«COSA FA UN PAPA?» Con occhi cristiani TARANTO

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1 TARANTO Periodico del Movimento dei Cursillos di Cristianità della diocesi di Taranto - Anno 8 - n. 3 - Marzo 2012 a cura del Gruppo di Coordinamento diocesano del M. C. C. - Giornalino in distribuzione gratuita Con occhi cristiani «COSA FA UN PAPA?» «Cosa fa un papa?». Già, cosa fa? A seconda dei punti di vista, può sembrare una domanda ingenua, magari dettata dalla curiosità, o provocatoria, o sarcastica, o ironica. Sta di fatto che se qualcuno la rivolgesse a noi, che pure abbiamo alle spalle anni di militanza in un movimento cattolico, forse difficilmente avremmo saputo rispondere con immediatezza e con chiarezza. Questa é stata la domanda che Fidel Castro, l anziano leader maximo cubano, ha rivolto a Benedetto XVI durante l incontro che i due hanno avuto presso la nunziatura dell Avana. «È al servizio della chiesa universale» é stata la risposta del papa. É una risposta che può apparire ovvia ma di cui non si può cogliere appieno la portata se non si hanno le idee chiare sul significato di servizio. Papa Ratzinger ha poi chiarito che nel servizio entrano anche i viaggi per incontrare i popoli. In altri momenti del suo recente viaggio, sia pure indirettamente, ha dato risposte più articolate ribadendo che la Chiesa (di cui lui é il massimo rappresentante sulla terra) ha la missione di «educare le coscienze», è «una realtà morale, un potere morale». La Chiesa «sta sempre dalla parte della libertà, libertà di coscienza, di religione». Molto probabilmente ai giovani sfuggono la portata e il significato di un viaggio di questo genere. Non avendo vissuto nel periodo delle cortine di ferro e delle Chiese del silenzio (indicanti, rispettivamente, la totale chiusura a qualsiasi modello politico diverso da quello comunista e il bavaglio messo dai regimi comunisti a tutte le religioni), é difficile che ULTREYA - TARANTO - Anno 8 - n.3 - Marzo 2012 L incontro tra il papa e Fidel Castro riescano a cogliere l importanza di certi segnali. Una stretta di mano tra Fidel Castro e il papa sarebbe stata impensabile venti anni fa, ora é il segno di un ulteriore passo avanti nei rapporti tra uno degli ultimi regimi comunisti e la Chiesa cattolica, dopo i due precedenti incontri avvenuti con Giovanni Paolo II, nel 1996 in Vaticano, e nel 1998 durante la prima storica visita di Papa Wojtyla nell'isola caraibica. Benedetto XVI, nell'omelia della messa celebrata davanti a 300 mila persone, con in prima fila il fratello di Fidel, l'attuale presidente Raul Castro, ha voluto "riconoscere con gioia che sono stati fatti passi in avanti a Cuba affinche' la Chiesa compia la sua ineludibile missione di annunciare pubblicamente ed apertamente la sua fede". "Tuttavia - ha aggiunto - e' necessario proseguire, e desidero incoraggiare le autorita' governative della 1

2 Nazione a rafforzare quanto già raggiunto. Non vogliamo qui parlare delle luci e delle ombre che hanno caratterizzato l incontro cubano, né fare analisi che altri sanno fare certamente meglio di noi. Provocati dalla domanda di Fidel Castro, vogliamo riflettere per qualche istante su quello che fa un papa. In definitiva, cosa fa di concreto? Possiamo coglierlo se sappiamo leggere con attenzione quello che papa Ratzinger ha detto nei suoi vari discorsi fatti a Cuba. E si può cogliere anche dal non detto che appare evidente all interno di frasi formulate secondo i canoni della diplomazia. Ecco in cosa consiste il fare di un papa : andare incontro ai popoli come pellegrino della carità, discutere del tema dell assenza di Dio, in particolare in questo periodo storico, sottolineare l importanza fondamentale del rapporto tra fede e ragione, ricordare che la Chiesa, che sta sempre dalla parte della libertà (di coscienza e di religione) deve adempiere alla missione che il suo fondatore le ha affidato: annunciare pubblicamente ed apertamente la sua fede, cosciente che dove Cristo si rende presente, l'uomo cresce in umanita' e trova la sua consistenza, stimolare la stessa Chiesa ad impegnarsi alla promozione dei valori cristiani, chiedere più libertà per le Chiese e prendere posizione contro le ingiustizie e le restrizioni nei rapporti tra i popoli (embarghi vari), mettere in risalto il diritto alla libertà religiosa che non deve essere considerata un privilegio, ribadire il no al relativismo di chi ritiene che non esista una verità per tutti e al fanatismo di chi cerca di imporre la sua verità agli altri, sottolineare che il mondo ha bisogno di cambiamenti, ma che questi ci saranno solo se ognuno è nella condizione di interrogarsi sulla verità e si decide a intraprendere il cammino dell'amore, seminando riconciliazione e fraternità, lavorare e impegnarsi per educare le coscienze, incoraggiare ad aprire i cuori a Cristo e, nello stesso tempo, illuminare la speranza e stimolare il desiderio di lavorare con audacia per un futuro migliore, denunciare problemi come la povertà, la situazione dei detenuti politici, il disagio dei bisognosi, confermare i fratelli nella fede e incoraggiare nella speranza. L Avana - La folla che ha accolto il papa Ma c è ancora qualcosa che il papa fa e di cui non ha parlato esplicitamente. Il papa prega, celebra, studia, scrive, medita, segue tutte le vicende che accadono in tutte la parti del mondo, in particolare nei paesi cattolici. Sono passati duemila anni da quando Gesù ha detto a Pietro: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa (Mt 16,18-19). In questi duemila anni ha affrontato persecuzioni, tempeste, lotte interne, divisioni, drammi di ogni genere. Molti grandissimi imperi sono caduti nel giro di qualche secolo ma la realtà conferma che Gesù non ha mai fatto mancare l assistenza dello Spirito Santo alla Sua Chiesa. 2

3 Nel mio paese, con l arrivo del nuovo parroco, è ripreso l impegno delle Missioni nelle famiglie. Si tratta di un esperienza che vede in azione otto gruppi di laici che, contemporaneamente, tengono un incontro in altrettante famiglie per parlare di un tema di fede proposto dallo stesso parroco. Quest esperienza, già iniziata alcuni anni fa col parroco precedente, era stata poi sospesa e ora é ricominciata con frequenza mensile. Nelle famiglie ospitanti vengono invitati oltre ai parenti anche gli abitanti della zona con la consegna, casa per casa, di un centinaio di inviti circa. In genere, a trovare le famiglie ospitanti provvede lo stesso parroco affidandosi quasi sempre alla Provvidenza. Negli ultimi due incontri ho vissuto esperienze quasi simili con persone diverse. Il capo famiglia presso la quale col mio gruppo abbiamo avuto l ultimo incontro ha molti parenti che sono Testimoni di Geova. La moglie, che pure aveva frequentato per un po di tempo i Testimoni di Geova, sembrava mostrare molto interesse; voleva sapere tante cose e conoscerle bene. Questa signora, che in passato era stata un po chiacchierata per altri motivi, evitava di andare in chiesa per non essere additata. Abbiamo cercato di convincerla ad andare dicendole che la gente non va in chiesa per guardare gli altri, che lo scopo é ben altro, che sono faccende che non vanno considerate e che coloro che vanno in chiesa sanno che occorre avere rispetto per tutti. L abbiamo poi invitata a seguirci nei prossimi incontri che faremo nelle famiglie e ci ha promesso che sarebbe venuta. Questa stessa signora ha un figlio non credente che lavora come istruttore di Karate. Per cercare di trovare un modo per farlo avvicinare al Signore abbiamo proposto al nostro parroco di chiedere a questo ragazzo se fosse stato disponibile ad inserirsi tra le tante attività che si svolgono nell oratorio. Il parroco ha già parlato con questo ragazzo che poi ha accettato di dare la sua collaborazione. L ultimo incontro che abbiamo avuto é stato in una famiglia che era piuttosto agiata (marito, moglie e figlio lavoravano tutti). L unica cosa che non era molto accettata era il fatto che il marito guadagnava meno della moglie. Quest ultima l aveva così tanto spronato perché trovasse un lavoro più redditizio che alla fine é riuscita nel suo intento. Purtroppo, mentre andava 3

4 a svolgere questo nuovo lavoro, il marito ha avuto un brutto incidente per cui hanno perso tutto. Lei, persona praticante, ha continuato a pregare e ad aver fede ma non é più entrata in chiesa. Noi abbiamo cercato di farle capire che per un cristiano questo comportamento non é corretto e, alla fine dell incontro, ha detto che ci avrebbe pensato anche se non le sarebbe stato semplice riacquistare la fede di prima. Nella sera successiva, un amico che fa parte del mio gruppo, tra l altro ministro straordinario, mi ha telefonato per dirmi che aveva visto quella signora in chiesa Ora, pensandoci, rifletto che pur non facendo nulla di particolare, con queste missioni nelle famiglie finalizzate a portare in esse la parola di Dio, qualche frutto lo si ottiene. Mimino Finamore a cura di don Giovanni Agrusta L argomento della testimonianza é l azione del cristiano. San Paolo diceva: Mi sono fatto tutto a tutti per guadagnare qualcuno a Cristo. Dovunque egli arrivava creava sempre un po di scompiglio e trovava difficoltà ad annunciare il Vangelo anche per le avversità derivanti dai suoi ex fratelli di fede come i Farisei ai quali apparteneva. C era chi accoglieva la sua parola ma c era anche chi la rifiutava. C era anche chi lo riteneva pericoloso considerando che era stato un persecutore dei cristiani. In un momento di crisi e di particolari difficoltà, San Paolo ascolta la parola del Signore che lo incoraggia e gli dice: Non ti stancare perché ho un popolo numeroso. Questo significa che ci sono persone e famiglie che vogliono che il messaggio di Cristo sia annunciato, un messaggio che magari non conoscono ancora bene, ma che sono pronte ad accogliere. Ovviamente la Missione non é solo quella che viene svolta in forma ufficiale. Missione é anche accoglienza. Anche la donna che si presentò da Gesù, mentre questi era in casa di Simone il fariseo, era una donna chiacchierata ma trovò accoglienza in Gesù. Il giudizio allontana le persone. Non é raro per noi sacerdoti incontrare persone che pensano che Dio non perdona perché incapaci di per donare se stesse. Gesù é stato sempre con i peccatori, con i poveri e con i sofferenti perché vuole bene all uomo. Gesù fa sparire la mentalità che faceva ritenere l infermità conseguenza del peccato di chi la portava o di quello dei suoi genitori. La conclusione é ovvia. Non ci si deve stancare di evangelizzare anche davanti alle difficoltà e ai pregiudizi. Rubens: Festa in casa di Simone il Fariseo (part.) 4

5 Il problema Mancanza di sacerdoti Una premessa Come un po ovunque, anche in diverse diocesi del Territorio 3, molti responsabili diocesani lamentano la scarsezza di sacerdoti disponibili a dare la loro assistenza nello svolgimento delle varie attività previste dal Movimento. Su questo problema ha espresso alcune considerazioni l animatore spirituale nazionale don Francesco Vicino in occasione dell ultima riunione del Gruppo di coordinamento territoriale che si é tenuto presso il seminario di Oria il 23 febbraio u. s. Cursillo non bisogna aver fretta di vedere le persone confessarsi. Don Francesco insiste spesso su questi aspetti che - dice - potrebbero trovare una valida soluzione se si riuscisse a costituire l equipe sacerdotale. Questa equipe é davvero necessaria e dobbiamo ammettere che il costituirla non é impossibile a Dio che, certamente, vuole che davanti alla messe abbondante ci siano quelli che la raccolgono e la mettano a frutto. Anche nella mia diocesi in cui ben sessanta sacerdoti hanno vissuto l esperienza del Cursillo, non sono più di una decina quelli che si presentano agli incontri. Anche da noi esiste questa realtà perché, in fondo, tra problemi di anzianità, stanchezza e impegni vari, le difficoltà ci sono veramente. Necessità dell equipe sacerdotale Don Francesco si é detto pienamente consapevole dell esistenza di questo problema e che, in genere, anche che nelle diocesi in cui molti sacerdoti hanno vissuto l esperienza del Cursillo, sono solo due o tre quelli che si rendono disponibili. I sacerdoti cattolici sono l anima della Chiesa e quando io vado in una diocesi vorrei sempre incontrarli, anche per incoraggiarli. Dobbiamo convincerci che senza un equipe sacerdotale stabile, il Cursillo non può sopravvivere - ha affermato don Francesco. Lo stesso animatore spirituale puntualizza poi che un sacerdote ha bisogno del supporto degli altri confratelli e aggiunge: Pur con tutta la buona volontà, quando un sacerdote opera da solo, magari inconsapevolmente, rischia di deformare il Cursillo. Tende magari a presentare quello che gli é piaciuto durante gli ultimi Esercizi Spirituali o durante l ultimo incontro in un altro Movimento. C é stato qualcuno, per esempio, che ha ritenuto che il Corso di cristianità fosse privo di liturgia penitenziale. Non si era accorto che, nella prima sera del Corso, altro non si fa che liturgia penitenziale perché si tende a riconoscere il proprio peccato alla luce di Cristo. E qualcuno ha detto che il Cursillo dovrebbe portare alla Confessione dimenticando che deve puntare soprattutto alla conversione. Durante il Come attrarre i sacerdoti: i suggerimenti dell animatore spirituale nazionale Devono essere gli stessi coordinatori diocesani a promuovere e organizzare gli incontri dei sacerdoti e, magari, preparare un calendario degli stessi. Si tratta, in fondo, di metterli davanti a situazioni in cui per loro diventa più difficile dire di no. Per esempio, si può ridurre l incontro a non più di un ora, magari nella mattinata intorno alle 11 e accompagnare la convocazione con l invito a rimanere per il pranzo. In questo modo, anche se sembra difficile comprendersi, 5

6 partendo dal presupposto che i sacerdoti vogliono bene a Cristo e al Movimento, davanti a situazioni più favorevoli, riescono certamente a mettersi d accordo. Per facilitare ancor di più l incontro, é opportuno lasciare ad essi la scelta dell orario. Anche il sacerdote ha bisogno di sentirsi amato. I laici dovrebbero aiutare i sacerdoti a innamorarsi del Cursillo, dovrebbero amarli (e questo, talvolta, può anche significare dover dire loro determinate cose con forza e decisione). Occorre, in definitiva, che laici e sacerdoti diventino amici. Se manca il gruppo sacerdotale Forse può sembrare esagerata l espressione «Se in una diocesi manca il gruppo sacerdotale, la colpa é dei laici» ma la si può dire perché se tutto il gruppo laico si impegna nella preghiera il Signore non fa mancare gli operai per la sua messe. Se Lui ha convertito tante persone in tre giorni, può anche convertire i sacerdoti perché trovino il tempo per discutere, per trovare e favorire la pace, l armonia e la ricerca della soluzione ai vari problemi che si presentano. Tra l altro, incontrandosi, i sacerdoti hanno più possibilità di essere lì, al posto giusto, al momento giusto. (I sacerdoti dovrebbero conoscere uno per uno tutti i fratelli del Cursillo). La comunione sacerdotale é di importanza fondamentale. Situazioni spiacevoli Se un sacerdote dà una mano ad un Cursillo senza un adeguata preparazione, talvolta può creare situazioni di rischio. Una situazione sicuramente da evitare é anche quella che crea un sacerdote quando viene al Corso per dare un rollo e poi se ne va. L importanza dell equipe sacerdotale Per far cogliere appieno l importanza dell equipe sacerdotale, nel suo intervento don Vicino ha evidenziato quanto segue: Il gruppo sacerdotale é fondamentale perché: in gruppo si evita il divismo. Si evita, cioè, che un sacerdote diventi comandante in capo che talvolta arriva a sostituirsi al rettore o al coordinatore. Incontrandosi, i sacerdoti possono discutere fra loro perché tante volte i tre giorni non bastano. C è da considerare poi, in particolare quando un sacerdote é solo ed è alle prime armi, che può sentirsi portato a dover cambiare tutto. Insieme, i sacerdoti garantiscono la comunione e il rispetto dell ortodossia e del metodo. Sarebbe auspicabile che l equipe sacerdotale si riunisse una volta al mese. Se organizzata bene curando anche gli aspetti attraenti, gli assenti non saranno mai molti. 6

7 ALTRE TESTIMONIANZE Un sacramento poco conosciuto Circa cinque anni fa ho perso mio marito per un tumore al pancreas che l ha stroncato dopo nove mesi di malattia. A circa due anni di distanza dalla sua morte ho fatto l esperienza del Cursillo e la mia vita spirituale è cambiata. Ora vivo tutto con un altro spirito e accetto le cose che mi capitano. Davanti a certe situazioni, a volte mi pongo domande di questo tipo: Come avrei reagito se non avessi partecipato ad un Cursillo? Avrei avuto la stessa volontà e la stessa forza per superarle?. Questi interrogativi mi si affacciano in particolare quando penso ad un recente episodio che voglio raccontare. Nei primi di febbraio, una persona mi ha informata delle condizioni fisiche di un mio conoscente. Questi aveva avuto un ruolo molto negativo nella mia famiglia di origine ma, nel periodo della mia adolescenza, questa persona uscì dalla mia vita e da quella della mia famiglia. Anche per vivere meglio avevo rimosso completamente il ricordo della sua esistenza e del ruolo che aveva avuto. Non avevo saputo mai più nulla di lui, per me non esisteva fino, appunto, ai primi di febbraio quando mi viene riferito che ha un tumore al pancreas con metastasi a polmoni e fegato (manco a dirlo, esattamente come mio marito). Non ha nessuno e vive da solo in una casa fatiscente senza nessuno che possa accudirlo. Mi veniva chiesto di aiutarlo in collaborazione con mia sorella la quale già se ne era presa carico. Non ci ho pensato due volte e ho cominciato subito ad aiutarlo. Non nascondo che sono riaffiorati nella mia mente episodi ormai lontanissimi, ma non provo rancore. Il ricordo del dolore, tuttavia, non mi ha tolto la volontà di aiutarlo. Lo vedo soffrire esattamente come soffriva mio marito. Nel frequentarlo mi sono accorta che il suo rapporto con il Signore é del tutto inesistente. E vissuto (e continua a vivere, per quel che gli resta) lontanissimo. Il mio pensiero, quindi, è andato subito all Unzione degli infermi. Considerando che ho una sorta di rimorso perché quando mio marito si era ammalato non avevo permesso a nessun sacerdote di entrare in casa mia, ora volevo attenuarlo cercando di accostare gli altri a questo sacramento. Non sapevo proprio come cominciare anche perché non ci conosciamo proprio. Ho iniziato a parlargli di me e del mio rapporto con il Signore. Ogni sera io passo a fargli una puntura, mi trattengo un po e così gli racconto che dopo vado in Concattedrale ad incontrarmi con fratelli e sorelle e con i sacerdoti. Gli racconto della mia voglia di conoscere il Signore e di come lo sento vicino con le preghiere. Qualche volta gli ho detto: Sai oggi ho pregato per te e lui mi ringrazia. Un altro giorno sono andata in una chiesa a Capurso e, al ritorno, gliene ho parlato e gli ho detto di nuovo: Ho pregato per te e lui mi ringraziato. Gli ho raccontato anche che qualche domenica fa ho partecipato 7

8 ad un ritiro spirituale per cui non ero passata a fargli la puntura. Mi sono scusata per questa assenza e poi mi è venuto di dirgli: Sai esiste un sacramento che si dà agli ammalati che si chiama Unzione degli infermi. Che dici, lo vorresti ricevere? Non è che con questo si guarisce ma forse ti può far stare meglio psicologicamente, ti può aiutare a superare meglio questi momenti di sconforto che hai. Che dici?. E lui: Va bene. L ho poi avvisato che avrei parlato già quel giorno stesso con un sacerdote mio amico: E lui ha detto nuovamente: Va bene. Ho quindi parlato col sacerdote e ci siamo dati appuntamento per il giorno dopo. E stato un momento difficile da raccontare, colmo all inverosimile di Spirito Santo. Io non avevo mai assistito a questo sacramento.poco prima stavo per uscire ma lui mi ha trattenuta dicendomi testualmente: Rimani che mica mi devo confessare!?.... Sarà difficile per me dimenticare quei momenti. Lui ha pianto quasi tutto il tempo. É stato molto commovente e... ho dedicato con tutto il cuore questi momenti a mio marito. Cinzia Il commento del sacerdote a cura di don Pompilio Pati stessa malattia. C è poi l Unzione degli infermi che suo marito non aveva ricevuto perché lei non aveva fatto entrare nessun sacerdote. Da quando lei ha acquisito questa consapevolezza ha vissuto questo fatto come un rimorso per cui aveva bisogno di riconciliarsi anche da questo punto di vista. Il Signore le ha offerto la possibilità. Questa volta la richiesta non è stata fatta a lei ma é stata lei a farla. Ha chiesto prima alla persona ammalata e poi al sacerdote perché facesse l Unzione degli infermi. Questo episodio si presta a tante letture. L 11 di febbraio di quest anno, alla messa per i malati, ho parlato così bene dell Unzione degli infermi che alla fine tutti hanno voluto riceverlo. Lo si potrebbe leggere da un altro punto di vista, quello che riguarda l amore che dobbiamo avere verso il prossimo. Io mi voglio soffermare su un aspetto che mi fa venire in mente queste frasi del Vangelo di Luca (8,17): Non c è nulla di nascosto che non sarà manifestato, nulla di segreto che non sarà conosciuto e venire alla luce. Il brano di per sé è un modo che Gesù usa per dirci come dobbiamo ascoltare e ci ricorda anche che è inutile dire le bugie perché la verità viene sempre a galla. La verità è come se avesse una forza dentro di sé che la porta a venir fuori. La verità della nostra vita viene fuori e dobbiamo essere capaci di coglierla. In questo caso c è l esperienza che Dio ha offerto alla protagonista e che lei ha colto come possibilità di riconciliarsi con se stessa. Nella sua storia c è prima di tutto la malattia, la stessa malattia del marito, quella malattia che lei ha vissuto come uno strappo. Lei aveva il bisogno di riconciliarsi con la malattia, non con una malattia, ma con la 8

9 La verità della sua vita sta venendo fuori con forza e lei l ha colta. Spesso si pensa che la riconciliazione debba essere fatta sempre con gli altri ma questo episodio ci ricorda che dobbiamo essere capaci di riconciliarci con noi stessi e con la nostra storia. Noi abbiamo nella nostra vita tante di quelle esperienze che lasciano delle ferite e noi abbiamo bisogno di riconciliarci con quelle ferite. Il Signore ce ne dà l occasione e molte volte noi non le cogliamo, non le vediamo, siamo superficiali, non riusciamo a scoprirle. In questo caso lei è stata attenta e adesso sa che quella malattia non è più il nemico. Ha capito anche cos è l Unzione degli infermi. Ne ha capito così tanto l importanza che adesso se ne è fatta paladina e quel rimorso non c è più, è svanito perché è come se quell Unzione che all epoca non volle per il marito oggi gliela avesse donata. Questo è un riconciliarsi con se stessi Dio ci chiede il coinvolgimento affinché noi ci facciamo motivo di salvezza per gli altri uomini. In questo caso Dio ha chiesto a lei di intervenire però dobbiamo stare attenti. C è un brano degli scritti apostolici che dice pressappoco così Cerca di fare le cose in modo perfetto ma, se non riesci ad essere perfetto, cerca di farle nel modo migliore possibile. Questo significa che occorre cercare di ottenere il massimo possibile però occorre accontentarsi di come va. Quest uomo che ha ricevuto l Unzione degli infermi non si è confessato, non ha fatto la comunione ma queste cose non si possono imporre. Dove si riesce, l importante è che si faccia il tentativo e non dobbiamo sentirci falliti se il nostro intervento non sortisce l effetto desiderato. Quanto sto per raccontare ha per protagonista una mia nipotina di sette anni che per diversi mesi ha tenuto in ansia tutti noi familiari. Miriam, colpita dall influenza, aveva febbre molto alta e un fortissimo mal di testa. Nemmeno la borsa di ghiaccio e un antinfiammatorio sembravano produrre qualche effetto. Mia figlia, che é ingegnere ma ha anche acquisito una certa esperienza con i suoi quattro bambini, vista la situazione, le ha dato anche del cortisone. Ad un certo punto, continuando ad accusare il mal di testa, la bambina ha aggiunto che le faceva male un occhio. Lì per lì nessuno ha dato peso alle sue parole considerandole come effetto della febbre elevata. Quando, però, la febbre é scesa, la bambina ha detto che da un occhio non vedeva. Pur essendo una persona molto accorta, mia figlia ha pensato ad una probabile esagerazione da parte della bambina che poteva essersi un po impressionata dal malessere che aveva avvertito. Quando nel pomeriggio é arrivato il medico per visitarla, sentendo parlare di problemi ad un occhio, ha fatto delle verifiche ed ha capito subito che la bambina non mentiva. Allora si é allarmato ed ha suggerito di portarla subito in ospedale perché solo un oculista avrebbe potuto fare una diagnosi precisa. Portata nell ospedale S. Giuseppe Moscati di Taranto, l oculista non ha potuto fare altro se non una visita generica per problemi alla strumentazione necessaria per quel tipo di indagine. *** Ora ringraziamo il Signore Una moderna controllo visivo apparecchiatura per il Su consiglio di amici medici, pur essendo quasi mezzanotte e malgrado lo stato di 9

10 debolezza in cui si trovava, la bambina é stata portata al Policlinico di Bari. Mi hanno quindi telefonato per informarmi sulla situazione e per chiedermi di assistere gli altri tre bambini rimasti a casa. Come primo intervento, a Bari hanno praticato alla bambina una terapia antibiotica. Questa é stata poi sottoposta ad una serie infinita di esami strumentali ai quali, con meraviglia dei medici, ha collaborato con tanta docilità. Nell attesa di un responso l ansia era diventata grandissima. Non si riusciva a capire cosa avesse questa bambina. I medici non si pronunciavano. Poi, finalmente é arrivata la diagnosi che ha dimostrato anche l inutilità della terapia antibiotica. Durante un picco di febbre, tra la coroide e la retina si era formata una bolla d acqua e, anche se si fosse riassorbita, sarebbe rimasta una cicatrice che avrebbe comunque impedito la vista. L occhio non avrebbe più avuto la sua funzionalità. Davanti a quella terribile diagnosi che riguardava una bambina di sette anni, siamo rimasti tutti molto preoccupati per non dire angosciati. Solo mia figlia che é una persona di grande fede, mi diceva: Mamma non ti preoccupare. Io sono convinta che la bambina vedrà. Va bene, non mi preoccupo - le replicavo io senza molta convinzione. In un momento successivo, lei stessa ha fatto delle ricerche in Internet, si é documentata ed ha saputo che a Bologna c è un oculista di fama internazionale, un vero luminare in campo oculistico. É riuscita a fissare un appuntamento ed ha portato la bambina a Bologna. Qui, dopo aver visitato la bambina, lo specialista, ha rimandato la diagnosi a un successivo e più accurato controllo da farsi presso l'ospedale di Ancona dove lui operava. Altri giorni di attesa. Il nuovo appuntamento ad Ancona ci sarebbe stato tre giorni dopo. Qui la diagnosi é stata precisa e definitiva. La consulenza medica é finita con queste parole: Signora, sua figlia non vedrà mai più da questo occhio e questa situazione non è correggibile neanche con lenti appropriate. Una brevissima pausa e poi ha aggiunto: a meno che non accada un miracolo. E io ai miracoli ci credo - si é sentito replicare da mia figlia. Dopo alcuni giorni dal ritorno a casa, la bambina é stata sottoposta ad altre visite finalizzate a verificare se la bolla d acqua fosse in via di riassorbimento. La situazione era diventata quasi un incubo per il problema della cicatrice. Intanto é arrivato il 1 Maggio, giornata della beatificazione di Giovanni Paolo II. Il nostro parroco aveva voluto che durante la Messa dei bambini tutti potessero seguire questo evento per cui ha predisposto in chiesa uno schermo. Tutti abbiamo potuto seguire in diretta questa cerimonia. Dopo la proclamazione a beato, eravamo in attesa che iniziasse la messa quando Miriam ha chiesto alla mamma: "Ora che il papa è beato può farmi guarire l'occhio?". La mamma le ha risposto: "Tu prega". L immagine di Giovanni Paolo II esposta in piazza San Pietro nel giorno della sua beatificazione Tornati a casa abbiamo riferito questo episodio agli altri nostri familiari e tutti hanno vissuto un momento di grande commozione. Forse é stato questo il primo momento in cui tutti hanno preso coscienza che la bambina avvertiva fortemente quella sua menomazione. Si é cercato allora di tranquillizzarla. Vedrai, non ti preoccupare, andrà tutto a posto. Ma, tranne mia figlia, nessuno di noi si sentiva tranquillo. Ogni tanto ci diceva: State tranquilli, la bambina vedrà. Da quel 1 Maggio la bambina non ha parlato più dell occhio. Il controllo che la bambina avrebbe dovuto fare con la dottoressa che la seguiva intanto era saltato 10

11 per il subentrare di altri impegni di quest ultima. L appuntamento era stato quindi fatto slittare alla metà di maggio. Quando é arrivato il momento di fare quest ultimo controllo, la dottoressa ha messo un impegno davvero straordinario ed ha utilizzato tutta la strumentazione possibile. Visitava e rivisitava più volte la bambina, come a voler cercare conferme che non si sentiva di dare. Infine ha detto a mia figlia: Signora la bambina non ha niente, nemmeno cicatrici. Non sembrava possibile nemmeno a lei che l occhio della bambina potesse essere sano del tutto, senza nemmeno la presenza di un segno di ciò che era accaduto. Nemmeno a noi familiari sembrava possibile. Da un lato ci sentivamo increduli, dall altro sentivamo un gran desiderio di ringraziare il Signore. Oggi posso dire che durante questo percorso ci sono state un infinità di preghiere. Per Miriam hanno pregato tantissime persone: del nostro movimento, di gruppi di Rinnovamento nello Spirito, amici, parenti, conoscenti Credo che il Signore abbia voluto ascoltare le preghiere di tutti ma, in particolare, quelle della bambina che aveva chiesto la guarigione a Giovanni Paolo II. Ovviamente, al controllo di maggio, ne sono seguiti altri. Alla fine é stato ricontattato il famoso luminare di Bologna al quale mia figlia ha detto: Dottore, mia figlia vede. Lui ha replicato: Sono contento che me lo abbiate comunicato. Voglio solo aggiungere che in tutto questo percorso di preghiera, io non ho mai chiesto al Signore di guarire la bambina. Gli ho sempre detto: Signore fa quello che vuoi fare, l unica cosa che ti chiedo é di sostenere la mamma e la bambina. Il commento del sacerdote a cura di don Giacinto Magaldi concepito un figlio. Maria credette e divenne la Madre del Signore. La testimonianza di Silvana fa subito venire alla mente quella frase del Vangelo che dice Nulla é impossibile a Dio. É la frase che l angelo dice a Maria quando, all Annunciazione, Maria gli domanda come fosse possibile ciò che lui annunciava. La stessa frase viene detta da Gesù ai discepoli quando questi si allarmano dopo averlo sentito parlare delle difficoltà per un ricco ad entrare nel Regno dei cieli (É più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco nel Regno dei cieli). Dio è onnipotente: questo suo nome si incontra frequentemente nella Sacra Scrittura ed è usato quando si vuole esprimere la potenza di Dio nel benedire, nel giudicare, nel dirigere il corso degli eventi, nel realizzare i suoi disegni. C'è un solo limite all'onnipotenza di Dio: la libertà umana, che si può opporre alla di lui volontà rendendo l'uomo impotente, mentre sarebbe chiamato a condividere la stessa forza di Dio. Sul fatto che Nulla é impossibile a Dio, c è un bellissimo commento di Chiara Lubic che é bene leggere: Nulla è impossibile a Dio. E' questa una Parola che viene opportunamente a concludere per la Chiesa cattolica l'anno del Padre prima del Giubileo del E' una Parola, infatti, che ci apre ad una confidenza illimitata nell'amore di Dio-Padre, perché, se Dio è e il suo essere è Amore, la fiducia completa in lui non ne è che la logica conseguenza. La domanda di Maria, all'annuncio dell'angelo: "Com'è possibile questo?" ebbe come risposta: "Nulla è impossibile a Dio" e, a riprova di ciò, le venne portato l'esempio di Elisabetta, che nella sua vecchiaia aveva 11

12 Tutte le grazie sono in suo potere: temporali e spirituali, possibili e impossibili. Ed egli le dà a chi le chiede e anche a chi non chiede, perché, come dice il Vangelo, egli, il Padre, "fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni" e a noi tutti chiede di agire come lui, con lo stesso amore universale, sostenuto dalla fede che: Ma c'è un momento speciale per poter vivere questa Parola e per sperimentarne tutta l'efficacia: è nella preghiera. Nulla è impossibile a Dio. Come vivere dunque questa Parola nella vita di ogni giorno? Noi tutti dobbiamo affrontare di quando in quando situazioni difficili, dolorose, sia nella nostra vita personale, sia nei rapporti con gli altri. E sperimentiamo a volte tutta la nostra impotenza perché avvertiamo in noi degli attaccamenti a cose e persone che ci rendono schiavi di legami da cui vorremmo liberarci. Ci troviamo spesso di fronte ai muri dell'indifferenza e dell'egoismo e ci sentiamo cadere le braccia di fronte ad avvenimenti che sembrano superarci. Gesù ha detto che qualsiasi cosa chiederemo al Padre in nome suo egli ce la concederà. Proviamo dunque a chiedergli ciò che ci sta più a cuore con la certezza di fede che a lui nulla è impossibile: dalla soluzione di casi disperati, alla pace nel mondo; dalle guarigioni da malattie gravi, alla ricomposizione di conflitti familiari e sociali. Se poi siamo in più a chiedere la stessa cosa, in pieno accordo per l'amore reciproco, allora è Gesù stesso in mezzo a noi che prega il Padre e, secondo la sua promessa, otterremo. Ebbene, in questi momenti, la Parola di vita può venirci in aiuto. Gesù ci lascia fare l'esperienza della nostra incapacità, non già per scoraggiarci, ma per aiutarci a capire meglio che "nulla è impossibile a Dio"; per prepararci a sperimentare la straordinaria potenza della sua grazia, che si manifesta proprio quando vediamo che con le nostre povere forze non possiamo farcela. Con tale fede nell'onnipotenza di Dio e nel suo Amore, anche noi chiedemmo un giorno per N. che quel tumore, visto su una radiografia, "scomparisse", quasi fosse un errore o un fantasma. E così avvenne. Questa fiducia sconfinata che ci fa sentire nelle braccia di un Padre al quale tutto è possibile, deve accompagnare sempre le vicende della nostra vita. Non è detto che otterremo sempre ciò che chiederemo. La sua è l'onnipotenza di un Padre e la usa sempre e soltanto per il bene dei suoi figli, che essi lo sappiano o no. L'importante è vivere coltivando la certezza che a Dio nulla è impossibile e questo ci farà sperimentare una pace mai provata. Nulla è impossibile a Dio. Ripetendoci questo nei momenti più critici, ci verrà dalla Parola di Dio quell'energia che essa racchiude in sé, facendoci partecipare in qualche modo della stessa onnipotenza di Dio. Ad un patto, però, e cioè che si viva la sua volontà, cercando di irradiare attorno a noi quell'amore che è deposto nei nostri cuori. Così saremo all'unisono con l'amore onnipotente di Dio per le sue creature, al quale tutto è possibile, ciò che concorre a realizzare i suoi piani sui singoli e sull'umanità. Chiara Lubich 12

13 Introduzione alla Sacra Bibbia LA STORICITÁ DEI VANGELI E DI GESƯ Le "fonti" che ci parlano di Gesù a cura di don Pompilio Pati - Lo storico Giuseppe Flavio Fonti molto importanti sono alcuni scritti dello storico Giuseppe Flavio (37-105) appartenente ad una famiglia giudea sacerdotale. Questi, dopo la distruzione di Gerusalemme (71 d.c.), fatto prigioniero dai Romani e diventato loro collaboratore, tra il 75 e il 79 d.c., scrive Sulla guerra giudaica. In questo suo scritto ci sono accenni a Gesù. In un altro suo scritto del 93, Antichità giudaiche, che parla della storia ebrea fino al 66, vi sono due citazioni: una di Giacomo, fratello di Gesù, chiamato Cristo e una di Gesù, uomo sapiente, ucciso da Pilato e creduto, dai suoi seguaci, risorto. Ecco la prima citazione: "A quell'epoca visse Gesù, un uomo sapiente (se uomo lo si può' chiamare). Egli operò cose mirabili. Molti Giudei e pagani egli attrasse a sé. E quando su accusa dei nostri uomini più autorevoli, Pilato lo ebbe condannato alla morte di croce, coloro che lo avevano amato non desistettero. (Egli infatti apparve loro vivente il terzo giorno, come avevano annunziato di lui i Profeti). E fino ad oggi non é più venuta a cessare la stirpe di coloro che da lui traggono ii nome di Cristiani" (Antichità Giudaiche, 18,3,3). Ed ecco la seconda: "Il sommo Sacerdote Anna riunì il Sinedrio a giudizio e fece comparire davanti ad esso Giacomo, fratello di Gesù, detto Cristo, e con lui alcuni altri, e li condannarono a morte mediante lapidazione" (Antichità Giudaiche, 20,9,1). Questo passo si riferisce all'apostolo Giacomo, detto "il minore", e denominato, anche nella Lettera ai Galati (1,19) il "fratello del Signore" (da intendere come cugino) il quale fu il Vescovo di Gerusalemme e fu lapidato nella Pasqua dell'anno Il Talmud (testo sacro ebraico) Il Talmud dà delle notizie su un certo "mago" di nome Gesù, della sua crocifissione avvenuta alla vigilia di Pasqua, di discepoli che curavano gli infermi ecc. - Plinio il Giovane (62-114) Nel 112 Plinio il Giovane, quale Governatore della Provincia di Bitinia, chiede istruzioni all'imperatore Traiano sul comportamento da adottare nei confronti dei cristiani. Nella sua lettera egli scrive: "...Non ho mai preso parte al processo contro i cristiani e quindi non so come si suole punire e indagare...essi affermano che tutto il loro crimine o errore consisterebbe nel fatto che sono soliti riunirsi in un giorno determinato della settimana, prima del sorgere del sole, e cantare un inno a Cristo, come a un dio...mi è sembrato che la questione fosse degna di una consultazione, soprattutto a causa di coloro che rischiano di esservi travolti molti, di ogni età, ceto sociale e di ambo i sessi..." (Epistola X,96). Qui sì parla dei "cristiani", seguaci di un certo "Cristo", che essi considerano "dio" e al quale rendono "culto", in un giorno determinato della settimana, con molta probabilità nel 1 giorno della settimana. Anche l'apocalisse, scritta più o meno nello stesso periodo, chiama questo 1 giorno della settimana "giorno del Signore". Questi cristiani sono tanti e appartenenti ad ogni ceto sociale: indirettamente c'è il riconoscimento "storico" di Gesù Cristo. - Publio Cornelio Tacito (55-120) Verso il 116, Tacito descrive nei Suoi Annali la storia degli anni dal 14 al 68 d.c., utilizzando le Storie di Plinio il Vecchio, testimone oculare della caduta di Gerusalemme. Nel descrivere l'incendio di Roma del 64, Tacito riferisce: "Nerone, volendo mettere a tacere questa diceria, diede la colpa ad altri e punì con raffinati supplizi coloro che la gente chiamava crestiani e che, a causa delle loro scelleratezze, erano odiati da tutti. Questo nome ha avuto origine da Gresto. che fu condannato a morte sotto il regno di Tiberio, dal procuratore Ponzio Filato" (Annales, XV, 44). 13

14 Tacito fa esplicito riferimento a Cristo, condannato a morte sotto il regno di Tiberio Cesare, che ha regnato dal 14 al 37 d.c., mentre era procuratore Ponzio Pilato, che è stato procuratore romano sull'idumea, la Giudea e la Samaria dal 26 al 36 d.c. (cf. questi dati con Le 3,1 e Le 23,1). - Caio Svetonio Tranquillo (75-150) Intorno al 120 compone una biografia dei dodici Cesari. In quella di Claudio ( 41-54) scrive che "Espulse da Roma i Giudei i quali, istigati da un certo Crestos, provocavano spesso tumulti" (Vita Claudii, 25,4). Di fatto era usuale, accanto a "Christus", la scrittura "Chrestos". Anche Tacito parla di "Chrestiani" e dal contesto è evidente che si tratta dei seguaci di Cristo. All'espulsione dei Giudei da Roma, nel 49-50, fa riferimento anche At 18,2. Invece in Vita Neronis (16,2) parla della persecuzione di Nerone contro i "crestiani". - Fonti archeologiche Nel corso dì una campagna di scavi nelle rovine dell'anfiteatro di Cesarea Marittima, residenza dei Procuratori, una spedizione italiana diretta dal dr. A. Frova scopre nel 1961 una lapide di pietra, dell'altezza di 80 cm e della larghezza di 60, che su tre righe porta questa scritta:.s TIBERIUM...PON)TIUS PILATUS... PRAEFE)CTUS JUD(EA)E.(sotto) - Mara bar Serapione Questo ignoto storico siriaco, intorno al 70 d.c. scrive una lettera al figlio che studia a Edessa sul Mar Nero, intorno al 73 d.c. In questa lettera, il padre ricorda al figlio che i veri grandi e sapienti (ed egli accenna a Socrate, a Pitagora e al saggio Re dei Giudei [Gesù'?] sono stati spesso incompresi, perseguitati e non di rado messi a morte dai loro contemporanei. Il padre vorrebbe imprimere nella mente del figlio la convinzione che non è il successo o l'insuccesso esterno che conta, ma l'atteggiamento interiore, la grandezza d'animo e la fedeltà a se stesso. Ecco come si esprime: "Che è giovato agli Ateniesi uccidere Socrate... o agli abitanti di Samo bruciare Pitagora... o ai Giudei giustiziare il loro saggio Re, se da allora è stato loro tolto il regno? Gli Ateniesi morirono di fame, gli abitanti di Samo furono sommersi dal mare. I Giudei, trucidati e scacciati dal loro paese (chiaro riferimento alla Guerra Giudaica), vivono dappertutto nella diaspora". Il testo, che presenta Socrate, Pitagora come personaggi storici, mette accanto a loro, come un'altra figura storica, il "saggio Re" dei Giudei, che non può essere altro che Gesù, che fu giustiziato (crocifisso) a causa del suo messaggio. Questa lapide su Ponzio Pilato conferma la concordanza tra le fonti pagane e quelle N.T. Infatti: - i fatti citati sono confrontabili con la storia civile: il censimento, la morte di Erode il Grande, le testimonianze storiche pagane su Gesù; - c'è concordanza perfetta sui nomi dei personaggi storici sia romani che palestinesi: Cesare Augusto, Erode, Tiberio, Ponzio Pilato, Anna e Caifa...; - le città e i monumenti citati sono stati rinvenuti esatti dalla storia e dalle scoperte archeologiche: Cafarnao, Betsaida, la sinagoga di Cafarnao... ; - quando gli Apostoli parlano, si riferiscono a fatti incontrovertibili, perché conosciuti da tutti. Ad esempio, San Pietro si rivolge agli Ebrei in prima persona, li rimprovera dei fatti accaduti e rende corresponsabili gli uditori (quali testimoni viventi) in questo modo: "come voi ben sapete" (At 2,22); "voi l'avete crocifisso" (At 2,23); "noi tutti ne siamo testimoni" (At 2,32); "Gesù, che voi metteste in mano di Pilato e rinnegaste in faccia a lui, mentre egli aveva deciso di liberarlo" (At 3,13); "crocifisso da voi e risuscitato da Dio" (At 4,10). 14

15 Cercare di conoscere Gesù: via per santificare la vita quotidiana Sintesi di una meditazione di don Ugo Borghello a cura di A. Zinzi Se capissimo quanto siamo importanti per il Signore cercheremmo di conoscerlo con tutte le nostre energie. E questo il desiderio di Gesù e per questo si rivolge al Padre in questi termini: Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Cristo Gesù (Gv. 17,3). Il Concilio Vaticano II ha messo chiaramente in evidenza il fatto che tutti siamo chiamati alla santità che non deve essere intesa come effetto di gesti straordinari o di modi di agire lontani dalla normalità della vita. La santità non é riservata esclusivamente ad alcuni privilegiati, ma, aperta a tutti, nessuno escluso. Come? Semplicemente facendo bene il proprio lavoro, compiendolo con la consapevolezza che con l impegno ci si rende utili a Gesù. Se il lavoro non è finalizzato esclusivamente al denaro ma è orientato a rendersi utili a Cristo, allora diviene trasfigurante. Cercare, trovare, amare Cristo negli altri, nel lavoro, nelle difficoltà della vita è il problema fondamentale dell esistenza terrena dell uomo. Fare questo è tendere alla santità. Ovviamente é un obiettivo che non si raggiunge all improvviso ma gradualmente e va costruito ogni giorno, passo dopo passo, restando sempre alla presenza di Dio. Il laico, in virtù del Battesimo, ha i mezzi per la santità sebbene non possa andare a Messa tutti i giorni! Il segreto per la santità è la vita interiore. Ci aiutano a stare sempre con Dio l orazione, lo spirito di sacrificio, una vita di pietà, i sacramenti, la meditazione, la direzione spirituale, il colloquio continuo con Dio, con Maria, gli angeli, i santi Per la santità non bastano le sole buone intenzioni ma è necessario fare agire la Grazia in noi. Gli ambiti principali per la ricerca della santità da parte dei laici sono il lavoro e la famiglia. Con il peccato originale il lavoro dell uomo è divenuto pesante, però Iddio, incarnandosi, ha dato all uomo la possibilità di divenire simile a Lui. Il lavoro è il luogo scelto da Gesù per chiamare gli apostoli (Levi lascia il banco delle imposte, Simone e Andrea lasciano le reti ) e questo può farci capire quanto esso sia importante agli occhi di Dio. Dio guarda non per giudicarci ma per venire in nostro aiuto, perché ci vuole santi. Ciascuno di noi può e deve santificarsi col lavoro, nel lavoro, per il lavoro. Per santificarsi con il lavoro sono indispensabili la serietà, la competenza, l impegno, la professionalità, l umiltà, ma soprattutto è necessario restare alla presenza di Dio offrendogli tutto e mettendolo sempre al centro di ogni cosa. Il lavoro, comunque, non deve ridurre le nostre attenzioni per la famiglia. Nei rapporti con i propri familiari continua a valere l imperativo amatevi come io ho amato voi (Gv 15, 9-17). Spesso tra coniugi non c è l ascolto. L amore richiede attenzioni e cure reciproche ed é necessario che l altro, senta di essere amato! Uomo e donna sono due mondi diversi e ognuno vuole essere amato secondo il proprio modo di intendere l amore, secondo la propria psicologia. Se desideriamo incamminarci verso la santità ed offrire al Signore il lavoro, la vita personale e familiare non possiamo lasciare che vi sia uno scollamento tra vita spirituale e vita nel mondo. Non possiamo nascondere al mondo la nostra fede. 15

16 16

17 Questa breve preoghiera é di don Tonino Bello, un uomo di fede, ma forse potremmo dire un sant uomo. Don Tonino non ha certo bisogno di presentazioni. Siamo davanti ad una invocazione al Signore perchè ci faccia sentire la Sua presenza nei momenti bui. Nessuno può dire di non averne vissuti. Lo stesso don Tonino deve averne vissuti diversi se ha saputo condensare in pochi versi, in una maniera così bella ed efficace, il suo grido che, se esaudito, fa sentire i brividi del passaggio del Signore accanto a noi. Quando il sole si eclissa pure per noi, e il Cielo non risponde al nostro grido, e la terra rimbomba cava sotto i passi, e la paura dell'abbandono rischia di farci disperare, rimanici accanto. In quel momento, rompi pure il silenzio: per dirci parole d amore! E sentiremo i brividi della Pasqua. 17

18 Lo scritto che riportiamo su questo numero é del Beato Don Luigi Monza, un sacerdote lombardo, vissuto nella prima metà del secolo scorso fondatore dei centri medici pedagogici denominati La Nostra Famiglia. Per questi centri destinati alla riabilitazione e alla scolarizzazione di minori con difficoltà fisiche e psicologiche, don Luigi spese quasi tutta la sua vita. Questo scritto che sembra riassumere tutte le esperienze pedagogiche vissute da questo sacerdote, costituiscono ancora oggi un valido punto di riferimento per genitori, educatori e insegnanti. Si nota subito che la penna scrive mentre é il cuore che detta. Il vigliacco di oggi è il bimbo che schernivamo ieri. L'aguzzino di oggi è il bimbo che frustavamo ieri. L'impostore di oggi è il bimbo che non credevamo ieri. L'innamorato di oggi è il bimbo che carezzavamo ieri. Il non complessato di oggi è il bimbo che incoraggiavamo ieri. Il giusto di oggi è il bimbo che non calunniavamo ieri. L'espansivo di oggi è il bimbo che non trascuravamo ieri. Il saggio di oggi è il bimbo che ammaestravamo ieri. L'indulgente di oggi è il bimbo che perdonavamo ieri. Ognuno senta viva la responsabilità davanti a Dio e davanti agli uomini di questi bambini e il compito che si assume lo porti a termine con amore e con sacrificio. Don Luigi Monza 18

19 Don Danilo Cubattoli Ecco un prete del tutto fuori dal comune: simpatico, arguto, ironico, innamorato di Cristo. Lui riusciva a vederlo in tutti, anche nei fratelli assassini. Don Danilo Cubattoli, scomparso nel 2006, é stato una persona che ha lasciato nel cuore di tantissimi fiorentini, e in particolare in quello di tantissimi carcerati, un ricordo indelebile. La sua é una figura che merita di essere conosciuta da vicino. Danilo Cubattoli nasce il 24 Settembre 1922 a San Donato in Poggio, nella zona del Chianti. Già nella prima infanzia la madre lo educa al bene, al lavoro e all attenzione verso agli altri. Questa mamma, però, non fa in tempo a vedere i frutti del suo impegno educativo perché lascia questa terra quando il suo Danilo ha solo tredici anni. Nel periodo successivo alla morte della madre, il ragazzo decide di entrare in seminario anche se il padre non condivide appieno questa sua scelta. A furia di insistere riesce comunque a convincere il padre a dargli il consenso per entrare in seminario. Determinante per la sua formazione si rivela allora la guida spirituale del cardinale Elia Dalla Costa verso il quale Danilo nutrirà sempre un profondo affetto. Nel periodo del seminario, i ragazzi del popolare quartiere fiorentino di San Frediano con i quali usa dividere il pane settimanale che riceve dal padre, gli affibbiano il soprannome di Cuba che gli rimarrà per sempre. Ad esercitare una certa influenza su questo ragazzo c é anche Giorgio La Pira il quale, nella sua attività di missionario laico, a sua volta riceve un discreto appoggio dal giovane. Danilo Cubattoli diventa sacerdote l 11 luglio del 1948 nel Duomo di Firenze. La preghiera che scrive per la sua ordinazione sacerdotale appare un vero e proprio programma di vita: «Concedimi, o Padre, d essere come l Ostia che ti offro, docile all azione del tuo Spirito, perché in unione a Maria Santissima tutto mi consumi a incarnare e far crescere nel mondo, per la tua gloria, Cristo vita, luce, gloria, amore infinito». Poco dopo la sua ordinazione viene nominato vice parroco a Ronta e poi a Vicchio Mugello. La parrocchia gli sta stretta e infatti gli appare subito chiaro che la sua chiamata é per un qualcosa di completamente diverso dalle attività parrocchiali. Le scene su cui svolgerà il suo ministero saranno gli istituti di pena fiorentini e il quartiere di San Frediano. Per don Cuba il carcere è un postaccio per annunciare il Vangelo, che è messaggio di libertà. Lui si trova a proprio agio ovunque e con chiunque perché, dice, ogni uomo è mio fratello, anche se é un assassino. Sempre attento ai più deboli e agli ultimi, insieme ad altre tre persone dà vita all Obiettivo Giovani di San Procolo, un associazione finalizzata all assistenza e all avviamento professionale di giovani provenienti dalle più umili classi cittadine e da famiglie disastrate. Senza questa associazione, tanti ragazzi emarginati o in difficoltà, a cominciare da quelli di San Frediano, a partire dai primi anni 50, non sarebbero cresciuti in un ambiente sano e amorevole, né avrebbero mai raggiunto l obiettivo di una vita dignitosa. Già da giovane sacerdote, don Danilo e gli altri tre cofondatori profondono per questo obiettivo un grandissimo impegno con vero spirito di servizio. Nel 1954 sale fin sul Kilimangiaro e celebra una messa su una delle vette più alte del mondo. Rimane poi in Africa sei mesi perché vuole incontrare il Negus per consegnargli un messaggio di pace del sindaco di Firenze Giorgio La Pira. La sua attenzione per i carcerati lo spinge ad entrare nel loro mondo. Entra quindi nelle carceri fiorentine di Santa Teresa e delle Murate, prima come volontario e poi come cappellano. Qui mette tutto il suo impegno per far nascere un filo di speranza nel cuore dei detenuti. Su questo fronte metterà in gioco tutte le sue energie specialmente quando passa 19

20 afferma spesso: «Dio mi ama e tutto quello che mi capita è il meglio per me». Don Danilo Cubattoli, dopo essersi speso al meglio nel suo ministero, lascia questa terra a ottantaquattro anni, il 2 dicembre É stato scritto di lui ha vissuto 84 anni, tutti dedicati nel nuovo istituto di pena di Sollicciano. Nella sua prima esperienza tra i carcerati delle Murate, don Cuba si domanda se e in che modo si può cercare di alleggerire le pene e favorire il riadattamento dei detenuti. Gli viene in mente allora un idea che, se concretizzata, avrebbe portato un doppio risultato: alleggerire la pena e far penetrare il messaggio evangelico. L idea é quella di sfruttare il linguaggio delle immagini attraverso la cinematografia. Con questo mezzo, i giovani carcerati avrebbero potuto incontrare anche la Sacra Scrittura. Si avvale quindi della collaborazione di don Giorgio Bruni e di padre Nazareno Taddei. Queste prime esperienze lo porteranno poi anche ad un lungo rapporto di collaborazione con personaggi del cinema del calibro di Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Franco Zeffirelli, Marco Bellocchio, Tonino Guerra, Ermanno Olmi e Roberto Benigni. Quando é all esterno delle carceri svolge la sua azione missionaria nel quartiere San Frediano di Firenze. L impegno e la passione che don Cuba mette nello svolgimento del suo ministero sono tali che sono sempre tantissimi coloro che vanno ad ascoltare le sue prediche anche perché il suo messaggio deriva dal Vangelo calato nella concretezza della sua vita. Chi sente le sue parole non rimane mai indifferente ad esse. Don Danilo consola, asciuga lacrime, accoglie e assiste orfani, condivide problemi e preoccupazioni, assiste materialmente e spiritualmente carcerati e malati. Senza tanti distinguo, dà una mano a chi é nel bisogno. Oltre che generoso e buono, questo prete mostra un carattere simpaticissimo, energico e brillante. Per portare qualche tifoso a Cristo e alla Chiesa, arriva a sfruttare la sua passione per il ciclismo e le proprie capacità atletiche. Sono tanti i seminaristi e i confratelli che lo vogliono conoscere per la simpatia, l arguzia e l ironia che lo caratterizzano. Fra questi ci sono personaggi come Lorenzo Milani, Renzo Rossi, Silvano Piovanelli, Ernesto Balducci, Raffaele Bensi e Bruno Borghi. Nelle sue conversazioni all amore verso gli altri, Il suo sguardo sereno pur nell estrema sofferenza degli ultimi tempi rifletteva una dolcezza meravigliosa,. Lascia un grande rimpianto per la sua altissima figura spirituale e morale.. figura di un uomo vero che, vestendo la tonaca, è andato ben al di là del prete di strada, un uomo di grande spessore, anche teologico, che fino all ultimo istante si è dedicato agli altri parlando il linguaggio degli umili È stato il prete dei carcerati, degli umili, degli emarginati: in una parola, degli "ultimi". La matematica non era il suo forte e, quando i conti non tornavano non si arrabbiava. Ci faceva sopra una risata rifugiandosi nella «geometria dello Spirito Santo» e tutto gli risultava esatto, preciso un prete fiorentino di razza straordinaria che ha speso tutta la sua vita accanto a coloro che tutti tengono lontani perché giudicati un pericolo pubblico, meritevoli solo di restare in carcere. Negli uomini chiusi in gabbia dalle inferriate non vedeva dei delinquenti meritevoli di castigo ma dei fratelli cui bisognava dare una mano, fasciata dai guanti dell affettuosità e dell amicizia, perché potessero ritrovare la dignità perduta. Le sue idee non erano sempre facilmente condivise, ma erano pur sempre partorite da un cuore follemente innamorato di Cristo e della sua Chiesa. Portava la buona notizia nei suoi occhi luminosi e nella serenità del suo volto, oltre che nelle sue parole. Dio ci ama!, soleva dire. Nell omelia per le sue esequie é stato detto: i carcerati avrebbero voluto che questa Messa fosse celebrata a Sollicciano, per essere personalmente presenti e stringersi attorno a lui per l ultima volta. Quanti ne ha incontrati nei lunghi anni del suo ministero! Per lui erano tutti fratelli amati, ai quali far scoprire che il Signore aveva già assicurato loro il perdono in virtù della sua misericordia. 20

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