costituzione sulla libertà di stampa. Pertanto la normativa attuale 44 è stata ritenuta coerente con la Direttiva servizi, anche alla luce del Considerando Va rilevato che alcuni commentatori, rifacendosi alla disciplina generale dei servizi, contenuta nella prima parte del d.lgs. n. 59/2010, ritengono che il settore sia liberalizzato. Analoga è stata l interpretazione di alcune Regioni. In mancanza di un espresso intervento del legislatore, saranno gli operatori e i giudici a deciderne il destino. 44 D.lgs. n. 170/2001, Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell'articolo 3 della L. 13 aprile 1999, n Il Considerando 11 recita, fra l altro: La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di applicare le loro norme e i loro principi fondamentali in materia di libertà di stampa e di espressione.

17 Requisiti per l accesso al commercio L art. 71 stabilisce i requisiti morali (commi 1-5) per l accesso e l esercizio delle attività commerciali di vendita al dettaglio e di somministrazione di alimenti e bevande. Il comma 6 stabilisce i requisiti professionali per l accesso e l esercizio delle attività commerciali alimentari di vendita al dettaglio e di somministrazione di alimenti e bevande. Con questa disciplina, combinata con l art. 84, Clausola di cedevolezza, vengono eliminate le differenze regionali nei requisiti di onorabilità e professionalità, necessari per l accesso al commercio. Infatti le Regioni potranno legiferare per l applicazione della Direttiva servizi nelle materie di competenza esclusiva e concorrente, provocando la decadenza delle norme del d.lgs. n. 59/ Seconda parte, ma fino a quando non interverranno nuove normative regionali, il d.lgs. n. 59 prevarrà sulle vecchie. Tuttavia va considerato che, dovendo assicurare parità di trattamento fra gli operatori, è dubbio il margine che le regioni avranno per legiferare al riguardo, in attuazione della Direttiva servizi, vista la riserva di cui all art. 1, comma 2, d.lgs. n. 59/2010. Tale lettura è rafforzata da quanto disposto all art. 41, comma 1, lett. i) della legge delega n. 88/2009, che richiama la necessità di garantire il carattere unitario nazionale dell individuazione delle figure professionali con i relativi profili ed eventuali titoli abilitanti. Anche la Corte costituzionale ha affermato che, in materia di professioni, è riservata allo Stato l individuazione delle figure professionali e la disciplina dei titoli di abilitazione all esercizio professionale. Acconciatore ed estetista La semplificazione relativa alle attività di acconciatore ed estetista prevede la sostituzione dell autorizzazione con la Scia (era Dia ad efficacia immediata), da presentare allo Sportello unico per le attività produttive. Peraltro, le Regioni, in attuazione della legge n. 174/ , avevano già introdotto la Dia, che oggi è trasformata in Scia. Per l attività di acconciatore si prevede che il responsabile tecnico garantisca la propria presenza, durante lo svolgimento dell attività. Per l attività di estetista viene esplicitato che può essere esercitata anche in forma di impresa individuale o societaria, ma comunque artigianale. Anche in questo caso deve essere designato un responsabile tecnico che assicuri la presenza durante lo svolgimento dell attività, per ciascuna sede. Attività di tintolavanderia Per esercitare l attività di tintolavanderia viene prevista la presentazione della Scia (era Dia ad efficacia immediata) allo Sportello unico per le attività produttive. La normativa precedente non prevedeva alcuna forma di abilitazione (autorizzazione o Dia). Le imprese esistenti sono autorizzate a continuare l attività, in attesa della disposizioni regionali che dovranno disciplinare termini e modalità per la designazione del responsabile tecnico. Si tratta di un nuovo procedimento che prima il comune non conosceva. Attività di facchinaggio Viene eliminata la previsione di doppia presentazione della Dia, oggi Scia. Non è più necessaria anche la presentazione della Dia all autorità di pubblica sicurezza ai sensi del d.p.r. n. 342/ Attività di intermediazione commerciale e di affari, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo, spedizioniere Il d.lgs. n. 59/2010 sopprime i ruoli o elenchi camerali, nei quali era prevista l iscrizione per poter svolgere le attività di intermediazione commerciale e di affari, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo, spedizioniere. Vengono mantenuti i requisiti previsti dalla legislazione vigente, soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari per poter svolgere le attività in oggetto; essi dovranno essere attesati nella dichiarazione di inizio attività. La normativa, infatti, introduce la Scia (era Dia differita), come nuova modalità di accesso, da presentare alla Camera di commercio per il tramite dello Sportello unico per le attività produttive. 46 Disciplina dell attività di acconciatore. 47 Regolamento recante semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di lavori di facchinaggio.

18 In questi casi il ruolo del Suap appare meramente formale e costituisce un aggravamento del procedimento, rispetto alla presentazione diretta della Scia alla Camera di commercio, che ha competenza in materia. La Camera di commercio, infatti, dovrà iscrivere tali prestatori, a seconda dei casi, nel Registro delle imprese o nel Repertorio delle notizie economiche o amministrative (Rea), per assicurare la conoscibilità delle abilitazioni. Tali disposizioni, per trovare piena applicazione, dovranno attendere il decreto del Ministro dello sviluppo economico che dovrà disciplinare le nuove procedure di iscrizione al Registro delle imprese e al Rea 48 (art. 80). I procedimenti di competenza di altre amministrazioni Spedizioniere doganale Vengono eliminate le limitazioni territoriali prima vigenti per l esercizio di tale attività, coerentemente con il principio della libera circolazione dei servizi sul territorio nazionale. Inoltre vengono semplificati i requisiti per accedere all esame di ammissione. Strutture turistico-ricettive L apertura, il trasferimento e le modifiche riguardanti le strutture turistico-ricettive sono soggetti a Scia (era Dia differita), nel rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, di pubblica sicurezza, igienico sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro. Non è stata accolta la proposta delle Commissioni parlamentari di prevedere la Dia ad efficacia immediata, ma l introduzione della Scia ha risolto i problemi. Il ruolo del Suap nella disciplina sulla liberalizzazione dei servizi Come richiesto dalla Direttiva servizi (art. 6) e come preannunciato dalla legge delega 49, il d.lgs. n. 59/2010 individua nello Sportello unico per le attività produttive, di cui all art. 38, del d.l. n. 112/2008, il punto unico di accesso sul territorio comunale, al quale i prestatori presentano le domande necessarie per l accesso all attività di servizi e per il loro esercizio (art. 25, comma 2). I prestatori, per tali fini, potranno rivolgersi anche alle Agenzie per le imprese, previste al comma 3, lett. c) del d.l. n. 112/2008. Nel caso in cui la domanda (o dichiarazione) per l accesso all attività di servizi sia presentata contestualmente alla comunicazione unica per la nascita dell impresa 50, essa dovrà essere presentata al Registro delle imprese presso la Camera di commercio, che dovrà trasmetterla immediatamente allo Sportello unico. Mentre per le attività che non richiedono iscrizione al Registro delle imprese, il collegamento con lo Sportello unico per le attività produttive dovrà essere assicurato dal portale (art. 25, comma 5). Il Regolamento attuativo dello Sportello unico assicura che tutte le procedure per l accesso all attività di servizi siano espletate in via telematica 51. A tal fine, il comma 4 dell art. 25 del d.lgs. n. 59 prevede che, nel caso in cui il comune non abbia istituito lo Sportello unico per le attività produttive o questo non sia in grado di essere punto unico di contatto e di assicurare il collegamento telematico con la ComUnica, l esercizio delle relative funzioni è delegato, anche in assenza di provvedimenti espressi, alle Camere di commercio. Tale disposizione è incongruente con il concetto 48 Il Repertorio economico amministrativo (Rea) è previsto dall art. 8, lett. d) della legge 580/93 e dall art. 9 del d.p.r. n. 581/ La delega è contenuta nell art. 41 della legge n. 88/2009, Legge comunitaria 2008, che al comma 1, lett. l) indica nello Sportello unico per le attività produttive il punto unico di contatto per l espletamento di tutte le procedura da parte dei prestatori. 50 Disciplinata dall art. 9 del d.l. n. 7/2007, Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnicoprofessionale e la rottamazione di autoveicoli. 51 Tale obbligo non riguarda (art. 8 della Direttiva servizi): - i controlli del luogo in cui il servizio è prestato; - i controlli delle attrezzature utilizzate dal prestatore; - l esame fisico dell idoneità o dell integrità personale del prestatore o del suo personale.

19 di delega, che prevede una volontà del delegante ed un provvedimento espresso, nonché con i contenuti dell art. 38 del d.l. n. 112/2008, che non richiama l inciso anche in assenza di provvedimenti espressi. Essa, inoltre, è lesiva dell autonomia degli Enti locali. Lo Sportello unico per le attività produttive dovrà ricevere domande e dichiarazioni, gestire il procedimento se di competenza del comune (o trasmettere la documentazione all autorità competente, se diversa dal comune, affinché provveda all istruttoria), svolgere i controlli previsti dalle normative di settore e rilasciare l autorizzazione, se prevista. Il prestatore dovrà poter espletare tutte le formalità richieste per l accesso e l esercizio presso lo Sportello unico, comprese le domande di inserimento in registri e ruoli o di iscrizione a ordini, albi, ecc. (art. 25, comma 6). Il Suap dovrà anche fornire assistenza sul modo in cui i requisiti per l accesso e l esercizio dell attività di servizi vengono interpretati e applicati, comunicando con un linguaggio semplice (art. 26, comma 2). Esso, inoltre, deve assicurare ai prestatori le informazioni previste dall art. 26, comma 1 (conformemente all art. 7 della Direttiva servizi): a) i requisiti imposti in Italia per poter accedere e svolgere le specifiche attività di servizi; b) i riferimenti per entrare in contatto con le autorità competenti al rilascio dell autorizzazione e alla gestione dei singoli procedimenti. Infatti la costituzione dello Sportello unico per le attività produttive non comporta il trasferimento delle competenze delle diverse pubbliche amministrazioni al comune. Queste rimangono responsabili del procedimento e dei controlli, compreso il rilascio dell eventuale autorizzazione, se prevista. Lo Sportello unico assicurerà il contatto con il prestatore sia per la ricezione della domanda o dichiarazione, sia per la consegna dell autorizzazione; c) i mezzi e le condizioni di accesso ai pubblici registri; d) i mezzi di ricorso in caso di controversie tra autorità competenti e il prestatore o il destinatario, tra un prestatore e un destinatario o tra prestatori; e) i dati delle associazioni o altre organizzazioni presso i quali i prestatori possano ottenere assistenza pratica. Lo Sportello unico deve rispondere con la massima sollecitudine alle domande di informazioni e alle richieste di assistenza (art. 26, comma 3). Ovviamente dovrà informare immediatamente l utente, nel caso egli avesse rivolto richieste infondate o irregolari, affinché possa riformularle e il Suap possa rispondere adeguatamente. Al riguardo tutte le autorità competenti, Ministeri, Regioni, Province e Camere di commercio dovranno comunicare a tutti gli Sportelli unici per le attività produttive tutte le informazioni previste dall art. 26, comma 1, dall elenco dei procedimenti di propria competenza in materia di servizi ai requisiti richiesti per ciascuno di essi, dai dati necessari per contattare gli uffici delle medesime autorità, al fine dello svolgimento del procedimento, all assistenza che le pubbliche amministrazioni devono assicurare ai prestatori (art. 26, comma 2), oppure fornire un link alle pagine del proprio sito istituzionale predisposte allo scopo di fornire le informazioni e l assistenza richieste oppure ancora dovranno essere presenti in modo adeguato sul sito impresainungiono. Tutte le autorità dovrebbero assicurare, sempre tramite lo Sportello unico, gli adempimenti richiesti dal titolo VI della parte prima del decreto, in materia di qualità dei servizi. In mancanza di tali iniziative informative la Direttiva servizi rischia gravi lacune applicative. Le autorità competenti e, quindi, anche il Suap per i procedimenti di competenza comunale, dovranno tenere valida la documentazione rilasciata da un altro Stato membro che abbia finalità equivalenti a certificare il rispetto di un requisito richiesto per accedere ed esercitare una specifica attività di servizi (art. 27), ad esclusione dei casi stabiliti al comma 2 dell art. 27. Tale documentazione potrà essere fornita anche in fotocopia e in lingua del Paese di origine. Documenti originali o in copia conforme o di traduzione autenticata possono essere richiesti solo se espressamente previsti da altre normative settoriali di attuazione di norme comunitarie o per motivi imperativi di interesse generale. Se necessario, le autorità competenti potranno richiedere traduzioni in italiano, non autenticate. È comunque evidente che gli operatori delle pubbliche amministrazioni responsabili di procedimenti in materia di servizi dovranno acquisire, sia pure gradualmente, competenze linguistiche e soprattutto di conoscenza del diritto e della prassi amministrativa degli altri Stati membri, per riconoscere la conformità giuridica di un documento rilasciato da un autorità di tali altri Stati.

20 Tali norme, peraltro, non si applicano espressamente ad una serie di documenti indicati dal comma 4 dell art. 5 della Direttiva servizi, fra i quali quelli relativi alle procedure di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, quelli relativi allo svolgimento della professione di avvocato in un diverso Stato membro, ecc. Per consentire le attività di controllo sulle condizioni di lavoro, in particolare delle imprese che distaccano temporaneamente lavoratori in Italia (art. 23), i prestatori di servizi dovrebbero fornire allo Sportello unico per le attività produttive, la documentazione relativa alle condizioni contrattuali dei lavoratori impiegati: numero, qualifiche, tipo di contratto e condizioni contrattuali dei lavoratori che svolgeranno la loro opera in Italia. Ma tale prescrizione non compare nella normativa. Senza tali informazioni sarà pertanto difficile verificare la corretta applicazione delle norme di diritto del lavoro e difendersi dal ricorso al lavoro nero di cittadini comunitari presenti in Italia, che potrebbero figurare come assunti nei paesi di provenienza. Un imprenditore italiano che intenda svolgere l attività in un altro Paese membro e che, quindi, sia alla ricerca dello sportello unico al quale rivolgersi, potrà iniziare la ricerca dal sito Analogamente potrà procedere un imprenditore di un altro Stato membro che intenda verificare la possibilità di svolgere un attività di servizi in Italia. Dal medesimo sito sarà indirizzato al portale che dovrebbe fornire tutte le informazioni e re-indirizzare agli Sportelli unici operanti nei singoli territori. A tal fine i comuni e i relativi Sportelli unici dovranno essere inseriti nel portale. Il prestatore è obbligato a comunicare allo Sportello unico per le attività produttive i seguenti cambiamenti (art. 25, comma 7): - l apertura di filiali per l attività autorizzata; - i cambiamenti che comportino la modifica o il venire meno delle condizioni che hanno portato al rilascio dell autorizzazione. Il Suap dovrà trasmettere immediatamente tali comunicazioni alle autorità competenti. La Circolare del Ministero dello sviluppo economico n. 3635/C del , così come numerosi ed autorevoli commenti, sostiene che le disposizioni in merito alla semplificazione amministrativa potranno trovare applicazione solo dopo che sarà entrato in vigore il Regolamento sullo Sportello unico per le attività produttive, previsto dall art. 38 del d.l. n. 112/2008. Tale considerazione non è condivisibile, perché lo Sportello unico per le attività produttive esisteva già 52, ma ora, con la pubblicazione del d.p.r. n. 160/2010, il problema è risolto. In molti casi, però, il procedimento unico per l avvio dell attività rimarrà una aspirazione, se non verrà svolta un opera profonda di revisione della normativa, che il Governo italiano non è però riuscito a svolgere in tre anni, da quanto la Direttiva servizi è stata applicata. Solo un esempio. Un imprenditore che intenda svolgere un attività di somministrazione di beni e servizi dovrà ottenere una autorizzazione da parte del Suap, ma con essa non esaurirà tutti gli adempimenti burocratici : dovrà presentare una notifica per gli aspetti sanitari 53 ; dovrà ottenere una licenza fiscale per la somministrazione di alcolici 54 ; dovrà presentare una Scia per l installazione di giochi leciti 55 ; dovrà richiedere e ottenere una specifica concessione, per occupare il suolo pubblico con allestimenti esterni all esercizio. Il d.lgs. n. 59/2010 non disciplina l eventuale applicazione di spese per l istruttoria, al riguardo i comuni dovranno tenere conto che la tassa che può essere riscossa dagli Sportelli unici dovrebbe essere proporzionale al costo delle procedure e delle formalità espletate (Considerando 49 della Direttiva servizi). 52 Ai sensi del d.l. n. 112/1998, artt bis, e del d.p.r. n. 447/ Notifica ai fini della registrazione ai sensi dell art. 6 del regolamento. CE 852/ Ai sensi del d.lgs. n. 26 ottobre 1995, n. 504, Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative. 55 Ai sensi dell art. 110 del Tulps r.d. 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

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