STUDIO E SPERIMENTAZIONE DI METODOLOGIE E RELAZIONE. POR Calabria Asse 1 Risorse naturali Misura 1.4 Sistemi insediativi

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1 POR Calabria Asse 1 Risorse naturali Misura 1.4 Sistemi insediativi Azione 1.4c Azioni di studio, programmazione, monitoraggio, valutazione e informazione finalizzati alla predisposizione e gestione di politiche integrate d intervento di difesa del suolo REPUBBLICA ITALIANA STUDIO E SPERIMENTAZIONE DI METODOLOGIE E TECNICHE PER LA MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO Lotto progettuale n 6 Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con REGIONE CALABRIA Assessorato Cultura, Istruzione e Ricerca RELAZIONE Università della CALABRIA Prof. Patrizia PIRO (Responsabile Scientifico) Prof. Salvatore DE ROSA Prof. Giancarlo PRINCIPATO Ing. Attilio Fiorini MOROSINI Università degli Studi di PADOVA Prof. Luigi DA DEPPO Prof. Paolo SALANDIN Prof. Giorgio CASSIANI Ing. Rita DEIANA DHI ITALIA Ing. Karsten HAVNO Ing. Michele BUFFO Ing. Silvia TORRETTA

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3 POR Calabria Asse 1 Risorse naturali Misura 1.4 Sistemi insediativi Azione 1.4c Azioni di studio, programmazione, monitoraggio, valutazione e informazione finalizzati alla predisposizione e gestione di politiche integrate d intervento di difesa del suolo REPUBBLICA ITALIANA STUDIO E SPERIMENTAZIONE DI METODOLOGIE E TECNICHE PER LA MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO Lotto progettuale n 6 Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con REGIONE CALABRIA Assessorato Cultura, Istruzione e Ricerca RELAZIONE Responsabile scientifico Prof. Patrizia Piro

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5 SOMMARIO PREMESSA... 1 METODOLOGIA PROPOSTA... 3 LAVORI CITATI CARATTERIZZAZIONE IDROLOGICA DI ALCUNI CORSI D ACQUA CALABRESI... 7 LAVORI CITATI APPLICAZIONE DI METODOLOGIE DI DIVERSO TIPO, A PARTIRE DA QUELLE PIÙ SEMPLICI, BASATE SULLE CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE E IDROLOGICHE DEL BACINO a) ANALISI E SVILUPPO DI METODI PER IL CALCOLO DEL DMV E COMPARAZIONE TRA LE METODOLOGIE PROPOSTE IN LETTERATURA E IL CRITERIO IN USO PRESSO L ABR b) ANALISI DI SENSITIVITÀ DELLE METODOLOGIE ANALIZZATE c) POSSIBILI MODIFICAZIONI DEL CRITERIO DELL ABR DELLA CALABRIA LAVORI CITATI INDIVIDUAZIONE E ANALISI DEI CORSI D ACQUA CAMPIONE: CARATTERIZZAZIONE MORFOLOGICA, IDROLOGICA E FISIOGRAFICA AREA DI STUDIO CARATTERIZZAZIONE IDROMORFOLOGICA DEI BACINI OGGETTO DI STUDIO Fiume Crati Caratteristiche fisiografiche Caratteristiche Idrologiche Precipitazione media annua Temperatura media annua Evapotraspirazione media annua Fiume Coscile Caratteristiche fisiografiche Caratteristiche Idrologiche Precipitazione media annua Temperatura media annua Evapotraspirazione media annua LAVORI CITATI INDIVIDUAZIONE DI PIÙ RECENTI INDIRIZZI DI LETTERATURA TECNICA PER LA DETERMINAZIONE DEL DMV CON APPLICAZIONE DEL METODO INDICATOR OF HYDROLOGIC ALTERATION - RANGE OF VARIABILITY APPROACH (IHA-RVA) AI CORSI D ACQUA CAMPIONE RILASCIO DI PORTATA Criterio dell Autorità di Bacino della Calabria Realizzazione pratica del rilascio prescritto DEFINIZIONE DI TRATTI CAMPIONE Tratto campione 1: F. Crati Calcolo frazione costante del DMV (criterio ABR Calabria) I

6 II Tratto campione 2: F. Coscile Calcolo frazione costante del DMV (criterio ABR Calabria) FASE 1: CARATTERIZZAZIONE IDROLOGICA DI DETTAGLIO Caratterizzazione idrologica come condizione di riferimento Metodo IHA Parametri IHA Parametri sintetici Environmental flow components Elaborazioni Condizioni idrologiche di riferimento Caratterizzazione idrologica del F. Crati a Conca Caratterizzazione idrologica del F. Coscile a Camerata FASE 2: QUANTIFICAZIONE DELL ALTERAZIONE IDROLOGICA Metodo RVA Applicazione pratica e limiti del metodo RVA FASE 3: MODIFICAZIONE DEL RILASCIO DI PORTATA AI FINI DELLA RIDUZIONE DELL ALTERAZIONE IDROLOGICA Curve di alterazione idrologica Definizione dell Ecological Quality Ratio (EQR) Curva di alterazione idrologica del F. Crati a Conca Rilascio secondo le prescrizioni vigenti Rilascio della sola frazione costante Rilascio con valori diversi della frazione costante Curva di alterazione idrologica del F. Coscile a Camerata VALUTAZIONI SUL CRITERIO DI RILASCIO DELL ABR DELLA CALABRIA E CONCLUSIONI LAVORI CITATI VALUTAZIONE DELL ENTITÀ DEGLI APPORTI INQUINANTI PROVENIENTI DA ATTIVITÀ ANTROPICA AFFERENTI AI TRATTI DEI FIUMI CRATI E COSCILE I CARICHI DI ORIGINE ZOOTECNICA I CARICHI DI ORIGINE AGRICOLA I CARICHI DELLE ACQUE METEORICHE DILAVANTI SU AREE URBANE I CARICHI DI ORIGINE CIVILE LAVORI CITATI MODELLO DI GESTIONE DEL BILANCIO IDRICO E DEI CARICHI INQUINANTI (CODICE MIKE BASIN DEL DHI WATER ENVIRONMENT HEALTH) IMPLEMENTAZIONE DEL SISTEMA MODELLISTICO IL MODELLO DI BILANCIO IDRICO LA SCHEMATIZZAZIONE IN SOTTOBACINI LE CONDIZIONI IDROLOGICHE DI RIFERIMENTO MAPPATURA DELLE FALDE IN BASE A CRITERI DI QUALITÀ CALIBRAZIONE DEI MODELLI D INTERAZIONE FRA ACQUE SOTTERRANEE E ACQUE SUPERFICIALI METODOLOGIE INNOVATIVE PER L INTERPRETAZIONE DI TEST CON TRACCIANTE SALINO LINEE GUIDA PER LA MAPPATURA DELLA SALINITÀ DEGLI ACQUIFERI CON TECNICHE GEOFISICHE LAVORI CITATI PROCEDURA PER L IDENTIFICAZIONE DELL INDICE DI FUNZIONALITÀ FLUVIALE (I.F.F.) INDAGINE SPERIMENTALE E APPLICAZIONE A TRATTI DEI BACINI IN OSSERVAZIONE

7 8.2 FIUME CRATI Scheda 1 - tratto Scheda 2 - tratto Scheda 3 - tratto Scheda 4 - tratto Scheda 5 - tratto FIUME COSCILE Scheda 1 - tratto RISULTATI I.F.F. - FIUME CRATI RISULTATI I.F.F. - FIUME COSCILE LAVORI CITATI I PASSAGGI PER PESCI INTRODUZIONE CENNI STORICI E ATTUALITÀ QUADRO NORMATIVO LA PIANIFICAZIONE A SCALA DI BACINO IDROGRAFICO Gli indici di priorità Calcolo degli indici di priorità ASPETTI SCIENTIFICI E CONSERVAZIONISTICI PER I CORSI D ACQUA DELLA CALABRIA Continuità fluviale: basi scientifiche, normative e valore conservazionistico Specie ittiche di riferimento per la Calabria Particolarità dei corsi d acqua calabresi GENERALITÀ TECNICHE SUI PASSAGGI PER PESCI Il corretto iter progettuale Classificazione e rassegna delle principali tipologie di passaggio artificiale I PASSAGGI TECNICI Criteri di progettazione delle scale a bacini successivi Le scale Denil Criteri di progettazione delle scale Denil I PASSAGGI CLOSE TO NATURE : LE RAMPE DI RISALITA Criteri di progettazione delle rampe di risalita UN ESEMPIO SIGNIFICATIVO: IL PASSAGGIO PER PESCI SUL TORRENTE COMANO (FI) PRINCIPALI INIZIATIVE DI RICERCA SVILUPPATE DALL UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA: INDICE DI FUNZIONALITÀ FLUVIALE E PROPOSTA DI RIQUALIFICAZIONE DI UN TRATTO DEL FIUME SAVUTO Descrizione del bacino Conoscenza della fauna ittica e scelta della tipologia di passaggio per pesci più idoneo Studio dell Indice di Funzionalità Fluviale (I.F.F.) Applicazione dell Indice di Funzionalità Fluviale e suggerimenti di ingegneria naturalistica da realizzare sul fiume Savuto e sui principali affluenti Conclusioni PRINCIPALI INIZIATIVE DI RICERCA SVILUPPATE DALL UNIVERSITÀ DI BOLOGNA: IMPATTO ED EFFICIENZA DI UNA SCALA PER LA RISALITA DEI PESCI Obiettivi Metodi Lavoro di campagna III

8 Analisi di laboratorio Elaborazione dati Risultati e discussione CONCLUSIONI LAVORI CITATI CONCLUSIONI INDICE DELLE FIGURE INDICE DELLE TABELLE IV

9 Premessa L ecosistema fluviale, così come tutti i sistemi naturali, è il risultato della interazione di un complesso di fattori, biotici e abiotici, che concorrono alla determinazione di uno o più particolari habitat; l equilibrio delle caratteristiche ambientali è in continua evoluzione e determina, in particolar modo nei corsi d acqua a regime torrentizio, habitat particolarmente instabili e sensibili alle minime variazioni dei parametri idrologici e della qualità delle acque. Un evidente e caratteristico fattore che influenza un corso fluviale è costituito dalla variazione delle portate lungo l asta nel corso dell anno, e in particolare tra la stagione invernale e quella estiva; tale variazione determina una diversità ambientale, specialmente nell alto e medio tratto del fiume che si riflette nello sviluppo di un popolamento ittico con alto grado di diversità biologica. La crescita demografica, il cambiamento del tenore di vita e delle abitudini delle popolazioni, lo sviluppo agricolo, l industrializzazione, una politica spesso poco attenta alla conservazione delle risorse, lo sfruttamento incontrollato delle riserve d acqua dolce hanno innescato un processo che diviene sempre meno compatibile con la conservazione degli ambienti acquatici. Così, in particolare per i corsi d acqua, fiumi e torrenti, il rischio reale è che la captazione o la derivazione di grandi quantità d acqua vada ad incidere pesantemente su quello che è il delicato equilibrio tra l ambiente e le comunità animali e vegetali che lo popolano. Tra i numerosi fattori che concorrono ad alterare la naturale evoluzione e diversità degli ambienti fluviali, particolare rilevanza assumono le opere di diversione e di ritenuta per scopi idroelettrici, irrigui e idropotabili che modificano in modo radicale il naturale deflusso delle acque. La realizzazione di tali opere, in generale, comporta delle modifiche evidenti dei parametri idrologici, riscontrabili sulla variazione della velocità e della profondità della corrente, della morfologia dell alveo, delle caratteristiche del substrato, dei parametri chimico-fisici delle acque, causando alterazioni ambientali che si riflettono su tutte le comunità animali e vegetali del corso d acqua. La presenza, inoltre, di sbarramenti, specialmente se sprovvisti di strutture come rampe di risalita o di rimonta che permettono i naturali spostamenti di alcune specie ittiche lungo il corso del fiume, comporta la scomposizione dell asta fluviale in diversi sottobacini e l innaturale confinamento e isolamento di alcune popolazioni ittiche. Tali sbarramenti rappresentano un limite invalicabile per il popolamento ittico (Piro P. et al., 2002). 1

10 La portata idraulica dipende dalle condizioni meteorologiche, dalle dimensioni e dalle caratteristiche geomorfologiche del bacino idrografico, dalle relazioni esistenti con la falda acquifera, dalle captazioni e/o derivazioni. La necessità di tutelare gli ecosistemi fluviali ha portato gli strumenti normativi e pianificatori all introduzione del parametro Deflusso Minimo Vitale (DMV), di estrema importanza per la tutela delle acque e per la disciplina delle concessioni di derivazioni. Il Deflusso Minimo Vitale (DMV) nei corsi d acqua e la qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei sono oggetto della normativa italiana in materia di tutela delle acque (Decreto 152/99), recentemente modificata (Decreto 152/2006) in recepimento della normativa europea (Direttiva 2000/60/CE Acque ). Inoltre, il DMV è disciplinato dalla specifica normativa italiana (Decreto del Ministero dell Ambiente 28/7/2004) e le sue valutazioni sono generalmente basate sull assunzione di un valore costante della portata da rilasciare. Riguardo al DMV nei corsi d acqua, nella normativa il problema viene interpretato più genericamente come qualità idrologica e morfologica del corso d acqua, correlata agli aspetti di qualità chimico-fisica delle acque, che congiuntamente concorrono a determinare lo stato ambientale complessivo del corso d acqua stesso. Il DMV, di conseguenza, non può più essere trattato in forma disgiunta dalla qualità delle acque e deve essere accompagnato necessariamente da un giudizio di qualità idromorfologica. L approccio, quindi, deve essere necessariamente di tipo multidisciplinare e non può essere eseguita un analisi separata dei diversi aspetti che concorrono a determinare la qualità complessiva del corpo idrico. Nel contempo, gli studi sull enviromental flow si muovono nella direzione di considerare un regime di deflusso in cui il volume destinato a scopi di tutela dei corsi d acqua è una combinazione di volumi idrici rilasciati su base temporale mensile o ancora inferiore. In tale contesto scientifico e in considerazione dell esigenza di fornire criteri realmente applicabili nella pratica gestionale, l approccio proposto si basa sul paradigma dei deflussi naturali, secondo il quale l intero range delle variazioni annuali e pluriennali del regime idrologico (con le sue caratteristiche di portata, frequenza, durata, timing e rapidità) è determinante nel sostenere la biodiversità e l integrità degli ecosistemi acquatici (Principato G. e Viggiani G., 2006). La presente proposta progettuale è finalizzata alla definizione di metodi funzionali all analisi dello stato ambientale dei corsi d acqua - con particolare riferimento al problema dei rilasci a valle delle derivazioni idriche (DMV) - e dei corpi idrici sotterranei. Trattasi di metodi di calcolo di varia complessità, commisurati alla effettiva 2

11 disponibilità di dati, e di metodi di indagine in campo, di seguito dettagliati, unitamente alle attività da sviluppare per il raggiungimento degli obiettivi. In altri termini, considerata la carenza di dati di qualità ecologica (caratteristica, del resto, della maggior parte dei fiumi europei) e le perduranti difficoltà di tradurre le conoscenze ecologiche in prescrizioni operative di agevole uso pratico, si propone un approccio abiota-biota, non prendendo inizialmente e direttamente in considerazione la qualità ecologica dei corsi d acqua. Questi ultimi devono comunque essere sottoposti a verifiche di tipo ecologico in sito-specifiche, successivamente alle fasi prese in considerazione nella presente proposta progettuale. Il metodo IHA-RVA, sviluppato sulla base dell approccio suddetto, è funzionale alla caratterizzazione idrologica dei corsi d acqua e alla successiva valutazione dell alterazione idrologica conseguente alla derivazione di un aliquota della portata. Tale metodo, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, può essere applicato, nella sua forma completa, ai tratti dei corsi d acqua con disponibilità di serie storiche di misure di portata sufficientemente estese (Principato e Viggiani, 2006). All elevato grado di innovazione del metodo IHA-RVA si intende, come richiesto, unire una contemporanea revisione critica dei metodi tradizionali per la stima del DMV, con riguardo al problema sostanziale e sistematico dell effettiva applicabilità nei corsi d acqua calabresi. Metodologia proposta Le problematiche che il progetto intende affrontare e risolvere riguardano la sostanziale carenza, insufficienza o disomogeneità dei metodi di analisi qualitativa dei corpi idrici, necessari alla definizione dello stato ambientale degli stessi, con relativa classificazione e successiva pianificazione degli interventi di conservazione o recupero, per come previsto dalla normativa europea (e succ. normativa nazionale). La stessa normativa non indica metodi specifici, ma rimanda agli stati membri la definizione di essi, indicando genericamente l uso di criteri spaziali, modellizzazione o perizie di esperti (Direttiva 2000/60/CE). Peraltro, riguardo ai corsi d acqua, si osserva che i numerosi metodi esistenti (per il solo DMV oltre 200), sono spesso validi in ambiti ristretti (sito-specifici) e non possono essere estesi a realtà territoriali differenti, soprattutto se assolutamente singolari come quella calabrese. A tal proposito si evidenzia che, a causa del regime idrologico irregolare dei corsi d acqua della Calabria, la corretta valutazione del DMV da rilasciare a valle di 3

12 derivazioni idriche è un fattore sostanziale nel determinare la qualità ambientale complessiva. La metodologia proposta si svilupperà secondo le linee di seguito illustrate: Caratterizzazione idrologica di alcuni corsi d acqua calabresi Applicazione di Metodologie di diverso tipo, a partire da quelle più semplici, basate sulle caratteristiche morfologiche e idrologiche del bacino eseguendo sia attività inerenti all analisi quantitativa, che attività inerenti alla qualità idromorfologica. In particolare, saranno analizzati e sviluppati metodi per il calcolo del DMV ed effettuate comparazioni tra le metodologie proposte in letteratura e il criterio in uso presso l ABR. Sarà effettuata, inoltre, l analisi di sensibilità delle diverse metodologie in relazione ai dati in ingresso Individuazione di più recenti indirizzi di letteratura tecnica per la determinazione del DMV con applicazione del metodo IHA-RVA a corsi d acqua campione Valutazione dell entità degli apporti inquinanti provenienti da attività antropica afferenti ai tratti dei fiumi Crati e Coscile Mappatura delle falde in base a criteri di qualità. In particolare, saranno analizzati: a. problematiche relative alla calibrazione dei modelli d interazione fra acque superficiali e acque sotterranee b. tecniche innovative per l interpretazione di prove con traccianti mirate alla definizione locale di permeabilità e conducibilità idraulica delle formazioni c. modalità di applicazione di procedure geofisiche per la mappatura della salinità degli acquiferi Procedura per l identificazione dell Indice di Funzionalità Fluviale (I.F.F.) e applicazione a tratti dei bacini in osservazione Criteri di base relativi ai passaggi per pesci per la tipologia di corsi d acqua della Calabria. 4

13 Lavori citati Piro P., De Filippis F. e Frega F., Indice di funzionalità fluviale e proposta di riqualificazione di un tratto del fiume Savuto. In Atti del 28 Convegno di Idraulica e Costruzioni idrauliche, Potenza settembre Principato G. e Viggiani G., Condizioni idrologiche di riferimento per la tutela dei corsi d acqua. L Acqua, 4, 2006, pp

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15 1. Caratterizzazione idrologica di alcuni corsi d acqua calabresi L ampia varietà dei metodi di stima del DMV presente in letteratura (Ubertini, 1997; Tharme, 2003) è sicuramente legata alla molteplicità di fattori che ne influenzano la determinazione, e le numerose formule proposte hanno validità soprattutto nei territori in cui sono state individuate. A tal proposito 10 fra le metodologie più note in letteratura sono state applicate a 15 corsi d acqua della Calabria, scelti in modo da avere, in relazione alla disponibilità di lunghe serie idrometriche, un insieme il più rappresentativo possibile della varietà dei corsi d acqua regionale. Le principali informazioni idrologiche per il presente lavoro derivano dal Centro Funzionale Meteorologico Idrografico e Mareografico (Regione Calabria), dagli Annali Idrologici e dal volume Le Sorgenti Italiane (Tab. 1). I dati raccolti riguardano misure: pluviometriche idrometriche sui corsi d acqua Fiume Numero di anni Anni d osservazione d osservazione ALACO a Mammone 20 ( ) ALLARO a Pontemongiana 13 ( ) ALLI a Orso 52 ( ) ( ) (1944) ( ) ANCINALE a Razzona 57 ( ) ( ) ( ) CORACE a Grascio 54 ( ) ( ) COSCILE a Camerata 32 ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) CRATI a Conca 44 ( ) ( ) ESARO a La Musica 26 ( ) ( ) ( ) ( ) GARGA a Torre Garga 43 ( ) LAO a Piè di Borgo 30 ( ) ( ) ( ) (1951) (1954) ( ) (1967) ( ) LESE a Schiena d'asino 28 ( ) MELITO a Olivella 17 ( ) ( ) METRAMO a Carmine 22 ( ) ( ) ( ( ) TACINA a Rivioto 36 ( ) ( ) (1944) ( ) ( ) TRIONTO a Difesa 16 ( ) Tab. 1 Anni di osservazione per i 15 corsi d acqua analizzati 7

16 Per ognuno dei 15 corsi d acqua è stato stimato il valore di DMV e sono state calcolate le curve di durata totale. Ogni valore stimato di DMV è stato posto in relazione con la relativa curva di durata totale traendo valutazioni critiche sull applicabilità delle singole formule ai corsi d acqua oggetto di studio. È stata inoltre eseguita l analisi di sensibilità sui singoli parametri di ogni relazione adottata. Nella tabella 2 si riportano in sintesi i principali dati idrologici e morfologici dei corsi d acqua selezionati e dei rispettivi bacini sottesi. Fiume Q med (m 3 /s) Q min (m 3 /s) Q max (m 3 /s) Afflusso Meteorico (mm) Larghezza alveo (m) Altitudine media (m s.l.m.) Sup. bacino (Km 2 ) Percentuale permeabile ALACO a Mammone 0,56 0,022 21,1 1820,4 n.d ,8 14% ALLARO a Pontemongiana 0,46 0,001 12,1 1486,4 n.d ,8 10% ALLI a Orso 1,27 0,03 41,3 1511, ,5 10% ANCINALE a Razzona 3,73 0, , % CORACE a Grascio 3,85 0, , ,7 20% COSCILE a Camerata 6,34 0, , ,4 70% CRATI a Conca 26,35 0, , % ESARO a La Musica 11,2 0, , % GARGA a Torre Garga 0,95 0, , % LAO a Piè di Borgo 8,67 1, , ,9 55% LESE a Schiena d'asino 1,40 0,03 60,9 1365,2 n.d % MELITO a Olivella 0,82 0, ,5 n.d ,2 10% METRAMO a Carmine 4,5 0, , % TACINA a Rivioto 2,2 0,3 95,8 1491,7 n.d % TRIONTO a Difesa 0,51 0,1 6,5 1171,5 n.d ,7 15% Tab. 2 Sintesi dei principali dati idrologici e morfologici dei corsi d acqua selezionati I deflussi di base La portata idrica dei corsi d acqua calabresi ha un andamento, nell arco dell anno idrologico, caratterizzato da minimi nella stagione estiva e massimi in quella invernale eccezione fatta per quei tratti di corsi d acqua che scorrono a quote maggiori di 1500 m s.l.m. (Catena del Pollino, Sistema Montuoso Silano, Montalto d Aspromonte), per i quali si possono anche registrare delle magre invernali. La portata di un corso d acqua ha una grande importanza per la sua funzionalità; infatti, periodi di secca, di origine naturale e/o antropica, possono diminuire l ampiezza dell alveo bagnato e provocare condizioni di disagio alle comunità viventi; inoltre la carenza d acqua aumenta la concentrazione degli eventuali inquinanti che pervengono al fiume, per cui la conoscenza della curva di durata risulta indispensabile. La fase di studio iniziale ha consentito l individuazione della portata media giornaliera, la separazione dei deflussi di base e la loro caratterizzazione con la determinazione del 8

17 Base Flow Index (BFI) e la determinazione della Curva di Durata per ognuno dei 15 corsi d acqua selezionati. Le serie storiche delle portate a disposizione variano di anno in anno, per cui il primo problema da risolvere è valutare l anno da prendere come riferimento. Un primo approccio potrebbe essere quello di scegliere l anno medio, che però risulta un anno fittizio, nel quale si ha una perdita d informazioni rispetto ad eventi di piena e di magra, per cui risulta molto più conveniente determinare l anno tipico, dove per anno tipico si intende l anno il cui andamento delle portate medie giornaliere approssima meglio quello dell anno medio. Si calcolano quindi gli scostamenti σ tra le portate medie giornaliere dell anno generico rispetto a quelle dell anno medio e, per ogni anno, si calcola l espressione i. i 1 Si definisce anno tipico quello per il quale sia: i min. i 1 In figura 1 si riporta un confronto, per l Ancinale a Razzona, fra deflussi dell anno medio e deflussi dell anno tipico: le evidenti differenze consigliano l uso dell anno tipico per la stima dei deflussi annui. Fig. 1 Confronto tra i deflussi dell anno tipico e quelli dell anno medio per il F. Ancinale 9

18 Individuato l anno tipico è stata operata la disaggregazione della componente imputabile ai deflussi di base o profondi dall idrogramma delle portate giornaliere con riferimento alla procedura proposta da Lvovitch (1972). In particolare, si è proceduto suddividendo la serie delle portate giornaliere in N gruppi contigui di 5 giorni; da ciascun gruppo è stato estratto il valore minimo Q min (i), il cui insieme costituisce una prima approssimazione della curva dei deflussi profondi. Così individuati i minimi sono stati organizzati in gruppi di tre elementi di indice (i- 1),(i),(i+1). Il valore centrale di ogni gruppo è stato confrontato con i valori direttamente contigui e, se verificate le condizioni 0,9 Q min (i) Q min (i+1) e 0,9 Q min (i) Q min (i-1), la Q min (i) è stata assunta come punto della curva dei deflussi base. Le curve che seguono riportano, seguendo l anno solare, l andamento delle portate medie giornaliere e dei deflussi di base in cui Q è la portata espressa in m 3 /s, per ogni tratto di corso d acqua indagato. Alaco a Mammone Allaro a Pontemongiana Alli a Orso Ancinale a Razzona 10

19 Corace a Grascio Coscile a Camerata Crati a Conca Esaro a La Musica Garga a Torre Garga Lao a Piè di Borgo Lese a Schiena d Asino Melito a Olivella 11

20 Metramo a Carmine Tacina a Rivioto Trionto a Difesa Effettuata la separazione dei deflussi di base è stato calcolato l indice BFI come rapporto tra il volume annuo dei deflussi di base e il corrispondente volume dei deflussi totali registrati nella stazione d interesse. Le proprietà dell indice BFI sono diverse (Manciola P. e Casadei S., 1991): il BFI varia in modo diretto con la percentuale di formazioni carbonatiche del bacino; tra il BFI e le portate di magra esiste una stretta correlazione; in particolare il BFI può essere considerato un indice di magra in quanto al suo crescere aumenta la regolarità dei deflussi e si attenuano gli eventi di magra. Nella tabella 3 per ognuno dei 15 corsi d acqua studiati si riporta il valore del deflusso annuale totale tipico, il valore del deflusso di base totale tipico e il BFI. 12

21 Fiume V tot V base BFI (10^6 m 3 /s) (10^6 m 3 /s) (%) ALACO a Mammone 14,4 10,1 69,9 ALLARO a Pontemongiana 11,4 7,8 68,4 ALLI a Orso 30,4 22,7 74,5 ANCINALE a Razzona 98,7 80,7 81,7 CORACE a Grascio 93,5 74,6 79,8 COSCILE a Camerata 188,6 172,3 91,4 CRATI a Conca 654,6 484,15 74,0 ESARO a La Musica 278,3 214,8 77,2 GARGA a Torre Garga 25,4 20,5 80,6 LAO a Piè di Borgo 186,9 147,7 79,0 LESE a Schiena d'asino 34,0 27,7 81,6 MELITO a Olivella 19,2 13,9 72,4 METRAMO a Carmine 99,2 78,5 79,2 TACINA a Rivioto 65,9 56,5 85,8 TRIONTO a Difesa 18,7 14,7 78,9 Tab. 3 Deflusso annuale totale tipico per i 15 corsi d acqua studiati Le curve di durata La curva di durata delle portate medie giornaliere costituisce il principale strumento operativo di riferimento per effettuare valutazioni sulla disponibilità della risorsa idrica superficiale. È una funzione Q(t) che esprime la percentuale di tempo t in un anno per cui la portata in alveo risulta superiore o uguale ad un certo valore. Le curve di durata medie delle portate possono essere ricavate nelle sezioni fluviali per le quali risultino disponibili serie storiche sufficientemente estese (indicativamente almeno 5 anni) di misure di portata media giornaliera (Alterach J. et al., 2006). Per la definizione della curva di durata, come è noto, le portate sono ordinate secondo una variabile tempo che esprime la durata o permanenza di un assegnato valore di portata. In tal modo si stabilisce per quanti giorni, nel corso del periodo considerato, una prefissata portata sia stata eguagliata o superata. Come già evidenziato per la stima dei deflussi di base i valori medi giornalieri registrati variano da anno in anno pertanto si pone il problema della scelta dei valori di riferimento. Per quanto riguardo le curve di durata le metodologie d individuazione utilizzate nel presente progetto sono: - curva di durata dell anno medio: ottenuta mediando i valori delle portate medie giornaliere delle varie serie storiche per tutti i giorni dell anno; - curva di durata nell anno tipico: si seleziona, come nel caso dei deflussi, l anno che presenta i minori scarti rispetto all anno medio; - curva di durata totale: si prendono in considerazione tutti i dati storici e dopo aver calcolato le occorrenze percentuali, si pone 100% pari a 365 e si determinano linearmente i valori di durata e permanenza. 13

22 La scelta dell una o dell altra metodologia determina chiaramente risultati diversi; nelle figure che seguono si riportano, per il caso dell Ancinale a Razzona, le curve calcolate con le tre metodologie per l intero periodo d osservazione, per i primi 30 giorni e per gli ultimi 30 giorni. Fig. 2 Curve di durata Ancinale a Razzona Dai grafici sopra riportati (Fig. 2) risulta chiaro che: - la curva calcolata con riferimento all anno medio sottostima i valori di piena e sovrastima i valori di magra; - la curva calcolata con riferimento all anno tipico, pur dando risultati più verosimili sottostima i valori di piena e dà valori accettabili per le magre; - la curva di durata totale non trascurando alcun evento storico, naturalmente permette di stimare con maggior attenzione sia le piene sia le magre. 14

23 Per quanto sopra evidenziato, nel presente lavoro si è lavorato con la curva di durata totale dei 15 corsi d acqua campione. Alaco a Mammone Allaro a Pontemongiana Alli a Orso Ancinale a Razzona Corace a Grascio Coscile a Camerata 15

24 Crati a Conca Esaro a La Musica Garga a Torre Garga Lao a Piè di Borgo Lese a Schiena d Asino Melito a Olivella 16

25 Metramo a Carmine Tacina a Rivioto Trionto a Difesa Nella tabella 4 si riassumono i principali risultati delle curve di durata per ognuno dei 15 fiumi oggetto di studio: Fiume Q 300 Q 347 Q 355 (l/s) (l/s) (l/s) ALACO a Mammone ALLARO a Pontemongiana ALLI a Orso ANCINALE a Razzona CORACE a Grascio COSCILE a Camerata CRATI a Conca ESARO a La Musica GARGA a Torre Garga LAO a Piè di Borgo LESE a Schiena d'asino MELITO a Olivella METRAMO a Carmine TACINA a Rivioto TRIONTO a Difesa Tab. 4 - Portate mediamente superate o eguagliate per 300, 347, 355 giorni all anno, rilevate dalle curve di durata. 17

26 Lavori citati Alterach J., Cadore A., De Lotto P., Zaina G., Regionalizzazione della curva di durata delle portate nell'area "Adamello-Alpi Orobie". In atti del XXX Convegno di Idraulica e Costruzioni Idrauliche, Roma 2006 Lvovitch M.I.. Hydrologic budget of continents and estimate of balance of global fresh water resources. Soviet Hydrology, vol. 4, , 1972 Manciola P. e Casadei S.. Low flow index and hydrogeological characteristics. In Hydraulic Engineering 1991, EE, IR, WW Div.ASCE, Nashiville, Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale, Le sorgenti italiane: elenco e descrizione, Publicazione n 14 del Servizio, Vol. VI, Istituto Poligrafico dello Stato, 1941 Tharme R., A global perspective on environmental flow assessment: emerging trends in the development and application of environmental flow methodologies for rivers. River Research and Applications, 19, 2003, pp Ubertini L.: Studio dei deflussi minimi mediante un approccio idrologico. In Atti del Convegno Nazionale su "Metodi ed esperienze per un corretto utilizzo della risorsa idrica nel rispetto degli usi ambientali dei corsi d acqua", Reggio Emilia, Marzo

27 2. Applicazione di Metodologie di diverso tipo, a partire da quelle più semplici, basate sulle caratteristiche morfologiche e idrologiche del bacino a) Analisi e sviluppo di metodi per il calcolo del DMV e comparazione tra le metodologie proposte in letteratura e il criterio in uso presso l ABR In letteratura sono presenti numerosi esempi di stima del deflusso minimo vitale. Data la varietà di dimensioni e di tipologie fluviali, includendo corsi d acqua stagionali, alpini, di pianura, mediterranei, glaciali, nivali o pluviali, bisogna sottolineare che tali metodi sono stati concepiti anche per soddisfare esigenze specifiche e quindi non possono avere una validità generale. I criteri generali di stima del DMV seguono sostanzialmente due procedure di calcolo differenti: - teorica: elaborazione di parametri idrologici, strutturali e morfologici del bacino, valutando la portata per via indiretta determinando alcuni parametri correlabili alla portata stessa; - sperimentale: ricerca delle condizioni ambientali idonee a garantire lo sviluppo delle biocenosi acquatiche, valutando le relazioni esistenti tra variabili strutturali del corso d acqua ed esigenze ecologiche di una specie vivente in rapporto alle portate medie e minime dei corsi d acqua. Negli ultimi anni l impostazione dei metodi teorici ha subito una modifica con l introduzione di alcune variabili correttive facenti riferimento ad aspetti studiati in campo, come la naturalità del corso d acqua e la qualità delle acque, passando da un metodo totalmente teorico ad uno ibrido (o misto). Metodi teorici Tale procedura è sicuramente la più semplice in quanto le variabili prese in considerazione sono un numero limitato e il risultato finale è sempre la definizione di una portata minima da rilasciare a valle delle opere di captazione. I dati di portata rappresentano il fattore limitante nell applicazione: - sui corsi d acqua principali e specialmente alla chiusura di bacino i dati esistono e sono facilmente reperibili (ad esempio presso il Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale o pressi l Autorità di Bacino) 19

28 20 - sui corsi d acqua minori (che soffrono maggiormente delle riduzione di portata e che hanno un alto valore ecologico) di solito non vengono condotte campagne di misura delle portate. In ogni caso, i corsi d acqua sono per la maggior parte regolati, per cui i dati di portata non fanno riferimento a situazioni naturali, che corrispondono alla condizione di partenza per determinare un Deflusso Minimo Vitale. A questi due aspetti si potrebbe ovviare tramite un approccio di tipo modellisticostatistico attraverso l analisi delle precipitazioni e della copertura del suolo, ma ciò naturalmente richiederebbe un notevole impiego di risorse, umane ed economiche. Certamente ai metodi teorici manca qualsiasi contributo interdisciplinare che comprenda aspetti biologici, ecologici e di funzionalità fluviale. Si ritiene però appropriato che i metodi teorici possano essere utilizzati come una misura minima per fissare un target a cui le amministrazioni pubbliche e gli utilizzatori del corso d acqua possano adeguarsi; inoltre, possono essere applicati a situazioni morfologiche molto diverse: da un corso d acqua di risorgiva ad uno alimentato da ghiacciai e proprio per la loro ampia applicabilità pare risultino non adatti a situazioni particolari dove ad esempio il valore ecologico del corso d acqua sia molto elevato oppure dove le derivazioni presenti richiedano il coinvolgimento di soggetti con interessi diversi talvolta anche in conflitto tra loro (es. produzione di energia elettrica, irrigazione, pesca sportiva). Un altro aspetto di cui tenere conto nella loro applicazione risiede nel fatto che spesso considerano una portata costante senza tenere conto delle variazioni stagionali tipiche di qualsiasi corso d acqua, ma tale approccio è ormai culturalmente superato: molti metodi di tipo teorico-idrologico inseriscono una variabile temporale che modula la portata a seconda dei periodi dell anno (Tomaselli A. et al., 2009) Naturalmente, l applicazione dei metodi teorici non garantisce una sufficiente protezione dell ambiente fluviale, in quanto non vi è nessuna relazione con le caratteristiche ecologiche dei corsi d acqua; dunque, risultano indispensabili campagne di monitoraggio che monitorino l efficacia o meno delle misure adottate. Fra i metodi teorici possono essere inclusi i: Metodi idrologici: utilizzano le informazioni relative alla portata media; il DMV viene determinato in base ad una percentuale fissa della portata media calcolata su un intervallo definito (ad esempio annuo, semestrale o giornaliero). Tale approccio si fonda sul presupposto che sia possibile fissare un adeguato valore di portata per consentire la sopravvivenza delle biocenosi acquatiche nel corso d acqua. Un esempio è il Metodo del Montana che si basa su osservazioni condotte su numerosi corsi d acqua del Montana ed è rivolto alla protezioni dei

29 salmonidi. L approccio sperimentale della ricerca ha evidenziato, in funzione del livello di protezione dell ecosistema e dell habitat dei salmonidi, la possibilità di determinare la portata di minimo deflusso come frazione percentuale della portata media annua. Metodi idrologici e morfologici: utilizzano informazioni relative al bacino (generalmente l area del bacino sottesa dalla derivazione), ma possono essere integrati da altre variabili di tipo geografico e morfologico (ad es. un indice di stagionalità o l altezza media del bacino) Metodi statistici: utilizzano le curve di durata delle portate naturali attraverso serie storiche più o meno lunghe a seconda della disponibilità dei dati; stabilito un numero di giorni di riferimento si individua sulla curva la portata che si ritiene possa garantire un Deflusso Minimo Vitale. Un esempio di quest approccio viene utilizzato in Svizzera, prendendo in considerazione la portata superata almeno per 347 giorni all anno (Q 347 ). Nel presente progetto sono stati calcolati i valori di DMV per i 15 corsi d acqua campione, utilizzando le seguenti metodologie teoriche: Metodo del Montana (Tennant D. L., 1976) Metodo di Matthey (L.F. Svizzera, 1987) Metodo della Svizzera (L.F. Svizzera, 1991) Metodo direttiva FAO (FAO, 2006) Metodo della Provincia di Trento (Provincia di Trento, 1986) Metodo della Provincia di Bolzano (Provincia di Bolzano, 1986) Metodo del Montana Il metodo del Montana (Tennant D. L., 1976) individua un intervallo ottimale per la definizione del DMV tra il 10 e il 60% della portata media annua, in funzione del livello di tutela che si vuole garantire al corso d acqua. La portata presa in considerazione è la media annua naturale, esente dalle alterazioni di carattere antropico eventualmente presenti o future. Per tener conto delle fluttuazioni stagionali, le percentuali variano in funzione del periodo considerato. 21

30 Portata Portata minima in % della portata media annua ottobre - marzo aprile - settembre Massima Ottima Più che eccellente Eccellente Buona Scarsa Insufficiente Fortemente insufficiente Il metodo non richiede indagini di campo, ma soltanto la conoscenza della portata media annua; esso però non consente di valutare con continuità l influenza dell alterazione dei deflussi sulla vita acquatica. Nel presente progetto le percentuali prese in considerazione si riferiscono alla categoria di portata definita, nella precedente tabella, buona. Fiume Anni d'osservazione DMV (l/s) Ott-Mar Apr-Set ALACO a Mammone ,2 222,4 ALLARO a Pontemongiana 13 92,8 185,6 ALLI a Orso ,6 509,2 ANCINALE a Razzona ,4 1490,8 CORACE a Grascio ,4 1538,8 COSCILE a Camerata ,8 2537,6 CRATI a Conca , ,4 ESARO a La Musica ,0 4460,0 GARGA a Torre Garga ,8 379,6 LAO a Piè di Borgo ,6 3469,2 LESE a Schiena d'asino ,2 558,4 MELITO a Olivella ,6 327,2 METRAMO a Carmine ,2 1800,4 TACINA a Rivioto ,8 893,6 TRIONTO a Difesa ,4 204,8 Tab. 5 Valori del DMV ottenuti con il Metodo del Montana Metodo di Matthey Il metodo è basato sulla seguente formula, elaborata a seguito di una serie di esperienze empiriche effettuate su diversi fiumi del Canton Vaud in Svizzera: DMV k Q ln Q300 dove Q 300 è la portata mediamente superata o eguagliata per 300 giorni all anno, rilevata sulla curva di durata, con k costante pari a

31 Dalla formula si deduce che il rapporto DMV/Q 300 non è costante: all aumentare della portata tale rapporto diminuisce e quindi la portata rilasciata non corrisponde, in tutti i bacini idrografici, alla stessa percentuale della Q 300 ; maggiore è il valore della Q 300, minore sarà in percentuale il valore del DMV. Fiume Anni d'osservazione DMV (l/s) ALACO a Mammone 21 73,5 ALLARO a Pontemongiana 13 77,9 ALLI a Orso ,7 ANCINALE a Razzona ,0 CORACE a Grascio ,4 COSCILE a Camerata ,0 CRATI a Conca ,9 ESARO a La Musica ,4 GARGA a Torre Garga ,7 LAO a Piè di Borgo ,3 LESE a Schiena d'asino ,0 MELITO a Olivella 17 85,7 METRAMO a Carmine ,9 TACINA a Rivioto ,5 TRIONTO a Difesa ,1 Tab. 6 Valori del DMV ottenuti con il Metodo di Matthey Metodo della Svizzera Tale metodo si riferisce alla formula di Matthey, modificandone i parametri al fine di ottenere risultati più cautelativi. La portata minima è ottenuta considerando la Q 347, portata raggiunta o superata per 347 giorni all anno. Di seguito si riporta la tabella relativa alla portata minima in funzione della Q 347 : per una portata Q 347 fino a 60 l/s per ogni 10 l/s in più di portata per una portata Q 347 di 160 l/s per ogni 10 l/s in più di portata per una portata Q 347 di 500 l/s per ogni 100 l/s in più di portata per una portata Q 347 di 2500 l/s per ogni 100 l/s in più di portata per una portata Q 347 di l/s per ogni 1000 l/s in più di portata per una portata Q 347 pari o superiore a l/s 50 l/s più 8 l/s 130 l/s più 4,4 l/s 280 l/s più 31 l/s 900 l/s più 21,3 l/s 2500 l/s più 150 l/s l/s Si fissa il limite di 50 l/s per salvaguardare l equilibrio ecologico dei piccoli corsi d acqua. La normativa svizzera prevede che i deflussi minimi possano essere maggiorati dalle autorità cantonali in casi particolari, quali la tutela delle acque superficiali, la 23

32 necessità di alimentare le falde per l approvvigionamento potabile, la protezione di biotipi e/o biocenosi rare, la migrazione dei pesci. Fiume Anni d'osservazione DMV (l/s) ALACO a Mammone 21 66,8 ALLARO a Pontemongiana 13 54,0 ALLI a Orso ,0 ANCINALE a Razzona ,8 CORACE a Grascio ,8 COSCILE a Camerata ,1 CRATI a Conca ,2 ESARO a La Musica ,2 GARGA a Torre Garga ,3 LAO a Piè di Borgo ,7 LESE a Schiena d'asino ,7 MELITO a Olivella 17 54,0 METRAMO a Carmine ,4 TACINA a Rivioto ,2 TRIONTO a Difesa ,8 Tab. 7 Valori del DMV ottenuti con il Metodo della Svizzera Metodo direttiva FAO Questo metodo fa riferimento alla Q 355, portata eguagliata o superata per 355 giorni all anno dalla portata media giornaliera. La formula utilizzata, con K costante e pari a 15 e il fattore di stagionalità α, assunto costante e pari a 1,3, è la seguente: DMV k Q ln Q355 Fiume Anni d'osservazione DMV (l/s) ALACO a Mammone 21 61,6 ALLARO a Pontemongiana 13 54,8 ALLI a Orso ,4 ANCINALE a Razzona ,1 CORACE a Grascio ,1 COSCILE a Camerata ,7 CRATI a Conca ,7 ESARO a La Musica ,8 GARGA a Torre Garga ,0 LAO a Piè di Borgo ,7 LESE a Schiena d'asino 28 90,8 MELITO a Olivella 17 53,6 METRAMO a Carmine ,4 TACINA a Rivioto ,9 TRIONTO a Difesa 16 86,6 Tab. 8 Valori del DMV ottenuti con il Metodo direttiva FAO 24

33 Metodo della Provincia di Trento Nel D.P.R (Piano generale per l utilizzazione delle acque pubbliche) della Provincia Autonoma di Trento, si stabilisce che per le derivazioni di grandi opere idroelettriche si deve procedere alla revisione delle concessioni in atto, affinché nei corsi d acqua interessati da opere di derivazione sia mantenuta una portata minima residuale pari ad almeno un terzo della portata minima continua (il terzo della media delle minime mensili, è assimilabile ad una Q 355 ), in modo da garantire le esigenze igienico-sanitarie e di protezione dagli incendi, la pesca, la tutela del paesaggio e la conservazione dell equilibrio naturale dei corsi d acqua. 1 Qresiduale Qminima Q 3 Fiume Anni d'osservazione DMV (l/s) ALACO a Mammone 21 60,0 ALLARO a Pontemongiana 13 48,0 ALLI a Orso ,0 ANCINALE a Razzona ,0 CORACE a Grascio ,0 COSCILE a Camerata ,0 CRATI a Conca ,0 ESARO a La Musica ,0 GARGA a Torre Garga ,0 LAO a Piè di Borgo ,0 LESE a Schiena d'asino ,0 MELITO a Olivella 17 46,0 METRAMO a Carmine ,0 TACINA a Rivioto ,0 TRIONTO a Difesa ,0 Tab. 9 Valori del DMV ottenuti con il Metodo della Provincia di Trento 355 Metodo della Provincia di Bolzano Nel D.P.R relativo alla Provincia Autonoma di Bolzano, oltre al recepimento del principio che a valle delle derivazioni idroelettriche debbano essere mantenuti deflussi minimi tali da garantire l utilizzo della risorsa per scopi igienico-sanitari ed antincendio, la qualità delle acque, la pesca, la tutela del paesaggio ed in generale da non alterare il naturale equilibrio dei corsi d acqua stessi, si stabilisce che le portate minime debbano essere valutate, di volta in volta, dagli organi competenti alla tutela e che non possano, in nessun caso, essere inferiori ai 2 l/(s km 2 ). 25

34 Fiume Anni d'osservazione DMV (l/s) ALACO a Mammone 21 29,6 ALLARO a Pontemongiana 13 23,6 ALLI a Orso 52 91,0 ANCINALE a Razzona ,0 CORACE a Grascio ,4 COSCILE a Camerata ,8 CRATI a Conca ,0 ESARO a La Musica ,0 GARGA a Torre Garga 43 86,0 LAO a Piè di Borgo ,8 LESE a Schiena d'asino ,0 MELITO a Olivella 17 82,4 METRAMO a Carmine ,0 TACINA a Rivioto ,0 TRIONTO a Difesa 16 63,4 Tab. 10 Valori del DMV ottenuti con il Metodo della Provincia di Bolzano Metodi sperimentali I metodi sperimentali hanno, a differenza di quelli teorici, il pregio di fissare degli obiettivi di protezione e di priorità. La caratteristica principale di questi metodi è di stabilire a priori la qualità dell habitat che si vuole raggiungere per poter conseguentemente valutare la portata ottimale che la garantisca. Sono basati, generalmente, su tecniche di rilevamento sperimentali finalizzate all accertamento puntuale delle condizioni ambientali ottimali per una specie di riferimento, per la quale siano noti i valori di idoneità ambientale (habitat) espressi spesso in termini di profondità, velocità, temperatura dell acqua e di caratteristiche del substrato. In pratica, le variazioni dell ambiente idraulico indotte dalle variazioni di portata, si ritengono rappresentative degli effetti sull habitat biologico. Tali metodi nascono soprattutto nel mondo anglosassone dove, a partire dagli anni 70, sono state considerate metodologie che garantissero la protezione della fauna ittica. La base sperimentale dei dati necessari alla loro applicazione evidenzia la singolarità della stima della portata minima vitale, cioè la validità esclusivamente locale e limitata alle specie considerate. La loro applicabilità in un ambito territorialmente diverso, basti pensare alla variabilità morfologica dei fiumi Calabresi, è motivo di dubbio per l applicazione generalizzata. Il numero delle variabili e quindi anche delle informazioni da raccogliere per i metodi sperimentali può essere consistente. Questo è particolarmente evidente per i metodi con 26

35 un largo numero di variabili trasformate con criteri biologici. La raccolta dei dati può essere perciò laboriosa e può non portare ad un numero sufficiente di informazioni per una corretta applicazione dei modelli utilizzati. In questi metodi è evidente il tentativo di prendere in considerazione le caratteristiche ecologiche del corso d acqua, con l uso di variabili di tipo biologico e chimico. Un punto basilare delle metodologie che rientrano in questa categoria è il criterio di definizione del DMV sulla base della curva parametro idraulico-portata. Molto usato è il criterio del breakpoint o inflection point (Nelson F. A., 1980), ovvero il punto di brusco cambiamento di pendenza della curva. In figura 3 si riportano, a titolo esplicativo, alcuni dei più noti parametri idraulici quali il perimetro bagnato, l ADP (Area Disponibile Ponderata, area potenzialmente sfruttabile dal pesce) calcolata sulla base del metodo PHABSIM (Physical HABitat SIMulation System) (Bovee et al., 1995), l HQI (Habitat Quality Index) (Binns N.A. and Eiserman F. M., 1979), utilizzati nei metodi sperimentali. Fig. 3 Principali parametri idraulici utilizzati nei metodi sperimentali I parametri vengono aggregati in una formula funzione della portata; attraverso la rappresentazione grafica bidimensionale è possibile valutare, tramite variazioni di portata, quali siano le variazioni sul comparto biotico (Tomaselli A. et al., 2009). Questi metodi possono essere utilizzati quindi anche per testare scenari differenti e come strumenti di previsione per valutare possibili impatti dovuti a nuove derivazioni e/o rilasci. Sono classificabili come metodi sperimentali: metodi che usano variabili idrauliche e strutturali non trasformate: facendo riferimento, ad esempio, a una particolare specie ittica si tende a definire, mediante osservazioni sperimentali o modelli di simulazione idraulica, una formula che possa consentire un adeguata protezione di quella specie; 27

36 metodi che usano variabili idrauliche e strutturali trasformate in criteri biologici: alcune variabili che influenzano la qualità biologica dell acqua (velocità media, profondità...) sono messe in relazione con la portata. La relazione deriva da misure sperimentali o da modelli di simulazione idraulica. Solitamente l incremento di tali variabili risulta maggiore per portate basse, creando, quindi, una curva il cui punto di cambiamento di pendenza (punto di rottura) definisce il valore ottimale di portata minima. Per ogni variabile strutturale selezionata viene definito un corrispondente valore biologico; la trasformazione è operata usando delle curve di preferenza che esprimono la percentuale di idoneità allo sviluppo di determinati organismi. Ad esempio, la velocità di corrente crea problemi alla vita acquatica: se troppo bassa dovuti alla mancanza di ricambio, se troppo alta per l eccessivo trascinamento. Inoltre, talvolta rimane incerta la scelta del punto di rottura non facilmente identificabile per cui anche il valore della portata minima rimane arbitrario (Tomaselli A. et al., 2009); metodi con largo numero di variabili trasformate con criteri biologici: tali metodi seguono sostanzialmente la filosofia metodologica descritta al punto precedente, aggiungendo a variabili classiche altre, come ad esempio le zone di rifugio, l erosione delle sponde, il tipo di substrato e dati di tipo chimico. Tali variabili vengono trasformate in valori di importanza biologica e messe in regressione ognuna con la biomassa. Il risultato è una equazione di regressione multipla che predice la biomassa. La particolarità di queste metodologie e le difficoltà esecutive, legate a lunghe ed accurate indagini sperimentali, non hanno consentito l applicazione ai corsi d acqua selezionati come campione dell indagine oggetto del presente lavoro. Metodi ibridi (o misti) Sono classificabili fra questi i: metodi teorici contenenti parametri biologici ambientali: nella relazione fra portata e parametri morfologici e/o idrologici si aggiungono parametri che fanno riferimento ad aspetti intrinseci del corso d acqua, ovvero la naturalità e la qualità delle acque. Ne sono esempio i metodi applicati dall Autorità di Bacino del Po, dall Autorità di Bacino del Magra, dall Autorità di Bacino del Serchio e dall Autorità di Bacino della Calabria. metodi olistici che utilizzano il parere di esperti: il DMV viene determinato attraverso il confronto tra più esperti di diverse discipline, mediante la valutazione delle componenti ambientali, ma anche di quelle economiche e 28

37 sociali. La procedura è di valutare l ecosistema fluviale a scala di bacino dalla foce alle sorgenti, esaminando le conseguenze ecologiche della variazione quantitativa e temporale della portata. Un approccio di tipo olistico è di valido aiuto in casi specifici, ad esempio per un singolo corso d acqua, ma difficilmente è estendibile a grandi porzioni di territorio che comprendono, quindi, un grande numero di soggetti da coinvolgere. Diverse invece sono le considerazioni da fare per i metodi teorici contenenti parametri biologici ambientali che possono invece essere applicati a più corsi d acqua. Questi metodi partono dalla pragmaticità dell approccio teorico che definisce in maniera speditiva il DMV, ed aggiungono delle componenti biologiche che contestualizzano la formula applicata alle condizioni del fiume preso in considerazione. Anche questi metodi non hanno una base scientifica precisa e talvolta i coefficienti correttivi non sono chiari e quindi di difficile interpretazione. In alcuni casi si fa riferimento ad un presunto coefficiente di naturalità che però non viene definito in dettaglio o si demanda ad una successiva definizione. Metodo dell Autorità di Bacino del Fiume Po La formula proposta dall AdB del fiume Po per il calcolo del DMV è la seguente: DMV S Rspec P A Q N con S = superficie del bacino e dove la funzione dei coefficienti (adimensionali) è quella di modulare il valore base del DMV (detto anche Rilascio Specifico: R spec ) di 1,6 l/(s km 2 ) in relazione alle condizioni locali del bacino imbrifero (P ed A) e del tratto d'alveo (Q e N): - P (fattore di precipitazione): 1-1, 4-1,8 rispettivamente per pioggia media annua inferiore a 1000 mm/anno, compresa fra 1000 e 1400 mm/anno e superiore a 1400 mm/anno; - A (fattore di altitudine): funzione delle fasce altimetriche, in ragione della quota di isoterma 0 nella stagione invernale e della relazione fra questa e lo scioglimento del manto nevoso al suolo, da stabilirsi su base sperimentale. Per bacini non molto estesi, il fattore A potrebbe essere legato alla sola altitudine media del bacino imbrifero complessivo; in mancanza di probanti elementi conoscitivi in materia, si suggerisce di attribuire provvisoriamente a tale fattore il valore di 1; - Q (fattore di qualità ambientale): si propongono 5 classi di valori di Q, inizialmente comprese nell'intervallo 1-1,3, precisando che tanto il numero delle classi quanto la variabilità numerica del fattore sono suscettibili di adeguamento in base alle risultanze sperimentali; 29

38 - N (fattore naturalistico): funzione dei pregi naturalistici, paesaggistici e turistici locali. Comprovate esigenze di protezione e valorizzazione dell'ambito fluviale, potranno consentire di articolare il criterio naturalistico secondo classi, il cui numero ed il cui intervallo di variabilità numerica saranno parimenti stabiliti alla luce dei risultati della sperimentazione; analogamente al fattore altimetrico, si propone un valore unitario per il fattore N. Fiume Anni d'osservazione DMV (l/s) ALACO a Mammone 21 61,4 ALLARO a Pontemongiana 13 38,1 ALLI a Orso ,8 ANCINALE a Razzona ,0 CORACE a Grascio ,4 COSCILE a Camerata ,9 CRATI a Conca ,1 ESARO a La Musica ,0 GARGA a Torre Garga ,9 LAO a Piè di Borgo ,7 LESE a Schiena d'asino ,1 MELITO a Olivella ,9 METRAMO a Carmine ,5 TACINA a Rivioto ,4 TRIONTO a Difesa 16 79,1 Tab. 11 Valori del DMV ottenuti con il Metodo dell Autorità di Bacino del Fiume Po Metodo dell Autorità di Bacino del Fiume Magra Il Piano Stralcio Tutela dei corsi d acqua interessati da derivazioni del Magra (approvato con delibera del Comitato Istituzionale dell Autorità di Bacino del fiume Magra n. 65/2000 e successivamente dal Consiglio della Regione Toscana con delibera n. 259/2000) riguarda la definizione di criteri per il rilascio delle concessioni per derivazioni di acque dai corpi idrici superficiali e quantifica i rilasci necessari a garantire il DMV, inteso come portata in grado di consentire non solo la vita biologica dei corsi d acqua, ma la pluralità degli habitat e la funzionalità a lungo termine degli interi sistemi fluviali. Il DMV viene valutato in due diverse situazioni: a) per derivazioni ad uso non irriguo, b) per derivazioni ad uso irriguo. Per le derivazioni ad uso non irriguo il metodo si basa su una valutazione di tipo globale, ossia sulla definizione articolata, ma semplice e speditiva di parametri caratteristici del bacino. 30

39 Si parte dalla formula proposta dall Autorità di Bacino del fiume Po e si aggiungono altri fattori G, L ed M. La portata che deve fluire a valle delle derivazioni ad uso idroelettrico, industriale o altri usi ad eccezione di quello potabile o irriguo è: DMV S Rspec P A Q N G L 7 M,5 10 S = superficie del bacino; R spec = rilascio specifico, o valore base del DMV = 1,6 l/(s km 2 ); P = Fattore di precipitazione, variabile tra 1 (P < 1200 mm/anno) e 1,8 (P > 1800 mm/anno); A = Fattore di altitudine, variabile tra 1,2 (0 400 m di quota), 1 ( m), 1,1 ( m), 1,2 (quota superiore a 800 m); Q N G = Fattore indice della qualità del corso d acqua, variabile tra 1 (non inquinato) ed 1,4 (fortemente inquinato) con classificazione secondo la qualità biologica IBE; = Fattore indice di naturalità, è l indice di naturalità più elevato del tratto considerato e varia tra 1 (aree antropizzate) e 1,6 (aree naturali di pregio); = Fattore indice della geomorfologia dell alveo, tiene conto della relazione tra la forma e la natura dell alveo e l impatto esercitato dalla riduzione della portata (più l alveo è largo e piatto, maggiore è l impatto); in assenza di approfondimenti viene considerato pari a 1; L 7,5 = lunghezza, tiene conto della distanza tra il punto di prelievo e la restituzione, penalizzando le restituzioni a lunga distanza che interessano tratti più estesi del corso d acqua, ove le portate sono ridotte; l aumento dei rilasci è pari al 7,5% per ogni km di distanza tra la presa ed il rilascio, misurato lungo l asta fluviale; M 10 = modulazione di portata, per l esigenza ecologica di garantire una percentuale delle variazioni di portata naturalmente presenti nel ciclo idrologico che influenzano gli organismi acquatici e la vegetazione spondale, si aggiunge una portata pari al 10% della differenza tra la portata naturale e il DMV senza modulazione. 31

40 Fiume Anni d'osservazione Portata minima senza modulazione (l/s) ALACO a Mammone 21 95,8 ALLARO a Pontemongiana 13 59,4 ALLI a Orso ,0 ANCINALE a Razzona ,5 CORACE a Grascio ,7 COSCILE a Camerata ,7 CRATI a Conca ,7 ESARO a La Musica ,8 GARGA a Torre Garga ,3 LAO a Piè di Borgo ,4 LESE a Schiena d'asino ,0 MELITO a Olivella ,7 METRAMO a Carmine ,5 TACINA a Rivioto ,5 TRIONTO a Difesa ,4 Tab. 12 Valori del DMV ottenuti con il Metodo dell Autorità di Bacino del Fiume Magra Per le derivazioni ad uso irriguo il Piano prevede il rispetto dei seguenti tre requisiti: Q max deriv 1/3 della portata abituale estiva; Q ril min 1/3 della portata abituale estiva; Q max deriv 0,46 l/s superficie irrigua ove per portata abituale estiva si intende la media delle mediane della serie storica delle portate medie mensili di luglio, agosto e settembre. Metodo dell Autorità di Bacino del Fiume Serchio La formula proposta dall AdB del fiume Serchio è la seguente: DMV A B C D E F G H Modulazione di portata I parametri idrologici presenti nella formula rappresentano: A = Superficie del bacino idrografico sotteso dall opera di derivazione sino alla linea dello spartiacque (km 2 ); B = Rilascio specifico, fattore fisso pari a 1.6 l/(s km 2 ); 32

41 C = Fattore relativo alle precipitazioni medie annue nel bacino sotteso alla derivazione, ricavato dalla seguente tabella: Precipitazioni annue medie (in mm di pioggia) Fattore < < ,2 < ,4 < , ,8 D = Fattore relativo all altitudine media del bacino sotteso alla derivazione, ricavato dalla seguente tabella: Altitudine media del bacino (in m s.l.m.) Fattore < < 600 1,1 < 800 1, ,3 E = Fattore relativo alla permeabilità media dei terreni costituenti il bacino: Permeabilità media del bacino (carta permeabilità dei terreni) Fattore bassa 1 media 1,1 alta 1,2 elevata 1,4 F = Fattore relativo alla qualità biologica nel tratto considerato, valutato secondo il metodo IBE (Indice Biotico Esteso), ricavato dalla seguente tabella: Classe Valore Casse di Qualità biologica Metodo IBE Fattore I Non inquinato 0.00 II Leggermente inquinato 1,1 III Inquinato 1,2 IV Nettamente inquinato 1,3 V Fortemente inquinato 1,4 G = Fattore valutato in relazione alle vocazioni naturali del territorio e alla distribuzione delle aree protette. Classi di naturalità 1. aree di grande pregio (Parchi, Riserve Naturali, Statali e Provinciali, SIC, SIR, SIN, ANPIL, ANIL, ZPS) 2. aree protette (zone BCD), a prevalente naturalità di crinale, contigue a parchi e riserve naturali Fattore 3. aree di naturalità diffusa, ambiti di paesaggio della montagna 1,4 4. aree di interesse agricolo primario 1,2 5. aree di interesse agricolo e urbanizzate 1 1,8 1,6 33

42 H = Fattore relativo alla lunghezza di captazione, definito dalla seguente formula: 1 D 0.05 dove D è la distanza misurata lungo il corso d acqua, espressa in km, tra l opera di presa e il punto di restituzione. Il valore 0.05 è stato ottenuto mediando la formula utilizzata nell ambito del bacino del Magra nei due casi in cui nel tratto compreso tra l opera di presa e quella di restituzione si immettano oppure no affluenti il cui bacino idrografico complessivo sia pari ad almeno la metà di quello relativo al corso principale misurato dalla linea dello spartiacque e fino all opera di presa. Modulazione di portata, introdotta per ovviare all esigenza ecologica di garantire all alveo almeno una modesta percentuale delle variazioni di portata che caratterizzano il regime idrologico naturale e che influenzano i cicli biologici degli organismi acquatici e della vegetazione spondale. Al prodotto dei fattori da A ad H della formula, deve essere aggiunto il 10% della differenza tra la portata naturale istantanea e il valore del prodotto stesso. Al fine di garantire la modulazione riportata nella formula del calcolo del DMV, l opera di presa dovrà essere progettata e realizzata in modo tale che la derivazione garantisca prioritariamente il rilascio del DMV nel corso d acqua mediante opportuno dimensionamento della soglia sfiorante. Al fine di garantire la massima tutela possibile delle comunità acquatiche è fatto obbligo di dotare l opera di presa di idoneo passaggio artificiale per la fauna ittica ai sensi della normativa vigente. Tale passaggio dovrà essere realizzato con le tipologie realizzative più idonee a garantire la funzionalità e il contenimento degli impatti visivi. Per quanto concerne la derivazione di acque superficiali a fini diversi da quelli irrigui, fatto salvo l uso idropotabile, e le derivazioni in essere, si dispone che sono da considerarsi indisponibili, o limitatamente disponibili (DMV da valutare caso per caso), per nuovi impianti i tratti di corso d acqua collocati immediatamente a monte del punto di derivazione immediatamente a valle del punto di restituzione di una derivazione non irrigua in essere per una lunghezza da valutare specificatamente per ciascun progetto. Al fine di garantire la qualità complessiva del corso d acqua nel tratto compreso tra opera di presa e di restituzione dovranno disporsi controlli ambientali sulla qualità biologica al fine di verificare la necessità di eventuali incrementi nel valore del DMV qualora si ravvisi l abbassamento dell Indice Biotico Esteso. 34

43 Fiume Anni d'osservazione Portata minima senza modulazione (l/s) ALACO a Mammone ,7 ALLARO a Pontemongiana 13 69,3 ALLI a Orso ,1 ANCINALE a Razzona ,4 CORACE a Grascio ,2 COSCILE a Camerata ,5 CRATI a Conca ,3 ESARO a La Musica ,2 GARGA a Torre Garga ,2 LAO a Piè di Borgo ,2 LESE a Schiena d'asino ,8 MELITO a Olivella ,3 METRAMO a Carmine ,2 TACINA a Rivioto ,0 TRIONTO a Difesa ,0 Tab. 13 Valori del DMV ottenuti con il Metodo dell Autorità di Bacino del Fiume Serchio Metodo dell Autorità di Bacino della Regione Calabria Il metodo proposto dall Autorità di Bacino della Regione Calabria si ispira a quelli proposti dalla legge della Valtellina e dall Autorità di Bacino del Po, integrato con le esperienze derivanti dall applicazione dello stesso in oltre 15 anni e, in particolare, da quanto adottato dall Autorità di Bacino del fiume Serchio. La formula utilizzata è: in cui: DMV = Deflusso Minimo Vitale (l/s) DMV Z M d Z M d = termine fisso, A x B x C x D x E x F x G x H (l/s) = termine di modulazione della portata (l/s), variabile in funzione della portata in arrivo da monte. I fattori che forniscono Z hanno il seguente significato: A = Superficie del bacino idrografico sotteso dall opera di derivazione (km 2 ) sino alla linea dello spartiacque, comprendente le aree già interessate da derivazioni esistenti a monte della captazione prevista; 35

44 B = Rilascio specifico, fattore fisso pari a 1,6 (l/s km 2 ); C = Fattore compreso tra 1,0 e 1,2 e relativo alle precipitazioni medie annue nel bacino sotteso alla derivazione, ricavato dalla seguente tabella: Codice Precipitazioni annue medie (in mm di pioggia) Fattore a < 800 1,0 b ,1 c > ,2 D = Fattore compreso tra 1,0 e 1,2 relativo all altitudine media del bacino sotteso alla derivazione, ricavato dalla seguente tabella: Codice Altitudine media del bacino (in m s.l.m.) Fattore a < 400 1,0 b ,1 c = 800 1,2 E = Fattore compreso tra 1,0 e 1,2 relativo alla permeabilità media dei terreni costituenti il bacino, ricavato dalla seguente tabella: Codice Permeabilità media del bacino Fattore a bassa 1,00 b media 1,10 c alta 1,15 d elevata 1,20 F = Fattore compreso tra 1,0 e 1,2, relativo alla classificazione dello stato ecologico nel tratto considerato, così come ottenuto incrociando il dato risultante dai macrodescrittori con il risultato dell IBE, ricavato dalla seguente tabella: Codice Stato ecologico Classe di qualità biologica Fattore a elevato classe 1 1,00 b buono classe 2 1,05 c sufficiente classe 3 1,10 d scadente classe 4 1,15 e pessimo classe 5 1,20 In mancanza di informazioni su cui basare l attribuzione del punteggio e ove non sia palesemente dimostrabile l assegnazione a uno stato ecologico peggiore, è possibile attribuire al tratto in esame un valore pari a 1,1. 36

45 G = Fattore compreso tra 1,0 e 1,2, valutato in relazione alla vocazione naturale del territorio, alla presenza di aree protette ed all uso del suolo prevalente all interno del bacino considerato, ricavato dalla seguente tabella: Codice Classi di naturalità Fattore a Aree agricole 1,0 b Aree naturali 1,1 c Aree di grande pregio 1,2 H = Fattore, relativo alla lunghezza di captazione, definito dalla formula: H 1 D in cui, nel caso di prelievi a fini idroelettrici, D è la distanza in km misurata lungo il corso d acqua tra l opera di presa e il punto di restituzione; nel caso di prelievi che non prevedano restituzione, H vale 1,2. M d = Modulazione di portata. L introduzione di quest ultimo addendo risponde all esigenza di garantire all alveo almeno una modesta percentuale delle variazioni di portata che caratterizzano il regime idrologico naturale e che influenzano i cicli biologici delle comunità e degli organismi fluviali. Il valore di M d può direttamente essere posto pari al 10% della differenza tra la portata naturale istantanea e il valore prima calcolato di Z (da applicare solo se di segno positivo), oppure conseguito praticamente se si applicano delle prescrizioni progettuali alle opere connesse alla derivazione, in particolare le seguenti: 1. L opera di presa deve essere progettata e realizzata in maniera che la derivazione garantisca prioritariamente il rilascio del DMV nel corso d acqua mediante opportuno dimensionamento della soglia sfiorante. 2. È fatto obbligo di dotare l opera di presa di idoneo passaggio artificiale della fauna ittica ai sensi della normativa vigente. Tale passaggio dovrà essere eseguito con le tipologie realizzative più idonee a garantire la funzionalità e il contenimento degli impatti visivi e, inoltre, attraverso detto passaggio dovrà transitare l intero DMV calcolato. 3. Per derivazioni di acque superficiali a fini diversi da quelli irrigui, fatto salvo l'uso idropotabile e le derivazioni in essere, si dispone che siano da considerarsi indisponibili per nuovi impianti, o limitatamente disponibili (DMV da valutare caso per caso), i tratti di corso d'acqua collocati immediatamente a monte del punto di derivazione e immediatamente a valle del punto di restituzione di una derivazione non irrigua in essere per una lunghezza da valutare specificatamente per ciascun progetto. L Autorità di Bacino potrà comunque definire dei criteri di 37

46 limitazione della densità delle derivazioni sullo stesso corso d acqua sulla base dell aggiornamento del quadro conoscitivo. 4. Al fine di garantire la qualità complessiva del corso d acqua e per verificare la congruità del DMV calcolato, nel tratto compreso fra l opera di presa e il punto di restituzione dovranno disporsi controlli ambientali sulla qualità biologica. 5. Nel caso che il prelievo abbia alterato l IBE preesistente, si dovrà provvedere a eventuali incrementi del DMV calcolato. Nei soli casi di: a) derivazioni per le quali pur essendo state già realizzate opere, a norma dell art. 13 del RD 1775/1933, non risulta formalizzato l atto di concessione; b) concessioni comunque in atto che, a norma dell art. 95, comma 4 del D.Lgs. 152/2006, devono essere regolate dall autorità concedente al fine di prevedere rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici ; al fine di limitare l impatto su utilizzazioni già esistenti e su realtà produttive ad esse connesse e solo fino all adozione del Piano di Tutela delle Acque il DMV sarà pari ad 1/3 del valore di portata risultante dall applicazione del criterio sopra illustrato. Nel caso di derivazione mediante captazione di sorgenti naturali, si deve prevedere un rilascio pari ad almeno un terzo della portata minima continua, qualora questa sia superiore a 1 l/s. Fiume Anni d'osservazione Termine fisso (l/s) ALACO a Mammone 21 49,5 ALLARO a Pontemongiana 13 39,5 ALLI a Orso ,2 ANCINALE a Razzona ,4 CORACE a Grascio ,4 COSCILE a Camerata CRATI a Conca ESARO a La Musica ,2 GARGA a Torre Garga ,9 LAO a Piè di Borgo ,1 LESE a Schiena d'asino ,0 MELITO a Olivella ,8 METRAMO a Carmine ,0 TACINA a Rivioto ,6 TRIONTO a Difesa ,6 Tab. 14 Valori del DMV ottenuti con il Metodo dell Autorità di Bacino della Regione Calabria 38

47 Sintesi dei risultati Allo scopo di analizzare la variabilità dei risultati ottenuti per ogni corso d acqua, nel grafico di figura 4 si riportano le variazioni rispetto al valore, calcolato come media dei DMV ottenuti con le diverse metodologie utilizzate, e le variazioni rispetto al valore calcolato con il metodo suggerito dall Autorità di Bacino della Regione Calabria. La linea tratteggiata è indicativa della variazione standard, rispetto al valore medio, calcolata fra i valori di DMV ottenuti per un singolo corso d acqua dall applicazione delle diverse metodologie, similmente la linea continua è indicativa della variazione standard, rispetto al valore ottenuto con la metodologia proposta dall AdB della Calabria, calcolata fra i valori di DMV ottenuti per un singolo corso d acqua dall applicazione delle altre metodologie. Il grafico così ottenuto evidenzia, come era ragionevolmente logico attendersi, variazioni minori intorno al valore medio (minima variazione, pari al 22%, sul Fiume Trionto massima variazione, pari al 90%, sul fiume Coscile) rispetto alle variazioni sul valore ottenuto con la metodologia proposta dall AdB della Calabria (minima variazione, pari al 24%, sul Fiume Trionto massima variazione, pari al 178%, sul fiume Lao). Ma evidenzia, con maggior importanza, in maniera similare per il caso di variazione rispetto al valore medio sia per il caso di variazione sul valore ottenuto con la metodologia proposta dall AdB della Calabria, maggiori deviazioni per i fiumi caratterizzati da deflusso profondo più elevato, quali ad esempio i fiumi Coscile, Lao e Tacina (Fig. 4). Fig. 4 - Variazione dei valori calcolati di DMV per ciascun fiume rispetto al valore calcolato con la formula dell Autorità di Bacino della Calabria e rispetto al valore medio 39

48 Risultati similari si evidenziano dall analisi della tabella 15, dove sono riportati il numero di giorni di superamento del valore di minimo deflusso vitale calcolato con le metodologie sopra ricordate. Fiume Metodo AdB Calabria Metodo AdB Magra Metodo FAO Metodo Matthey Metodo Prov. Bolzano Metodo Montana Metodo Prov. Trento Metodo Svizzera Metodo AdB Po Metodo AdB Serchio ALACO ALLARO ALLI ANCINALE CORACE COSCILE > CRATI ESARO > GARGA LAO >365 >365 >365 >365 > > LESE MELITO METRAMO TACINA > > > > TRIONTO > > > MEDIA DEVIAZIONE STANDARD Tab. 15 Numero di giorni di superamento del DMV calcolato con le metodologie illustrate Fiume Metodo AdB Calabria Metodo AdB Magra Metodo FAO Metodo Matthey Metodo Prov. Bolzano Metodo Montana ALACO ALLARO ALLI ANCINALE CORACE COSCILE CRATI ESARO GARGA LAO LESE MELITO METRAMO TACINA TRIONTO Tab. 16 Valore del DMV calcolato con le metodologie illustrate Metodo Prov. Trento Metodo Svizzera Metodo AdB Po Metodo AdB Serchio L analisi della tabella 16 evidenzia, in particolare per gli stessi fiumi già citati (Lao, Tacina, Coscile), valori di DMV più bassi della portata minima registrata. In particolare per il fiume Lao, uno fra quelli a maggior propensione al deflusso profondo fra quelli analizzati, quasi tutti i metodi stimano valori eccessivamente piccoli di DMV. 40

49 A titolo di esempio si riportano i grafici relativi al fiume Ancinale con il confronto tra i valori calcolati di DMV e dei corrispondenti giorni di superamento del valore di DMV, utilizzando le diverse metodologie (Fig. 5). Fig. 5 Confronto tra i valori di DMV ed i corrispondenti giorni di superamento per il Fiume Ancinale Come si può osservare quasi tutti i valori del DMV devono essere garantiti per un numero di giorni dell anno che supera i 350 giorni; fanno eccezione i valori del DMV calcolati con i metodi Serchio, Montana e Svizzera, che dovrebbero essere garantiti per 336 giorni, quello del fiume Serchio, per 335 giorni quello del Montana e per circa 257 giorni all anno quello della Svizzera. Particolarmente variabile è invece la variabilità del valore di deflusso minimo vitale determinato con l applicazione delle diverse metodologie, si passa infatti da 232 L/s del metodo Montana ai 1328 del Metodo Svizzera. Infatti pur escludendo i valori estremi, ed in particolare quello della Svizzera che come osservato anche nel superamento dei giorni si allontana abbondantemente dai valori medi, si rileva una forte variabilità nei valori calcolati con i diversi metodi confermando il carattere locale di ognuno di essi. 41

50 b) Analisi di sensitività delle metodologie analizzate Una delle necessità derivanti dall utilizzo di un modello è sapere cosa comporta, in termini di risultato finale, un errore di valutazione dei parametri di ingresso, utilizzati per la determinazione della grandezza (nel presente progetto il DMV). Si possono ricavare utili indicazioni, circa la stabilità del risultato, al variare delle variabili in esso inserite, effettuando un analisi di sensitività del modello, individuando cioè i parametri a cui il modello è più sensibile. Tale procedura può risultare utile per un duplice scopo: - ottenere utili indicazioni sul tipo di indagini preliminari da effettuare al fine di minimizzare l errore di stima della grandezza; - valutare, in funzione del parametro indagato, quale tra le possibili relazioni che da esso dipendono, risulta essere maggiormente influenzata dal valore del parametro stesso. È quindi assolutamente necessario individuare, preliminarmente, il modello di calcolo su cui effettuare l analisi; infatti esistono diversi modelli, in ciascuno dei quali compaiono parametri comuni e variabili che ne caratterizzano il campo particolare di applicabilità. L analisi di sensitività può essere effettuata definendo una relazione funzionale in grado di esprimere il valore assunto da una grandezza in funzione di un numero k di parametri, secondo due metodi: il metodo di differenziazione diretta e quello della perturbazione per fattori (Mc Cuen R. H., 1973; Mc Cuen R. H., 1974). Di seguito, dopo aver illustrato le modalità per effettuare l analisi di sensitività di un modello, si procederà ad applicare tale metodologia ad alcuni modelli di calcolo del DMV. Verranno sottoposti all analisi alcune relazioni che calcolano il DMV dipendenti da parametri comuni e verranno commentati e confrontati, a titolo di esempio, i risultati ottenuti per i fiumi Coscile e Crati. I risultati delle elaborazioni sono comunque riportati in allegato 1. Va sottolineato che le conclusioni ottenute per il Coscile e il Crati sono analoghe per tutti i corsi d acqua esaminati e quindi esportabili agli altri corsi d acqua Calabresi. 42

51 Il metodo di differenziazione diretta Sia F una funzione dipendente da k parametri x 1,...,x k : F=f(x 1,..., x ik ) e sia S xi la funzione di sensitività rispetto al parametro x i, che fornisce la variazione funzionale rispetto al parametro x i, così definita: S xi r F x i È possibile svincolarsi dal valore reale dei singoli parametri e ottenere valori di S xi tra loro confrontabili introducendo la funzione di peso data dal rapporto x i F fra il parametro analizzato e la funzione. Si definisce sensitività relativa (S xi ) r la seguente funzione: i S xi r Fx x F i Il metodo della perturbazione per fattori Il metodo della perturbazione per fattori prevede di effettuare il calcolo della funzione di sensitività mediante un rapporto tra i differenziali espressi in termini di differenze finite. La funzione di sensitività assume la forma: con j i S xi F x i 1,... i i,... j 1,..., j f x x x x f x x x Tale formulazione permette di valutare come varia la stima iniziale della funzione considerata quando il parametro i-esimo viene variato della quantità x i. L interesse nell applicazione di questo tipo di procedura consiste nella possibilità di esprimere x i come una variazione percentuale del parametro rispetto alla stima iniziale. I risultati possono essere riportati su diagrammi che hanno in ordinata la variazione percentuale della funzione F rispetto a un valore di riferimento F * e in ascissa la variazione percentuale del parametro rispetto a quello che ha fornito il valore F *. Prima di procedere alla verifica di stabilità di un qualsiasi modello va comunque ribadito che il metodo della perturbazione per fattori ha come punto di partenza la i 43

52 definizione di un set di variabili che costituisce il valore di riferimento, ad esempio, il set di valori posti alla base della progettazione. Il passo successivo consiste nel variare uno dei parametri utilizzati potendo ottenere come risultato i grafici appena descritti. Tali grafici sono perciò caratteristici della variazione del risultato rispetto a una situazione particolare hanno, pertanto, soltanto un valore di tipo qualitativo e non quantitativo. Analisi di sensitività Per verificare quanto le singole formule siano sensibili ai parametri utilizzati per il calcolo si effettua l analisi di sensitività dei vari modelli. Per il bacino idrografico in osservazione, assunto come riferimento il valore del DMV * calcolato utilizzando un determinato set di parametri si ricalcola il valore del DMV al variare di uno dei parametri da cui esso dipende. La rappresentazione grafica dell analisi ha in ascissa la variazione del parametro in esame rispetto al valore di riferimento usato nella formula in condizioni ordinarie, ed in ordinata la variazione del DMV rispetto al DMV di riferimento calcolato in condizioni ordinarie. Con riferimento ai fiumi Coscile e Crati si procederà a determinare l andamento della funzione di sensitività relativamente ai parametri di interesse e valutare quale dei metodi analizzati risulti più sensibile eventuali variazioni di ciascuno di essi. Con riferimento, invece alla formula dell Autorità di Bacino della Regione Calabria, verrà evidenziata la stabilità del modello rispetto alla variazione dei parametri. 44

53 Parametro Q media Andamento della funzione di sensitività rispetto alla portata fiume Coscile Andamento della funzione di sensitività rispetto alla portata fiume Crati Per la variabile in considerazione si può osservare come il metodo dell Autorità di Bacino della Regione Calabria sia quello più sensibile alla variazione della portata media, pur evidenziandosi che l errore commesso risulta comunque contenuto. Ad una variazione del 10% del parametro corrisponde una variazione del DMV intorno al 10%. Tale variazione, per le altre formule, è meno sensibile restando la variazione del DMV minore del 10%. 45

54 (DMV-DMV*)/DMV* (DMV-DMV*)/DMV* POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con Parametro Superficie del bacino Variando la superficie del bacino considerato si può applicare l analisi di sensitività a quattro relazioni per il calcolo del DMV. 0,150 0,100 Superficie PO Superficie MAGRA Superficie SERCHIO Superficie CALABRIA 0,050 0,000-0,15-0,1-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,050-0,100-0,150 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto alla superficie fiume Coscile 0,150 0,100 0,050 Superficie PO Superficie MAGRA Superficie SERCHIO Superficie CALABRIA 0,000-0,15-0,1-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,050-0,100-0,150 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto alla superficie fiume Crati Si può facilmente osservare come i vari metodi rispecchino una certa linearità e presentino all incirca un uguale sensibilità al variare del parametro, eccezione fatta per la formula dell Autorità di Bacino del fiume Po che pur con andamento lineare mostra una maggiore sensibilità al parametro comunque contenute: infatti, a una variazione dell ordine del 10% sulla stima del parametro di riferimento, corrispondono variazioni 46

55 (DMV-DMV*)/DMV* POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con dell ordine del 5% per il valore del DMV ottenuti con i metodi dell autorità di bacino del Magra, del Serchio e della Regione Calabria, dell ordine del 10% per il fiume Po. La formula della Regione Calabria in questo caso ha un comportamento più stabile: a variazioni del parametro in ingresso, corrispondono variazioni del risultato complessivo comunque contenute (un errore sul dato in ingresso non inficia sostanzialmente il valore del risultato ottenuto). Parametro precipitazione Variando il parametro legato alla precipitazione si può applicare l analisi di sensitività a quattro delle formule usate ottenendo i seguenti grafici riassuntivi: 0,150 0,100 0,050 Fattore di precipitazione MAGRA Fattore di precipitazione SERCHIO Fattore di precipitazione CALABRIA Fattore di precipitazione PO 0,000-0,15-0,1-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,050-0,100-0,150 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto al fattore di precipitazione fiume Coscile Andamento della funzione di sensitività rispetto al fattore di precipitazione fiume Crati 47

56 (DMV-DMV*)/DMV* (DMV-DMV*)/DMV* POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con La relazione dell Autorità di Bacino del fiume Po risulta la più sensibile alla variazione del parametro precipitazione. Vale anche in questo caso il discorso sulla stabilità della formula della Regione Calabria, che la tra le relazioni analizzate consente di garantire un errore inferiore rispetto agli altri modelli. Parametro altitudine Variando il parametro legato all altitudine si può applicare l analisi di sensitività a quattro delle formule usate ottenendo i seguenti risultati: 0,15 0,1 0,05 Altitudine MAGRA Altitudine SERCHIO Altitudine CALABRIA Altitudine PO 0-0,15-0,1-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,05-0,1-0,15 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto all altitudine per il fiume Coscile 0,15 0,1 0,05 Altitudine MAGRA Altitudine SERCHIO Altitudine CALABRIA Altitudine PO 0-0,15-0,1-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,05-0,1-0,15 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto all altitudine per il fiume Crati 48

57 (DMV-DMV*)/DMV* (DMV-DMV*)/DMV* POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con Si può osservare per la variabile in considerazione che il metodo dell Autorità di Bacino del fiume Po risulta più sensibile alla variazione del parametro altitudine. Parametro qualità biologica Variando il parametro legato alla qualità biologica in alveo si può applicare l analisi di sensitività a quattro delle formule usate, ottenendo i grafici di seguito riportati: 0,25 Qualità biologica MAGRA 0,2 Qualità biologica SERCHIO 0,15 Qualità biologica CALABRIA 0,1 Qualità biologica PO 0,05 0-0,15-0,1-0,05-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,1-0,15-0,2-0,25 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto alla qualità biologica fiume Coscile 0,25 0,2 0,15 0,1 0,05 Qualità biologica MAGRA Qualità biologica SERCHIO Qualità biologica CALABRIA Qualità biologica PO 0-0,15-0,1-0,05-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,1-0,15-0,2-0,25 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto alla qualità biologica fiume Crati 49

58 (DMV-DMV*)/DMV* (DMV-DMV*)/DMV* POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con Si può osservare per la variabile in considerazione che il metodo dell Autorità di Bacino del fiume Po risulta il più sensibile rispetto alla variazione del parametro di qualità biologica. Parametro naturalità Variando il parametro legato alla naturalità si può applicare l analisi di sensitività a quattro delle formule usate ottenendo i seguenti risultati: 0,25 Naturalità MAGRA 0,2 Naturalità SERCHIO 0,15 Naturalità CALABRIA 0,1 Naturalità PO 0,05 0-0,15-0,1-0,05-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,1-0,15-0,2-0,25 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto al parametro di naturalità fiume Coscile 0,25 0,2 0,15 0,1 0,05 Naturalità MAGRA Naturalità SERCHIO Naturalità CALABRIA Naturalità PO 0-0,15-0,1-0,05-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,1-0,15-0,2-0,25 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto parametro di naturalità fiume Crati 50

59 (DMV-DMV*)/DMV* (DMV-DMV*)/DMV* POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con Anche in questo caso si può osservare che il metodo dell Autorità di Bacino del fiume Po risulta il più sensibile alla variazione del parametro naturalità. Parametro lunghezza di captazione o restituzione Facendo variare il parametro legato alla lunghezza di captazione o di rilascio in alveo si può applicare l analisi di sensitività a tre delle formule usate, ottenendo i seguenti risultati: 0,08 0,06 0,04 0,02 Lunghezza di rilascio MAGRA Lunghezza di rilascio SERCHIO Lunghezza di rilascio CALABRIA 0-0,15-0,1-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,02-0,04-0,06-0,08 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto alla lunghezza di captazione o restituzione fiume Coscile 0,08 0,06 0,04 Lunghezza di rilascio MAGRA Lunghezza di rilascio SERCHIO Lunghezza di rilascio CALABRIA 0,02 0-0,15-0,1-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,02-0,04-0,06-0,08 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto alla lunghezza di captazione o restituzione fiume Crati 51

60 (DMV - DMV*)/DMV* (DMV - DMV*)/DMV* POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con Le tre formule dimostrano di essere poco sensibili al parametro, stante il fatto che per valori di variazione del parametro dell ordine del 10%, tutte forniscono una variazione nel risultato complessivo pari a circa il 5%. Nessuna delle tre formule considerate, inoltre, ha un andamento particolare rispetto alle altre. Parametro permeabilità Facendo variare il parametro legato alla permeabilità del bacino si può applicare l analisi di sensitività alla formula dell autorità di bacino della Regione Calabria e a quella del Serchio. I risultati ottenuti sono mostrati di seguito: 0,08 0,06 0,04 0,02 Permeabilità SERCHIO Permeabilità CALABRIA 0-0,15-0,1-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,02-0,04-0,06-0,08 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto al parametro di permeabilità fiume Coscile 0,08 0,06 Permeabilità SERCHIO 0,04 0,02 Permeabilità CALABRIA 0-0,15-0,1-0,05 0 0,05 0,1 0,15-0,02-0,04-0,06-0,08 (X-X*)/X* Andamento della funzione di sensitività rispetto al parametro di permeabilità fiume Crati 52

61 Le due formule dimostrano di essere poco sensibili rispetto ad eventuali variazioni del parametro permeabilità, con differenze minime tra di loro. Analisi di sensitività: formula A.d.B. Regione Calabria Così come fatto fin ora per i singoli parametri è stata analizzata la formula fornita dall Autorità di Bacino della Regione Calabria, allo scopo di individuare la differenza di sensibilità rispetto ai vari parametri. È facile notare come il parametro Q media abbia un andamento più inclinato rispetto agli altri, pertanto la formula risulta più sensibile al variare della portata media; tutti gli altri parametri (superficie, precipitazione, altitudine, qualità, naturalità, lunghezza del rilascio e permeabilità del bacino) invece risultano avere lo stesso andamento ed inoltre con inclinazione leggermente minore rispetto alla portata media. Si può concludere che la formula della Regione Calabria si comporta praticamente allo stesso modo al variare di tutti i suoi parametri, eccezione fatta per la portata media che invece è l unica a differenziarsi dalle altre: ad una variazione del parametro del 10% corrisponde una variazione del DMV minore del 10%, o di poco superiore. Andamento della funzione di sensitività per la formula dell Autorità di Bacino della Regione Calabria Fiume Coscile 53

62 Andamento della funzione di sensitività per la formula dell autorità di bacino della Regione Calabria Fiume Crati Dall analisi effettuata sui singoli parametri si evidenzia come la formula dell A.d.B. Calabria risulti tra le meno sensibili al variare dei parametri che in particolare mostrano un comportamento lineare al variare dei parametri morfologici, mentre risultano ancor meno sensibili la portata media ed il termine di modulazione. c) Possibili modificazioni del criterio dell ABR della Calabria Il metodo dell ABR della Calabria, pur nella sua struttura semplificata, introduce significativi elementi di innovazione nella definizione del DMV, poiché prevede il rilascio di una portata non costante. Tuttavia, come già rilevato nel documento di emanazione ( Criterio per la definizione del Deflusso Minimo Vitale (DMV) dei corsi d acqua interessati da derivazioni, in attesa dell approvazione del Piano di Tutela delle Acque ), il criterio richiede alcune modificazioni per tener conto dell eterogeneità dei corsi d acqua calabresi, che chiaramente si evidenziano nelle analisi sopra descritte e, in particolare, dalla tabella 15, in cui è evidente la disparità del valore calcolato rispetto ai reali deflussi di magra del corso d acqua. Anche il Piano di Tutela delle Acque evidenzia alcune carenze del criterio. Una prima, sostanziale, modificazione è motivata dalle differenti caratteristiche idrologiche dei corsi d acqua. In particolare, è opportuno procedere ad una diversa 54

63 definizione del Fattore di permeabilità E utilizzato nel calcolo della frazione costante del DMV. Il valore E, riprendendo l approccio di Mendicino et al. (2005), può essere più opportunamente sostituito come Fattore di propensione al deflusso profondo, assumendo valori diversi in dipendenza dalle caratteristiche idrogeologiche. Per un primo adattamento alle reali caratteristiche idrologiche dei bacini calabresi, è stata definita la seguente classificazione per il parametro E: Categoria Fattore I Corsi d acqua con bacini aventi propensione al deflusso alta 3 II Corsi d acqua con bacini aventi propensione al deflusso intermedia 1 III Corsi d acqua con bacini aventi propensione al deflusso bassa 0,7 Salvo studi idrologici specifici e misurazioni di portata comprovanti l'esistenza di un regime dei deflussi di magra tale da non poter conseguire i rilasci indicati per periodi significativi e in attesa di studi di dettaglio, è stata redatta una carta della Regione con delimitazione dei bacini afferenti a ciascuna delle 3 categorie definite per una rapida individuazione, così approssimativamente sintetizzabili: I. bacini tirrenici principali fra la Basilicata ed il T. Soleo, bacini ionici fra l'esaro (escluso) ed il Raganello (compreso), affluenti di sinistra del F. Esaro: E=3 II. bacini della Sila fra il Trionto (compreso) ed il Corace (escluso) e affluenti di destra del F. Crati fra il Mucone ed il Cardone, bacini tirrenici delle Serre fra l'angitola ed il Petrace (Mesima escluso) e bacini ionici delle Serre fra il Corace (escluso) e l'allaro (compreso): E=1 III. altri bacini: E=0.7 55

64 Fig. 6 Classificazione dei bacini calabresi in base alla propensione al deflusso profondo (E) 56

65 Analisi sito-specifiche devono essere eseguite per la determinazione dei più opportuni valori del fattore E per i diversi corsi d acqua o tratti di essi, anche in dipendenza delle utilizzazioni esistenti e degli obiettivi di conservazione. Una seconda e non meno rilevante modificazione dovrebbe tener conto dello stato del corso d acqua, con particolare riferimento ai tratti di corsi d acqua in area protetta e a quelli fortemente modificati ai sensi del Decreto 152/2006, per i quali le normali prescrizioni in materia di rilascio a valle di derivazioni possono risultare incompatibili con gli usi esistenti. A tali fini, il fattore di uso del suolo G, definito inizialmente come: G: fattore di uso del suolo (1 1.2; 1 in aree agricole, 1.1 in aree naturali, 1.2 in aree protette) può essere sostituito da un più generico fattore di stato idrologico, morfologico e di qualità delle acque relativo corso d acqua e delle sponde, recependo (sia pure parzialmente) le prescrizioni del Decreto 152/06 (All.1) in materia di definizione dello stato ecologico dei corsi d acqua. In particolare, il fattore G può essere ulteriormente dettagliato come segue: G= (corsi d acqua fortemente modificati in aree antropizzate, agricole o naturali): si tiene conto del reale stato di utilizzazione dei corsi d acqua, considerando che, in presenza di significative captazioni esistenti, risulta economicamente troppo oneroso o tecnicamente non attuabile il raggiungimento dello stato buono previsto dalla normativa. G=1 (corsi d acqua in aree agricole e antropizzate): il coefficiente conserva il valore previsto nella versione originaria. G=1.1 (corsi d acqua in aree a basso grado di antropizzazione): il coefficiente conserva il valore previsto nella versione originaria, in cui si faceva genericamente riferimento ad aree naturali. G=2 (corsi d acqua in aree protette): il coefficiente viene significativamente incrementato, passando da 1.2 a 2.0. G=1 (corsi d acqua già fortemente modificati in aree protette): il coefficiente viene dimezzato rispetto al caso precedente in considerazione della circostanza che risulta economicamente troppo oneroso o tecnicamente non attuabile il raggiungimento dello stato buono previsto dalla normativa. Corsi d acqua con particolari valori idromorfologici, biologici e paesaggistici: derivazioni solo in casi particolari, da verificare con studi specifici. 57

66 Infine, una terza proposta di modifica riguarda il fattore altitudine, infatti per dare più peso all elevata variazione altimetrica che caratterizza la Regione Calabria il fattore altitudine è stato riclassificato come segue: D = Fattore compreso tra 1,0 e 1,4 (attualmente il metodo prevede una variazione fra 1,0 e 1,2), misurato sempre rispetto all altitudine media del bacino sotteso alla derivazione, ricavato dalla seguente tabella: Codice Altitudine media del bacino (in m s.l.m.) Fattore a < 400 1,0 b ,2 c > 800 1,4 Il criterio così modificato mira ad una maggiore compatibilità fra aspetti idrologici, conservazionistici e di utilizzazione. Tuttavia, si tratta comunque di un criterio che ingegneristicamente è da ritenersi di progetto (calcolo a priori di grandezze poi effettivamente adottate nella pratica), e non di verifica (valutazione delle conseguenze di precedenti assunzioni). Pertanto, in assenza di studi specifici di natura idromorfologica, fisica, chimica e biologica funzionali alla correzione delle assunzioni fatte, non è garantito il raggiungimento dell obiettivo di qualità buono per il tratto di corso d acqua considerato. 58

67 Lavori citati AdB Adige, Qualità e risanamento delle acque superficiali e sotterranee nel bacino idrografico del fiume Adige Obiettivi a scala di bacino e priorità di intervento, Luglio 2003 AdB Fiume Serchio, Criteri per la definizione del Deflusso Minimo Vitale nel bacino del Fiume Serchio, Autorità di bacino pilota del fiume Serchio, AdB Magra, Autorità di bacino interregionale del fiume Magra, Piano di stralcio, Relazione generale Tutela dei corsi d acqua interessati da derivazioni AdB Po, Autorità di Bacino del fiume Po, Criteri di regolazione delle portate in alveo, Delibera del Comitato Istituzionale n. 7/2002 del 13 marzo 2002, allegato B AdB Regione Calabria, Criterio per la definizione del deflusso minimo vitale (DMV) dei corsi d acqua interessati da derivazioni, Piano di Tutela delle Acque, 2007 Binns N.A. and Eiserman F.M., Quantification of fluvial trout habitat in Wyoming, Trans.Am.Fish.Soc., 108(3):215 28, 1979 Bovee K.D., Lamb B.L., Bartholow J.M., Stalnaker C.B., Taylor J.G., Henriksen J., Stream Habitat Analysis Using the Instream Flow Incremental Methodology. Biological Resources Division Information and Technology Report USGS/BRD Dipartimento Federale dell Interno Svizzero, Legge federale sulla protezione delle acque, 1987 FAO, Piano generale di Utilizzazione delle acque pubbliche della provincia di Trento, Decreto del Presidente della Repubblica, 15 febbraio 2006 Legge Federale Svizzera n del 24 gennaio 1991 art , 1991 Mc Cuen R.H., A senitivity and Error Analysis of Procedures Use for Estimating Evaporation, Water Resources Bulletin, vol.10, n 3, June 1974 Mc Cuen R.H., The Role of Sensitivity Analysis in Hydrologic Modeling, Journal of Hydrology, n 18, 1973 Mendicino G., Senatore A., Versace P., Deflussi minimi annuali, stagionali e di magra nei corsi d acqua calabresi. In atti del 25 Corso d Aggiornamento in Tecniche per al difesa dall inquinamento. Ed. Bios, 2005, pp

68 Nelson F.A., Evaluation of four instream flow methods applied to four trout rivers in southwest Montana, Draft Report to US Fisheries and Wildlife Sersice. Montana Department of Fish Wildlife and Parks, 1980, p. 105 Provincia Autonoma di Bolzano (1986). DPR Piano Generale di Utilizzazione delle Acque. Provincia Autonoma di Trento (1986). DPR Piano Generale per l'utilizzazione delle Acque Pubbliche Tennant D. L., Instream flow regimes for fish, wildlife, recreation and related environmental resources. Fisheries 1(4), 1976, pp Tomaselli A., Spinetti I., De Antoni F., De Falco L., Brandino A., Grita M., Piano di bacino stralcio sul bilancio idrico Provincia di Genova,

69 3. Individuazione e analisi dei corsi d acqua campione: caratterizzazione morfologica, idrologica e fisiografica 3.1 Area di studio Nello studio in corso sono stati individuati due tratti campione, selezionandoli con attenzione alle loro caratteristiche rilevanti e alla estendibilità dei risultati all intero territorio calabrese, compatibilmente alla presenza di lunghe serie di dati idrologici. Il nord della Calabria, e quindi l'intera provincia di Cosenza, è caratterizzato da un territorio prevalentemente montuoso costituito dalla catena costiera ad occidente e dall'altopiano silano ad oriente. A separare questi due rilievi vi è la Valle del Crati, nella quale scorre il fiume omonimo (AA.VV., 2010). Nel presente progetto sono stati esaminati i tratti relativi a due corsi d acqua calabresi, un tratto del fiume Crati, dalla traversa di Tarsia alla confluenza col Coscile e un tratto dello stesso fiume Coscile, tra la confluenza col fiume Garga ed il torrente Garda (Fig. 7). Fig. 7 - Inquadramento geografico dell'area di studio 61

70 Il fiume Crati ha origine a Cosenza, dove alla confluenza col Busento si riuniscono i numerosi corsi d acqua che provengono dalla Sila e dalla Catena Costiera. Da qui, successivamente, scorre con direzione N-S verso valle, creando una piana ampia e asimmetrica, caratterizzata da versanti inizialmente dolci, ma che tendono nel seguito (per quote superiori a circa 600 m s.l.m.) a elevarsi bruscamente, divenendo quasi verticali. Ciò rende più evidente l asimmetria dell alveo attuale rispetto alla catena montuosa occidentale. Nei pressi di Bisignano vi confluisce il fiume Mucone, anch esso sede di evidenti fenomeni erosivi, con conseguente elevata capacità di trasporto. Dopo una lunga e ripida discesa, il fiume giunge in prossimità di Tarsia dove i versanti si restringono improvvisamente e la sua corsa viene sbarrata dalla traversa che forma il lago artificiale omonimo. A valle dello sbarramento il fiume Crati si dirige ad est verso la Piana di Sibari dove riceve, nei pressi del centro abitato di Terranova da Sibari, l'ultimo affluente, il Coscile, prima di gettarsi nel golfo di Taranto presso la marina di Corigliano Calabro (Schiavonea). Alla sua foce, il Crati crea un ambiente umido di tipo palustre di estremo interesse ambientale, anche per l'avifauna. Anche la foce del Crati è divenuta nel 1990 Riserva Regionale, al pari della Riserva del Lago di Tarsia. A fronte di una discreta portata media annua, pari a 26 metri cubi di acqua al secondo, il Crati è un fiume a carattere torrentizio, alternando forti e a volte disastrose piene invernali a marcate magre estive, che lo svuotano notevolmente. Il bacino del fiume, invece, è caratterizzato da una notevole capacità erosiva in cui sono coinvolti non solo le coperture sedimentarie sabbiose ed argillose ma anche le rocce metamorfiche di alto grado e perfino i graniti, aumentando in modo considerevole la portata solida del fiume (AA.VV., 2010). L intero bacino del Crati risulta costituito da rocce metamorfiche e conseguentemente magmatiche, ma anche da una parte di rocce sedimentarie (responsabili di fenomeni franosi e di dissesto geologico) e granitiche, tipicamente coinvolte nei processi di formazione orogenetica. Il Fiume Crati, lungo nel suo sviluppo totale 88 km con una area di bacino di 2447 km 2, è stato considerato per il tratto compreso tra la traversa di Tarsia e la confluenza con il Fiume Coscile. Tale tratto si sviluppa per una lunghezza di circa 18 km, passando da una quota di 52 m s.l.m. a una quota 10 m s.l.m., con una pendenza media del 2 permille. La stazione idrometrica di riferimento del tratto è quella di Conca, che possiede dati del periodo L area del bacino sotteso alla sezione di Conca è di 122,9 km 2, ed il bacino è caratterizzato dall altitudine media 664 m s.l.m., da uno zero idrometrico di 35 m s.l.m. distante dalla foce 23 km. A monte del tratto esiste la traversa di Tarsia che costituisce la captazione principale per il Crati caratterizzato da un impianto a serbatoio 62

71 (traversa con paratoie) ad uso irriguo e laminazione delle piene. L invaso ha iniziato il suo esercizio nel Il fiume Coscile (noto localmente anche con l'antico nome Sibari) è un'importante bacino imbrifero che raccoglie le acque di molte sorgenti ai piedi del Pollino e del Serra Dolcedorme. Nasce a 668 m (Sorgente Coscile) alle pendici del monte Cappellazzo (m 1210). Con uno sviluppo totale di circa 50 km ed un area di bacino di 1005 km 2, riceve le acque degli affluenti Esaro, Tiro e Garga, si dirige verso la Piana di Sibari divenendo affluente di sinistra del fiume Crati, nei pressi della foce, precisamente presso Thurio (Fig. 8). É attraversato in più punti dalla autostrada A3 Napoli - Reggio Calabria, nel tratto che scende dal valico di Campotenese (1000 m s.l.m., fraz. di Morano Calabro) verso Castrovillari. Nei pressi di Spezzano Albanese è anche attraversato dalla linea ferroviaria Cosenza - Sibari. Costeggiato dalla strada Thurio-Stazione di Spezzano Albanese SS. 19. Grazie alle varie sorgenti e soprattutto al ricco apporto dell'esaro, il fiume risulta il 3º della Calabria per ricchezza d'acque. L'importanza del suo bacino imbrifero è testimoniata dalla presenza di tre impianti ENEL, due presso il Coscile stesso e un presso il fiume Garga. Il fiume è soggetto in ogni caso a un regime nettamente torrentizio dove alterna forti piene invernali a marcate magre estive. 63

72 Fig. 8 - Bacini idrografici dei tratti di studio, con in evidenza l asta principale La stazione principale del bacino è quella di Camerata, che svolge una doppia funzione, quella di stazione termopluviometrica identificata col nome Castrovillari-Camerata, e quella di sezione idrometrica, per la misurazione delle portate del fiume Coscile, identificata col nome Coscile a Camerata ; il suo codice identificativo è È localizzata nel comune di Spezzano Albanese in contrada Camerata; è attualmente attiva in telemisura con i seguenti sensori: pluviometro, termometro, idrometro (Figg. 9, 10). 64

73 Fig. 9 - Particolare della stazione di misura di Camerata Fig. 10 Localizzazione delle stazioni di misura: Crati a Conca e Coscile a Camerata 65

74 Il tratto oggetto di studio per il Coscile è quello compreso tra la confluenza con il fiume Garga e la confluenza con il torrente Garda; si sviluppa per una lunghezza di 3 km, passando da una quota di 60 m s.l.m. a una quota 40 m s.l.m., con una pendenza media del 7 permille. La stazione idrometrica di riferimento del tratto è quella di Camerata, con dati relativi a un periodo di 34 anni. L area del bacino sotteso alla sezione di Camerata è di 10,9 km 2, ed il bacino è caratterizzato da un altitudine media 725 m s.l.m., da uno zero idrometrico di 58 m s.l.m. distante dalla confluenza con il Crati 25 km. A monte del tratto esistono alcune centrali idroelettriche con impianti ad acqua fluente con restituzione delle portate derivate a monte della stazione di misura. Per i corsi d acqua del Crati e del Coscile è stata effettuata la fase di caratterizzazione idrologica e la raccolta di informazioni cartografiche necessarie all espletamento delle attività del presente progetto. La definizione dei tratti campione ha consentito, oltre che la fase di acquisizione dati e informazioni cartografiche, idrologiche e idrometriche anche le attività di sopralluogo per l acquisizione dei campioni utili alla definizione dell I.F.F. (Indice di Funzionalità Fluviale). 66

75 3.2 Caratterizzazione idromorfologica dei bacini oggetto di studio Per ciascuno dei bacini identificati, è stata effettuata la caratterizzazione morfologica e idrologica, i cui risultati sono dettagliatamente descritti nei paragrafi seguenti. La caratterizzazione morfologica ha riguardato in particolare i principali parametri geometrici: Area, A Perimetro, P Coefficiente di forma di Gravelius, Φ. Φ: Coefficiente di Gravelius, rapporto tra il perimetro P del bacino e il perimetro del cerchio di uguale area A. P 4 A Φ 1 forma tondeggiante 1< Φ <1.25 rotonda-ovale rotonda 1.25< Φ <1.5 ovale rotonda-ovale allungata 1.5< Φ <1.75 ovale allungata-rettangolare bislunga (da: Ferro V., La sistemazione dei bacini idrografici, McGraw-Hill, 2002) Utilizzando un modello digitale del terreno, con risoluzione spaziale di 20 m, è stata sviluppata l analisi delle seguenti grandezze morfologiche: Altimetria Pendenza Esposizione dei versanti 67

76 Per ciascuna di tali grandezze è stata calcolata la distribuzione delle frequenze, ricostruendo il relativo istogramma, ed è stata predisposta una carta che ne riproduce l andamento spaziale. Si è inoltre tracciata la curva ipsografica, calcolando l altitudine minima, massima e media. La caratterizzazione idrologica ha riguardato: Precipitazioni Temperature Evapotraspirazione potenziale. In particolare, sulla base dei dati pluviometrici e termometrici disponibili nelle sezioni di misura del Servizio Idrografico e Mareografico Ufficio di Catanzaro (ora Centro Funzionale Meteo Idrologico della Regione Calabria), sono state ricostruite le precipitazioni e le temperature medie annue relative all intero periodo di osservazione ( ), calcolando la frequenza per diverse classi di valori. Calcolando i valori medi dell intero periodo sono state costruite le carte che riportano l andamento spaziale delle precipitazioni medie annue e delle temperature medie annue. Per quanto riguarda la stima dell evapotraspirazione media, si è fatto riferimento alla classica formula di Thornthwaite, che consente la stima della evapotraspirazione potenziale di riferimento, espressa in centimetri, su base mensile con il ricorso alla sola informazione sull andamento delle temperature medie mensili T: Ep j a t j k j135 26,5 dove: Ep j, evapotraspirazione potenziale media mensile (in mm); in cui: k j, coeff. di correlazione di latitudine riferito al mese i-esimo, pari al rapporto tra le ore diurne e la metà delle ore giornaliere (Tab. 17); t j, temperatura media dell aria riferita al mese i-esimo; a, esponente che dipende dal clima del luogo considerato, secondo la formula a 0, , i 7,71 10 i 6,75 10 i i, indice termico medio annuo i 12 tj j 1 5 1,514 68

77 Tab Coefficienti mensili di latitudine (k j ) Fiume Crati Caratteristiche fisiografiche L area oggetto di studio relativa al fiume Crati ha una estensione planimetrica complessiva di 122,9 km 2 con sezione di chiusura coincidente con la confluenza col fiume Coscile. Il perimetro dell intero spartiacque è pari a 67,9 km e la lunghezza della sua asta principale è di circa km con una pendenza media dello 0,08 %. Il valore della densità di drenaggio è 0,15 km/km 2 (Fig. 11). L area di studio presenta una forma particolarmente allungata, evidenziata da un coefficiente di forma pari a 1,73. 69

78 Fig Area di studio fiume Crati A partire dal modello digitale del terreno dell area di studio, con risoluzione spaziale pari a 20 m, è stata realizzata una caratterizzazione altimetrica le cui quote minima, massima e media sono risultate rispettivamente pari a H min = 12 m.s.m., H max = 907 m.s.m, H med = 229,71 m.s.m. L analisi delle quote del DTM dell area, inoltre, ha mostrato le seguenti classi altimetriche (Fig. 12): Classi altimetriche (m) % , , , , , , , , , ,003 70

79 Fig Area di studio fiume Crati: distribuzione fasce altimetriche La stessa distribuzione delle quote ha consentito di ricavare la curva ipsografica riportata in figura 13. Fig Area di studio fiume Crati: curva ipsografica 71

80 Dalla matrice altimetrica, opportunamente elaborata con procedure di calcolo finalizzate all analisi dei dati spazialmente distribuiti, sono state ricavate informazioni utili circa la pendenza (Fig. 14) e l esposizione dei versanti (Fig. 15). Fig Area di studio fiume Crati: distribuzione spaziale delle pendenze dei versanti 72

81 Fig Area di studio fiume Crati: distribuzione spaziale dell'esposizione dei versanti La distribuzione spaziale dei valori della pendenza dei versanti dell area di studio afferente al fiume Crati ha mostrato, per le classi considerate, le seguenti percentuali (Fig. 16): Classi pendenza % < 6 38, , ,01 > 35 0,11 73

82 Fig Area di studio fiume Crati: classi di pendenza Analogamente, si è determinata la distribuzione spaziale delle esposizioni dell area di studio, le cui distribuzioni percentuali sono di seguito riportate (Fig. 17): FLAT 7,56 N 14,08 NE 12,7 E 11,86 SE 11,89 S 8,67 SW 8,19 W 10,07 NW 14,97 Fig Area di studio fiume Crati: classi di esposizione 74

83 Caratteristiche Idrologiche La caratterizzazione idrologica dell area di studio relativa al fiume Crati è stata realizzata analizzando i dati registrati dalle stazioni idro-meteorologiche gestite dal Centro Funzionale Meteo Idrologico della Regione Calabria (Ex SIMN) durante il periodo compreso tra il 1926 ed il 1971 (44 anni disponibili). Precipitazione media annua Per la stima della precipitazione media annua sull area di studio in esame si è fatto riferimento alle principali stazioni idro-pluviometriche calabresi riportate in tabella 17. L elaborazione dei dati pluviometrici è stata dunque effettuata per l intero territorio calabrese, andando poi a particolarizzare i risultati ottenuti per l area di studio sia sul fiume Crati, sia sul fiume Coscile (Figg. 18 e 19). Tab Stazioni termopluviometriche 75

84 L andamento delle precipitazioni risulta distribuito nelle seguenti classi (mm): Precipitazioni (mm) % , , ,72 Fig Stazioni pluviometriche calabresi e distribuzione spaziale della precipitazione media annua (mm) (Periodo ) 76

85 Fig Area di studio fiume Crati: distribuzione spaziale della precipitazione media annua (mm) Temperatura media annua Per la stima della temperatura media annua sull area in esame si è fatto riferimento in particolare alle stazioni riportate nella tabella 18. Le analisi sono state quindi particolarizzate sull area di studio del Crati, ricavando la distribuzione della temperatura ( C) così come riportato nella figura 20. Classi temperatura ( C) % 8 C 10 C 5,35 10 C 12 C 72,67 12 C 14 C 21,98 77

86 Fig Area di studio Crati: distribuzione spaziale della temperatura media annua ( C) Evapotraspirazione media annua La stima dell evapotraspirazione potenziale è stata condotta sull intera area di studio utilizzando la relazione di Thornthwaite, e considerando i dati di precipitazione e temperatura delle stazioni in tabella 18. Da tale analisi si è ottenuta la seguente distribuzione in classi di evapotraspirazione (mm/anno): Classi evapotrasp. (mm) % , , ,72 78

87 In fig. 21 è riportata la distribuzione spaziale dell'evapotraspirazione media annua sull area di studio afferente al fiume Crati. Fig Distribuzione spaziale dell'evapotraspirazione media annua (mm) sul bacino del Crati 79

88 3.2.2 Fiume Coscile Caratteristiche fisiografiche L area di studio afferente al fiume Coscile, ha una estensione planimetrica complessiva di 10,94 km 2 con sezione di chiusura coincidente con la confluenza con il torrente Garda. Il perimetro dell intero spartiacque è pari a 21,86 km e la lunghezza della sua asta principale è di circa 3 km con una pendenza media dello 1,21 %. Il valore della densità di drenaggio è 0,28 km/km 2 (Fig. 22). Fig Area di studio fiume Coscile L area presenta una forma particolarmente allungata, evidenziata da un coefficiente di forma pari a 1,86. 80

89 A partire dal modello digitale del terreno dell area di studio, con risoluzione spaziale pari a 20 m, è stata realizzata una caratterizzazione altimetrica le cui quote minima, massima e media sono risultate rispettivamente pari a H min = 47 m.s.m., H max = 655 m.s.m, H med = 142,76 m.s.m. L analisi delle quote del DTM dell area di studio, inoltre, ha mostrato le seguenti classi altimetriche (Fig. 23): Classi altimetriche (m) % , , , , , , ,99 Fig Area di studio fiume Coscile: distribuzione fasce altimetriche La stessa distribuzione delle quote ha consentito di ricavare la curva ipsografica riportata in figura

90 quota (m. s.l.m.) Curva ipsografica bacino fiume Coscile S (km 2 ) Fig Area di studio fiume Coscile: curva ipsografica Dalla matrice altimetrica, opportunamente elaborata con procedure di calcolo finalizzate all analisi dei dati spazialmente distribuiti, sono state ricavate informazioni utili circa la pendenza (Fig. 25) e l esposizione dei versanti (Fig. 26). 82

91 Fig Area di studio fiume Coscile: distribuzione spaziale delle pendenze dei versanti 83

92 Fig Area di studio fiume Coscile: distribuzione spaziale dell'esposizione dei versanti La distribuzione spaziale dei valori della pendenza dei versanti dell area di studio del fiume Coscile ha mostrato, per le classi considerate, le seguenti percentuali (Fig. 27): Classi pendenza % < 6 75, , ,00 > 35 0,00 84

93 Fig Area di studio fiume Coscile: classi di pendenza Analogamente, si è determinata la distribuzione spaziale delle esposizioni dell area di studio, le cui distribuzioni percentuali sono di seguito riportate (Fig. 28): Esposiz. % FLAT 20,33 N 2,68 NE 4,17 E 5,15 SE 13,42 S 31,36 SW 16,60 W 4,23 NW 2,07 85

94 Fig Area di studio fiume Coscile: classi di esposizione Caratteristiche Idrologiche La caratterizzazione idrologica del bacino del fiume Coscile è stata realizzata analizzando i dati registrati dalle stazioni idro-meteorologiche gestite dal Centro Funzionale Meteo Idrologico della Regione Calabria (Ex SIMN) durante il periodo compreso tra il 1900 ed il 1981 (33 anni disponibili). Precipitazione media annua Come già detto in precedenza, per la stima della precipitazione media annua sull area in esame si è fatto riferimento in particolare alle stazioni riportate in tabella 18 (Fig. 18). L elaborazione dei dati pluviometrici è stata dunque effettuata per l intero territorio calabrese, andando poi a particolarizzare i risultati ottenuti per l area di studio afferente al fiume Coscile. L andamento delle precipitazioni risulta distribuito nelle seguenti classi (mm): Classi precipitazioni (mm) % In fig. 29 è presentata la distribuzione spaziale della precipitazione media annua nell area di studio del fiume Coscile. 86

95 Fig Area di studio fiume Coscile: distribuzione spaziale della precipitazione media annua (mm) Temperatura media annua Per la stima della temperatura media annua sull area in esame si è fatto riferimento in particolare alle stazioni riportate nella tabella 18. Le analisi sono state quindi particolarizzate per l area di studio del Coscile, ricavando la distribuzione della temperatura ( C) così come riportato nella figura 30. Classi temperatura ( C) % 10 C 12 C 4,54 12 C 14 C 95,46 87

96 Fig Area di studio fiume Coscile: distribuzione spaziale della temperatura media annua ( C) Evapotraspirazione media annua La stima dell evapotraspirazione potenziale è stata condotta sull intera area di studio utilizzando la relazione di Thornthwaite, e considerando i dati di precipitazione e temperatura delle stazioni in tabella 18. I risultati ottenuti sono stati particolarizzati per il fiume Coscile. Da tale analisi si è ottenuta la seguente distribuzione in classi di evapotraspirazione (mm/anno): Classi evapotrasp. (mm) % In fig. 31 è riportata la distribuzione spaziale dell'evapotraspirazione media annua sull area di studio del Coscile. 88

97 Fig Area di studio fiume Coscile: distribuzione spaziale dell'evapotraspirazione media annua (mm) 89

98 Lavori citati AA.VV., Ecologia e Funzionalità del Fiume Crati. Risultati del monitoraggio e della valutazione dello stato di qualità delle acque e dell ecosistema fluviale del Crati, attraverso l applicazione della metodologia IBE e la determinazione dell IFF, al fine di individuare azioni di sostenibilità della risorsa idrica e dell ecosistema fluviale, Edizione Amici della Terra Italia/Ente gestore operativo Riserve Tarsia-Crati, Corigliano Calabro,

99 4. Individuazione di più recenti indirizzi di letteratura tecnica per la determinazione del DMV con applicazione del metodo Indicator of Hydrologic Alteration - Range of Variability Approach (IHA-RVA) ai corsi d acqua campione Il deflusso minimo vitale (DMV) nei corsi d acqua e la qualità dei corpi idrici sotterranei sono oggetto della normativa italiana in materia di tutela delle acque (Decreto 152/2006) in recepimento della normativa europea (Direttiva 2060/00 Acque ). Inoltre, il DMV è disciplinato dalla specifica normativa italiana (Decreto del Ministero dell Ambiente 28/7/2004). Nel complesso, i provvedimenti legislativi suddetti superano gli approcci tradizionalmente seguiti e recepiscono gli orientamenti in materia emersi di recente in ambito scientifico. Più precisamente, riguardo al DMV nei corsi d acqua, nella normativa il problema viene interpretato più genericamente come qualità idrologica e morfologica del corso d acqua, correlata agli aspetti di qualità chimico-fisica delle acque, che congiuntamente concorrono a determinare lo stato ambientale complessivo del corso d acqua stesso. Il DMV, di conseguenza, non può più essere trattato in forma disgiunta dalla qualità delle acque e deve essere accompagnato necessariamente da un giudizio di qualità idromorfologica. L approccio, quindi, deve essere necessariamente di tipo multidisciplinare e non può essere eseguita un analisi separata dei diversi aspetti che concorrono a determinare la qualità complessiva del corpo idrico. Inoltre, non è inutile osservare che, in Italia, anche a seguito dell emanazione del Decreto del Ministero dell Ambiente del 28 luglio 2004, le valutazioni del DMV sono generalmente basate sull assunzione di un valore costante della portata da rilasciare. Invece, la scienza (relativamente recente) dell enviromental flow sta attualmente operando ad un livello di risoluzione più elevato, che considera un regime di deflusso in cui il volume allocato per scopi di tutela dei corsi d acqua è una combinazione di volumi idrici rilasciati su base temporale mensile o ancora inferiore. In questo contesto scientifico e in considerazione dell esigenza di fornire criteri realmente applicabili nella pratica gestionale, l approccio invalso nell ultimo decennio è quello che si basa sul paradigma dei deflussi naturali, secondo il quale l intero range delle variazioni annuali e pluriennali del regime idrologico (con le sue caratteristiche di portata, frequenza, durata, timing e rapidità) è determinante nel sostenere la biodiversità e l integrità degli ecosistemi acquatici. L approccio, quindi, è di tipo gerarchico e consente inizialmente di superare le difficoltà connesse alla descrizione degli ecosistemi e della risposta di essi alla modificazione del regime dei deflussi. In altri termini, 91

100 considerata la carenza di dati di qualità ecologica (caratteristica, del resto, della maggior parte dei fiumi europei) e le perduranti difficoltà di tradurre le conoscenze ecologiche in prescrizioni operative di agevole uso pratico, si propone un approccio abiota-biota, non prendendo inizialmente e direttamente in considerazione la qualità ecologica dei corsi d acqua. Questi ultimi devono comunque essere sottoposti a verifiche di tipo ecologico sito-specifiche, successive alle fasi prese in considerazione nel presente studio. Il processo di analisi idrologica complessivo si articola quindi in tre fasi: - Fase 1: caratterizzazione idrologica del tratto di corso d acqua, da assumersi come condizione di riferimento rispetto alla quale valutare gli scostamenti determinati dagli impatti delle derivazioni idriche; - Fase 2: valutazione dell alterazione idrologica conseguente ad una fissata modificazione della portata; - Fase 3: modificazione del rilascio di portata ai fini della riduzione dell alterazione idrologica. Il metodo IHA-RVA (Richter et al. 1996; 1997), sviluppato sulla base dell approccio suddetto, è funzionale alla caratterizzazione idrologica dei corsi d acqua e alla successiva valutazione dell alterazione idrologica conseguente alla derivazione di un aliquota della portata. Tale metodo, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, può essere applicato, nella sua forma completa, ai tratti dei corsi d acqua con disponibilità di serie storiche di misure di portata sufficientemente estese. Nel presente studio, il metodo IHA-RVA viene utilizzato per valutare l efficacia dei rilasci eseguiti secondo specifiche prescrizioni e, in particolare, in ottemperanza alle norme emanate dall Autorità di Bacino della Calabria, consentendo altresì di individuare aspetti tecnico-operativi di interesse gestionale. 92

101 4.1 Rilascio di portata Criterio dell Autorità di Bacino della Calabria In Calabria, il rilascio di portata deve essere eseguito secondo il Criterio per la definizione del deflusso minimo vitale (DMV) dei corsi d acqua interessati da derivazioni, in attesa dell approvazione del piano di tutela delle acque (Approvato dal Comitato Istituzionale dell ABR con delibera n. 13 del 17/07/2007, previo parere favorevole del Comitato Tecnico emesso nella seduta del 31/05/2007). Tale criterio deriva da quello inizialmente proposto dall ABR del Fiume Serchio e introdotto anche nella normativa della Regione Piemonte (D.G.R del 26/04/1995). Esso prevede un valore variabile della portata da rilasciare. Tale valore dipende, con legge lineare, dal surplus di portata in transito Q(t) rispetto ad una frazione costante Z dello stesso rilascio (calcolata in base ad un contributo specifico fissato opportunamente corretto): Q ( ) ( ) r t Z c Q t Z Se la portata in transito è minore di Z, pare ovvio desumere, in impianti ad acqua fluente, che debba essere rilasciata l intera portata in transito. Come già esaminato in precedenza (Cap. 2), per il calcolo di Z si applica la seguente formula (Regione Calabria, 2007) in cui: Z ABCDEFGH - A: (km 2 ): area del bacino alla sezione di chiusura considerata - B: (l/s/km 2 ): contributo specifico - C: fattore di precipitazione - D: fattore di altitudine - E: fattore di permeabilità - F: fattore di qualità biologica - G: fattore di uso del suolo - H = d (d è la lunghezza del tratto fra derivazione e rilascio; si pone H= 1.2 in assenza di rilascio). 93

102 - M d = Modulazione di portata, pari a: d M c Q t Z Il valore del coefficiente c è di norma posto pari a Realizzazione pratica del rilascio prescritto Sembra evidente che il criterio adottato dall Autorità di Bacino della Calabria sia da riferirsi a derivazioni ad acqua fluente, essendo piuttosto irrealistico che possa disporsi un rilascio da invaso che risulti variabile con continuità in funzione della portata entrante nell invaso stesso. Una traversa adeguatamente progettata, invece, può essere in grado di ripartire la portata per come richiesto. L opera dovrà essere provvista di un canale a quota inferiore a quella del prelievo, in grado di derivare in via preferenziale la frazione minima costante Z del DMV. Opportunamente, tale canale coinciderà con il dispositivo per il passaggio dei pesci, garantendone il funzionamento anche nella massima magra (sempre che lo stesso dispositivo sia progettato per la portata Z). Portate superiori a Z dovranno essere sfiorate dal canale e transitare, con la restante portata, al disopra di una soglia sfiorante, la quale, affinché non sia derivata anche la frazione variabile 0.10(Q-Z), dovrà essere occlusa per il 10% del suo sviluppo. Con una simile geometria, con sufficiente approssimazione, si può ritenere soddisfatto il criterio di rilascio, sempre che l opera permanga in buone condizioni di manutenzione, soprattutto in relazione al deposito solido. Ai fini della quantificazione del rilascio complessivo (in periodo di morbida o di piena), deve essere pure considerato che la traversa è progettata per una portata derivabile massima Q d, al disopra della quale le portate vengono restituite all alveo attraverso organi di sfioro del canale derivatore o per effetto del rigurgito al disotto della soglia sfiorante. In definitiva, la legge di rilascio complessiva per una derivazione ad acqua fluente che rispetti il criterio in vigore è: - se Q Z(portata in transito minore della frazione minima costante), Qr Q (si rilascia l intera portata); - se Z Q Z c Q Z Q (portata in transito minore di quella da rilasciare + quella d massima da derivare), Q Z c Q Z r ; 94

103 - se Q Z c Q Z Q (portata in transito maggiore di quella da rilasciare + quella d massima da derivare), Qr Q Q (portata rilasciata maggiore di quella minima d prevista). A titolo di esempio, per un corso d acqua con Z=4.5 m 3 /s e Q d =10 m 3 /s, il rilascio così definito è diagrammato nella figura seguente (Fig. 32). Fig Portata derivata Q d e portata rilasciata Q r al variare della portata in transito per un corso d acqua con con Z=4.5 m 3 /s e Q d =10 m 3 /s Nel caso non venga previsto il dispositivo per il rilascio della frazione variabile, il rilascio risulta definito come segue: - se Q Z(portata in transito minore della frazione minima costante), Qr Q (si rilascia l intera portata); - se Z Q Z Q (portata in transito minore di quella da rilasciare + quella d massima da derivare), Qr Z; - se Q Z Q (portata in transito maggiore di quella da rilasciare + quella d massima da derivare), Qr Q Q (portata rilasciata maggiore di quella minima d prevista). 95

104 La figura seguente (Fig. 33) mette a confronto le due modalità di rilascio. Fig Confronto fra portata derivata massima Q d ( ) e portata rilasciata Q r ( ) con frazione variabile e portata derivata massima Q d (----) e portata rilasciata Q r (----) senza frazione variabile e differenza di portata rilasciata ( ) 4.2 Definizione di tratti campione Con riferimento ai due tratti di corsi d acqua calabresi individuati in precedenza, Fiume Crati, Stazione di misura di Conca e Fiume Coscile, Stazione di misura di Camerata, per i quali sono disponibili serie storiche di misure di portata sufficientemente estese, vengono condotte le analisi Tratto campione 1: F. Crati Corso d acqua: Fiume Crati (lunghezza: 81 km; area del bacino: 2431 km 2 ) Tratto: traversa di Tarsia-confluenza F. Coscile Caratteristiche del tratto: L= km Quota iniziale= 75 m slm Quota finale= 14 m slm Pendenza media= 0.08 La lunghezza del tratto analizzato (Figg. 34 e 35) è il 25 % della lunghezza totale. 96

105 Stazioni di misura: Conca (periodo ). Bacino sotteso: 1332 km 2, parte permeabile: 50%, altitudine media 664 m slm, zero idrometrico: 35 m slm, distanza dalla foce: 23 km Captazioni principali esistenti a monte del tratto: traversa di Tarsia Caratteristiche della captazione: impianto a serbatoio (traversa con paratoie) ad uso irriguo e per laminazione delle piene. Invasato nella stagione irrigua. Inizio esercizio: Fig. 34 Fiume Crati: inizio del tratto indagato 97

106 Fig. 35 Fiume Crati: fine del tratto indagato Calcolo frazione costante del DMV (criterio ABR Calabria) Z ABCDEFGH A Superficie (km 2 ) 1332 B Contributo specifico (l/s/km 2 ) 1.6 C Fattore di precipitazione 1.2 D Fattore di altitudine 1.1 E Fattore di permeabilità 1.1 F Fattore di stato ecologico 1.1 G Fattore di naturalità 1.1 H Lunghezza captazione 1.2 Z (m 3 /s) 4.49 Il valore Z=4.49 m 3 /s corrisponde alla portata di durata 300 giorni nelle curva di durata media. 98

107 4.2.2 Tratto campione 2: F. Coscile Corso d acqua: Fiume Coscile (lunghezza: 50 km; area del bacino: 1005 km 2 ) Tratto: dalla confluenza del F. Garga alla confluenza del T. Garda Caratteristiche del tratto: L= 3 km H in = 75 m slm H fin = 50 m slm i med = 1.21 La lunghezza del tratto analizzato (Fig. 36) è il 6 % della lunghezza totale. Stazioni di misura: Camerata (34 anni). Bacino sotteso: 303 km 2, parte permeabile: 70%, altitudine media 725 m slm, zero idrometrico: 58 m slm, distanza dalla confluenza nel F. Crati: 25 km Captazioni esistenti a monte del tratto: centrali idroelettriche Caratteristiche delle captazioni: impianti ad acqua fluente con restituzione delle portate derivate a monte della stazione di misura Fig. 36 Fiume Coscile: delimitazione del tratto indagato 99

108 Calcolo frazione costante del DMV (criterio ABR Calabria) Z ABCDEFGH A Superficie (km 2 ) 303 B Contributo specifico (l/s/km 2 ) 1.6 C Fattore di precipitazione 1.2 D Fattore di altitudine 1.1 E Fattore di permeabilità 1.15 F Fattore di stato ecologico 1.1 G Fattore di naturalità 1.2 H Lunghezza captazione 1.2 Z (m 3 /s) 1.17 Il valore Z=1.17 m 3 /s è minore della portata di durata 365 giorni nelle curva di durata media. 4.3 Fase 1: Caratterizzazione idrologica di dettaglio Caratterizzazione idrologica come condizione di riferimento La Direttiva 2000/60/CE ed il D.L. 152/2006 indica la necessità di definire opportune condizioni di riferimento basate sulle caratteristiche biologiche, idromorfologiche, e fisico-chimiche tipiche di un corpo idrico relativamente immune da impatti antropici. Le condizioni di riferimento permettono di definire lo stato ambientale elevato, rispetto al quale valutare l impatto esercitato dalle pressioni esistenti. Lo scostamento dalle condizioni di riferimento misura lo stato ambientale del corso d acqua, che può risultare elevato (scostamento trascurabile), buono, sufficiente, scarso, cattivo. Per quanto riguarda la qualità idrologica, pare ovvio fare riferimento al regime naturale dei deflussi in condizioni indisturbate, cioè nelle condizioni naturali (o, più realisticamente, in condizioni prossime a queste ultime). Tuttavia, occorre specificare che l esistenza del regime naturale dei deflussi può non essere sufficiente a garantire né la qualità morfologica del corso d acqua (che può essere modificata da altri fattori), né la qualità chimico-fisica delle acque (che, in ogni caso, dipende dall entità delle immissioni di inquinanti). Il regime naturale dei deflussi, quindi, è condizione necessaria per sostenere la biodiversità e l integrità degli ecosistemi acquatici (paradigma dei deflussi naturali, Poff N. L., 1997), ma non è, però, sufficiente, potendo manifestarsi forme di alterazione indipendentemente dalla 100

109 persistenza del regime naturale dei deflussi (inquinamento, modificazione artificiale della morfologia fluviale o della vegetazione acquatica e ripariale, ecc.) Metodo IHA Il metodo degli indicatori di alterazione idrologica IHA (Richter B. D. et al. 1996) fornisce un estesa descrizione quantitativa del regime naturale dei deflussi. Il metodo IHA è stato formulato per superare la consolidata ipotesi che la protezione dei corsi d acqua debba essere ottenuta agendo, oltre che sulla qualità dell acqua, sul solo deflusso minimo come aspetto quantitativo. Piuttosto, l integrità degli ecosistemi dei corsi d acqua è correlata al carattere dinamico dei deflussi e possono essere individuate (Poff N. L. et al., 1997) cinque componenti critiche dei deflussi che regolano i processi ecologici negli ecosistemi dei corsi d acqua: 1. portata complessiva o relativa ad una porzione di alveo temporaneamente inondata; 2. frequenza o tempo di ritorno di una fissata condizione di deflusso; 3. durata di una fissata condizione di deflusso; 4. timing: momento dell anno in cui si manifesta una fissata condizione di deflusso; 5. rapidità di variazione di una condizione di deflusso. Queste componenti possono essere utilizzate per caratterizzare l intero range di variabilità dei deflussi, comprese le piene e le magre, considerando tutte le situazioni (momentanee, stagionali o permanenti) di deflusso. A ciascuna componente è possibile associare la corrispondente possibile risposta ecologica, secondo lo schema seguente (Tab. 19): 101

110 Componente Alterazione Possibile risposta ecologica Portata e frequenza Timing Incremento di variabilità dei deflussi Stabilizzazione deflussi dei Diminuzione del numero di picchi di portata stagionali Mobilitazione o arenamento di popolazioni acquatiche Perdita di specie sensibili a vantaggio di specie generaliste Dilavamento di alghe e sostanze organiche Danneggiamento del ciclo vitale di molte specie Modificazione dei flussi energetici nell ecosistema Proliferazione di specie esotiche con modificazione/estinzione delle comunità presenti Riduzione di apporti idrici e di nutrienti alla vegetazione golenale (perdita di piante, perdita di efficienza dei semi, perdita di zone scoperte e di canali secondari necessari alle piante) Invasione di vegetazione nei canali Danneggiamento delle fasi vitali dei pesci Diminuzione dell accesso dei pesci a zone umide limitrofe Modificazione della struttura della risorsa trofica acquatica Invasione di specie vegetali esotiche ripariali Riduzione della crescita delle piante Durata Prolungati deflussi ridotti Concentrazione di organismi acquatici Riduzione o eliminazione della copertura vegetale Diminuzione della diversità vegetale Rapidità di variazione Prolungati costanti deflussi Alterazione della durata delle inondazioni Inondazioni prolungate Cambiamenti rapidi di livello idrico Riduzione rapida di portata Mobilitazione di uova in habitat sfavorevoli Modificazione della copertura vegetale Modificazione della copertura vegetale Perdita di vegetazione arborea Perdita di riffle necessari a diverse specie acquatiche Mobilitazione o arenamento di popolazioni acquatiche Mancato attecchimento di piante Tab Risposta ecologica conseguente ad alterazioni delle componenti del regime naturale dei deflussi (da Poff N. L. et al., 1997) Il passo successivo è l individuazione di un insieme di grandezze idrologiche a loro volta rappresentative delle cinque componenti suddette. 102

111 Parametri IHA Un primo gruppo, al quale si è fatto riferimento nella presente applicazione, è costituito dai 33 parametri Indicatori di Alterazione Idrologica (Indicators of Hydrologic Alteration - IHA). I 33 parametri, classificati in 5 gruppi (Deflussi mensili, Portata e durata delle condizioni annuali di deflusso estreme, Timing delle condizioni annuali di deflusso estreme, Frequenza e durata dei picchi di portata, Entità e frequenza delle variazioni di portata), sono riportati nella tabella seguente, con indicazione della Componente interessata e dell Influenza ecologica. La tabella 20 riporta, quando necessario, anche la modalità di calcolo di ciascun parametro. I primi due gruppi contengono parametri di frequente utilizzo in Idrologia, funzionali alla caratterizzazione delle portate medie, minime e massime. Gli altri tre gruppi contengono parametri non comuni, ma di rilevante significato per gli ecosistemi acquatici, e in particolare: - data di ciascun massimo/minimo annuale di durata 1 giorno; - N. di superamenti per eccesso di una fissata high pulses threshold nell anno (high pulses); - N. di superamenti per difetto di una fissata low pulses threshold nell anno (low pulses); - Media o mediana della durata delle high/low pulses; - rise rate (rapidità di incremento) e fall rate (rapidità di decremento); - reversals (inversioni di flusso). Tali parametri forniscono informazioni su condizioni intermedie di variazione della portata (pulses) e sulla velocità di variazione delle portate, che può essere molto variabile nei diversi corsi d acqua (ad esempio, particolarmente elevata nelle fiumare in occasione delle piene). Il numero di inversioni di flusso, invece, è una misura della stabilità delle portate nel corso dell anno. Si precisa che: - la low pulse threshold viene definita come: mediana-25% (o pari al 25 percentile se minore di zero), con riferimento ai valori di portata media giornaliera del periodo pre-impact; - la high pulse threshold viene definita come: mediana+25%, con riferimento ai valori di portata media giornaliera del periodo pre-impact. 103

112 Gruppo di parametri Componente interessata Parametro idrologico Influenza sull ecosistema Gruppo 1 Deflussi mensili (12) Portata Timing Media o mediana della portata mensile Disponibilità di habitat per organismi acquatici Disponibilità di substrato per le piante Disponibilità d acqua per animali terrestri Disponibilità di cibo e tane per specie di mammiferi (lontra) Accesso di predatori a siti di nidificazione Variazioni di temperatura, concentrazione di ossigeno disciolto, fotosintesi acquatica Gruppo 2 Portata e durata delle condizioni annuali di deflusso estreme (12) Portata Durata Portata minima annuale: media di 1 giorno media di 3 giorni media di 7 giorni media di 30 giorni media di 90 giorni Portata massima annuale: media di 1 giorno media di 3 giorni media di 7 giorni media di 30 giorni media di 90 giorni N. di giorni con portata nulla Deflusso di base: Portata minima annuale (media di 7 giorni)/portata media annua Equilibrio fra specie competitive, stresstolleranti e ruderali Creazione di siti di colonizzazione delle piante Strutturazione delle componenti biotiche ed abiotiche dell ecosistema Strutturazione della morfologia fluviale e dell habitat Alterazione del substrato disponibile per le piante Disidratazione di specie animali Stress anaerobico per la vegetazione Gruppo 3 Timing delle condizioni annuali di deflusso estreme (2) Timing Data di ciascun massimo annuale di durata 1 giorno Data di ciascun minimo annuale di durata 1 giorno Compatibilità con i cicli vitali degli organismi viventi Prevenzione di condizioni di stress da parte di organismi viventi Accesso a particolari aree di riproduzione o di rifugio Stimolo/dissuasione alla deposizione per pesci migratori Evoluzione di strategie comportamentali Gruppo 4 Frequenza e durata dei picchi di portata (4) Frequenza Durata N. di superamenti per eccesso di una fissata high pulses threshold nell anno (high pulses) N. di superamenti per difetto di una fissata low pulses threshold nell anno (low pulses) Media o mediana della durata delle high pulses Media o mediana della durata delle low pulses Frequenza ed entità delle modificazioni del substrato disponibile per la vegetazione Frequenza e durata dello stress anaerobico per la vegetazione Disponibilità di habitat golenali per organismi acquatici Scambio di nutrienti e materia organica tra corso d acqua e golena Disponibilità di minerali presenti nel suolo accesso ad aree di sosta, alimentazione e riproduzione per gli uccelli acquatici Tipologia ed entità del trasporto solido Tessitura del materiale di fondo alveo e durata delle movimentazioni dello stesso Gruppo 5 Entità e frequenza delle variazioni di portata (3) Rapidità Frequenza Media o mediana di tutte le differenze positive fra valori consecutivi di portata giornaliera (rise rates) Media o mediana di tutte le differenze negative fra valori consecutivi di portata giornaliera (fall rates) N. di inversioni di portata (numero di passaggi da periodi con deflusso crescente a periodi con deflusso decrescente o viceversa) Stress per le piante dovuto a siccità (in conseguenza della riduzione dei livelli) Confinamento di organismi viventi in aree isolate come isole e pianure (in conseguenza dell aumento dei livelli) Stress per organismi a bassa mobilità dovuto al prosciugamento delle aree ripariali Tab Indicatori di alterazione idrologica (IHA) con relativi gruppi di appartenenza, corrispondenti componenti interessate e influenze sull ecosistema (tratto da: The Nature Conservancy, 2005) 104

113 Parametri sintetici Oltre ai 33 parametri IHA, sono utilizzati, nelle applicazioni che seguono, altri otto parametri (Tab. 21) che descrivono sinteticamente il bacino ed il regime dei deflussi per la sezione considerata, definiti come segue: Parametro Area del bacino sotteso - Portata media annua - Area del bacino sotteso/portata media annua Coefficiente di variazione annuale Predicibilità del deflusso Invarianza/Predicibilità % di piene in un periodo di 60 giorni Stagione delle portate ordinarie e delle magre - Descrizione Deviazione st. di tutte le portate giornaliere/portata media annua La predicibilità varia fra 0 ed 1 e risulta da due componenti: invarianza temporale (C) e contingenza (M), che è una misura di periodicità. La predicibilità di un corso d acqua con deflussi poco variabili nel corso dell anno è determinata soprattutto da C, e viceversa. C/(C+M) Numero di piene (portate superiori alla soglia delle high-pulses) che si verificano in 60 giorni in tutti gli anni di osservazione Massimo numero di giorni (comune a tutti gli anni) nel quale non si sono verificate piene (portate superiori alla soglia delle high-pulses) Tab Parametri sintetici (Poff N. L. e Ward J. V., 1989; The Nature Conservancy, 2005) Environmental flow components Una più ampia descrizione delle caratteristiche dei deflussi è basata sugli Environmental Flow Components (EFC), che precisano la condizione di deflusso, secondo la seguente classificazione: 1. Deflussi di base, che costituiscono la condizione dominante in molti corsi d acqua e rappresentano, quindi, un fattore limitante per le comunità acquatiche perché determinano l estensione dell habitat disponibile per buona parte dell anno. 2. Magre estreme, che danno luogo a variazioni significative delle caratteristiche delle acque, determinando stress per molti organismi e che possono, comunque, risultare necessarie per altri. 105

114 3. Incrementi di portata senza esondazione, che determinano le necessarie interruzioni dei deflussi di base, migliorando la qualità delle acque, rinnovando le risorse trofiche e migliorando l accessibilità di aree a monte e a valle da parte di specie animali. 4. Piene ordinarie, che determinano un esondazione dall alveo di morbida, favorendo lo spostamento di specie animali lungo il corso d acqua ed in nuovi habitat creati o connessi dalla piena, che possono presentare caratteristiche favorevoli per gli organismi acquatici. 5. Piene straordinarie, che possono modificare la struttura biologica e fisica del corso d acqua e delle aree inondate, ad esempio trascinando a valle organismi diversi, intaccando popolazioni presenti e favorendo lo sviluppo di altre specie, nonché dando origine a nuovi habitat (zone umide, meandri isolati, ecc.). Gli EFC forniscono un informazione aggiuntiva agli IHA, precisando il tipo di condizione di deflusso (fra le suddette cinque) che corrisponde ai diversi valori di portata del corso d acqua. Gli EFC sono calcolati sulla base dell entità, della rapidità di variazione e della frequenza delle portate e permettono di suddividere il diagramma cronologico delle portate, facendo corrispondere ciascuna porzione di esso ad una delle condizioni. Infine, i cinque EFC sono quantitativamente descritti da un gruppo di 34 parametri rappresentativi dell intero spettro di condizioni di deflusso del corso d acqua. I 34 parametri, non utilizzati nelle presenti applicazioni, sono descritti nella tabella seguente (Tab. 22). 106

115 EFC Parametro idrologico Influenza sull ecosistema Deflussi di base mensili (12) Magre estreme (4) Incrementi di portata (senza esondazione) (6) Piene ordinarie (6) Piene straordinarie (6) Media o mediana dei deflussi di base in ciascun mese 1. Frequenza in ciascun periodo considerato Media o mediana di: 2. durata (giorni) 3. valore minimo di portata nell evento 4. data del precedente 1. Frequenza in ciascun periodo considerato Media o mediana di: 2. durata (giorni) 3. valore massimo di portata nell evento 4. data del precedente 5. rapidità di incremento di portata 6. rapidità di decremento di portata 1. Frequenza in ciascun periodo considerato Media o mediana di: 2. durata (giorni) 3. valore massimo di portata nell evento 4. data 5. rapidità di incremento di portata 6. rapidità di decremento di portata 1. Frequenza in ciascun periodo considerato Media o mediana di: 2. durata (giorni) 3. valore massimo di portata nell evento 4. data 5. rapidità di incremento di portata 6. rapidità di decremento di portata Determinano la disponibilità di habitat per organismi acquatici Mantengono idonei valori di temperatura, concentrazione di ossigeno disciolto e di sostanze chimiche Mantengono i livelli di falda nelle aree golenali e la disponibilità di substrato per la vegetazione Determinano la disponibilità di acqua per animali terrestri Mantengono in sospensione le uova di pesci ed anfibi Consentono ai pesci di spostarsi nelle aree di alimentazione e deposizione Sostengono gli organismi iporeici (che vivono nella parte satura dei sedimenti) Consentono lo sviluppo di alcune specie vegetali nelle aree golenali Eliminano specie invasive e introdotte dalle comunità acquatiche e ripariali Concentrano le prede in aree limitate a vantaggio dei predatori Modellano il corso d acqua, formano anche pozze e riffles Determinano la granulometria del materiale di fondo alveo Evitano che la vegetazione ripariale invada l alveo Ristabiliscono la normale qualità dell acqua dopo prolungati deflussi ridotti, dilavando inquinanti e prodotti di rifiuto Aerano le uova all interno del substrato usato per la deposizione, prevenendo la formazione di melma Mantengono idonee condizioni di salinità negli estuari Stimolano/dissuadono i pesci dalla migrazione e dalla deposizione Innescano nuove fasi dei cicli vitali (ad es., per gli insetti) Consentono ai pesci la deposizione nelle aree golenali Determinano la disponibilità di aree per lo sviluppo iniziale dei pesci Determinano la disponibilità di ulteriori risorse trofiche per pesci e uccelli acquatici Ricaricano la falda nelle aree golenali Mantengono la diversità nelle foreste ripariali mediante prolungate inondazioni (a causa della differente tolleranza) Determinano la distribuzione e l abbondanza della vegetazione nelle aree golenali Mantengono l equilibrio fra specie nelle comunità acquatiche e ripariali Creano siti per lo sviluppo di piante pioniere Modellano gli habitat nelle aree golenali Apportano ghiaia e ciottoli nelle aree di deposizione Apportano materia organica e detriti arborei al canale Eliminano specie invasive e introdotte dalle comunità acquatiche e ripariali Disperdono semi e frutti della vegetazione ripariale Determinano la divagazione del corso d acqua, formando nuovi habitat (canali secondari, lanche, ecc.) Determinano un contatto prolungato fra semi e substrato Tab Parametri descrittivi degli Environmental Flow Component (EFC) e corrispondenti influenze sull ecosistema - tratto da: The Nature Conservancy (2005) 107

116 Elaborazioni Il metodo IHA consiste nel calcolo di grandezze statistiche rilevanti (media, deviazione standard e coefficiente di variazione oppure mediana, fissati percentili e coefficiente di dispersione) per i parametri considerati, eseguito per una sezione del corso d acqua con disponibilità di una serie storica di misure di portata media giornaliera di estensione sufficiente (> 20 anni). L insieme di tali grandezze statistiche fornisce una caratterizzazione del regime dei deflussi per il tratto di corso d acqua prossimo alla stazione di misura. Condizioni idrologiche di riferimento Le risultanze del metodo vengono quindi assunte come condizioni idrologiche di riferimento del corso d acqua, rispetto alle quali valutare lo scostamento in sede di definizione dello stato ambientale e/o di valutazione del deflusso minimo vitale. Se l analisi riguarda un corso d acqua fortemente modificato o artificiale, nel senso specificato dal D.L. 152/2006, il metodo diventa utile alla definizione del corpo idrico maggiormente comparabile e del potenziale ecologico massimo. L applicazione ai tratti campione individuati è dettagliata di seguito e fornisce, in definitiva, l univoca caratterizzazione idrologica dei due tratti Caratterizzazione idrologica del F. Crati a Conca Il corso d acqua si caratterizza per un valore di portata media annua elevato (26 m 3 /s), il maggiore nella regione. Il deflussi, tuttavia, sono alquanto variabili (il coefficiente di variazione annuale è pari a 0.66), con accentuate magre estive (tabella 25, grafico 25) e piene normalmente autunnali ed invernali (tabella 24, grafico 26). La portata minima di durata 1 giorno (Tab. 23, grafico 13) è stata più volte inferiore ad 1 m 3 /s, corrispondente ad un contributo specifico minore di 1 l/s/km 2. Ciò indica la prevalenza di suoli con permeabilità non elevata e una scarsa propensione all instaurarsi di significativi deflussi profondi. Le stesse sorgenti, in effetti, sono quasi tutte di portata ridotta, solo in pochi casi dell ordine delle decine di m 3 /s. La variabilità delle portate si osserva anche a scala pluriennale. Ad esempio, i deflussi medi mensili (tabella 23, grafici 1-12), oscillano in un range molto ampio nel quarantennio di osservazione, in stretta dipendenza dal regime degli afflussi. Ad esempio, la portata media di gennaio oscilla fra 9 e 99 m 3 /s, con un rapporto tra valore massimo e minimo superiore a 10 (coeff. di dispersione 0.66). Una variabilità ancora 108

117 maggiore si registra nei mesi di magra. In particolare, il coeff. di dispersione della portata media di settembre è pari ad 1.47, con un massimo di 21 m 3 /s ed un minimo pari a zero, nel In effetti, nel 27, si sono osservati ben 64 giorni con portata nulla (grafico 23) che, insieme al 1928 (8 giorni) ed il 1932 (10 giorni), costituiscono gli unici anni in cui il corso d acqua ha avuto periodi di magra totale. Le portate minime di varia durata (Tab. 24, grafici 13-16) sono i parametri per i quali si registra la massima variabilità (coeff. di variazione della portata di base pari ad 1.9, valore pari a estremamente basso). Particolarmente regolare è la data con cui si manifestano il minimo ed il massimo della portata (18 agosto e 21 gennaio), parametri per i quali si registrano i minimi valori del coeff. di variazione (0.07 e 0.14). Si può quindi definire il fiume Crati come corso d acqua pressoché perenne - con minima magra in tarda estate e massima piena di norma in gennaio - ma con spiccata variabilità annuale e inter-annuale dei deflussi. Si rileva, inoltre, una variazione di alcuni parametri nel periodo successivo al Il numero di inversioni di flusso (Tab. 25, grafico 33), ad esempio, si incrementa notevolmente nel periodo 56-66, indicando una probabile influenza dei rilasci dall invaso di Cecita, sull affluente Mucone, utilizzato a scopo idroelettrico proprio a partire dal Una caratterizzazione riferita a condizioni indisturbate, più prossime a quelle naturali, dovrebbe escludere tale periodo. Tuttavia, l utilizzo dell impianto di Cecita, per quanto noto, è concentrato in alcune fasce orarie, e pertanto una più accurata analisi dell impatto derivante dovrebbe basarsi su registrazioni di portata subgiornaliere, che non sono disponibili. 109

118 Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) Tab F. Crati a Conca ( ). Parametri IHA - Gruppo 1 110

119 Anno 1-d min 3-d min 7-d min 30-d min 90-d min 1-d max 3-d max 7-d max 30-d max 90-d max Deflusso nullo Deflusso base (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (d) (m 3 /s) Tab F. Crati a Conca ( ). Parametri IHA - Gruppo 2 111

120 Anno Data min Data max N. Low pulses Durata Low pulses N. High pulses Durata High pulses Rise rate Fall rate N. Inversioni (d) - (d) (m 3 /d) (m 3 /d) Tab F. Crati a Conca ( ). Parametri IHA - Gruppo Area del bacino sotteso (km 2 ) 1332 Portata media annua (m 3 /s) 26.1 Portata media annua/area del bacino sotteso (m 3 /s/km 2 ) Coefficiente di variazione annuale 0.66 Predicibilità del deflusso 0.43 Invarianza/Predicibilità 0.45 % di piene in un periodo di 60 giorni 0.31 Stagione delle portate ordinarie e delle magre (d) 19 Tab F. Crati a Conca ( ). Parametri sintetici 112

121 Mediana Coeff. di dispersione Parametri gruppo 1 (m 3 /s) Portata media Gennaio Portata media Febbraio Portata media Marzo Portata media Aprile Portata media Maggio Portata media Giugno Portata media Luglio Portata media Agosto Portata media Settembre Portata media Ottobre Portata media Novembre Portata media Dicembre Parametri gruppo 2 (portate in m 3 /s) Portata minima annuale-media di 1 giorno Portata minima annuale-media di 3 giorni Portata minima annuale-media di 7 giorni Portata minima annuale-media di 30 giorni Portata minima annuale-media di 90 giorni Portata massima annuale-media di 1 giorno Portata massima annuale-media di 3 giorni Portata massima annuale-media di 7 giorni Portata massima annuale-media di 30 giorni Portata massima annuale-media di 90 giorni Numero di giorni con portata nulla 0 0 Portata di base Parametri gruppo 3 Data del minimo della portata Data del massimo della portata Parametri gruppo 4 Numero di low pulses 4 1 Durata delle low pulses (d) Numero di high pulses Durata delle high pulses (d) Parametri gruppo 5 Rapidità di incremento (m 3 /giorno) Rapidità di decremento (m 3 /giorno) Numero di inversioni Tab F. Crati a Conca ( ). Statistiche parametri IHA 113

122 Fig Grafici Crati:

123 Fig Grafici Crati:

124 116 Fig Grafici Crati: 9-12

125 Fig Grafici Crati:

126 118 Fig Grafici Crati: 17-20

127 Fig Grafici Crati:

128 120 Fig Grafici Crati: 25-28

129 Fig Grafici Crati:

130 Fig Grafici Crati:

131 4.3.4 Caratterizzazione idrologica del F. Coscile a Camerata Il corso d acqua si caratterizza per un valore di portata media annua fra i maggiori della regione (6 m 3 /s). Il deflussi sono poco variabili (il coefficiente di variazione annuale è pari a 0.33, ossia la metà di quello del corso d acqua in cui confluisce, il F. Crati). Il valore della portata mediana di agosto (tabella 30, grafico 8), pari a 3 m 3 /s, è dello stesso ordine di grandezza di quello massimo, ossia quello di marzo (7.5 m 3 /s - tabella 26, grafico 3). La portata minima di durata 1 giorno (Tab. 29, grafico 13) non è mai stata pari a zero, anche se proprio per tale parametro si osserva la massima variabilità (coeff. di dispersione pari ad 1.64). La portata di base, di conseguenza, è elevata ma molto variabile (Tab. 30, grafico 24). Ciò indica la prevalenza di suoli con permeabilità elevata (rocce carsiche) e una elevata propensione all instaurarsi di significativi deflussi profondi. Le sorgenti del corso d acqua, in effetti, sono di entità talvolta rilevante, comprendente anche la maggiore manifestazione acquifera della Calabria (0.75 m 3 /s in media). Particolarmente regolare è la data con cui si manifestano il minimo ed il massimo della portata (31 luglio e 12 gennaio), parametri per i quali si registrano i minimi valori del coeff. di variazione (0.14 e 0.18). Si può quindi definire il fiume Coscile come corso d acqua perenne con minima magra di norma a metà estate e massima piena in gennaio - con ridotta variabilità annuale dei deflussi e più significativa variabilità inter-annuale. Si osserva, infine, una marcata riduzione delle portate minime di varia durata (tabella 29, grafici 13-16) nella seconda metà degli anni di osservazione, che si rileva, ovviamente, anche nel deflusso di base (Tab. 29, grafico 24). Non è stata indagata l eventuale origine idrologica ovvero antropica del fenomeno. 123

132 Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) Tab F. Coscile a Camerata (34 anni). Parametri IHA - Gruppo 1 124

133 Anno 1-d min 3-d min 7-d min 30-d min 90-d min 1-d max 3-d max 7-d max 30-d max 90-d max Deflusso nullo Deflusso base (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (m 3 /s) (d) (m 3 /s) Tab F. Coscile a Camerata (34 anni). Parametri IHA - Gruppo 2 125

134 Anno Data min Data max N. Low pulses Durata Low pulses N. High pulses Durata High pulses Rise rate Fall rate N. Inversioni (d) - (d) (m 3 /d) (m 3 /d) Tab F. Coscile a Camerata (34 anni). Parametri IHA - Gruppo Area del bacino sotteso (km 2 ) 303 Portata media annua (m 3 /s) 5.99 Portata media annua/area del bacino sotteso (m 3 /s/km 2 ) Coefficiente di variazione annuale 0.33 Predicibilità del deflusso 0.58 Invarianza/Predicibilità 0.81 % di piene in un periodo di 60 giorni 0.38 Stagione delle portate ordinarie e delle magre (d) 0 Tab Coscile a Camerata (34 anni). Parametri sintetici 126

135 Mediana Coeff. di dispersione Parametri gruppo 1 (m 3 /s) Portata media Gennaio Portata media Febbraio Portata media Marzo Portata media Aprile Portata media Maggio Portata media Giugno Portata media Luglio Portata media Agosto Portata media Settembre Portata media Ottobre Portata media Novembre Portata media Dicembre Parametri gruppo 2 (portate in m 3 /s) Portata minima annuale-media di 1 giorno Portata minima annuale-media di 3 giorni Portata minima annuale-media di 7 giorni Portata minima annuale-media di 30 giorni Portata minima annuale-media di 90 giorni Portata massima annuale-media di 1 giorno Portata massima annuale-media di 3 giorni Portata massima annuale-media di 7 giorni Portata massima annuale-media di 30 giorni Portata massima annuale-media di 90 giorni Numero di giorni con portata nulla Portata di base Parametri gruppo 3 Data del minimo della portata Data del massimo della portata Parametri gruppo 4 Numero di low pulses Durata delle low pulses (d) Numero di high pulses Durata delle high pulses (d) Parametri gruppo 5 Rapidità di incremento (m 3 /giorno) Rapidità di decremento (m 3 /giorno) Numero di inversioni Tab Coscile a Camerata (34 anni). Statistiche parametri IHA 127

136 Fig Grafici Coscile:

137 Fig Grafici Coscile:

138 Fig Grafici Coscile:

139 Fig Grafici Coscile:

140 132 Fig Grafici Coscile: 17-20

141 Fig Grafici Coscile:

142 134 Fig Grafici Coscile: 25-28

143 Fig Grafici Coscile:

144 Fig Grafici Coscile:

145 4.4 FASE 2: quantificazione dell alterazione idrologica Metodo RVA Il metodo RVA (Range of Variability Approach; Richter B. D. et al., 1997) è stato formulato per definire l alterazione idrologica conseguente ad una modificazione del regime dei deflussi, mediante analisi di frequenza dei 33 indicatori di alterazione idrologica (parametri IHA). Più precisamente, l intero range di valori di ciascun parametro nella condizione di partenza (condizione idrologica di riferimento o preimpact ) viene diviso in tre categorie, i cui limiti sono generalmente dei fissati percentili. I valori di default sono costituiti dalla mediana 17 percentile, allo scopo di creare tre categorie di ugual dimensione (0-0.33; ; >0.67) e di uguale valore della frequenza con cui il valore pre-impact di ciascun parametro IHA appartiene alla categoria. Quindi, per la categoria centrale ( ), vengono calcolate le frequenze osservate F di ciascun parametro IHA (post-impact) e confrontate con le frequenze attese F 0 (pre-impact) per tramite del fattore di alterazione idrologica HAF F F 0 F 0 Un valore positivo di HAF indica che la frequenza dei valori che ricadono nella categoria è aumentata dal periodo pre-impact al periodo post-impact, mentre valori negativi significano che tale frequenza è diminuita (per i dettagli, si rimanda a The Nature Conservancy, 2007). Per la quantificazione dell alterazione idrologica complessiva, in accordo con Shiau e Wu (2006, 2007), si adopera l indice che considera adeguatamente il peso dei valori molto distanti dalla media Applicazione pratica e limiti del metodo RVA Il metodo RVA, largamente utilizzato in molti paesi, è stato recentemente introdotto in Italia (Principato G. e Viggiani G., 2006) e successivamente assunto per le valutazioni dell alterazione idrologica previste dalla normativa anche dall ISPRA 137

146 ( Implementazione della direttiva 2000/60/CE - Proposta metodologica per l analisi e la valutazione degli aspetti idromorfologici - 1. REGIME IDROLOGICO ). Tuttavia, l applicazione del metodo RVA in fase predittiva (come, ad esempio, nel caso di rilascio di concessioni per derivazioni in progetto) è condizionata dalla disponibilità di serie storiche di portata sufficientemente estese e valide per il tratto a valle della derivazione. Tale circostanza è piuttosto infrequente in Calabria. In passato, le utilizzazioni erano precedute da registrazioni di portata di diversi anni e relative alle sezioni di derivazione. Dopo la realizzazione delle maggiori opere (dighe in primo luogo), prevalendo gli intenti di utilizzazione su quelli di conservazione, le stazioni di misura venivano generalmente dismesse. Oggi, nonostante sia espressamente previsto dagli strumenti normativi e dai piani di settore, mancano stazioni di misura a monte e a valle delle derivazioni e, di conseguenza, si opera in condizioni di notevole carenza conoscitiva. L applicabilità del metodo RVA nella regione resta limitata ad alcuni tratti di corsi d acqua (solo in 15 stazioni si dispone di almeno 20 anni di misure). Di conseguenza, sono allo studio: modalità di regionalizzazione del metodo; - modalità di applicazione in forma di verifica a posteriori sulle derivazioni in esercizio. In via semplificativa, si può ritenere che tali modalità di analisi potranno comunque essere limitate alle maggiori derivazioni e/o ai corsi d acqua di maggiore importanza idrologica o naturalistica. Il metodo può comunque essere utilizzato per valutare l efficacia dei criteri di rilascio adoperati, adottati generalmente come formule di progetto, senza alcuna valutazione dell alterazione idrologica conseguente e delle implicazioni in termini di volumi complessivi derivati e di portata concessa. Tali valutazioni, con particolare riguardo alla funzione della frazione variabile del rilascio, sono l oggetto dei capitoli seguenti. Infine, non è inutile rilevare che studi recenti (Principato e Viggiani, 2009; Shiau e Wu, 2009) hanno evidenziato alcuni limiti del metodo RVA che, pur largamente applicato, risente della carente modalità di analisi statistica utilizzata, con conseguenze anche significative sulle valutazioni dell alterazione idrologica. I limiti del metodo RVA sono superati parzialmente dal metodo HMA (Shiau J. T. e Wu F. C., 2009) e più compiutamente da un metodo di recente formulazione (Principato e Viggiani, 2009).

147 4.5 FASE 3: modificazione del rilascio di portata ai fini della riduzione dell alterazione idrologica Curve di alterazione idrologica Allo scopo di fornire uno strumento di valutazione dell impatto delle derivazioni, sono state costruite le Curve di alterazione idrologica dei tratti campione dei corsi d acqua esaminati. Esse mettono in relazione la portata di progetto della derivazione (portata massima derivata) Q d con la corrispondente alterazione idrologica L 2, per un fissato valore della portata minima da rilasciare (frazione costante Z del rilascio nelle applicazioni presenti). Tali curve, in forma sintetica ed agevole, consentono di valutare l influenza dell entità della portata massima concessa (portata di progetto dell opera di derivazione ad acqua fluente) sulla qualità idrologica del tratto di corso d acqua. Fissato un grado di alterazione, la curva permette di ottenere la portata corrispondente ed eventualmente di modificare quella richiesta per l esercizio della derivazione, modificando, quindi, anche il rilascio complessivo di portata Definizione dell Ecological Quality Ratio (EQR) La Curva di alterazione idrologica può essere utilizzata per definire la qualità idrologica del corso d acqua secondo le specifiche modalità richieste dalla normativa europea e dal Decreto 152/2006. Può, infatti, essere stabilita una relazione lineare fra indice di alterazione complessiva e classi di qualità, secondo lo schema seguente (Principato e Viggiani 2008, 2009): Indice di alterazione complessiva Ecological Quality Ratio (EQR) Stato elevato buono sufficiente scarso > cattivo Tab. 33 Relazione lineare tra l indice di alterazione complessiva e le classi di qualità nel quale la medesima corrispondenza è espressa anche nei termini dell Ecological Quality Ratio indicato dalla normativa (complemento ad 1 dell indice di alterazione). In base al suddetto schema, il valore L 2 =0.4 (EQR=0.6) è il limite inferiore dello stato buono che deve essere conseguito. 139

148 4.5.3 Curva di alterazione idrologica del F. Crati a Conca Rilascio secondo le prescrizioni vigenti Il metodo RVA è stato inizialmente applicato utilizzando: - come condizione pre-impact, la serie storica (continua) di misure di portata media giornaliera (condizione idrologica di riferimento); - come condizione post-impact, la serie di portate medie giornaliere ottenute ipotizzando la ripetizione della stessa sequenza di portate precedentemente registrate, modificate secondo il criterio di rilascio dell ABR Calabria (con Z=4.5 m 3 /s come calcolato in precedenza). In particolare, sono state ottenute 7 serie di portate post-impact, calcolate al variare della portata di progetto (portata massima derivabile Q d =2, 5, 10, 15, 20, 25, 30 m 3 /s). L analisi è estesa dal valore fino al valore Q d =30 m 3 /s, dato che derivazioni eccedenti la portata media annua del corso d acqua in esame, pari a 26 m 3 /s, renderebbero scarsamente conveniente il dimensionamento delle opere necessarie. Per ciascuna elaborazione, è stato poi calcolato l indice di alterazione idrologica complessiva: La successione delle coppie di valori Q d -L 2 definisce la curva di alterazione idrologica valida per il tratto di corso d acqua per il caso di derivazione ad acqua fluente e rilascio eseguito secondo le prescrizioni vigenti. La tabella seguente (Tab. 34) indica anche il rapporto fra il volume rilasciato nel periodo di analisi post-impact (V r ) ed il volume totale defluito a monte dell opera di derivazione (V t ). Rilascio della frazione costante Z=4.5 m 3 /s e della frazione variabile c(q-z) Qd L Vr/Vt Tab. 34 Rapporto fra il volume rilasciato nel periodo di analisi post-impact (V r ) ed il volume defluito a monte dell opera di derivazione (V t ) 140

149 Rilascio della sola frazione costante Allo scopo di analizzare l influenza del rilascio della frazione variabile c(q-z), le elaborazioni sono state ripetute considerando, nella condizione post-impact, il rilascio della sola frazione costante Z=4.5 m 3 /s. Rilascio della sola frazione costante Z=4.5 m 3 /s Qd L Vr/Vt Tab. 35 Rilascio della sola frazione costante Z Fig Fiume Crati a Conca: Curve di alterazione idrologica (-- --: senza rilascio della frazione variabile; : con rilascio della frazione variabile) a confronto con il rapporto V r /V t (---: senza rilascio della frazione variabile; : con rilascio della frazione variabile) Rilascio con valori diversi della frazione costante Una ulteriore analisi è stata condotta al variare della frazione costante del rilascio, ripetendo le medesime elaborazioni per i valori Z=3.5 m 3 /s e Z=2.5 m 3 /s. Il valore Z=2.5 m 3 /s corrisponde, all incirca, ai 2 l/s/km 2 assunti di frequente nella pratica, nonché alla portata di durata 340 giorni. Il valore Z=3.5 m 3 /s, invece, corrisponde, all incirca, alla portata di durata 320 giorni. 141

150 Fig Fiume Crati a Conca: Curve di alterazione idrologica a confronto con il rapporto V r /V t per valori diversi della frazione costante del rilascio Z (m 3 /s) e rilascio variabile Curva di alterazione idrologica del F. Coscile a Camerata Il metodo RVA è stato applicato utilizzando: - come condizione pre-impact, la serie storica discontinua di misure di portata media giornaliera di 34 anni (condizione idrologica di riferimento); - come condizione post-impact, la serie di portate medie giornaliere ottenute ipotizzando la ripetizione della stessa sequenza di portate precedentemente registrate, modificate secondo il criterio di rilascio dell ABR Calabria (con Z=1.2 m 3 /s come calcolato in precedenza). In particolare, sono state ottenute 6 serie di portate post-impact, calcolate al variare della portata di progetto (portata massima derivabile Q d =1, 2, 5, 10, 15, 20 m 3 /s). L analisi è estesa dal valore fino al valore Q d =20 m 3 /s, benché la portata media annua del corso d acqua sia di 6.13 m 3 /s, allo scopo di analizzare la sensibilità dell indice di alterazione idrologica L 2 rispetto ad incrementi di Q d. L analisi è stata quindi arrestata al valore Q d =20 m 3 /s, oltre il quale non si apprezzano significativi incrementi di L 2 (>1%). Per ciascuna elaborazione, come nel caso precedente, è stato poi calcolato l indice di alterazione idrologica complessiva:

151 La successione delle coppie di valori Q d -L 2 definisce la curva di alterazione idrologica valida per il tratto di corso d acqua per il caso di derivazione ad acqua fluente e rilascio eseguito secondo le prescrizioni vigenti. Rilascio della frazione costante Z=1.2 m 3 /s e della frazione variabile c(q-z) Qd D Vr/Vt Tab Rapporto fra il volume rilasciato nel periodo di analisi post-impact (V r ) ed il volume defluito a monte dell opera di derivazione (V t ) Fig. 57 Fiume Coscile a Camerata: Curve di alterazione idrologica ( : senza rilascio della frazione variabile; : con rilascio della frazione variabile) 143

152 4.6 Valutazioni sul criterio di rilascio dell ABR della Calabria e conclusioni Le elaborazioni eseguite evidenziano che la frazione variabile del rilascio assolve ad un funzione significativa, in termini di riduzione dell alterazione idrologica complessiva, anche a parità di volume complessivo derivato. Nel caso esaminato del F. Crati a Conca, il valore L 2 =0.4 (limite dello stato buono ) corrisponde ad una portata derivata massima Q d di 15 m 3 /s con il solo rilascio costante Z, mentre corrisponde a Q d =20 m 3 /s nel caso venga rilasciata anche la frazione variabile c(q-z). Ciò si verifica con valori del volume complessivo derivato quasi coincidenti (0.58V t e 0.59V t ). In altri termini, per effetto del rilascio variabile, è possibile derivare lo stesso volume complessivo con un alterazione minore ovvero, per un fissato valore di alterazione idrologica, può essere assunta una portata di progetto maggiore, corrispondente ad un volume derivato appena maggiore. Le implicazioni in termini di conservazione ed utilizzazione delle acque sono significative. In primo luogo, si evidenzia che la portata minima da rilasciare Z+c(Q-Z), nelle derivazioni ad acqua fluente, è solo uno dei parametri da tenere in considerazione nel rilascio della concessione, dato che assume rilievo anche la portata di progetto della derivazione Q d. Nel caso esaminato (Crati a Conca), con il rilascio variabile, può essere concessa, a parità di alterazione idrologica, una portata Q d maggiore (0.77Q m ) rispetto al caso di rilascio della sola frazione costante (0.58Q m ). La verifica dell effettiva possibilità di conseguire il rilascio variabile prescritto è quindi essenziale nella fase di rilascio della concessione, la quale dovrebbe essere consequenziale alla valutazione della scala di deflusso dell opera di presa, sia per le portate minime (e quindi con particolare riferimento ai passaggi per pesci ed alla frazione costante del rilascio), sia per quelle di morbida e, in ultima analisi, di piena. Nondimeno, il valore della frazione costante Z determina (a parità di portata derivata Q d ) valori di alterazione idrologica molto differenti. Per il Crati a Conca, il valore L 2 =0.4 corrisponde, infatti, a portate derivate Q d variabili da 11.5m 3 /s a 19.2m 3 /s per 2.5<Z<4.5 m 3 /s. Viceversa, per un fissato valore di Q d, l alterazione conseguente varia in misura significativa con Z, mentre il volume derivato complessivo V r resta quasi costante. 144

153 Ovviamente, il valore maggiore della frazione costante (Z=4.5 m 3 /s), pur avendo una scarsa influenza sul volume derivato complessivo V r, nei mesi di magra corrisponde a volumi derivati assai ridotti, che possono risultare incompatibili con alcuni tipi di utilizzazione. L importanza di un valore adeguato della frazione costante Z viene evidenziata anche dal secondo caso esaminato (Coscile a Camerata). Calcolando Z come prescritto, per il Coscile il valore L 2 =0.4 corrisponde ad un volume da rilasciare molto più elevato rispetto al caso del Crati a Conca (V r /V t =0.73 contro V r /V t =0.59). Tale circostanza è conseguente alla insufficiente entità della frazione costante che si ottiene dal criterio in vigore (Z=1.2 m 3 /s), che è appena il 40% della portata di durata 1 giorno (3 m 3 /s) nella curva di durata media. Per il F. Crati, invece, il criterio fornisce un valore idrologicamente assai diverso, pari alla portata di durata 300 giorni. Risulta quindi evidente la necessità di modificare il criterio in uso per la determinazione della frazione costante del rilascio, causa di una evidente disparità fra corsi d acqua pure contermini, ma con diversa propensione al deflusso profondo. 145

154 Lavori citati Poff N.L., & Ward J.V., Implications of streamflow variability and predictability for lotic community structure: a regional analysis of streamflow patterns. Canadian Journal of Fisheries and Aquatic Sciences, 1989, 46: Poff N.L., Allan D., Bain M.B., Karr J.R., Prestegaard K.L., Richter B.D., Sparks R.E., Stromberg J.C., The Natural Flow Regime. A paradigm for river conservation and restoration, BioScience, 1997, 47(11): Postel S., Richter B., Rivers for Life: Managing Water for People and Nature, Island Press: Washington, 2003 Principato G., Bilancio idrico di bacino, in 25 Corso di Aggiornamento in Tecniche per la Difesa dall Inquinamento, Guardia Piemontese, maggio 2004, BIOS, Cosenza, 2005, pp Principato G., Viggiani G., Condizioni idrologiche di riferimento per la tutela dei corsi d acqua. L Acqua, 4/2006, Principato G., Viggiani G., Hydrologic alteration assessment in Mediterranean rivers: perspective from a South Italy case study. Journal of River Basin Management, 2009, 7(4). Principato G., Viggiani G., Hydrologic alteration due to constant minimum flow release. 32th Congress of IAHR. July 1-6, 2007, Venice, Italy. Principato G., Viggiani G., Valutazione dell alterazione idrologica dei corsi d acqua ai fini della determinazione dello stato ambientale. XXXI Convegno di Idraulica e Costruzioni idrauliche, Perugia, 9-12 settembre Regione Calabria, Criterio per la definizione del deflusso minimo vitale (DMV) dei corsi dacqua interessati da derivazioni, in attesa dell approvazione del Piano di Tutela delle Acque. Autorità di Bacino della Calabria, Richter B.D., Baumgartner J.V., Powell J., Braun D.P., A method for assessing hydrologic alteration within ecosystems, Conservation Biology, 1996, 10 (4): Richter B.D., Baumgartner J.V., Wigington R., Braun D.P., How much water does a river need?, Freshwater Biology, 1997, 37 (1): Shiau J.T., Wu F.C., A histogram matching approach for assessment of flow regime alteration: application to environmental flow optimization. River Res. Appl., 2009, 24, , doi: /rra

155 The Nature Conservancy, Flow restoration Database. The Nature Conservancy, Indicators of Hydrologic Alteration, Version 7 Users Manual

156

157 5. Valutazione dell entità degli apporti inquinanti provenienti da attività antropica afferenti ai tratti dei fiumi Crati e Coscile Dagli studi e dalle attività di ricerca effettuate in sito, è emerso che il principale fattore di criticità sia per l area del Crati che del Coscile, è il disturbo antropico. Tale fattore si lega direttamente alla presenza umana ed alle attività connesse che comportano processi più o meno spinti di pressione sul territorio. Nelle aree in esame, il carico antropico intenso risulta dovuto principalmente alle attività agricole, di circolazione stradale e quelle turistico balneari. Questo tipo di pressione interessa entrambe le aree ed in generale l'intera asta fluviale, ed ha un notevole impatto in termini di disturbo diretto, per la presenza costante dell'uomo e dei mezzi utilizzati. Anche la presenza di strade di grandi comunicazione, in particolare per il Lago di Tarsia la Strada provinciale ex SS 106/bis che costeggia il confine Nord della Riserva e la ex SS 19 delle Calabrie, che collega i centri interni tra Tarsia e Cosenza e che costeggia, per lunghi tratti, il fiume Crati, rappresentano un fattore di disturbo non indifferente. Per quanto riguarda le attività turistiche, tali forme di uso del territorio sono di tipo essenzialmente stagionale (estive) e pertanto concentrano in periodi limitati elevati carichi antropici ed impatti sugli ambienti naturali. Si registra, inoltre, nella zona dunale e retrodunale nonché sulle strade interpoderali di accesso alla Foce, un'attività di pesca abusiva che provoca, oltre ai danni diretti alle specie ittiche, anche con conseguente disturbo alle zone boscate adiacenti ed alla fauna in esse presente (AA.VV., 2010). Una stima dei carichi inquinanti di origine antropica afferenti ai tratti dei corsi d acqua oggetto del POR, è stata ottenuta ipotizzando che i maggiori apporti inquinanti prodotti nei sub-bacini su di essi gravitanti fossero attribuibili: agli scarichi domestici, di cui solo una parte trattati in impianti di depurazione; alla fertilizzazione dei suoli in agricoltura; ai reflui dell attività zootecnica ed alle acque di pioggia dilavanti le aree urbanizzate. L entità di tali apporti è stata calcolata tenendo conto delle informazioni disponibili sull uso del suolo del territorio calabrese nelle quattro stagioni, delle pratiche agronomiche adottate, della distribuzione delle popolazioni residenti e fluttuanti nei diversi Comuni, degli impianti di depurazione esistenti e della loro potenzialità, delle attività zootecniche presenti nei diversi Comuni, dell estensione delle aree urbanizzate e della piovosità media caratteristica dei bacini esaminati. 149

158 5.1 I carichi di origine zootecnica Il carico organico di origine zootecnica è stato determinato facendo riferimento alla metodologia elaborata dal CNR-IRSA (CNR IRSA Quaderno 90, 1991) che consente di calcolare l apporto inquinante di natura organica di ogni specifica categoria di animali allevati, in termini di BOD 5, mediante dei coefficienti moltiplicativi, caratteristici di ogni categoria di animali, con cui è possibile assimilare ogni singolo capo ad un certo numero di abitanti equivalenti (Tab. 37). Categoria C i (AE) Bovini 8,16 Equini 8,08 Suini 1,95 Ovini e Caprini 1,78 Avicoli 0,20 Tab Coefficienti di conversione in Abitanti Equivalenti (AE) per categorie di animali (Fonte CNR) La relazione che consente di calcolare il carico organico di origine zootecnica per ogni singolo Comune è la seguente: dove, C orgb / D All Ni * Ci * CBOD spec *365/1000 / i C orgb / D All è il carico organico espresso come ton/y di BOD 5 prodotto da attività zootecnica, in ogni singolo Comune; N i è il numero di capi, presenti in ogni comune, per la i-esima categoria; C i è il coefficiente di trasformazione, espresso in AE, proposto dal CNR-IRSA per l i-esima categoria; C BOD5 spec è il valore di carico organico espresso in grammi di BOD 5 per abitante equivalente (gr ab -1 d -1 ). Per il calcolo del carico inquinante di azoto e fosforo di origine zootecnica, la metodologia adottata è quella proposta da G. Provolo (Bonomo L. e Vismara R., 2004). 150

159 Tale metodologia si basa sull attribuzione, per ogni tipologia di allevamento, del peso vivo di ogni singolo capo e di un coefficiente di produzione di azoto e fosforo riferito al peso vivo dei capi allevati (Tab. 38). Le relazioni che consentono la determinazione dei carichi di azoto e di fosforo prodotti in ogni singolo Comune sono le seguenti: C pn / D All Ni * pvi * Ki /100 /1000 i C pp/ D All Ni * pvi * Qi /100 /1000* i P P O 2 5 dove, C pn / D All e C pp / D All sono rispettivamente i carichi potenziali di azoto e di fosforo prodotti da attività zootecnica in ogni singolo Comune espressi in ton/y; N i pv i Kg; è il numero di capi, presenti in ogni comune, per la i-esima categoria; è il peso vivo attribuito ad ogni capo per la singola categoria, espresso in K i è il coefficiente di produzione d azoto (Azoto al campo) espresso in Kg/ 100Kg di peso vivo; Q i è il coefficiente di produzione di fosforo (Fosforo al campo) espresso in Kg/ 100Kg di peso vivo; P è il peso atomico del fosforo; P 2 O 5 è il peso molecolare del P 2 O 5 P 2 O 5 /P = 2,291 Categoria P.V. per capo Azoto al campo P 2 O 5 al campo (Kg) (Kg/100 Kg P.V.) (Kg/ 100 Kg P.V.) Altri allevamenti avicoli 1 16,5 25,1 Faraone 0,8 16,5 25,1 Galline da Uova 1,8 16,5 25,1 Oche 3,5 16,5 25,1 Polli da Carne 1 16,5 25,1 Tacchini 6 16,5 25,1 Da 1 anno a meno di ,9 Da 1 anno a meno di ,3 7,7 Da 1 anno a meno di ,3 7,7 Da 1 anno a meno di ,9 Di 2 anni e più-altre 600 8,3 7,7 Di 2 anni e più-manze da ,9 Di 2 anni e più-manze da 500 8,3 7,7 Di 2 anni e più-maschi da 800 8,3 7,7 151

160 Categoria P.V. per capo Azoto al campo P 2 O 5 al campo (Kg) (Kg/100 Kg P.V.) (Kg/ 100 Kg P.V.) Di 2 anni e più-maschi da ,9 Di 2 anni e più-vacche da ,9 Destinati ad essere 130 8,3 7,7 Di età infer. ad 1 anno ,9 Di età infer. ad 1 anno ,3 7,7 Di età infer. ad 1 anno ,3 7,7 Di età infer. ad 1 anno ,9 Altri bufalini ,9 Bufale ,9 Altri caprini 25 9,9 9,2 Capre che hanno già 50 9,9 9,2 Capre montate per la 32 9,9 9,2 Altri conigli 1,2 14,3 21,9 Fattrici 3,5 14,3 21,9 Altri equini (muli e 250 6,9 5,9 Asini 300 6,9 5,9 Cavalli 550 6,9 5,9 Altre pecore 60 9,9 7,3 Altri ovini 35 9,9 7,3 Pecore da latte 60 9,9 7,3 Altri struzzi 77,5 16,5 25,1 Struzzi riproduttori ,5 25,1 Altre scrofe ,2 15 Altre scrofe di cui giovani 70 11,2 15 Scrofe di cui montate per ,2 15 Scrofe montate ,2 15 Suini da 110 Kg e più ,2 15 Suini da 20 Kg a meno di 35 11,2 15 Suini da 50 Kg a meno di 65 11,2 15 Suini da 80 Kg a meno di 95 11,2 15 Suini di peso inferiore a 15 11,2 15 Verri ,2 15 Tab Coefficienti di produzione di N e P per peso vivo (P.V.), per categoria di animali (Fonte CNR) In particolare, per conoscere il numero di capi allevati nel territorio di ogni singolo comune facente parte del bacino dei tratti di fiume oggetto di studio, si è fatto riferimento al DataWarehouse del Censimento dell Agricoltura del 2000 realizzato dall ISTAT e disponibile nella sua versione on-line all indirizzo In base a tali numeri, per ogni comune ricadente nei sub-bacini oggetto di studio, i carichi prodotti dall attività zootecnica sono stati stimati in termini di BOD 5 totale prodotto e delle frazioni solubili di azoto e di fosforo, considerate pari rispettivamente allo 0,8 e allo 0,2 del totale prodotto. I carichi di origine zootecnica calcolati per ogni Comune sono riportati nelle tabelle da 39 a

161 Categoria Numero di capi Peso vivo per capo (Kg) N al campo (Kg/100 Kg di peso vivo) Comune di Corigliano Calabro P 2 O 5 al campo (Kg/ 100 Kg di peso vivo) BOD 5 al campo (A.E./capo) Altri allevamenti avicoli ,5 25,1 0,2 3,30 1,44 87,6 2,64 0,29 Faraone 0 0,8 16,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Galline da Uova ,8 16,5 25,1 0,2 387,29 169, ,52 309,83 33,81 Oche 14 3,5 16,5 25,1 0,2 8,09 3,53 61,32 6,47 0,71 Polli da Carne ,5 25,1 0,2 94,22 41, ,98 75,37 8,22 Tacchini ,5 25,1 0,2 12,87 5,62 56,94 10,30 1,12 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da allevamento ,0 7,9 8, , , , ,20 358,27 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da macello ,3 7,7 8,16 373,50 163, ,56 298,80 32,61 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da macello ,3 7,7 8, , , , ,32 299,25 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 189,00 82, , ,20 16,50 Di 2 anni e più-altre vacche( da carne e/o lavoro) ,3 7,7 8, , , , ,08 378,23 Di 2 anni e più-manze da allevamento ,0 7,9 8, , , , ,00 298,56 Di 2 anni e più-manze da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-maschi da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 288,00 125,71 714, ,40 25,14 Di 2 anni e più-vacche da latte ,0 7,9 8, , , , , ,21 Destinati ad essere macellati come vitelli ,3 7,7 8, ,79 475, , ,83 95,14 Di età infer. ad 1 anno-femmine da allevamento ,0 7,9 8, ,80 861, , ,24 172,22 Di età infer. ad 1 anno-femmine da macello ,3 7,7 8,16 73,04 31,88 714,816 58,43 6,38 Di età infer. ad 1 anno-maschi da macello ,3 7,7 8, , , , ,51 221,57 Di età infer. ad 1 anno-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 277,20 121, , ,76 24,20 Altri bufalini ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Bufale ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri caprini ,9 9,2 1,78 554,40 241, , ,52 48,40 Capre che hanno già figliato ,9 9,2 1,78 930,60 406, , ,48 81,24 Capre montate per la prima volta ,9 9,2 1,78 373,82 163, , ,06 32,63 Altri conigli 80 1,2 14,3 21,9 0,2 13,73 5,99 350,4 10,98 1,20 Fattrici 24 3,5 14,3 21,9 0,2 12,01 5,24 105,12 9,61 1,05 Altri equini (muli e bardotti) ,9 5,9 8,08 17,25 7,53 176,952 13,80 1,51 Asini ,9 5,9 8,08 20,70 9,04 176,952 16,56 1,81 Cavalli ,9 5,9 8,08 417,45 182, , ,96 36,44 Altre pecore ,9 7,3 1,78 302,94 132, , ,35 26,45 Altri ovini ,9 7,3 1, ,51 691, , ,80 138,24 Pecore da latte ,9 7,3 1,78 819,72 357, , ,78 71,56 Altri struzzi 0 77,5 16,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Struzzi riproduttori ,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe di cui giovani non ancora montate ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe di cui montate per la prima volta ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe montate ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Suini da 110 Kg e più ,2 15 1,95 317,52 138,59 896, ,02 27,72 Suini da 20 Kg a meno di 50 Kg ,2 15 1,95 98,00 42, ,625 78,40 8,56 Suini da 50 Kg a meno di 80 Kg ,2 15 1,95 218,40 95, ,15 174,72 19,07 Suini da 80 Kg a meno di 100 Kg ,2 15 1,95 404,32 176, ,79 323,46 35,30 Suini di peso inferiore a 20 Kg ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Verri ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 N prodotto Kg P prodotto Kg Totale (ton/y) BOD 5 prodotto Kg N solubile Kg P solubile Kg 290,45 41,34 4,51 Tab Carichi inquinanti di origine zootecnica- Comune di Corigliano Calabro 153

162 Categoria Numero di capi Peso vivo per capo (Kg) Comune di Spezzano Albanese N al campo (Kg/100 Kg di peso vivo) P 2 O 5 al campo (Kg/ 100 Kg di peso vivo) BOD 5 al campo (A.E./capo) N prodotto Kg P prodotto Kg Altri allevamenti avicoli ,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Faraone 0 0,8 16,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Galline da Uova 15 1,8 16,5 25,1 0,2 4,46 1,94 65,7 3,56 0,39 Oche 1 3,5 16,5 25,1 0,2 0,58 0,25 4,38 0,46 0,05 Polli da Carne ,5 25,1 0,2 1,65 0,72 43,8 1,32 0,14 Tacchini ,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 756,00 329, , ,80 66,00 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da macello ,3 7,7 8,16 522,90 228, , ,32 45,65 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-altre vacche( da carne e/o lavoro) ,3 7,7 8,16 99,60 43,47 357,408 79,68 8,69 Di 2 anni e più-manze da allevamento ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-manze da macello ,3 7,7 8,16 124,50 54,34 536,112 99,60 10,87 Di 2 anni e più-maschi da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-vacche da latte ,0 7,9 8, ,00 589, ,6 1080,00 117,85 Destinati ad essere macellati come vitelli ,3 7,7 8,16 205,01 89, , ,01 17,90 Di età infer. ad 1 anno-femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di età infer. ad 1 anno-femmine da macello ,3 7,7 8,16 182,60 79, ,04 146,08 15,94 Di età infer. ad 1 anno-maschi da macello ,3 7,7 8,16 292,16 127, , ,73 25,51 Di età infer. ad 1 anno-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 39,60 17,29 357,408 31,68 3,46 Altri bufalini ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Bufale ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri caprini ,9 9,2 1,78 24,75 10,80 389,82 19,80 2,16 Capre che hanno già figliato ,9 9,2 1,78 297,00 129, ,92 237,60 25,93 Capre montate per la prima volta ,9 9,2 1,78 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri conigli 0 1,2 14,3 21,9 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Fattrici 0 3,5 14,3 21,9 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri equini (muli e bardotti) ,9 5,9 8,08 17,25 7,53 176,952 13,80 1,51 Asini ,9 5,9 8,08 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Cavalli ,9 5,9 8,08 113,85 49,69 530,856 91,08 9,94 Altre pecore ,9 7,3 1, ,00 518, ,4 950,40 103,71 Altri ovini ,9 7,3 1,78 173,25 75, ,1 138,60 15,12 Pecore da latte ,9 7,3 1, , , ,8 1900,80 207,42 Altri struzzi 0 77,5 16,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Struzzi riproduttori ,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe di cui giovani non ancora montate ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe di cui montate per la prima volta ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe montate ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Suini da 110 Kg e più ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Suini da 20 Kg a meno di 50 Kg ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Suini da 50 Kg a meno di 80 Kg ,2 15 1,95 21,84 9,53 128,115 17,47 1,91 Suini da 80 Kg a meno di 100 Kg ,2 15 1,95 31,92 13,93 128,115 25,54 2,79 Suini di peso inferiore a 20 Kg ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Verri ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Totale (ton/y) BOD 5 prodotto Kg N solubile Kg P solubile Kg 51,13 6,26 1,36 Tab Carichi inquinanti di origine zootecnica- Comune di Spezzano Albanese 154

163 Categoria Numero di capi Peso vivo per capo (Kg) Comune di Terranova da Sibari P 2 O 5 al campo (Kg/ 100 Kg di peso vivo) Azoto al campo (Kg/100 Kg di peso vivo) BOD 5 al campo (A.E./capo) N prodotto Kg P prodotto Kg Altri allevamenti avicoli ,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Faraone 5 0,8 16,5 25,1 0,2 0,66 0,29 21,9 0,53 0,06 Galline da Uova 30 1,8 16,5 25,1 0,2 8,91 3,89 131,4 7,13 0,78 Oche 10 3,5 16,5 25,1 0,2 5,78 2,52 43,8 4,62 0,50 Polli da Carne ,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Tacchini ,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da macello ,3 7,7 8,16 58,10 25,36 357,408 46,48 5,07 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-altre vacche( da carne e/o lavoro) ,3 7,7 8, , , , ,80 521,69 Di 2 anni e più-manze da allevamento ,0 7,9 8,16 495,00 216, , ,00 43,21 Di 2 anni e più-manze da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-maschi da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 648,00 282, , ,40 56,57 Di 2 anni e più-vacche da latte ,0 7,9 8, ,00 707, , ,00 141,42 Destinati ad essere macellati come vitelli ,3 7,7 8,16 129,48 56, , ,58 11,30 Di età infer. ad 1 anno-femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 576,00 251, ,16 460,80 50,28 Di età infer. ad 1 anno-femmine da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di età infer. ad 1 anno-maschi da macello ,3 7,7 8,16 365,20 159, ,08 292,16 31,88 Di età infer. ad 1 anno-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 336,60 146, , ,28 29,38 Altri bufalini ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Bufale ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri caprini ,9 9,2 1,78 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Capre che hanno già figliato ,9 9,2 1,78 247,50 108, ,1 198,00 21,61 Capre montate per la prima volta ,9 9,2 1,78 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri conigli 0 1,2 14,3 21,9 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Fattrici 15 3,5 14,3 21,9 0,2 7,51 3,28 65,7 6,01 0,66 Altri equini (muli e bardotti) ,9 5,9 8,08 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Asini ,9 5,9 8,08 20,70 9,04 176,952 16,56 1,81 Cavalli ,9 5,9 8,08 607,20 265, , ,76 53,01 Altre pecore ,9 7,3 1,78 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri ovini ,9 7,3 1,78 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Pecore da latte ,9 7,3 1, ,20 466, ,76 855,36 93,34 Altri struzzi 0 77,5 16,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Struzzi riproduttori ,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe di cui giovani non ancora montate ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe di cui montate per la prima volta ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe montate ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Suini da 110 Kg e più ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Suini da 20 Kg a meno di 50 Kg ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Suini da 50 Kg a meno di 80 Kg ,2 15 1,95 145,60 63,55 854,1 116,48 12,71 Suini da 80 Kg a meno di 100 Kg ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Suini di peso inferiore a 20 Kg ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Verri ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Totale (ton/y) BOD 5 prodotto Kg N solubile Kg P solubile Kg 59,73 9,85 1,08 Tab Carichi inquinanti di origine zootecnica- Comune di Terranova da Sibari 155

164 Categoria Numero di capi Peso vivo per capo (Kg) Comune di San Demetrio Corone Azoto al campo (Kg/100 Kg di peso vivo) P 2 O 5 al campo (Kg/ 100 Kg di peso vivo) BOD 5 al campo (A.E./capo) N prodotto Kg P prodotto Kg Altri allevamenti avicoli ,5 25,1 0,2 9,24 4,03 245,28 7,39 0,81 Faraone 4 0,8 16,5 25,1 0,2 0,53 0,23 17,52 0,42 0,05 Galline da Uova ,8 16,5 25,1 0,2 710,13 309, ,58 568,10 61,99 Oche 51 3,5 16,5 25,1 0,2 29,45 12,86 223,38 23,56 2,57 Polli da Carne ,5 25,1 0,2 308,72 134, ,98 246,97 26,95 Tacchini ,5 25,1 0,2 56,43 24,63 249,66 45,14 4,93 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 135,00 58,93 893,52 108,00 11,79 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da macello ,3 7,7 8,16 116,20 50,72 714,816 92,96 10,14 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 157,50 68,75 893,52 126,00 13,75 Di 2 anni e più-altre vacche( da carne e/o lavoro) ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-manze da allevamento ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-manze da macello ,3 7,7 8,16 83,00 36,23 357,408 66,40 7,25 Di 2 anni e più-maschi da macello ,3 7,7 8,16 66,40 28,98 178,704 53,12 5,80 Di 2 anni e più-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 72,00 31,43 178,704 57,60 6,29 Di 2 anni e più-vacche da latte ,0 7,9 8,16 54,00 23,57 178,704 43,20 4,71 Destinati ad essere macellati come vitelli ,3 7,7 8,16 215,80 94, ,08 172,64 18,84 Di età infer. ad 1 anno-femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 72,00 31,43 893,52 57,60 6,29 Di età infer. ad 1 anno-femmine da macello ,3 7,7 8,16 91,30 39,85 893,52 73,04 7,97 Di età infer. ad 1 anno-maschi da macello ,3 7,7 8,16 182,60 79, ,04 146,08 15,94 Di età infer. ad 1 anno-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 79,20 34,57 714,816 63,36 6,91 Altri bufalini ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Bufale ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri caprini ,9 9,2 1,78 126,23 55, , ,98 11,02 Capre che hanno già figliato ,9 9,2 1, ,60 492, , ,88 98,52 Capre montate per la prima volta ,9 9,2 1,78 15,84 6,91 194,91 12,67 1,38 Altri conigli 526 1,2 14,3 21,9 0,2 90,26 39, ,88 72,21 7,88 Fattrici 80 3,5 14,3 21,9 0,2 40,04 17,48 350,4 32,03 3,50 Altri equini (muli e bardotti) ,9 5,9 8,08 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Asini ,9 5,9 8,08 62,10 27,11 530,856 49,68 5,42 Cavalli ,9 5,9 8,08 37,95 16,56 176,952 30,36 3,31 Altre pecore ,9 7,3 1,78 225,72 98, , ,58 19,70 Altri ovini ,9 7,3 1,78 45,05 19,66 506,766 36,04 3,93 Pecore da latte ,9 7,3 1, ,62 837, , ,90 167,49 Altri struzzi 0 77,5 16,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Struzzi riproduttori ,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe di cui giovani non ancora montate ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe di cui montate per la prima volta ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe montate ,2 15 1,95 241,92 105,60 512,46 193,54 21,12 Suini da 110 Kg e più ,2 15 1, ,40 791, ,6 1451,52 158,39 Suini da 20 Kg a meno di 50 Kg ,2 15 1,95 325,36 142, , ,29 28,40 Suini da 50 Kg a meno di 80 Kg ,2 15 1,95 844,48 368, ,78 675,58 73,72 Suini da 80 Kg a meno di 100 Kg ,2 15 1, ,32 873, , ,26 174,62 Suini di peso inferiore a 20 Kg ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Verri ,2 15 1,95 28,00 12,22 42,705 22,40 2,44 Totale (ton/y) BOD 5 prodotto Kg N solubile Kg P solubile Kg 81,88 9,11 0,99 Tab Carichi inquinanti di origine zootecnica- Comune di San Demetrio Corone 156

165 Categoria Numero di capi Peso vivo per capo (Kg) Azoto al campo (Kg/100 Kg di peso vivo) Comune di Tarsia P 2 O 5 al campo (Kg/ 100 Kg di peso vivo) BOD 5 al campo (A.E./capo) N prodotto Kg P prodotto Kg Altri allevamenti avicoli ,5 25,1 0,2 3,30 1,44 87,6 2,64 0,29 Faraone 4 0,8 16,5 25,1 0,2 0,53 0,23 17,52 0,42 0,05 Galline da Uova 703 1,8 16,5 25,1 0,2 208,79 91, ,14 167,03 18,23 Oche 7 3,5 16,5 25,1 0,2 4,04 1,76 30,66 3,23 0,35 Polli da Carne ,5 25,1 0,2 159,39 69, ,08 127,51 13,91 Tacchini ,5 25,1 0,2 20,79 9,07 91,98 16,63 1,81 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 270,00 117, ,04 216,00 23,57 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da macello ,3 7,7 8,16 224,10 97, , ,28 19,56 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da macello ,3 7,7 8,16 377,65 164, , ,12 32,97 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 31,50 13,75 178,704 25,20 2,75 Di 2 anni e più-altre vacche( da carne e/o lavoro) ,3 7,7 8, , , , ,68 226,07 Di 2 anni e più-manze da allevamento ,0 7,9 8,16 495,00 216, , ,00 43,21 Di 2 anni e più-manze da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-maschi da macello ,3 7,7 8,16 132,80 57,97 357, ,24 11,59 Di 2 anni e più-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-vacche da latte ,0 7,9 8, , , , ,80 419,55 Destinati ad essere macellati come vitelli ,3 7,7 8,16 420,81 183, , ,65 36,74 Di età infer. ad 1 anno-femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 907,20 395, , ,76 79,20 Di età infer. ad 1 anno-femmine da macello ,3 7,7 8,16 146,08 63, , ,86 12,75 Di età infer. ad 1 anno-maschi da macello ,3 7,7 8,16 693,88 302, , ,10 60,57 Di età infer. ad 1 anno-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 59,40 25,93 536,112 47,52 5,19 Altri bufalini ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Bufale ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri caprini ,9 9,2 1,78 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Capre che hanno già figliato ,9 9,2 1,78 400,95 175, , ,76 35,00 Capre montate per la prima volta ,9 9,2 1,78 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri conigli 63 1,2 14,3 21,9 0,2 10,81 4,72 275,94 8,65 0,94 Fattrici 51 3,5 14,3 21,9 0,2 25,53 11,14 223,38 20,42 2,23 Altri equini (muli e bardotti) ,9 5,9 8,08 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Asini ,9 5,9 8,08 41,40 18,07 353,904 33,12 3,61 Cavalli ,9 5,9 8,08 265,65 115, , ,52 23,19 Altre pecore ,9 7,3 1,78 997,92 435, , ,34 87,12 Altri ovini ,9 7,3 1,78 51,98 22,69 584,73 41,58 4,54 Pecore da latte ,9 7,3 1, , , , ,30 338,10 Altri struzzi 0 77,5 16,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Struzzi riproduttori ,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe ,2 15 1,95 40,32 17,60 85,41 32,26 3,52 Altre scrofe di cui giovani non ancora montate ,2 15 1,95 15,68 6,84 85,41 12,54 1,37 Scrofe di cui montate per la prima volta ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe montate ,2 15 1,95 40,32 17,60 85,41 32,26 3,52 Suini da 110 Kg e più ,2 15 1, ,04 442, , ,43 88,44 Suini da 20 Kg a meno di 50 Kg ,2 15 1,95 70,56 30,80 768,69 56,45 6,16 Suini da 50 Kg a meno di 80 Kg ,2 15 1,95 291,20 127, ,2 232,96 25,42 Suini da 80 Kg a meno di 100 Kg ,2 15 1,95 446,88 195, ,61 357,50 39,01 Suini di peso inferiore a 20 Kg ,2 15 1,95 8,40 3,67 213,525 6,72 0,73 Verri ,2 15 1,95 112,00 48,89 170,82 89,60 9,78 Totale (ton/y) BOD 5 prodotto Kg N solubile Kg P solubile Kg 113,512 15,405 1,681 Tab Carichi inquinanti di origine zootecnica- Comune di Tarsia 157

166 Categoria Numero di capi Peso vivo per capo (Kg) Comune di Santa Sofia D'Epiro Azoto al campo (Kg/100 Kg di peso vivo) P 2 O 5 al campo (Kg/ 100 Kg di peso vivo) BOD 5 al campo (A.E./capo) N prodotto Kg P prodotto Kg Altri allevamenti avicoli ,5 25,1 0,2 6,44 2,81 170,82 5,15 0,56 Faraone 5 0,8 16,5 25,1 0,2 0,66 0,29 21,9 0,53 0,06 Galline da Uova ,8 16,5 25,1 0,2 526,28 229, ,36 421,03 45,94 Oche 11 3,5 16,5 25,1 0,2 6,35 2,77 48,18 5,08 0,55 Polli da Carne ,5 25,1 0,2 314,49 137, ,28 251,59 27,45 Tacchini ,5 25,1 0,2 53,46 23,33 236,52 42,77 4,67 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 324,00 141, , ,20 28,28 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da macello ,3 7,7 8,16 174,30 76, , ,44 15,22 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da macello ,3 7,7 8,16 493,85 215, , ,08 43,11 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-altre vacche( da carne e/o lavoro) ,3 7,7 8, , , , ,04 352,14 Di 2 anni e più-manze da allevamento ,0 7,9 8, , , , ,00 337,84 Di 2 anni e più-manze da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-maschi da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-vacche da latte ,0 7,9 8, ,00 471, ,08 864,00 94,28 Destinati ad essere macellati come vitelli ,3 7,7 8,16 258,96 113, , ,17 22,61 Di età infer. ad 1 anno-femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 230,40 100, , ,32 20,11 Di età infer. ad 1 anno-femmine da macello ,3 7,7 8, ,42 534, , ,74 106,80 Di età infer. ad 1 anno-maschi da macello ,3 7,7 8, ,34 868, , ,27 173,75 Di età infer. ad 1 anno-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 118,80 51, ,224 95,04 10,37 Altri bufalini ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Bufale ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri caprini ,9 9,2 1,78 299,48 130, , ,58 26,14 Capre che hanno già figliato ,9 9,2 1, , , , ,28 213,04 Capre montate per la prima volta ,9 9,2 1,78 129,89 56, , ,91 11,34 Altri conigli 489 1,2 14,3 21,9 0,2 83,91 36, ,82 67,13 7,33 Fattrici 162 3,5 14,3 21,9 0,2 81,08 35,39 709,56 64,86 7,08 Altri equini (muli e bardotti) ,9 5,9 8,08 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Asini ,9 5,9 8,08 103,50 45,18 884,76 82,80 9,04 Cavalli ,9 5,9 8,08 189,75 82,82 884,76 151,80 16,56 Altre pecore ,9 7,3 1, ,14 858, , ,91 171,64 Altri ovini ,9 7,3 1,78 263,34 114, , ,67 22,99 Pecore da latte ,9 7,3 1, ,44 585, , ,95 117,19 Altri struzzi 1 77,5 16,5 25,1 12,79 5, ,23 1,12 Struzzi riproduttori ,5 25,1 36,30 15, ,04 3,17 Altre scrofe ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe di cui giovani non ancora montate ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe di cui montate per la prima volta ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe montate ,2 15 1,95 201,60 88,00 427,05 161,28 17,60 Suini da 110 Kg e più ,2 15 1, , , , ,68 270,59 Suini da 20 Kg a meno di 50 Kg ,2 15 1,95 35,28 15,40 384,345 28,22 3,08 Suini da 50 Kg a meno di 80 Kg ,2 15 1,95 189,28 82, ,33 151,42 16,52 Suini da 80 Kg a meno di 100 Kg ,2 15 1, ,48 729, , ,38 145,83 Suini di peso inferiore a 20 Kg ,2 15 1,95 6,72 2,93 170,82 5,38 0,59 Verri ,2 15 1,95 56,00 24,44 85,41 44,80 4,89 Totale (ton/y) BOD 5 prodotto Kg N solubile Kg P solubile Kg 168,577 21,531 2,349 Tab Carichi inquinanti di origine zootecnica- Comune di Santa Sofia d Epiro 158

167 Categoria Numero di capi Peso vivo per capo (Kg) Azoto al campo (Kg/100 Kg di peso vivo) Comune di Acri P 2 O 5 al campo (Kg/ 100 Kg di peso vivo) BOD 5 al campo (A.E./capo) N prodotto Kg P prodotto Kg Altri allevamenti avicoli ,5 25,1 0,2 0,66 0,29 17,52 0,53 0,06 Faraone 100 0,8 16,5 25,1 0,2 13,20 5, ,56 1,15 Galline da Uova ,8 16,5 25,1 0,2 2948, , , ,42 257,36 Oche 6 3,5 16,5 25,1 0,2 3,47 1,51 26,28 2,77 0,30 Polli da Carne ,5 25,1 0,2 4676, , ,2 3740,88 408,21 Tacchini ,5 25,1 0,2 680,13 296, ,06 544,10 59,37 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da macello ,3 7,7 8,16 174,30 76, , ,44 15,22 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da macello ,3 7,7 8,16 261,45 114, , ,16 22,82 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 63,00 27,50 357,408 50,40 5,50 Di 2 anni e più-altre vacche( da carne e/o lavoro) ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-manze da allevamento ,0 7,9 8,16 900,00 392, ,08 720,00 78,57 Di 2 anni e più-manze da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-maschi da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di 2 anni e più-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 648,00 282, , ,40 56,57 Di 2 anni e più-vacche da latte ,0 7,9 8, , , , ,20 216,85 Destinati ad essere macellati come vitelli ,3 7,7 8, , , , ,46 431,41 Di età infer. ad 1 anno-femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 14,40 6,29 178,704 11,52 1,26 Di età infer. ad 1 anno-femmine da macello ,3 7,7 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Di età infer. ad 1 anno-maschi da macello ,3 7,7 8,16 18,26 7,97 178,704 14,61 1,59 Di età infer. ad 1 anno-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 59,40 25,93 536,112 47,52 5,19 Altri bufalini ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Bufale ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri caprini ,9 9,2 1,78 297,00 129, ,84 237,60 25,93 Capre che hanno già figliato ,9 9,2 1, , , , ,96 573,00 Capre montate per la prima volta ,9 9,2 1, ,90 764, , ,52 152,94 Altri conigli ,2 14,3 21,9 0,2 647,62 282, ,12 518,09 56,54 Fattrici 704 3,5 14,3 21,9 0,2 352,35 153, ,52 281,88 30,76 Altri equini (muli e bardotti) ,9 5,9 8,08 69,00 30,12 707,808 55,20 6,02 Asini ,9 5,9 8,08 186,30 81, , ,04 16,26 Cavalli ,9 5,9 8, ,75 745, , ,20 149,08 Altre pecore ,9 7,3 1, , , , ,02 265,50 Altri ovini ,9 7,3 1,78 377,69 164, , ,15 32,97 Pecore da latte ,9 7,3 1, , , , , ,48 Altri struzzi 3 77,5 16,5 25,1 38,36 16, ,69 3,35 Struzzi riproduttori ,5 25,1 54,45 23, ,56 4,75 Altre scrofe ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe di cui giovani non ancora montate ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe di cui montate per la prima volta ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe montate ,2 15 1,95 645,12 281, ,56 516,10 56,32 Suini da 110 Kg e più ,2 15 1, , , , , ,10 Suini da 20 Kg a meno di 50 Kg ,2 15 1,95 246,96 107, , ,57 21,56 Suini da 50 Kg a meno di 80 Kg ,2 15 1,95 342,16 149, , ,73 29,87 Suini da 80 Kg a meno di 100 Kg ,2 15 1, , , , ,19 943,71 Suini di peso inferiore a 20 Kg ,2 15 1,95 588,00 256, ,75 470,40 51,33 Verri ,2 15 1,95 336,00 146,66 512,46 268,80 29,33 Totale (ton/y) BOD 5 prodotto Kg N solubile Kg P solubile Kg 603,169 61,493 6,710 Tab Carichi inquinanti di origine zootecnica- Comune di Acri 159

168 Categoria Numero di capi Peso vivo per capo (Kg) Azoto al campo (Kg/100 Kg di peso vivo) Comune di Bisignano P 2 O 5 al campo (Kg/ 100 Kg di peso vivo) BOD 5 al campo (A.E./capo) N prodotto Kg P prodotto Kg Altri allevamenti avicoli ,5 25,1 0,2 4,13 1,80 109,5 3,30 0,36 Faraone 2 0,8 16,5 25,1 0,2 0,26 0,12 8,76 0,21 0,02 Galline da Uova ,8 16,5 25,1 0,2 886,25 386, ,92 709,00 77,37 Oche 29 3,5 16,5 25,1 0,2 16,75 7,31 127,02 13,40 1,46 Polli da Carne ,5 25,1 0,2 955,19 416, ,82 764,15 83,39 Tacchini ,5 25,1 0,2 15,84 6,91 70,08 12,67 1,38 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 810,00 353, ,12 648,00 70,71 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da macello ,3 7,7 8,16 398,40 173, , ,72 34,78 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da macello ,3 7,7 8, ,35 849, , ,08 169,91 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 252,00 110, , ,60 22,00 Di 2 anni e più-altre vacche( da carne e/o lavoro) ,3 7,7 8, , , , ,60 717,33 Di 2 anni e più-manze da allevamento ,0 7,9 8, , , , ,00 235,70 Di 2 anni e più-manze da macello ,3 7,7 8, ,00 579, , ,40 115,93 Di 2 anni e più-maschi da macello ,3 7,7 8, , , , ,76 712,98 Di 2 anni e più-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 288,00 125,71 714, ,40 25,14 Di 2 anni e più-vacche da latte ,0 7,9 8, , , , , ,50 Destinati ad essere macellati come vitelli ,3 7,7 8, ,97 673, , ,38 134,70 Di età infer. ad 1 anno-femmine da allevamento ,0 7,9 8,16 489,60 213, , ,68 42,74 Di età infer. ad 1 anno-femmine da macello ,3 7,7 8,16 182,60 79, ,04 146,08 15,94 Di età infer. ad 1 anno-maschi da macello ,3 7,7 8, ,66 725, , ,33 145,06 Di età infer. ad 1 anno-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 198,00 86, ,04 158,40 17,29 Altri bufalini ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Bufale ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri caprini ,9 9,2 1,78 403,43 176, , ,74 35,22 Capre che hanno già figliato ,9 9,2 1,78 485,10 211, , ,08 42,35 Capre montate per la prima volta ,9 9,2 1,78 95,04 41, ,46 76,03 8,30 Altri conigli 700 1,2 14,3 21,9 0,2 120,12 52, ,10 10,49 Fattrici 213 3,5 14,3 21,9 0,2 106,61 46,53 932,94 85,29 9,31 Altri equini (muli e bardotti) ,9 5,9 8,08 17,25 7,53 176,952 13,80 1,51 Asini ,9 5,9 8,08 683,10 298, , ,48 59,63 Cavalli ,9 5,9 8, , , , ,88 357,80 Altre pecore ,9 7,3 1, , , , ,41 235,42 Altri ovini ,9 7,3 1,78 318,78 139, , ,02 27,83 Pecore da latte ,9 7,3 1, , , , ,50 584,41 Altri struzzi 0 77,5 16,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Struzzi riproduttori ,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe ,2 15 1,95 20,16 8,80 42,705 16,13 1,76 Altre scrofe di cui giovani non ancora montate ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe di cui montate per la prima volta ,2 15 1,95 17,92 7,82 42,705 14,34 1,56 Scrofe montate ,2 15 1,95 161,28 70,40 341,64 129,02 14,08 Suini da 110 Kg e più ,2 15 1, , , , ,70 559,66 Suini da 20 Kg a meno di 50 Kg ,2 15 1,95 50,96 22,24 555,165 40,77 4,45 Suini da 50 Kg a meno di 80 Kg ,2 15 1,95 138,32 60,38 811, ,66 12,08 Suini da 80 Kg a meno di 100 Kg ,2 15 1, , , , ,46 267,51 Suini di peso inferiore a 20 Kg ,2 15 1,95 11,76 5,13 298,935 9,41 1,03 Verri ,2 15 1,95 56,00 24,44 85,41 44,80 4,89 Totale (ton/y) BOD 5 prodotto Kg N solubile Kg P solubile Kg 387,168 61,114 6,669 Tab Carichi inquinanti di origine zootecnica- Comune di Bisignano 160

169 Categoria Numero di capi Peso vivo per capo (Kg) Azoto al campo (Kg/100 Kg di peso vivo) Comune di Castrovillari P 2 O 5 al campo (Kg/ 100 Kg di peso vivo) BOD 5 al campo (A.E./capo) N prodotto Kg P prodotto Kg Altri allevamenti avicoli ,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Faraone 0 0,8 16,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Galline da Uova 352 1,8 16,5 25,1 0,2 104,54 45, ,76 83,64 9,13 Oche 0 3,5 16,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Polli da Carne ,5 25,1 0,2 36,63 15,99 972,36 29,30 3,20 Tacchini ,5 25,1 0,2 5,94 2,59 26,28 4,75 0,52 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da allevamento ,0 7,9 8, , , , ,60 214,49 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da macello ,3 7,7 8,16 622,50 271, ,6 498,00 54,34 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da macello ,3 7,7 8, , , , ,16 213,02 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 94,50 41,25 536,112 75,60 8,25 Di 2 anni e più-altre vacche( da carne e/o lavoro) ,3 7,7 8, , , , ,92 273,89 Di 2 anni e più-manze da allevamento ,0 7,9 8, , , , , ,10 Di 2 anni e più-manze da macello ,3 7,7 8, ,50 960, , ,60 192,01 Di 2 anni e più-maschi da macello ,3 7,7 8,16 398,40 173, , ,72 34,78 Di 2 anni e più-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 144,00 62,85 357, ,20 12,57 Di 2 anni e più-vacche da latte ,0 7,9 8, , , , , ,94 Destinati ad essere macellati come vitelli ,3 7,7 8,16 345,28 150, , ,22 30,14 Di età infer. ad 1 anno-femmine da allevamento ,0 7,9 8, , , , ,40 339,42 Di età infer. ad 1 anno-femmine da macello ,3 7,7 8, ,24 589, , ,99 117,96 Di età infer. ad 1 anno-maschi da macello ,3 7,7 8, , , , ,01 479,81 Di età infer. ad 1 anno-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 435,60 190, , ,48 38,03 Altri bufalini ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Bufale ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri caprini ,9 9,2 1,78 103,95 45, ,244 83,16 9,07 Capre che hanno già figliato ,9 9,2 1,78 737,55 321, , ,04 64,39 Capre montate per la prima volta ,9 9,2 1,78 12,67 5,53 155,928 10,14 1,11 Altri conigli 104 1,2 14,3 21,9 0,2 17,85 7,79 455,52 14,28 1,56 Fattrici 7 3,5 14,3 21,9 0,2 3,50 1,53 30,66 2,80 0,31 Altri equini (muli e bardotti) ,9 5,9 8,08 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Asini ,9 5,9 8,08 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Cavalli ,9 5,9 8, , , , ,32 205,40 Altre pecore ,9 7,3 1, , , , ,86 675,67 Altri ovini ,9 7,3 1,78 20,79 9,07 233,892 16,63 1,81 Pecore da latte ,9 7,3 1, ,96 995, , ,77 199,12 Altri struzzi 0 77,5 16,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Struzzi riproduttori ,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe ,2 15 1, ,12 501, , ,30 100,32 Altre scrofe di cui giovani non ancora montate ,2 15 1,95 446,88 195, , ,50 39,01 Scrofe di cui montate per la prima volta ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe montate ,2 15 1,95 100,80 44,00 213,525 80,64 8,80 Suini da 110 Kg e più ,2 15 1,95 362,88 158, ,92 290,30 31,68 Suini da 20 Kg a meno di 50 Kg ,2 15 1,95 627,20 273, ,8 501,76 54,75 Suini da 50 Kg a meno di 80 Kg ,2 15 1, ,80 826, ,3 1514,24 165,24 Suini da 80 Kg a meno di 100 Kg ,2 15 1,95 106,40 46,44 427,05 85,12 9,29 Suini di peso inferiore a 20 Kg ,2 15 1,95 100,80 44, ,3 80,64 8,80 Verri ,2 15 1,95 28,00 12,22 42,705 22,40 2,44 Totale (ton/y) BOD 5 prodotto Kg N solubile Kg P solubile Kg 544,632 90,406 9,865 Tab Carichi inquinanti di origine zootecnica- Comune di Castrovillari 161

170 Categoria Numero di capi Peso vivo per capo (Kg) Comune di Cassano allo Ionio Azoto al campo (Kg/100 Kg di peso vivo) P 2 O 5 al campo (Kg/ 100 Kg di peso vivo) BOD 5 al campo (A.E./capo) N prodotto Kg P prodotto Kg Altri allevamenti avicoli ,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Faraone 60 0,8 16,5 25,1 0,2 7,92 3,46 262,8 6,34 0,69 Galline da Uova ,8 16,5 25,1 0,2 653,70 285, ,38 522,96 57,07 Oche 0 3,5 16,5 25,1 0,2 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Polli da Carne ,5 25,1 0,2 30,69 13,40 814,68 24,55 2,68 Tacchini ,5 25,1 0,2 7,92 3,46 35,04 6,34 0,69 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da allevamento ,0 7,9 8, , , , ,80 490,27 Da 1 anno a meno di 2 anni- Femmine da macello ,3 7,7 8, ,00 869, , ,60 173,90 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da macello ,3 7,7 8, , , , ,20 266,28 Da 1 anno a meno di 2 anni- Maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 157,50 68,75 893,52 126,00 13,75 Di 2 anni e più-altre vacche( da carne e/o lavoro) ,3 7,7 8, , , , , ,26 Di 2 anni e più-manze da allevamento ,0 7,9 8, , , , , ,03 Di 2 anni e più-manze da macello ,3 7,7 8,16 83,00 36,23 357,408 66,40 7,25 Di 2 anni e più-maschi da macello ,3 7,7 8,16 597,60 260, , ,08 52,17 Di 2 anni e più-maschi da riproduzione ,0 7,9 8, ,00 817, , ,60 163,42 Di 2 anni e più-vacche da latte ,0 7,9 8, , , , , ,57 Destinati ad essere macellati come vitelli ,3 7,7 8, ,85 541, ,96 992,68 108,32 Di età infer. ad 1 anno-femmine da allevamento ,0 7,9 8, ,60 999, , ,68 199,88 Di età infer. ad 1 anno-femmine da macello ,3 7,7 8, ,88 701, , ,50 140,28 Di età infer. ad 1 anno-maschi da macello ,3 7,7 8, , , , ,11 341,13 Di età infer. ad 1 anno-maschi da riproduzione ,0 7,9 8,16 495,00 216, ,6 396,00 43,21 Altri bufalini ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Bufale ,0 7,9 8,16 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altri caprini ,9 9,2 1,78 556,88 243, ,95 445,50 48,61 Capre che hanno già figliato ,9 9,2 1, ,30 764, , ,84 152,97 Capre montate per la prima volta ,9 9,2 1,78 177,41 77, , ,93 15,49 Altri conigli 5 1,2 14,3 21,9 0,2 0,86 0,37 21,9 0,69 0,07 Fattrici 250 3,5 14,3 21,9 0,2 125,13 54, ,10 10,92 Altri equini (muli e bardotti) ,9 5,9 8,08 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Asini ,9 5,9 8,08 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Cavalli ,9 5,9 8, , , , ,96 367,74 Altre pecore ,9 7,3 1, ,80 829, , ,64 165,94 Altri ovini ,9 7,3 1, ,72 919, , ,38 183,91 Pecore da latte ,9 7,3 1, ,40 674, , ,52 134,82 Altri struzzi 0 77,5 16,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Struzzi riproduttori ,5 25,1 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Altre scrofe ,2 15 1,95 40,32 17,60 85,41 32,26 3,52 Altre scrofe di cui giovani non ancora montate ,2 15 1,95 15,68 6,84 85,41 12,54 1,37 Scrofe di cui montate per la prima volta ,2 15 1,95 0,00 0,00 0 0,00 0,00 Scrofe montate ,2 15 1, , , , ,22 566,70 Suini da 110 Kg e più ,2 15 1,95 771,12 336, , ,90 67,32 Suini da 20 Kg a meno di 50 Kg ,2 15 1, ,88 965, , ,70 193,01 Suini da 50 Kg a meno di 80 Kg ,2 15 1, ,48 448, , ,18 89,61 Suini da 80 Kg a meno di 100 Kg ,2 15 1,95 606,48 264, , ,18 52,94 Suini di peso inferiore a 20 Kg ,2 15 1, ,80 447, ,05 819,84 89,46 Verri ,2 15 1,95 560,00 244,43 854,1 448,00 48,89 Totale (ton/y) BOD 5 prodotto Kg N solubile Kg P solubile Kg 588,425 90,734 9,901 Tab Carichi inquinanti di origine zootecnica- Comune di Cassano allo Ionio 162

171 Quindi il contributo del carico inquinante di origine zootecnica di ogni Comune nei due sub-bacini è stato calcolato ipotizzando una distribuzione uniforme degli allevamenti nei singoli Comuni, tenendo conto della porzione di superficie di ognuno di essi ricadente nell area dei sub-bacini oggetto di studio (Tab. 49 e Tab. 50). BACINO Fiume Crati COMUNE SUPERFICE COMUNE (Kmq) SUPERFICIE COMUNALE NEL BACINO (Kmq) % SUPERFICIE COMUNALE NEL BACINO CORIGLIANO CALABRO 190,22 15,41 8,10% SPEZZANO ALBANESE 31,95 0,11 0,37% TERRANOVA DA SIBARI 43,05 30,52 70,91% TARSIA 47,88 7,79 16,29% SAN DEMETRIO CORONE 65,43 44,25 67,63% SANTA SOFIA D'EPIRO 38,83 20,67 53,24% ACRI 198,69 1,28 0,65% BISIGNANO 85,43 0,73 0,85% Tab Porzione di superfici Comunali ricadenti nel bacino del Crati BACINO Fiume Coscile COMUNE SUPERFICE COMUNE (Kmq) SUPERFICIE COMUNALE NEL BACINO (Kmq) % SUPERFICIE COMUNALE NEL BACINO CASTROVILLARI 135,46 10,91 8,06% CASSANO ALLO IONIO 157,35 0,029 0,02% Tab Porzione di superfici Comunali ricadenti nel bacino del Coscile I carichi di origine zootecnica complessivi gravitanti sui due sub-bacini oggetto di studio, risultati dall applicazione della procedura descritta, sono riportati nelle tabelle 51 e 52. Carichi totali prodotti nel Comune % Superficie Comunale nel Carichi prodotti nel sub-bacino COMUNE BOD 5 N P sub.bacino BOD 5 N P CORIGLIANO CALABRO 290,45 41,34 4,51 8,10% 23,54 3,35 0,37 SPEZZANO ALBANESE 51,13 6,26 1,36 0,37% 0,19 0,02 0,00 TERRANOVA DA SIBARI 59,73 9,86 1,08 70,91% 42,35 6,99 0,76 SAN DEMETRIO CORONE 81,88 9,10 0,99 67,63% 55,38 6,16 0,67 TARSIA 113,51 15,41 1,68 16,29% 18,49 2,51 0,27 SANTA SOFIA D'EPIRO 168,59 21,53 2,35 53,24% 89,77 11,46 1,25 ACRI 603,20 61,50 6,71 0,65% 3,92 0,40 0,04 BISIGNANO 387,17 61,11 6,67 0,85% 3,31 0,52 0,06 TOTALE 236,93 31,41 3,43 Tab Carichi di origine zootecnica nel sub-bacino del Crati (ton/y) 163

172 Carichi totali prodotti nel Comune % Superficie Comunale nel Carichi prodotti nel sub-bacino COMUNE BOD 5 N P sub.bacino BOD 5 N P CASTROVILLARI 544,63 90,41 9,87 8,06% 43,88 7,28 0,79 CASSANO ALLO IONIO 588,43 90,74 9,90 0,02% 0,11 0,017 0,002 TOTALE 43,99 7,30 0,80 Tab Carichi di origine zootecnica nel sub-bacino del Coscile (ton/y) 5.2 I carichi di origine agricola I carichi di origine agricola sono stati stimati come surplus della quantità di fertilizzanti di azoto e di fosforo applicata sui diversi suoli coltivati, non assorbita dalle colture e, quindi, potenzialmente dilavabile dal terreno, facendo riferimento ai valori riportati in bibliografia (Cavazza L. e Caliandro A., 2003), dei quali quelli delle principali colture presenti nel territorio calabrese sono riportati in Tab. 53. Coltura Surplus di P Surplus di N Seminativi non irrigui 20,73 25 Colture erbacee da pieno campo a ciclo primaverile estivo 8,73 0 Colture orticole da pieno campo a ciclo estivo - autunnale o 0 0 Colture orticole da pieno campo a ciclo primaverile - estivo 9,23 30 Vigneti irrigui 23,57 60,5 Vigneti non irrigui 23,57 60,5 Frutteti e frutti minori irrigui 21,82 42,5 Frutteti e frutti minori non irrigui 21,82 42,5 Oliveti non irrigui 30,99 66 Colture temporanee associate a colture permanenti 20,73 25 Tab Surplus dei fertilizzanti applicati (Azoto e Fosforo) (da Cavazza L. e Caliandro A., 2003) Per tale stima ci si è riferiti alle carte dell uso del suolo disponibili per le quattro diverse stagioni, calcolando per ognuna di esse i surplus prodotti stagionalmente a seguito dell applicazione dei fertilizzanti, le cui percentuali stagionali rispetto al totale sono riportati nella tabella

173 Coltura Primavera Estate Autunno Inverno K Ni,j K Pi,j (%) (%) (%) (%) (%) (%) (%) (%) Seminativi non irrigui Colture erbacee da pieno campo a ciclo primaverile estivo Colture orticole da pieno campo a ciclo estivo - autunnale o estivo Vigneti irrigui Vigneti non irrigui Frutteti e frutti minori irrigui Frutteti e frutti minori non irrigui Oliveti irrigui Oliveti non irrigui Colture temporanee associate a colture K Ni,j K Pi,j K Ni,j K Pi,j K Ni,j Tab Percentuale di fertilizzante immesso nelle diverse stagioni per tipologia di coltura K Pi,j Le quantità totali di azoto e fosforo sono state calcolate sulla base della seguente relazione: dove, C Agr S P K N / D, i, j i, j N, i, j N, j C N /D,i,j Agr è il carico di nutriente disponibile al dilavamento, espresso in kg; N i indica l n-esimo nutriente (Azoto o fosforo) indica l i-esima stagione; j indica la j-esima coltura; S i, j è la superficie di riferimento espressa in ha; K Ni, j è la percentuale di nutriente immesso; P N, j è il surplus di nutriente, disponibile al dilavamento, per ogni coltura espresso in Kg/ha; Delle quantità così calcolate è stato ipotizzato che le frazioni solubili di azoto e fosforo siano pari rispettivamente a 0,8 e 0,2 del totale. 165

174 I valori calcolati per ogni singolo Comune nelle diverse stagioni dell anno sono presenti nell allegato 5. In tali tabelle, per ogni Comune ricadente nei due sub-bacini oggetto di studio, sono riportate, per le diverse stagioni dell anno, le colture applicate in ciascun Comune, con il relativi surplus di azoto e di fosforo e le percentuali di immissione stagionali di tali nutrienti, considerando come superficie di riferimento S i,j per le diverse stagioni l area occupata da ogni coltura presente nelle porzioni dei territori Comunali ricadenti all interno dei bacini oggetto di studio. Con tali valori è stato possibile calcolare per ciascun Comune le quantità di azoto e fosforo disponibili al dilavamento, considerando le frazioni solubili pari rispettivamente a 0,8 e 0,2 del totale. Dalla somma dei contributi relativi ad ogni Comune ricadente in ciascuno dei due subbacini oggetto di studio è stato possibile ottenere, per ciascuno dei due sub bacini, le quantità totali di azoto e fosforo (Tab. 55 e Tab. 56). COMUNE PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO INVERNO TOTALE N P N P N P N P N P CORIGLIANO CALABRO 45,32 0,00 7,92 0,00 0,58 3,99 2,30 3,15 56,12 7,14 SPEZZANO ALBANESE 0,62 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,07 0,62 0,07 TERRANOVA DA SIBARI 69,60 0,05 11,55 0,00 2,51 7,48 10,03 4,97 93,68 12,50 SAN DEMETRIO CORONE 79,30 0,00 2,43 0,00 4,28 5,42 17,11 8,68 103,12 14,10 TARSIA 8,52 0,00 0,48 0,00 0,93 1,17 3,71 0,87 13,64 2,03 SANTA SOFIA D'EPIRO 31,43 0,00 0,08 0,00 1,43 1,52 5,74 3,67 38,68 5,19 ACRI 0,00 0,00 0,00 0,00 0,02 0,02 0,08 0,00 0,10 0,02 BISIGNANO 1,78 0,00 0,00 0,00 0,11 0,11 0,43 0,21 2,32 0,32 TOTALE 236,57 0,05 22,46 0,00 9,85 19,71 39,39 21,62 308,27 41,38 Tab Carichi di origine agricola nel sub-bacino del Crati (ton/y) PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO INVERNO TOTALE COMUNE N P N P N P N P N P CASTROVILLARI 24,978 0,000 6,277 0,000 0,942 2,754 3,769 1,978 35,97 4,73 CASSANO ALLO IONIO 0,009 0,000 0,000 0,000 0,001 0,001 0,004 0,001 0,01 0,002 TOTALE 24,99 0,00 6,28 0,00 0,94 2,75 3,77 9,89 35,98 4,73 Tab Carichi di origine agricola nel sub-bacino del Coscile (ton/y) 166

175 5.3 I carichi delle acque meteoriche dilavanti su aree urbane I carichi di BOD 5, azoto e fosforo prodotti dal dilavamento delle acque meteoriche delle aree urbane presenti in ciascun Comune ricadente nei sub-bacini in esame, sono stati stimati sulla base delle precipitazioni ricadenti nelle aree urbane e della loro estensione, attribuendo i carichi specifici di BOD 5, N e P proposti per unità di superficie di area urbana e per millimetro di pioggia dalla Regione Emilia Romagna qui di seguito riportati: BOD 5 = Kg/ha/mm Azoto = Kg/ha/mm Fosforo = Kg/ha/mm In particolare, note le superfici delle aree urbane di ciascun Comune ricadenti nei subbacini, dall intersezione di tali superfici con la superficie di ognuno dei due sub-bacini, è stata ricavata la effettiva superficie di area urbana dei Comuni ricadente all interno dei sub-bacini (Tab. 57). BACINO COMUNE SUPERFICE COMUNE (Kmq) AREE URBANE (Ha) CORIGLIANO CALABRO 190,22 15,01 Crati TERRANOVA DA SIBARI 43,05 63,04 SAN DEMETRIO CORONE 65,43 50,76 SANTA SOFIA D'EPIRO 38,83 24,61 Coscile CASTROVILLARI 135,46 0, Tab Superfici di aree urbane ricadenti nei sub-bacini del Crati e del Coscile Per il calcolo delle quantità di inquinanti afferenti ai corsi d acqua oggetto di studio per effetto del dilavamento delle aree urbane è stata applicata la seguente relazione: C i C si S au P dove, C i indica il carico inquinante di BOD 5, Azoto o Fosforo C si indica il carico specifico di BOD 5, Azoto o Fosforo S au indica la superficie dell area urbana dei Comuni ricadente all interno del bacino 167

176 P indica i millimetri di pioggia annui, assunti pari a 1055 mm per il bacino del Crati ed a 972 mm per il Coscile. I risultati di tali calcoli sono riportati nelle tabelle 58 e 59. COMUNE BOD 5 N P CORIGLIANO CALABRO 4,70 0,47 0,16 TERRANOVA DA SIBARI 19,75 1,99 0,66 SAN DEMETRIO CORONE 11,94 1,21 0,40 SANTA SOFIA D'EPIRO 7,71 0,78 0,26 TOTALE 44,10 4,45 1,48 Tab Carichi da dilavamento di aree urbane nel sub-bacino del Crati (ton/y) AREE URBANE COMUNE BOD 5 N P CASTROVILLARI 0, , , CASSANO ALLO IONIO 0,00 0,00 0,00 TOTALE 0, , , Tab Carichi da dilavamento di aree urbane nel sub-bacino del Coscile (ton/y) 5.4 I carichi di origine civile I carichi di origine civile sversati nei tratti di fiume oggetto di studio sono stati stimati come somma dei carichi dei reflui afferenti in essi, trattati negli impianti di depurazione e non trattati. Per tale stima si è tenuto conto delle informazioni disponibili sull esistenza degli impianti di depurazione, sulla loro potenzialità e funzionalità e sul numero di abitanti da servire. Tale numero è stato calcolato considerando la popolazione residente e fluttuante in ogni comune, ipotizzando che quella presente nel sub-bacino oggetto di studio possa considerarsi proporzionale alla percentuale di superficie comunale in esso ricadente. Dal confronto tra il numero di abitanti da servire e la potenzialità degli impianti presenti nell area oggetto di studio, è stato valutato il numero di abitanti serviti e non serviti da impianti di depurazione (Tab. 60 e Tab. 61). 168

177 COMUNE POP. COMUNE % Superficie Comunale POP. NEL BACINO POT. IMP. AE AE (AE) SERVITI NON SERV. nel subbacino CORIGLIANO CALABRO ,10% SPEZZANO ALBANESE ,37% TERRANOVA DA SIBARI ,91% SAN DEMETRIO CORONE ,00% TARSIA ,29% SANTA SOFIA D'EPIRO ,24% ACRI ,65% BISIGNANO ,85% Tab Abitanti serviti e non serviti da impianto di depurazione nei Comuni del sub-bacino del Crati COMUNE POP. COMUNE % Superficie Comunale nel sub.bacino POP. NEL BACINO POT. IMP. (AE) AE SERVITI AE NON SERV. CASTROVILLARI ,06% CASSANO ,02% Tab Abitanti serviti e non serviti da impianto di depurazione nei Comuni del sub-bacino del Coscile I carichi inquinanti di origine civile prodotti dagli abitanti non serviti sono stati calcolati ipotizzando che i carichi specifici per abitante di BOD 5, azoto e fosforo rimanessero tal quali e quelli prodotti dagli abitanti serviti ipotizzando che fossero abbattuti del 90% per il BOD 5, del 35% per l azoto e del per 25% per il fosforo. La loro somma ha fornito la stima dei carichi inquinanti totali di origine civile. Le relazioni utilizzate per il calcolo dei carichi inquinanti di origine civile sono le seguenti: C AbTRA C si Ab TRA ( 1 ) C AbNONTRA C si Ab NONTRA dove, C AbTRA indica il carico di origine civile dei reflui trattati di BOD 5, azoto o fosforo C AbNOTRA indica il carico di origine civile dei reflui non trattati BOD 5, azoto o fosforo C si indica il carico specifico di BOD 5, azoto o fosforo Ab TRA indica il numero di abitanti serviti da impianto di depurazione Ab NOTRA indica il numero di abitanti non serviti da impianto di depurazione 169

178 η indica la percentuale di abbattimento di BOD 5, azoto o fosforo Nell ipotesi che i carichi specifici siano i seguenti (Masotti L., 1986): C SBOD5 = 60 g(bod 5 )/ab/d C SN = 12 g(n)/ab/d C SP = 1,8 g(p)/ab/d i carichi di origine civile gravitanti sui sub-bacini oggetto di indagine sono riportati nelle tabelle 62 e 63. CARICHI DA AE TRATTATI DA AE NON TRATTATI TOTALI COMUNE BOD 5 N P BOD 5 N P BOD 5 N P CORIGLIANO CALABRO 0,00 0,00 0,00 90,14 18,03 2,70 90,14 18,03 2,70 SPEZZANO ALBANESE 0,00 0,00 0,00 0,66 0,13 0,02 0,66 0,13 0,02 TERRANOVA DA SIBARI 8,54 11,10 1,92 0,00 0,00 0,00 8,54 11,10 1,92 SAN DEMETRIO CORONE 6,73 8,75 1,51 0,00 0,00 0,00 6,73 8,75 1,51 TARSIA 0,00 0,00 0,00 9,44 1,89 0,28 9,44 1,89 0,28 SANTA SOFIA D'EPIRO 3,92 5,10 0,88 0,00 0,00 0,00 3,92 5,10 0,88 ACRI 0,00 0,00 0,00 3,39 0,68 0,10 3,39 0,68 0,10 BISIGNANO 0,00 0,00 0,00 2,21 0,44 0,07 2,21 0,44 0,07 TOTALE 19,19 24,95 4,32 105,84 21,17 3,18 125,03 46,12 7,49 Tab Carichi di origine civile nel sub-bacino del Crati (ton/y) CARICHI DA AE TRATTATI DA AE NON TRATTATI TOTALI COMUNE BOD 5 N P BOD 5 N P BOD 5 N P CASTROVILLARI 0,00 0,00 0,00 43,93 8,78 1,32 43,93 8,78 1,32 CASSANO 0,00 0,00 0,00 0,11 0,02 0,003 0,11 0,02 0,003 TOTALE 0,00 0,00 0,00 44,04 8,80 1,32 44,04 8,80 1,32 Tab Carichi di origine civile nel sub-bacino del Coscile (ton/y) Nelle tabelle 64 e 65 sono riportati i carichi inquinanti totali gravitanti sui due subbacini oggetto di studio, in termini di BOD 5, azoto e fosforo e nelle figure da 58 a 63, sono rappresentati graficamente i tali carichi, suddivisi in base alle diverse origini. 170

179 TOTALE COMUNE BOD 5 N P CORIGLIANO CALABRO 118,38 77,98 10,37 SPEZZANO ALBANESE 0,84 0,77 0,09 TERRANOVA DA SIBARI 70,64 113,77 15,85 SAN DEMETRIO CORONE 74,05 119,24 16,69 TARSIA 27,93 18,03 2,59 SANTA SOFIA D'EPIRO 101,40 56,02 7,58 ACRI 7,31 1,18 0,16 BISIGNANO 5,52 3,28 0,45 TOTALE 406,07 390,25 53,78 Tab Carichi totali nel sub-bacino del Crati (ton/y) TOTALE COMUNE BOD 5 N P CASTROVILLARI 87,81 52,04 14,75 CASSANO ALLO IONIO 0,22 0,05 0,01 TOTALE 88,03 52,09 14,77 Tab Carichi totali nel sub-bacino del Coscile (ton/y) 171

180 Fig Carichi di BOD 5 del sub-bacino del Crati 172

181 Fig Carichi di Azoto del sub-bacino del Crati 173

182 Fig Carichi di Fosforo del sub-bacino del Crati 174

183 Fig Carichi di BOD 5 del sub-bacino del Coscile 175

184 Fig Carichi di Azoto del sub-bacino del Coscile 176

185 Fig Carichi di Fosforo del sub-bacino del Coscile 177

186 Lavori citati Azzellini A., Acutis M., Bonomo L., Calderaia E., Salvetti R., Vismara R., Modelling diffuse pollution on wtersheds using a GIS-linked basin scale Hydrologic/water Quality model, Processings of the 2nd International SWAT Conference, Bari (Italia), 1,4 luglio 2003 Bonomo L., Salvetti R., Ipotesi di alternative di intervento sui carichi civili localizzati, in I piani di tutela delle acque. Gestione della qualità delle risorse idriche a cura di L. Bonomo, R. Vismara CIPA Editore s.r.l., 2004 Carere M., Caserta D., Rizzitello D., Il calcolo dei carichi diffusi. Il modello SWAT, in I piani di tutela delle acque. Gestione della qualità delle risorse idriche a cura di L. Bonomo, R. Vismara CIPA Editore s.r.l., 2004 Cavazza L., Calandro A., Guida alla formulazione della concimazione delle principali colture in Puglia, 2003 De Giorgio S., Esperienza della Regione Piemonte nel campo del monitoraggio delle acque e sulle applicazioni nell ambito del Pino di Tutela delle Acque, in I piani di tutela delle acque. Gestione della qualità delle risorse idriche a cura di L. Bonomo, R. Vismara CIPA Editore s.r.l., 2004 IRSA, Valutazione dei carichi potenziali per i principali bacini idrografici Italiani: Adige, Arno, Po e Tevere, Istituto di ricerca sulle acque-cnr, 1991 Masotti L., Depurazione delle acque, Calderini, Bologna, 1986 Provolo G., I carichi diffusi di origine agricola, in I piani di tutela delle acque. Gestione della qualità delle risorse idriche a cura di L. Bonomo, R. Vismara CIPA Editore s.r.l., 2004 Regione Calabria, Piano di tutela delle acque adottato con deliberazione di G.R. n. 394 del 30/6/2009. Salvetti R., Acutis M., Azzellini A., Il calcolo dei carichi diffusi. Il modello SWAT, in I piani di tutela delle acque. Gestione della qualità delle risorse idriche a cura di L. Bonomo, R. Vismara CIPA Editore s.r.l.,

187 6. Modello di gestione del bilancio idrico e dei carichi inquinanti (codice MIKE BASIN del DHI Water Environment Health) Nell ambito dello studio complessivo, la presente parte dell indagine riguarda l implementazione e la sperimentazione applicativa di uno strumento informatico per la valutazione del bilancio idrico e della qualità chimico-fisica dei corsi d acqua, con la finalità di valutare: l incidenza delle regole di rilascio del DMV sulle portate e sulle aliquote idriche destinabili agli utilizzi, a partire dall analisi idrologica specifica svolta nello studio e dai dati disponibili sulle utilizzazioni in atto; l incidenza dei rilasci sulla qualità chimico-fisica dei corsi d acqua e la possibilità di intervenire, con opportune regole di rilascio, per ridurre le criticità ambientali indotte dai carichi inquinanti. L approccio ordinario allo studio e sperimentazione del DMV, in coerenza con i criteri portanti della Direttiva Europea 2000/60 e del D. Lgs. 152/2006, è basato sull effettuazione in parallelo di valutazioni relative all impatto dei prelievi sui fattori idrologico, idromorfologico, biologico e chimico che determinano lo stato ambientale del corso d acqua. La definizione dei fattori correttivi da applicare al deflusso minimo vitale, valutato prevalentemente con approccio idrologico, per conseguire gli obiettivi di qualità ambientale prefissi segue normalmente un ordine di priorità che privilegia i fattori biologico e idromorfologico e, una volta stabilita la configurazione di rilasci ottimale per risolvere le criticità su questo comparto, procede alla verifica degli impatti residui sul comparto chimico-fisico e, nel caso in cui ci si prefigga un obiettivo di stato ambientale elevato, sul comparto idrologico. In tale processo lo strumento di analisi del bilancio idrico applicato nel presente caso di studio (basato sul modello MIKE BASIN del DHI) costituisce un utile supporto per valutare lo stato dei deflussi in alveo e dei prelievi nei diversi scenari di rilascio ipotizzati. Attraverso l applicazione del modulo qualitativo (attivabile a diversi livelli di dettaglio in funzione delle criticità esistenti sulla qualità chimico-fisica e dei dati conoscitivi disponibili) è inoltre possibile valutare l evoluzione dei processi chimicofisici al variare degli scenari di rilascio fino alla definizione di eventuali fattori correttivi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi ambientali. Il caso di studio presenta pertanto prioritariamente interesse come esempio metodologico in relazione alle potenzialità applicative di questo strumento di analisi. 179

188 Il modello di bilancio MIKE BASIN è stato utilizzato in prima analisi per la valutazione dei termini di bilancio idrico derivanti dalle condizioni di deflusso attuali e da quelle indotte dagli scenari di rilascio del deflusso minimo vitale ipotizzati nel corso della ricerca. Successivamente sono state svolte applicazioni finalizzate alla valutazione dell incidenza dei rilasci sullo stato qualitativo del corso d acqua, con riferimento ad alcuni parametri chimici indicatori e sperimentando due livelli di dettaglio nella simulazione dei processi chimico-fisici, supportati rispettivamente dal modulo Water Quality integrato direttamente in MIKE BASIN e dal modulo ECOlab. 6.1 Implementazione del sistema modellistico La messa a punto ed applicazione di un dispositivo modellistico integrato per la rappresentazione dello stato idrologico in relazione agli apporti naturali e al sistema antropico (utilizzazioni e scarichi), in termini sia di impatto qualitativo che quantitativo, rappresenta uno strumento flessibile e completo per le analisi di scenario correlate alle attività di analisi metodologica sul deflusso minimo vitale oggetto del presente progetto facilmente espandibile, in un secondo tempo, all intero reticolo idrografico regionale. Il codice di calcolo attraverso il quale è stato messo a punto il modello numerico di simulazione, è il MIKE BASIN, comprensivo del modulo Water Quality, del DHI, descritto in dettaglio nell allegato 2; nel seguito vengono ripresi gli elementi descrittivi principali dell implementazione dei modelli. Il modello MIKE BASIN, relativamente al modulo di bilancio idrico quantitativo, è stato già utilizzato a livello regionale per la definizione del bilancio idrico tra disponibilità ed utilizzatori del Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria (rif. CAP 5), adottato dalla Regione Calabria con Deliberazione di Giunta regionale n 394 del 30/6/

189 Schematizzazione dell intero bacino del fiume Crati nel modello MIKE BASIN, adottata nel PTA della Regione Calabria per la definizione del bilancio idrico tra disponibilità e utilizzatori; con il cerchio viene evidenziata l area di interesse al presente studio 6.2 Il modello di bilancio idrico MIKE BASIN è un codice di calcolo che associa al comparto GIS dei dati territoriali il sistema antropico, e riceve e sintetizza gli output idrologici, idrogeologici e di qualità dell acqua prodotti da ulteriori moduli di settore. È un sistema numerico che integra anche altri modelli di simulazione, per una rappresentazione generale del sistema fisico e antropico. MIKE BASIN produce una rappresentazione matematica del comportamento dei bacini idrografici che riproduce la configurazione della rete idrografica principale e secondaria, l idrologia nelle sue componenti spaziale e temporale, i maggiori schemi di utilizzo (esistenti o in progetto) e le varie tipologie di idroesigenza. 181

190 Esempio di interfaccia del modello MIKE BASIN Esso è strutturato come un modello a rete nel quale i fiumi e i loro tributari sono descritti mediante una maglia configurata per rami e nodi. I rami sono compresi tra sezioni fluviali definite, mentre i nodi sono situati nei punti di confluenza tra rami diversi, oppure in corrispondenza di siti di interesse notevole. Il modello viene alimentato da serie storiche idrologiche di riferimento su qualsiasi base di tempo. Sui singoli tratti fluviali (rami), individuati da due nodi consecutivi, sono inseriti gli apporti idrologici, rappresentati attraverso le seguenti grandezze: le superfici contribuenti sul tratto; la serie storica (dati giornalieri sul periodo di riferimento, oppure valori medi mensili di anno medio e di anno scarso) dei contributi specifici (ovvero portate in l/s/km 2 ). Anche le regole operative (stimate o misurate) di prelievo e di rilascio delle utenze considerate sono inseribili nel modello secondo la scala temporale a disposizione. Il modello MIKE BASIN, in sintesi, fotografa ad ogni passo di tempo la disponibilità reale delle portate in alveo nei punti di interesse in relazione al quadro idrologico naturale e agli utilizzi di risorsa idrica individuati. 182

191 6.3 La schematizzazione in sottobacini Nella presente analisi i sottobacini proposti per la valutazione del bilancio idrico sono costituiti dal bacino imbrifero del Crati, nel segmento compreso tra la traversa di Tarsia sino alla confluenza con il Coscile, e per l asta del Coscile, il segmento dall affluenza del fiume Garga sino alla confluenza con il Crati stesso. Rispetto allo schema idrografico di base per l intero studio, è stata adottata un estensione del tratto del Coscile fino alla confluenza con il Crati per acquisire una lunghezza sufficiente a rendere significative le simulazioni qualitative con il modello MIKE BASIN e per consentire di aggregare entrambi i corsi d acqua in un unico modello di bilancio idrico, introducendo un nodo terminale a valle della confluenza. Tale schematizzazione è rispondente allo standard applicabile anche in altri contesti idrografici in cui sia significativo supportare la valutazione delle regole di rilascio del DMV con un modello di bilancio idrico. Il livello di dettaglio della schematizzazione modellistica è stato commisurato ai dati disponibili, come sotto specificato. Per il set-up del modello si è fatto riferimento alle basi cartografiche CTR 1:10000 e al DTM 20m x 20m a disposizione. Le sezioni fluviali di interesse per il bilancio quali-quantitativo, definite come nodi del modello, risultano localizzate sia nei punti di confluenza, sia nelle sezioni di derivazione o di diversione più significative, ai fini dell individuazione degli utilizzi della risorsa. Lo schema di rappresentazione del sistema risponde allo scopo effettivo della presente analisi ma si specifica che, in un ipotesi di evoluzione futura, disponendo di un quadro conoscitivo di maggior dettaglio delle utilizzazioni, sarebbe possibile un infittimento del modello, per l identificazione, oltre che del maggiore dettaglio dei prelievi e degli scarichi, sia degli ambienti fluviali che presentano alterazioni indotte dai prelievi, sia degli ambienti che, per peculiarità climatiche-idrologiche del bacino afferente, presentano situazioni stagionali di criticità idrologica di tipo naturale e pertanto a priori suscettibili di rischio di compromissione nel caso di inserimento di ulteriori alterazioni antropiche. 183

192 Schematizzazione del modello MIKE BASIN assunta per l area oggetto di studio 6.4 Le condizioni idrologiche di riferimento La verifica dell equilibrio del bilancio idrico su un bacino idrografico, ovvero del bilancio tra risorse idriche disponibili e fabbisogni, deve tener conto degli elementi conoscitivi disponibili riguardo alle due componenti principali: 1. l andamento delle disponibilità, dipendente dal regime idrologico; 2. la domanda idrica e le relative priorità di utilizzo. Nel presente studio, per quanto riguarda la disponibilità idrica, sono state considerate le serie storiche dei deflussi registrati dagli idrometri esistenti e funzionanti per lungo periodo sul reticolo idrografico in esame, nello specifico del Crati a Conca (dal 1926 al 1971) e del Coscile a Camerata (1900, , ), e le relative elaborazioni di scenario. Per lo scenario simulato con il modello sono state inserite quali input idrologici: per il fiume Crati le portate registrate a Conca dal 1926 al 1966 e, per il periodo , la ripetizione dei medesimi 40 anni di deflussi modificati secondo la formula ABR Calabria, frazione costante minima = 4.5 m 3 /s e coefficiente di modulazione della frazione variabile c=0.1; 184

193 Serie delle portate specifiche giornaliere in l/s/km 2, dal 1927 al 1966, in input per i sottobacini del fiume Crati in esame nel modello implementato con il codice di calcolo MIKE BASIN per il fiume Coscile, una serie di 34 anni di osservazioni non consecutive, nel periodo , duplicate dopo aver applicato la formula ABR Calabria con frazione costante minima = 0.97 m 3 /s e c = 0.1. Serie delle portate specifiche giornaliere in l/s/km 2, dal 1928 al 1962, in input per i sottobacini del fiume Coscile in esame nel modello implementato con il codice di calcolo MIKE BASIN 185

194 Avendo predisposto un modello unico per i due corsi d acqua in esame, è stato compreso nell area di indagine anche il fiume Esaro, affluente del Coscile ma con dimensioni e caratteristiche idrologiche significativamente differenti, per il quale con un analisi a parte è stata definita la serie di afflussi al sistema idrografico schematizzato. Nello specifico, il contributo di portata dell Esaro è stato definito sulla base del confronto tra le serie storiche di registrazioni delle stazioni idrografiche dello stesso Esaro a La Musica e del Coscile a Camerata. Portate medie mensili registrate alla stazione del Coscile a Camerata in m 3 /s Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Portate medie mensili registrate alle stazioni del Coscile a Camerata 186

195 Portate medie mensili registrate alla stazione dell Esaro a La Musica in m 3 /s Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Portate medie mensili registrate alle stazioni dell Esaro a La Musica Nel realizzare detto confronto sono stati utilizzati i dati degli anni di cui si disponeva dei valori delle portate medie giornaliere per entrambe le stazioni. In totale sono stati utilizzati 19 anni di osservazione che spaziano in un arco temporale compreso tra il 1928 ed il Si è così calcolato un fattore di trasposizione basato sul rapporto delle portate specifiche medie mensili registrate, utilizzabile per valutare l apporto dell Esaro al Coscile. Le utenze Per l analisi di bilancio, al quadro idrologico naturale di riferimento deve essere aggiunto il quadro antropico, con le relative serie cronologiche di portata o le regole operative di prelievo/regolazione/scarico delle utenze considerate. Nel caso specifico, dai dati pubblicati sul Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria e dalle informazioni reperite dai partners del presente studio, nell ambito del sistema idrografico esaminato, oltre alle utilizzazioni di Tarsia, in testata al tratto simulato del Crati e già incluse nelle serie cronologiche in input, non vi sono impianti o utenti di 187

196 entità significativa e/o con disponibilità di informazioni relative all entità e alla gestione degli stessi. Come anticipato nel paragrafo relativo alla schematizzazione del modello l analisi del sistema antropico potrà essere in futuro spinta a un livello di dettaglio locale, sulla base del censimento di piccole e grandi derivazioni, prelievi, depuratori ed acquedotti, con relativa localizzazione e dati di gestione. Le simulazioni Per evidenziare in parallelo l alterazione qualitativa ed idrologica, sono state predisposte differenti modellazioni numeriche al variare della portata di progetto di un ipotetica derivazione Q d. In dettaglio gli scenari ipotizzati risultano: per il Crati, Q d = 2, 5, 10, 15, 20 m 3 /s; per il Coscile, Q d = 2, 5, 10, 15, 20 m 3 /s. Si è quindi proceduto con i pre-processing dei dati qualitativi e quantitativi al fine di predisporre i corretti input al codice di calcolo MIKE BASIN. Si specifica che per il fiume Coscile i valori di portata derivata uguali o superiori ai 15 m 3 /s definiscono una serie di rilasci in alveo uguali a quelli con Q d = 10 m 3 /s. Principali risultati dell analisi di bilancio MIKE BASIN offre in output tutte le informazioni riguardo le prestazioni (in termini di portate affluenti, defluenti e derivate) ai nodi; i risultati numerici sono presentati sia come medie sull intero periodo di simulazione sia per ogni passo di tempo, indicando anche frequenza ed entità dei deficit e delle carenze. Tutti i risultati possono essere visualizzati graficamente ed è fornita anche l animazione lungo tutto il periodo della simulazione. Vengono qui di seguito riportati alcuni esempi di restituzione degli output del modello in termini puramente quantitativi. 188

197 Andamento delle portate (in m 3 /s) defluenti dal nodo 10 nello scenario con portata massima derivata pari a 5m 3 /s, per il periodo Analisi del bilancio al nodo con visualizzazione grafica e tabellare delle portate entranti (in colore rosso) e di quelle uscenti (in colore blu) dalla sezione idrografica corrispondente al nodo 9 sul fiume Crati del modello 189

198 Analisi statistica sull intero periodo di simulazione per la portata defluente dal bacino residuo del fiume Crati compreso tra la sezione idrografica corrispondente al nodo 7 e al nodo 8 Curva di durata definita per l anno medio, nel nodo10 sul fiume Crati, nello scenario con una portata massima derivata di 20 m 3 /s (Q 10 =85 m 3 /s ; Q 91 =27 m 3 /s ; Q 182 =12 m 3 /s ; Q 274 =3.5 m 3 /s; Q 355 =2.4 m 3 /s) Il modello di qualità Al fine di analizzare lo stato qualitativo dei corsi d acqua in esame, riconducibile agli obiettivi programmati di riqualificazione ecologico-ambientale da raggiungere anche con il concorso del rilascio del DMV, sono stati utilizzati alcuni parametri chimici indicatori (BOD 5, NH 4, NO 3, P TOT ) particolarmente significativi in quanto riferibili ai protocolli di valutazione introdotti dal D.Lgs. 11/05/99 n. 152 (LIM) e al successivo D.Lgs. 152/2006 (LIMeco). L analisi sulla disponibilità di dati qualitativi nell area oggetto di studio mostra una notevole carenza di informazioni specifiche. Dalle informazioni reperite è evidente che 190

199 la qualità delle acque e dell ambiente fluviale è condizionata prevalentemente ai seguenti fattori: la scarsa portata defluente in condizioni di magra; il carico inquinante proveniente dal settore di bacino a monte del tratto in studio; il carico inquinante residuo lungo i tratti di corsi d acqua in esame; le caratteristiche dei corsi d acqua, in termini di condizioni idrodinamiche e capacità autodepurativa. A partire dal quadro di bilancio idrico quantitativo simulato con le modalità sopra indicate, è stato possibile rappresentare le condizioni qualitative dei corsi d acqua attraverso il modulo aggiuntivo MIKE BASIN WQ (Water Quality), che si configura principalmente, nel caso specifico, come strumento per quantificare le criticità qualitative, specialmente in condizioni di bassi deflussi in alveo e per verificare gli effetti indotti dai rilasci minimi sulla qualità dell acqua. Il modulo di simulazione di base, direttamente integrato in MIKE BASIN, è in grado di simulare i fenomeni di advezione-dispersione e di decadimento del primo ordine degli inquinanti. Per la definizione dei carichi inquinanti da inserire nel modello, si è fatto riferimento ai valori pubblicati del Piano di Tutela delle Acque regionale e alle analisi di dettaglio presentate nel capitolo 5. Il modello e i parametri simulati Attraverso il modulo WQ, MIKE BASIN può simulare il trasporto e i fenomeni di degradazione delle più importanti sostanze che condizionano lo stato qualitativo dei corpi recettori (corsi d acqua o invasi); ammoniaca, nitrati, ossigeno, fosforo e azoto totali e materia organica (quest ultima è rappresentata in termini di domanda biologica e chimica, rispettivamente BOD e COD). I processi di degradazione per tutte le sostanze sono descritti includendo le rispettive reazioni di trasformazione. Generalmente sono utilizzate leggi di decadimento, i cui parametri possono comunque essere specificati dall utente. La soluzione numerica prevede la simulazioni di condizioni stazionarie ad ogni passo di tempo. Il modello permette l inserimento di fonti puntuali d inquinamento, generalmente connesse a scarichi di tipo urbano associati a impianti di trattamento mentre, è attraverso apposite subroutine, la calibrazione dei carichi e la stima dei tempi di trasferimento per le fonti distribuite relative a fosforo e azoto totali, anche con variazioni stagionali. 191

200 I dati a disposizione Sono state considerate le fonti d inquinamento di origine civile, agricolo, da attività zootecnica, i contributi di origine naturale e il dilavamento del suolo. Pollution sources BOD-susp., BOD-diss., NH3 N 2 Reaeration Sunlight NH3 NO 3 Dissolved org. matter BOD dis. degradation Sedimentation adsorption Suspended org. matter Sedimented org. matter BOD susp. degradation Photosynthesis BOD susp. degradation Respiration nitrification Processi rappresentabili con il modulo di qualità del MIKE BASIN Il carico inquinante è stato stimato in termini di carico organico (BOD) e trofico (azoto e fosforo). I carichi inseriti nel modello Avendo a disposizione solo valori totali di carico, organizzati per comune e per tipologia di inquinante, per l attribuzione dei carichi inquinanti ai corpi idrici superficiali si è seguito la seguente metodologia: individuazione dei limiti idrografici dei corpi idrici superficiali; sovrapposizione dei limiti dei comuni; determinazione delle percentuali di superficie dei comuni afferenti a ciascun corpo idrico superficiale; attribuzione dei carichi stimati per comune secondo la percentuale di territorio ricadente nel corpo idrico superficiale. 192

201 Intersezione tra i sottobacini idrografici del Crati e del Coscile e i limiti comunali dei centri urbani limitrofi Si specifica inoltre che è stato possibile definire il rapporto tra carico generato e sversato nel corso d acqua, anche attraverso l utilizzo di formulazioni empiriche da letteratura, per tutti i macrodescrittori considerati ad eccezione del BOD, per il quale si è ipotizzato un abbattimento del 50% a fronte del valore iniziale del carico generato riportato nel PTA regionale. Per la valutazione di eventuali fonti inquinanti puntuali insistenti sui tratti fluviali oggetto di studio, è stata verificata la presenza unicamente di piccoli impianti di trattamento (< Abitanti Equivalenti), nel comune di Terranova di Sibari, dei quali però non si dispone dei dati di carico. 193

202 Carta rappresentativa dei carichi di BOD5 di origine zootecnica (fonte PTA) Per la definizione delle concentrazioni dei carichi inquinanti in testata ai due tratti dei corsi d acqua in esame, si è fatto riferimento ai valori registrati presso 2 siti di monitoraggio limitrofi ai tratti stessi, nello specifico: alla stazione di S. Sofia d Epiro sul fiume CRATI (CS08); alla stazione sul Coscile a Camerata (CS 27). 194

203 CS27 CS08 Santa Sofia d Epiro Localizzazione stazioni di monitoraggio ambientale Per i dettagli sui carichi inseriti nel modello si rimanda alle analisi riportate nel capitolo 5 del presente studio. Simulazioni Come specificato in precedenza gli scenari di simulazione di base prevedono differenti modellazioni numeriche al variare di Q d (portata derivata), per evidenziare in parallelo l'alterazione qualitativa ed idrologica in tutti i nodi di interesse del sistema idrografico in studio. Per completezza dello studio e per consentire analisi comparative si è deciso di simulare, oltre ai differenti scenari di portata massima derivata (Q d =2.5, 10, 15, 20 m 3 /s sia per il fiume Crati che per il fiume Coscile) anche i medesimi scenari in condizioni di assenza del mantenimento del deflusso minimo vitale. Al fine di completare l indagine qualitativa sono stati inoltre ipotizzate differenti concentrazioni di inquinanti in input dai bacini di testata dei due corsi d acqua. Complessivamente le simulazioni svolte risultano pertanto: Scenario 1: applicazione della regola del DMV; sul fiume Crati una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 2 m 3 /s; sul fiume Coscile una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 2 m 3 /s; concentrazioni degli inquinanti in testata ai bacini pari ai dati medi riportati dal PTA; 195

204 Scenario 2: applicazione della regola del DMV; sul fiume Crati una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 5 m 3 /s; sul fiume Coscile una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 5 m 3 /s; concentrazioni degli inquinanti in testata ai bacini pari ai dati medi riportati dal PTA; Scenario 3: applicazione della regola del DMV; sul fiume Crati una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 10 m 3 /s; sul fiume Coscile una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 10 m 3 /s; concentrazioni degli inquinanti in testata ai bacini pari ai dati medi riportati dal PTA; Scenario 4: applicazione della regola del DMV; sul fiume Crati una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 15 m 3 /s; sul fiume Coscile una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 10 m 3 /s; concentrazioni degli inquinanti in testata ai bacini pari ai dati medi riportati dal PTA; Scenario 5: applicazione della regola del DMV, sul fiume Crati una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 20 m 3 /s; sul fiume Coscile una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 10 m 3 /s, e le concentrazioni degli inquinanti in testata ai bacini pari ai dati medi riportati dal PTA; Scenario 6: no applicazione della regola del DMV; sul fiume Crati una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 2 m 3 /s; sul fiume Coscile una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 2 m 3 /s; concentrazioni degli inquinanti in testata ai bacini pari ai dati medi riportati dal PTA; Scenario 7: no applicazione della regola del DMV; sul fiume Crati una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 5 m 3 /s; sul fiume Coscile una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 5 m 3 /s; concentrazioni degli inquinanti in testata ai bacini pari ai dati medi riportati dal PTA; Scenario 8: no applicazione della regola del DMV; sul fiume Crati una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 10 m 3 /s; sul fiume Coscile una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 10 m 3 /s; concentrazioni degli inquinanti in testata ai bacini pari ai dati medi riportati dal PTA; Scenario 9: no applicazione della regola del DMV; sul fiume Crati una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 15 m 3 /s; sul fiume Coscile una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 10 m 3 /s; concentrazioni degli inquinanti in testata ai bacini pari ai dati medi riportati dal PTA; Scenario 10: no applicazione della regola del DMV; sul fiume Crati una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 20 m 3 /s; sul fiume Coscile una derivazione dal prelievo massimo pari a Q d = 10 m 3 /s; concentrazioni degli inquinanti in testata ai bacini pari ai dati medi riportati dal PTA; 196

205 Scenario 11: applicazione della regola del DMV: sul fiume Crati Q d = 2 m 3 /s; sul fiume Coscile Q d = 2 m 3 /s; nessuna concentrazione degli inquinanti in testata ai bacini; Scenario 12: applicazione della regola del DMV: sul fiume Crati Q d = 5 m 3 /s; sul fiume Coscile Q d = 5 m 3 /s; nessuna concentrazione degli inquinanti in testata ai bacini; Scenario 13: applicazione della regola del DMV: sul fiume Crati Q d = 10 m 3 /s; sul fiume Coscile Q d = 10 m 3 /s; nessuna concentrazione degli inquinanti in testata ai bacini; Scenario 14: applicazione della regola del DMV: sul fiume Crati Q d = 15 m 3 /s; sul fiume Coscile Q d = 10 m 3 /s; nessuna concentrazione degli inquinanti in testata ai bacini; Scenario 15: applicazione della regola del DMV: sul fiume Crati Q d = 20 m 3 /s; sul fiume Coscile Q d = 10 m 3 /s; nessuna concentrazione degli inquinanti in testata ai bacini. Analisi dei risultati I risultati sono stati analizzati e rappresentati, in forma tabellare e grafica, in termini di valori medi delle concentrazioni e di 75 percentile. È stato inoltre identificato l anno con il maggior deficit idrico, denominato anno scarso, per il quale, a fine validazione del modello, sono stati estratti i medesimi risultati dell anno medio, ricavato dall intera serie di osservazioni a disposizione. Si riportano di seguito idrogrammi, curve di durata, tabelle di confronto degli inquinanti simulati, con riferimento ai parametri macrodescrittori BOD, NH 4, NO 3 e P. Nell allegato 3 si riportano con maggior dettaglio i risultati delle simulazioni, principalmente (a titolo di esempio) nei nodi 6 e 10 della schematizzazione assunta per il fiume Crati, corrispondenti alle sezioni idrografiche del Crati a Conca e ad una sezione immediatamente a monte della confluenza con il Coscile, e nel nodo 12 sul Coscile a chiusura del tratto identificato per il presente studio. 197

206 Schematizzazione del modello con evidenziati i nodi dove sono stati estratti principalmente, a titolo esemplificativo, i risultati delle simulazioni: Nodo 6 e nodo 10 sul fiume Crati e nodo 12 sul fiume Coscile 198

207 Scenario senza applicazione della regola del DMV, Qd=15m3/s: risultati in forma tabellare e grafica degli andamenti delle concentrazioni di BOD, in mg/l, da monte verso valle, nei nodi del modello del fiume Crati Scenario senza applicazione della regola del DMV, Qd=15m3/s: Andamento delle concentrazioni di BOD, in mg/l, nell'anno 1928 nei nodi 5(testata), 6(Conca), 8, 9, 10 del fiume Crati POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con 199

208 I risultati delle simulazioni in assenza di rilascio del DMV evidenziano picchi di concentrazione degli inquinanti, in particolare nella stagione estiva idrologicamente più critica. Nel complesso i punteggi ex D. Lgs. 152/99 corrispondenti ai valori del 75 percentile dei parametri indicatori considerati sono riferibili ai livelli di inquinamento riportati nel prospetto che segue. Parametro Livello inquinamento macrodescrittori ANNO MEDIO ANNO SCARSO BOD NH NO P 5 5 Simulazione senza rilascio del DMV Nodo 6 (Crati e Conca) Livello di inquinamento dei macrodescrittori In questo contesto, molto critico per la qualità chimico-fisica del fiume, la simulazione non evidenzia in modo specifico la capacità di autodepurazione del corso d acqua in quanto dall analisi degli andamenti delle concentrazioni da monte verso valle (sezioni ), risultano largamente preponderanti gli apporti di carichi distribuiti in ingresso nei bacini residui compresi tra i nodi del modello. Scenario senza applicazione della regola del DMV, Q d =20m 3 /s: Andamento delle concentrazioni di BOD, in mg/l (in nero), negli anni 1937 e 1938 nel nodo 8 (asse di riferimento delle concentrazioni a destra), con sovrapposto l andamento delle portate, in m 3 /s, nel medesimo periodo (in blu, asse di riferimento a sinistra) 200

209 Lo stato di pesante criticità qualitativa, dovuta principalmente all entità dei carichi inquinanti prodotti dal bacino a monte del tratto simulato (valutati in base ai dati di monitoraggio disponibili) non viene risolto dal rilascio del DMV: in questa situazione i livelli di inquinamento riferibili ai parametri macrodescrittori restano sostanzialmente gli stessi del prospetto sopra riportato relativo alla situazione senza rilascio del DMV, con l unica eccezione del fosforo che, nell anno medio, passerebbe dal livello 5 al livello 3. Questa situazione dipende dal fatto che le stesse portate rilasciate da monte veicolano forti carichi inquinanti, pertanto la condizione qualitativa dell alveo nel tratto simulato rimane critica in quanto gli apporti inquinanti da monte e quelli del bacino residuo sono estremamente più elevati della capacità autodepurativa del corso d acqua anche in presenza delle maggiori portate garantite dal rilascio del DMV (nel caso del fosforo si manifesta un miglioramento dovuto all effetto di diluizione prodotto dalle portate rilasciate rispetto agli apporti inquinanti del bacino residuo, prevalenti su quelli generati a monte). Nei grafici a seguire sono riportate alcune curve di durata delle concentrazioni dei parametri macrodescrittori, nei differenti scenari di utenza. Nelle figure è stato indicato il valore di riferimento del 75 percentile calcolato sulla serie delle concentrazioni risultanti. Nelle curve riferite al nodo 10, a monte della confluenza con il fiume Coscile, il valore medio delle concentrazioni e il valore del 75 percentile sono molto prossimi tra loro, per effetto di alcuni valori di concentrazione particolarmente alti che influenzano la curva di durata. Curva di durata delle concentrazioni di NO 3 nel nodo 10 del fiume Crati (in rosso) con la linea rappresentante il valore del 75 percentile (in blu) per lo scenario con applicazione della regola del DMV e una utenza con portata massima derivabile pari a 2m 3 /s 201

210 Curva di durata delle concentrazioni di P nel nodo 10 del fiume Crati (in rosso) con la linea rappresentante il valore del 75 percentile (in blu) per lo scenario con applicazione della regola del DMV e una utenza con portata massima derivabile pari a 15m 3 /s Per analizzare il comportamento del tratto di alveo in esame senza il condizionamento dei carichi inquinanti provenienti da monte, sono state eseguite, come sopra descritto, specifiche simulazioni, che non hanno peraltro prodotto significativi miglioramenti, almeno nei termini dei valori medi di concentrazione e di 75 percentile. Curva di durata delle concentrazioni di BOD nel nodo 6 del fiume Crati, a Conca (in rosso) con la linea rappresentante il valore del 75 percentile (in blu) per lo scenario con applicazione della regola del DMV ma senza apporto dalla testata del bacino e una utenza con portata massima derivabile pari a 20m 3 /s 202

211 Curva di durata delle concentrazioni di NH4 nel nodo 6 del fiume Crati, a Conca (in rosso) con la linea rappresentante il valore del 75 percentile (in blu) per lo scenario con applicazione della regola del DMV ma senza apporto dalla testata del bacino e una utenza con portata massima derivabile pari a 10m 3 /s Per evidenziare più in dettaglio l impatto dell utenza con differenti valori di prelievo, vengono di seguito riportate a confronto le curve di durata degli inquinanti per scenari con portata massima derivabile pari a 2m 3 /s e a 20m 3 /s (i prelievi sono localizzati nel nodo 6, Crati a Conca). Con lo scenario standard relativo all applicazione della regola del DMV, le curve risultano praticamente sovrapposte per le alte concentrazioni, conseguenza dei valori di portata minimi defluenti imposti dalla regola di rilascio, e simili per le basse concentrazioni, che corrispondono agli stati di elevato deflusso non influenzati dal rilascio. Le differenze, generalmente abbastanza limitate, si registrano nella parte centrale delle curve, che corrisponde ai valori di portata caratteristici Q91-Q182-Q274 della curva di durata, appartenenti al campo di deflussi più condizionato dalle variazioni dei prelievi. 203

212 Confronto tra le curve di durata delle concentrazioni di P nel nodo 10 del fiume Crati per lo scenario con applicazione della regola del DMV ma senza apporto dalla testata del bacino e una utenza con portata massima derivabile pari a 2m 3 /s (in blu) e pari a 20m 3 /s (in rosso) Nel caso del fosforo, come già evidenziato in precedenza, all aumentare dell entità del prelievo si rileva un peggioramento delle concentrazioni in alveo, per effetto della minore capacità di diluizione esercitata dai deflussi provenienti da monte sui carichi inquinanti del bacino residuo. Una situazione analoga si riscontra per i nitrati, mentre nel caso dell ammoniaca e del BOD le concentrazioni nella parte mediana della curva peggiorano nella condizione di prelievo inferiore, per effetto dei carichi inquinanti veicolati da monte. Confronto tra le curve di durata delle concentrazioni di NH 4 nel nodo 10 del fiume Crati per lo scenario con applicazione della regola del DMV ma senza apporto dalla testata del bacino e una utenza con portata massima derivabile pari a 2m 3 /s (in blu) e pari a 20m 3 /s (in rosso) 204

213 Confronto tra le curve di durata delle concentrazioni di NO 3 nel nodo 10 del fiume Crati per lo scenario con applicazione della regola del DMV ma senza apporto dalla testata del bacino e una utenza con portata massima derivabile pari a 2m 3 /s (in blu) e pari a 20m 3 /s (in rosso) Confronto tra le curve di durata delle concentrazioni di BOD nel nodo 10 del fiume Crati per lo scenario con applicazione della regola del DMV ma senza apporto dalla testata del bacino e una utenza con portata massima derivabile pari a 2m 3 /s (in blu) e pari a 20m 3 /s (in rosso) I grafici evidenziano la principale problematica riferibile alla qualità chimica del tratto in esame, costituita dall elevato carico inquinante sia proveniente dal bacino a monte, sia attribuibile al bacino residuo. Le portate residue dopo il prelievo presentato di conseguenza concentrazioni di inquinanti elevate e non sono in grado di supportare un efficace effetto di diluizione e autodepurazione nel tratto di alveo in esame. 205

214 In questa situazione il contributo del rilascio del DMV al miglioramento dello stato chimico del corso d acqua è modesto e in alcuni casi addirittura controproducente. A fronte di uno stato qualitativo fortemente compromesso risultante da ogni scenario simulato, è stato valutato l apporto teorico di portata (senza inquinanti) necessario al fine di riportare il fiume Crati ad uno stato qualitativo di livello 3-sufficiente- e di livello 2-buono, con riferimento ai valori soglia dei parametri macrodescrittori indicati dal D. Lgs. 152/99 e in una condizione di assenza di portata e di carico inquinante da monte. Nelle tabelle a seguire si riportano i valori di concentrazioni ottenute nelle simulazioni di alcuni scenari e i valori soglia per arrivare a livelli qualitativi superiori, con i rispettivi valori di portata, in termini sia assoluti (valore teorico e relativo alla differenza rispetto a portata effettiva) che di aumento percentuale. Si sottintende che il volume d acqua teoricamente necessario per raggiungere le soglie indicate è del tutto fittizio in quanto è da intendersi come privo di inquinanti. I risultati ottenuti consentono di effettuare valutazioni preliminari sull entità delle azioni di risanamento eventualmente necessarie per raggiungere un effetto equivalente operando sulla riduzione dei carichi. La valutazione ha riguardato il comportamento del tratto di corso d acqua in studio sotto l effetto delle sole portate e dei carichi generati dal bacino residuo direttamente contribuente (con esclusione di qualsiasi apporto quali-quantitativo da monte e con i prelievi localizzati nel nodo 6, Crati a Conca). NODO 10 scenario senza apporti quali quantitativi dalla testata del bacino, Q d =20m 3 /s Macrodescrittore C Tip.dato Q Q Diff [mg/l] [m 3 /s] [m 3 /s] % NO Simulato Liv Soglia liv Soglia liv P 1.5 Simulato Liv Soglia liv Soglia liv NH Simulato Liv Soglia liv Soglia liv BOD già in condizioni di livello qualitativo 2, buono 206

215 NODO 10 scenario senza apporti quali quantitativi dalla testata del bacino, Q d =2m 3 /s Macrodescrittore C Tip.dato Q Q Diff [mg/l] [m 3 /s] [m 3 /s] % NO Simulato Liv Soglia liv Soglia liv P 0.85 Simulato Liv Soglia liv Soglia liv NH Simulato Liv Soglia liv Soglia liv BOD già in condizioni di livello qualitativo 2, buono NODO 10 scenario senza apporti quali quantitativi dalla testata del bacino in pre-impact Macrodescrittore C Tip.dato Q Q Diff [mg/l] [m 3 /s] [m 3 /s] % NO Simulato Liv Soglia liv Soglia liv P 0.76 Simulato Liv Soglia liv Soglia liv NH Simulato Liv Soglia liv Soglia liv BOD già in condizioni di livello qualitativo 2, buono A completamento dell analisi è stata svolta una valutazione sull effetto di autodepurazione del corso d acqua considerando le concentrazioni dei 4 macrodescrittori, BOD, NH 4, NO 3 e P, nelle sezioni 6 (Crati a Conca) e 10 (Crati a monte della confluenza con il fiume Coscile). Lo scenario di riferimento scelto per questo tipo di analisi è quello senza alcun apporto quali-quantitativo dalla testata del bacino, per evitare bilanci troppo condizionati da alte concentrazioni in ingresso da monte, con la pressione delle utenze di Q d = 2m 3 /s e Q d = 20m 3 /s localizzate nel nodo (Crati a Conca). 207

216 Tratto preso in esame per la valutazione dell abbattimento dei carichi (nodo 6 nodo10) In questa situazione, come evidente dai risultati riassuntivi riportati nelle tabelle a seguire, per gli scenari considerati si rilevano significativi abbattimenti delle concentrazioni degli inquinanti, da un minimo del 20% del BOD al 43-44% del NO 3, percentuali notevoli considerato che nel tratto vengono comunque aggiunti, in modo distribuito, i carichi inquinanti sversati prodotti nell area. Scenario senza contributi quali-quantitativi dalla testata del bacino, Q d =20m 3 /s Parametro macrodescrittore C media Nodo 6 [mg/l] C media Nodo 10 [mg/l] C [%] BOD NH NO P Scenario senza contributi quali-quantitativi dalla testata del bacino, Q d =2m 3 /s Parametro macrodescrittore C media Nodo 6 [mg/l] C media Nodo 10 [mg/l] C [%] BOD NH NO P Nel caso specifico, peraltro, come già osservato in precedenza, tali riduzioni di concentrazione non sono in grado di migliorare lo stato qualitativo ai sensi del D. Lgs. 152/

217 Nel caso del torrente Coscile le simulazioni di scenario forniscono un quadro diverso dal precedente, con un significativo effetto delle portate di rilascio del DMV. Nel tratto in studio il Coscile presenta valori di concentrazione media per tutti i macrodescrittori considerati riferibili ai livelli di inquinamento 2 e 3 secondo la classificazione del D.Lgs. 152/99, anche in uno scenario di utilizzo senza rilascio DMV. I dati di sintesi riportati nell allegato 3 evidenziano un impatto significativo dei prelievi, che in assenza di DMV comportano in alcuni casi il peggioramento di una classe dell indicatore di livello di inquinamento rispetto alle condizioni di deflusso senza prelievo. Seguono alcune rappresentazioni significative di curve di durata delle concentrazioni (con indicazione del 75 percentile) simulate nel nodo 12, in chiusura del tratto in studio. Curva di durata delle concentrazioni di NH 3 nel nodo 12 del fiume Coscile (in rosso) con la linea rappresentante il valore del 75 percentile (in blu) per lo scenario senza applicazione della regola del DMV con portata massima derivabile pari a 2m 3 /s. 209

218 Curva di durata delle concentrazioni di Ptot nel nodo 12 del fiume Coscile (in rosso) con la linea rappresentante il valore del 75 percentile (in blu) per lo scenario senza applicazione della regola del DMV con portata massima derivabile pari a 10m 3 /s. Curva di durata delle concentrazioni di NH 4 nel nodo 12 del fiume Coscile (in rosso) con la linea rappresentante il valore del 75 percentile (in blu) per lo scenario con applicazione della regola del DMV con portata massima derivabile pari a 5m 3 /s. 210

219 Curva di durata delle concentrazioni di BOD nel nodo 12 del fiume Coscile (in rosso) con la linea rappresentante il valore del 75 percentile (in blu) per lo scenario con applicazione della regola del DMV con portata massima derivabile pari a 5m 3 /s. Analisi di dettaglio con il modello di qualità ECOLab A supporto della presente indagine e per simulare in dettaglio i processi chimici più complessi si è attivato su uno dei sottotratti del fiume Crati, il modulo ECOLAB del codice di calcolo MIKE 11 del DHI, in grado di simulare il comportamento idrodinamico, descrivendo i processi chimici, fisici e biologici che si manifestano all interno del corso d acqua e le interazioni con le variabili di stato. In dettaglio sono state in particolare condotte le seguenti attività: messa a punto del modello idrodinamico; messa a punto del modello di qualità; simulazione di alcuni scenari tra quelli identificati con il modello di gestione MIKE BASIN. Messa a punto dei modelli È stato implementato un modello idrodinamico e di qualità dell acqua, basato sul codice di calcolo MIKE 11 del DHI, moduli HD (idrodinamico), AD (advezione-dispersione), ECOLab (qualità delle acque) in assetto monodimensionale e in condizioni di moto vario. 211

220 MIKE 11 è un software in grado di simulare il flusso monodimensionale, stazionario e non, di fluidi verticalmente omogenei in qualsiasi sistema di canali o aste fluviali. Caratteristiche del codice sono la velocità di calcolo e l efficienza del robusto motore di simulazione idrodinamica (risolve le equazioni complete del De St.Venant), la struttura logica e sequenziale per l inserimento e gestione dei dati di input (geometrie, serie storiche ecc.) ed i molteplici strumenti di interpretazione e visualizzazione dei risultati, in grado di garantire un ottima rappresentazione delle simulazioni (rappresentazione di sezioni, profili, piani quotati, anche in ambiente GIS). La grande flessibilità del codice di calcolo permette di integrare, attraverso specifici moduli, le applicazioni idrodinamiche con fenomeni idrologici, trasporto solido, advezione-dispersione, qualità delle acque, ecologia, rendendo MIKE 11 uno strumento indispensabile per affrontare e risolvere i molteplici problemi d ingegneria fluviale. Tra i diversi moduli di calcolo di cui è provvisto MIKE 11, nel presente studio sono stati attivati i seguenti sottomodelli: HD (idrodinamico): simulazione del flusso in canali a pelo libero, costituisce la base per ulteriori moduli aggiuntivi; AD (advezione-dispersione): simulazione del processo di advezione e dispersione di una sostanza in soluzione o in sospensione di qualsiasi natura nel corpo idrico, eventualmente caratterizzata da una cinetica di decadimento lineare; ECOLab (ecologico): simulazione di una serie di processi qualitativi, tra i quali il ciclo BOD-DO con nitrificazione-denitrificazione, il ciclo del fosforo, l eutrofizzazione, il trasporto di metalli pesanti ecc.; Modello idrodinamico Il modello idrodinamico che ha consentito la successiva applicazione dei moduli di qualità è stato costruito utilizzando le sezioni rilevate nel corso del progetto e descritte in dettaglio nel capitolo 8. Nello specifico, per la rappresentazione del tratto di fiume Crati scelto per l applicazione del modello idrodinamico, sono state prese in esame 13 sezioni, per un tratto complessivo di circa 5km, immediatamente a monte della confluenza con il fiume Coscile. Nella figura a seguire è rappresentato lo schema planimetrico del modello con indicazione delle sezioni idrologiche di riferimento di monte e di valle. 212

221 Tratto del reticolo idrografico del fiume Crati con disponibilità di sezioni rilevate, inserito nel modello idrodinamico utilizzato per le simulazioni qualitative di dettaglio Dalle informazioni reperite nel corso dei sopralluoghi, e dal materiale fotografico prodotto, è stato possibile definire i valori di scabrezza per le sezioni in esame. Nel modello è stato inserito come condizione al contorno di monte alla progressiva iniziale l idrogramma delle portate in output al modello di gestione MIKE BASIN per il nodo 9 della schematizzazione, corrispondente con la sezione denominata 6 dei rilievi topografici. Come condizione al contorno di valle al modello è stata imposta una scala di deflusso delle portate in condizioni di moto permanente. Interfaccia grafico del modulo relativo alle sezioni topografiche del Crati nel modello idrodinamico MIKE 11 HD 213

222 Modello di qualità dell acqua ECOLab, descritto in dettaglio nell allegato 4, combina il potente risolutore di equazioni differenziali MATLAB TM con l efficienza della modellazione idrodinamica dei codici di calcolo MIKE by DHI. ECOlab permette di analizzare sistemi di diversa complessità e dettaglio e per questo può essere attivato con i codici di calcolo idrodinamici monodimensionali, bidimensionali o tridimensionali, includendo la possibilità di descrivere il trasporto e la dispersione di materiale e sostanze reagenti con metodologie accurate ed affidabili. ECOlab consente la simulazione dei processi fisici, chimici e biologici di reazione, adsorbimento, decadimento ecc. che caratterizzano i fenomeni legati alla qualità delle acque. Contiene una vasta gamma di modelli ecologici che garantiscono una elevata flessibilità nella definizione dei processi e delle componenti per la simulazione di tipo qualitativo, grazie ad una apposita interfaccia grafica per la definizione dei sistemi di equazioni che regolano il sistema. Sono inclusi alcuni schemi base per la simulazione di numerosi processi standard tra i quali il ciclo BOD/DO, l eutrofizzazione, il trasporto di metalli pesanti ecc., con possibilità di utilizzare gli schemi già definiti, di modificarli o crearne di nuovi sulla base delle proprie specifiche esigenze. Nello specifico le fenomenologie rappresentabili con il codice di calcolo, risultanti da una serie di processi biologico/chimici di trasformazione rappresentati da cinetiche di vario ordine e grado sono: degradazione della sostanza organica; produzione fotosintetica dell'ossigeno; respirazione di piante e animali; scambio di ossigeno con l'atmosfera (reareazione); scambio di BOD sospeso con il fondo (deposizione, risospensione); richiesta d'ossigeno per il BOD sul fondo; nitrificazione e denitrificazione; decadimento dei batteri dipendente dalla radiazione solare, dalla temperatura e dalla salinità dell'acqua. Le espressioni che esprimono le trasformazioni chimiche sono influenzate da fattori esterni come la temperatura, la radiazione solare e le portate defluenti. ECOLab consente l'attivazione di livelli di simulazione sempre più raffinati in funzione del tipo e della consistenza dei dati e delle informazioni di base sulla qualità del corpo idrico. 214

223 In tutti i livelli possono essere inclusi nelle simulazioni i batteri coliformi (totali e fecali) e/o il ciclo del fosforo (disciolto e particolato). Nel caso dei livelli più complessi, il BOD viene ripartito in tre forme distinte (disciolto, in sospensione e sul fondo) in aggiunta alle altre variabili di calcolo principali: ossigeno disciolto (DO), ammoniaca (NH 4+ /NH 3 ), nitrati (NO 3- ) e temperatura. Processi considerati nel ciclo dell azoto con il livello 4 di MIKE 11 ECO Lab I parametri del modello, necessari per la simulazione dei processi chimici, variano in funzione del livello di simulazione adottato e includono, tra i principali, i seguenti: costanti di degradazione; coefficienti di temperatura; velocità di sedimentazione; velocità di risospensione; velocità critiche per la sedimentazione; tassi di produzione di ossigeno; tassi di respirazione; richiesta di ossigeno dei sedimenti; consumo di ossigeno ad es. durante la nitrificazione; parametri di consumo/rilascio di ammoniaca e fosforo; ordine di reazione e costanti di reazione per la nitrificazione e la denitrificazione; costanti di adsorbimento/deadsorbimento del fosforo nei/dai solidi sospesi. 215

224 Nel caso specifico, lo schema-base di simulazione e analisi dei risultati è stato così articolato: - simulazione continua dei deflussi medi annui con il modello idrodinamico; - attribuzione dei carichi in ingresso al modello di qualità concentrati o distribuiti in corrispondenza dei corrispondenti ingressi di portata nel modello idrodinamico; - attribuzione dei carichi in ingresso al modello di qualità concentrati in corrispondenza degli scarichi dei principali impianti di depurazione presenti lungo il tratto fluviale considerato; - simulazione con il modello di qualità dell evoluzione dei carichi/concentrazioni lungo l asta; - analisi ed interpretazione dei risultati ottenuti. Dati di qualità in ingresso al modello Come per i parametri relativi all input dei deflussi nel modello idrodinamico, anche per l ECOlab si è fatto riferimento ai valori di output delle concentrazione dei principali parametri qualitativi simulati risultanti dal modello di gestione MIKE BASIN relativi al nodo 9 della schematizzazione. Ubicazione nodo 9 del modello MIKE BASIN, gli output dl quale sono utilizzati come input del modello di qualità ECOlab 216

225 Sono stati in particolare raccolti ed organizzati tutti i dati disponibili nell ambito del tratto del corso d acqua modellato per un periodo di riferimento, I dati riguardano sostanzialmente i valori di concentrazione simulati nell applicazione precedentemente descritta di MIKE BASIN, modello che non permette di seguire in dettaglio l evoluzione temporale dei processi qualitativi. Ciononostante i dati simulati costituiscono una buona base informativa per la caratterizzazione dello stato qualitativo delle acque. Caratterizzazione del modello di qualità al caso in esame Per quanto attiene alla specifica applicazione condotta sull asta del Crati si è optato per un modello di qualità di livello 3, tra quelli in modalità predefinita, che permette la rappresentazione degli effetti dell azoto nel ciclo dell'ossigeno, senza rendere troppo onerosi i calcoli e complicare le operazioni di identificazione parametrica in questa fase dello studio. Inoltre, questa scelta è stata indotta dal ristretto set di parametri macrodescrittori disponibili con misure e dalla non disponibilità di un set di dati in grado di fornire l informazione necessaria per una corretta taratura del modello. Il modello utilizzato prende in considerazione i processi di convezione e dispersione e i più importanti processi biologici, chimici e fisici, consentendo il calcolo delle variazioni nello spazio e nel tempo delle concentrazioni di ossigeno disciolto (DO), della domanda biochimica d ossigeno (BOD), dell ammoniaca (NH 4 ) e dei nitrati (NO 3 ). I processi di qualità vengono rappresentati con cinetiche lineari del primo ordine (dc/dt C); la dipendenza dalla temperatura viene espressa per mezzo di termini di Arrhenius (ln(dc/dt T), con T temperatura dell acqua del fiume); la decelerazione della reazione di degradazione per basse concentrazioni di alcuni parametri, con termini del tipo (dc/dt K/(K+C)). Il tipo di rappresentazione dei fenomeni biochimici e biologici è macroscopico, nel senso che le equazioni di scambio di massa e di degradazione consentono di rappresentare le valutazioni complessive nella qualità dei diversi composti analizzati, mentre non vengono presi in considerazione i processi biochimici effettivi che si esplicano a microscala. Analisi dei risultati del modello di qualità ECOlab L applicazione sperimentale di un modello di simulazione della qualità dell acqua di elevato dettaglio come il modulo ECOlab del codice MIKE 11 su un tratto del reticolo idrografico del Crati ha evidenziato da un lato la potenzialità delle valutazioni possibili 217

226 a supporto delle azioni di gestione della risorsa idrica e dall altro la carenza di informazioni e dati disponibili che spesso accompagna questo tipo di studi. Nel caso in esame in particolare non è stato possibile eseguire un effettiva taratura del modello, data la disponibilità soltanto di dati di misura dei parametri di qualità dell acqua medi, per la testata, e la disponibilità dei dati relativi ai carichi inquinanti di origine civile, agricola, zootecnica, ai contributi di origine naturale e al dilavamento del suolo, solo in termini di totali annui aggregati per comune. L applicazione condotta richiederebbe pertanto una successiva fase di approfondimento incentrata sull esecuzione di una o più campagne di misura finalizzate alla determinazione delle componenti di bilancio dei carichi immessi lungo l asta e di taratura del modello. In particolare sarebbe opportuno organizzare le campagne di indagine abbinando le misure di portata ai campionamenti per la qualità dell acqua e operando con tempistiche coerenti con l evoluzione idrodinamica del corso d acqua in alcuni stati idrologici significativi. Ulteriori affinamenti sono possibili eseguendo indagini specifiche finalizzate all acquisizione delle informazioni necessarie alla risoluzione delle lacune conoscitive sui carichi inquinanti messe in evidenza dall applicazione sperimentale del sistema modellistico. Ad esemplificazione dei risultati forniti dal modello di qualità ECOlab nell attuale assetto si riportano a seguire gli andamenti di alcuni parametri macrodescrittori in definite sezioni del tratto di fiume simulato. Andamento del NH 4 nella sezione alla progressiva 2850 del tratto fluviale del Crati in esame per lo scenario con DMV, con Q d =20 m 3 /s, nel periodo

227 Processo di reareazione nella sezione alla progressiva 2850 del tratto fluviale del Crati in esame per lo scenario con DMV, con Q d =20 m 3 /s, nel periodo Consumo di ossigeno causato dalla respirazione delle piante, nella sezione alla progressiva 2850 del tratto fluviale del Crati in esame per lo scenario con DMV, con Q d =20 m 3 /s, nel periodo

228 Processo di nitrificazione del tratto fluviale del Crati in esame per lo scenario con DMV, con Q d =20 m 3 /s, nel periodo Profilo longitudinale dell andamento del NH 4 in un preciso istante della simulazione per il tratto di Crati oggetto di studio I grafici e le tabelle evidenziano la notevole potenzialità descrittiva dei processi chimico-fisici presentata da ECOlab. Avendo a disposizione una adeguata caratterizzazione del tratto fluviale con sezioni topografiche, valori di scabrezza, e un database informativo sulla locazione e la tipologia degli scarichi con valori di carichi 220

229 inquinanti prodotti e sversati nel corso d acqua, è possibile avere risultati precisi ed affidabili. Con un modello ECOlab adeguaamente tarato sarebbe inoltre possibile calibrare il modulo Water Quality del modello MIKE BASIN in modo da estendere il dettaglio informativo anche a tratti fluviali di cui non si conoscono le geometrie. Da non trascurare anche i differenti tempi computazionali dei due modelli per cui è preferibile un approccio con il codice MIKE BASIN (molto meno oneroso) per la pianificazione di azioni di riequilibrio, attraverso il confronto di più scenari riservando l applicazione specialistica di ECOlab ai soli tratti di taratura o soggetti a criticità qualitative. Osservazioni conclusive L applicazione sperimentale di modellistica numerica finalizzata alla valutazione del bilancio idrico risorsa/utilizzi e dello stato chimico dei corsi d acqua, di supporto all analisi delle regole di rilascio del deflusso minimo vitale, ha fornito le indicazioni principali sotto sintetizzate. Per quanto riguarda le problematiche specifiche dei tratti di corso d acqua analizzati si evidenzia quanto segue. Fiume Crati I carichi inquinanti prodotti dal bacino a monte del tratto di studio e i carichi riferibili al bacino residuo lungo il tratto stesso, per quanto valutabili in base ai dati conoscitivi disponibili, sono troppo elevati per consentire azioni di riequilibrio efficaci attraverso il solo rilascio del DMV. In particolare, le stesse portate rilasciate presentano concentrazioni di inquinanti tali da non apportare significativi benefici allo stato chimico del corso d acqua nel tratto di analisi. I benefici riscontrabili si riferiscono a situazioni stagionali di particolare criticità per i defluissi di magra (periodo estivo) e a particolari parametri (fosforo, nitrati), mentre per altri parametri e altri contesti idrologici l effetto delle portate residue rilasciate in testata al tratto in studio può addirittura essere peggiorativo. Gli effetti autodepurativi valutabili lungo il corso d acqua, pure significativi in termini di incidenza percentuale sulle concentrazioni di inquinanti, non sono tali da spostare il livello qualitativo del fiume (con riferimento al protocollo di valutazione del livello di inquinamento dei macrodescrittori del D. Lgs. 152/99). Con questo quadro di riferimento non sono ipotizzabili azioni di riequilibrio dello stato chimico del corso d acqua basate esclusivamente sulla regola di rilascio del DMV, prescindendo da un concomitante adeguato piano di risanamento dei carichi inquinanti. 221

230 Nell ambito dell analisi modellistica sono state svolte specifiche simulazioni di scenario finalizzate a supportare la valutazione dell entità complessiva di tale azione di risanamento in grado di riprodurre un significativo incremento del livello di qualità chimica del corso d acqua. Quanto sopra osservato è fortemente condizionato dall attuale stato conoscitivo delle pressioni antropiche riferibili al comparto chimico: a monte di valutazioni di maggior dettaglio è opportuna una indagine approfondita a scala locale finalizzata alla caratterizzazione degli scarichi civili/industriali/zootecnici e dei carichi distribuiti dovuti ad attività agricole e al dilavamento dei suoli. Con un quadro di dati conoscitivi adeguato, in grado di risolvere le lacune evidenziate dal presente studio sarà possibile definire, con il supporto dell analisi modellistica, il piano d azione per il risanamento e il riequilibrio dello stato qualitativo del corso d acqua sotto il profilo chimico-fisico. 222 Fiume Coscile Lo stato qualitativo di questo corso d acqua valutabile in base ai dati conoscitivi disponibili è significativamente migliore rispetto al Crati e si attesta sui livelli 2-3 di inquinamento dei parametri macrodescrittori ex D. Lgs. 152/99. I prelievi idrici simulati comportano in alcune situazioni un peggioramento dello stato chimico, che viene riequilibrato dal rilascio del DMV. Per quanto riguarda gli aspetti metodologici emergenti dall analisi svolta in merito all utilizzo del modello numerico di supporto, esportabili ad ambiti idrografici diversi dal presente caso applicativo si segnala quanto segue: Il modello di bilancio idrico (MIKE BASIN) è agevolmente applicabile in tutte le situazioni in cui l analisi degli effetti dei rilasci va effettuata su schemi idrografici interessati da una pluralità di nodi riferibili ad apporti naturali e/o a effetti antropici (prelievi/scarichi), in associazione con un adeguato modello idrologico in grado di produrre le serie cronologiche di deflussi in input al sistema. In questo assetto il modello di bilancio è in grado di trasferire l informazione idrologica in tutti i nodi di interesse, tenendo conto degli apporti e delle sottrazioni di portata alla rete e delle regole di gestione dei rilasci ambientali e degli utilizzi. Il modello qualitativo può essere attivato in tutti i casi in cui, a fronte di uno schema idrografico articolato come nel punto precedente, si manifestino criticità qualitative tali da richiedere interventi (in termini di specifici adattamenti della regola di rilascio del DMV e di eventuali azioni di risanamento complementari)

231 per conseguire gli obiettivi di stato ambientale prefissati. Il modello qualitativo può essere attivato a diversi livelli di dettaglio, dal modulo di base (Water Quality) integrato in MIKE BASIN ai vari schemi applicativi di ECOLab, in funzione dell entità e grado di complessità delle problematiche da affrontare e dei dati conoscitivi disponibili. In linea generale è opportuno privilegiare l applicazione estensiva del modello W.Q. di MIKE BASIN riservando l utilizzo di ECOLab ai tratti con maggiori problematiche o a tratti campioni finalizzati alla taratura dei parametri di W.Q. Le applicazioni standard dei modelli esemplificate nel quadro di simulazioni eseguite nel presente studio, consentono la rappresentazione dello stato qualitativo conseguente ai diversi scenari di rilascio del deflusso minimo vitale e la valutazione dell incidenza dei rilasci stessi in rapporto agli obiettivi di qualità. Esse consentono inoltre la caratterizzazione della capacità autodepurativa dei corsi d acqua e la simulazione di azioni di risanamento in grado di incidere sull assetto dei carichi inquinanti in input ai modelli. Per consentire la corretta applicazione dei modelli qualitativi è opportuno disporre di un quadro conoscitivo adeguato, oltre che per gli aspetti idrologici anche per le pressioni antropiche (utilizzazioni, scarichi) gravanti sui corsi d acqua in esame. Nel caso di applicazione dei moduli qualitativi è inoltre opportuno eseguire una o più campagne di monitoraggio finalizzate alla taratura dei modelli, comprendenti misure di portata e contestuali prelievi e analisi cliniche, eseguiti in sezioni di riferimento strategiche e con procedure adattate alle condizioni di corrivazione dei corsi d acqua e, quando significativo, alle variazioni orarie/giornaliere degli scarichi (eventualmente con il ricorso a campionatori automatici). I risultati di base del modello di bilancio idrico (serie cronologiche delle portate nei nodi di interesse derivanti dai diversi scenari di simulazione) e del modello idrodinamico di supporto a ECOLab, possono essere utilizzati, oltre che per attivare i modelli qualitativi come esemplificato nel presente studio, anche a supporto della valutazione degli indicatori standard dell analisi sperimentale del DMV relativi agli aspetti biologici e idromorfologici, quali: - andamenti, al variare della portata, dei parametri idraulico-strutturali (profondità, velocità, area liquida, contorno bagnato, numero di Froude, e relativi indici statistici); - parametri idraulici biologicamente trasformati (area disponibile ponderata ADP- e relative variabili derivate ex metodo dei microhabitat); 223

232 - entità e persistenza dei livelli spondali nei diversi scenari in rapporto all assetto vegetazionale delle fasce ripariali; - entità, distribuzione e persistenza delle aree bagnate in relazione alla diffusione delle macrofite acquatiche. 224

233 7. Mappatura delle falde in base a criteri di qualità La disponibilità di risorse idriche abbondanti e sicure per il consumo umano è una questione ambientale chiave per il secolo corrente. Sia le quantità d acqua minacciata, ad esempio, da cambiamenti climatici, che la qualità dell acqua, costantemente sotto pressione nei paesi industrializzati e in via di sviluppo, sono aspetti fondamentali del problema. In effetti, la qualità dell acqua di fatto controlla anche la quantità di acqua, dal momento che acqua di bassa qualità è effettivamente acqua inutilizzabile. Le acque sotterranee sono il più grande corpo di acqua dolce in seno all Unione europea e anche una fonte importante dell approvvigionamento pubblico di acqua potabile. Come tale, le acque sotterranee sono una preziosa risorsa e devono essere protette dall inquinamento. Un passo fondamentale in questa direzione è la valutazione della vulnerabilità dei corpi idrici sotterranei (acquiferi). Due aspetti dell ambiente fisico definiscono la vulnerabilità degli acquiferi: le attività di uso del territorio che si svolgono in superficie e che possono influire sulla qualità delle acque sotterranee, e le caratteristiche fisiche e geologiche della zona vadosa e dell acquifero che può offrire una protezione dagli agenti inquinanti. L uso del suolo e la sensibilità dell acquifero sono termini assoluti che possono essere facilmente definiti attraverso l osservazione e l indagine fisica. Sono riuniti per definire un termine relativo che viene utilizzato per qualificare il rischio reale di una falda acquifera dato: vulnerabilità. Una valutazione della vulnerabilità definisce il rischio di una falda acquifera in base alle caratteristiche fisiche della zona vadosa e di falda e la presenza di potenziali fonti di contaminazione. Questo può essere uno strumento importante per le comunità e proprietari di pozzi privati interessati a proteggere la redditività a lungo termine della loro fonte di acqua potabile. L attuazione della pianificazione territoriale o zonizzazione basata sulla vulnerabilità degli acquiferi può prevenire la contaminazione degli acquiferi localizzando potenziali fonti inquinanti in aree di sensibilità falda molto bassi. Valutare la vulnerabilità degli acquiferi è il primo passo verso una gestione attenta delle risorse idriche sotterranee. Attuazione di strategie di protezione delle acque sotterranee possono migliorare la qualità a lungo termine di un acquifero e sensibilizzare l opinione pubblica alla problematica delle acque sotterranee. Uno degli aspetti che maggiormente impattano la disponibilità di acqua dolce di buona qualità in un ambiente a rischio quale il bacino del Mediterraneo è il fenomeno dell intrusione salina in acquiferi costieri. Questo fenomeno è spesso causato dall eccessivo emungimento di acqua dolce dagli stessi acquiferi, spesso localizzati in zone aride o semi-aride e quindi in presenza di una ridotta ricarica naturale degli acquiferi stessi. D altra parte, proprio per le caratteristiche di criticità degli ambienti in questione, la messa a rischio delle risorse idriche sotterranee è un fenomeno particolarmente serio. 225

234 In pratica, la valutazione di entrambi gli aspetti che contribuiscono alla vulnerabilità degli acquiferi (uso del suolo e caratteristiche fisiche di falda/zona vadosa) dipende totalmente dalla nostra comprensione della geologia, geometria, ed idrogeologia del corpo idrico sotterraneo e di ciò che lo circonda. Molto opportunamente, la Direttiva Quadro sulle acque 2000/60/CE (art. 5 e allegato II, punto 2) prevede che i corpi idrici sotterranei siano caratterizzati sulla base degli aspetti di cui sopra. In particolare, la sezione 2.2 richiede che la caratterizzazione comprenda, se necessario, informazioni su: - le caratteristiche geologiche del corpo idrico sotterraneo, compresi l estensione e il tipo delle unità geologiche - le caratteristiche idrogeologiche del corpo idrico sotterraneo, compresi la conduttività idraulica, la porosità e il confinamento - le caratteristiche dei depositi e dei terreni superficiali situati nel bacino idrografico da cui il corpo idrico sotterraneo si ricarica, compresi lo spessore, la porosità, la conduttività idraulica e le proprietà assorbenti dei depositi e dei terreni - caratteristiche di stratificazione delle acque sotterranee all interno del corpo idrico sotterraneo - un inventario dei sistemi superficiali connessi, compresi gli ecosistemi terrestri ei corpi idrici superficiali con cui il corpo idrico sotterraneo ha una connessione dinamica - le stime delle direzioni e delle velocità di scambio dell acqua fra il corpo idrico sotterraneo ei sistemi superficiali connessi - dati sufficienti per calcolare il lungo termine, tasso medio annuo di ricarica globale, caratterizzazione della composizione chimica delle acque sotterranee, con indicazione dei contributi derivanti dall attività umana Viene proposto nel seguito l utilizzo di tecniche innovative non invasive accoppiate con funzionalità di modellazione avanzata, con lo scopo di integrare i metodi idrologici e idrogeologici tradizionali nel fornire un quadro completo della geometria, la geologia e gli aspetti idrogeologici di un corpo idrico sotterraneo. La caratterizzazione degli acquiferi mirata a valutazione di vulnerabilità è al centro di queste linee guida. L obiettivo è specificamente di rispondere alle domande elencate nella già citata sezione 2.2 dell allegato II della direttiva quadro sulle acque (WFD) 2000/60/CE. Anche se apparentemente semplici, a quelle domande difficilmente può essere una risposta soddisfacente usando solo i metodi idrogeologici tradizionali che sono comunemente adottati dai professionisti in applicazioni pratiche. Nella maggior parte dei casi, questi metodi tradizionali possono dare informazioni accurate su scala 226

235 molto locale, mentre una eccessiva soggettività è messa in campo nell integrare tali dati in una visione globale del problema, con le conseguenti risposte alle domande nella sezione 2.2. Infatti, tradizionalmente gli studi idrogeologici: - fanno molto affidamento sulle informazioni da foro per la caratterizzazione della struttura del sottosuolo, in generale sulla base di log di perforazione e di un numero molto limitato di carote e campioni - interpolano le stratigrafie dei pozzi esistenti cercando di colmare le lacune di informazione e costruire modelli concettuali del sottosuolo che sono compatibili con le informazioni puntuali - utilizzano gli stessi pozzi come punti di monitoraggio per la misurazione della superficie piezometrica e come punti di prelievo dei campioni - utilizzano gli stessi pozzi per le prove idrauliche della zona satura - usano dati chimici derivati dall analisi delle acque campionate, compresi quelli relativi ad isotopi radioattivi e stabili, per trarre conclusioni sulla provenienza dell acqua e sul tempo di permanenza nel sistema - utilizzano occasionalmente dati geofisici (ad esempio tomografie elettriche da superficie - ERT) per cercare ottenere la geometria dei corpi idrici sotterranei e la loro relazione con le formazioni limitrofe - usano occasionalmente modelli di flusso delle acque sotterranee e modelli di trasporto, costruiti su dati sparsi, per prevedere il comportamento dei sistemi delle acque sotterranee in condizioni naturali o di forzanti artificiali Si noti che in conseguenza di tale approccio, l idrogeologia tradizionale: - ha una limitata conoscenza della zona vadosa e in particolare delle sue dinamiche - ha praticamente nessuna informazione sui tassi di effettiva ricarica delle falde - ha una conoscenza molto limitata delle caratteristiche del suolo - ha scarsa conoscenza caratteristiche idrauliche della falda, e in particolare della loro variabilità spaziale e della direzione e dell intensità dei flussi - ha scarsa o nessuna conoscenza delle interazioni tra acque superficiali e sotterranee 227

236 Tutte le limitazioni di cui sopra rappresentano un problema drammatico per l attuazione pratica della direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE con particolare riguardo all affidabilità delle informazioni raccolte. È purtroppo molto facile costruire sistemi di informazione geografica che, apparentemente, forniscono informazioni puntuali sulle grandi aree regioni, ad esempio: lo spessore del suolo, la permeabilità del suolo, etc. Purtroppo questi prodotti si basano su piccoli insiemi di dati da misurazioni puntuali che sono interpolati su grandi aree. In queste linee guida proponiamo alcune tecniche ed approcci integrati che possono aiutare le tecniche idrogeologiche tradizionali e contribuire ad un sostanziale passo in avanti verso il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla direttiva quadro sulle acque. Queste tecniche sono fortemente multi-disciplinari, e possono comodamente essere raggruppate in base al loro obiettivo pratico di una determinata area di applicazione. L analisi su modello ha lo scopo di mettere in luce i meccanismi di ricarica degli acquiferi e i rapporti esistenti tra acque superficiali e acque sotterranee. Recenti studi riportati in letteratura indicano chiaramente come tale risultato possa essere opportunamente conseguito considerando il bacino idrografico nel suo insieme suolo sottosuolo, descrivendo le diverse variabili di interesse (portata alla sezione di chiusura, caratteristiche geofisiche e idrogeologiche, livello di falda, contenuto d acqua del terreno, etc.) mediante l uso di strumenti numerici che considerano l interazione fra il deflusso superficiale e quello sotterraneo (modelli accoppiati). Inoltre, recenti sviluppi scientifici e tecnologici permettono di definire tecniche innovative per l interpretazione di prove con traccianti con misure geolettriche in pozzo al fine di definire localmente la distribuzione spaziale di permeabilità e conducibilità idraulica dell acquifero. Tali proprietà, a priori incognite, influenzano infatti le modalità di evoluzione dell immissione di soluto in falda. Analogamente, sono disponibili tecnologie innovative per la mappatura in situ dei fenomeni d intrusione salina tramite campagne d indagini di tipo geofisico. La presente proposta trova quindi motivazione pratica nelle prescrizioni legislative vigenti, che stabiliscono anche un termine per il conseguimento degli obiettivi di qualità definiti nella stessa normativa. In tale direzione è sviluppata l ipotesi di lavoro di seguito descritta, che individua, dal punto di vista metodologico, i seguenti obiettivi generali: 1. Valutazione congiunta della quantità e della qualità chimico-fisica dei corsi d acqua e della qualità idromorfologica 2. Sviluppo di azioni di studio e monitoraggio per la mitigazione del rischio di contaminazione della falda e per la conseguente gestione degli acquiferi. 228

237 7.1 Calibrazione dei modelli d interazione fra acque sotterranee e acque superficiali Molti ricercatori hanno recentemente riconosciuto l'importanza delle interazioni tra acque superficiali e acque sotterranee per una corretta descrizione dei processi idrologici alla scala di bacino (e.g., Kollet S.J. and Maxwell R.M., 2006). Di conseguenza molti sforzi si sono concentrati nello sviluppo di modelli numerici accoppiati che, insieme a studi sperimentali di campo e laboratorio, hanno evidenziato come sia necessario considerare il bacino idrografico nel suo insieme suolo-sottosuolo per una migliore determinazione delle variabili di interesse (livello di falda, contenuto d'acqua del terreno, ma anche portate superficiali, etc.). In questo contesto l'eterogeneità delle proprietà idrauliche degli acquiferi naturali, soprattutto per quanto riguarda la conducibilità idraulica, riveste un ruolo determinante, in particolare per la previsione e/o la ricostruzione dell'evoluzione di processi inquinanti e gestire di conseguenza in modo integrato la protezione delle diverse parti del bacino idrografico (i.e., sistema acquifero, aree di ricarica, punti di presa superficiale e sotterranea, etc.). La deduzione dei parametri idraulici da prove in situ e/o il prelievo di campioni da analizzare in laboratori, risulta però una pratica oltremodo onerosa. Di conseguenza la conoscenza dei parametri idraulici risulta di fatto limitata, con incertezze rilevanti che si riflettono nei risultati delle previsioni modellistiche, limitandone l'applicabilità ai casi di pratico interesse. I modelli idrologici possono trarre grande beneficio dall'utilizzo di algoritmi di assimilazione di dati, i quali permettono di aggiornare lo stato di un sistema incorporando nella soluzione del modello stesso informazioni derivanti da misure sperimentali di qualsivoglia grandezza coinvolta nel processo in esame mano a mano che queste si rendono disponibili (e.g., Margulis S.A. et al., 2002; Aubert D. et al., 2003). Fra le numerose tecniche di assimilazione di dati, l'ensemble Kalman filter (EnKF) (Evensen G., 2003) estende, tramite l'utilizzo di un approccio Monte Carlo, la classica tecnica del filtro di Kalman al caso di problemi non-lineari. Fornisce inoltre informazioni riguardo l'incertezza delle variabili di interesse e sembra prestarsi particolarmente bene alla stima ottimale dei diversi parametri del sistema, fra i quali anche i momenti in grado di descrivere la variabilità spaziale della conducibilità idraulica nel sottosuolo (Chen J. and Zhang W., 2006). Risultando quest'ultima di fondamentale importanza non solo per descrivere l'evoluzione di processi inquinanti, ma anche la formazione dei deflussi superficiali a scala di versante. Una procedura di assimilazione dati a carattere sequenziale basata sull algoritmo ensemble Kalman Filter (EnKF) è stata implementata in un modello numerico che tratta in modo accoppiato i deflussi superficiali e le acque di falda (Camporese M. et al., 2009). 229

238 Tale modello (CATchment HYdrology, CATHY) descrive il movimento dell acqua nelle formazioni porose risolvendo nel caso tridimensionale l equazione di Richards, considerando quindi sia la fase satura che quella non satura, mentre il deflusso superficiale è descritto per mezzo di un semplice modello cinematica (Camporese M. et al., 2010). Scopo dello studio è verificare come l assimilazione di misure sporadiche (nello spazio e nel tempo) relative a piezometria, contenuto volumetrico d acqua, portate in una o più sezioni di controllo, possano migliorare la descrizione della risposta idrologica in termini di deflusso sotterraneo e superficiale. Il bacino è considerato soggetto a forzanti naturali (precipitazioni ed evapotraspirazione) le cui misure possono essere affette da errore, come pure è incerta la caratterizzazione delle caratteristiche idrauliche (e.g. conducibilità idraulica) delle formazioni porose. Per prima cosa è stata sviluppata una dettagliata analisi di un semplice caso relativo ad una colonna verticale di terreno con lo scopo di validare l implementazione del modello e verificare l influenza che i diversi termini in gioco potevano avere sulle prestazioni dell algoritmo di assimilazione dati. I risultati relativi a tale primo caso test mostrano come l algoritmo EnKF sia effettivamente in grado di restituire il corretto profilo del contenuto d acqua dall acquisizione anche dei soli dati di pressione e di contenuto volumetrico d acqua superficiale. Inoltre il metodo si dimostra numericamente stabile al variare della dimensione del numero delle realizzazioni (dimensione dell ensemble) considerate nel procedimento EnKF, restituendo stime accurate anche per dimensioni relativamente limitate dell ensemble. Per valutare gli effetti indotti dalla frequenza di assimilazione e dalla assimilazione di quantità diverse (deflussi superficiali e piezometrica) sono state sviluppate numerose simulazioni completamente tridimensionali in un piccolo bacino sintetico, della superficie totale di km 2 e suddiviso in due versanti piani, la cui altimetria è riportata nel modello di elevazione digitale del terreno di figura 64. Lo spessore del materasso alluvionale è pari a 3 m, caratterizzato da conducibilità idraulica satura K= m/s e capacità d immagazzinamento specifico S s = m -1. La condizione vera di confronto è ottenuta assumendo come condizione iniziale la superficie freatica alla quota -0.5 m rispetto il piano campagna. Le forzanti idrologiche sono: precipitazione pari a 10.8 mm/h da t=0 a t=1.5 h, evaporazione pari a mm/h da t=1.5 a t=4.0 h. Tali condizioni iniziali e al contorno sono nelle simulazioni diversamente alterate, simulando un eventuale errore, per analizzare l abilità del modello di interazione fra acque superficiali e sotterranee accoppiato con la tecnica di assimilazione dati nel ricostruire la condizione vera. 230

239 Fig Altimetria in m s.m.m. del bacino sintetico utilizzato nelle simulazioni. Le crocette corrispondono alle posizioni dove sono disponibili le misure di piezometrica, mentre il cerchio bianco indica la sezione di chiusura del bacino dove è misurata la portata I risultati salienti riassunti nelle figure 65 e 66 mostrano che la previsione delle portate superficiali è accurata quando vengano assimilate sia entrambe le informazioni relative al deflusso superficiale e alla piezometrica, sia considerando le stesse singolarmente. Al contrario, l assimilazione dell una o dell altra di tali quantità fatta singolarmente, non restituisce soddisfacenti riproduzioni dei volumi d acqua in sotterraneo e della loro distribuzione spaziale. Un elevata frequenza di acquisizione (in relazione ai tempi caratteristici di formazione della piena nel bacino) dei dati da assimilare, risulta particolarmente utile quando vengano acquisite entrambe le informazioni relative alla piezometria e alla portata: complessivamente risulta comunque chiaro come l utilizzo della tecnica EnKF assieme ad un modello accoppiato di deflusso superficiale e profondo permetta di assimilare con successo dati di portata e/o piezometria, restituendo un andamento dei deflussi superficiali e profondi che si avvicina di molto a quella che è il "reale" (sinteticamente simulato). 231

240 Fig Volumi d acqua immagazzinati nel sottosuolo (sulla desta) idrogrammi di piena in uscita dal bacino (sulla sinistra). Confronto fra il reale andamento idrologico (true), l evoluzione del sistema ricostruita senza (open loop) e con assimilazione dati (a tratteggio), ottenuta assimilando valori di piezometria ( ) e/o di portata allo sbocco (Q) a diversi intervalli temporali (H: ogni 15 min, L: ogni 60 min). Rispetto l andamento reale, si ipotizza che l evoluzione ricostruita sia soggetta ad errore sulle condizioni al contorno, alterate dimezzando l intensità di precipitazione e raddoppiando quella di evapotraspirazione rispetto al caso reale 232

241 Fig Volumi d acqua immagazzinati nel sottosuolo (sulla desta) idrogrammi di piena in uscita dal bacino (sulla sinistra). Confronto fra il reale andamento idrologico (true), l evoluzione del sistema ricostruita senza (open loop) e con assimilazione dati (a tratteggio), ottenuta assimilando valori di piezometria ( ) e/o di portata allo sbocco (Q) a diversi intervalli temporali (H: ogni 15 min, L: ogni 60 min). Rispetto l andamento reale, si ipotizza che l evoluzione ricostruita sia soggetta ad errore sulle condizioni iniziali, alterate riducendo uniformemente a m la quota della falda rispetto il piano campagna 233

242 Dall analisi emerge chiaramente che la corretta identificazione dello stato sotterraneo del bacino permette anche un miglioramento nella previsione dei deflussi superficiali mentre non è in genere vero il contrario. Un ulteriore studio si focalizza sul caso del Brisy catchment, un piccolo bacino (4.64 km 2 di superficie) in Belgio, per analizzare a confronto le prestazioni di due diverse tecniche di assimilazioni dati (nudging e ensemble Kalman Filter) implementate nel modello numerico che tratta in modo accoppiato i deflussi superficiali e le acque di falda precedentemente descritto. Il primo dei due metodi, il nudging, è facile da implementare e comporta un minore onere computazionale, ma la sua abilità nel ricostruire la reale condizione del bacino è fortemente influenzata dal numero dei punti di monitoraggio disponibili sul bacino. In particolare si è dimostrato come l assimilazione contenuto volumetrico d acqua e dell altezza di falda migliora solo localmente, in prossimità dei punti di osservazione, la ricostruzione del deflusso sotterraneo. Di conseguenza, l idrogramma superficiale non viene correttamente ricostruito senza poter disporre di un elevato numero di punti di osservazione, venendo altrimenti sottostimato il volume d acqua sotterraneo (almeno nelle condizioni di bacino insaturo analizzato nelle simulazioni prese in considerazione nel lavoro). Modificare le funzioni di peso del nudging, porta a correlazioni spurie tra i risultati relativi a posizioni caratterizzate da un differente dinamica di processo, e un miglioramento nella ricostruzione dei volumi sotterranei è possibile solo a costo di un maggior onere computazionale. Miglioramenti alle prestazioni del nudging possono ottenersi dall utilizzo delle strutture di covarianza dedotte dall ensemble Kalman Filter per definire opportunamente le funzione di peso. A fronte di ciò, l ensemble Kalman Filter è più oneroso dal punto di vista computazionale, ma offre prestazioni complessivamente migliori nella ricostruzione della reale evoluzione idrologica del bacino. Tale vantaggio risulta dipendente dalle matrici di covarianza utilizzate dal metodo che tengono automaticamente conto della correlazione fisica che esiste fra le proprietà misurate in differenti punti del bacino. L assimilazione contemporanea di dati piezometrici fornisce una ricostruzione molto buona del deflusso superficiale e dei volumi sotterranei, mentre come già mostrato nel precedente lavoro la sola assimilazione delle portate alla sezione di chiusura del bacino, come pure l assimilazione del solo contenuto volumetrico d acqua o della sola piezometria, fornisce risultati deludenti in conseguenza del malcondizionamento delle matrici di covarianza fra la portata alla chiusura del bacino e i dati di piezometrica e di contenuto volumetrico d acqua. I risultati riportati in figura 67 mostrano le buone prestazioni del modello quando vengano assimilate la piezometria o il contenuto volumetrico d acqua con la tecnica EnKF, risultando altrimenti generalmente sottostimato il contenuto volumetrico d acqua in superficie (Camporese M. et al., 2010). 234

243 Fig Differenze rispetto il reale del contenuto volumetrico d acqua della superficie del bacino rilevate al termine della simulazione ottenute ricostruendo l evoluzione del sistema senza (open loop) e con assimilazione dati sviluppata con le tecniche del nudging Newtoniano (NN) e dell ensemble Kalman Filter (EnKF). Sono riportati i casi di assimilazione di piezometria ( ), di contenuto volumetrico d acqua in superficie ( ) e di portata (Q). Rispetto l andamento reale, si ipotizza che l evoluzione ricostruita sia soggetta ad errore sulle condizioni al contorno, alterate dimezzando l intensità di precipitazione e raddoppiando quella di evapotraspirazione rispetto al caso reale Una ulteriore applicazione del CATHY è stata sviluppata in relazione al bacino sperimentale di Settolo Valdobbiadene (TV) (Camporese M. et al., 2010a e 2010b). L area di studio è ubicata lungo la riva sinistra del fiume Piave, in località Settolo, nei pressi di Valdobbiadene (TV), e ha un estensione di circa 6 km 2 (Fig. 68). Tutta la zona, delimitata a Nord dalle pendici del Monte Cesen e a Sud-Ovest dalle pendici del Monte Grappa, è sede di importanti fenomeni di ricarica e notevoli sono gli scambi fra l acquifero e il fiume Piave, che sbocca dal bacino montano a valle della stretta di Fener. Per questa ragione, l Alto Trevigiano Servizi S.r.l., il consorzio che gestisce il servizio idrico per gran parte della provincia di Treviso (49 comuni, con una popolazione di abitanti e una domanda idrica di m 3 nell anno 2004), ha grande interesse per lo sfruttamento dell acquifero ad uso idropotabile e dal 2003 ha realizzato un pozzo per l estrazione di circa 200 l/s. Il terreno in cui è terebrato il pozzo ha superficie a quota 160 m s.m.m. circa, e il pozzo, parzialmente penetrante e del diametro di 600 mm, s infigge fino ad una profondità di circa 29 m, con parte finestrata compresa fra i 10 e i 27 m al di sotto del piano campagna. L acquifero è tuttavia molto 235

244 vulnerabile rispetto a possibili inquinamenti, in conseguenza dell elevata conducibilità idraulica (media) e della scarsa profondità della superficie freatica, fattori che comportano la necessità di provvedere ad un monitoraggio continuo dell area di interesse. Tale situazione ha permesso, anche grazie all attiva collaborazione del consorzio stesso, che garantisce un continuo supporto finanziario e logistico, l avvio di una estesa serie di attività sperimentali e modellistiche a diverse scale mirate a definire quantitativamente le caratteristiche eterogenee delle formazioni assieme all influenza delle condizioni al contorno e delle forzanti idrologiche. Fig Ubicazione del sito sperimentale di Settolo in Veneto (riquadro in alto a sinistra) e mappa con indicazione della stazione di misura del livello del Piave, dei pozzi di osservazione del livello di falda e delle linee geoelettriche sviluppate Sulla base delle conoscenze geologiche, delle evidenze dedotte dalle campagne geolettriche, dalle misure di piezometria e dalle prove di pompaggio sviluppate, si è schematizzato il bacino in cinque zone a diversa conducibilità idraulica (Fig. 69), cercando di riprodurre con CATHY i livelli piezometrici rilevati. 236

245 Fig Visualizzazione dell altimetria del bacino e schematizzazione areale delle cinque zone a diversa conducibilità idraulica presa in considerazione nelle simulazioni In tabella 66 sono riportati i parametri di ciascuna delle cinque zone in cui si è suddiviso il bacino utilizzati nelle simulazioni. zona Ks Ss (m/s) (m -1 ) (m 3 /m 3 ) (m -1 ) (/) (m 3 /m 3 ) 1# # * # * # parametri dedotti dalle carte geologiche e dalla letteratura * parametri dedotti dalle prove di pompaggio Tab Parametri utilizzati nelle simulazioni per ciascuna delle cinque zone in cui è schematizzato il bacino (Ks: conducibilità idraulica, Ss: immagazzinamento specifico, : porosità,, n, r : parametri della zona insatura secondo van Genuchten) n r I primi risultati delle simulazioni riportati nella figura 70 mostrano a confronto i valori dei livelli freatimetrici misurati e calcolati in sette diverse posizioni nell acquifero. 237

246 Fig Andamento delle forzanti idrologiche (precipitazioni e livelli del fiume Piave) e confronto fra i livelli freatimetrici misurati (linea punteggiata) e simulati (linea continua) nei pozzi di osservazione Pur essendo evidente una discreta concordanza dei valori calcolati con quelli misurati, l analisi richiede ulteriori indagini per migliorare la corrispondenza per i pozzi 4 e 6 in prossimità del rio de Funer (si veda figura 68) dove si manifestano le maggiori differenze. 7.2 Metodologie innovative per l interpretazione di test con tracciante salino Il trasporto di sostanze disciolte nelle acque sotterranee è uno dei più importanti meccanismi di controllo della migrazione di inquinanti nel sottosuolo. Il trasporto è fortemente controllato dalla eterogeneità delle formazioni naturali, che svolge un ruolo chiave in una varietà di scale. In particolare, la conduttività idraulica, uno dei parametri idrogeologici chiave, può variare fino a 13 ordini di grandezza considerando le diverse tipologie di terreni e formazioni. I processi di trasporto dei soluti sono quindi interessati da elevate eterogeneità delle proprietà idrauliche, con conseguente forte variabilità spazio-temporale delle concentrazioni che caratterizzano l evoluzione delle nuvole di soluto. Questo rende le tecniche di monitoraggio convenzionale, basato su pochi punti di prelievo idrico limitati nello spazio e nel tempo, spesso incapaci di cogliere la variabilità e la complessità dei processi di trasporto. Solo in presenza del controllo 238

247 (eccezionale) fornito dalle infrastrutture sviluppate su qualche ben caratterizzato sito di ricerca scientifica (e.g. MacKay D.M. et al., 1986; Molz F.J. et al., 1986; LeBlanc D.R. et al., 1991; Boggs J.M. et al., 1992; Kemna A. et al., 2002), è possibile avere abbastanza punti di campionamento (da molte decine a centinaia di campionatori multilivello) per ottenere un immagine dettagliata dell evoluzione spazio-temporale del soluto. Questi ben noti esperimenti sostanzialmente confermano i limiti dei metodi convenzionali di campionamento e la necessità di ulteriori informazioni. Negli ultimi anni, una sempre maggiore attenzione è stata rivolta ai metodi geofisici in grado di fornire informazioni dense nello spazio e nel tempo sull evoluzione dei pennacchi di soluto, in particolare durante le prove con traccianti salini (Vereecken H. et al, 2002;. Hyndman D. e Tronicke J., 2005; Rubin Y. e Hubbard S.S., 2005; Kemna A. et al., 2006;. Vereecken H. et al., 2006). Tecniche elettriche ed elettromagnetiche sono stati utilizzate prevalentemente per questi scopi, perché sono sensibili ai cambiamenti nella conducibilità elettrica della fase acquosa causata da traccianti salini, che sono spesso utilizzati per questo scopo. La salinità del tracciante non può superare alcuni grammi per litro per evitare gli effetti della gravità, ma queste concentrazioni sono, nella maggior parte dei casi, sufficientemente elevate per essere rilevabili con metodi ERT da pozzo e da superficie. Le tecniche tomografiche offrono la possibilità di costruire immagini del sottosuolo in due o tre dimensioni, che ben si adattano a rappresentare l evoluzione dei pennacchi di soluto. L ERT è stata la metodologia chiave applicata per la visualizzazione del moto di traccianti (Binley A. et al., 1996). In tutti i casi, e in contrasto con la caratterizzazione idrogeologica strutturale, in cui vengono esplorati le proprietà statiche del sottosuolo come, ad esempio, la definizione di limiti litologici, la stima della conduttività idraulica e la valutazione della eterogeneità degli acquiferi da cui dipendono le proprietà di trasporto richiedono il monitoraggio dei processi dinamici i quali sono associati a variazioni spazio-temporali delle variabili di stato nel sottosuolo. La mappatura e il monitoraggio dei processi di trasporto richiedono pertanto l applicazione di metodologie geofisiche in time-lapse che permettono all utente di distinguere tra gli effetti statici e dinamici. Le prime applicazioni (e.g. Bevc D. & Morrison H.F., 1991;. Daily W. et al, 1992, 1995; Binley A. et al., 1996;. Slater L. et al., 1997, 2000; Barker R. & Moore J., 1998) sono limitate alla rappresentazione del trasporto del soluto nel modo più accurato allora possibile. Anche se importanti, queste applicazioni non hanno potuto fornire stime dei parametri idraulici e della loro variabilità spaziale. Per quantificare i parametri idraulici del sottosuolo, è indispensabile fare uso di modelli idrologici. L utilizzo più opportuno dei dati geofisici provenienti dal monitoraggio del tracciante risiede nell accoppiamento con il modello idrologico interpretativo. Nel caso della zona vadosa, si considerino ad esempio Binley A. et al. (2002) e Deiana R. et al. (2007, 2008). In esperimenti con tracciante salino, la presenza del tracciante viene 239

248 rilevato mediante l identificazione con metodi geofisici elettrici o (di rado) elettromagnetici. I dati time-lapse corrispondenti vengono utilizzati come dati di concentrazione equivalente per dedurre i tempi e la posizione dell arrivo del tracciante. Utilizzando modelli di trasporto, tali dati possono essere direttamente interpretati in termini di parametri di trasporto, come la velocità del flusso e la dispersività. La recente letteratura su ERT in time-lapse applicata alle prove con traccianti salini segue questo percorso concettuale in diversa misura. Un semplice modello di trasporto convettivo- dispersivo è utilizzato da Slater et al. (2002) per interpretare i risultati di un monitoraggio ERT 3D in time-lapse di un test con tracciante in un serbatoio di medie dimensioni. Soluzioni analitiche approssimate per l equazione del trasporto sono adottate da Kemna A. et al. (2002) in termini di una classica soluzione 3D dell equazione del trasporto in un mezzo omogeneo equivalente. Tale modello è mirato ad identificare l effetto delle eterogeneità idrauliche sulle risultati immagini 2D ERT raccolte lungo un piano approssimativamente perpendicolare alla principale direzione del flusso. Vanderborght J. et al. (2005) effettuano uno studio sintetico per valutare la possibilità di stimare la dispersione a scala locale e la statistica spaziale della conducibilità idraulica a partire dai dati ERT. Il loro approccio è basato su una soluzione approssimata del primo ordine dell equazione stocastica di trasporto. Singha K. e Gorelick S.M. (2005) usano una classica equazione 3D convettivo-dispersiva per i loro modelli sintetici ed analizzano i loro risultati sperimentali e sintetici tramite un analisi dei momenti dei pennacchi risultanti, calcolando la dispersione tramite il tasso di variazione del momento spaziale del secondo ordine in funzione del tempo. L analisi ha evidenziato una grave sottovalutazione del recupero di massa del tracciante iniettato, pari al solo 25%. Questo risultato è qualitativamente simile a conclusioni in 3D su esperimenti nella zona vadosa negli esperimenti ERT di Binley A. et al. (2002), dove viene recuperato dalle immagini ERT circa il 50% della massa d acqua iniettata. Il problema è attribuito alla limitata risoluzione fornita da ERT lontano da elettrodi (Day- Lewis F.D. & Lane P.N.J., 2004; Day-Lewis F.D. et al, 2005). Questo fatto richiede una serie di possibili approcci per affrontare la risoluzione limitata dell ERT (Singha K. & Gorelick S.M., 2006a, 2006b; Singha K. & Moysey S., 2006). Tuttavia, l ottimismo circa il contenuto informativo di ERT time-lapse è prevalsa (Day-Lewis F.D. & Singha K., 2008; Pollock D. & Cirpka O.A., 2008; Singha K. et al, 2008, Moneto et al., 2010) e in effetti questa metodologia si conferma come uno strumento potenzialmente indispensabile per vedere il movimento dei soluti e dell acqua che li trasporta (e.g. Cassiani G. et al., 2006). Un approccio avanzato al problema è basato su una formulazione lagrangiana del trasporto e l uso di una tecnica di assimilazione dei dati (geofisici) basata su un ensemble Kalman Filter (EnKF). Questa tecnica è in grado di analizzare i dati ERT in time-lapse acquisiti durante gli esperimenti con tracciante salino. Partendo dal presupposto che il soluto si diffonde come un tracciante passivo, per valori elevati del numero di Peclet i momenti spaziali del pennacchio sono dominati dalla distribuzione 240

249 spaziale della conducibilità idraulica. L assimilazione di conducibilità elettrica permette l aggiornamento del vettore di stato del sistema, comprese le informazioni sulla distribuzione spaziale della conducibilità idraulica. Pertanto, questa metodologia consente allo stesso tempo la valutazione della concentrazione e la sua evoluzione nel tempo e la stima delle eterogeneità locali nella falda acquifera. Un approccio globale composto di prove con traccianti, acquisizione di dati ERT ed assimilazione di dati nel modello di trasporto stocastico, in ultima analisi può produrre stime della statistica spaziale del campo di conducibilità idraulica, che può quindi essere utilizzato per derivare realizzazioni equiprobabili della geometria dell acquifero. I modelli predittivi del conseguente trasporto consentono quindi la definizione delle zone di rispetto e di protezione attorno ai pozzi di produzione, come richiesto ad esempio dalla legge italiana (D.Lgs. n. 152, 3 aprile 2006). L approccio pratico a questa procedura richiede alcune considerazioni fondamentali: - scelta tra monitoraggio da superficie e monitoraggio da foro. Il monitoraggio in foro consente una risoluzione molto maggiore e risultati generalmente più attendibili, ma allo stesso tempo richiede la disponibilità di fori relativamente vicini (distanza non maggiore di circa 2/3 della profondità dei fori). Inoltre l informazione raccolta è strettamente applicabile solo alla zona considerata con ovvi problemi di estrapolazione all intera area di interesse. - valutazione della risoluzione e profondità di investigazione necessarie. Questa valutazione parte dalle necessità di caratterizzazione e impattano direttamente tutte le scelte tecniche e logistiche conseguenti. - valutazione della diluizione attesa per il tracciante e progettazione del test. Queste valutazioni devono essere basate sia sulle stime (a priori) delle caratteristiche di dispersione dell acquifero sia sulla consapevolezza che le limitazione intrinseche di risoluzione del metodo tenderanno a ridurre la capacità di ricostruire il bilancio di massa iniettata in modo adeguato. - valutazione delle tempistiche di acquisizione in time-lapse rispetto alle costanti di tempo del trasporto nella falda in questione. Ovviamente l acquisizione deve essere progettata in modo da essere in grado di seguire in modo adeguato la tempistica di evoluzione del pennacchio di tracciante. Questo potenzialmente anche a scapito della risoluzione spaziale ottenibile. Dal punto di vista dell utilizzo dei dati raccolti, questi possono essere integrati nella modellistica di flusso e trasporto in vari modi, ma sostanzialmente è possibile: - procedere all inversione dei dati geofisici e quindi alla loro traduzione tramite relazioni costitutive in stime indirette delle variabili di stato del sistema (p.es. 241

250 calibrazione POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con concentrazione). Queste stime a loro volta possono essere usate per calibrare direttamente il modello idrologico (Fig. 71) - derivare dal modello idrologico stime delle grandezze fisiche misurate tramite un modello diretto e le relazioni costitutive e quindi, tralasciando del tutto la fase dell inversione geofisica tradizionale, calibrare direttamente il modello idrologico sui dati geofisici raccolti (Fig. 72). relazioni costitutive petrofisiche (p.es. legge di Archie) e modello geofisico inverso modello idrologico parametri del modello (p.es. conduttività idraulica) quantità idrologica simulata (saturazione, concentrazione) calibrazione quantità idrologica misurata (saturazione, concentrazione) INVERSIONE IDRO-GEOFISICA dati geofisici misurati Fig Schema di inversione idrologico geofisica con modello geofisico inverso relazioni costitutive petrofisiche (p.es. legge di Archie) modello diretto modello idrologico parametri del modello (p.es. conduttività idraulica) quantità idrologica simulata (saturazione, concentrazione) quantità geofisica simulata (resitività elettrica) dati geofisici simulati INVERSIONE IDRO-GEOFISICA dati geofisici misurato Fig Schema di inversione idrologico geofisica con modello geofisico diretto 242

251 Entrambi gli approcci hanno pro e contro. In generale appare consigliabile percorrere, se fattibile, entrambe le strade e confrontare criticamente i risultati. Negli ultimi anni le tecniche geofisiche sono sempre più utilizzate per lo studio dei processi di trasporto in falda. Fra le altre, la tomografia elettrica con resistività (ERT) sembra rappresentare un interessante strumento per la caratterizzazione del trasporto di soluti in falda, potendo da essa ottenersi immagini tridimensionali dell evoluzione spazio temporale della nuvola di soluto. L applicazione dello schema logico illustrato in figura 71 prevede ad esempio lo sviluppo di due modelli di inversione. Quello più strettamente definibile geofisico prevede la deduzione di valori di concentrazione dall analisi ERT, ad esempio, di un test con traccianti. Per contro pare più consono i termine idrologico per il modello che, a partire da una distribuzione spaziale nota di conducibilità idraulica, porosità, ecc., simula il test con traccianti per ottenere l evoluzione nel tempo e nello spazio delle stesse concentrazioni. Le caratteristiche idrauliche e strutturali delle formazioni attraversate sono strettamente legate al processo convettivo dispersivo misurato e la conoscenza dell evoluzione spazio temporale della nuvola di soluto ottenuta dal modello geofisico inverso può risultare utile alla definizione di tali caratteristiche. La deduzione delle proprietà quali conducibilità idraulica, porosità, storatività, risulta di fatto complicata dall eterogeneità delle formazioni naturali, come pure l incerta conoscenza delle condizioni iniziali (distribuzione delle concentrazioni, campo di moto) relative all immissione di soluto che controlla la successiva evoluzione dei soluti. Per cercare di risolvere il problema, è stato sviluppato un modello Lagrangiano di trasporto che, accoppiato ad una procedura di assimilazione dati del tipo EnKF, permetta di acquisire le informazioni derivanti dall indagine ERT sviluppata in relazione a prove con traccianti. Le informazioni relative all evoluzione della nuvola di soluto, permettono di apportare successive correzioni alla distribuzione di conducibilità idraulica (inizialmente assegnata a caso). Allo stato attuale non disponendo ancora di una adeguata misura di campo, il solo modello di inversione idrologica è stato testato su casi sintetici. A partire da una distribuzione nota della conducibilità idraulica dell acquifero, è stata simulata una prova con traccianti, registrando a tempi prefissati la distribuzione delle concentrazioni nell acquifero, immaginando che tali informazioni possano essere dedotte da tecniche ERT su di un acquifero reale. Il modello accoppiato di trasporto Lagrangiano e assimilazione dati ha dimostrato di essere in grado di ricostruire, basandosi solo su tali informazioni, la distribuzione della conducibilità idraulica del caso reale con buona approssimazione. Il modello utilizzato è stato sviluppato mediante la combinazione di un modello di flusso e trasporto con quello di assimilazione dati. L acquifero in cui vengono sviluppate le simulazioni è artesiano, con porosità n nota e costante, e interessato da condizioni di moto stazionarie. Come descritto in Crestani et al. (2010), il trasporto 243

252 Lagrangiano è simulato mediante uno schema numerico ai volumi finiti accoppiato al post-processore di Pollock (Salandin et al., 2000). Indicata con l l unità di lunghezza, il dominio, cubico, ha dimensioni l 3, ed è discretizzato mediante una suddivisione regolare in 32 parti lungo ciascuna direzione. Le condizioni al contorno assunte sono: piezometrica imposta per x=0 e x=8l al fine di ottenere una cadente media J=0,6 nella direzione principale del moto, flusso nullo sulle rimanenti facce. Il campo di log-conducibilità Y=lnK di riferimento è generato (Deutsch e Journel, 1992) con valore atteso <Y>=0.025 e varianza =0.5, assumendo una struttura di correlazione esponenziale isotropa con scala integrale =l. Nello spaccato di figura 73 è riportata una rappresentazione grafica della distribuzione di riferimento della conducibilità idraulica. 2 Y Fig Andamento spaziale del campo di riferimento del logaritmo della conducibilità idraulica Y=lnK L iniezione istantanea del soluto nel pozzo è stata simulata rilasciando 1104 particelle distribuite uniformemente nel volume cilindrico di diametro 0.5l ed estensione verticale 5.7l centrato in x=0.875l e y=4.125l. La concentrazione, proporzionale al rapporto tra il numero di particelle presenti in un elemento del dominio e il numero totale di particelle immesse, è memorizzata ad otto istanti di tempo intervallati di 0.5t (t = τ U/l) e rappresenta le misure da assimilare. Nella figura 74 è mostrata l evoluzione del soluto attraverso quattro immagini corrispondenti agli istanti t=0, 1, 2 e 4. Per poter apprezzare la tridimensionalità del processo dispersivo, per ogni istante temporale sono riportate tre sezioni verticali (una 244

253 in asse al pozzo, e due discosti da questa della quantità 0.5 l) e una sezione orizzontale centrale rispetto l altezza del pozzo. t=0 t=1 t=2 t=4 Fig Evoluzione temporale delle misure di concentrazione in tre sezioni verticali (in asse con il pozzo,+0,5 l e -0,5 l rispetto quella in asse) e nella sezione orizzontale mediana. Sono riprodotti gli istanti t=0, 1, 2 e 4 245

254 La nuvola di soluto disperde principalmente in virtù della variabilità verticale della conducibilità idraulica, rimanendo sostanzialmente compatta nel piano, come è possibile osservare dalle sezioni verticali e orizzontali della figura 74. Allo scopo di valutare la capacità dell EnKF di riprodurre il campo di riferimento assimilando misure di concentrazione, è stata generata una distribuzione iniziale di Y con proprietà statistiche diverse rispetto al campo di riferimento, alterandone la varianza iniziale da 2 2 Y =0.5 a Y =0.7. Le misure di concentrazione sono perturbate con un rumore di caratteristiche assegnate per rappresentare l errore delle osservazioni assimilate che nel caso in esame è caratterizzato da una varianza pari a Inoltre il numero totale delle simulazioni Monte Carlo da cui ricavare le statistiche è stato fissato pari a N=2000. Alcune prove preliminari sviluppate variando il numero di realizzazioni Monte Carlo (Crestani et al., 2010), hanno infatti messo in luce come il valore N=2000 rappresenti per il caso in esame un buon compromesso fra accuratezza della soluzione e onere computazionale. Nella figura 75 sono riportate gli andamenti delle concentrazioni riprodotte dal processo lungo le stesse tre sezioni verticali e quella orizzontale già utilizzate nella figura 74 per descrivere le misure da assimilare. Ovviamente gli istanti presi in considerazione sono sempre t=0, 1, 2 e 4. Come risulta evidente, la distribuzione di concentrazione ottenuta con l applicazione dell EnKF è difficilmente distinguibile da quella di riferimento, a conferma dell abilità del metodo nel correggere con i successivi passi di aggiornamento le variabili oggetto di misura. Scopo dello studio, è però quello di verificare se anche le variabili non direttamente misurate, nello specifico i valori della log conducibilità Y, vengano aggiornati approssimando quelli del campo di riferimento. 246

255 t=0 t=1 t=2 t=4 Fig Evoluzione temporale della distribuzione ricostruita delle concentrazioni in tre sezioni verticali (in asse con il pozzo,+0,5 l e -0,5 l rispetto quella in asse) e nella sezione orizzontale mediana. Sono riprodotti gli istanti t=0, 1, 2 e 4 247

256 Nella figura 76 è riportato lo spaccato del campo di log conducibilità ottenuto dopo il processo di assimilazione agli istanti t=0, 1, 2 e 4. Dal confronto con la figura 77, risulta evidente l abilità dell approccio proposto nel riprodurre correttamente le zone a diversa conducibilità del campo di riferimento. La soluzione migliora dopo ogni passo di assimilazione e, per t=4, viene ad approssimare piuttosto bene la distribuzione di riferimento. t=0 t=1 t=2 t=4 Fig Distribuzione spaziale della conducibilità idraulica riprodotta nel corso della procedura di assimilazione dati in diversi istanti temporali (t=0, 1, 2 e 4) L EnKF individua la soluzione ottimale cercando di ridurre la varianza dell insieme delle realizzazioni, calcolata come: 2 N 1 ( 2 1,, ) Y i Yi n N n 1 N N n 1 Y i, n 2 248

257 essendo Y i,n il valore di log conducibilità assegnato all n-esimo nodo nell i-esima realizzazione. La figura 77 riporta i valori calcolati con la precedente relazione all istante iniziale e per i tempi t = 1, 2 e 4. t=0 t=1 t=2 t=4 Fig Distribuzione spaziale della varianza del campo di log conducibilità idraulica Y=lnK calcolato nel corso della procedura di assimilazione dati in diversi istanti temporali (t=0, 1, 2 e 4) Mentre per t = 0 la varianza risulta mediamente pari a quella imposta ( =0.75), essa si riduce progressivamente negli istanti successivi, in particolare nell intorno del plume. Risulta evidente come l area interessata alla riduzione della varianza corrisponda, nei diversi istanti di assimilazione, alla porzione del dominio interessata all evoluzione del soluto. Le modifiche indotte nelle aree non direttamente attraversate dal soluto, dove non si dispone di misure da assimilare, sono in qualche modo anch esse interessate dalla riduzione della varianza, anche se in misura minore, per effetto della correlazione spaziale del campo di conducibilità idraulica che viene in qualche misura mantenuta con l evolversi del processo. 2 Y 249

258 Nel complesso i risultati illustrati nella figura 78 dimostrano come l applicazione dell EnKF, cercando di riprodurre le grandezze misurate, riduca progressivamente l incertezza sui valori di Y inizialmente assegnati. Senza peraltro che tale fatto garantisca in assoluto la convergenza alla soluzione esatta, viene comunque fornita una descrizione più che soddisfacente del campo Y di riferimento. Fig Sito sperimentale di Settolo Valdobbiadene (TV). Area immediatamente prospiciente il pozzo BASE con ubicazione dei nuovi quattro piezometri (N4, N5, N6 e N7) fatti terebrare per il previsto sviluppo di prove con traccianti e monitoraggio ERT Chiaramente la condizione iniziale di partenza e l incertezza assunta sulle misure condizionano le prestazioni del metodo (si veda per una più estesa discussione Crestani E. et al.,2010) che necessita certamente di ulteriori indagini. Ciononostante il modello proposto sembra rappresentare uno strumento efficace per la stima della distribuzione della conducibilità idraulica alla scala locale. Per poter valutare le possibilità di applicazione ai casi reali anche di tali modelli, si sta provvedendo alla strumentazione e caratterizzazione dell area sperimentale precedentemente citata ed illustrata in figura 68. In particolare si è completata da poco la terebrazione di una ulteriore serie di 4 piezometri (N4, N5, N6 e N7) immediatamente a monte del pozzo BASE (Fig. 78) per lo sviluppo di prove con traccianti salini da monitorare con tecniche ERT. A tale scopo la disposizione dei pozzi è stata scelta concordemente alle considerazioni precedentemente sviluppate per monitoraggio da foro con la realizzazione di un triangolo equilatero formato dai pozzi N5, N6 e N7, con lunghezza del lato pari a circa la metà della profondità degli stessi. Il pozzo N4 servirà per l iniezione della concentrazione salina. 250

259 I risultati dedotti da queste ultime potranno essere interpretati anche con l utilizzo dei modelli precedentemente illustrati e basati su tecniche di assimilazione dati che integrano i risultati di prove geofisiche in foro con simulazioni Lagrangiane del fenomeno di trasporto. 7.3 Linee guida per la mappatura della salinità degli acquiferi con tecniche geofisiche L obiettivo fondamentale di queste linee guida è di dimostrare che un utilizzo equilibrato di diverse tecniche innovative, poco invasive, e l utilizzo dei loro risultati per vincolare modelli di flusso e trasporto a varie scale può contribuire ampiamente alla realizzazione di obiettivi pratici quali: la definizione delle zone di cattura dei pozzi per acqua la caratterizzazione delle eterogeneità che condizionano il trasporto di soluti in acquifero la definizione delle aree affette da intrusione salina negli acquiferi costieri In assenza delle tecniche innovative proposte, il raggiungimento degli obiettivi di cui sopra è pesantemente basato su tecniche invasive (pozzi) che possono fornire informazioni solo su zone limitate e spesso non riescono a fornire informazioni con la copertura spaziale necessaria per la caratterizzazione degli acquiferi. Le tecniche invasive, inoltre, sono ordini di grandezza più costose delle tecniche non invasive, a parità di obiettivi da raggiungere. Inoltre l integrazione di tecniche non invasive e modellistica rappresenta una soluzione estremamente conveniente dal punto di vista pratico ed economico. Solo la limitata conoscenza di queste tecniche che a tutt oggi esiste nell ambito professionale ostacola la loro applicazione corrente. L obiettivo principale di queste linee guida è quello di superare queste difficoltà contribuendo alla diffusione della conoscenza relativa a queste tecniche. In sintesi, la metodologia proposta si basa sull integrazione tra misure non invasive o minimamente invasive (idro-geofisiche), che offrono informazioni estese nello spazio e nel tempo, e modellistica idrologica distribuita alla stessa scala ed alla stessa risoluzione dei dati non invasivi. I dati geofisici possono essere raccolti a scale spaziali e temporali molto diverse. Le attività di idro-geofisiche a piccola scala in generale si concentrano sulla raccolta di dati ripetuti nel tempo (in time-lapse) in configurazione da foro (cross-hole) o da superficie, utilizzando tecniche che sono sensibili alle variazioni del contenuto di umidità e della concentrazione di soluto nelle (tramite GPR ed ERT). Questi dati, 251

260 raccolti in condizioni di forzanti naturali o durante esperimenti con traccianti specificatamente realizzati, possono essere utilizzati per la calibrazione dei modelli idrologici e, infine, per la valutazione della vulnerabilità degli acquiferi. La caratterizzazione geofisica su larga scala è invece generalmente basata su una combinazione di sismica a riflessione ad alta risoluzione integrata con misure elettromagnetiche su vasta scala, possibilmente su piattaforma aerea. Queste informazioni possono essere utilizzate principalmente per la caratterizzazione strutturale degli acquiferi, ad esempio per l individuazione di strati impermeabili che possono proteggere le falde acquifere dalla migrazione di contaminanti dalla superficie del suolo. Queste informazioni strutturali sono estremamente utili anche per alimentare l attività di modellazione idrologica di flusso e trasporto. Le metodologie elettromagnetiche ed elettriche in generale sono particolarmente indicate per l identificazione e la mappatura dell intrusione salina negli acquiferi costieri. La realizzazione di modelli idrologici di flusso e trasporto rappresenta un passo fondamentale nella sintesi delle conoscenze disponibili su un dato sito, e quindi nella verifica della coerenza di tali conoscenze o delle ipotesi relative con tutte le evidenze sperimentali. Questi modelli necessitano tutti di una grande abbondanza di dati nello spazio e nel tempo, e le tecniche idro-geofisiche sono in grado di contribuire alla disponibilità di datasets di questa dimensione. Per esempio è possibile sviluppare: (a) a scala locale, modelli di flusso e trasporto possono essere calibrati rispetto ai dati raccolti: il risultato di questo processo è la determinazione dei parametri chiave idrogeologico a scala di interesse, ad esempio, la conduttività idraulica; (b) a scala maggiore, modelli stocastici di flusso e trasporto, costruiti sulla base della geometria determinata utilizzando anche la geofisica su larga scala, e popolati con i parametri idrogeologici determinati a scala locale. I modelli a grande scala sono lo strumento di gestione della chiave da utilizzare per la valutazione della vulnerabilità delle acque sotterranee e la gestione delle risorse. Lo schema concettuale di questa procedura è sintetizzato in figura

261 Dati idrologici ed idrogeologici tradizionali Idrogeofisica a piccola scala Idrogeofisica a grande scala Integrazione di dati Modellistica stocastica di flusso e trasporto valutazione di vulnerabilità degli acquiferi Disseminazione Fig Schema concettuale dell integrazione dei dati idrogeofisici nella modellistica idrologica Identificazione dei parametri idraulici della zona satura. Il trasporto di sostanze disciolte nelle acque sotterranee è uno dei più importanti meccanismi di controllo della migrazione di inquinanti nel sottosuolo. Il trasporto in fase disciolta è anche un fattore chiave nei processi di bonifica dalla contaminazione: reazioni chimiche e biochimiche avvengono in fase acquosa, e il contatto tra i reagenti necessari e nel biota è controllato da trasporto. Il trasporto è fortemente controllato dalle eterogeneità geologiche, che svolgono un ruolo chiave ad una varietà di scale diverse. In particolare, la conduttività idraulica, il parametro idrogeologico chiave, può variare fino a tredici ordini di grandezza. I processi di trasporto dei soluti sono quindi interessati da eterogeneità, con conseguente forte variabilità spazio-temporale delle concentrazioni di soluto e tempi di residenza. Questo rende le tecniche di monitoraggio convenzionale, basate su pochi punti di campionamento, limitate nello spazio e nel tempo, spesso incapaci di cogliere la variabilità delle proprietà di trasporto, come pure la complessità dei processi di trasporto. In questi ultimi anni una crescente attenzione è stata rivolta ai metodi geofisici in grado di fornire informazioni dense nello spazio e nel tempo sull evoluzione dei pennacchi di soluto, specialmente durante le prove con traccianti. Per questi scopi sono state usate prevalentemente tecniche elettriche ed 253

262 elettromagnetiche, che sono sensibili alle variazioni di conduttività elettrica della fase acquosa causata da traccianti salini, i quali sono spesso utilizzati per questo scopo. La salinità del tracciante non può in genere superare un qualche grammo / litro, al fine di evitare effetti di affondamento dovuti alla gravità, ma queste concentrazioni sono comunque sufficientemente elevate per essere, nella maggioranza dei casi, rilevabili con metodi geofisici da superficie e da foro. Le tecniche tomografiche offrono la possibilità di ricostruire immagini del sottosuolo, in 2D o 3D, che ben si adattano a seguire l evoluzione nel tempo dei pennacchi soluto. La tomografia di resistività elettrica (ERT), in particolare, è stata la metodologia chiave applicata per l imaging di traccianti salini. In tutti i casi, e in contrasto con la caratterizzazione idrogeologica strutturale, dove vengono esplorate le proprietà statiche del sottosuolo (es. definizione di limiti litologici), la caratterizzazione del trasporto prevede il monitoraggio dei processi dinamici associati con le variazioni spazio-temporali delle variabili di stato sotto la superficie. La mappatura e il monitoraggio dei processi di trasporto, pertanto richiede l applicazione di metodologie geofisiche ripetute nel tempo (in time-lapse ) che permettono all utente di distinguere tra gli effetti statici e dinamici. Storicamente, le prime applicazioni sono state limitate a perfezionare per quanto possibile la produzioni di immagini attendibili relative alle dinamiche di trasporto. Anche se importanti, queste applicazioni non possono fornire stime quantitative dei parametri idraulici e la loro variabilità spaziale. Al fine di quantificare i parametri idraulici del sottosuolo, è indispensabile fare uso di modelli idrologici. L uso più completo dei dati geofisici provenienti dal monitoraggio del tracciante sarebbe quella di utilizzare tali dati per la calibrazione del modello idrologico. In esperimenti con tracciante, la presenza del tracciante viene rilevato mediante l identificazione con metodi geofisici elettrici o elettromagnetici. I dati corrispondenti in time-lapse sono utilizzate come dati di concentrazione equivalente per dedurre i tempi e la posizione del tracciante. In concomitanza con i modelli di trasporto, tali dati possono essere direttamente interpretati in termini di parametri di trasporto, come ad esempio la velocità del flusso e la dispersività. Mappatura dell intrusione salina negli acquiferi costieri. L intrusione salina è la penetrazione di acque salate nelle falde acquifere di acqua dolce. Molto spesso, è causato dall estrazione d acqua in zone costiere o dalla costruzione di canali di navigazione, che facilitano la penetrazione di acque saline nell entroterra particolarmente in periodi di magra dei corsi d acqua. Intrusione di acqua salata si verifica in quasi tutte le falde acquifere costiere, dove sono in continuità idraulica con il mare. Quando l acqua dolce è estratta a ritmi tali da superare la capacità di ricarica del sistema, si riduce il carico idraulico presente nel corpo di acqua dolce con la conseguente penetrazione di acque saline dal mare. Il fenomeno è diffuso in moltissime 254

263 aree del pianeta, particolarmente in climi aridi e semi-aridi. A causa della maggiore densità dell acqua marina rispetto all acqua dolce il tipico profilo di equilibrio tra i corpi di acqua dolce e salata lungo la costa è quello di un cuneo, con l acqua salata presente al di sotto di quella dolce, come descritto nel semplice modello di Ghyben- Herzberg (p.es. Verrjuit A., 1968). Il pompaggio dell acqua dolce non causa solo l abbassamento della superficie freatica ma provoca pure un innalzamento ( upconing ) dell interfaccia tra acqua dolce e salata, con conseguente contaminazione dell acquifero anche per migrazione verticale dell acqua salina. Per evitare questo fenomeno, devono essere adottati schemi di monitoraggio e modelli numerici per valutare quanta acqua può essere pompata senza causare tali effetti di intrusione salina. La modellistica di intrusione di acqua salata è considerata difficile. Alcune difficoltà tipiche che si presentano sono: L eventuale presenza di fratture e vie preferenziali nella falda acquifera, le cui precise posizioni sono sconosciute ma che hanno grande influenza sullo sviluppo della intrusione di acqua salata La possibile presenza di eterogeneità su piccola scala nelle proprietà idrauliche della falda acquifera, che sono troppo piccole sia per essere identificate dalle metodologie di indagine tradizionali, sia per essere esplicitamente modellate nella geometria del modello, ma che possono avere una grande influenza sullo sviluppo della intrusione di acqua salata Il cambiamento di proprietà idrauliche causate dell intrusione stessa di acqua salata. Ad esempio una miscela di acqua salata e acqua dolce è spesso sottosaturata rispetto al calcio, provocando lo scioglimento di calcio dalla matrice solida nella zona di miscelazione e la modifica delle proprietà idrauliche. Il processo noto come scambio di cationi, che rallenta l avanzata di una intrusione di acqua salata e rallenta anche il ritiro di un intrusione di acqua salata Il fatto che le intrusioni di acqua salata spesso non sono in equilibrio, rende il fenomeno più difficile da modellare. La dinamica degli acquiferi tendono ad essere lenta e ci vuole molto tempo perché il cuneo di intrusione si adatti ai cambiamenti in schemi di pompaggio, le precipitazioni, ecc. Quindi la situazione in campo può essere significativamente diversa da quanto ci si aspetterebbe in base al livello del mare, al sistema di pompaggio, ecc Per i modelli a lungo termine, i cambiamenti climatici futuri formano un grande incognita. I risultati del modello spesso dipendono fortemente dal livello del mare e il tasso di ricarica. Entrambi i fattori sono soggetti a possibili vasti cambiamenti nel futuro 255

264 Dal punto di vista del monitoraggio del fenomeno, considerata la grande o media scala a cui di solito si manifesta, è necessario considerare tecniche in grado di coprire a costi ragionevoli, e con sufficiente risoluzione, estensioni spaziali dell ordine delle decine di km fino a profondità che possono raggiungere parecchie centinaia di metri. Di fatto, queste tecniche sono relativamente poco numerose, e sono le stesse utilizzate in senso più generale per la caratterizzazione a grande scala dei corpi geologici che per le loro caratteristiche di permeabilità e porosità si possono classificare come acquiferi. La caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei di grandi dimensioni richiede, in linea di principio, che siano effettuate misure spazialmente estese che siano rappresentative dell intero volume occupato dalla falda acquifera. Questo requisito è, in pratica, raramente raggiunto. Come discusso in precedenza, l idrogeologia tradizionale basata principalmente su prove pozzo può trovare solo qualche interpolazione ragionevole tra stratigrafie da pozzo per cercare ottenere indicazioni sulla struttura degli acquiferi a grande scala. Un aiuto è dato dall utilizzo di tecniche geofisiche, che consentono di interpolare tra i fori con l ausilio di informazioni aggiuntive rispetto ai fori, ed avente sufficiente estensione e risoluzione spaziale. Per le falde acquifere di grandi dimensioni, però, i tradizionali metodi geofisici impiegati in idrogeologia non hanno la capacità di offrire immagini della struttura del sottosuolo su aree sufficientemente ampie ed a costi ragionevoli, ad una profondità sufficiente e con la risoluzione sufficiente. Negli ultimi anni, almeno due metodi hanno raggiunto la maturità sufficiente per essere applicabili per i problemi a questa scala: sismica a riflessione ad alta risoluzione e elettromagnetismo nel dominio del tempo (in particolare aerea). La sismica ad alta risoluzione (HR) è una tecnica che è stata sviluppata a partire dalla tradizionale sismica profonda per adattarsi alle necessità di imaging più superficiale del sottosuolo, a partire da poche decine di metri sotto terra per raggiungere profondità di poche centinaia di metri. La risoluzione ottenibile varia da pochi metri ad alcune decine di metri, ed è adatto per la ricostruzione delle strutture tipiche degli acquiferi grande scala che possono essere sfruttati per l estrazione d acqua. Progressi nell applicazione di questa tecnica sono stati ad esempio dimostrati nel progetto LIFE LIFE04/ENV/IT/ Caratterizzazione delle acque-cuscinetto con metodologie integrate (CAMI) (Dic-2004 a maggio-2007) che si concentravano sulla falda del bassa pianura veneto-friulana. Le tecniche elettromagnetiche nel dominio del tempo (TDEM) sono state sviluppate e perfezionate intensamente a partire dalla metà degli anni Questo rende il metodo relativamente giovane rispetto ai metodi di dominio di frequenza EM, la magnetotellurica e i metodi geoelettrici in corrente continua. Il metodo può indagare la struttura di conducibilità elettrica del sottosuolo fino a molte centinaia di metri senza la necessità di avere stendimenti di cavi molto lunghi tipici dei metodi in corrente continua che richiedono un contatto galvanico con il suolo. 256

265 Sismica ad alta risoluzione e TDEM da piattaforma aerea condividono approssimativamente la stessa profondità di investigazione e comparabile risoluzione spaziale laterale, mentre la sismica consente una migliore risoluzione in profondità, ma a costi più elevati. I due metodi misurano diverse proprietà fisiche e, pertanto, possono fornire informazioni complementari che possono essere proficuamente integrate. Il costo associato a entrambi i metodi è limitato, e consente un uso estensivo di queste tecniche per la caratterizzazione strutturale degli acquiferi. Con particolare riferimento al monitoraggio dell intrusione salina, la combinazione di sismica ad alta risoluzione e metodi elettromagnetici a grande scala consente di separare in modo efficace le componenti strutturali (statiche) relative alla geometria e geologia del sistema dalle componenti (dinamiche) legate alla salinità delle acque. Infatti, mentre la sismica è sensibile solo alle prime, i metodi elettrici ed elettromagnetici sono sensibili alle prime ed alle seconde ma, in presenza di un forte contrasto di salinità delle acque, soprattutto alle seconde. Tomografia di Resistività Elettrica (ERT) Già all inizio del 1900, si ebbe un primo sviluppo dei metodi basati sulla resistività elettrica, ma la loro diffusione, avvenne soprattutto negli anni 70, grazie al progresso tecnologico dei computer, capaci di gestire ed analizzare una grande mole di dati. Le indagini geofisiche si occupano, in generale, di localizzare strutture o corpi geologici sotterranei e di definirne le dimensioni e le proprietà fisiche, mediante misure, spesso effettuate in superficie, di alcuni parametri che le caratterizzano e delle variazioni o anomalie che tali parametri hanno nelle formazioni o corpi oggetto dell indagine, rispetto alle condizioni circostanti. Questi parametri si identificano con i parametri fisici convenzionali, tuttavia l aggettivo geofisico li denota in maniera più significativa, ricordandone appunto la natura. Ogni metodo geofisico ha le sue caratteristiche e si presta a risolvere certi tipi di problemi. La scelta del metodo, la progettazione delle relative operazioni di campagna, l acquisizione del rilievo dei dati e la relativa interpretazione devono essere eseguite secondo una idonea sequenza di operazioni. Questa scelta dipende chiaramente, più in generale, da numerosi fattori: geologici, economici, logistici e fattori puramente geofisici. Principalmente essa è governata dalla finalità a cui è rivolta la prospezione e dai contrasti tra le proprietà geofisiche nelle formazioni presenti nel sottosuolo che possono evidenziare, con anomalie più o meno marcate, la presunta struttura sepolta. Tra le molte metodologie geofisiche comunemente in uso (metodi gravimetrici, sismici, elettromagnetici, magnetici, ecc..) quella geoelettrica è basata sull immissione di correnti continue nel terreno tramite contatti galvanici (elettrodi) e sulla determinazione delle modalità della circolazione di queste, in dipendenza dalla presenza di porzioni del 257

266 sottosuolo aventi conduttività elettrica diversa. Corpi più o meno resistivi (che si oppongono cioè al passaggio della corrente) deviano l andamento delle correnti rispetto al caso di terreno omogeneo e isotropo; la determinazione di tali deviazioni permette l individuazione dei corpi stessi. Le caratteristiche fisiche che interessano in questo caso sono la conduttività elettrica o il suo reciproco ovvero la resistività elettrica. La resistività, nel caso delle rocce, dipende essenzialmente dalla presenza di acqua, di sostanze in essa disciolte, o di argilla nelle rocce stesse, e dalla temperatura; maggiore è il contenuto di acqua, salinità e di argilla nel terreno, minore è la resistività del mezzo poroso stesso. I metodi geoelettrici si basano sulla legge di Ohm e misurano la resistività elettrica del terreno, secondo uno schema di base che prevede, in ogni istante di misura, due elettrodi di corrente e due di potenziale, infissi nel terreno secondo diverse configurazioni geometriche (arrays o stendimenti). In particolare, nel quadripolo di base, detta I l intensità di corrente elettrica (in Ampere) applicata al terreno per mezzo di due elettrodi collegati ad una batteria, e V (in Volt) la differenza di potenziale rilevata tra due elettrodi di potenziale, la resistività del terreno (espressa in Ω m) si ricava dalla seguente relazione: K V I dove K (in m) rappresenta un fattore geometrico dipendente dalla configurazione adottata sul terreno per i quattro elettrodi (nel quadripolo di base). Date le caratteristiche di anisotropia ed eterogeneità del sottosuolo, il valore di resistività misurato è, in realtà, un valore apparente, dipendente cioè dalla combinazione delle resistività elettriche dei singoli strati e/o corpi, oltre che rappresentativo di un volume la cui estensione varia all aumentare della distanza fra gli elettrodi di corrente. La posizione relativa dei quattro elettrodi in genere viene scelta sulla base di schemi classici, tra i quali gli arrays più comuni sono: Wenner, in cui, considerato un quadripolo lineare (1, 2, 3, 4), gli elettrodi di corrente sono esterni (C1, C4) e quelli di potenziale sono interni (P2, P3). La distanza inter-elettrodica è costante Schlumberger, in cui lo schema dispositivo è lo stesso del quadripolo Wenner, ma la distanza tra l elettrodo corrente e l elettrodo potenziale (C1, P2 e P3, C4) è sino a 5 volte maggiore di quella tra i due elettrodi di potenziale (P2, P3) dipolo-dipolo, caratterizzato dal fatto che il dipolo di corrente ed il dipolo di potenziale sono separati l uno dall altro da una certa distanza (C1, C2, P3, P4) 258

267 La scelta di una determinata configurazione rispetto ad un altra dipende dal tipo di target che si vuole indagare. Le caratteristiche da prendere in considerazione sono 1) la sensitività del dispositivo alle variazioni laterali ed orizzontali, 2) la profondità di penetrazione, 3) la copertura dell area di interesse, 3) l ampiezza del segnale rilevato. I primi due fattori si valutano tramite un analisi di sensitività (e.g. mediante la derivata di Frechét), il cui valore indica quanto è influente una variazione di resistività di un punto del sottosuolo nei confronti del valore di potenziale misurato. Si osservi che l analisi con derivata di Frechét è approssimata, in quanto presuppone l esistenza di un mezzo omogeneo. Risulta comunque: sulla base dei pattern di sensitività: - l array Wenner ha una buona penetrazione, buona risoluzione verticale, ma scarsa risoluzione orizzontale; - l array dipolo-dipolo ha modesta penetrazione, bassa risoluzione verticale, ma buona risoluzione orizzontale; - l array Schlumberger ha caratteristiche intermedie tra Wenner e dipolodipolo. dal punto di vista dell intensità del segnale: - l array Wenner è il migliore - l array dipolo-dipolo è il peggiore I suddetti dispositivi elettrodici possono essere utilizzati per determinare la variazione verticale della resistività (sondaggi elettrici verticali, o SEV), la variazione laterale (profili di resistività o SEO) o ancora quella verticale e quella orizzontale contemporaneamente (tomografia elettrica). Nel primo caso si aumenta progressivamente la distanza tra gli elettrodi rispetto ad un centro fisso, in modo tale che il flusso di corrente vada ad interessare strati posti a differenti profondità; se, invece, gli elettrodi vengono traslati con spaziature fisse lungo una traversa (profilo), le misure interessano sempre la stessa profondità e rivelano la presenza di eventuali variazioni laterali di resistività. Negli ultimi due decenni, le tecniche geoelettriche hanno ricevuto un grande impulso determinato dal contemporaneo sviluppo dell elettronica di campo con la possibilità di acquisire un grande numero di misure di resistenza a quadripoli distinti in tempi molto contenuti, e della capacità di calcolo necessaria per invertire la mole di dati acquisita. Il concetto su cui si basa la tomografia elettrica si basa sull acquisizione di un numero considerevole di dati indipendenti, e sulla ricerca, tramite modellistica fisicomatematica (modello diretto), della distribuzione (2D o 3D) di resistività nel sottosuolo 259

268 che meglio consente di riprodurre l insieme dei dati misurati. L identificazione del livello ottimale di fitting possibile tra i dati misurati e le previsioni del modello diretto dovrebbe coincidere, in generale, con il livello dell errore nei dati misurati. Gli algoritmi che consentono la ricerca della distribuzione di resistività che consente al modello previsionale di riprodurre i dati misurati, entro il loro livello di errore, prendono il nome di modello inverso, e la procedura stessa va sotto il nome di inversione dei dati. L inversione dei dati geoelettrici richiede in generale che siano a disposizione non solo una mole ragguardevole di dati indipendenti ma anche che vengano formulate o definite alcune conoscenze a priori sul tipo di distribuzione spaziale della resistività che viene cercato. Per esempio, è ipotesi comune che, tra le molte possibili distribuzioni spaziali di resistività che potrebbero soddisfare i dati disponibili, siano preferibili le soluzioni lisce ovvero aventi derivate spaziali prime o seconde mediamente piccole (soluzioni alla Occam ). Queste informazioni a priori, che in alcuni casi potrebbero anche essere grosse semplificazioni della realtà o addirittura ipotesi del tutto errate, sono necessarie all ottenimento di una soluzione unica dal processo di inversione, ma allo stesso tempo condizionano fortemente la soluzione stessa. La scelta di tali ipotesi va quindi considerata come un passo fondamentale nel processo di inversione stesso. In pratica, la realizzazione di una tomografia elettrica bi- o tri-dimensionale si effettua utilizzando un set di elettrodi, distribuiti lungo un profilo o su una superficie, a distanza ravvicinata l uno dall altro (generalmente da qualche decimetro a una decina di metri), che dipende comunque dalla risoluzione e dalla profondità d indagine richieste, collegati ad un georesistivimetro mediante un cavo a contatti multipli e delle connessioni tra elettrodi e cavo. Il numero complessivo di elettrodi dipende dalla strumentazione a disposizione, ma in generale varia da 48 a qualche centinaio al massimo. Il georesistivimetro, secondo una sequenza di acquisizione predisposta dall operatore, gestisce automaticamente l immissione della corrente e la misura della differenza di potenziale, in un vasto numero di configurazioni scelte tra le moltissime possibili con il numero di elettrodi presenti sul suolo, con i parametri di acquisizione scelti dall operatore, e memorizza i risultati ottenuti. Attualmente questa metodologia viene impiegata in molti contesti, tra i quali: - individuazione di cavità sotterranee - rilievo di discariche dimesse - ricerca e monitoraggio di aree destinate a discariche - rilievo dei livelli di falda ed in generale determinazione delle caratteristiche geometriche dell acquifero - studio della contaminazione di falda 260

269 - valutazioni sulla permeabilità dei terreni - ricerche e mappature delle strutture sepolte (es. mura) nelle aree d interesse archeologico - individuazione dei fenomeni d intrusione marina Dal punto di vista pratico, esistono un certo numero di strumenti in grado di effettuare misure di ERT con alto grado di affidabilità. Tutti questi strumenti si compongono di un trasmettitore con amperometro, un ricevitore (voltmetro), una unità di switching, alimentazione a 12 V o con generatore esterno, oltre all elettronica necessaria per impostare e modificare le sequenze di acquisizione. Tipici parametri di acquisizione sono i seguenti: - intensità di corrente massima: alcuni A - tensione massima: fino a 1 kv - potenza massima: qualche centinaia di W - durata degli impulsi: da qualche frazione di s a qualche s - da 1 a 10 canali di input - impedenza di input: almeno 100 MOhm - risoluzione: intorno 1 mv Una volta individuati, da parte dell operatore, il tipo di sequenza ed i valori dei parametri di acquisizione più opportuni, il dispositivo esegue le misure in maniera automatica e memorizza i dati nella memoria interna. Tutte le fasi di acquisizione possono essere seguite in tempo reale. In generale i sistemi utilizzati supportano cavi multielettrodici, generalmente con 24 uscite per cavo (con la possiblità di collegare switch esterni per la gestione di molte centinaia di elettrodi). Per l acquisizione vengono utilizzati in genere picchetti di acciaio inox che vengono connessi alle uscite del cavo con delle pinze. Tutte i dati tomografici dovrebbero essere acquisiti con sequenze contenenti misure dirette e reciproche per ogni quadripolo di misura. In geoelettrica, infatti, una buona stima dell errore di misura si ottiene tramite la misura del reciproco di ogni quadripolo: il reciproco è la misura che si ottiene scambiando gli elettrodi AB con gli MN e viceversa. La misura reciproca in teoria dovrebbe dare esattamente la stessa resistenza della misura diretta (principio di reciprocità). Se questo non accade, significa che in una (o entrambe) le misure è stato commesso un errore non trascurabile. Se vengono effettuate misure dirette e reciproche dell intero dataset, è possibile calcolare la media e lo scarto fra misura diretta e reciproca e scartare tutte le misure il cui scarto eccede una 261

270 certa % rispetto alla media (p.es. il 5% o il 10%). Questo livello scelto sarà l errore delle misure da utilizzare nell inversione in fase di elaborazione e nel frattempo saranno stati eliminati gli outlier. Dati ERT possono essere acquisiti anche in configurazioni diverse da quella tradizionale in cui tutti gli elettrodi sono disposti in superficie. In particolare, gli ultimi 15 anni hanno visto uno sviluppo straordinario di applicazioni di tecniche da foro (cross-hole) in cui gli elettrodi sono collocati in foro tramite istallazioni permanenti (nel non saturo con gli elettrodi posti all esterno del casing in contatto con il materiale di riempimento del foro e/o direttamente con la formazione geologica in sito) o tramite il posizionamento di stringhe di elettrodi all interno di fori riempiti di fluido (sotto la tavola d acqua) e finestrati per la loro intera lunghezza (nel saturo). I risultati della tomografia elettrica cross-hole sono usualmente immagini 2D e talora 3D della distribuzione della resistività elettrica tra i fori stessi, con caratteristiche di risoluzione ben superiori a quelle ottenibili con misure da superficie. Le misure cross-hole vanno quindi considerate come uno strumento di grande dettaglio per l analisi dettagliata delle strutture statiche e del comportamento dinamico dei sistemi idrogeologici alla scala della decina di metri e con risoluzione tra 1 m e qualche decina di cm. Va comunque sottolineato come le misure ERT siano inerentemente indipendenti dalla scala del problema, nel senso che potenzialmente gli esperimenti possono essere scalati di molti ordini di grandezza senza alterare la capacità di investigazione della tecnica: esistono quindi investigazioni alla scala centimetrica su campioni di laboratorio come pure indagini di campo con risoluzione di decine di metri fino a centinaia di metri di profondità. Nel caso di misure da superficie va però tenuto in conto il fatto che la profondità massima di investigazione è circa pari a 1/4-1/5 della lunghezza dello stendimento di elettrodi in superficie, con ovvie limitazioni di penetrazione ove non esistano spazi sufficienti per la realizzazione di lunghi stendimenti. L inversione dei dati di tomografia elettrica può essere condotta con molti codici, molti dei quali commerciali ed altri freeware. Fra i più notevoli si segnalano: Res2Dinv/Res3Dinv di M. Loke ( che è probabilmente il più diffuso software commerciale disponibile - Profiler/R2/R3 di A. Binley ( /freeware.htm) che rappresenta un set di strumenti di facile uso ed ampiamente testati oltre che gratuiti - DCIP2D/DCIP3D di D. Oldenburgh ( che costituisce un altro set di strumenti freeware di alta qualità Va comunque segnalato come la disponibilità di strumenti software per inversioni geoelettriche è in rapido sviluppo, e le indicazioni di cui sopra sono solo un primo set del tutto incompleto da cui partire.

271 Time-Domain Electro-Magnetics (TDEM) Il TDEM o Time-Domain Electro-Magnetics (sviluppato in Russia negli anni 80) è un metodo molto usato per valutare la resistività del sottosuolo, attraverso lo studio dei campi elettromagnetici transienti indotti alla superficie del suolo. I sondaggi di tipo TDEM o TEM vengono effettuati con due unità: una unità trasmittente (Transmitter) e una unità ricevente (Receiver) rispettivamente connesse con una spira trasmittente e una spira ricevente (Transmitter Loop TL e Receiver Loop - RL). Entrambi i loop sono semplicemente dei cavi elettrici isolati, adagiati sul terreno (Fig. 80). Fig Schema di acquisizione del TDEM L unità trasmittente genera una corrente costante che passa attraverso il transmitter loop. Tale passaggio di corrente, in accordo con la legge di Ampere determina l induzione di un campo magnetico primario costante nelle vicinanze del transmitter loop. La corrente viene repentinamente interrotta ma non decadrà istantaneamente in quanto il loop è un sistema elettrico inerziale con una certa induttanza, capacità e resistenza. Pertanto il decadimento della corrente seguirà una certa curva di scarico detta transitorio. Tale transitorio, ossia la variabilità della corrente nel tempo, determina un decadimento del campo magnetico primario, il quale a sua volta, in accordo con la legge di Faraday induce un sistema di correnti nel sottosuolo che tendono ad opporsi al decadimento del campo primario. Tale sistema di correnti dette eddy currents, cioè correnti parassite o di Foucault, tendono a disperdersi, al trascorrere del tempo, verso il basso ed esternamente rispetto al transmitter loop come in un tronco di piramide la cui base superiore coincide col transmitter loop. Queste correnti indotte a loro volta sono transitorie nel senso che variano anch esse nel tempo e pertanto indurranno, in accordo con la legge di Ampere-Maxwell un campo magnetico secondario variabile. Il campo secondario transitorio può essere registrato in superficie dall unita ricevente per il fatto che nel receiver loop viene indotta una forza elettro-motrice (FEM) e quindi una corrente generata dalla variabilità del campo secondario stesso, sempre in accordo con la legge di Faraday. Dalle equazioni di 263

272 Maxwell deriva che la grandezza e la distribuzione dell intensità della corrente indotta nel receiver loop dipende dalla resistività elettrica del sottosuolo. Fig Propagazione delle correnti indotte in seguito allo spegnimento della corrente nella spira trasmittente Le eddy current indotte (Fig. 81) diffondendosi verso il basso e verso l esterno col passare del tempo, danno informazioni relative a regioni via via più profonde. Il segnale registrato dall unita ricevente è transiente e la sua ampiezza tende a decrescere molto velocemente. Se lo stesso transiente viene riportato in scala bilogaritmica esso assume in generale la forma riportata in figura 82. Fig Esempio di andamento nel tempo del transiente di potenziale TDEM registrato al loop ricevente Quanto detto è valido per un solo ciclo nel senso che la corrente inviata dal transmitter non è continua in assoluto ma è continua a tratti. Infatti si immette corrente, si interrompe, si misura la risposta, si immette corrente, si interrompe, quindi si misura e così via, come mostrato di seguito in figura

273 Fig Andamento nel tempo dell energizzazione e risposta transitoria del potenziale in una misura TDEM A seconda della frequenza adottata, si registreranno diverse centinaia di transienti, che verranno poi opportunamente mediati (stacking) al fine di ridurre al minimo l influenza nelle misure del campo elettromagnetico di fondo e del rumore strumentale (filtraggio) ottenendo una curva di decadimento del potenziale definitiva V=V(t). Una volta ottenuto il transiente relativo ad un sondaggio occorrerà procedere con l inversione dei dati, ossia ricavare il modello elettrostratigrafico più probabile che ha prodotto quel transiente. Infatti, tramite modelli matematici, dalla curva V=V(t) si può ottenere sia la curva di resistività apparente in funzione del tempo a a (t) sia quella, molto più utile ai fini interpretativi, di resistività apparente in funzione della profondità a a (h). Di fatto l inversione dei dati viene effettuata con opportuni software che, partendo da un modello iniziale, costruito in base ad una serie di conoscenze geolitologiche sul sito indagato, calcolano la risposta che quel modello avrebbe in termini di transiente o in termini di curva di resistività apparente e confrontano tale risposta con la curva rilevata. Analizzando gli scarti fra queste due funzioni si modificano interattivamente i parametri del modello fino a pervenire al modello interpretativo finale che meglio converge sui dati rilevati. Fatto questo si procede con l assegnare la litologia più probabile a ciascuno strato elettrico ricavato, sfruttando l alto potere diagnostico della resistività. 265

274 Le misure TDEM sono tradizionalmente condotte con la collocazione dei loop trasmittente e ricevente sulla superficie del suolo. Per ogni posizione dei due loop viene di fatto effettuato un sondaggio elettrico, la cui profondità e risoluzione dipendono dai tempi di on/off, dalla dimensione dei loop e dalla capacità dell elettronica strumentale di cogliere accuratamente le varie fasi del transiente, e particolarmente le fasi critiche iniziali. Da queste ultime dipende in particolare la minima profondità di investigazione, che difficilmente può essere inferiore a qualche metro e spesso si aggira intorno ad una o più decine di metri. Di converso, il TDEM ha la capacità di penetrare a profondità notevoli, anche di molte centinaia di metri, a fronte di dimensioni dei loop relativamente modeste, e comunque di molto inferiori alle corrispondenti lunghezze di profili ERT necessari per raggiungere le stesse profondità. Questa compattezza della base di misura, unitamente alla non-necessità di un contatto galvanico con il suolo, rappresentano i punti di forza del TDEM rispetto alle misure ERT, una volta compreso che entrambe le tecniche investigano in sottosuolo nei termini delle sue proprietà di resistività/conduttività elettrica. Il TDEM ha rispetto all ERT lo svantaggio di offrire in genere (a) profili 1D del sottosuolo, (b) risoluzione peggiore. In anni recenti la tecnica TDEM ha avuto un ulteriore fondamentale sviluppo, legato soprattutto alla possibilità di effettuare misure senza contatto diretto con il suolo. Sono stati sviluppati diversi sistemi aereo-trasportati per effettuare misure TDEM con grande rapidità e su ampie zone. Tra i sistemi più interessanti è il sistema SkyTEM (e.g. Viezzoli A. et al., 2010) che utilizza una piattaforma di misura su elicottero. Per quanto i costi risultino non trascurabili (alcune decine di migliaia di almeno), sistemi simili risultano economicamente vantaggiosi per misure su vaste aree e con obiettivi regionali. Definizione di una procedura integrata di indagine Obiettivo principale di queste linee guida è la definizione di una procedura integrata composta di metodi di monitoraggio tradizionali e metodi geofisici da superficie ed in pozzo per la definizione delle caratteristiche geometriche, geologiche ed idrauliche degli acquiferi e per il monitoraggio dell evoluzione spazio-temporale dei fenomeni di intrusione salina costiera. In sintesi. La procedura si basa su: 266 (a) una mappatura a grande scala dell acquifero di interesse tramite misure TDEM (time-domain electro-magnetics) e, nel caso in cui i maggiori costi connessi siano sostenibili, tramite sismica ad alta risoluzione. Ogni misura TDEM definisce un profilo verticale di conduttività elettrica del sottosuolo, dalla superficie fino ad alcune centinaia di metri di profondità, con risoluzione che diminuisce con la profondità. Il volume laterale cui la misura si riferisce è definito in modo approssimativo, in quanto dipende dai percorsi delle correnti indotte nel sottosuolo, percorso che a sua volta dipende dalla distribuzione di conduttività elettrica (in modo simile alle misure tradizionali in corrente

275 continua); tuttavia si può ragionevolmente ritenere che non sia mai più piccolo del loop del trasmettitore, generalmente quadrato e di lato crescente con la profondità da raggiungere (indicativamente il lato misura da 10 m a 100 m). L effettuazione di molti sondaggi nell area dell acquifero consente una ricostruzione 3D della struttura elettrica del sistema tramite interpolazione dei profili ottenuti da ciascun TDEM. Nel caso di estensioni particolarmente grandi, è possibile effettuare acquisizione TDEM anche da elicottero, con costi superiori (alcune migliaia di euro al km 2 ) ma efficienza molto superiore. Un recente esempio di tale mappatura è stato effettuato nella laguna di Venezia. (b) una validazione delle misure TDEM su uno o più pozzi di riferimento, lungo i quali siano disponibile o vadano effettuati log geofisici e particolarmente di conduttività elettrica, sia in corrente continua che tramite strumenti elettromagnetici. In generale la calibrazione su pozzo è indispensabile per tutte le misure geofisiche in modo che queste consentano poi di estrapolare le informazioni dei pozzi su aree più vaste. (c) una definizione di maggior dettaglio delle aree critiche (per esempio quelle ove si trovino pozzi d acqua dolce in produzione) tramite tomografia elettrica di resistività (ERT) con profondità di investigazione generalmente limitata ai primi 100 m di profondità in ragione della lunghezza dei cavi disponibili e dell estensione delle aree ove tali cavi si possano stendere. (d) L ERT garantisce una misura a risoluzione molto maggiore del TDEM, anche se difficilmente arriva alle stesse profondità. L integrazione dei due tipi di misure consente di ottenere sia una vasta copertura in 3D che il dettaglio, ove necessario. L integrazione del tutto con i dati da pozzo conduce infine ad una ricostruzione 3D del sistema calibrata su tutti i dati disponibili. (e) Le operazione di acquisizione ERT, TDEM e di log da pozzo andranno ripetute nel tempo, in quanto i fenomeni di intrusione salina sono per loro natura dinamici. Dalle misure ripetute sarà in generale anche possibile valutare la parte dinamica del segnale rispetto a quella statica, spesso legata alla sola struttura geologica. Le campagne di misura andrebbero ripetute con scadenza annuale. (f) Le caratteristiche idrauliche del sistema, pur non potendo essere definite puramente sulla base di misure non invasive, possono essere identificate anche con l aiuto di test con traccianti salini monitorati tramite tecniche non invasive (ERT in particolare). 267

276 Mappatura della salinità dei corpi idrici sotterranei La raccolta di dati relativi alla presenza ed evoluzione dell intrusione salina manifesta molti punti in comune con le tecniche descritte nella sezione precedente, ma differisce in modo fondamentale su un aspetto: la scala del problema. Se infatti è pensabile analizzare le caratteristiche di eterogeneità idraulica di un acquifero alla scala di qualche decina di metri, questa scala è del tutto inadeguata per comprendere l evoluzione di corpi salini di grandi dimensioni e quindi seriamente impattanti sulla qualità delle acque di una risorsa idrica sotterranea importante. Questa discrepanza di scala richiede fondamentalmente una diversa tecnica di misura sul campo, ma non sposta necessariamente la logica di integrazione dati descritta in precedenza. Misure elettriche a grande scala sono fattibili con costi accettabili soltanto in assenza di un contatto galvanico. Si consiglia pertanto l utilizzo di tecniche elettromagnetiche, e particolarmente tecniche TDEM. Le misure TDEM tradizionali sono a terra (p.es. Levi E. et al. 2008), con le spire che vengono distribuite manualmente a terra. Per ogni posizione di misura viene ricostruita la struttura elettrica verticale 1D del sottosuolo. Anche se efficace, questo approccio tradizionale non può far fronte alla copertura di un ampia area con alta risoluzione spaziale (laterale). Già nel 1950 i sistemi aerei sono stati sviluppati per le prospezioni minerarie, sfruttando il fatto che i sistemi EM non richiedono alcun contatto con il terreno. I primi sviluppi storici sono stati i sistemi ad ala fissa, ovvero sistemi con il loop di misura appeso attorno all aereo, ed assicurato al naso, alla coda ed alle punte di ali. Solo recentemente il concetto di un sistema TDEM appeso ad un elicottero ha raggiunto la maturità, e stanno emergendo diversi sistemi in grado effettuare misure a banda larga con il minimo ingombro possibile. L uso di elicotteri consente una maggior risoluzione spaziale laterale tra i profili verticali 1D di conducibilità elettrica, che possono quindi essere collegati gli uni agli altri per ricostruire un modello 2D o 3D del sottosuolo a profondità di centinaia di metri. Misure ERT sono possibili per integrare le informazioni a scala più piccola, con il vantaggio di calibrare e vincolare, ove necessario, i dati TDEM a grande scala. Trasferibilità dei risultati ottenuti alla Regione Calabria La ricerca svolta è sviluppata su casi sintetici e/o su bacini sperimentali che per necessità economiche ed organizzative non insistono direttamente sul territorio della Regione Calabria. Questo non limita affatto la possibilità di trasferire i risultati, che potranno essere utilizzati al meglio dalla Regione nelle modalità di seguito illustrate. L attività a) [modelli d interazione fra acque superficiali e acque sotterranee: definizione del numero e del tipo dei parametri necessari per la costruzione di un 268

277 modello interpretativo gestionale a scala opportuna], risulta complementare agli studi sviluppati all interno di questo stesso POR fra DHI e UNICAL in relazione al minimo deflusso vitale, offrendo informazioni indispensabili per l utilizzo dei modelli a maggior dettaglio. Vengono infatti quantificate la qualità e il numero delle informazioni che è necessario fornire a modelli accoppiati (che tengano contemporaneamente conto sia dei processi di deflusso superficiale che della dinamica delle falde) per poter vantaggiosamente descrivere a scala opportuna il processo d interazione fra acque sotterranee e superficiali. E da sottolineare come di tali strumenti numerici esistano già alcune versioni commerciali - ad esempio MIKE SHE del DHI - che potrebbero in futuro essere utilizzati dal personale tecnico dell Autorità di Bacino per la corretta gestione delle falde. L attività b) [tecniche innovative per l interpretazione di prove con traccianti mirate alla definizione locale di permeabilità e conducibilità idraulica delle formazioni] propone una ricerca teorico sperimentale applicata ad acquiferi di tipo alluvionale. La messa a punto di tecniche d indagine e modelli interpretativi per la caratterizzazione dell eterogeneità delle formazioni naturali è un passo indispensabile per poter analizzare i fenomeni di trasporto che si sviluppano nelle pratiche applicazioni. È previsto che prove su campo saranno sviluppate nel corso del 2010 nell acquifero sperimentale di Settolo (TV) e questo potrà essere un occasione per i tecnici dell Autorità di Bacino per essere presenti e prendere visione di strumentazione e tecniche utilizzate a tale scopo. I risultati potranno trovare applicazione nella definizione delle aree di salvaguardia delle opere di presa da pozzo che raramente possono essere interpretate con le schematiche rappresentazioni usualmente riportate in letteratura. L attività c) [modalità di applicazione di procedure geofisiche per la mappatura della salinità degli acquiferi], propone la definizione di linee guida per l applicazione di tecniche innovative che saranno oggetto di una giornata di studio presso l Università della Calabria o la stessa Autorità di Bacino in data da definire di comune accordo nel corso del Si ritiene utile sottolineare la circostanza che i tempi di esecuzione previsti dal bando sono inferiori a quelli richiesti dalla normativa per l espletamento delle attività di monitoraggio (e anche più brevi dell anno idrologico) e, pertanto, si ritiene implicitamente esclusa la possibilità di condurre tali indagini in forma rigorosa Analogamente, l aspetto di mappatura delle falde è inteso, coerentemente con quanto riportato nel disciplinare, come proposta metodologica per lo sviluppo di azioni di studio e monitoraggio per la mitigazione del rischio di contaminazione della falda e per la conseguente gestione degli acquiferi. Infatti, per motivi economici e per il limitato sviluppo temporale previsto dal bando, è non perseguibile la completa acquisizione di dati specifici in situ relativi al sovrasfruttamento delle falde, ai fenomeni di intrusione del cuneo salino, alla caratterizzazione degli acquiferi principali in termini di 269

278 permeabilità e trasmissività, all individuazione di fattori inquinanti predominanti sia di tipo diffuso, sia di tipo puntuale, quali discariche e immissione di reflui. Lavori citati 270 Archie G.E., The electrical resistivity log as an aid in determining some reservoir characteristics, Trans. Amer. Inst. Mining Metallurgical and Petroleum Engineers, 1942, 146, Aubert D., Loumagne C., and Oudin L., Sequential assimilation of soil moisture and streamflow data in a conceptual rainfall-runoff model, J. Hydrol., 2003, 280: Barker R. and J. Moore, The application of time-lapse electrical tomography in groundwater studies, The Leading Edge, 1998, 17, Bevc D., Morrison, H.F., Borehole-to-surface electrical resistivity monitoring of a salt water injection experiment, Geophysics, 1991, 56, Binley A., Henry-Poulter S., and Shaw B., Examination of solute transport in an undisturbed soil column using electrical resistance tomography, Water Resour. Res., 1996, 32, Binley A.M., Cassiani G., Middleton R. and Winship P., Vadose zone flow model parameterisation using cross-borehole radar and resistivity imaging, Journal of Hydrology, 2002, 267, Boggs J.M., Young S.C., Beard L.M., Gelhar L.W., Rehfeldt K.R. and Adams E.E., Field study of dispersion in a heterogeneous aquifer, 1: Overview and site description, Water Resources Research, 1992, 28(12), Camporese M., Cassiani G., Deiana R., Salandin P., Assessment of local hydraulic properties from Electrical Resistivity Tomography monitoring of tracer test experiments, Eos Trans. AGU, 2008, 89(53), Fall Meet. Suppl., Abstract H44C-05 Camporese M., Da Deppo L., Darvini G., Salandin P., Prime evidenze di uno studio sperimentale per la definizione di un approccio modellistico multiscala. Il caso dell acquifero di Settolo (TV). In: atti del XXXII Convegno Nazionale di Idraulica e Costruzioni idrauliche. Palermo, Settembre 2010 Camporese M., Da Deppo L., Salandin P., Pizzaia P., Reducing modeling uncertainty in natural aquifers: the experimental site of Settolo (ITALY). In: proceedings of XVIII CMWR. Barcellona (Spain), June

279 Camporese M., Paniconi C, Putti M., Salandin P., A comparison of data assimilation techniques for a coupled model of surface and subsurface flow. Vadose Zone Journal, 2009, Vol. 8; p , ISSN: , doi: /vzj Camporese M., Paniconi C., Putti M., and Orlandini S., Surface-subsurface flow modeling with path-based runoff routing, boundary condition-based coupling, and assimilation of multisource observation data, Rivista: Water Resources Research, 2010, volume 46; W02512, ISSN: , DOI: /2008WR Camporese M., Salandin P, Darvini G, Durigon R, Pizzaia P., Is it possible to use different data types and scales to reduce flow and transport uncertainty in natural heterogeneous formations? The experimental setup of the Settolo aquifer (Italy), Eos Trans. AGU, 2009, 90(52), Fall Meet. Suppl., Abstract H43F-1080 Camporese M., Paniconi C., Putti M., and Salandin P., Ensemble Kalman filter data assimilation for a process-based catchment scale model of surface and subsurface flow, Water Resour. Res., 2009, 45, W10421, doi: /2008wr Cassiani G., Bruno V., Villa A., Fusi N. and Binley A.M., A saline tracer test monitored via time-lapse surface electrical resistivity tomography, Journal of Applied Geophysics, 2006, 59, Chen J., Zhang W., Distributed hydrological model with new soil water parameterization for integrating remotely sensed soil moisture at watershed scale, as published in the proceedings of IEEE International Geoscience & Remote Sensing Symposium, Boston, Massachusetts, U.S.A, 2006 Crestani E., Camporese M., Salandin P., Definizione delle proprietà idrauliche locali di un acquifero dall analisi di test con traccianti, In: atti del XXXII Convegno Nazionale di Idraulica e Costruzioni idrauliche. Palermo, Settembre 2010 Crestani E., Camporese M., Salandin P., Hydraulic conductivity assessment via tracer test data assimilation: a comparison of updating techniques, In: proceedings of Valencia IAHR Congress. Valencia (Spain), September Daily W., Ramirez A., Binley M. and LaBrecque D., Electrical resistivity tomography, The Leading Edge, 2004, 23(5),

280 272 Daily W., Ramirez A., LaBrecque D. and Nitao J., Electrical resistivity tomography of vadose water movement, Water Resouces. Research, 1992, 28(5), Daily W., Ramirez A., LaBrecque D., Barber W., Electrical resistance tomography experiments at the Oregon Graduate Institute, J. Appl. Geophys., 1995, 33, Day-Lewis F.D. and Lane Jr. J.W., Assessing the resolution dependent utility of tomograms for geostatistics, Geophysical Research Letters, 2004, 31, L07503, doi: /2004gl Day-Lewis F.D. and Singha K., Geoelectrical inference of mass transfer parameters using temporal moments, Water Resources Research, 2008, 44(5), W Day-Lewis F.D., Singha K. and Binley A.M., Applying petrophysical models to radar travel time and electrical resistivity tomograms: Resolution-dependent limitations, Journal Of Geophysical Research-Solid Earth, 2005, 110(B8), B Deiana R, Camporese M., Cassiani G., Salandin P., Impact of ERT data inversion uncertainty on the assessment of local hydraulic properties from tracer test experiments, Eos Trans. AGU, 2009, 90(52), Fall Meet. Suppl., Abstract H51K-04 Evensen G., The Ensemble Kalman Filter: theoretical formulation and practical implementation, Ocean Dynamics, 2003, 53, Hyndman D., and Tronicke J., Hydrogeophysical case studies at the local scale: The saturated zone, in Hydrogeophysics, edited by Y. Rubin and S.S. Hubbard, Springer, 2005, Dordrecht, pp Kemna A., Binley A., Day-Lewis F., Englert A., Tezkan B., Vanderborght J., Vereecken H., and Winship P., Solute Transport Processes, in Applied Hydrogeophysics, Vereecken H. et al.(eds.), Springer-Verlag, 2006, Berlin Kemna A., Vanderborght J., Kulessa B., Vereecken H., Imaging and characterisation of subsurface solute transport using electrical resistivity tomography (ERT) and equivalent transport models, J. of Hydrology, 2002, 267, Kollet S.J. and Maxwell R.M., Integrated surface-groundwater flow modeling: a free-surface overland flow boundary condition in a parallel groundwater flow model, Adv. Water Resour., 2006, 29,

281 Lane P.N.J., Croke J.C. and Dignan P., Dynamics of surface and subsurface flow in convergent topography: the results of rainfall simulation and modelling. Hydrological Processes, 2004, 18: LeBlanc D.R., Garabedian S.P., Hess K.M., Gelhar L.W., Quadri R.D., Stollenwerk K.G., and Wood W.W., Large-scale natural-gradient tracer test in sand and gravel, Cape Cod, Massachusetts: 1. Experimental design and observed tracer movement, Water Resources Research, 1991, v. 27, no. 5, p Lesmes G. and Friedman S., Relationships between the electrical and hydrogeological properties of rocks and soils, in Rubin, Y., and S.S. Hubbard (eds), Hydrogeophysics, Springer, Dordrecht. Levi E., Goldman M., Hadad A., Gvirtzman H., Spatial delineation of groundwater salinity using deep time domain electromagnetic geophysical measurements: a feasibility study, Water Resources Research, 2008, v. 44, W12404, doi: /2007wr MacKay D.M., Freyberg D.L., Roberts P.V. and Cherry J.A., A natural gradient experiment on solute transport in a sand aquifer. 1: Approach and overview of plume movement, Water Resources Research, 1986, 22(13), Margulis S.A., McLaughlin D., Entekhabi D. and Dunne S., Land data assimilation and estimation of soil moisture using measurements from the Southern Great Plains 1997 Field Experimets, Water Resour, Res., 2002, 38, DOI /2001-WR Molz F.J., Güven O., Melville J.G., Crocker R.D. and Matteson K.T., Performance, analysis and simulation of a two-well tracer test at the Mobile site, Water Resources Research, 1986, 22(7), Monego M., Cassiani G., Deiana R., Putti M., Passadore G. and Altissimo L., Tracer test in a shallow heterogeneous aquifer monitored via time-lapse surface ERT, Geophysics, 2010, Vol. 75, No. 4, WA61 WA73, doi: / Pollock D. and Cirpka O.A., Temporal moments in geoelectrical monitoring of salt tracer experiments, Water Resources Research, 2008, 44(12), W12416 Salandin P., Utilizzo di tecniche di assimilazione dati per l'identificazione dei parametri idraulici degli acquiferi naturali. In: G. FREGA. Tecniche per la difesa dall inquinamento. vol. XXXI, COSENZA: BIOS,

282 Singha K. and Moysey S., Accounting for spatially variable resolution in electrical resistivity tomography through field-scale rock-physics relations, Geophysics, 2006, 71(4), A25-A28. Singha K. and Gorelick S.M., Saline tracer visualized with three-dimensional electrical resistivity tomography: Field-scale spatial moment analysis, Water Resources Research, 2005, 41(5), W Singha K. and Gorelick S.M., Hydrogeophysical tracking of three-dimensional tracer migration: The concept and application of apparent petrophysical relations, Water Resources Research, 2006a, 42(6), W Singha K. and Gorelick S.M., Effects of spatially variable resolution on fieldscale estimates of tracer concentration from electrical inversions using Archie's law, Geophysics, 2006b, 71(3), G83-G91. Singha K., Pidlisecky A., Day-Lewis F.D. and Gooseff M.N., Electrical characterization of non-fickian transport in groundwater and hyporheic systems, Water Resources Research, 2008, 44, W00D07. Slater L., Binley A.M., Daily W. and Johnson R., Cross-hole electrical imaging of a controlled saline tracer injection, J. of Applied Geophysics, 2000, 44, Slater L., Binley A., Brown D., Electrical imaging of fractures using groundwater salinity change. Groundwater, 1997, 35, Slater L., Versteeg R., Binley A., Cassiani G., Birken R. and Sandberg S., A 3D ERT Study of Solute Transport in a Large Experimental Tank, Journal of Applied Geophysics, 2002, 49, Vanderborght J., Kasteel R., Herbst M., Javaux M., Thiery D., Vanclooster M., Mouvet C. and Vereecken H. "A Set of Analytical Benchmarks to Test Numerical Models of Flow and Transport in Soils.", Vadose Zone Journal, 2005, 4: Vereecken H., Binley A., Cassiani G., Kharkhordin I., Revil A., Titov K. (eds), Applied Hydrogeophysics, Springer-Verlag, 2006, Berlin Vereecken H., Yaramanci U., and Kemna A. (eds), Non-invasive Methods in Hydrology, J. Hydrol., Special Issue, 2002, 267/3-4, p. 175 Verrjuit A., A note on the Ghyben-Herzberg formula, Bulletin of the International Association of Scientific Hydrology, Delft, Netherlands: Technological University, 1968, 13 (4): pp

283 Viezzoli A., Tosi L., Teatini P. and Silvestri S., Surface water-groundwater exchange in transitional coastal environments by airborne electromagnetics: the Venice Lagoon example, Geophysical Research Letters, 2010, V. 37, L01402, doi: /2009GL

284

285 8. Procedura per l identificazione dell Indice di Funzionalità Fluviale (I.F.F.) 8.1 Indagine sperimentale e applicazione a tratti dei bacini in osservazione La valutazione della funzionalità fluviale attraverso l utilizzo di un indice globale trova vasta applicazione nell ambito delle indagini conoscitive sugli ecosistemi acquatici. A tale scopo, nel corso degli anni 90 sono stati studiati nuovi indici ambientali aventi l obiettivo di mostrare lo stato di fatto dell'ambiente fluviale nel suo complesso, tra i quali ad esempio il Buffer Strip Index (B.S.I.), il Wild State Index (W.S.I.), l Enviromental Landscape Index (E.L.I.) (Braioni A. et al.,1994), il River Habitat Survey (Raven P.J. et al., 1997), il metodo Caravaggio (Buffagni A. et al., 2005) e l'indice di Funzionalità Fluviale (I.F.F.) (R.C. Petersen, 1992; ANPA, 1998; Siligardi M. e Maioli B., 1993). Gli obiettivi dell indagine possono limitarsi al rilevamento dello stato di salute di un corso d acqua o mirare direttamente all individuazione di ambienti o tratti di corsi d acqua ad alta valenza ecologica per approntare strumenti di salvaguardia o, viceversa, all individuazione di tratti degradati per predisporre interventi di ripristino e riqualificazione degli ambienti fluviali. Altri campi di applicazione sono sia la valutazione dell impatto di determinate opere, sia la valutazione dell efficacia degli interventi di risanamento (Comiti F. et al., 2009, Piro P. et al., 2010). L approccio interdisciplinare è stato ritenuto il più opportuno alla definizione della naturalità del corso d acqua e in tale ambito la metodologia che più si prestava a tale esigenza è quella descritta dall I.F.F., come evidenziato in letteratura (Balestrini R. et al., 2004). Nel caso di una campagna di monitoraggio di un corso d acqua, l utilizzo della scheda I.F.F. fornisce un informazione esclusiva e peculiare rispetto ai consolidati metodi di valutazione ambientale, basati su indicatori di tipo chimico, microbiologico o biologico (es: Indice Biotico Esteso - I.B.E.) in quanto considera l ecosistema fluviale nella sua globalità, comprese le sue interrelazioni con l ambiente terrestre circostante. La definizione dell obiettivo dell indagine comporta quindi anche differenti livelli di scala di rilevamento e, soprattutto, definisce la frequenza con cui il rilevamento va eseguito. Il monitoraggio, inteso come indagine conoscitiva dell ambiente fluviale, può infatti essere eseguito con cadenza pluriennale; in ogni caso, campagne di indagine più ravvicinate sono giustificate solo qualora si siano verificate variazioni significative dei parametri oggetto di studio (Manuale IFF APAT, 2007). 277

286 Di seguito vengono proposti i risultati ottenuti dall applicazione della metodologia dell I.F.F. ai due corsi d acqua calabresi: Fiume Crati e Fiume Coscile, oggetto di approfondite indagini nel corso del seguente progetto. Per quanto riguarda il Crati, è stata considerata la porzione di fiume compresa tra il ponte di Terranova e la foce, per una lunghezza complessiva di km, mentre per il Fiume Coscile è stato considerato il tratto compreso tra la confluenza col fiume Garga e la confluenza col torrente Garda, per una lunghezza dell asta fluviale di 3014 m. I rilievi sono stati effettuati nel periodo più idoneo per un'applicazione corretta della procedura, ovvero quello compreso tra il regime idrologico di morbida e quello di magra 1, e comunque in un periodo di attività vegetativa, percorrendo la porzione considerata su entrambe le sponde e attribuendo a ciascun tratto omogeneo una scheda di rilevamento. Nel seguito verranno esposti ed analizzati nel dettaglio i risultati ottenuti per entrambi i fiumi; in particolare si riportano le schede compilate per ogni tratto, affiancate da una breve descrizione (con foto) contenente le caratteristiche morfologico - idrauliche salienti, insieme ad un più esaustivo commento sulle motivazioni che hanno permesso di orientarsi nella scelta della risposta più idonea tra quelle proposte, circa le domande che hanno presentato una maggiore difficoltà di interpretazione. Nel presente lavoro è da sottolineare l importanza della interdisciplinarietà con i contenuti naturalistici e biologici, soprattutto nell interpretazione di domande quali la 12, la 13 e la È chiamato regime di un fiume il susseguirsi delle portate. Può essere di piena quando il corso d acqua presenta delle portate elevate (dovute ad intense e persistenti precipitazioni); di magra nei periodi più secchi, quando nel fiume scorre poca acqua; di morbida, intermedio ai due precedenti, si riscontra durante la fase finale di un evento di piena oppure nei periodi di disgelo stagionale delle nevi e dei ghiacciai (Trevisan L., 1968). 278

287 8.2 Fiume Crati Nel corso dell applicazione dell I.F.F. al fiume Crati, è stato considerato il tratto di fiume compreso tra la Traversa di Tarsia e la foce, per una lunghezza complessiva di m. Sono state considerate 35 sezioni, raggruppate successivamente in 5 tratti ritenuti omogenei di lunghezza variabile tra il minimo di 1026 m ed il massimo di 13,3 km, per una lunghezza media di 4080 m. Per ciascun tratto omogeneo, è stata compilata una scheda, basandosi sulle informazioni ricavate dai campionamenti in ogni sezione (Fig. 84), nella quale è stata fatta la distinzione tra sezioni in cui sono fatti campionamenti, e sezioni in cui erano presenti opere trasversali. Tale operazione ha consentito di ricavare il valore dell I.F.F. per ogni tratto, effettuarne la classificazione in base ai livelli di funzionalità e successivamente realizzarne la rappresentazione cartografica. Nelle figg. 85, 86, 87, 88 e 89 sono riportate le schede I.F.F. relative ai tratti esaminati, corredate da alcune foto rappresentative, estratte dalla documentazione fotografica in allegato, la descrizione dei singoli tratti, con la individuazione o meno di opere trasversali, le eventuali captazioni e un breve commento. 279

288 POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con Fig Sezioni di monitoraggio sul fiume Crati 280

289 8.2.1 Scheda 1 - tratto 1 2 (rif. fig. 84) Foto rappresentativa del tratto, in prossimità della confluenza col F. Coscile Descrizione Localizzazione: tratto iniziale, tra la confluenza col fiume Coscile e il Ponte Crati SS 106 Opere idriche * : assenti Captazioni: intermittenti (non quantificabili), ad uso agricolo * insieme dei manufatti realizzati al fine della regimazione dei corsi d'acqua 281

290 Nel tratto 1 2, per quanto riguarda le opere, risulta presente soltanto il Ponte Crati SS 106 (sez. a). Ulteriori fotografie rappresentative del tratto sono presenti nella documentazione in allegato. 282

291 Fig Scheda 1- tratto

292 Il corso d acqua scorre in un area in cui è presente la compresenza di attività umane ed ambiente naturale. È presente un agricoltura di tipo intensivo, fortemente orientata alla coltivazione di agrumeti (mandarini, arance, ecc ). L ampiezza delle formazioni funzionali (di fatto trattasi di una serie di formazioni semplificate) risulta compresa tra i 10 m ed i 30 m di larghezza, e presenta delle interruzioni dovute, come poc anzi detto, alla presenza delle attività antropiche. Per quanto concerne le condizioni idriche in alveo, si è proceduto alla caratterizzazione idrologica del fiume considerando la serie storica delle portate medie giornaliere (44 anni disponibili, dal 1926 al 1971), costruendo la curva delle durate totale, e confrontando i valori delle portate con il valore del Deflusso Minimo Vitale DMV. Curva di durata totale del fiume Crati Dall esame della curva di durata emerge come la portata di Deflusso Minimo Vitale (pari a 4,27 m 3 /s) risulti superata per circa 300 giorni all anno; di conseguenza il fiume non mostra mai periodi di secca, ma si è in presenza solo di fluttuazioni di portata dovute a variazioni stagionali. 284

293 Fluttuazioni stagionali delle portate del fiume Crati L idromorfologia dell alveo è caratterizzata da un andamento pressoché rettilineo. La sezione trasversale risulta quasi sempre naturale; la velocità sostenuta della corrente, insieme alla composizione scadente del terreno, alimentano la presenza di fenomeni erosivi, presenti solo in alcune curve. Il tratto è caratterizzato dalla presenza di zone di rifugio, ombreggiatura, aree trofiche, massi e rami in alveo, con produzione di materia organica, che creano l habitat ideale per la sopravvivenza e lo sviluppo della fauna ittica. Il primo tratto fluviale indagato è caratterizzato da una copertura macrofitica ridotta e da uno strato perifitico sottile. La presenza di macrofite in alveo è ridotta e limitata ad alcuni punti in cui la velocità della corrente diminuiva. Il periphyton è facilmente percepibile al tatto su alcune porzioni di substrati duri, quali pietre e ciottoli, ma il biofilm non appare tridimensionale. Le macrofite e il periphyton rappresentano 2 gruppi trofici di particolare importanza nell ecosistema fiume in quanto sono organismi vegetali considerati produttori, rappresentano quindi il primo anello della catena trofica (catena alimentare). Inoltre le macrofite presentano una notevole sensibilità nei confronti dell inquinamento di natura organica e da eccesso di nutrienti, per questo motivo sono ritenute ottimi bioindicatori di facile identificazione. Un limite di questi indicatori ecologici è la forte dipendenza dai fattori edafici quali il regime idrico, l abrasività dell acqua e l ombreggiamento, quindi il mancato rinvenimento di macrofite acquatiche non è sempre indice di condizioni ambientale sfavorevoli (inquinamento, eutrofizzazione), ma 285

294 più probabilmente è dovuto alle caratteristiche morfo-funzionali dei corsi d acqua in esame (domanda 12). La disponibilità del detrito nei sistemi fluviali svolge un ruolo fondamentale sulla dinamica delle popolazioni di detritivori (funghi, batteri e macroinvertebrati), in quanto è la fonte principale di materiale organico. Negli ecosistemi fluviali, gran parte della biomassa fissata dai produttori primari, non è consumata direttamente dai predatori lungo la catena trofica del pascolo, ma entra, unitamente alla sostanza organica particolata di origine alloctona, nel comparto del detrito, dando origine a quella che è definita catena trofica a base detrito. Il detrito, una volta in acqua, va incontro ad un processo di degradazione che inizia con la colonizzazione di microrganismi e prosegue con quella dei macroinvertebrati detritivori che si nutrono sia dei microrganismi che di detrito. I macroinvertebrati, a loro volta, rappresentano una risorsa alimentare per i livelli trofici superiori considerati predatori, quali pesci, anfibi e uccelli. La decomposizione è definita la graduale degradazione della sostanza organica morta ad opera sia di agenti fisici che di agenti biologi. Tale processo libera energia e converte elementi dalla forma organica alla forma inorganica. Infatti la decomposizione culmina con molecole complesse ricche di energia che vengono degradate dai loro consumatori (decompositori e detritivori) in anidride carbonica, acqua e sostanze nutritive inorganiche; alcuni degli elementi chimici rimarranno immobilizzati per un certo tempo come biomassa degli organismi decompositori e l energia presente nella sostanza organica verrà utilizzata per compiere lavoro e finirà con l essere convertita in calore che andrà perduto. Un efficiente utilizzazione del detrito vegetale implica, quindi, una complessa serie di interazioni tra il detrito e i microrganismi e quindi un condizione di equilibrio di tutto l ecosistema fluviale. Il detrito rinvenuto durante il campionamento lungo il corso del Fiume Crati è composto da frammenti vegetali quali foglie e rami facilmente riconoscibili e riconducibili alla vegetazione riparia presente, i fenomeni di decomposizione anaerobica sono totalmente assenti (domanda 13). La comunità macrobentonica si presenta sufficientemente diversificata, ma con una struttura alterata rispetto alle attese in condizioni ottimali, durante il campionamento sono stati rinvenuti Crostacei, larve di Coleotteri e numerosi individui di Odonati allo stadio larvale. 286

295 Generalmente la presenza di questi insetti indica situazioni intermedie di inquinamento: mancano, infatti, sia nelle acque molto oligotrofe, sia in quelle fortemente inquinate. I crostacei sono artropodi presenti nelle acque dolci con un limitato numero di famiglie in relazione a quello presente negli ambienti marini. Nelle acque correnti colonizzano acque sia superficiali sia sotterranee; prediligono corsi d acqua con velocità di corrente lenta o moderata e, a seconda delle varie famiglie, dimostrano predilezione per ambienti dal fondo ghiaioso o fangoso. I Coleotteri sono i soli insetti che possono avere sia vita larvale sia adulta nell ambiente acquatico. Gli adulti sono facilmente riconoscibili per la presenza di elitre, ali rigide e chitinose, che formano una sorta di astuccio protettivo che ricopre il dorso, proteggendo anche le ali posteriori di natura membranosa. Vivono in immersione e, in generale, prediligono le acque stagnanti, con velocità di corrente ridotta e bassa profondità, specie dove abbondano la vegetazione acquatica e i detriti vegetali. A seconda dei vari taxa (gruppi tassonomici), si muovono nuotando (Dytiscidae, Haliplidae) o camminando saldamente ancorati al fondo del fiume, grazie alla presenza di robuste unghie (Dryopidae, Elmidae). Le forme larvali sono molto diverse rispetto a quelle adulte; presentano un capo ben differenziato, occhi semplici, antenne corte e pluriarticolate ed integrano la respirazione cutanea con lamelle branchiali, assenti nelle forme adulte. I ruoli trofici occupati dai Coleotteri sono vari: carnivori, erbivori (raschiatori e collettori tagliuzzatori), onnivori e detritivori. I coleotteri sono discretamente sensibili all inquinamento (domanda 14). 287

296 8.2.2 Scheda 2 - tratto 2 3 (rif. fig. 84) Foto rappresentativa del tratto compreso tra Ponte Crati SS 106 e SP 178, km 2 Descrizione Localizzazione: tratto compreso tra Ponte Crati SS 106 e SP 178, km 2 Opere idriche * : assenti Captazioni: intermittenti (non quantificabili), ad uso agricolo * insieme dei manufatti realizzati al fine della regimazione dei corsi d'acqua Ulteriori fotografie rappresentative del tratto, sono presenti nella documentazione in allegato. Il tratto 2-3 presenta delle caratteristiche simili a quello precedente. In particolare le aree laterali al fiume continuano ad essere interessate dalla coltivazione di agrumeti e mandarineti, che vanno comunque ad interrompere lo sviluppo delle formazioni funzionali in fascia perifluviale. L ampiezza delle stesse, risulta maggiore, arrivando in alcuni casi a sfiorare i 30 m di larghezza. Tale circostanza consente una buona efficienza di esondazione, che aumenta i meccanismi di interscambio di materia organica, energia, nutrienti ed organismi tra la zona perifluviale e il corso d acqua, esaltando la connessione tra corso d acqua stesso e corridoio fluviale. 288

297 Come nel precedente tratto fluviale le macrofite in alveo sono sporadiche e presenti esclusivamente in zone dove la corrente diminuisce. La presenza di una comunità macrofitica ridotta non è però indicativa di uno stato ambientale alterato, la copertura vegetale in alveo è infatti influenzata anche da altri fattori edafici quali la torbidità dell acqua, l ombreggiamento del corso d acqua, la velocità della corrente e la relativa abrasività. La valutazione dello spessore del feltro perifitico è stata effettuata attraverso l osservazione visiva e tattile dei substrati duri, in zone non ombreggiate e lungo porzioni relativamente meno profonde del corso d acqua, al fine di ridurre l interferenza degli altri fattori che condizionano lo sviluppo del perifiton stesso. Tale valutazione ha evidenziato uno strato perifitico sottile, presente esclusivamente sui substrati duri (domanda 12). La valutazione del detrito vegetale è avvenuta ricercando resti organici negli interstizi delle strutture di ritenzione (pietre, ciottoli o qualunque ostacolo alla corrente), sia mediante osservazione diretta tattile sia utilizzando un retino per raccogliere il materiale sul fondo. Inoltre è stato necessario ricercare segni di anaerobiosi al di sotto di rocce e nel limo. Il detrito rinvenuto nel tratto fluviale indagato è generalmente formato da frammenti vegetali polposi e fibrosi trattenuti dalle strutture di ritenzione lungo le sponde (domanda 13). Tale dato è indicativo di una comunità sufficientemente diversificata, ma con una struttura alterata rispetto a quanto atteso. Sono presenti infatti taxa fortemente sensibili alle variazioni ambientali e con spettro trofico abbastanza limitato come i Crostacei e organismi a spettro trofico più ampio quali gli Odonati. Nella comunità che è stata rinvenuta durante il campionamento del Fiume Crati mancano però i Plecotteri e i Tricotteri, questi taxa sono notoriamente riconosciuti come tra i più sensibili ai fenomeni di inquinamento e alterazione ambientale (domanda 14). In questo tratto non risultano presenti né opere trasversali, né longitudinali all asta fluviale. 289

298 Fig Scheda 2- tratto

299 8.2.3 Scheda 3 - tratto 3 4 (rif. fig. 84) Foto rappresentativa del tratto compreso tra SP 178, km 2 e località Apollinara Descrizione Localizzazione: tratto compreso tra SP 178, km 2 e località Apollinara Opere idriche * : assenti Captazioni: intermittenti (non quantificabili), ad uso agricolo * insieme dei manufatti realizzati al fine della regimazione dei corsi d'acqua Il tratto 3-4 presenta nuovamente una larghezza della fascia perifluviale ridotta su ambo le sponde, compresa tra 30 e 10 m; la sezione trasversale risulta sempre naturaliforme, senza la presenza di opere di difesa spondale, che sarebbero necessarie per contrastare gli evidenti fenomeni erosivi, presenti soprattutto in sponda destra. È presente, come in precedenza, una sola serie semplificata di formazioni funzionali, interrotte dalle aree ad uso agricolo. Il tratto presenta un andamento pressoché rettilineo, ma sono presenti comunque sufficienti zone ombreggiate e zone trofiche, che fanno si che l idoneità ittica del tratto sia elevata. Il perifiton è definita come la comunità di organismi generalmente di piccole dimensioni (microalghe, batteri, protozoi, poriferi, rotiferi, briozoi, ecc.) che vivono su 291

300 superfici sommerse (steli e foglie di piante, ciottoli, massi) nelle aree litorali dei laghi e nei corsi d acqua. Lo sviluppo di questa comunità in acque correnti segnala anzitutto un attività importante di produzione primaria autoctona. Sul perifiton esercitano attività di pascolo alcune specie di macroinvertebrati, ad esempio molluschi gasteropodi, che rientrano nel gruppo funzionale dei raschiatori. Con il termine macrofite acquatiche ci si riferisce ad un cospicuo gruppo di specie vegetali che hanno in comune le dimensioni macroscopiche e l essere rinvenibili sia in prossimità sia all interno di acque dolci superficiali. Le macrofite acquatiche, vengono spesso considerate flora minore, in parte a causa della loro limitata visibilità, in parte per la ridotta conoscenza ed in parte perché considerate poco meno che un problema per le pratiche di gestione dei corsi d acqua (ostruzione di canali, comportamento infestante di certe specie); esse giocano, invece, un ruolo molto importante nel loro ecosistema. La flora acquatica si compone di diverse forme viventi ben adattate ad insediarsi nei diversi habitat che un alveo fluviale offre. Così alcune specie presentano foglie con forme idonee a rimanere sospese nella corrente d acqua offrendo la minima resistenza, la cuticola in molti casi è particolarmente sottile così da favorire gli scambi gassosi, il movimento di curvatura dei fusti segue la corrente (reotropismo), mentre gli apparati radicali penetrano nel fondale orientandosi in senso opposto. Tutto ciò comporta una ricchezza di forme e di specie che a prima vista appare sorprendente. Nel tratto in esame le macrofite acquatiche sono quasi completamente assenti e il periphyton è presente su ridotte porzioni di substrato, con struttura tridimensionale (domanda 12). Un ecosistema fluviale presenta nel tempo un flusso di energia che, su base annua, tende a rimanere costante. Ciò è possibile nonostante le notevoli variazioni stagionali degli apporti dei principale substrati organici quali il detrito vegetale in autunno (foglie e rami secchi) e gli organismi fotosintetici in primavera-estate (alghe). L equilibrio è mantenuto mediante l attuazione di accorgimenti regolativi: sequenza temporale sincronizzata nell arco dell anno di sostituzioni di specie e di specializzazioni alimentari; variazioni temporali dei gruppi funzionali e dei processi di immagazzinamento (ritenzione idrica del detrito organico e produzione di nuova biomassa); perdita di energia (trasporto verso valle e respirazione). Nel tratto fluviale indagato il detrito rinvenuto è costituito principalmente da frammenti vegetali fibrosi e polposi, riconducibili alla vegetazione riparia presente lungo il corso del fiume Crati (domanda 13). 292

301 Per quanto riguarda la comunità macrobentonica si osserva una netta riduzione della diversità, sono infatti presenti solo Crostacei, Odonati e larve di Ditteri. I Ditteri (Mosche e Zanzare) presentano un corpo che può essere lungo e sottile, oppure largo e tozzo, i ditteri più piccoli misurano 1mm, mentre i più voluminosi arrivano a 30mm.In molti casi la pigmentazione è grigia, brunastra, generalmente poco appariscente, ma si possono notare specie che possiedono una livrea colorata. Sul capo sono presenti un paio di antenne che possono essere lunghe; quasi quanto il corpo, o molto corte. L'apparato boccale presenta una struttura che può essere: pungente-succhiante nei Culicidi (zanzare) pungente-succhiante-lambente nei Tabanidi (tafano) lambente-succhiante nei Mucidi (mosche). L'alimentazione dei ditteri (mosche e zanzare) è molto varia, alcuni si nutrono di nettare, altri predano insetti. Il regime alimentare può variare in base al sesso; i maschi succhiano il nettare, mentre le femmine sono ematofaghe (zanzare, tafani). Alcuni dimostrano di gradire resti di animali e vegetali in via di decomposizione. Generalmente l'attività di questi insetti è molto accentuata nei mesi caldi, ma alcune specie compaiono anche d'inverno. La metamorfosi dei Ditteri è completa, nella maggior parte dei casi sono ovipari, e depongono le uova nel terreno, o nell'acqua, sui vegetali, nelle sostanze organiche in decomposizione, e anche nelle ferite. Alcune specie ovovivipare danno vita a larve già attive, oppure più raramente a ninfe. Le larve presentano forma cilindrica ad una estremità (a sigaro), e sono apode, prive di occhi. Le pupe dei Ditteri Simulidi sono tra i pochissimi insetti acquatici sedentari dotati di branchie, mantengono un livello di ossigenazione localmente levato posizionandosi in aree dove scorrono correnti ricche di ossigeno. Le larve sono molto grandi (10-15 mm) con capo ben sviluppato, occhi pigmentati e piccole antenne. Accanto alla bocca si notano due appendici caratteristiche, o ventagli mandibolari, pelosi aventi la funzione di raccogliere il cibo. Le larve sono onnivore, introducono anche fango e limo, che attraversano inalterati l'intestino. Il corpo della larva ha forma simile ad un tronco e il torace serve come punto d'appoggio, mentre l'addome è formato da un largo disco adesivo; le larve si attaccano alla vegetazione sommersa con caratteristici fili setosi, la cui presenza è indice della colonizzazione degli habitat. La respirazione viene mantenuta da branchie e le larve sono molto sensibili alla presenza dell'ossigeno nell'acqua. Lo sviluppo larvale consta di 4 distinti stadi (domanda 14). Anche nel tratto 3 4 non sono presenti opere trasversali e/o longitudinali. Ulteriori fotografie rappresentative del tratto, sono presenti nella documentazione in allegato. 293

302 Fig Scheda 3- tratto

303 8.2.4 Scheda 4 - tratto 4 5 (rif. fig. 84) Foto rappresentativa del tratto compreso tra località Apollinara e Contrada Paturso Descrizione Localizzazione: tratto compreso tra località Apollinara e Contrada Paturso Opere idriche * : aderenti, costituite da massi alla rinfusa sul lato sinistro nel tratto 5-6 Captazioni: intermittenti (non quantificabili), ad uso agricolo * insieme dei manufatti realizzati al fine della regimazione dei corsi d'acqua Il tratto 4-5 presenta caratteristiche leggermente migliori di quello precedente. La sezione trasversale risulta sempre naturale, e sono pochi gli interventi tesi a ridurre l erosione spondale, presente soprattutto in riva sinistra, come attuati nel tratto 5-6. Lo sfruttamento del suolo ad uso agricolo risulta più intenso, e lascia poco spazio alle formazioni arboree presenti, la cui ampiezza risulta ridotta intorno ai 15 m circa in riva sinistra. L efficienza di esondazione si mantiene nel complesso elevata, data la morfologia pressoché pianeggiante delle aree laterali del fiume. Per macrofite acquatiche si intendono tutti i vegetali presenti negli ambienti acquatici, palustri e di greto. macroscopicamente visibili Questo raggruppamento è composto da Spermatofite (angiosperme erbacee), Pteridofite, Briofite e da alghe filamentose formanti aggregati visibili. 295

304 Le Fanerogame o Spermatofite sono piante vascolari caratterizzate dalla presenza di organi fiorali (fiori) tramite i quali vengono prodotti i semi. Questi possono essere considerati gli organi di diffusione delle Spermatofite in quanto al loro interno è presente l embrione,accompagnato da tessuti di riserva e ancora avvolto dai tegumenti dell ovulo. Tale struttura rappresenta una svolta evolutiva in quanto permette una maggiore resistenza del seme a condizioni sfavorevoli e quindi una maggiore dispersione di esso. Le Pteridofite sono crittogame vascolari a cui appartengono specie generalmente note come Felci, Equiseti, Licopodi e Seleginelle. Queste piante sono cormofite: sono piante già evolute costituite da un fusto, da vere radici e foglie, e posseggono un sistema vascolare. Sono infatti le prime piante terrestri che hanno cominciato a differenziare un sistema di trasporto dei fluidi, permettendo così un ulteriore accrescimento in altezza. Le Briofite sono piante basse e prive di vere radici. Tutte le Briofite o muschi hanno fusticini eretti o striscianti con piccole foglioline e in genere formano cuscini o tappeti sul terreno. Prosperano nei luoghi umidi, all'ombra e lungo i ruscelli. Per il completamento del loro ciclo vitale è necessario l'ambiente umido in quanto, l'acqua rappresenta il veicolo di trasporto delle cellule riproduttive maschili (spermatozoidi) verso gli organi riproduttivi femminili (archegoni). Gli spermatozoidi, essendo flagellati, nuotano nell'acqua, verso la cellula uovo. Differiscono sia dalle piante non vascolari sia dalle piante vascolari perché mancano di strutture vascolari completamente differenziate e lignificate. Nel tratto del fiume Crati indagato la componente vegetale in alveo è composta da un biofilm perifitico sottile, la presenza di macrofite acquatiche è sempre sporadica e limitata in zone ristrette (domanda 12). I corsi d acqua rappresentano tipici ecosistemi aperti, nei quali i processi biologici, la composizione delle comunità biotiche e l'articolazione della rete trofica fluviale sono strettamente dipendenti dagli apporti di materiale organico proveniente dal territorio circostante. Il detrito organico che entra nel fiume e che viene trasportato dalla corrente è costituito in larga misura da frammenti vegetali grossolani ( foglie, rami, ecc.) ed in misura minore da animali (ad esempio insetti caduti in acqua). Il materiale organico vegetale particolato di dimensioni maggiori di 0,45 μm viene definito detrito, ad esso generalmente sono associati funghi, batteri, protozoi e altri microinvertebrati. Tale componente microbica è da considerarsi parte del detrito stesso in quanto in natura non è mai stata osservata una loro indipendenza in natura. 296

305 Sulla base delle dimensioni, il detrito viene normalmente suddiviso in due principali categorie: CPOM (Coarse Particulate Organic Matter) UFPOM (Ultra Fine Particulate Organic Matter). Il CPOM è costituito principalmente da materiale che deriva dalla vegetazione ripariale (Cummins e Klug, 1979) e che costituisce il 90% dell input organico nei sistemi fluviali (Scorgie, 1974). Nel materiale di origine vegetale la maggior parte dell energia è intrappolata nella cellulosa e nella lignina, che insieme costituiscono più del 50% delle foglie e del legno (Kaarik, 1974). Pochissime specie animali sono in grado di utilizzare direttamente la cellulosa e la lignina (Monk, 1976). Al contrario molte specie di funghi (in particolare gli Hyphomycetes nei sistemi acquatici) e batteri sono coinvolti nella degradazione di tali molecole grazie anche alla produzione di enzimi extracellulari. Un efficiente utilizzazione del detrito vegetale implica, quindi, una complessa serie di interazioni tra il detrito e i microrganismi e solo successivamente tra questi e specie animali quali i detritivori invertebrati. L importanza del CPOM nei sistemi fluviali è anche legata ai tempi di permanenza delle particelle grossolane all interno del sistema affinché queste possano essere colonizzate dai microrganismi ed entrare nella catena del detrito. Il tratto fluviale campionato è caratterizzato dall alternanza di vegetazione ripariale ed estesi coltivi costituiti principalmente da agrumeti, in cui vengono attuate operazioni colturali quali potatura, raccolta, trattamento del terreno. Durante il campionamento il detrito rinvenuto è risultato essere costituito maggiormente da frammenti vegetali polposi e fibrosi, non riconoscibili (domanda 13). La capacità di un fiume di sostenere altri livelli trofici e di avere quindi una buona funzionalità trofica è indicata dalla presenza di una comunità macrobentonica ben strutturata ed adeguata alla tipologia fluviale in esame. Casi in cui si registri l alterazione delle comunità di macrobenthos possono dipendere da fenomeni di inquinamento delle acque o da modificazioni sostanziali della morfologia o idrodinamica fluviale. Le comunità di organismi macrobentonici costituiscono la struttura essenziale nella rete alimentare di un ecosistema fluviale; esse, inoltre, rivestono un ruolo fondamentale nel processo di ciclizzazione della materia organica, entrando attivamente nel meccanismo autodepurativo ed autoregolativo degli ecosistemi di acque correnti. La scelta di questi organismi come indicatori risponde inoltre a motivi pratici (vivono stabilmente sui substrati disponibili nei corsi d acqua e sono facilmente campionabili). I dati raccolti sul campo indicano l assenza dei taxa maggiormente tolleranti, la presenza di Ditteri e Oligocheti indica un ambiente mediamente alterato. 297

306 Gli Oligocheti sono organismi di corpo cilindrico a simmetria bilaterale, molto allungato, con segmentazione ben visibile. Questi, ad eccezione di poche specie carnivore, sono detritivori e si nutrono di materiale organico in decomposizione. Alcune specie, fossorie, vivono con la parte anteriore infossata nel fango, che ingeriscono in gran quantità e di cui utilizzano la parte organica come nutrimento. Vivono praticamente in tutti gli ambienti, dalle acque stagnanti ai laghi, dai fiumi lentici con fondali fango-sabbiosi e abbondante vegetazione acquatica alle acque francamente correnti e con substrati litici. Certe specie tollerano livelli elevati di inquinamento e addirittura se ne avvantaggiano, formando colonie numerosissime in ambienti molto degradati. I taxa più comuni sono i seguenti: Lumbricidae, Haplotaxidae, Naididae, Lumbriculidae e Tubificidae. La comunità bentonica ritrovata durante il campionamento lungo il corso d acqua si presenta poco equilibrata e diversificata, indice di uno stato leggermente alterato (domanda 14). Ulteriori fotografie rappresentative del tratto, sono presenti nella documentazione in allegato. 298

307 Fig Scheda 4 - tratto

308 8.2.5 Scheda 5 - tratto 5 6 (rif. fig. 84) Foto rappresentativa del tratto compreso tra Contrada Paturso e la Traversa di Tarsia Descrizione Localizzazione: tratto compreso tra Contrada Paturso e la Traversa di Tarsia Opere idriche * : assenti Captazioni: intermittenti (non quantificabili), ad uso agricolo * insieme dei manufatti realizzati al fine della regimazione dei corsi d'acqua Il fiume, nel tratto 5 6, continua a mantenere delle caratteristiche di naturalità buone, che gli conferiscono un buon livello di funzionalità fluviale. La sezione trasversale risulta quasi sempre naturale, anche se in alcuni tratti (sez. 5) la sponda destra è stata rivestita con delle arginature per ridurre l erosione spondale. Lo sfruttamento del suolo ad uso agricolo rimane elevato, e lascia poco spazio alle formazioni arboree presenti, la cui ampiezza risulta molto ridotta rispetto ai tratti precedenti (10 m circa). L efficienza di esondazione si mantiene nel complesso elevata, data la morfologia pressoché pianeggiante delle aree laterali del fiume. Le macrofite acquatiche, vengono spesso considerate flora minore, in parte a causa della loro limitata visibilità, in parte per la ridotta conoscenza ed in parte perché considerate poco meno che un problema per le pratiche di gestione dei corsi d acqua 300

309 (ostruzione di canali, comportamento infestante di certe specie); esse giocano, invece, un ruolo molto importante nel loro ecosistema. Tra le macrofite acquatiche le più diffuse sono quelle appartenenti alle famiglie delle Alismataceae, delle Ceratophyllaceae, delle Lemnaceae, delle Haloragaceae, delle Nymphaeaceae, delle Polygonaceae, delle Potamogetonaceae e delle Typhaceae. La famiglia delle Alismataceae comprende piante acquatiche, radicanti sul fondo, con fusti e foglie dotati di parenchimi aeriferi. Le foglie, emergenti e per lo più tutte basali, sono prive di stipole e hanno lamina con base progressivamente ristretta. I fiori sono riuniti in pannocchie a rami verticillati. Ciascun fiore produce 9-12 frutti galleggianti ad achenio compresso. Nella famiglia delle Ceratophyllaceae si ritrovano piante acquatiche radicanti sommerse, ramosissime, con verticilli di foglie divise in lacinie senza stipole. I fiori sono unisessuali e spiro ciclici, portati su corti peduncoli ascellari, si tratta di piante monoiche; i fiori sono posti alla base dei verticilli di foglie. Le Lemnaceae sono piante acquatiche liberamente flottanti non radicate; sono tra le più piccole piante superiori europee, talvolta così numerose da coprire interi specchi d acqua con un tappeto verde. Sono piante prive di fusto, ridotte a 1-4 coppie di foglie, ciascuna con una sola radice non ramificata e pendula nell acqua. Le Haloragaceae sono piante acquatiche radicanti sommerse. Le foglie sono opposte, verticillate o spiralate, con o senza stipole. I fiori, generalmente ridotti, sono spesso unisessuali, attinomorfi, con 4 (3-2) sepali, petali spesso assenti e ovario infero. I fiori sono raccolti in infiorescenze. Il frutto è una drupa (frutto carnoso che contiene al suo interno il seme osseo). La famiglia delle Nymphaeaceae comprende piante acquatiche radicanti sul fondo ma flottanti in superficie, di 2-20 dm,con rizoma grande. Sono presenti sia grandi foglie sommerse color verde vivo, sia foglie galleggianti con lamina ovale estesa, per lo più ondulata sul bordo. Le nervature delle foglie si sdoppiano ad angolo acuto verso il margine. Il picciolo s inserisce ad 1/4 della lamina, in un insenatura progressivamente allargata ed è tronco nella parte superiore a sezione triangolare. I fiori sono globosi, gialli, dall odore di alcool, con numerosi petali e 5 sepali più lunghi dei petali. Nella famiglia delle Polygonaceae si ritrovano piante con foglie che si prolungano alla base nell ocrea, una guaina cilindrica che avvolge il fusto e che deriva dalla fusione delle stipole. La base delle foglie si restringe progressivamente nel picciolo. I fiori sono ermafroditi o unisessuali, tipicamente pentaciclici, pentameri Le Potamogetonaceae sono piante acquatiche radicate natanti, con rizoma non legnoso. Le foglie sono alterne, lineari o allargate, con una guaina cilindrica e ligula stipolare e sono inserite su assi erbacei. Le foglie possono essere sommerse e/o galleggianti, di 301

310 dimensioni molto variabili; quelle sommerse sono traslucide, quelle galleggianti sono solitamente verdi. I fiori sono solitamente ermafroditi, l ovario è supero e il polline granulare. I fiori, più o meno numerosi, sono riuniti in infiorescenze a spiga peduncolate. Il frutto è sessile ed è un achenio. Le Typhaceae comprendono piante acquatiche radicate emergenti. La presenza di un involucro di setole sotto ogni fiore dà all infiorescenza, costituita da uno spadice cilindrico inferiormente femminile e superiormente maschile, il caratteristico aspetto cotonoso. Durante il campionamento lungo il corso del Fiume Crati il perifiton è stato riscontrato principalmente sui substrati duri e sulle strutture di ritenzione, costituito da una sottile biopellicola, non tridimensionale, sui substrati duri. La componente macrofitica è scarsamente distribuita nell alveo bagnato, tale mancanza non può essere direttamente correlata a condizioni di alterazione dell ambiente, ma probabilmente ciò è dovuto alla velocità sostenuta della corrente e alla capacità abrasiva dell acqua (domanda 12). L input energetico principale in ecosistema fluviale è rappresentato dal detrito organico poiché rappresenta l'alimento di una vasta categoria di organismi che costituiscono la fauna macrobentonica. Questa è costituita da un gruppo di animali eterogeneo del quale fanno parte insetti, crostacei, molluschi, anellidi, ecc. e che hanno in comune un forte adattamento a vivere a stretto contatto del fondo sviluppando però differenti modalità di consumo del particellato organico. Distinguiamo ad esempio: Trituratori di detrito grossolano (Plecotteri) Raccoglitori di particelle di medie dimensioni (Efemerotteri) Raccoglitori di particelle di piccole dimensioni e filtratori di particelle (Simulidi) Alcune specie, come i Plecotteri predatore e i Tricotteri predano altri macroinvertebrati. Tutti questi organismi sono a loro volta mangiati dai pesci onnivori e dai pesci predatori non specializzati. Il ciclo viene chiuso dai pesci predatori ittiofagi e da animali predatori terrestri come ad esempio l'airone o la lontra, i quali possono alimentarsi a più livelli della catena alimentare. I frammenti organici ancora presenti dopo la degradazione ad opera dei macroinvertebrati vengono infine attaccati dai batteri decompositori aerobi i quali scompongono la materia organica in elementi semplici (composti inorganici). Si viene così a creare una catena alimentare equilibrata detta catena trofica a base detrito in cui tutta la sostanza organica viene riutilizzata. 302

311 In condizioni ottimali (buona ossigenazione, ricca comunità macrobentonica, buona capacità di ritenzione, elevata ciclizzazione) la demolizione delle foglie in materia organica particolata grossolana (CPOM) e fine (FPOM) è affidata principalmente ai macroinvertebrati trituratori che iniziano a sminuzzarle non appena esse sono rese appetibili ad opera dei batteri e dei funghi che ne colonizzano la superficie. In condizioni sfavorevoli (inquinamento, carico organico di altra natura, squilibri nelle comunità, scarsa ossigenazione) l efficienza dei trituratori viene compromessa più o meno fortemente e divengono prevalenti la demolizione batterica e fungina, che danno luogo ad accumuli di frammenti polposi (o, in assenza di ossigeno, a materiale fine nerastro). La composizione del detrito fornisce quindi informazioni sull equilibrio tra apporti trofici e capacità di demolizione e sulle condizioni in cui avviene quest ultima. Il processo di ritenzione è basato sull intrappolamento del materiale organico di grosse dimensioni (CPOM), costituito da foglie, rametti o detrito organico caduti o trasportati in alveo e sul suo successivo immagazzinamento in situ. I meccanismi di ritenzione in un corso d acqua svolgono una funzione fondamentale nel processo di ciclizzazione della sostanza organica, in quanto permettono al CPOM di essere intrappolato ed elaborato dalle comunità biologiche. In generale, la ritenzione in un corso d acqua dipende dalle sue caratteristiche idrologiche e morfologiche: il grado di diversità morfologica, la velocità della corrente e la scabrezza del substrato contribuiscono a determinare una varietà di situazioni che aumenta l efficacia di ritenzione. Il detrito ritrovato durante il campionamento lungo il Fiume Crati è principalmente presente negli interstizi delle strutture di ritenzione, anche in questo caso sono presenti frammenti polposi e fibrosi, ma totalmente assenti fenomeni di anaerobiosi (domanda 13). Sulla base di specializzazioni morfologiche e anatomiche i macroinvertebrati bentonici vengono suddivisi in Gruppi Trofico-Funzionali (G.T.F.) (Merrit R.W. and Cummins K.W., 1996); le diverse categorie prendono in considerazione le diverse modalità di utilizzo della sostanza organica presente sotto forma di differenti classi dimensionali e distribuita tra il letto e la colonna d acqua. La fauna macrobentonica dei corsi d acqua è caratterizzata da una grande varietà di gruppi tassonomici, tutti presentano particolari adattamenti alla vita in habitat estremamente eterogenei, sia nello spazio che nel tempo per numerosissime variabili (morfometriche, fisiche, chimiche e biologiche). I macroinvertebrati bentonici sono quindi capaci di colonizzare tutti i substrati presenti nei corpi idrici, dagli alvei dei fiumi ai sedimenti litorali e profondi dei laghi. Sono 303

312 perciò rappresentati da specie con una vasta gamma di adattamenti, che occupano pressoché tutti i ruoli trofici dei consumatori (es. erbivori, detritivori, carnivori); in funzione delle modalità mediante cui si alimentano possono essere suddivisi in gruppi trofico-funzionali: filtratori: si nutrono filtrando la sostanza organica presente come particolato fino in sospensione o di detrito fine nel sedimento; perforatori: si nutrono delle cellule e dei liquidi cellulari delle piante vascolari o delle alghe, perforandole e aspirandone il contenuto; sminuzzatori: si nutrono a spese di tessuti vegetali vivi o in decomposizione masticandoli, minandoli o perforandoli; raschiatori: si nutrono di alghe e diatomee, pascolando sulla patina che riveste le superfici sommerse (perifiton); predatori: si nutrono di tessuto animale inghiottendo la preda per intero, mangiandone solo una parte o perforandone il corpo succhiandone solo i fluidi; parassiti: si nutrono a spese di tessuti animali viventi come parassiti interni o esterni, utilizzando ospiti di gruppi e stadi di sviluppo diversi. I macroinvertebrati lotici hanno mediamente lunghi cicli vitali (in genere annuali) e vivono almeno parte della loro vita legati ai substrati usando meccanismi di adattamento che li rendono capaci di resistere alla corrente. In base alla localizzazione nel substrato si possono suddividere in epibentonici, che vivono abitualmente sulla superficie del substrato o nei primissimi centimetri, e freaticoli, che vivono all'interno dei sedimenti, soprattutto nei tratti a fondo ciottoloso. Di fatto, la distinzione fra organismi epibentonici e freaticoli non è sempre molto rigorosa, perché se gli organismi freaticoli raramente compaiono in superficie, gli organismi epibentonici possono a volte penetrare in profondità nel dominio freaticolo (Ghetti, 1986). Le diverse esigenze delle singole specie e i loro rispettivi cicli biologici determinano il rinvenimento di comunità bentoniche caratterizzate da particolari associazioni faunistiche che, nel corso dell'anno, col variare dei valori medi di temperatura, tendono a sostituirsi. Inoltre, le differenze stagionali registrate nelle comunità macrobentoniche sono attribuibili anche al mutamento delle esigenze nei confronti dei fattori ambientali, dei diversi stadi di sviluppo degli insetti acquatici. Nel tratto del corso d acqua indagato i taxa più sensibili alle variazioni ambientali sono assenti, mancano infatti Plecotteri, Efemerotteri e Tricotteri. La comunità si presenta costituita principalmente da Odonati, Coleotteri, Ditteri e Oligocheti, risulta essere quindi sufficientemente diversificata, ma con struttura alterata rispetto all atteso (domanda 14). 304

313 Nel tratto 5 6 risultano presenti le seguenti opere: - Ponte di Terranova (sez. b); - Traversa di Tarsia in sez. 6 (sez. c). Ulteriori fotografie rappresentative del tratto, sono presenti nella documentazione in allegato. 305

314 Fig Scheda 5 - tratto

315 8.3 Fiume Coscile Riguardo al fiume Coscile, l applicazione dell Indice di Funzionalità Fluviale ha interessato il tratto compreso tra la confluenza del F. Garga e la confluenza del T. Garda, per una lunghezza complessiva di 3014 m. Lungo l'asta principale del fiume sono state scelte 11 sezioni, per ognuna delle quali sono state rilevate tutte le caratteristiche ecologiche previste dal metodo. Data la modesta lunghezza del tratto esaminato, è stato ritenuto sufficiente considerarlo come un unico tratto omogeneo. Grazie alle informazioni ricavate dai campionamenti in ogni sezione (Fig. 90), nella quale è stata fatta la distinzione tra sezioni in cui sono fatti campionamenti, e sezioni in cui erano presenti opere trasversali, è stata compilata la relativa scheda e questo ha permesso successivamente di ricavare il valore dell I.F.F. nel tratto, effettuarne la classificazione in base ai livelli di funzionalità e realizzarne la rappresentazione cartografica. 307

316 Fig Sezioni di monitoraggio sul fiume Coscile 308

317 8.3.1 Scheda 1 - tratto 1 2 (rif. fig. 90) Foto rappresentativa del tratto considerato Descrizione Localizzazione: tratto compreso tra la confluenza del F. Garga e la confluenza del T. Garda Opere idriche * : aderenti (gabbionate; opere di difesa spondali) in alcuni tratti Captazioni: intermittenti (non quantificabili), ad uso agricolo * insieme dei manufatti realizzati al fine della regimazione dei corsi d'acqua Ulteriori fotografie rappresentative del tratto, sono presenti nella documentazione in allegato. Per ogni sezione sono stati effettuati sia i campionamenti per l I.F.F. (esamine materiale sul fondo dell alveo tramite retino, per la ricerca dei macroinvertebrati bentonici), sia quelli per il DMV (prelievo campioni acqua da analizzare in laboratorio; dove possibile rilievo della sezione trasversale). L intero tratto, nel complesso, può essere considerato omogeneo, e quindi si è compilata un unica scheda. Il territorio circostante risente parecchio del processo di antropizzazione; avendo l area laterale al fiume un andamento grosso modo pianeggiante, è stata sfruttata per la coltivazione intensiva di agrumeti. Le fasce perifluviali risultano perciò caratterizzate da una serie semplificata di 309

318 formazioni funzionali, interrotte regolarmente dalle coltivazioni di mandarineti; l ampiezza di tali fasce risulta perciò limitata a 4 5 m. Per ciò che concerne le condizioni idriche dell alveo, dal confronto della curva delle durate totale, ricavata dall elaborazione dei dati disponibili per 33 anni di osservazioni ( ) delle portate medie giornaliere, con la portata di Deflusso Minimo Vitale di 0,973 m 3 /s, si nota come tale valore risulti superato per circa 360 giorni l anno. Curva delle durate dell'anno tipico del Fiume Coscile Per tale motivo il regime idrico risulta caratterizzato da portate stabili su scala giornaliera, con fluttuazioni stagionali non estreme (non si verificano periodi di secca), legate a variazioni meteo climatiche. Anche in questo caso, data la brevità del tratto analizzato e l impossibilita di effettuare misure più dettagliate, si è ritenuta valida l ipotesi di considerare costante la portata. 310

319 Q (m 3 /s) 10,00 Portate medie mensili - Anno medio del periodo ,00 8,00 7,00 6,00 5,00 4,00 3,00 2,00 1,00 0,00 GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC mesi Fluttuazioni stagionali delle portate del fiume Coscile Per quanto riguarda i fenomeni erosivi, questi risultano presenti in modo rilevante, dato che la sezione trasversale è stata completamente risistemata (sezione rettificata) realizzando gli argini laterali con ciottolame e pietrame alla rinfusa, facilmente scavabile dalla corrente. L idromorfologia del tratto risulta abbastanza semplificata, con un primo tratto sensibilmente raddrizzato (per consentire coltivazioni o altri usi del suolo adiacenti all alveo), ed un successivo tratto sinuoso con andamento curvilineo regolare, sempre risistemato. Per ciò che concerne l idoneità ittica, questa risulta appena sufficiente, in quanto anche se la qualità dell acqua risulta buona (presenza di vari taxa), però mancano di fatto zone di frega, di rifugio, ombreggiate o di produzione di cibo per la fauna ittica. La componente vegetale in alveo bagnato può fornire importanti informazione sull eutrofizzazzione del corso d acqua in esame. Questa infatti si riflette visibilmente nella produzione di uno spesso feltro perifitico e, qualora la velocità di corrente lo consenta, nella proliferazione di macrofite acquatiche in grado di tollerare elevati stati trofici. Tuttavia lo sviluppo dello strato perifitico in un corso d acqua è influenzato in maniera rilevante sia dalla presenza di nutrienti sia da altri fattori quali la velocità della corrente, la capacità abrasiva del corso d acqua, la torbidità dell acqua, l ombreggiamento, il tipo di substrato e l azione di pascolo effettuata dagli organismi erbivori. 311

320 La valutazione del grado di trofia, oltre che sullo spessore del perifiton, deve perciò tenere conto, in maniera critica, degli altri fattori. La disponibilità di nutrienti, d altro canto, può influire sullo sviluppo della componente macrofitica in alveo bagnato, che ne è direttamente influenzata in termini di biomassa (fermo restando il ruolo svolto dai fattori edafici ed idrologici) e di composizione floristica. Le comunità vegetali tipiche degli ambienti umidi d acqua dolce presentano una composizione e una struttura simile in tutta l Europa e vengono considerate come appartenenti a una vegetazione di tipo azonale (vegetazione di habitat particolari nei quali alcuni fattori abiotici prevalgono sugli elementi climatici zonali). Per quanto riguarda i fiumi questi sono caratterizzati da un flusso d acqua continuo che ha un effetto marcato, non solo sulle piante che vivono nell acqua, ma anche su quelle con parti aeree al di sopra della superficie dell acqua. La velocità e la potenza della corrente sono un fattore importante che determina la composizione delle comunità di questi ambienti: dove il fondo dell alveo è costituito da particelle molto grossolane è in genere assente la vegetazione macrofitica, mentre possono insediarsi alghe e comunità dominate dai muschi (Briofite). I boschi ripariali caratterizzano, invece, l ambiente contiguo ai corsi d acqua, interessato dalle piene oppure dall acqua freatica di provenienza fluviale. Questi boschi sono molto specializzati e di tipo igrofilo. In molti casi formano corridoi forestali lungo i corsi d acqua, soprattutto in quelle aree meno influenzate dalla presenza antropica che, con interventi di regimazione dei fiumi, ha portato spesso all eliminazione quasi totale in molte aree, di questa fascia di vegetazione. Le specie che danno la fisionomia a questi boschi sono: il salice bianco (Salix alba), i pioppi (Populus nigra, P. alba) e l ontano nero (Alnus glutinosa). Il tratto fluviale indagato è caratterizzato da un sottile strato perifitico su ridotte porzioni di substrato, soprattutto in prossimità delle strutture di ritenzione. Tale condizione indica un ottimale produzione primaria autoctona, ciò favorisce il gruppo troficofunzionale dei macroinvertebrati raschiatori. La copertura delle macrofite tolleranti in alveo è nulla, probabilmente la causa principale di questa condizione è la velocità sostenuta della corrente e la relativa capacità abrasiva dell acqua (domanda 12). Il tratto fluviale campionato è caratterizzato dall alternanza di vegetazione ripariale ed coltivi costituiti principalmente da agrumeti (alberi di arance e mandarini). 312

321 Tali agrumeti presentano evidenti segni di operazioni colturali, le piante di agrumi presentano una chioma compatta ed una densità di foglie tale da non ostacolare l infiltrazione della luce solare, ciò indica una periodica azione di potatura. Durante il periodo di campionamento inoltre era in atto la raccolta manuale dei frutti. Il terreno al di sotto delle piante da frutto generalmente presenta un estesa copertura erbacea. In alcuni casi l estensione degli agrumeti raggiunge le sponde del corso d acqua, generalmente il confine tra i coltivi e il fiume è delimitato da una fascia vegetazionale formata principalmente da rovi e acacie. Il restante tratto fluviale indagato è caratterizzato da boschi ripariali, vegetazione azonale tipica di ambienti contigui ai corsi d acqua. Le specie che danno la fisionomia a questi boschi e identificate durante il campionamento sono: il salice bianco (Salix alba) e i pioppi (Populus nigra, Populus alba). A queste specie arboree spesso si accompagnano alcune liane come la clematide vitalba (Clematis vitalba), una pianta con comportamento rampicante, con i fusti ramificati si allunga anche per metri sugli alberi, sviluppando alla base tronchi legnosi anche piuttosto grossi. Le sponde del corso d acqua nella maggior parte dei casi si presentano alte, con grossi detriti legnosi che formano delle strutture di ritenzione di varie dimensioni. La decomposizione anaerobica nel tratto del Fiume Coscile indagato è risultata assente. La natura del materiale d origine è infatti facilmente riconoscibile, formata principalmente da foglie e resti vegetali della vegetazione riparia presente. Sono inoltre presenti grossi detriti legnosi lungo le sponde del corso d acqua (domanda 13). La comunità macrobentonica è costituita principalmente da Efemerotteri, Tricotteri e Ditteri. Tale dato è indicativo di una comunità sufficientemente diversificata, ma con una struttura alterata rispetto a quanto atteso. Sono presenti infatti taxa fortemente sensibili alle variazioni ambientali e con spettro trofico abbastanza limitato come i Tricotteri e gli Efemerotteri. I Tricotteri sono un ordine di Insetti, in genere, poco vistosi e privi di disegni e colorazioni accentuate. Gli adulti sono terrestri, mentre le larve, nella maggior parte delle specie, conducono vita acquatica nelle acque dolci. Gli adulti dei Tricotteri si rinvengono vicino alle acque, nelle quali si sono sviluppate le larve e molte specie hanno abitudini crepuscolari. Gli Efemerotteri (Ephemeroptera) 313

322 sono un ordine di Insetti con larve acquatiche (prevalentemente di acque correnti) e stadi postlarvali aericoli, questi ultimi noti per la particolare brevità della vita (greco: ephemeros = di un solo giorno). È il gruppo tassonomico generalmente più rappresentato nelle acque correnti, per numero di individui e biomassa. Le larve costituiscono una componente fondamentale delle biocenosi in tali ambienti e rivestono una particolare importanza nella caratterizzazione biologica dei fiumi e negli studi di carattere applicativo riguardanti la valutazione della qualità ambientale e dello stato ecologico. I Ditteri costituiscono un ordine di insetti terrestri o idrofili, frequentemente acquaioli o acquatici negli stadi preimmaginali 2. Il capo è ben distinto dal torace, con un marcato restringimento in corrispondenza del collo. Gli occhi sono in genere ben evidenti, ma raggiungono un notevole sviluppo nella generalità dei Brachiceri. In questo sottordine si presentano marcatamente convessi e sviluppati fino a occupare gran parte della faccia laterale. La peculiarità fondamentale dei Ditteri è la notevole specializzazione evolutiva raggiunta nella conformazione delle ali e nell'adattamento morfo-anatomico del torace. Fatta eccezione per le poco frequenti forme meiottere (microtteri, subatteri o atteri), i Ditteri sono tipicamente alati e usano le ali come principale mezzo di locomozione. Il livello di specializzazione anatomica, morfologica e funzionale è tale da rendere in generale questi insetti formidabili volatori, con particolare riferimento all'agilità. Tutti i Ditteri sono provvisti di un solo paio di ali funzionali, quelle mesotoraciche (anteriori). Le ali metatoraciche sono invece trasformate in bilancieri. La maggior parte delle larve dei Ditteri vive in ambiente acquatico, all'interno di substrati organici in decomposizione, all'interno di altri organismi (funghi, animali, piante). La loro struttura morfologica presenta perciò una sostanziale semplificazione adatta ad un tipo di vita non libera (domanda 14). Nel tratto risultano presenti le seguenti opere (Fig. 90): - il ponticello di passaggio in prossimità della confluenza col T. Garda (sez. 1 ) (sez. a) - ponte sul Coscile a Camerata (sez. b) - stazione idropluviometrica (sez. c) - ponte Coscile, all intersezione col F. Garga (sez. d) 2 L'insetto maturo, capace di riprodursi, è detto adulto o immagine; con la definizione "stadio preimmaginale" si intende quindi lo stadio dello sviluppo larvale che precedente la formazione dell'adulto (Penny J. Gullan et al, 2006). 314

323 Fig Scheda 1- tratto

324 8.4 Risultati I.F.F. - fiume Crati Per mostrare in modo più efficace i risultati dell applicazione dell indice I.F.F. è stata realizzata una mappa tematica che mostra le due sponde del tratto indagato suddivise in tanti tratti omogenei quanti sono i tratti individuati grazie alle schede di rilevamento. Ad ogni tratto è stato assegnato il colore in relazione al valore di I.F.F. ottenuto ed al conseguente Livello di Funzionalità (Fig. 92). Attraverso il programma ArcGIS è stato possibile il calcolo delle lunghezze dei tratti omogenei rilevati. La tabella riporta i risultati ottenuti in seguito all applicazione su un tratto dell asta principale del fiume Crati, per un totale di 20,44 km (20440 m). È importante ricordare che in conformità con il manuale di applicazione dell I.F.F. (APAT/2007), l applicazione dell indice avviene da valle verso monte. Le colonne I.F.F.sx e I.F.F.dx riportano i punteggi ottenuti rispettivamente per la sponda sinistra e quella destra, mentre le colonne LFsx e LFdx si riferiscono invece al Livello di Funzionalità raggiunto. La cartografia evidenzia come il tratto di fiume Crati analizzato presenti un buon livello di funzionalità, compreso tra il livello buono-mediocre (L.F. II III) e quello buono (L.F. II). È possibile leggere nel dettaglio i giudizi di funzionalità per ciasciun tratto, riportati nella tabella sottostante (Tab. 67). Tratto Lunghezza (m) I.F.F.sx I.F.F.dx LFsx LFdx II III II III II II III II III II II III III Tab Risultati I.F.F. - fiume Crati In particolare notiamo come il tratto iniziale 1 2, in prossimità della foce, presenti un livello di funzionalità relativamente basso, forse a causa dell attività di pesca abusiva che finisce per provocare, oltre ai danni diretti alle specie ittiche, anche conseguente disturbo alle zone boscate adiacenti ed alla fauna in esse presente. Dalla sezione 2 alla 5 il livello di funzionalità è buono, tranne nel tratto 3 4, dove abbiamo un punteggio molto basso, specialmente in sponda sinistra, a causa degli evidenti fenomeni erosivi riscontrati. Successivamente, risalendo verso monte (tratto 5 6), la situazione degrada 316

325 a causa dell impatto antropico che diviene via via più rilevante, data la presenza sia del Ponte di Terranova che della traversa di Tarsia; inoltre il tratto presenta in molti punti evidenti risagomature delle sezioni trasversali, che contribuiscono nel complesso a diminuirne livello di funzionalità (L.F. III). Si noti, infine, che non è presente alcun tipo di opera rispettosa della fauna ittica. È importante dunque affiancare sempre alla rappresentazione grafica anche quella tabellare, che permette di tenere conto delle varie sfumature che caratterizzano ogni tratto, soprattutto nel caso in cui siano previsti interventi futuri di sistemazione idraulico-forestale al fine di migliorarne la qualità. 317

326 POR Calabria Deflusso Minimo Vitale (DMV) e temi di idrogeologia in attinenza con sezioni trasversali Fig Mappa di funzionalità fluviale del fiume Crati 318

327 8.5 Risultati I.F.F. - fiume Coscile Anche per il fiume Coscile, per riassumere i risultati ottenuti, si è realizzata una mappa tematica che mostra le due sponde del tratto indagato, evidenziandone le caratteristiche ricavate grazie alle schede di rilevamento. Al tratto è stato assegnato il colore in relazione al valore di I.F.F. ottenuto ed al conseguente Livello di Funzionalità (Fig. 93). Si ricorda che in conformità con il manuale di applicazione dell I.F.F. (APAT/2007), l applicazione dell indice avviene da valle verso monte. Nella successiva tabella si riportano nel dettaglio i punteggi ottenuti. Le colonne I.F.F.sx e I.F.F.dx di Tab. 68 riportano i punteggi ottenuti rispettivamente per la sponda sinistra e quella destra, mentre le colonne LFsx e LFdx si riferiscono invece al Livello di Funzionalità raggiunto. Tratto Lunghezza (m) I.F.F.sx I.F.F.dx LFsx LFdx III III Tab Risultati I.F.F. - fiume Coscile Data la brevità del tratto, è stato possibile ritenerlo tutto omogeneo. Dalla cartografia e dalla tabella emerge come la naturalità dello stesso risulti abbastanza compromessa, ricadendo interamente nel livello di funzionalità buono mediocre (L.F. III). Ciò è dovuto a molteplici fattori. Innanzitutto l intero tronco analizzato attraversa aree dedicate alla coltivazione estensiva di agrumeti, per la cui irrigazione vengono abusivamente prelevate delle portate dal corso d acqua, modificandone il regime idrico. Sono stati riscontrati inoltre forti problemi di erosione spondale lungo tutta l asta, a cui si è cercato, forse erroneamente, di rimediare in passato, provvedendo alla risagomatura delle sezioni trasversali per lunghi tratti, e ciò ha finito per trasformare il corso d acqua in un canale artificiale. Inoltre, la già citata presenza degli agrumeti, riduce la larghezza e l assortimento della fascia perifluviale, che risulta così molto ristretta e uniforme. Anche in questo tratto, non è presente alcun tipo di opera rispettosa della fauna ittica; anzi la quasi totale assenza di ombreggiatura, nonché di aree di frega e di zone di rifugio e l occasionale formazione di sbarramenti (dovuti a materiale legnoso e di rifiuto rinvenibile in alveo), costituiscono i principali fattori di diminuizione della popolazione ittica. 319

328 sezioni trasversali Fig Mappa di funzionalità fluviale del fiume Coscile 320

329 Lavori citati APAT, Agenzia per la Protezione dell Ambiente e per i Servizi Tecnici, in collaborazione con il Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e con APPA, Agenzia Provinciale per la Protezione dell Ambiente, Provincia Autonoma di Trento I.F.F INDICE DI FUNZIONALITA FLUVIALE. Nuova versione del metodo revisionata e aggiornata. Balestrini R., Cazzola M., Buffagni A., Characterising hydromorphological features of selected Italian rivers: a comparative application of environmental indices, Hydrobiologia, 2004, 516: Braioni A., Barioni M.G., De Franceschi P., Mason F., Ruffo S. & Sambugar S., Definizione di Nuovi indici ambientali sintetici di valutazione di qualità delle rive: valore naturalistico, didattico, zona filtro e analisi delle potenzialità percettive del paesaggio. Presentazione della scheda di rilevamento, Ambiente, Salute e Risorse, 1994 Buffagni A., Erba S. & Ciampittiello M, Il rilevamento idromorfologici e degli habitat fluviali nel contesto della direttiva europea sulle acque (WFD): principi e schede di applicazione del metodo Caravaggio, Notiziario dei metodi analitici, 2, Istituto di Ricerca sulle Acque, CNR IRSA, 2005 Burrough P.A., Principles of Geographical Information Systems for land resources assessment, Clarendon Press, Oxford, 1986 Comiti F., Lao M., Lenzi M.A., Siligardi M., Artificial steps to stabilize mountain rivers: a post-project ecological assessment, River Research And Applications, 2009, 25, 5, ; Cummins K.W. and Klug M.J., Feeding ecology of stream invertebrates, Annual Review of Ecology, Evolution and Systematics, 1979,10, Ghetti P.F., Bonazzi G., I macroinvertebrati bentonici nella sorveglianza dei corsi d acqua. Manuali di utilizzazione degli indicatori biologici di qualità delle acque. AQ/1/27, C.N.R., Roma, 1981 Ghetti P.F., I macroinvertebrati nell'analisi di qualità dei corsi d'acqua, Ed. Provincia Autonoma di Trento, Stazione Sperimentale Agraria Forestale, 1986 Kaarik A.A., Decomposition of wood. In: Biology of Plant Litter Decomposition, C.H. Dickinson and G.J.F. Pugh Eds. Vol.1 Academic Press, New York, 1974, pp

330 Merrit R.W. and Cummins K.W., An introduction to the aquatic insects of North America, 3th Edition, Kendall/Hunt Publishing Company, 1996 Monk C.D., The distribution of cellulose in freshwater invertebrates of different feeding habitats, Freshwat. Biol., 1976, 6, Petersen R.C., The RCE: A Riparian, Channel and Environmental inventory for small streams in agricultural landscapes. Freshwater biology, 1992, 27: ; Piro P. De Filippis F. &. Debilio A.: Sull Indice di Funzionalità Fluviale: applicazione al fiume Savuto, 23 Corso di Aggiornamento in Tecniche per la Difesa dall Inquinamento, ed. BIOS, Piro P., Aggiornamenti nella determinazione dell Indice di Funzionalità Fluviale, in atti della Giornata di studio su metodologie e tecniche dell ingegneria idraulica per il territorio, Lorica (CS), 8 luglio 2009; Piro P., Carbone M. and Tomei G., "Fluvial Functional Index (FFI): A tool to requalify river environmental experimental study". In Proceedings of the First IAHR European Division Congress, Heriot Watt University, Edinburgh, UK, 4th, 5th, 6th May 2010, p. 79 Principato G. e Viggiani G., Individuazione delle metodologie più idonee per la determinazione del minimo deflusso vitale nei principali corsi d acqua del Parco Nazionale della Sila, Dip. Difesa del suolo V. Marone, 2008 Raven P.J., Fox P.J.A., Everard M., Holmes N.T.H., Dawson F.H., River Habitat Survey: a new system for classyfing rivers according to their habitat quality. In: Boon P.J. and Howell D.L. (Eds), Freshwater quality: Defining the indefinable? The Stationary Office, 1997, Edinburgh Scorgie H.R.A., Studies on the food of invertebrates in the river Lambourn, with particular reference to the role of detritus in the trophic economy of the community, Unpubl. Ph D. Thesis, Univ. of Reading, 1974 Siligardi M., I.F.F. Indice di Funzionalità fluviale. ANPA Agenzia Nazionale per la Protezione dell'ambiente, 2000 Siligardi M., Maiolini B., Prima applicazione di un nuovo indice di qualità dell ambiente fluviale, Atti del Convegno AMBIENTE 91, 4-5 ottobre 1990; 322

331 Siligardi M., Maiolini B., L inventario delle caratteristiche ambientali dei corsi d acqua alpini: guida all uso della scheda RCE-2. Biologia Ambientale, 1993, VII (30), pp Vannote R.L., Minshall G.W., Cummins K.W., Sedell J.R., Cushing C.E., The River Continuum Concept, Canadian Journal of Fisheries and Aquatic Sciences ,1 Ottawa. Vernaux J., Tuffery G., Une mèthod zoologique pratique de determination de la qualité biologique des eaux coutrantes. Indice biotique. Annales scentifique de l Université de Besancon, 1982, 3, pp ; Woodiwiss F.S., Biological water assessments methods. Seven Trent River Authorities, 1978, U.K.; Zanetti M., Bellio M., Piccolo D., Russino G., Venzo R., L applicazione dell Indice di Funzionalità Fluviale nella pianificazione territoriale, CISBA. Trento,

332

333 9. I passaggi per pesci 9.1 Introduzione Oggi, con riferimento alla tutela degli ecosistemi fluviali, l attenzione va rivolta non solo all impatto che probabili interventi di sistemazione dei corsi d acqua possono avere sul territorio circostante ma anche e soprattutto sulla fauna ittica in essi presente. La lettura di un fiume non può in ogni caso limitarsi a una sola delle sue componenti, ma deve estendersi all intero sistema fluviale, del quale sono parti integranti le fasce riparie e le porzioni di territorio circostante che con esso interagiscono. Il corso d acqua va, infatti, inteso come una successione di ecosistemi interconnessi tra loro, che si sviluppano sia in senso longitudinale che trasversale. L interposizione di barriere (es. dighe, briglie, arginature, difese spondali) in ciascuna delle direzioni spaziali non rispetta il continuum ambientale necessario ai fini della conservazione della fauna ittica presente, con il risultato di rendere vulnerabile l intero ecosistema. In tale contesto il rispetto del deflusso minimo vitale (DMV) da garantire sempre nell alveo per la tutela della vita acquatica, tema rilevante nella gestione delle acque superficiali, non è sufficiente a garantire la sopravvivenza delle specie ittiche, soprattutto in assenza di apposite strutture che ne garantiscano il transito (Piro P., De Filippis F., Frega F., 2002). Nell ampia problematica riguardante la gestione e la tutela delle acque e del patrimonio ittico un elemento merita particolare attenzione: il danno ambientale cagionato alla fauna ittica dalle opere di sbarramento dei corsi d acqua (Pini Prato E., 2001). La costruzione di opere trasversali di diversa entità frammentano le comunità biologiche dei corsi d acqua. Traverse, soglie, briglie, dighe realizzate per il contenimento dell erosione o il controllo dei deflussi rappresentano una brusca interruzione del continuum fluviale, e la loro presenza si ripercuote ad ogni livello della rete trofica. Risultano frammentate non solo le connessioni strutturali, ma anche alterati alcuni processi di fondamentale importanza per gli ambienti lotici, quali ad esempio la spiralizzazione dei nutrienti, la decomposizione della sostanza organica e la colonizzazione da parte della fauna bentonica ed ittica. L ittiofauna migratoria, in particolare, soffre per queste interruzioni che limitano l accesso ai siti di riproduzione e di crescita, con conseguente rarefazione o scomparsa di alcune specie. La soluzione consiste nella costruzione, in corrispondenza degli ostacoli, di particolari strutture che permettano alla fauna ittica di risalirli. Tali strutture vengono dette comunemente scale di risalita o scale di rimonta, ed in ambito internazionale passaggi per pesci (fishpasses). 325

334 I passaggi artificiali per pesci sono opere di ingegneria idraulica finalizzate alla tutela ed alla salvaguardia del patrimonio ittiofaunistico; sono opere idrauliche finalizzate alla mitigazione degli impatti ambientali e costituiscono, in particolare, la principale misura per limitare l impatto sugli ecosistemi fluviali dovuto alla realizzazione di opere in alveo. La realizzazione di tali dispositivi tecnici consente il mantenimento della continuità longitudinale di un corso d acqua, nel momento in cui questa viene frammentata da uno sbarramento artificiale, compromettendo i naturali spostamenti migratori e quindi la libera circolazione della fauna ittica. Tali dispositivi andrebbero previsti sin dalla fase di progettazione dei manufatti idraulici che determinano un ostacolo alla libera circolazione dell ittiofauna (derivazioni, briglie e soglie per la sistemazione d alveo, attraversamenti viari, etc.), ma sicuramente un loro impiego è auspicabile anche su manufatti esistenti, venendo così a costituire un rilevante intervento finalizzato alla riqualificazione degli ambienti fluviali e riparali. Tali dispositivi trovano tuttora, in ambito nazionale, una limitata applicazione dovuta a notevoli carenze del quadro normativo e conoscitivo, specie per l assenza di studi specifici che permettano la taratura dei modelli elaborati all estero sulle esigenze biologiche e sulle capacità natatorie delle specie ittiche caratterizzanti il reticolo idrografico italiano (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Viene di seguito riportata una sintetica rassegna tecnica basata sulle più recenti esperienze internazionali inerente le principali tipologie di passaggi per pesci, corredata di indicazioni operative sul corretto iter progettuale da seguire, e si evidenziano alcune recenti iniziative di ricerca sviluppate dall Università di Firenze, dal Politecnico di Torino, dall Università della Calabria e dall Università di Bologna, che rappresentano utili contributi tecnici ed operativi per una più ampia e corretta applicazione di tali dispositivi. 9.2 Cenni storici e attualità I passaggi per pesci sono stati in Italia materia di notevole interesse ai primi del 900 (la prima opera documentata ufficialmente in Italia risale al 1899) (Pini Prato E., 2004) ma, anche a causa della suddetta carenza nella relativa applicazione, hanno perduto la loro popolarità per un lungo periodo, lasciando un vuoto scientifico e culturale che ha comportato danni anche molto gravi al patrimonio ittiofaunistico nazionale, come la rarefazione o la scomparsa di specie migratorie da vari corsi d acqua (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Ad esempio in Piemonte da una recente elaborazione effettuata sul catasto utenze risulta che circa l 8% del totale delle derivazioni in atto risulta dotata di tali dispositivi (Comoglio C., 2004) ed inoltre buona parte di questi sono opere dismesse, non funzionanti o molto spesso erroneamente progettate. Proprio per la mancanza di chiare prescrizioni legislative e di specifici organi tecnici di controllo, le 326

335 poche opere costruite sono state spesso realizzate senza alcuna cognizione delle metodologie progettuali, pertanto ottemperando nella forma a quanto previsto per legge, ma di fatto producendo opere di totale inutilità (Pini Prato E., Comoglio C:, 2006). Il risultato di queste carenze è che a seguito alla realizzazione della maggior parte degli impianti idroelettrici italiani ed al forte incremento dei carichi inquinanti veicolati nei corpi idrici, dall inizio del 1900 ad oggi, molte specie si sono rarefatte e sono ad oggi a rischio di estinzione, come l anguilla (Anguilla anguilla) dai corsi d acqua tirrenici, la lampreda di mare (Petromyzon marinus) e la lampreda di fiume (Lampetra fluviatilis), altre, come alcuni storioni (Acipenser sturio, Acipenser naccarii, Huso huso) e la cheppia (Alosa fallax) nel Po e negli affluenti maggiori (Panaro, Secchia, Adige, Ticino, etc.) si sono estinte. Più recentemente, con l introduzione delle normative nazionali e regionali sulla VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), la realizzazione dei passaggi per pesci sta progressivamente divenendo una misura mitigativa presa in considerazione nell ambito degli Studi di Impatto Ambientale, anche se solamente per le nuove derivazioni e risultando tuttora non supportata da una adeguata base tecnico-scientifica che consenta di realizzare in maniera diffusa opere efficaci (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). L Italia è da considerarsi un paese ancora molto arretrato nella materia, sia per quanto riguarda gli aspetti tecnici, sia per gli aspetti normativi legati alla verifica di funzionamento delle opere realizzate, a differenza di quanto riscontrabile in diverse realtà del continente europeo (Francia, Gran Bretagna, etc.) ed americano (Canada, Stati Uniti, etc.) (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Si è riscontrato che la maggior causa dell inefficienza dei passaggi per pesci esistenti è stata causata, ed è ancora causa, della mancanza di un corretto approccio metodologico di progettazione e dell assenza di studi specifici che permettano la taratura dei modelli elaborati all estero sulle esigenze biologiche e sulle capacità natatorie delle specie ittiche caratterizzanti il reticolo idrografico italiano. Infatti, molto spesso i passaggi per pesci sono stati interpretati soltanto come opere di ingegneria idraulica, proponendo studi totalmente avulsi dalle necessità e capacità natatorie della fauna ittica per cui erano destinati. Si può sostenere che la maggior parte delle opere inefficienti lo sono a causa della mancanza di un approccio multidisciplinare che veda incontrarsi l ingegneria idraulica con la biologia e l ecologia delle specie ittiche: la gran parte delle opere rinvenibili sul territorio è stata progettata senza tenere conto dei valori di velocità dell acqua, dissipazione di potenza, turbolenza, oltre che del periodo ottimale di funzionamento, in riferimento alla fauna ittica che avrebbe dovuto giovare dell opera (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Tra la fine dell 800 e gli inizi del 900, esisteva in Italia un rilevante interesse verso la materia dei passaggi per pesci, detti al tempo scale di monta (Pini Prato E., 2004). Risalgono infatti a questo periodo gli studi e le prime opere eseguite, nonché un antiquata manualistica in grado di fornire linee guida e dettagli tecnici per la corretta 327

336 esecuzione degli impianti. La fine del 1800 rappresenta il momento decisivo dell approccio scientifico alla materia, non solo in Italia, ma in tutta Europa. Ciò avveniva in un momento storico in cui la pesca nelle acque dolci costituiva ancora fonte di reddito e di sussistenza, e proprio quando le prime centrali idroelettriche iniziavano a sbarrare le grandi aste fluviali. Si verificavano pertanto due eventi in forte conflitto: l attività della pesca professionale nelle acque interne e la produzione di energia idroelettrica per il fabbisogno conseguente alle crescenti necessità industriali. Tuttavia in Italia non vi è stata in seguito una tradizione in materia: l abbandono di questo tipo di studio ha anzi comportato una produzione di impianti sporadica, spesso di errata impostazione progettuale. La fervente attività di inizio 900 non è stata seguita da una degna tradizione (Pini Prato E., 2004), e sono in contrasto l esempio del sistema di passaggi per pesci, realizzato intorno al 1893 sul fiume Adda, che stupisce ancor oggi per qualità progettuale, accuratezza e correttezza nel contesto di tipologie tuttora consigliate, con molti impianti anche recenti realizzati sul territorio nazionale (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Ad oggi esistono tuttavia anche interessanti impianti di moderna concezione soprattutto al Nord Italia, ove la valenza ecologica di molti corsi d acqua e la fauna ittica tipica sono state determinanti ad incentivare lo studio e l applicazione della materia. Un importante attività formativa è stata svolta dall Amministrazione Provinciale di Modena, in particolare il Servizio Programmazione Faunistica ha permesso il recupero della tematica con organicità e rigore scientifico dal 1984, in seguito alla richiesta della Regione Emilia Romagna di organizzare un seminario di formazione tramite indirizzi progettuali offerti da paesi come Germania, Regno Unito e Francia (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). L attività didattica proposta dalla Provincia di Modena dagli anni 80, supportata dalle esperienze estere coinvolte nella formazione, ha permesso l introduzione di moderni concetti fondamentali alla corretta progettazione, tra i quali sono da sottolineare la portata di funzionamento ottimale per il passaggio per pesci, la localizzazione dell entrata e dell uscita per il pesce, il dimensionamento dei bacini, la massima velocità ammissibile dell acqua, i dislivelli massimi, e soprattutto il concetto di dissipazione energetica dei getti defluenti all interno di vasche e canali (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Questi concetti basilari, pubblicati su apposita manualistica, col supporto di una più attenta cultura ecologica dei corsi d acqua, sono stati utili per realizzare moderne opere su svariati corsi d acqua italiani come il Tidone, Dolo, Trebbia, Piave, Serchio, Comano, Lima, ed altri. Per merito di tale attività si è sviluppato un nuovo approccio alla materia, che ha sottolineato l assoluta necessità del proseguimento della ricerca, volta non soltanto alla progettazione del singolo passaggio per pesci, ma all analisi di interi bacini ittico-geografici ove la priorità di intervento debba essere il recupero di areali di elevata valenza naturalistica (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). La presenza di numerosissimi sbarramenti sull intero reticolo idrografico nazionale implica infatti 328

337 l impossibilità della progettazione dei passaggi per pesci su tutti gli ostacoli ed è pertanto necessaria una pianificazione degli interventi basata sia sui dati storici relativi alla distribuzione della fauna ittica originaria, sia sulle potenzialità di sviluppo della stessa allo stato attuale. È opportuno distinguere quali siano le situazioni di vera necessità da quelle ove l intervento risulti meno rilevante, se non inutile; senz altro è manifesta la priorità di costruire passaggi per pesci presso gli ostacoli situati in luoghi di cruciale importanza, ad esempio presso gli sbarramenti che impediscono la risalita di specie diadrome come cheppia e anguilla, oppure per favorire gli spostamenti migratori di specie reofile o comunque specie ad elevata mobilità (Pini Prato E., 2004). 9.3 Quadro normativo La presenza obbligatoria di scale di risalita, capaci di attirare i pesci migratori in un punto a valle dell ostruzione e indurli a passare a monte al fine di evitare l estinzione, lo sconfinamento e la limitazione della biodiversità, è stata già prevista dal R.D. 22 febbraio 1914 n.1486 Regolamento per la pesca fluviale e lacuale e successivamente dal R.D.L. 8 ottobre 1931 n Testo Unico delle leggi sulla pesca che all art. 10 recita: Nelle concessioni di derivazione d acqua debbono prescriversi le opere necessarie nell interesse dell industria della pesca scale di monta, piani inclinati, graticci all imbocco dei canali di presa, ecc.), in base agli elementi tecnici che saranno richiesti al Ministero dell agricoltura e delle foreste. Con le stesse modalità possono essere ordinate modificazioni in opere preesistenti e, qualora la costruzione di opere speciali per la pesca non sia possibile, potranno prescriversi al concessionario immissioni annuali di avannotti a sue spese (Da Deppo L. et al. 2005, R.D. n 1486, R.D. n 1604 ). La Direttiva Quadro sulle Acque già approvata a livello comunitario (EC, 2000/60), è in fase di recepimento in molti paesi europei, tra cui l Italia. Tale Direttiva, in un più ampio quadro relativo al controllo, risanamento e gestione dei corpi idrici europei, definisce le linee guida per la valutazione della qualità ecologica degli ambienti acquatici, tra cui i fiumi. Un punto cruciale evidenziato dalla Direttiva riguarda la centralità degli organismi biologici (e.g., fauna macrobentonica, pesci, flora acquatica) nella definizione della qualità ecologica delle acque. La Direttiva richiede inoltre la valutazione della qualità idromorfologica dei corpi idrici, la cui definizione dovrà supportare l interpretazione dei dati biologici e la selezione dei cosiddetti siti di riferimento, da individuare per ognuno dei tipi fluviali riconosciuti in ogni stato membro. Solo alcuni paesi europei possiedono al momento attuale metodi e standard per la valutazione delle condizioni idromorfologiche dei corsi d acqua in grado di soddisfare le richieste della Direttiva. Tra questi, possono essere citati il metodo austriaco, il tedesco LAWA-vor-Ort e il metodo britannico River Habitat Survey. In 329

338 Italia è ampiamente applicato l Indice di Funzionalità Fluviale, che consente di ricavare utili indicazioni sullo stato di qualità globale dei fiumi e di ottenere qualche ausilio per la gestione delle aree fluviali. Peraltro, in accordo con le finalità per le quali il metodo I.F.F. è stato sviluppato, cioè per valutare il livello di funzionalità generale e non le caratteristiche idromorfologiche dei fiumi non soddisfa le richieste della Direttiva Quadro sulle Acque per quanto concerne quest ultimo aspetto. Attualmente, anche in relazione ad alcuni progetti di ricerca co-finanziati dalla comunità europea a supporto dell implementazione della Direttiva e della valutazione prospettica dell evoluzione temporale dei fiumi a seguito di variazioni del clima, l approccio del River Habitat Survey è risultato essere ampiamente utilizzato in varie aree europee (in oltre 15 stati europei tra cui vari paesi in area mediterranea). Tale approccio ben si presta ad essere applicato anche alla realtà italiana (Buffagni A. et al., 2005). Al fine di adattarlo ai fiumi Sud europei, e in particolare a quelli mediterranei, in genere caratterizzati da una maggiore diversificazione e dinamicità rispetto ai corsi d acqua presenti nel Regno Unito, il protocollo di rilevamento è stato in prima istanza ampliato rispetto all originale, soprattutto al fine di meglio caratterizzare gli habitat dei fiumi mediterranei. A tale approfondimento è seguita un ulteriore implementazione che ha portato ad una nuova versione del metodo denominato CARAVAGGIO (Core Assessment of River habitat VAlue and hydromorphological condition), che ha visto una generale ristrutturazione del protocollo di rilevamento di campo e una serie di integrazioni soprattutto riguardanti la descrizione delle caratteristiche erosionali e di deposito (Buffagni et al., 2005). Nel presente lavoro si presenta dapprima una rassegna delle principali tipologie di passaggi per pesci con indicazioni tecniche sul corretto iter progettuale da seguire, basata sulle più recenti esperienze internazionali, che può costituire un utile riferimento tecnico per definire una univoca classificazione di tali dispositivi in ambito nazionale (dove attualmente sussiste una certa confusione), e quindi si delinea lo stato dell arte sul territorio nazionale, evidenziando alcune recenti iniziative di ricerca sviluppate dal Dipartimento di Ingegneria Agraria e Forestale dell Università di Firenze e dal Dipartimento di Ingegneria del Territorio, dell Ambiente e delle Geotecnologie del Politecnico di Torino, dal Dipartimento di Difesa del Suolo dell Università della Calabria, e dal Dipartimento di Biologia evoluzionistica sperimentale dell Università di Bologna che rappresentano contributi tecnici ed operativi volti ad una più ampia e corretta applicazione di tali dispositivi. 330

339 9.4 La pianificazione a scala di bacino idrografico Durante numerosi sopralluoghi su realizzazioni esistenti si è spesso osservato che la scelta del sito di intervento, ove realizzare un passaggio per pesci, è stata fatta senza precisi criteri, con la conseguenza che spesso sono state realizzate opere in contesti ambientali ove sussistevano scarsissime priorità di intervento per una efficace riqualificazione del corso d acqua. Attualmente non è possibile ipotizzare la realizzazione di passaggi per pesci presso ogni opera che determina l interruzione della continuità fluviale, specie se si considera che spesso in un solo bacino idrografico di medie dimensioni sono presenti anche centinaia di manufatti che determinano interferenze sulle popolazioni ittiche, ed è pertanto opportuno pianificare degli interventi primariamente nelle zone maggiormente interessate da periodiche migrazioni o determinate da altre esigenze vitali. In Paesi all avanguardia nel settore, indici di intervento per la progettazione di passaggi per pesci vengono utilizzati, ma risultano non applicabili alla realtà italiana, dove però appare fondamentale poter avviare ipotesi di intervento su singoli bacini idrografici valutando le aree a maggior vocazione tramite un criterio oggettivo, sintetico e di facile applicabilità. Si è pertanto proceduto alla definizione sperimentale di appositi indici, denominati Indici di Priorità di Intervento, che potessero fornire alle Pubbliche Amministrazioni un indirizzo da adottare nella pianificazione territoriale di interventi finalizzati al restauro della libera circolazione dell ittiofauna mediante la realizzazione di passaggi per pesci su sbarramenti esistenti, prendendo in esame l intero bacino idrografico o su singoli tratto di corso d acqua. I criteri per la definizione dei suddetti indici (che sono di tipo numerico dimensionale: tanto maggiore è l indice, più aumenta la priorità di intervento) si sono basati sulla necessità di favorire la progettazione di passaggi per pesci in contesti caratterizzati da: a) corsi d acqua con scarsa frammentazione longitudinale, svantaggiando quelli eccessivamente sistemati in cui risulta veramente difficoltoso ed oneroso il ripristino del river continuum b) opere di sbarramento che creano un limitato dislivello tra il pelo libero di monte e quello di valle, avvantaggiando quei contesti in cui l intervento risulta più semplice rispetto ad opere trasversali di grande altezza c) presenza di specie ittiche con spiccate esigenze migratorie, autoctone ed in via di rarefazione, privilegiandole rispetto a quelle stanziali, immesse ed in espansione Tali indici sono stati concepiti per presentare le seguenti caratteristiche: a) semplicità e praticità nell uso 331

340 b) flessibilità poiché adattabili ai differenti distretti ittico-idrografici presenti sul territorio nazionale, modificando semplicemente i valori attribuiti alle specie ittiche ed aggiungendo le eventuali specie mancanti c) complementarità alle considerazioni di tipo qualitativo relative alla zona in oggetto di studio Essi sono stati applicati sperimentalmente su alcuni corsi d acqua del bacino idrografico del Sieve (Provincia di Firenze) e sono ora in corso di applicazione e taratura su alcuni corsi d acqua piemontesi (Varaita, Po, etc.), al fine di poter proporre la relativa applicazione in modo diffuso sul territorio come utile strumento di pianificazione (Pini Prato E., Comoglio C., 2006) Gli indici di priorità In Paesi più all avanguardia sulle scale di risalita, indici di intervento sono stati utilizzati ma risultano non applicabili alla realtà italiana. Purtroppo, per la carenza di fondi pubblici destinati a questo scopo è necessario fare delle scelte, ovvero preferire l intervento su una situazione invece che su un altra. Tali scelte attualmente sono basate su criteri di tipo qualitativo, sulle pressioni dei pescatori e degli ambientalisti, sull occasione di intervenire quando si verificano lavori di restauro. Manca tuttavia uno strumento di pianificazione degli interventi che possa realmente quantificare la necessità di intervento. Viene di seguito riportato uno studio effettuato dal dr. Enrico Pini Prato del Dipartimento di Ingegneria Agraria e Forestale dell Università degli Studi di Firenze in cui vengono indicati degli indici di priorità di intervento, finalizzati soprattutto alla utilizzazione da parte delle Pubbliche Amministrazioni (Pini Prato E., 2004). Gli indici di priorità di intervento sono strumenti di uso pratico per la valutazione di priorità di intervento (realizzazione di scale di risalita per l ittiofauna su sbarramenti esistenti) per singoli interventi alternativi o a livello di bacino. Sono indici numerici per i quali tanto maggiore è il valore dell indice, più importante è la priorità di intervento. Tali indici sono strumenti di pianificazione territoriale. - ip : indice di priorità di intervento sul singolo sbarramento, si utilizza per confrontare l intervento su uno sbarramento piuttosto che su un altro, sullo stesso o su differenti corsi d acqua - Ip: indice di priorità di intervento totale, si utilizza su un singolo bacino, su una porzione di esso o su bacini differenti 332

341 I fattori che determinano gli Indici di Priorità sono: a) lunghezza dei tratti di corso d acqua da raccordare (L v, L m, L t ) b) altezza degli sbarramenti esistenti (h i, h n ) c) presenza di specie ittiche e relative caratteristiche biologiche (ni, ki) Tali fattori sono facilmente reperibili: - cartografia dettagliata scala 1: (meglio se 1: 2.000, 1: 5.000) - rilievo dell altezza dei singoli sbarramenti - carta ittica provinciale o regionale Calcolo degli indici di priorità ip: indice di priorità sul singolo sbarramento: con: ip L L v m H n - L v = lunghezza del tratto a valle dello sbarramento (in km) - L m = lunghezza a monte dello sbarramento (in km) - H = altezza dello sbarramento ( in metri) - Σn i k i = (n 1 k 1 +n 2 k 2 +.n n k n ) = sommatoria specie presenti per il relativo k i (coeff.di priorità) Ip: indice di priorità totale Lt ni k Ip h - L t = lunghezza totale dell asta fluviale raccordata, ovvero ipotizzata continua (in km) - Σn i k i = (n 1 k 1 +n 2 k 2 +.n n k n ) = sommatoria specie presenti per il relativo k i (coeff. di priorità) - Σh i = (h 1 + h 2 + h n ) = sommatoria delle altezze di tutti gli sbarramenti presenti (in metri) (Pini Prato E., 2004). i i i k i 333

342 Valutazione del k i (coefficiente di priorità della specie ittica) Il k i è il coefficiente di priorità della specie ittica e determina l importanza della singola specie per un determinato distretto ittico geografico (Pini Prato E., 2004). La valutazione del k i è principalmente rivolta alla necessità della specie di risalire il corso d acqua e di ricolonizzare areali perduti in seguito alla costruzione di sbarramenti, è quindi in primo luogo una valutazione di tipo ecologico finalizzata alla tutela e conservazione del patrimonio ittiofaunistico (Pini Prato E., 2004). La determinazione del k i si basa su quattro parametri (M, R, PAE, V), ai quali viene attribuito un valore che va da 0 a 3. La somma del valore dei 4 parametri divisa per 10 (per motivi di ottenere numeri piccoli) determina il k i per quella singola specie. Essendo 3 il punteggio max. per parametro e 4 i parametri, il tutto diviso 10, il k max sarà = 1.2, mentre il k min = 0, quando la specie ha tutti i parametri nulli. Il range di variazione oscilla tra questi due valori. M = mobilità È la capacità, se non la necessità, di compiere spostamenti più o meno lunghi sull asta fluviale per motivi trofici o riproduttivi. Tale valore è massimo per le specie migratrici. M=0 specie fortemente stanziali; M=1 spostamenti ridotti; M=2 spostamenti consistenti; M=3 specie migratrici. R = rarità È un parametro che indica quanto una determinata specie sia presente sul territorio, è massimo per le specie in rarefazione, il cui calo demografico sia possibilmente documentato. R=0 specie in espansione; R=1 abbondanti su tutto il territorio; R=2 in calo; R=3 in estinzione PAE = presenza, autoctonia ed endemismo Tale parametro indica quanto la specie sia diffusa sul territorio in questione rispetto ad areali più vasti, anche in conseguenza all introduzione artificiale; il caso limite può essere l endemismo, al quale è attribuito il punteggio massimo, che si verifica quando la specie ha un areale localizzato strettamente alla zona in studio. PAE=0 specie introdotta; PAE=1 ampio areale (anche fuori dall Italia); PAE=2 specie ad areale più ridotto presenti nel distretto Tosco-Laziale oppure nel Padano - Veneto; PAE=3 specie tipiche, endemismi del distretto Tosco-Laziale 334

343 V = valore sociale Con questa voce si sottolinea l interesse verso una determinata specie per attività ricreativa, pesca sportiva, ma anche l esistenza nella memoria storica dei pescatori. V=0 interesse nullo; V=1 interesse scarso; V=2 interesse discreto; V=3 notevole interesse. La sommatoria del prodotto n i k i permette di prendere in considerazione tutte le specie presenti in un corso d acqua per poi escludere, ai fini della priorità di realizzazione di strutture di risalita, quelle specie talmente stanziali e/o diffuse per favorire le quali non avrebbe senso intervenire. Infatti per tali specie, essendo k = 0, si annulla il prodotto, e quindi automaticamente il loro contributo è nullo nella sommatoria (Pini Prato E., 2004). 9.5 Aspetti scientifici e conservazionistici per i corsi d acqua della Calabria Continuità fluviale: basi scientifiche, normative e valore conservazionistico I recenti provvedimenti legislativi in materia di tutela dei corpi idrici (D.L. 3 aprile 2006 n. 152 "Norme in materia ambientale" e Direttiva Acque 2000/60/CE) hanno superato i precedenti approcci alla conservazione dei corsi d acqua, che si basavano essenzialmente su problemi quantitativi (deflusso minimo vitale) e qualitativi (inquinamento), considerati peraltro in forma disgiunta. Secondo la nuova normativa, occorre invece pervenire ad uno stato ecologico adeguato per alcune categorie di corpi idrici superficiali e sotterranei, fra i quali sono compresi i corsi d acqua in aree protette. Tale stato ecologico deve essere valutato sulla base di elementi di qualità biologica, idromorfologica e chimico-fisica. Fra gli elementi di qualità idromorfologica da considerare nella valutazione dello stato ecologico, l Allegato 1 al Decreto 152/06 include la Continuità fluviale che, in forma semplificativa, viene definita come la possibilità di migrazione indisturbata degli organismi acquatici e il trasporto del sedimento. In effetti, in ambito scientifico è oggi acclarato che un corretto approccio alla valutazione della continuità idrologica dei corsi d acqua debba basarsi sul riconoscimento di tre assi di connettività idrologica (Ward, 1989), alla base del cosiddetto River Continuum Concept (Vannote et al., 1980). L acqua ed i materiali in essa disciolti o in sospensione si muovono longitudinalmente da monte a valle, mentre il biota si muove longitudinalmente in entrambe le direzioni. Il corso d acqua è connesso idrologicamente con la zona ripariale, in forma spesso discontinua (fiumi di pianura). Infine, le acque superficiali sono connesse verticalmente con la zona iporreica e con le acque sotterranee. 335

344 Connessa alla continuità fluviale nel senso sopra specificato, è la funzione di corridoio ecologico assunta dai corsi d acqua nell ambito della Rete ecologica. Diversi fattori intervengono ad alterare o impedire la continuità fluviale, dando luogo alla frammentazione degli ecosistemi acquatici e ripariali. Fra essi, devono essere in primo luogo considerate diverse opere idrauliche in alveo, sia trasversali (come briglie, soglie, dighe, traverse) che longitudinali (difese spondali, arginature), nonché i rivestimenti del fondo dell alveo stesso (Fig. 94). Fig Briglia sulla Fiumara Allaro (invalicabile per la fauna ittica) Fra le forme di impatto, assume particolare rilevanza l impedimento che viene arrecato alla migrazione della fauna ittica. La quale viene condotta per scopi riproduttivi, trofici e per lo svernamento. A tal proposito, è appena il caso di rilevare che i pesci costituiscono la classe di vertebrati gravata attualmente dal maggior grado di minaccia. Delle 48 specie indigene italiane, 42 sono minacciate e 27 sono state interessate da numerosi casi di estinzione locale e corrono il rischio di estinzione totale (Bulgarini et al., 1998). È anche opportuno ricordare che già il R.D del 8/10/1931, all articolo 10, prevedeva la costruzione di opere atte alla risalita dei pesci in caso di concessione di derivazione d acqua. 336

345 9.5.2 Specie ittiche di riferimento per la Calabria La fauna ittica presente nei corpi idrici della Calabria comprende diverse specie (autoctone ed alloctone) che risentono in misura significativa degli ostacoli agli spostamenti longitudinali. L Anguilla (Anguilla anguilla) è una specie migratrice obbligata catadroma (che migra verso il mare per la riproduzione), comune. L Alosa (Alosa fallax), detta anche Cheppia, è una specie migratrice obbligata anadroma (che migrano verso le acque dolci per la riproduzione) che non è in grado di superare significativi ostacoli lungo il corso d acqua e per la quale la presenza anche di un solo piccolo sbarramento in prossimità della foce in mare ne determina la totale scomparsa dal corso d acqua. È segnalata nel Crati, a valle delle traverse esistenti nel basso corso del fiume. I cefali (Mugil cephalus, Chelon labrosus, Liza sp.) e la Spigola (Dicentrarchus labrax) sono specie migratrici opportuniste (che si spostano per esigenze trofiche) di tipo anfidromo (si spostano da acque dolci ad acque salate indifferentemente). Le seguenti specie sono invece potamodrome (migrano all interno delle acque dolci). Alla categoria dei Ciprinidi reofili (buoni nuotatori, si spostando nella corrente per esigenze trofiche o riproduttive) appartengono diverse specie presenti in Calabria: la Rovella (Rutilus rubilio), endemica del centro-sud Italia e inclusa nella Direttiva CEE 92/43 tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione, nonché nella Convenzione di Berna (1979) relativa alla conservazione della vita selvatica e dell ambiente naturale in Europa ; è presente nel F. Lao (oss. pers.); l Alborella meridionale (Alburnus albidus), anch essa endemica del centro-sud Italia e inclusa nella Direttiva CEE 92/43 tra le specie animali e vegetali d interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione ; è presente nel F. Lao (oss. pers.); il Barbo comune (Barbus plebejus), presente nel F. Crati (probabilmente introdotto); il Cavedano (Leuciscus cephalus), comune. Infine, i Salmonidi compiono spostamenti a scopo riproduttivo nell ambito dei tratti montani dei corsi d acqua. In Calabria, sono presenti: la Trota iridea (Oncorhynchus mykiss), alloctona, piuttosto comune; 337

346 le trote autoctone, di incerta classificazione tassonomica, recentemente ascritte alla stirpe mediterranea Salmo mediterraneus, cui apparterrebbero sia la Trota fario o di torrente che la Trota macrostigma. Quest ultima (nota anche come trota sarda e che avrebbe nella differente livrea un carattere acquisito e non geneticamente determinato) è una specie prioritaria nell Allegato II della Direttiva Habitat della Comunità Europea ed è giudicata in pericolo in modo critico nella già citata Lista Rossa dei Vertebrati italiani. La presenza è stata rilevata nei tratti a quota maggiore di numerosi corsi d acqua dell Aspromonte e probabilmente del F. Lese (Sila). Molto più comune è la Trota fario. Infine, non devono essere sottovalutati gli spostamenti che vengono compiuti anche da altre specie, ad esempio in periodo riproduttivo o a seguito di eventi di piena rilevanti o nei normali processi di diffusione della specie Particolarità dei corsi d acqua calabresi I Ciprinidi reofili popolano, di norma, i tratti intermedi dei corsi d acqua, caratterizzati dalla persistenza di correnti. I Salmonidi, come appena osservato, sono presenti nei tratti montani. Deve essere però rilevato che le particolari caratteristiche dei corsi d acqua calabresi possono dare luogo a marcate differenze rispetto allo schema classico di classificazione dei tratti dei corsi d acqua. Fiumi e torrenti pervengono rapidamente alle quote più basse, conservando spesso pendenze notevoli anche nei tratti vallivi (Fig. 95). Le acque si mantengono fresche ed ossigenate talvolta fino alla foce in mare, rendendo possibile la presenza di specie normalmente associate a fasce altitudinali diverse. Le fiumare, invece, sono corsi d acqua che, nei tratti terminali, hanno portata nulla in superficie anche per diversi mesi all anno, permanendo un deflusso iporreico nell ammasso alluvionale tipicamente grossolano e misto. In tali condizioni, l impossibilità di migrazione della fauna ittica risulta evidentemente esiziale per la stessa (Fig. 96). 338

347 Fig Torrente Raganello in evoluzione versa la magra estiva Fig Fiumara Saraceno in magra: briglie 339

348 9.6 Generalità tecniche sui passaggi per pesci Il corretto iter progettuale La progettazione dei passaggi artificiali per pesci costituisce un settore altamente specialistico - al quale concorrono sia conoscenze di tipo tecnico ed idraulico che biologiche - e prevede un approccio multidisciplinare. Le conoscenze possono essere ordinate schematicamente nel seguente iter metodologico per la corretta progettazione: a) indagine sulla fauna ittica presente e scelta della/e specie da favorire definite specie target b) conoscenza del calendario migratorio e/o riproduttivo per la/e specie target c) analisi del regime fluviale presso lo sbarramento (portate, livelli, velocità della corrente, trasporto solido, etc.) durante l arco dell anno e soprattutto nel periodo migratorio prima individuato per la/e specie target d) scelta della portata di utilizzo da destinare all opera idraulica in relazione alla portata media del corso d acqua nel periodo individuato e) scelta della tipologia di passaggio più idonea al contesto analizzato (Pini Prato E., Comoglio C., 2006) Ogni situazione rappresenta un caso unico per condizioni idrauliche, ambientali, faunistiche, e pertanto dovrà seguire una corretta una metodologia applicativa invece di limitarsi alla banale e spesso totalmente inefficace riproduzione di modelli standard da manuale. Il passaggio artificiale deve risultare, la risposta tecnica a tutti i fattori che caratterizzano uno specifico contesto ambientale, sia dal punto di vista ecologico, sia dal punto di vista idrologico ed idraulico (Pini Prato E., Comoglio C., 2006) Classificazione e rassegna delle principali tipologie di passaggio artificiale Una moderna classificazione delle tipologie di passaggi per pesci prevede la relativa suddivisione in tre gruppi principali in base ai principi di funzionamento(pini Prato E., Comoglio C., 2006). a) Passaggi tecnici: passaggi artificiali di varie tipologie testate, apparentemente simili a comuni opere di ingegneria civile. Privilegiano l uso di murature e parti meccaniche o metalliche con setti e diaframmi, paratoie, non imitando situazioni naturali con l utilizzo di rocce, massi, macroscabrezze. Sono la tipologia di passaggio artificiale più utilizzata. 340

349 b) Passaggi close to nature o seminaturali : passaggi artificiali il cui aspetto imita il più possibile le caratteristiche naturali del corso d acqua, superando i dislivelli tramite corsi d acqua minori, rapide, piani inclinati a macrorugosità. Possono essere realizzati anche con tecniche di ingegneria naturalistica (rampe senza uso di calcestruzzo per l intasamento dei massi). c) Passaggi speciali: opere che permettono il passaggio dei pesci senza ricostituire la continuità fluviale. I pesci vengono semplicemente spostati passivamente oppure attivamente, ma il fiume continua a rimanere sostanzialmente interrotto (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Le sottotipologie sono le seguenti: Passaggi tecnici: 1. Pool passes: passaggi a bacini successivi generalmente in muratura con setti divisori in muratura, legno o metallo con una fenditura laterale ed un orifizio sul fondo. Le pareti presentano le fenditure alternate a destra e sinistra. Bacini con lunghezza minima 1.40 m e larghezza 1.00 m; portate utilizzabili da 50 fino a 500 l/s (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). 2. Vertical slot: a fenditure verticali, passaggio generalmente costituito da un canale in muratura con setti divisori in muratura oppure legno con una o due fenditure che si estendono per tutta l altezza della parete. I bacini hanno dimensioni minime di 1.90 m di lunghezza ed 1.20 di larghezza, portata minima utilizzabile da circa 150 l/s fino a molti m 3 /s (Fig. 97) (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Fig Passaggi per i pesci a fenditure verticali in Francia (Garonna) (www3.unipv.it) 341

350 3. Passaggi Denil: canali in muratura, legno o metallo con deflettori sagomati ad U e posti con angolazione a 45. Possono avere larghezza variabile tra 0.6 e 0.9 m, pendenza massima 1:5 e lunghezza 6-8 m. Oltre queste lunghezze è previsto l uso di vasche di riposo intervalle ogni 2 metri di dislivello. Utilizzano portate di almeno 250 l/s (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Passaggi close to nature : 1. Bottom ramp: rampe in pietrame realizzate per tutta la larghezza del corso d acqua, ad alta scabrezza (Fig. 98). La pendenza massima ammissibile è 1:15 e l altezza massima superabile è 2 m. La portata minima di alimentazione può essere circa 100 l/s per metro di larghezza della rampa, ma si prediligono portate maggiori (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). 2. Canali bypass: corsi d acqua artificiali, di aspetto naturaliforme, in aggiramento allo sbarramento (Fig. 99). Utilizzabili per dislivelli anche superiori ai 2 m, ma con pendenze inferiori ad 1:20. Larghezza minima m, portata minima di funzionamento 100 l/s per metro di larghezza (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Fig Passaggio seminaturale: tipologia canale bypass per ittiofauna e kayak ( 3. Fish ramps: rampe che occupano parzialmente la larghezza di uno sbarramento già esistente. Sono realizzate con una gettata di massi ad un aggiunta di boulders per diversificare il fondo, ridurre la velocità di deflusso (Fig. 100). Larghezza minima 2 m, altezze superabili 3-4 m, pendenza massima 1:20 e portata minima raccomandata 100 l/s per metro di larghezza (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). 342

351 Fig Rampe in pietrame o bottom ramp ( Fig Fish ramps ( Passaggi speciali: 1. Eel ladders: passaggi per anguille. Si tratta di canalette spesso in plastica con setole sintetiche e sottofondo a ghiaia, permeate solo parzialmente (Fig. 101). Larghezza variabile da 30 a 50 cm, pendenza da 1:5 a 1:10 (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). 2. Chiuse da pesci: camere a pozzetto regolate da chiuse per l entrata e l uscita dell acqua. La portata di attrazione è generata tramite il controllo dell apertura della paratoia o immettendo acqua con un bypass. Misure dei bacini variabili, portata 343

352 dipendente dalla grandezza di questi e dai cicli di funzionamento (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). 3. Ascensori da pesci: vasche a sollevamento meccanico per il trasporto dei pesci da valle a monte; il collegamento tra il fiume e la vasca di cattura è realizzato con un canale nel quale viene immessa una portata di attrazione (Fig. 102). Dimensioni della vasca di carico da 2 a 4 m 3 (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Fig Fishways Eel ladders ( Fig Ascensore vasca con griglia in Bretagna (www-3.unipv.it) 344

353 9.7 I passaggi tecnici Le scale di rimonta o a bacini successivi sono apposite scale costruite per consentire il passaggio dei pesci attraverso le briglie o le traverse poste nei corsi d acqua. Da Deppo L. et al., 2005 li definiscono come una successione degradante di vasche, con portata variabile da 20 l/s a 0,5 m 3 /s. In funzione delle caratteristiche geometriche delle fenditure si hanno diversi tipi di setti separatori: con aperture superficiali, con orifizi di fondo, tipologia mista ovvero con aperture superficiali e orifizi di fondo, a fenditure verticali (Da Deppo L. et al., 2005) Criteri di progettazione delle scale a bacini successivi Per il dimensionamento è necessario considerare: - la differenza di livello tra i bacini - le dimensioni dei bacini e delle fessure - la portata transitante Il principio delle scale da pesci è quello di alternare i salti, zone di corrente veloce, con le vasche, zone a velocità limitata dove i pesci possano recuperare le energie e prepararsi per il salto successivo. I requisiti fondamentali che deve avere una scala di rimonta sono i seguenti: ridurre la velocità dell acqua al di sotto della capacità natatoria; non essere esposta a rapidi cambiamenti di portata; assicurare la visibilità del percorso e la trasparenza dell acqua; avere luoghi di riposo; far passare una portata sufficiente per attirare i pesci; operare senza interventi dell uomo; avere l imbocco di valle correttamente collocato; non essere soggetto a ostruzioni; essere facilmente accessibile; non richiedere una portata maggiore del minimo deflusso naturale. (Da Deppo L. et al., 2005). L ingresso della scala, posto vicino al manufatto, deve essere tale da facilitare l accesso ai pesci. Un modo per facilitare l accesso è quello di alimentare la scala con una portata che dia luogo ad una velocità maggiore di quella con la quale, in stato normale, la portata eventualmente sfiorata s immette a valle(da Deppo L. et al., 2005). Le dimensioni minime di una vasca (Fig. 103) sono: lunghezza 3 m, larghezza 2 m, profondità 1,20 m. Consolidate esperienze hanno raccomandato che il dislivello tra le superfici liquide di due vasche non deve superare i 45 cm; le soglie stramazzanti, arrotondate verso valle, devono avere spessore di 0,30 m, larghezza L = 0,60 m e altezza h = 0,25 m (Da Deppo L. et al., 2005). 345

354 Fig Schema di una scala a vasche: le dimensioni indicate sono da ritenersi minime (Da Deppo L. et al., 2005) La portata scaricata da ogni luce è con C = 0,40. Assumendo L=0,60 m e h = 0,25 m, si ha Q = 1,33 m 3 /s. La velocità sulla soglia è considerando il dislivello di 45 cm, la velocità massima risulta La velocità massima indicata può essere raggiunta da un pesce lungo 0,4 m in acqua con temperatura di 10 C e mantenuta per 40 s; oppure da un pesce lungo 0,3 m in acqua con temperatura di 15 C e mantenuta per 7 s (Da Deppo L. et al., 2005) Il salto tra i bacini dipende dalle capacità di nuoto e salto delle specie considerate. 346

355 Il manufatto è completato a monte da una griglia, per esempio con luce libera di 30 cm, per trattenere eventuali corpi galleggianti e da una paratoia per interrompere l alimentazione Le scale Denil La struttura della scala Denil è essenzialmente costituita da una successione di quinte inserite in serie con un definito interasse in un canale a sezione rettangolare inclinato. L ufficio svolto dalle quinte è quello di creare una serie di vasche, come nella scala a bacini successivi, assicurando lo svolgimento del processo dissipativo fra l una e l altra. Le quinte, ravvicinate e inclinate, creano canali secondari. Il rimescolamento che si crea dall incontro tra il flusso di rientro dai canali secondari col flusso principale, fa sì che venga assorbita l energia cinetica dell acqua (Da Deppo L. et al., 2005). La velocità viene diminuita tramite une serie di deflettori, essi possono essere posti sul fondo e sulle pareti (Da Deppo L. et al., 2005) Criteri di progettazione delle scale Denil Gli elementi significativi della scala Denil, sono oltre alla portata, la forma delle quinte, il loro interasse e l inclinazione. L elemento di riferimento è la larghezza L del canale, da assumersi in funzione del tipo di pesce da considerare. Nella figura seguente è riportata una scala Denil (Fig. 104). I deflettori devono essere in acciaio inossidabile o in lamiera zincata di spessore 8-10 mm (Da Deppo L. et al., 2005). Le caratteristiche geometriche usuali sono: - pendenza del canale i = 12-20%; - inclinazione delle quinte α = 45 ; - distanza tra due deflettori P = 0,60 1 m; - B, C, D e H dipendono da L, attraverso parametri determinati sperimentalmente; - la larghezza L dipende dalla profondità e dalla larghezza del corso d acqua, il valore limite da rispettare è h/l = 0,5 347

356 Fig Scala Denil Per salmoni e trote la larghezza del canale si ritiene pari a L= 0,80 1,00 m e la pendenza i viene fatta variare in funzione della larghezza L: i = 20% con L = 0,80 m; i=17,5% con L = 0,90 m; i = 16% con L = 1 m. 348

357 Per le trote, posto L= 0,60 0,90 m, si ha: i = 20% con L = 0,60 m; i=17% con L = 0,70 m; i = 15% con L = 0,80 m; i = 13,5% con L = 0,90 m; oppure, con modeste differenze, i (%)=32,5-21,5 L. Il valore minimo dell altezza h è h min = 0,5 0,6 L. Fissato, per esempio, L = 0,90 m e i = 13,5% dalla figura si ha: B 0,583 0,90 0, 52m h 0,6 0,9 0, 54m D 0,236 0,90 0, 21m ; quindi h a 0,54 0,21 0, 33m. Alcune esperienze assegnano alle scale Denil un coefficiente globale di resistenza secondo Chézy di 6 7m 1/2 /s (Da Deppo L. et al., 2005). Il coefficiente da modo di calcolare la velocità, dell ordine di v= 1,00 1,50 m/s, e la portata necessaria. Valori di portata e velocità sono stati ottenuti da alcuni autori con prove sperimentali. (Ministry of Agriculture, Fisches and Food, 1984). 9.8 I passaggi close to nature : le rampe di risalita Le scale da pesci consentono, a rigore, la risalita solo alle specie con potenzialità uguale o superiore a quella per la quale sono state dimensionate. La continuità ecologica che si vuole conservare nell alveo può tuttavia riguardare tutte le specie acquatiche presenti, comprese quelle bentoniche. Le rampe di risalita nascono proprio da questa esigenza, infatti, in molti casi in cui si ha un dislivello limitato, anziché prevedere le scale classiche, tipo quelle di rimonta o Denil, è più appropriato immettere una gettata di massi che crea nel fondo alveo tra monte e valle della gettata stessa un piano inclinato; tale opera è detta rampa di risalita. 349

358 9.8.1 Criteri di progettazione delle rampe di risalita Le rampe di risalita che si sono rivelate molto efficaci sono quelle con altezza inferiore a 2 m, con pendenza inferiore a 1:8 e costituite con blocchi di pietrame non omogeneo, ma con riferimento ad un diametro significativo d da calcolarsi con le successive relazioni (Da Deppo L. et al., 2005). L irregolarità che si ha con la posa di massi di pezzatura differente dà luogo ad un alternanza di zone con velocità alta e zone con velocità bassa, creando così microambienti fluviali diversificati e le condizioni migliori per la risalita dell ittiofauna (Da Deppo L. et al., 2005). Il pietrame può essere gettato alla rinfusa (anche in presenza d acqua) (Fig. 105) o posato con regolarità (Fig. 106). Fig Rampe di risalita con pietrame gettato alla rinfusa Fig Rampe di risalita con pietrame sistemato su filtro rovescio 350

359 È preferibile la posa su uno strato di ghiaia e ciottoli con funzione di filtro rovescio, da porre in opera se non esiste naturalmente sul fondo, piuttosto che su un geotessuto. Lo spessore dello strato è s= 1,5 2,0 d (1) in cui s rappresenta lo spessore dello strato e d il diametro significativo dei blocchi di pietrame. La conformazione della rampa deve essere tale da convogliare il flusso lungo l asse del corso d acqua (Da Deppo L. et al., 2005). La posa in modo regolare si effettua tenendo la zona all asciutto e consente di porre in opera un solo strato di massi. La posa di pietrame annegato in un getto di calcestruzzo è da considerarsi con cautela, rispetto alla soluzione senza conglomerato, in quanto genera un assetto manifestamente artificiale (Da Deppo L. et al., 2005). La conformazione della rampa deve essere tale da convogliare il flusso lungo l asse del corso d acqua. Una delle formule che può essere utilizzata per calcolare il diametro minimo d dei blocchi è la relazione di Gauckler Strickler nella quale si pone il raggio idraulico circa pari all altezza d acqua h: V = K S R 2/3 i 1/2 (2) nella quale si indica con V la velocità media e R il raggio idraulico; ponendo con K S = 26 / d 1/6. R h si ha: V = K S h 2/3 i 1/2 (3) Il valore del diametro d può essere ricavato utilizzando le formule di Shields (1936) per la valutazione della tensione tangenziale critica e di Schoklitsh (1950) che fornisce il valore soglia di portata critica al di sotto del quale non esiste trasporto solido. Entrambe le relazioni sono basate sul seguente concetto: l inizio del trasporto solido di fondo si ha quando viene raggiunto il valore critico, ossia quando τ = τ cr, in termini di tensioni tangenziali e quando q=q cr in termini di portata. È stata indicata con τ la tensione tangenziale media, τ cr la tensione tangenziale critica, q la portata liquida in volume per unità di larghezza dell alveo e q cr è la portata critica. Questi concetti sono espressi per via grafica nel diagramma di Shields (Fig. 107). 351

360 Fig Diagramma di Shields Le espressioni delle tensioni tangenziali sono riportate di seguito: cr w hi 0, 06 d s w (4) (5) con d espresso in metri. Posto τ = τ cr e nota la portata per unità di larghezza q=v h dalla (3) si ottiene la relazione di Schoklitsh: s w q 0,24 w 5 / 3 d 3/ 2 i 7 / 6 (6) tale equazione, nota q, può risolversi rispetto al diametro d. La relazione è applicabile per tiranti d acqua h abbastanza elevati rispetto al diametro d del materiale, ossia solo nel campo di validità della relazione di Shields. Quando la dimensione d del materiale è comparabile con il tirante idrico h, ossia in condizione di sommergenza bassa la relazione di Shilds cade in difetto; in questo caso si utilizza la seguente equazione: 0,5 dh / d h cr 0,06 1 0,67 / s w d (7) 352

361 Se d / h 2 si ha τ cr 0,14 (γ s γ w )d; in tal caso il valore della portata, a parità di diametro dei massi e di pendenza, risulta circa 3 volte maggiore di quella indicata. Per le rampe sono raccomandati valori del rapporto d/h compresi tra 2 e 3. La portata specifica per la quale assegnare il diametro del pietrame non è quella massima del corso d acqua, ma quella al di sopra della quale il deflusso sulla rampa risulta rigurgitato da valle; in condizioni rigurgitate la velocità è ovviamente minore. Per ridurre il diametro dei massi che costituiscono la rampa è talvolta usato il loro collegamento a gruppi con trefoli d acciaio passati entro spezzoni d acciaio con anelli ancorati ai massi stessi. La scogliera deve prolungarsi, a valle della rampa, fino a comprendere tutta la zona di formazione del risalto. A valle del risalto il diametro del materiale per la stabilità, deve soddisfare la relazione v < 8 d con v in m/s e d in m. Spesso, in corrispondenza della parte terminale del rivestimento, si infiggono dei pali di legno o spezzoni di rotaia ad interasse di cm, inferiore a 2/3 d, per una profondità di infissione di 4 5 cm. Lo scopo di tale accorgimento è di proteggere la zona terminale del rivestimento dagli scalzamenti per erosione a valle (Da Deppo L. et al., 2005). La rampa di risalita può avere, per lo più in posizione centrale, una cunetta liscia per il passaggio delle canoe; lungo questa cunetta defluisce anche la portata in condizioni di magra (Da Deppo L. et al., 2005). In alternativa alla rampa si può realizzare un passaggio per i pesci costituito da una successione di traverse in pietrame, disposte ad una distanza di 1,5 2,5 m una dall altra, ben fissate a fondo alveo (Fig. 108). Se il salto complessivo è maggiore di 3 m, ogni 2 m di dislivello si deve creare una vasca intermedia con lunghezza di almeno 4 m. 353

362 Fig Passaggio per pesci costituito da una successione di traverse in pietrame (Da Deppo L. et al., 2005) Per un corretto funzionamento, il passaggio deve rispettare le regole seguenti: - deve avere il suo inizio a valle il più vicino possibile alla briglia per essere facilmente localizzato dal pesce; - i dislivelli tra i salti devono essere minori di 0,20 m, la larghezza minima deve essere di 1 m, la profondità minima 0,4 0,6 m; pendenza inferiore a 1:20; 354

363 - deve riprodurre, per quanto possibile, le caratteristiche del fiume (fondo naturale, alternanza di zone con bassa velocità con altre a maggiore velocità, sponde inerbite e con presenza di arbusti. La risalita del pesce in presenza di opere esistenti può ottenersi in due modi: - si può realizzare una rampa con una gettata di massi tra la briglia e la contro briglia nei casi in cui la briglia ha altezza modesta; - si crea un passaggio laterale costituito da una serie di traverse in pietrame se la briglia ha un altezza superiore a 2 3 m (Da Deppo L. et al., 2005). 9.9 Un esempio significativo: il passaggio per pesci sul torrente Comano (FI) Oltre alla progettazione e realizzazione di diversi passaggi per pesci (t. Comano (FI), t.lima (PT e LU), t. Fegana (LU), etc.), attività che hanno permesso di applicare in concreto i criteri progettuali ed operativi relativi a tali dispositivi garantendo una completa visione delle problematiche legate alle opere (dalla progettazione al collaudo dell efficienza delle stesse intercorrono molte fasi di messa a punto finalizzate ad una calibrazione ottimale del relativo funzionamento), è da segnalare una importante iniziativa finalizzata al collaudo dell efficacia del passaggio per pesci sul torrente Comano, affluente del Sieve, realizzato ad inizio 2002 e quindi monitorato durante la stagione migratoria di tale anno (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Tale passaggio è stato progettato per ripristinare la continuità degli ecosistemi fluviali interrotta da una briglia avente sviluppo trasversale di 22 m e dislivello tra monte e valle di 2.30 m in periodo di magra, e dotata di una controbriglia in pietrame di altezza pari a circa 0.70 m, ubicata a circa 10 m a valle (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Per il superamento di tale dislivello è stato realizzata una sezione di deflusso sul coronamento di sezione 0.40 m x 0.30 m, ed una fenditura di circa 0.70 m x 1.00 m sulla controbriglia per permettere alla fauna ittica di accedere al passaggio artificiale (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). L ubicazione ed il dimensionamento delle suddette sezioni sono stati definiti in modo da concentrare il deflusso del torrente Comano lungo un unico filone principale di corrente al fine di rendere maggiormente attrattivo l intero sistema per l ittiofauna in risalita da valle. La tipologia del passaggio realizzata è a bacini successivi, tra loro separati da paratoie metalliche su ognuna delle quali è stata inciso un orifizio sul fondo ed una fenditura laterale di profondità 0.50 m e larghezza 0.10 m nella parte superiore (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). Il manufatto, costituito da 7 bacini scalati di 0.30 m ciascuno, è stato realizzato in pietrame e malta cementizia e le paratoie in lamiera zincata sono state dotate di manici per essere estratte in modo da rendere più agevoli le periodiche operazioni di manutenzione e ripulitura (Fig. 109) (Pini Prato, Comoglio 355

364 2006). I bacini successivi misurano 1.25 m di lunghezza e 0.90 m di larghezza, mentre la profondità massima misurata sulla paratoia a valle è circa 1.10 m. Al fine di evitare l intasamento operabile da materiali galleggianti trasportati a valle dalla corrente l ingresso a monte è stato protetto da un grigliato metallico, mentre l entrata a valle del passaggio è stata posizionata lateralmente alla briglia per evitare il disorientamento dei pesci che si avvicinano eccessivamente all eventuale lama stramazzante dal coronamento della briglia (Pini Prato E., Comoglio C., 2006). La struttura è stata dimensionata per utilizzare una portata ottimale di l/s con dissipazione energetica nei bacini di circa 165 W/m 3 ; tale portata generalmente è garantita anche nei periodi di asciutta e soprattutto nel periodo migratorio. La struttura è stata tarata per funzionare con oscillazioni di portata comprese tra circa 30 l/s e 80 l/s (Pini Prato, Comoglio 2006). Il monitoraggio è stato effettuato mediante la tecnica di fish trapping, applicando una nassa presso l estrema sezione di monte del passaggio in modo da catturare ad intervalli di tempo predefiniti, classificare e successivamente rilasciare tutti gli esemplari che hanno completato la risalita. Il monitoraggio è stato svolto in due campagne di tre giorni ciascuna, nella tarda primavera ed in estate, in concomitanza del periodo migratorio dell ittiofauna costituita in prevalenza da Ciprinidi (sp. barbus, vairone, rovella, cavedano, lasca) ma anche anguilla e rare trote fario. Nonostante la breve durata del monitoraggio di funzionamento, sono emersi alcuni importanti dati: il passaggio per pesci è risultato efficace ma il relativo utilizzo da parte dei pesci è strettamente legato all esistenza di adeguate condizioni di portata del torrente (misurate contestualmente ai campionamenti); inoltre diversi esemplari catturati sono dei riproduttori e quindi, grazie al dispositivo realizzato, è stato di fatto ampliato l areale di riproduzione di alcune specie ittiche sul torrente Comano. Fig Passaggio sul torrente Comano (foto E. Pini Prato, 356

365 L esperienza condotta su tale dispositivo tipo evidenzia come sia fondamentale che sin dalla fase di progettazione di tutti i passaggi per pesci vengano pianificate adeguate attività di monitoraggio dell opera una volta in esercizio per verificarne oggettivamente la reale efficacia. Appare inoltre opportuno che nel caso di passaggi associati a nuove opere tale monitoraggio sia da includersi formalmente nelle prescrizioni autorizzative rilasciate dalle Autorità competenti (o nel disciplinare di concessione nel caso di derivazioni) (Pini Prato E., Comoglio C., 2006) Principali iniziative di ricerca sviluppate dall Università della Calabria: Indice di Funzionalità Fluviale e proposta di riqualificazione di un tratto del Fiume Savuto Il Dipartimento di Difesa del suolo dell Università della Calabria, nel 2002, ha condotto uno studio avente lo scopo di analizzare il fiume Savuto effettuando un analisi dello stato ambientale estesa al complesso fiume-territorio circostante attraverso l Indice di Funzionalità Fluviale (I.F.F.), la cui applicazione comprende la valutazione dello stato complessivo dell ambiente fluviale e della sua funzionalità intesa come una sinergia tra fattori biotici e abiotici presenti sia nell ecosistema acquatico che in quello terrestre ad esso collegato. A tal proposito, sono state applicate le diverse metodologie fornite dalla letteratura per il calcolo del DVM riscontrando un intervallo molto ampio dei valori delle portate stimate, riferendosi ogni metodo a contesti fluviali diversi tra loro. Una serie di sopralluoghi lungo il corso d acqua principale e lungo alcuni dei suoi affluenti ha consentito, inoltre, di individuare le opere trasversali presenti e verificare o meno la dotazione di strutture apposite per il passaggio della fauna ittica. Il rilievo del tratto di fiume osservato ha consentito la determinazione di un livello di funzionalità complessivamente buono evidenziando, in alcuni casi, la necessità di specifiche opere di ingegneria naturalistica e proponendone la realizzazione Descrizione del bacino Il bacino imbrifero del fiume Savuto interessa una parte meridionale della provincia di Cosenza nonché alcune aree della provincia di Catanzaro; sfocia sulla costa tirrenica a circa 3 Km a nord da Marina di Nocera Terinese ha caratteristiche morfologiche di montagna, a eccezione di una piccola fascia costiera di lunghezza 8 Km e larghezza media 1.8 Km. Il fiume Savuto presenta uno sbarramento artificiale in località Poverella. Il bacino presenta una superficie di Km2, calcolata rispetto alla foce, una lunghezza 357

366 dell asta principale di Km, altitudine media e pendenza media pari, rispettivamente, a 792 m s.l.m. e a 1.6%. La valutazione dell indice climatico I conduce a classificare il clima umido B2. Nel presente lavoro sono stati considerati i dati relativi alle portate medie giornaliere della stazione idrometrica di Savuto a Ponte Savuto nel periodo Una serie di sopralluoghi ha consentito una conoscenza dettagliata del reticolo idrografico e del territorio circostante, individuando 12 opere trasversali tra briglie e soglie, di cui 7 lungo l asta principale, 2 sul fiume Grande e 1 sul fiume Mentaro, entrambi affluenti di sinistra del fiume Savuto e 2 sul torrente Lara affluente di destra, Fig A causa soprattutto del dislivello esistente tra monte e valle nessuna di tali opere risulta rispettosa delle esigenze della fauna ittica principalmente presente nel fiume, costituita dalla trota fario, non capace di effettuare salti superiori ai 0.3 m al fine di risalire il corso d acqua. Tale problema può essere mitigato inserendo in corrispondenza dell ostacolo opportune strutture che permettano alla fauna ittica di attraversarlo così da consentire ai pesci di superare il dislivello da esse determinato quindi la costruzione di un passaggio per pesci. Diverse sono, comunque, le proposte progettuali per consentire il passaggio dei pesci e le condizioni idrauliche ideali più adatte per le specie ittiche. Il fiume Savuto presenta comunque le opere trasversali a grande distanza tra loro e i tratti del corso d acqua in cui risulta suddiviso sono abbastanza lunghi, ricchi di cavità lungo gli argini e di fessure nelle rocce costituendo l ambiente ideale per la fauna ittica principalmente presente, la trota fario, che di giorno tende a nascondersi in tali luoghi, per spostarsi a scopo di predazione Conoscenza della fauna ittica e scelta della tipologia di passaggio per pesci più idoneo Individuate le specie presenti nel corso d acqua risulta fondamentale conoscerne le caratteristiche principali, in particolare la velocità dei pesci da confrontare con la velocità della corrente prevista nel passaggio artificiale dell ittiofauna. Le velocità natatorie possono essere di crociera (a bassa velocità e mantenute per 24 ore), oppure di scatto (ad alta velocità mantenute per pochissimo tempo), e i pesci si impegnano nelle une o nelle altre utilizzando la loro muscolatura con consumo di ossigeno e glicogeno, quest ultimo contenuto nelle cellule e che permette ai muscoli di effettuare contrazioni brevi ma vigorose, che però cessano con il rapido esaurimento delle scorte di glicogeno, la ricostruzione del quale richiede tempi lunghi anche 358

367 dell ordine di 24 ore. Ciò limita ulteriormente le possibilità dei pesci di compiere ripetuti tentativi difficoltosi di risalita. La velocità di un pesce è legata dunque alla sua capacità muscolare e quindi alle sue dimensioni, più grande è il pesce, più lunghe sono le sue fibre muscolari e maggiore riserva di glicogeno può avere. La stessa velocità è influenzata dalla temperatura dell acqua, e tende ad aumentare con l aumento di quest ultima. Come accennato in precedenza la specie ittica presente è costituita dalla trota fario. Tale specie riesce a colonizzare anche in acque di alta quota, dove la temperatura invernale tocca il valore di 0 C, vivendo unicamente di forme larvali che compiono il loro ciclo fra i sassi e le rocce di fondo; rappresenta, inoltre, un esempio della capacità dei salmonidi di compiere spettacolari spostamenti verso la parte alta dei torrenti alla ricerca delle migliori zone di ossigenazione per la riproduzione. Le dimensioni della trota fario variano dai 30 cm ad un massimo di 50 cm e il periodo riproduttivo va dal tardo autunno all inverno. Riguardo le capacità natatorie, una trota di 41 cm può mantenere, in un ambiente acquatico alla temperatura di 10 C, una velocità di 3 m/s per 40 secondi, mentre un esemplare di 27 cm a 15 C può mantenere una tale velocità solo per 7 secondi, e così via variando il tempo di mantenimento al variare delle dimensioni e della temperatura. In tale studio la rampa di risalita in pietrame e il passaggio a bacini successivi con funzionamento a stramazzo sono le opere esaminate per possibili interventi da realizzare in corrispondenza delle opere trasversali individuate sul fiume Savuto e i suoi principali affluenti Studio dell Indice di Funzionalità Fluviale (I.F.F.) L analisi dello stato ambientale dei corsi d acqua individuati non può limitarsi, comunque, solo al campo d indagine inteso come acqua fluente, ma anche al complesso fiume-territorio circostante, attraverso l applicazione dell Indice di Funzionalità Fluviale (I.F.F.) la cui valutazione non ha l intento di studiare il popolamento ittico, ma di valutare l idoneità dell habitat a sostenerlo. Attraverso la compilazione di apposite schede si individua un Livello di funzionalità (dal I che è il livello migliore al V che è il peggiore) a cui corrisponde un Giudizio di funzionalità. Diventa, così, evidente come l inquinamento riferito unicamente al comparto acqua non è il solo responsabile del degrado ambientale dei corsi fluviali, dovuto spesso a una eccessiva antropizzazione. 359

368 Applicazione dell Indice di Funzionalità Fluviale e suggerimenti di ingegneria naturalistica da realizzare sul fiume Savuto e sui principali affluenti Dalla curva delle durate è stato ricavato il valore di portata pari a 460 l/s che defluisce per 365 giorni all anno nel fiume Savuto, maggiore del valore di deflusso minimo vitale ricavato con i differenti metodi (Piro P. et al., 2002) ad eccezione del Metodo Montana e di quello proposto dalla Regione autonoma Valle d Aosta. Come era logico aspettarsi, i risultati ottenuti forniscono valori di portate minime vitali differenti tra loro. Il principale motivo è dovuto al fatto che i metodi utilizzati sono stati definiti dalle diverse Regioni, come accennato in precedenza, in base alle caratteristiche idrologiche connesse alle loro tipologie fluviali. L applicazione dell I.F.F. al fiume Savuto ha consentito di analizzare il sistema fluviale individuando tratti a cui competono differenti livelli di funzionalità per ogni sponda. In particolare, sono state compilate 4 schede relative ad altrettanti tratti del fiume preso in esame (sez. 7, 5, 2 e in prossimità della sorgente), Fig. 110; la tabella 69 riporta la scheda del tratto relativo alla sez. 5 (Piro P., De Filippis F., Frega F., 2002). Inoltre, è di seguito esposta la possibilità di inserire una scala di risalita per i pesci nella briglia in sez. 5 lungo l asta principale del fiume Savuto (figure 110 e 111). Fig Bacino idrografico del Savuto 360

369 sponda Sx Dx 1) Stato del territorio circostante a) Foreste e boschi 25 b) Urbanizzazione rada 5 2) Vegetazione presente nella fascia perifluviale primaria a) formazioni arboree non riparie d) Vegetazione arbustiva non riparia o erbacea o assente ) Ampiezza della fascia di vegetazione perifluviale arborea c) Fascia di vegetazione perifluviale 1-5 m d) Fascia di vegetazione perifluviale assente 1 5 4) Continuità della fascia di vegetazione perifluviale arborea b) Con interruzioni ) Condizioni idriche dell alveo a) Larghezza alveo morbida < del triplo dell alveo bagnato 20 6) Conformazione delle rive a) Con vegetazione arborea e/o massi d) Rive nude ) Strutture di ritenzione degli apporti trofici a) Alveo con grossi massi 25 8) Erosione a) Poco evidente e non rilevante ) Sezione trasversale b) Naturale con pochi interventi artificiali 10 10) Struttura del fondo alveo a) diversificato e stabile 25 11)Raschi, pozze e meandri a) Ben distinti, ricorrenti 25 12) Componente vegetale in alveo bagnato flusso turbolento b) Periphyton discreto con elevata copertura di macrofite 5 13) Detrito a) Frammenti vegetali fibrosi e popolosi 10 14) Comunità macrobentonica a) Ben strutturata e adeguata alla tipologia fluviale 20 Punteggio totale Livello di funzionalità II-III II Tab. 69 Scheda I.F.F. compilata 361

370 Fig Proposta d inserimento della scala di risalita nella briglia, sez.5 L espressione utilizzata per il dimensionamento idraulico della scala di risalita per i pesci del tipo a bacini successivi è la seguente: S S g S Q 0,402 0,054 h P b 2 h tipica degli stramazzi rettangolari con P s petto dello stramazzo e h s il tirante sulla soglia misurato a monte e a sufficiente distanza dalla vena sfiorante. Nota la portata Q, fissati P s e b, si calcola h s. Il tirante in ogni vasca sarà h = (h s + P s ). Scalando poi i bacini di un gradino non superiore a s = 0,45 m, si trova s A = s h s, che è il salto misurato in verticale tra la sommità dell i-mo stramazzo e la superficie dell acqua contenuta nella vasca di valle rispetto allo stramazzo che si sta considerando (Fig. 112). 3/2 Fig Scala di risalita a bacini successivi 362

371 Il numero n di bacini di risalita per ricoprire il dislivello tra monte e valle ΔY, dipende dal gradino s che si sceglie in fase progettuale, dall attacco costruttivo tra la prima vasca e la briglia e dallo spessore della lama d acqua che si forma sulla gàveta. Quest ultimo si può ritenere trascurabile rispetto allo scalino s essendo l ampiezza della gàveta, su cui si vuole intervenire, pari a 14 m. Per il calcolo del numero di bacini vale la seguente relazione: ΔY n s + s/2, dove si è assunta un altezza, tra il coronamento della gàveta e la superficie libera dell acqua nella prima vasca, pari a d = s/2. Noto Δl ed s, è facile calcolare n. La larghezza delle vasche è pari a b=1,40 m e la lunghezza l=3/2 b. La portata Q, per il passaggio artificiale dell ittiofauna, si assume uguale al deflusso minimo vitale pari a circa 200 l/s (Piro P., De Filippis F., Frega F., 2002). Studi condotti in Francia hanno riguardato le curve di idoneità per la trota fario. L idoneità è espressa mediante un numero compreso tra 0 e 1. In riferimento allo stadio giovanile della trota fario si trova che a velocità non minori di 0,6 m/s l idoneità diminuisce a partire dal valore 0,8; mentre per profondità idriche non minori di 60 cm, l idoneità va diminuendo a partire da un valore elevato pari a 0,98. Le curve d idoneità delle specie adulte indicano che a velocità non minori di 0,6 m/s l idoneità diminuisce a partire dal valore 0,95; mentre per profondità idriche non minori di 60 cm l idoneità al contrario di quanto succede nello stadio giovanile e negli avannotti va aumentando a partire dal valore 0,85 (Piro P., De Filippis F., Frega F., 2002). In Tab. 70 è riportato un esempio di dimensionamento idraulico di una scala di risalita Q [m 3 /s] P s [m] b[m] ΔY[m] s[m] l[m] 0,200 1,00 1,40 1,70 0,38 2,10 hs[m] hs/p s s A [m] h[m] n ~ L[m] v[m/s] 0,18 1/5 0,20 1,18 4 8,34 0,78 Tab Dimensionamento idraulico della scala di risalita a bacini successivi Nei casi con limitato dislivello prodotto dall opera trasversale, si possono prevedere anche rampe di risalita in pietrame o la rampa grezza, costituite da una gettata di massi che copre il dislivello del fondo alveo tra monte e valle della discontinuità longitudinale che si considera. Molto efficaci sono le rampe con altezza inferiore a 2 m, con pendenza massima di 1:8 e realizzate con blocchi di pietrame non omogeneo. Le sezioni 4 e 6 individuate sull asta principale del Savuto si prestano bene ad interventi di questo tipo (Piro P., De Filippis F., Frega F., 2002). 363

372 Conclusioni L I.F.F. consente di valutare immediatamente la funzionalità dei singoli tratti di un corso d acqua, e risulta quindi un adeguato strumento di programmazione di interventi di ripristino dell ambiente fluviale e di scelta di interventi di conservazione degli ambienti più integri. La compilazione delle 4 schede per la valutazione dell I.F.F., relative ad altrettanti tratti del fiume Savuto, ha fornito risultati differenti, con una variazione del Livello di funzionalità tra I e II-III a cui compete un Giudizio di funzionalità variabile rispettivamente tra elevato e buono-mediocre da utilizzare al fine di orientare interventi di riqualificazione e stimarne preventivamente l efficacia (Piro P., De Filippis F., Frega F., 2002) Principali iniziative di ricerca sviluppate dall Università di Bologna: impatto ed efficienza di una scala per la risalita dei pesci Di seguito viene presentato uno studio condotto dall Autorità di Bacino del Reno e dal Dipartimento di Biologia evoluzionistica sperimentale dell Università di Bologna per verificare l impatto delle opere di cantiere e l efficienza di una scala di risalita, realizzata sul Fiume Reno, a valle del ponte della ferrovia Bologna - Pistoia, in località Marano del Comune di Gaggio Montano (Fig. 113). Fig Mappa dell area interessata dall intervento 364

373 Obiettivi Il Servizio Tecnico Bacino Reno della Regione Emilia - Romagna ha realizzato un complesso intervento idraulico riguardante sia il ripristino di una briglia, di rilevanti dimensioni, sia la realizzazione di una scala di rimonta della fauna ittica. Gli interventi sono stati ritenuti entrambi indispensabili per le condizioni strutturali ed ecologiche del corso d acqua: la briglia serve per la messa in sicurezza del ponte; la scala di risalita per la salvaguardia della continuità fluviale (Canciani L., Salmoiraghi G., Zaccanti F., 2004). In occasione di questo duplice e interconnesso intervento, l Autorità di Bacino del Reno in collaborazione con il Servizio Tecnico Bacino Reno ha condotto un indagine idrobiologica finalizzata a: 1. confrontare il grado di naturalezza ante e post-opera; 2. valutare l impatto dei lavori edili - idraulici (fase di cantiere); 3. analizzare l efficacia della scala di rimonta sul continuum fluviale Metodi Per conseguire gli obiettivi prefissati sono stati presi in esame i tratti del F. Reno a monte ed a valle della sezione in cui sono stati eseguiti i lavori e si sono confrontati nel tempo (prima, durante e dopo) i seguenti aspetti: Funzionalità fluviale, grado di naturalezza e capacità filtro delle rive; Densità, diversità e indici biotici delle comunità macrozoobentoniche; Densità, biomassa e diversità della fauna ittica Lavoro di campagna Tra l agosto 2000 (stato antecedente l inizio delle attività di cantiere) e il mese di giugno 2002, a lavori conclusi da otto mesi, sono stati eseguiti quattro sopralluoghi per i rilievi morfologici ed ambientali ed il prelievo degli organismi macrozoobentonici nei due tratti localizzati a monte e a valle della briglia (Canciani L., Salmoiraghi G., Zaccanti F., 2004). Sono stati rilevati gli aspetti contemplati nell Indice di Funzionalità Fluviale, nell indice della qualità naturalistica (W.S.I.) e della capacità tampone (B.S.I.) delle fascie riparie. 365

374 Ad ogni data sono state raccolte tre pseudorepliche di campioni quantitativi di invertebrati bentonici, mediante retino modello Surber con 355 cm 2 di superficie, e un campione qualitativo mediante retino immanicato. Entrambi gli strumenti erano armati con rete a maglie di 375 μm di ampiezza ( Canciani L., Salmoiraghi G., Zaccanti F., 2004). Sono state effettuati rilevamenti della fauna ittica mediante elettropesca, esplorando tratti di lunghezza pari ad almeno 10 volte la larghezza dell alveo bagnato, secondo le modalità indicate dalla Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci. Più precisamente l 1 agosto 2000 è stato campionato un segmento di valle, mentre il 22 settembre 2000, il 12 giugno 2002 ed il 5 luglio 2002 sono stati effettuati campionamenti sia a valle che a monte della briglia, per un totale di sette rilevamenti, dei quali quattro finalizzati alla definizione dello stato del popolamento ittico nei tratti a valle e a monte della briglia, prima e dopo i lavori e tre per ricercare gli esemplari marcati nei due tratti in questione. I pesci catturati sono stati anestetizzati, divisi per specie, misurati, pesati, fotografati con le opportune scale di riferimento, rianimati ed infine rilasciati avendo cura di non danneggiarli durante le manipolazioni per non comprometterne la possibilità di sopravvivenza ( Canciani L., Salmoiraghi G., Zaccanti F., 2004). Le marcature sono state eseguite con Alcian blu mediante Panjet su esemplari con dimensioni pari e superiori ai 10 cm di lunghezza. Tutti gli organismi marcati sono stati rilasciati a valle della briglia e le operazioni di ricattura si sono svolte circa un mese dopo la marcatura ( Canciani L., Salmoiraghi G., Zaccanti F., 2004) Analisi di laboratorio La classificazione degli invertebrati bentonici è stata eseguita ricorrendo alle chiavi tassonomiche del CNR ( ) Elaborazione dati E stato utilizzato il programma RIVE 5.0 di Braioni et al. (2001) per giungere alla valutazione della qualità delle rive. Per le comunità macrozoobentoniche si è calcolata la densità delle singole pseudorepliche, la densità media (per m 2 ), la varietà, la diversità, l Indice Biotico Esteso ( Canciani L., Salmoiraghi G., Zaccanti F., 2004). I dati raccolti durante i rilevamenti ittici sono stati elaborati per la definizione dei seguenti punti: 366

375 1) composizione specifica qualitativa; 2) densità e biomassa specifica; 3) struttura delle popolazioni delle specie principali; 4) valutazione della qualità ittica complessiva del popolamento mediante comparazione dei popolamenti rilevati con le attese rappresentate dalla stratificazione ittiologica altitudinale teorica Risultati e discussione Andamento temporale delle attività di cantiere Le attività ed i relativi tempi che sono serviti per la realizzazione della briglia e della scala di risalita sono riportati nel prospetto della tabella 71. Tab Durata complessiva dell intervento e tempi impiegati nella fase di cantiere Appare evidente un forte squilibrio fra i tempi utili per l esecuzione delle opere rispetto alla permanenza complessiva del cantiere. Alcuni interventi, esclusivamente logistici quali le piste di accesso con relativo guado e quindi con elevato impatto, hanno preceduto di svariati mesi le attività di cantiere e sono rimasti inutilizzati, alterando a lungo l ambiente fluviale (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). 367

376 Stato dell ambiente e comunità bentoniche I risultati degli indici sintetici della qualità fluviale sono riportati in dettaglio, per le due rive, nella tabella 72 e la tabella 73 evidenzia la condizione media delle sezioni esaminate (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). La sponda sinistra del tratto a monte era, ante opera, di qualità inferiore alla sponda destra. A questa condizione si sono aggiunti, sulla sponda destra, i disturbi indotti dalla realizzazione della pista di servizio del cantiere (mantenuta per oltre un anno) e quindi si è causata una pericolosa sovrapposizione di impatti. Sarebbe stato opportuno, per salvaguardare l ecosistema fluviale, operare sulla riva più antropizzata. In entrambi i tratti si riscontra, in corso d opera, un discreto peggioramento. Permane, a lavori conclusi da otto mesi e con la sola eccezione dell Indice I.F.F. per il tratto a monte, una condizione peggiore di quella antecedente le attività di cantiere. Il lento recupero si deve attribuire ai naturali tempi di sviluppo della vegetazione riparia perché non sono stati realizzati interventi di rimboschimento (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). Le comunità macrozoobentoniche raccontano in modo dettagliato l impatto subito dal F. Reno per la realizzazione della briglia e della scala di risalita. Le comunità di macro invertebrati, nella condizione antecedente l inizio dei lavori, sono composte in entrambi i tratti da una varietà genericamente limitata, per la specifica tipologia fluviale, ed il tratto di valle è mediamente più ricco, in varietà, di quello a monte (Tab. 74). Questa situazione è imputabile ad una concomitanza di fattori positivi quali: l assenza di interruzione per la parziale rottura della precedente briglia e la maggiore naturalezza delle rive. Le comunità macrobentoniche, nonostante siano composte prevalentemente da invertebrati che ben si adattano a svariati disturbi antropici (Chironomidae; Simuliidae; Baetis; Leuctra; Hydropsychidae; Ecdyonurus; Elmintidae; Ephemerella) subiscono nel corso dei lavori un apprezzabile riduzione qualitativa in entrambi i tratti. 368

377 Tab Risultati conseguiti con l'indice di Funzionalità Fluviale (I.F.F.), l'indice di Naturalezza (W.S.I.) e l'indice della capacità tampone (B.S.I.) Tab Classi di qualità media con relativi giudizi sintetici Nello scenario post - operam la varietà delle comunità macrozoobentoniche che ricolonizzano il tratto vallivo è analoga a quella di monte. Poiché il processo di colonizzazione della fauna macrobentonica avviene prevalentemente per trasporto longitudinale (drift), le comunità rilevate nel tratto vallivo dimostrano che grazie alla presenza della scala di risalita, la briglia non costituisce ostacolo alla continuità longitudinale del F. Reno (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). Inoltre, in questa neo-formata situazione, la scala di risalita mostra una precoce comunità di invertebrati, più ricca per varietà di quelle delle sezioni fluviali adiacenti (Tab. 74). Infatti presenta due unità sistematiche (Tricotteri Hydropsychidae e Coleotteri Hydraenidae) non rilevate nelle altre sezioni. La scala rappresenta un tratto con diversificate condizioni ambientali (maggiore portata e velocità di corrente) in grado di offrire ad invertebrati di passaggio idonee condizioni abitative e trofiche e per questo ha ampliato le disponibilità ambientali e la diversificazione dell alveo aumentando, indirettamente, la biodiversità della comunità macrobentonica (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). Le densità medie di organismi che costituiscono le comunità bentoniche (Tab. 75 e Tab. 76, Fig. 114) sono sempre risultate maggiori nei tratti a monte della briglia. 369

378 Tab Numero di unità sistematiche che compongono le comunità macrobentoniche Tab Risultati ottenuti nelle tre pseudorepliche dei campionamenti quantitativi di fauna macrobentonica eseguiti a monte e a valle della briglia: densità e articolazione trofica funzionale 370

379 Tab Risultati ottenuti nelle tre pseudorepliche dei campionamenti quantitativi di fauna macrobentonica eseguiti nella scala di risalita: densità e articolazione trofica funzionale 371

380 Fig Rappresentazione grafica variazioni temporali di densità, ripartite per gruppo trofico funzionale 372

381 L impatto dei lavori eseguiti è rilevante, infatti nel campionamento effettuato il 10 settembre 2001, in corso d opera, si è riscontrato un calo della densità del 74% a monte e del 70% a valle. Percentuali di gran lunga superiori rispetto a quelle relative alla varietà (14 e 29%). Il restauro delle condizioni ambientali, a lavori ultimati, fa si che le densità di invertebrati bentonici tornino ad essere analoghe, dopo 6 mesi, o superiori, dopo 8 mesi. La diversità delle comunità macrozoobentoniche (Tab. 77) non si abbassa in concomitanza dei lavori in alveo perché le differenze di abbondanza delle unità sistematiche sono analoghe o inferiori a quelle calcolate per gli altri periodi. Per contro, è nel campionamento eseguito ad otto mesi dalla conclusione dei lavori che la diversità diminuisce a causa della forte dominanza numerica dei Ditteri Simulidae. Organismi filtratori dotati di un rilevante potenziale biotico e di particolari capacità di diffusione e colonizzazione dei tratti fluviali dotati di elevata velocità di corrente. I valori dell Indice Biotico Esteso (Tab. 78) e le relative classi di qualità dell ambiente fluviale mettono, ancora una volta, in evidenza che nel corso della realizzazione della briglia e della scala di risalita si sono danneggiate le comunità di invertebrati bentonici. Tab Confronto dei valori dell indice di diversità Tab Valori dell indice biotico esteso e relativa classe di qualità Popolamento ittico I rilevamenti ittici, i cui risultati sono riassunti nella tabella 79, hanno comportano l identificazione di 10 specie, di cui 7 (barbo, cavedano, vairone, lasca, rovella, ghiozzo, gobione e cobite), tipiche dello strato a ciprinidi reofili; una, la trota tipica dello strato superiore a salmonidi, ed una, la carpa, propria dello strato inferiore a ciprinidi limnofili. Il quadro generale che emerge dal complesso dei campioni ottenuti delinea un popolamento tipico delle acque collinari appenniniche. I campioni ottenuti in agosto e settembre 2000, e cioè prima dell inizio dei lavori di ristrutturazione della briglia, sono 373

382 risultati di buona qualità complessiva essendo caratterizzati da parametri conformi a quelli del popolamento ittico standard delle acque a ciprindi reofili dell Appennino settentrionale. Infatti, sia a monte che a valle della briglia è risultato dominante il barbo, specie ecologicamente sensibile, con buone presenze di cavedano e lasca. Sono stati rilevati, inoltre esemplari di piccole specie bentoniche stanziali, quali ghiozzo, gobione e cobite nel tratto a valle e ghiozzo e gobione nel tratto a monte; tali specie vengono considerate buone indicatrici di qualità. Il campione di valle ha fatto registrare una biomassa elevata (40 g m -2 ), significativamente maggiore di quella di monte (29 g m -2 ): tale disparità appare correlata al livello di articolazione dell alveo, più elevato a valle della briglia (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). I rilevamenti eseguiti in giugno e in luglio 2002 hanno fatto registrare un significativo decremento della qualità complessiva del popolamento nel tratto a valle della briglia ristrutturata, desumibile soprattutto dalla riduzione della biomassa ittica (3,9 g m -2 ) e in generale da una limitazione della articolazione strutturale di barbo, cavedano e lasca (Fig. 115); il vairone invece presenta significativi incrementi in termini numerici e strutturali; tale specie infatti sembra reagire positivamente a turbative ambientali ad effetto deprimente sulle specie maggiori simpatiche, quali trota, cavedano, barbo. Non sono stati catturati esemplari delle piccole specie bentoniche stanziali, che erano invece presenti nel campione ottenuto prima dell inizio dei lavori. Nel tratto a monte invece sono state osservate soltanto variazioni secondarie rispetto alla situazione precedente (Tab. 80). Tab Composizione specifica percentuale dei campioni ittici 374

383 Tab Parametri per la valutazione della qualità del campione del popolamento ittico. La biodiversità è espressa con l indice di Shannon e Weaver (1963) 375

384 Fig Distribuzione lunghezza - frequenza delle principali aste ittiche 376

385 Le modificazioni ambientali provocate dalla permanenza del cantiere per i lavori di ristrutturazione della briglia hanno quindi provocato variazioni sul popolamento ittico, che peraltro appaiono reversibili, e che constano essenzialmente di una riduzione quantitativa del popolamento, con riduzione delle taglie medie e grandi e aumento delle taglie piccole. Tali variazioni che abbassano la qualità ittica complessiva almeno di una classe, sembrano fondamentalmente attribuibili ad una riduzione dell articolazione morfologica dell alveo. Si può ritenere che il livello qualitativo del popolamento ittico riscontrato precedentemente all inizio dei lavori possa essere recuperato in seguito al rimodellamento dell alveo che si verificherà naturalmente in seguito alle variazioni stagionali di portata (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). Le operazioni di marcatura e quelle successive di ricattura degli animali marcati eseguite nel 2000, prima dell inizio dei lavori, non hanno messo in evidenza movimenti di risalita dei pesci da valle a monte attraverso la breccia esistente sul lato sinistro idrografico della briglia. Infatti le ricatture dei pesci precedentemente marcati e sono avvenute tutte nel tratto a valle della briglia, mentre l esplorazione del tratto a monte ha dato risultati negativi (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). Analoghe operazioni di marcatura, rilascio e ricattura eseguite nel 2002, hanno fornito risultati positivi riguardo la transitabilità in risalita della scala di rimonta costruita sulla briglia di Marano. Infatti diversamente a quanto accaduto nel 2000, ricatture di esemplari marcati e rilasciati a valle della briglia sono state registrate anche a monte della briglia stessa e lungo la scala di risalita (Tab. 81). Tab Percentuali di ricattura di pesci marcati (esemplari di barbo, cavedano e lasca di dimensioni uguali e superiori a 10 cm di lunghezza) e rilasciati a valle della briglia. La catturabilità degli animali marcati è risultata pressoché costante: 6,0% nel 2000 e 6,5% nel 2002 Tale risultato, che dimostra la funzionalità dell opera realizzata, assume particolare importanza in quanto ottenuto in estate, e cioè al di fuori della stagione in cui si verificano le migrazioni riproduttive in risalita dei ciprinidi reofili (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). 377

386 Conclusioni sull impatto e l efficienza della scala di risalita I risultati delle indagini eseguite hanno messo in evidenza che la scala di risalita, realizzata sul F. Reno a Marano, è utile per garantire il continuum fluviale, ma la fase di cantiere ed il tipo di lavori intrapresi hanno avuto un notevole impatto ed hanno originato evidenti disequilibri all ambiente fluviale, alla fauna macrobentonica ed alla fauna ittica (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). Alla luce di quanto è stato evidenziato, potrebbe essere utile una pre-relazione ambientale, che sia parte integrante degli elaborati progettuali e che: definisca il contesto ambientale e paesaggistico del tratto interessato dai lavori; fornisca informazioni relative alle modalità di intervento ed ai tempi di esecuzione; suggerisca gli interventi di mitigazione dell impatto; contempli eventuali soluzioni alternative, a minor impatto paesaggistico e ambientale. A lavori ultimati si è riscontrata l iniziale varietà delle comunità di invertebrati bentonici e quindi la briglia, grazie alla scala di risalita, non interrompe il continuum fluviale e non costituisce un ostacolo al trasporto longitudinale. Inoltre, nella neoformata situazione presa in esame, la scala di risalita mostra una precoce comunità di invertebrati, più ricca per varietà di quelle delle sezioni fluviali. Si può quindi asserire che l intervento di realizzazione della scala di risalita ha ampliato le disponibilità ambientali e la diversificazione dell alveo, aumentando indirettamente, la biodiversità delle comunità macrobentoniche (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004). Ulteriori approfondimenti dell indagine potrebbero riguardare lo studio del processo di recupero qualitativo e quantitativo del popolamento ittico, notevolmente ridotto in termini di densità numerica, biomassa e di indice di qualità complessiva in seguito ai lavori di ristrutturazione della briglia. Anche l efficienza della scala di rimonta andrebbe ulteriormente verificata con rilevamenti opportuni, condotti in coincidenza col periodo riproduttivo dei ciprinidi reofili e cioè in primavera quando si svolgono le migrazioni anadrome di barbo, cavedano e lasca. 378

387 Fig Briglia a completamento dei lavori; sullo sfondo (sinistra idraulica) la scala di risalita (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004) Fig Particolare della scala di risalita. Sono visibili i valori con le piccole vasche (Canciani, Salmoiraghi, Zaccanti, 2004) 379

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