Note sul campo e riflessioni personali di Giulia Marchetti (ambasciatrice degli Ateniesi)

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1 Greci e Persiani Note sul campo e riflessioni personali di Giulia Marchetti (ambasciatrice degli Ateniesi) Il settimo incontro del progetto di ascolto Sono qui perché, organizzato a Prato da Cristina Pezzoli e dai suoi collaboratori, ha avuto luogo giovedì 25 ottobre presso lo Spazio Compost. Il titolo dell incontro era Greci e Persiani. Si è trattato di un incontro strutturato in maniera diversa dai precedenti. Negli altri incontri la potenzialità del conflitto tra i partecipanti (pratesi-italiani e pratesi-cinesi) dipendeva dal confronto dei punti di vista dei protagonisti su temi ad alto contenuto simbolico e si esprimeva nell accordo/disaccordo tra le testimonianze personali di chi aveva la parola e di chi muoveva critiche o faceva osservazioni. In tutti questi casi il confronto tra le persone e il conflitto presente che a volte si è verificato anche nella comunicazione verbale e non verbale (interrompere il discorso di qualcuno, alzare la voce, alzarsi in piedi per andarsene, prendere la parola senza averne il diritto) erano comunque sempre in qualche modo attenuati o controllati dalla moderatrice (Cristina Pezzoli), soprattutto per quanto riguarda il rispetto dei tempi dei singoli interventi, la copertura dei temi trattati e il passaggio di parola. Stavolta invece la potenzialità del conflitto non era controllata dalla moderatrice ma si esprimeva articolandosi nel rispetto delle regole di un gioco di ruolo ben definito fin

2 dall inizio. Usando come traccia le vicende storiche della battaglia delle Termopili tra Greci e Persiani, ai partecipanti, precedentemente individuati e informati della natura peculiare dell incontro, era stato dato il compito di rappresentare le dinamiche di relazione, strategie e conflitto presenti nel confronto tra un esercito invasore (i Persiani) e due popoli greci (Ateniesi e Spartani) tradizionalmente nemici. L inizio di Greci e Persiani, che era previsto per le 18.30, è slittato di circa un ora. Io mi ero presentata in anticipo perché Cristina Pezzoli con una telefonata mi aveva chiesto di partecipare al gioco di ruolo e di fare un osservazione partecipante e mi aveva detto che sarebbe stato interessante per me anche osservare la preparazione del gioco. In seguito le avrei dato una relazione scritta contenente le mie riflessioni. Quando sono arrivata, Cristina e gli artisti che collaborano con lei erano seduti intorno a un tavolo ed erano intenti ad ultimare la redazione in italiano e in cinese dei tre scenari. Mi sono seduta al tavolo con loro e ho capito che i partecipanti al gioco di ruolo sarebbero stati suddivisi in tre gruppi (il gruppo dei Persiani, quello degli Ateniesi e quello degli Spartani) e avrebbero avuto a disposizione un preciso scenario di riferimento contenente le informazioni di base, stampate su un foglio di carta da distribuire ai giocatori, relative alla situazione storica (l esercito dei persiani era accampato fuori dalle mura di Atene) e alle caratteristiche delle risorse militari ed economiche del gruppo. Quando sono arrivata, le persone sedute a quel tavole si stavano confrontando tra loro per attribuire le risorse alle tre formazioni. Circolava un libro e io mi chiedevo se era un libro di storia o un libro sui giochi di ruolo. Lo Spazio Compost si trova a Prato nel quartiere di Santa Chiara, la vecchia zona industriale di Prato all interno delle mura cittadine dove oggi sono nate attività legate alla cultura e all arte. L edificio che lo ospita è in un cortile dove in passato coesistevano zone residenziali e di lavoro. È un classico edificio dell attività tessile pratese, di forma rettangolare, adiacente ad altri locali simili per misura e dimensioni, illuminato di giorno da alte finestre, con un soffitto a capanna e il tetto di tegole di cotto, costruito forse nei primi anni del Novecento (ma potrebbe essere anche degli anni cinquanta) presumibilmente per ospitare i lavoratori e i macchinari per la lavorazione della lana o dei tessuti.

3 Conosco bene lo Spazio Compost perché, grazie a una mia amica che mi parlò delle loro iniziative, ho avuto la fortuna di seguirli fin dall inizio. Che il tetto è fatto di tegole di cotto l ho notato dal terrazzo della mia amica. Da casa mia ci arrivo a piedi in cinque minuti. Quando sono lì mi sento in un luogo familiare perché, anche se non sono mai stata in Cina, io mangio l insalata con le bacchette di legno. È anche vero però che quando sono lì mi sento sempre un po sulle spine perché gli artisti li considero esseri superiori. Lo spazio era già stato preparato per ospitare i gruppi, con tre postazioni sistemate triangolarmente su un ampia superficie e costituite da due file di bassi panchetti poste l una di fronte all altra dove presto i giocatori appartenenti ai tre schieramenti si sarebbero seduti e intorno a loro a semicerchio avrebbero preso posto gli osservatori esterni che non avrebbero invece partecipato al gioco. In seguito, quando il gioco è iniziato, ho visto che gli osservatori esterni, non più di tre o quattro per ogni gruppo, potevano anche cambiare posizione e andare ad osservare un altro gruppo. Il motivo del ritardo nell inizio dell incontro dipendeva anche dal fatto che Shi Yang Shi, attore e collaboratore di Cristina Pezzoli, era dovuto andare a prendere con l automobile alcuni partecipanti cinesi perché, stando a quel che avevo sentito dire nello Spazio Compost, alcuni di loro avevano il timore di inoltrarsi da soli di sera in una parte della città che era percepita come appartenente ai pratesi. Non avevo mai partecipato a un gioco di ruolo e ero un po intimorita anche io. Prima dell inizio del gioco, appena ho avuto modo di parlare con Shi Yang Shi e Cristina Pezzoli, ho chiesto loro che cosa si aspettavano da me. Sapevo che dovevo scrivere le mie note ma non avevo capito se dovevo anche io partecipare al gioco di ruolo. Shi Yang Shi inizialmente mi ha detto di partecipare senza interferire nelle dinamiche del gioco e questo mi aveva rassicurata perché non mi piace espormi se non sono sicura di quello che devo dire o fare e temevo che il protagonismo richiesto ai partecipanti dei giochi di ruolo non mi avrebbe fatta sentire completamente a mio agio per tutta la serata. Cristina Pezzoli subito dopo ha invece detto che secondo lei avrei dovuto prendere parte al gioco come se fossi una normale partecipante e non un osservatrice e questa a tutti e tre è sembrata la soluzione più corretta ed efficace per non interferire nelle interazioni del mio gruppo.

4 Quando il gioco è iniziato non avevo ancora capito se dovevo sedermi sui panchettini bassi dei partecipanti o esternamente tra gli osservatori. Quando Cristina ha notato che ero andata a sedermi all esterno insieme agli osservatori, mi ha indicato che il mio posto era invece nel gruppo dei partecipanti. Mi sono subito seduta su un panchettino e ho iniziato a parlare con i miei compagni. Il mio gruppo era quello degli Ateniesi. Conoscevo già in maniera più o meno superficiale due dei miei compagni e è stato un piacere per me rivederli. Ho anche scoperto in quell occasione che loro due avevano una relazione sentimentale e vederli insieme come coppia mi faceva ancora più piacere. Anche gli altri, come loro, mi sembravano persone istruite e impegnate nel campo del sociale. Tutti erano ovviamente di sinistra. Durante il gioco non ho preso appunti perché sarebbe sembrato strano ai miei compagni di squadra e il gioco mi ha coinvolta così tanto e fin da subito che non ho nemmeno acceso il registratorino che avevo messo nella borsa per poi riascoltare le conversazioni. Era un ambiente grande, con molte persone e tante voci, e mi sono detta che probabilmente la registrazione non sarebbe comunque venuta bene e sarebbe stato impossibile riascoltarla. Il giorno dopo però ho annotato gli aspetti che mi erano sembrati più interessanti. In alcune fasi del gioco mi ero così immedesimata nella parte che alcune volte mi è stato difficile o impossibile osservare le interazioni interne al mio gruppo e fra il mio gruppo e gli altri gruppi. Verso le tutti i partecipanti hanno preso i loro posti e gli osservatori esterni di ogni gruppo si sono seduti in semicerchio intorno a loro. Gli osservatori esterni per tutta la sera hanno preso appunti scrivendo le loro note sui loro taccuini. C era anche qualche persona che non faceva parte delle squadre di giocatori e degli osservatori e che quindi costituiva il pubblico, seduto in una posizione più esterna al gioco. In tutto non credo siano state presenti più di cinquanta persone, un numero inferiore rispetto agli incontri passati, e credo che questo sia dipeso dalla peculiarità della serata e dalla necessaria richiesta di una partecipazione attiva. I tre gruppi di giocatori erano numericamente bilanciati, formati da sette o otto persone. Ad ogni gruppo era attribuito un colore diverso e una fascia di stoffa di quel colore che ogni partecipante indossava legandosela al braccio, al polso, tra i capelli o intorno alla testa. Credo

5 che gli organizzatori del gioco avessero precedentemente organizzato i gruppi in base ai diversi partecipanti perché il mio posto era già stato deciso che fosse tra gli Ateniesi. Fig.1 Posizione dei partecipanti al gioco di ruolo Greci e Persiani (Prato, Spazio Compost, 25 ottobre 2012) - I Persiani Il gruppo dei Persiani era composto da persone cinesi, quasi esclusivamente donne, con una età media che non andava oltre i 30 anni. - Gli Ateniesi Il gruppo degli Ateniesi era composto da persone italiane, per metà donne e per metà uomini, con un età media oltre i 35 anni. - Gli Spartani Il gruppo degli Spartani era composto da persone sia cinesi che italiane e da un uomo che credo sia originario del Nord Europa. Perlopiù era un gruppo formato da uomini e con un età media inferiore a quella del gruppo degli Ateniesi. In mezzo alla sala era stato steso un telo di plastica ricoperto da un sottile strato di sabbia. Quello era il posto dell arena per il confronto verbale pubblico tra i tre rappresentanti dei gruppi. Dietro all arena, sulla parete, c era una grande lavagna dove Cristina Pezzoli durante la serata annotava le fasi del gioco.

6 Quando tutti hanno preso il loro posto, abbiamo iniziato a studiarci tra di noi e a osservare i componenti degli altri gruppi mentre Cristina Pezzoli spiegava le regole del gioco in italiano e Shi Yang Shi dopo di lei lo faceva in cinese. Il gioco prevedeva una preliminare discussione interna ai gruppi per l elezione del capogruppo e dell amabsciatore. Il capogruppo aveva il compito di parlare nell arena e l ambasciatore quello di andare a parlare con i componenti degli altri gruppi. Ci sarebbero state discussioni interne al gruppo per concordare una strategia di azione, le missioni degli ambasciatori negli altri schieramenti per stringere alleanze e le arene di confronto tra i capigruppo, dove questi potevano parlare pubblicamente. Erano previste tre arene. Ogni fase si sviluppava in un tempo determinato e misurato da un cronometro, allo scadere del quale era annunciato l inizio della fase successiva con il suono di un gong. Ogni gruppo doveva anche scegliere lo slogan da pronunciare ad alta voce nel momento in cui il suo capo si presentava sull arena. I primi compiti previsti dal gioco erano leggere lo scenario del proprio gruppo, eleggere il capogruppo e l ambasciatore e trovare uno slogan. A noi Ateniesi (sì noi, io mi sentivo parte di quel gruppo) lo scenario che si presentava era che l esercito persiano era accampato fuori dalle nostre mura e che avevamo la flotta più forte di tutte. Ogni gruppo non aveva informazioni sul contenuto dello scenario degli altri gruppi. Nella mia squadra, all inizio del gioco, tutti i partecipanti si mostravano piuttosto preoccupati perché dicevano di non sapere come giocare e di non avere nessun idea su come ricoprire i ruoli. Nessuno voleva esporsi e diventare capogruppo e ambasciatore. Per prima cosa, abbiamo unanimemente costretto a diventare capogruppo il componente (maschio) che sembrava il più esperto di giochi di ruolo e che infatti era uno degli organizzatori del gioco. Lo avevo già visto quando ero arrivata allo Spazio Compost. Anche lui era seduto al tavolo quando ero entrata e dava a Cristina e tutti agli altri indicazioni sullo svolgimento dell incontro di quella sera. La scelta dell ambasciatore è ricaduta su di me perché un mio compagno di squadra aveva detto che doveva essere per forza una donna a fare l ambasciatore, in modo da garantire le pari opportunità (o per evitare di essere lui eletto ambasciatore). Le altre due donne presenti non volevano assumere quel ruolo. Io ho prima rifiutato e poi ho accettato controvoglia. Speravo anche che il mio ruolo segreto di osservatrice partecipante potesse redimere ma mi è bastato

7 uno sguardo di Cristina Pezzoli, che in quel momento era seduta tra gli osservatori vicino a noi, per capire che non avevo scampo. Ero comunque più serena anche perché, parlando con gli altri, avevo appurato che prima di arrivare lì non ero stata la sola ad essere andata su Wikipedia a leggere qualcosa sulla battaglia delle Termopili, che per me era solo un vecchio ricordo dei libri di storia del liceo. Nel mio gruppo degli Ateniesi abbiamo scelto lo slogan dopo averci pensato per parecchio tempo. Ci abbiamo impiegato più tempo degli altri. A me non veniva in mente nemmeno una parola in greco antico che potesse avere qualche suggestione. Niente di niente. Abbiamo deciso alla fine di eleggere come nostro slogan la parola Demos ripetuta tre volte (Demos! Demos! Demos!), dopo che avevamo anche valutato la possibilità, subito scartata, di Kalimera, Kalispera e Kalinikti. Quella sera ho imparato come si dice buonanotte in greco moderno. Gli Spartani invece gridavano Pace ma poi, durante il gioco, mi sono accorta che pronunciavano quella parola in maniera sorprendentemente minacciosa. Non mi ricordo invece lo slogan dei Persiani e mi chiedo se è perché fosse in cinese eppure non mi sembra che fosse in cinese. Non mi ricordo il loro slogan. Prima che iniziassimo a entrare realmente nella parte e diventare giocatori, quando eravamo ancora nella fase preliminare della spiegazione delle regole del gioco e della conoscenza tra gli appartenenti al mio gruppo, ricordo che una persona del mio gruppo ha detto, rivolgendosi a tutti: Hey, avete notato? il gruppo dei persiani, che sono gli invasori, è costituito tutto da cinesi. Lo avranno fatto apposta gli organizzatori?. Ma nessuno di noi ha dato una risposta precisa. Ben presto abbiamo iniziato a giocare e a immedesimarci nei ruoli. Io ero molto contenta di essere l ambasciatrice. Mi sembrava un ruolo davvero importante. Noi Ateniesi abbiamo deciso che per prima cosa dovevamo chiedere ai Persiani qual era il motivo dell accampamento del loro esercito fuori dalle nostre mura perché eravamo tutti d accordo sul fatto che la presenza così ravvicinata dell esercito di un impero che stava conquistando mezzo mondo non era niente di promettente. Se ci avessero detto che volevano conquistarci, allora avremmo deciso il da farsi. Il nostro scenario non ci dava nessuna informazione sugli Spartani e quindi loro per noi non costituivano un problema.

8 Sono quindi andata nella mia veste di ambasciatrice a parlare con il gruppo dei Persiani, con Yang vicino a me che traduceva in cinese quello che dicevo. Mi hanno accolto sorridendo. Ci stavamo tutte divertendo. Io mi sono presentata dicendo che ero l ambasciatrice degli Ateniesi e che il mio popolo era molto preoccupato per la presenza di persiani armati fuori dalle nostre mura. Volevo sapere come mai erano lì e quali erano le loro intenzioni. La loro risposta è stata che erano lì senza nessuna intenzione bellicosa e che la loro presenza serviva a proteggere gli Spartani da un possibile attacco da parte degli Ateniesi. Io ho rassicurato i Persiani dicendo loro che gli Ateniesi non avevano nessuna intenzione di attaccare Sparta e che quindi l esercito persiano poteva ritirarsi o deporre le armi. Sinceramente per me il gioco poteva finire lì. Non c era più nessun motivo per i Persiani di tenere l esercito fuori dalle mura di Atene visto che noi Ateniesi non volevamo attaccare Sparta. La reazione dei Persiani mi sembrava illogica perché non volevano andarsene anche se li avevo rassicurati sul fatto che noi non avevamo intenzione di attaccare Sparta e sembravano proprio non capire che la presenza di un esercito è di per sé una presenza inquietante e minacciosa per una città. Secondo i Persiani invece il loro esercito, posizionato così vicino ad Atene, accampato proprio fuori dalle mura della città, non doveva costituire nessun problema per noi. Non sapevo più come fare a convincere i Persiani che non c era nessun motivo per loro di rimanere lì con il loro esercito. Stavo quasi perdendo la pazienza e allora ho detto loro che Atene era una florida città mercantile, basata su un commercio via mare e via terra, con tantissimi mercanti che arrivavano lì per comprare i beni prodotti dagli Ateniesi, che la presenza del loro esercito scoraggiava l arrivo dei mercanti e stava producendo effetti negativi sull economia ateniese. L unica soluzione era che dovevano andarsene. Non avevano motivo di rimanere lì e la loro presenza ci stava danneggiando. Mi sembrava di avere trovato una giustificazione ragionevole. La mia interlocutrice mi è sembrata comprensiva e ha capito la questione. Mi ha detto che potevamo risolvere il problema facilmente se gli Ateniesi avessero iniziato a commerciare con i Persiani. Ero entusiasta della soluzione e le ho detto, stringendole la mano, che secondo me non ci sarebbero stati problemi ma che dovevo prima aggiornare il popolo ateniese sui risultati della mia missione diplomatica.

9 Per la seconda volta mi sembrava che il gioco si stesse concludendo e un po mi dispiaceva perché mi stavo divertendo. Ho raggiunto il mio gruppo che era tutto intento a parlare con l ambasciatore spartano e non mi prestava nessuna attenzione anche se avevo detto che avevo delle belle novità. Avevo talmente tanta voglia di riferire quello che i Persiani mi avevano proposto, mi sembrava che fossimo arrivati in fretta a una giusta conclusione del gioco e non capivo perché i miei compagni perdessero tempo a bisbigliare con l ambasciatore spartano, che non ci entrava niente con noi. Ero talmente presa dai miei pensieri, emozionata per il mio successo con i Persiani, che nemmeno ascoltavo quello che si stavano dicendo gli Ateniesi e l ambasciatore spartano. Non mi interessava anche se quello era il mio gruppo e io ero la loro ambasciatrice. Inoltre l ambasciatore spartano non mi aveva salutata quando avevo raggiunto il mio gruppo. Me l ero presa un po a male e non mi sono seduta con loro ma sono rimasta in piedi ad aspettare che se ne andasse. Non vedevo l ora che andasse via e che mi lasciasse parlare con i miei compagni. Quando finalmente se n è andato, mi sono seduta tutta sorridente al mio posto, riferendo al mio gruppo le belle novità: I persiani non vogliono invaderci. Hanno piazzato il loro esercito fuori dalle nostre mura solo come deterrente e io li ho rassicurati del fatto che noi non abbiamo nessuna intenzione di attaccare gli Spartani. Nonostante questo, loro non vogliono rimuovere il loro esercito. Li ho quindi informati del fatto che la presenza del loro esercito scoraggia i nostri scambi commerciali e che per questo motivo devono andarsene. I Persiani non vogliono andarsene ma iniziare fare scambi commerciali con noi. Niente male vero? La proposta che ho fatto al mio gruppo era di valutare la possibilità di fare entrare i Persiani in città. Alla prima obiezione di una voce del gruppo che era contraria all introduzione di un esercito straniero nella nostra città, mi sono subito corretta e ho detto che ovviamente non intendevo fare entrare l esercito ma la popolazione persiana composta da uomini (non militari), donne e bambini. Uno del mio gruppo ha allora fatto una battuta: sì e gli diciamo di andare a vivere in via Pistoiese. Qualcuno ha riso, qualcuno no. I miei compagni non mi stavano supportando. Un amica ateniese mi ha fatto capire che le cose non erano così semplici perché noi non sapevamo cosa c era scritto negli scenari degli altri gruppi. Secondo lei, nello scenario dei Persiani stava scritto che noi Ateniesi avevamo intenzione di attaccare gli Spartani e che forse i Persiani, con quei discorsi sul commercio,

10 stavano in realtà bluffando con noi perché pensavano che anche noi stessimo imbrogliando le carte. La sua idea era convincente e io mi sono sentita tradita e presa in giro dai Persiani. L incontro con loro era finito così bene. La prima arena, che vedeva i tre capigruppo, acclamati dagli slogan dei loro compagni, in piedi al centro del salone, a fare lunghi discorsi sulla situazione politica, si è conclusa in una situazione di stallo. Tutti proclamavano di volere la pace ma nessuno si fidava di nessuno. I Persiani non volevano rimuovere il loro esercito dal territorio ateniese. Il nostro capogruppo aveva riferito pubblicamente nell arena che l esercito persiano doveva andarsene, che gli ateniesi erano disposti a iniziare a commerciare con loro ma i loro militari dovevano lasciare il posto alle donne e ai bambini. Non aveva menzionato gli uomini e aveva aggiunto che comunque la popolazione persiana doveva rimanere fuori dalle mura. Io ero molto contrariata e lo erano anche i Persiani. I Persiani a quel punto credo che si siano sentiti traditi da noi Ateniesi e la loro convinzione di non rimuovere il loro esercito era ancora più forte. Quanto agli Spartani, ancora adesso mi sfugge la posizione assunta pubblicamente dal loro capo nell arena. Io ero solo interessata ai nostri rapporti con i Persiani. Concluso il momento dell arena, io e il mio gruppo ci siamo accorti che era difficile arrivare a una conclusione con i Persiani. Secondo le opinioni del mio gruppo, c erano stati dei contatti tra gli ambasciatori dei Persiani e degli Spartani, che forse questi ultimi stavano tramando qualcosa contro di noi, e che quindi noi Ateniesi dovevamo inviare l ambasciatore a Sparta per convincere i suoi abitanti a stringere un alleanza con noi e superare un impasse del gioco che io non riuscivo a spiegarmi. Non riuscivo a capacitarmi dell atteggiamento superficiale dei Persiani. Mi sono quindi recata presso il gruppo degli Spartani, intenzionata a venire a capo di qualcosa e con qualsiasi mezzo. Mi sentivo anche un po in colpa per avere in precedenza ignorato l ambasciatore spartano e quando mi sono seduta in mezzo a loro ho sorriso guardandoli tutti e ho allungato verso di loro i palmi delle mani rivolti verso l alto, offrendo un regalo invisibile e dicendo: Sono l ambasciatrice degli Ateniesi e vi porto questo dono come simbolo di amicizia tra le nostre città. Si sono messi a ridere. E anche io ho riso per la solennità della mia affermazione.

11 Subito dopo però uno di loro mi ha detto, anche lui in modo solenne: Ti ringraziamo. È vero: le nostre città sono amiche e io so che tua madre è spartana. Sì, ho risposto io, mia madre è spartana e io sono mezza ateniese e mezza spartana. Mi sentivo felice. Ho spiegato loro che noi ateniesi eravamo preoccupati per la presenza dell esercito persiano fuori dalle nostre mura, che avevamo cercato di trovare un accordo con loro ma che sembrava impossibile ragionare con i Persiani, che era risaputo che i Persiani volevano conquistare anche la Grecia (mi ero rinfrescata la memoria con Wikipedia) e che gli Ateniesi e gli Spartani dovevano allearsi per evitare l invasione straniera. Dissi anche che dovevano stare attenti a fare alleanze con i Persiani perché probabilmente avevano messo in giro la falsa voce che gli Ateniesi volevano attaccare Sparta mentre la verità era che l impero persiano aveva interesse a conquistare la Grecia. Poi in modo drammatico ho annunciato: Se voi fate un alleanza con i Persiani, dopo che con il vostro aiuto avranno ucciso tutti noi Ateniesi, allora attaccheranno anche voi e noi saremo tutti morti e non potremo aiutarvi a difendervi da loro. Era una brechtiana memoria di slogan di sinistra ma ero riuscita ad allarmarli. Noi abbiamo la migliore flotta, ho continuato, e voi avete i più valorosi guerrieri. Insieme potremo sconfiggere i Persiani se loro mai ci attaccheranno. A quel punto ho visto gli Spartani molto preoccupati ma anche desiderosi di reagire. Mi hanno raccontato che anche loro in precedenza avevano cercato di fare un accordo con i Persiani senza riuscire a realizzare nulla. Io ho voluto essere generosa e ho detto ai cittadini di Sparta che, per provare la buona fede degli Ateniesi, eravamo disposti a sigillare il nostro impegno di reciproca alleanza concedendo agli Spartani anche una parte delle nostre ricchezze. Gli Spartani erano molto soddisfatti. E anche io. Sono tornata dal mio gruppo molto euforica e ho raccontato ai miei compagni che l ambasciatore spartano si ricordava che mia madre è spartana. E un mio compagno rideva: sei una figlia di spartana! Durante la seconda arena i capigruppo di Atene e di Sparta hanno illustrato la nuova situazione di accordi diplomatici. Stavolta non riuscivo a capire quale fosse la posizione dei Persiani e il motivo della loro testardaggine. Adesso era ovvio più che mai che gli Ateniesi non avevano nessuna intenzione di attaccare gli Spartani. Ateniesi e Spartani erano alleati e avrebbero combattuto insieme nell eventualità che l esercito persiano avesse attaccato Sparta o Atene. I Persiani continuavano a parlare della minaccia ateniese nei confronti degli Spartani ma la

12 possibilità che presentavano non era per niente appoggiata da fatti reali o presunti. Io non riuscivo a capire come mai i Persiani non ritirassero il loro esercito. Mi sentivo un po infastidita da questo impasse. Terminata la seconda arena, i componenti dei tre schieramenti hanno cominciato di nuovo a confrontarsi internamente ai loro gruppi e gli ambasciatori hanno ripreso i contatti con l esterno. Arrivati a questo punto, l interesse di noi Ateniesi era solo quello di stabilire che tipo di compensi devolvere agli Spartani per sigillare l accordo. L ambasciatore spartano è quindi arrivato a parlare con noi. Era stato stabilito che potessero avere uno sbocco sul mare e una parte della flotta. L ambasciatore ha anche detto che gli Spartani volevano delle donne ateniesi. Io non ho fatto obiezioni ma sono stati soprattutto gli uomini ateniesi a non voler approvare questa richiesta. I miei compagni maschi, specialmente uno, erano molto sorprendesi dalla disinvoltura con cui mi sembrava giusto approvare anche questa richiesta. Ho cercato di fare capire ai miei compagni di squadra che in passato le donne erano merce di scambio e di alleanze e che non ci vedevo niente di male e che era peggio concedere uno sbocco sul mare. Alla fine i miei compagni l hanno spuntata e gli Spartani hanno rinunciato alle donne ateniesi ma hanno voluto essere rassicurati sul fatto che le altre due risorse sarebbero state concesse anche nel caso che i Persiani non avessero mai attaccato la Grecia. Il gioco stava per terminare e io riflettevo dentro di me: in sintesi, l esercito persiano è rimasto accampato dove era all inizio e la sua presenza ha di sicuro continuato a scoraggiare i commerci e i traffici mercantili danneggiando l economia di Atene. Atene ha concesso a Sparta uno sbocco sul mare e una parte della sua flotta senza che nemmeno avere la certezza di un reale attacco dei Persiani, che dall inizio alla fine si sono proclamati difensori e sostenitori della pace. Chi ci ha rimesso in questo gioco siamo stati noi Ateniesi. Non ero quindi per niente soddisfatta di come si stava concludendo la partita. Mi chiedevo quale meccanismo non fosse scattato, quale incomprensione avesse lasciato gli Ateniesi così svantaggiati rispetto agli altri. Nella terza e ultima arena i capigruppo hanno ribadito le loro precedenti posizioni. Il capogruppo persiano ha detto di nuovo che il loro esercito si trovava fuori dalle mura della città di Atene solo per difendere Sparta da un possibile attacco ateniese. Il capogruppo spartano si è

13 detto soddisfatto dell alleanza raggiunta con Atene e si è lamentato di un precedente accordo con i Persiani e di alcune promesse che questi avevano fatto e non mantenuto. Infine ha preso la parola il mio capogruppo ateniese, che ero sicura avrebbe confermato i patti appena stabiliti con Sparta ma, con mia sorpresa, rivolgendosi al suo parigrado spartano, ha iniziato il suo discorso in questo modo: La vostra posizione Spartani è ambigua. Ho notato subito che quelle parole avevano sorpreso anche il capogruppo spartano e quindi sono balzata in piedi e ho preso la parola visto che l ultima arena consentiva anche agli ambasciatori di parlare. Ho annunciato che la posizione di Sparta non era per niente ambigua e che rispecchiava esattamente quello che era stato deciso negli accordi con Atene. Ho anche fatto nelle mie conclusioni una breve sintesi dei motivi che avevano portato gli Ateniesi a fare accordi con Sparta: visto che la presenza di un esercito armato era avvertita come un pericolo e una minaccia per la nostra incolumità, avevamo chiesto ai Persiani di andarsene. Loro non volevano attaccarci ma nemmeno andarsene. Convinti quindi che facessero il doppio gioco, siamo andati nella città di Sparta per capire la sua reale posizione nei confronti dei Persiani. Anche loro non si fidavano delle promesse persiane e abbiamo deciso di allearci con Sparta. Mentre parlavo, il capogruppo spartano mi appoggiava in tutto e per tutto. Si erano create una certa complicità e simpatia tra noi due. Durante il mio discorso pubblico mi sembra anche di avere chiesto al capogruppo persiano di spiegarmi finalmente come mai non avessero voluto rimuovere il loro esercito dal nostro territorio. Volevo una spiegazione chiara e semplice. Non mi ha dato la risposta che speravo. Ha continuato a ripetere che loro volevano la pace e che si trovavano fuori dalle nostre mura solo per difendere gli Spartani. E poi mi ha detto che io dovevo invece essere informata del fatto che gli Spartani, prima di fare accordi con gli Ateniesi, avevano fatto accordi con i Persiani per la costruzione di un corridoio per il passaggio di rifornimenti militari (ma non so se ho capito e comunque non mi interessava più di tanto capire). Ha preso allora la parola il capogruppo spartano che ha detto che quello era successo in passato, che in altri tempi avevano fatto delle richieste che i Persiani non avevano voluto accordare e che adesso erano felici della nuova alleanza con gli Ateniesi. Io ero di nuovo soddisfatta.

14 Con la fine della terza arena si è concluso anche il gioco (verso le 22.30). Cristina ci ha invitati tutti a sedere in cerchio per parlare del gioco appena terminato. Mentre ci si sistemavamo a sedere, una mia compagna è andata a leggere lo scenario dei Persiani e mi ha detto: ma tu pensa, mica c era scritto nel loro foglio che noi volevamo attaccare gli Spartani. Poteva finire tutto in poco tempo allora. Io ero confusa e anche molto stanca. Gli osservatori esterni hanno esposto le loro riflessioni. Avevano osservato il livello di conflittualità all interno dei gruppi che non era il medesimo in tutti e tre. Si chiedevano come mai fossimo andati avanti così tanto tempo se tutti e tre gli schieramenti desideravano mantenere la pace. Si erano accorti che gli slogan e il tifo dei componenti dello schieramento spartano era stato il più appassionato. Credo che nessuno di noi giocatori potesse invece ancora completamente staccarsi dal ruolo che aveva appena rivestito per condurre riflessioni razionali e imparziali su quanto era accaduto fino a quel momento. Anche mentre scrivevo questa relazione sulla serata, è stato difficile per me distaccarmi dal mio ruolo di ambasciatrice ateniese.

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