Storia militare a.a. 2017/2018. Età Moderna (I)

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1 Storia militare a.a. 2017/2018 Età Moderna (I)

2 Armi da fuoco e battaglia (1) Abbiamo già accennato al mutamento che interessa il modo di combattere in campo aperto alla fine del Quattrocento, ossia il passaggio di testimone tra cavalleria e fanteria come protagonista. L affermazione delle armi da fuoco portatili nel contesto di questo passaggio fu repentina. I fanti svizzeri organizzati in enormi quadrati di migliaia di uomini armati di picche (con spade lunghe e alabarde a copertura dei fianchi, e armi da lancio e archibugi distribuiti nel quadrato) salirono alla ribalta delle cronache tra 1475 e 1476 nelle guerre contro Carlo il Temerario, ma già un cinquantennio dopo cominciarono a segnare il passo, di fronte a formazioni più flessibili e più adatte sfruttare la potenza di fuoco, prima di archibugi e poi moschetti, prime fra tutte quelle spagnole. Questa fase di transizione tra la supremazia del cavaliere corazzato e quella del fante armato di moschetto, in cui il protagonista assoluto è il picchiere, va spiegata. Si tratta di una fase un cui l arma da fuoco portatile, l archibugio, non era assente, ma era ancora poco affinata tecnicamente, con portata, tempi di ricarica e capacità di penetrazione inferiori a quelle di un arco lungo inglese, ad esempio. L archibugio aveva un vantaggio, richiedeva un minore addestramento, quindi si prestava meglio alla sete di reclute degli eserciti in espansione. Ma fino alla comparsa del moschetto questo non sarà un motivo sufficiente per determinarne la diffusione (insieme alla classica capacità di tenuta della tradizione, un fattore che bisogna sempre prendere in considerazione)

3 Armi da fuoco e battaglia (2) Intorno alla metà del Cinquecento la comparsa del moschetto comportò quelle migliorie tecniche necessarie e spostare gli equilibri a favore delle armi da fuoco. Le prestazioni di alcune armi da lancio, come l arco inglese, erano ancora superiori, ma non così tanto da far passare in secondo piano il fattore addestramento (che nel caso dell arco rappresentava una strozzatura alla disponibilità di risorse umane per il reclutamento). Il moschettiere eliminò progressivamente dai campi di battaglia tutti gli altri fanti (alabardieri, arcieri, balestrieri, uomini armati con spadoni a due mani), ad eccezione del picchiere, perché fino all introduzione e alla diffusione della baionetta (tardo Seicento-primo Settecento) il moschettiere aveva bisogno che il picchiere lo proteggesse dalla cavalleria e dai picchieri nemici. Non solo, il moschettiere e il picchiere, insieme, ridussero drasticamente anche gli spazi della cavalleria, determinando la scomparsa della cavalleria pensate. Il cavaliere pesante era ancora una presenza di primo piano, anche se non un protagonista assoluto, negli eserciti di Carlo il Temerario e di Carlo VIII. La battaglia di Pavia (1525) è il suo canto del cigno.

4 Armi da fuoco e battaglia (3) Nel corso del Cinquecento la cavalleria divenne un arma sussidiaria, forza esplorante per lo più, armata alla leggera e con armi da fuoco (pistola), in grado di impegnare la fanteria col caracollo (il reparto di cavalleria, ordinato in più file, si avvicinava alla formazione di fanteria colpendola in successione cadenzata, per fila, col fuoco delle pistole) ma poco adatta a caricare all arma bianca (pratica reintrodotta a partire dagli anni 30 del Seicento Gustavo Adolfo, fase svedese della guerra dei Trent anni e adottata in sinergia col caracollo: prima scompaginare col fuoco poi caricare con la sciabola). Moschettieri e picchieri divennero quindi i protagonisti, nel Cinquecento, del nuovo modo di fare la guerra. Lo divennero insieme, in simbiosi, perché avevano bisogno gli uni degli altri. Del moschettiere abbiamo detto, doveva essere protetto da chi voleva accorciare la distanza (cavaliere o fante che fosse). Il picchiere si era rivelato vulnerabile al tiro delle armi da fuoco. I grandi quadrati di svizzeri e lanzichenecchi erano ottimi bersagli per il fuoco degli archibugi, gli archibugieri colpivano a distanza, decimando i quadrati mentre avanzavano lentamente (Ravenna 1512, Marignano 1515, Bicocca 1522). Il picchiere aveva quindi bisogno del fante equipaggiato con arma da fuoco portatile per contrastare i tiratori nemici. Nacquero quindi formazione miste: grandi unità in cui picchieri e moschettieri agivano in modo coordinato.

5 Formazioni di fanteria

6 Il modello olandese (1) La debolezza del moschettiere stava nella lentezza del tiro: poteva sparare circa un colpo ogni due minuti, a causa del tempo di ricarica dell arma. La soluzione poteva essere trovata nel fuoco di fila, ossia nel disporre i moschettieri su più file in modo da ottenere un fuoco continuo cadenzato. Le file sparavano in successione, passando in coda al reparto dopo aver scaricato l arma: la prima fila sparava, poi passava in coda; la successiva sparava e passava in coda ecc. Il moschettiere, dopo aver scaricato l arma e essere passato in coda al reparto, impiegava il tempo necessario a tornare in prima fila per ricaricare il moschetto. In questo modo il fuoco era mantenuto continuo, una raffica dopo l altra, nonostante i lunghi tempi di ricarica. Un sistema di questo genere venne adottato la prima volta nel 1575 dai fanti giapponesi di Oda Nobunaga nella battaglia di Nagashino. Si trattò di una forma embrionale di fuoco di fila, con i moschettieri schierati su tre file; troppo poche per creare un fuoco continuo. In Europa Nagashino rimase ignota; il fuoco continuo venne introdotto autonomamente alla fine del secolo, nell esercito olandese. Luigi di Nassau l 8 dicembre 1594 descrisse in una lettera al cugino Maurizio principe d Orange, comandante dell esercito olandese, il sistema del fuoco continuo grazie ad uno schieramento su 6 file con i moschettieri addestrati a compiere una contromarcia, sfilando tra i ranghi, per passare in coda alla formazione dopo aver scaricato l arma.

7 La lettera di Luigi di Nassau

8 Il modello olandese (2) Luigi aveva appena finito di leggere un trattato militare romano, la Tattica di Eliano. Quello di Eliano era un trattato militare romano che non aveva però come oggetto il modo di combattere delle legioni di Roma. Eliano lo aveva scritto per Traiano (o forse per Adriano), descrivendovi la tattica di combattimento della falange oplitica spartana e della falange macedone. L attenzione di Luigi si soffermò sull azione delle fanterie leggere che, per scagliare con continuità dardi, giavellotti e proiettili di frombola contro le masse di fanti pesanti, compivano manovre di contromarcia per file. Secondo i trattati militari olandesi (e franco-ugonotti) la formazione ideale per mettere in pratica il fuoco di fila era il battaglione da 500 moschettieri ordinato su 10 file (6 si rivelarono troppo poche per mantenere il fuoco continuo; sarà Gustavo Adolfo a ridurle a sei) in grado di sparare 50 colpi ogni 20 secondi, con una portata utile di massimo 100 metri. Niente picchieri quindi. L idea di Luigi fu salutata dagli ambienti protestanti europei come un innovazione di importanza capitale. Il clima politico e culturale spiega l eccezionale entusiasmo per quella che sarà definita la riforma olandese (o modello olandese).

9 Il modello olandese: tra mito o realtà (1) Un sistema desunto da un trattato militare romane si inseriva perfettamente nel clima culturale rinascimentale e delle guerre di religione: la rinascita, guardando la passato greco-romano, contro l oscurantismo medievale si declinava qui in senso politico e militare. Gli olandesi (moderni, dinamici, repubblicani) in lotta contro l oscurantista e sclerotizzata Spagna avevano trovato nel sapere classico la chiave per annichilire il retrogado esercito spagnolo. L esaltazione del modello olandese divenne poi una sorta di manifesto propagandistico del protestantesimo in lotta contro gli Asburgo di Spagna prima solo in Olanda poi, con la guerra dei Trent anni, anche nell Impero e in Italia (con il coinvolgimento anche di Danimarca e Svezia). Il modello olandese divenne il modello militare di tutti gli eserciti protestanti. La formula propagandistica era semplice: modernità olandese e protestante contro arretratezza ispano-asburgico-cattolica. In realtà le cose non stavano proprio così. Il modello olandese aveva delle debolezze strutturali. Costava di più; e al costo non corrispondeva una maggiore efficacia. Il battaglione su 500 uomini schierato in linea era inoltre più vulnerabile all aggiramento di quanto non lo fossero le formazioni, più compatte, adottate dagli spagnoli. Gli olandesi erano quindi costretti a utilizzare la cavalleria come forza di copertura delle ali, limitandone quindi le possibilità impiego tattico.

10 Il modello olandese: tra mito e realtà (2) Inoltre la potenza di fuoco sviluppata dal battaglione olandese, quei 50 colpi ogni 20 secondi, era più teorica che reale: in battaglia le perdite, gli inceppamenti delle armi, la stanchezza e lo stress del combattente provocavano un progressivo diradamento della frequenza e dell intensità di fuoco. Le debolezze strutturali non erano solo teoriche: sotto il profilo tattico le armate olandesi e degli eserciti protestanti che adottarono il modello olandese ottennero ben poco successi in battaglia contro le armate tradizionali spagnole e imperiali. A Breintfeld, nel 1631, l esercito sassone, alleato degli svedesi e schierato all olandese, venne travolto dagli arretrati reggimenti imperiali nella prima fase della battaglia. L esercito svedese di Gustavo Adolfo, protagonista della vittoria, era organizzato secondo un modello ispirato in parte a quello olandese, ma che il sovrano aveva modificato per ovviare alle sua intrinseca debolezza, facendo leva non sulla teoria ma sulla sua esperienza. Il battaglione olandese era agile e mobile, ma troppo debole, perché privo di picchieri e privo al contempo di una potenza di fuoco sufficiente ad arrestare l avanzata delle formazioni miste di picchieri e moschettieri. E quando il nemico arrivava a distanza di picca il battaglione olandese, privo di picchieri, era spacciato. Gustavo Adolfo, non a caso, riunì i battaglioni in unità più grandi, le brigate di uonini, basate su una stretta collaborazione fra picchieri e moschettieri (potenza di fuoco e arma bianca)

11 Il modello olandese: tra mito e realtà (3) Gustavo Adolfo alleggerì il moschetto, migliorando i tempi di ricarica e permettendo quindi un fuoco continuo su 6 file invece che su 10. Standardizzò i pezzi di artiglieria, introducendo anche cannoni piccolo calibro come supporto diretto e mobile alle brigate di fanteria, formate da moschettieri e picchieri. Diede, in sostanza, maggiore robustezza (picchieri) allo schieramento all olandese, incrementandone al contempo la potenza di fuoco. In aggiunta dedicò tempo ed energie a migliorare il coordinamento in azione delle tre armi dell esercito: fanteria, artiglieria e cavalleria. In merito a quest ultima reintrodusse la carica all arma bianca (sciabola), portata contro reparti già indeboliti dalla potenza di fuoco di fanti e cannoni, relegando il caracollo ad un ruolo subordinato e del tutto episodico. Ma nonostante l indubbia novità ed efficienza delle armate svedesi le tradizionali e vetuste forze asburgiche tennero loro testa a Lützen (1632, esercito imperiale) e le sconfissero a Nördlingen (1634, armata spagnola della Fiandre). Tornado alla questione del modello olandese e del suo celebrato impatto rivoluzionario, guardando alla realtà del campo di battaglia dobbiamo trarre tre conclusioni:

12 Il modello olandese: tra mito e realtà (4) 1. Il modello olandese aveva più difetti che pregi: fino alla rivisitazione svedese l impatto rivoluzionario tanto declamato non ci fu. La guerra in Olanda fu una guerra di attrito. Gli olandesi si dimostrarono nettamente superiori sul mare, sia sotto il profilo strategico che tattico, ma sulla terraferma l origine dei loro successi va cercata nel progressivo logoramento delle risorse nemiche (finanziarie, logistiche e morali) piuttosto che in una conclamata superiorità tattica. La guerra fu caratterizzata da un sostanziale ed inconcludente equilibrio, non a caso durò ottant anni e terminò quando la Spagna si ritrovò esaurita di energie perché impegnata in una politica di potenza di così ampio respiro che andava oltre le sue forze. 2. La trattatistica militare va quindi presa con cautela come fonte, ed incrociata con l indagine sull applicazione pratica dei precetti enunciati dai trattati. In particolare lo storico militare si deve misurare con la realtà della battaglia attraverso un approccio multidisciplinare: incrociando i risultati della ricerca archivistica, cartografica e archeologica e, se possibile, il sopralluogo sul terreno. 3. La macchina propagandistica franco-olandese, e più in generale protestante, ha dimostrato una notevole capacità di influenzare non tanto gli ambienti militari europei (quelli protestanti sì, ma non quelli cattolici, che non a caso continuarono ad adottare il proprio modello militare) quanto la storiografia militare, che fino a tempi recentissimi

13 Il tercio e l esquadron (1) ha considerato l introduzione del modello olandese come uno dei cardini paradigmatici della rivoluzione militare, fuorviata anche dal legame fra modello olandese e modello svedese (questo si efficace, molto più dell olandese), senza coglierne le differenze strutturali. In sostanza: gli storici militari, abbagliati dalla grandezza di Gustavo Adolfo, hanno cercato, fino a qualche decennio fa, nel modello olandese le radici dell organizzazione del suo esercito e hanno perso quindi di vista la realtà di altri modelli. È il caso del modello spagnolo; un modello che ha goduto di una fortuna storiografica decisamente inferiore a quella dei sistemi olandese e svedese, ma che alla prova dei fatti ha dimostrato essere superiore al primo e in grado di tenere testa al secondo. Parliamone quindi. Il modello spagnolo, basato sul tercio, era stato forgiato nel fuoco delle guerre d Italia, fondendo l esperienza plurisecolare della Reconquista (caratterizzata da un largo impiego di truppe leggere) con quella della primissima fase delle guerre d Italia (l istrice di picchieri svizzeri e lanzichenecchi), il tutto condito dalla diffusione delle armi da fuoco portatili. Il tercio era una grande unità e peccava di flessibilità e duttilità. Ma già verso la fine del XVI secolo gli spagnoli avevano iniziato ad utilizzare unità tattiche più snelle rispetto alle formazioni compatte e pesanti dei tercios.

14 Il tercio e l esquadron (2) Questa unità tattica, denominata esquadron, era caratterizzata da un organica non definita rigidamente; ossia assumeva una configurazione diversa a seconda delle necessità operativa. In un esquadron venivano combinate aliquote diverse di fanterie e cavalleria. Non aveva quindi un organica fissa, né sotto il profilo quantitativo in senso assoluto (il numero totale degli effettivi variava) né del rapporto di forza tra le varie componenti. Il concetto di esquadron come corpo volante, ossia come unità tattica flessibile di pronto impiego la ritroviamo nelle operazioni dell esercito genovese nelle guerre di Corsica del Qui le fonti ci mostrano le compagnie, i battaglioni (introdotti a partire dal 1738, prima nell esercito genovese non esistevano) e i reggimenti (introdotti nel 1743) come mere unità amministrative, non operative e tattiche. Le unità tattiche operative erano formate con aliquote di compagnie, battaglioni e reggimenti diversi. Queste unità erano definite distaccamenti, corpi, squadroni voltanti o campi volanti a seconda dell occasione e della tipologia di truppa che le formava (distaccamenti e corpi se formati da fanteria di linea o da truppe miste, squdroni e campi volanti se formati da truppe leggere). Compagnie, battaglioni e reggimenti erano il riferimento amministrativo, ma sul campo non li troviamo

15 Il tercio e l esquadron (3) Le più recenti ricerche ci mostrano una situazione analoga per quanto riguarda il modello spagnolo. A partire dal tardo XVI secolo l esquadron sembra essere la vera unità tattica degli eserciti spagnoli, col tercio come unità amministrativa all interno del quale gli esquadrones prendono corpo, in forme e configurazioni diverse (senza escludere che, come avvenne in Corsica nel caso genovese, le unità tattiche fossero anche trasversali a quelle amministrative, ossia i distaccamenti, squadroni ecc. fossero formati con uomini distaccati da più compagnie, battaglioni o reggimenti; nel caso spagnolo da due o più tercios). Questa evidenza si aggiunge ad un altra che risolve un equivoco interpretativo sul tercio. In precedenza il tercio veniva considerato alla stregua di un quadrato svizzero, ossia di un enorme massa di picchieri in formazione quadrata compatta che agiva come un rullo compressore, protetta da quattro sezioni di archibugieri disposte esternamente ai quattro lati del quadrato, e altre quattro aliquote di archibugieri disposte a protezioni dei quattro angoli. Coma vi ho già anticipato il tercio era figlio della convergenza di culture militari diverse. Nella sua piena maturità aveva una struttura diversa, e non poco, da quella di un quadrato di picchieri protetto da reparti di archibugieri o moschettieri. Le compagnie di..

16 Il tercio e l esquadron (4) picchieri erano schierate in una formazione non compatta; tra ciascun picchiere esisteva uno spazio di 1-1,5 metri. Le file erano solitamente 16, le prime 6 ingaggiavano il nemico, le atre 10 restavano in riserva. I moschettieri erano schierati sui fianchi dei picchieri, conferendo al complesso la forma di un rettangolo. Il ruolo dei picchieri era quello di fortezza mobile contro la cavalleria e i picchieri nemici. La formazione dei picchieri non essendo compatta aveva dello spazio interno, tra uomo e uomo e tra fila e fila, che era sfruttato dai moschettieri per trovare riparo nella selva di picche, per muoversi e spostarsi al suo interno, abbandonando le ali e schierandosi sulla fronte della formazione, per poi ritornare alle ali, o su una di esse mantenendo la fronte. Questo era il modulo tattico generale, che veniva applicato in configurazione diverse, come vi ho già detto, tanto in senso assoluto quanto in rapporto alle due componenti, picche e moschetti (e alla cavalleria). Mi spiego meglio. La stessa formazione la ritroviamo in configurazioni diverse perché era adottata anche su base di esquadron piuttosto che di tercio a organico pieno. Quindi, il tercio restava l unita di riferimento a livello amministrativo, per il comando e il reclutamento, ma sul campo di battaglia operavano gli equadrones come componenti del tercio.

17 Picchieri al centro e moschettieri ai fianchi

18 Adattamenti successivi: il caso francese (1) Se guardiamo all evoluzione dei moduli tattici che abbiamo descritto, tanto nel caso spagnolo quanto olandese e svedese, le tendenza che emerge è quella dell adozione di formazioni più snelle rispetto ai massici quadrati del tardo Quattrocento e del primo Cinquecento, funzionali all aumento della potenza di fuoco. Con una cautela però: queste formazioni non dovevano essere troppo snelle, ossia dovevano esserlo ma in un contesto che ne conservasse la robustezza. Il caso degli equadrones come componenti del tercio, composti da picchieri e moschettieri, fu il frutto della convergenza di queste istanze: potenza di fuocoagilità; robustezza-protezione. Lo furono anche le brigate di Gustavo Adolfo, che ripresero la logica della formazione lineare dei battaglioni di moschettieri olandesi, dando origine ad una unità al contempo più grande, robusta e con maggior potenza di fuoco. Anche l esperienza francese è significativa, in quanto si sviluppa per modelli successivi. A partire dal 1534 nell esercito francese venne introdotta la legione da uomini, ispirata ai quadrati di picchieri svizzeri (e lanzichenecchi). Come il quadrato svizzero una legione era composta da fanti armati con picche, spadoni a due mani e alabarde per coprire i fianchi, e di archi, balestre ed archibugi.

19 Adattamenti successivi: il caso francese (2) Il nucleo centrale della legione era formato naturalmente dai fanti armati con le picche da 6 metri; ad esso era affidata la sua forza d urto. I francesi avevano in sostanza cooptato il modello svizzero, come già avevano fatto in precedenza gli eserciti imperiali e ispanoimperiali nella forma dei quadrati di lanzichenecchi. Non a caso prima dell introduzione della legione la Francia aveva assoldato migliaia di picchieri svizzeri. La dinamica è chiara: prima assoldo i migliori specialisti militari del momento, poi ne adotto il sistema e me li produco in casa. Nelle guerre di Italia il confronto tra quadrati svizzeri (e alla svizzera) e tercios spagnoli fece emergere la superiorità di questi ultimi, perché dotati di una maggiore potenza di fuoco. I francesi abbandonarono quindi progressivamente la legione preferendole il reggimento, prima da uomini, poi da ; un cambiamento dettato sia dalla constatazione che era necessaria più potenza di fuoco sia da esigenze di comando e controllo. La legione manovra quasi solo in linea retta, e far muovere uomini schierati in un massiccio quadrato lungo una linea retta non era difficile. Ma schierarli in formazioni meno compatte, col fronte più esteso, per aumentare la potenza di fuoco, e farli manovrare, basandosi solo su ordini sonori e vessilli era un compito arduo. Farlo con un reggimento di o risultava decisamente più semplice. E l efficienza del comando e controllo si traduceva in efficienza del reparto

20 Adattamenti successivi: il caso francese (3) Il reggimento francese quindi rappresentò il frutto della doppia esperienza maturata nelle guerre d Italia, terminate nel Da qui ad un altro conflitto il passo fu breve: tre anni dopo iniziarono, in Francia, le guerre di religione ( ). Tra la seconda metà del Cinquecento e il primo decennio dei Seicento sia nell esercito olandese che in quello spagnolo, in guerra tra loro dal , l evoluzione della tattica di fanteria fu improntata alla ricerca di una maggiore potenza di fuoco attraverso l adozione di formazioni più strette e lunghe e attraverso l aumento del numero dei moschettieri. Abbiamo visto però che i battaglioni olandesi da 500 moschettieri si rivelarono inferiori ai tercios e agli esquadrones spagnoli, perché questi ultimi rappresentavano un più equilibrato compromesso tra la potenza di fuoco dei moschettieri e la solidità dei picchieri; tra la mobilità, la manovra e la robustezza. Nell esercito francese il compromesso si precisò ancora meglio con la nascita del battaillon (battaglione), ossia un articolazione del reggimento, di cui diveniva l unità tattica di base, con un organico definito, compreso tra i 500 e i 650 uomini (picchieri e moschettieri). Il reggimento restava, come grande unità, a cui il battaglione conferiva maggiore flessibilità ed equilibrio, senza comprometterne la robustezza.

21 Gli eserciti della guerra dei Trent anni Una dinamica del tutto simile caratterizza l esercito svedese, in cui le piccole unità di ispirazione olandese (squadroni/battaglioni) vennero riunite da Gustavo Adolfo a formare brigate di uomini. In sostanza entro la fine del primo decennio della guerra dei Trent anni (cioè entro il il 1630 ca.) la riforma olandese era assente in tutti i principali eserciti europei (e, non a caso, gli eserciti dei principati protestanti tedeschi che continuavano ad adottarla furono sconfitti più e più volte). L organizzazione dei tre principali sistemi militari europei era caratterizzata da soluzioni simili, nella sostanza, tra loro: grandi e solide unità di o uomini (brigate svedesi, reggimenti francesi, tercios spagnoli) ben equilibrate, con moschettieri e picchieri, e articolate (o articolabili, nel caso dei tercios e degli esquadrones) in unità tattiche più piccole che conferivano loro elasticità e manovrabilità. È un fenomeno che non deve stupire, il sapere militare circolava in Europa, i soldati professionisti accumulavano esperienza in un esercito e la portavano con sé in un altro trasmettendola. L esperienza portava sovente a conclusioni similari. La trattatistica aveva un ruolo del tutto marginale, era l esperienza sul campo la chiave del sapere militare.

22 Gli eserciti della guerra dei Trent anni (2) Nel corso della guerra dei Trent anni gli organici delle unità di tutti gli eserciti fanno registrare una nuova tendenza al ribasso, come già era avvenuto tra la fine delle guerre d Italia e il 1630 circa. Questa tendenza è stata solitamente letta (G. Parker, D. Maffi) come prodotto di una precisa scelta tattica, ossia dell avvio di una nuova fase di snellimento delle formazioni da combattimento, in nome della flessibilità e della manovrabilità. Questo tipo di lettura ci pone di fronte ad una problematica. La tendenza precedente era stata si impostata sullo snellimento degli organici, ma non sotto il limite dei uomini (anzi, il caso svedese rappresentava un inversione di tendenza rispetto allo snellimento radicale da cui era nato il modello olandese). Possibile che quindi ora si scenda sotto questo limite? E se il decremento degli organici non è il frutto di una precisa scelta tattica a cosa lo possiamo attribuire? Secondo Giovanni Cerino Badone la risposta va cercata nelle difficoltà finanziarie, burocratiche e logistiche che incontrarono tutti gli stati coinvolti nel conflitto in relazione al mantenimento dei loro eserciti. Il reparto sotto organico divenne la normalità, a causa dell incapacità di ripianare le perdite (per combattimento, malattia e diserzione). Nessuna scelta tattica quindi, ma un fenomeno legato al fatto che la guerra costava e logorava le risorse degli stati d antico regime, soprattutto nel caso di conflitti lunghi.

23 La potenza di fuoco nella guerra dei Trent anni (1) Arrivati a questo punto della trattazione sorge, forse spontanea, una domanda: nella guerra dei Trent anni la potenza di fuoco divenne l elemento decisivo e risolutore sul campo di battaglia? Per rispondere dobbiamo riflettere sugli elementi di cui abbiamo parlato finora. Abbiamo detto che dal momento in cui si affermò l arma da fuoco individuale l evoluzione delle formazioni tattiche da combattimento fu dettata dalla necessità di aumentare la potenza di fuoco; col caso limite del modello olandese che puntava unicamente sul moschetto e sulla potenza di fuoco di un battaglione di 500 uomini armati di moschetti. Abbiamo detto però che il modello olandese presentava delle debolezze strutturali e che, non a caso, negli eserciti spagnolo, francese e svedese la ricerca dell equilibrio nella formazione tattica da combattimento passò attraverso il bilanciamento e il coordinamento fra moschettieri e picchieri, compresenti e complementari fra loro. Abbiamo anche detto che i picchieri proteggevano i moschettieri, sia dalla cavalleria sia dagli altri picchieri. Orbene: quest ultima considerazione contiene già in parte una la risposta alla domanda.

24 La potenza di fuoco nella guerra dei Trent anni (2) La necessità di proteggere i moschettieri dai picchieri nemici implica l esistenza di una condizione: la potenza di fuoco sviluppata dai moschettieri non era sufficiente a fermare la marcia della formazione nemica, per cui lo scontro si risolveva poi all arma bianca, ossia con picchieri che affrontavano altri picchieri a una distanza di 6 metri (o meno). In questo momento la potenza di fuoco non rappresenta quindi ancora un fattore decisivo di per sé sul campo di battaglia. Nonostante la riforma di Gustavo Adolfo con la riduzione del numero di linee necessarie per avere un fuoco di fila continuo, l incremento quantitativo e la standardizzazione dell artiglieria e l introduzione di pezzi leggeri per l appoggio diretto della fanteria la potenza di fuoco continuava a risultare insufficiente, non poteva fare a meno della protezione della selva di picche. Il moschetto si era alleggerito, era più facile da utilizzare rispetto alle tipologie precedenti; la frequenza di tiro era aumentata, passando da un colpo ogni due minuti ad un colpo al minuto. Tuttavia si trattava di un arma che aveva ancora dei punti deboli. Aveva una portata effettiva di circa 200 metri, ma il tiro raramente era efficace oltre i 50. La tecnica di utilizzo (calcio sotto il braccio e non sulla spalla), molto diffusa tra la truppa (per evitare il contraccolpo alla spalla), rendeva il tiro impreciso. Vento ed umidità potevano pregiudicare l efficacia dell innesco (bacinetto e miccia)

25 La potenza di fuoco nella guerra dei Trent anni (3) Lo stress della battaglia impacciava il moschettiere: ne rallentava i movimenti (complessi, meccanici e sequenziali) che aveva imparato in addestramento influendo negativamente sulla frequenza di fuoco. In ultimo, la difficoltà logistiche degli eserciti in campagna determinavano spesso una scarsa distribuzione di polvere: le scorte del moschettiere si esaurivano quindi rapidamente impedendogli di continuare a sparare. Queste considerazioni portano ad una conclusione: sotto il profilo tattico una battaglia della guerra dei Trent anni si sviluppava in una fase di scontro a fuoco, tra formazioni in avvicinamento, ed in una fase di scontro all arma bianca. La potenza di fuoco aveva uno scopo ben preciso: indebolire, logorare e, se possibile, scompaginare la formazione nemica prima del contatto tra le due masse di picchieri. Questa conclusione ci porta a comprendere meglio anche un altra innovazione di Gustavo Adolfo, quella relativa alla cavalleria: il fatto, cioè, che gli abbia restituito alla cavalleria la funzione di forza d urto, armandola di sciabola. Nel Seicento quindi, grazie a Gustavo Adolfo, la funzione tattica della cavalleria viene a configurarsi come bivalente: indebolire e scompaginare col caracollo, ossia con la potenza di fuoco, e poi caricare all arma bianca la formazione. È chiaro che la prima fase era decisiva (ed era affidata anche e soprattutto a moschettieri e artiglieria), perché una formazione irta di picche poteva essere caricata dalla cavalleria solo se logora.

26 La potenza di fuoco nella guerra dei Trent anni (4) Questa impostazione tattica, che ritroviamo nella trattatistica militare negli anni successivi al 1659 (ossia dopo la fine della guerra franco-spagnola che fece da coda alla guerra dei Trent anni), era emersa durante la guerra. Naturalmente non riguardava solo la tattica di cavalleria, era l impostazione tattica generale che affidava alla potenza di fuoco l indebolimento della formazione nemica in quello spazio di tempo (e fisico: dai 100 ai 50 metri) che precedeva il contatto e l ingaggio all arma bianca, col le picche. I tercios/equadrones spagnoli, i reggimenti francesi, le brigate svedesi e i reggimenti austro-imperiali avevano nelle istrici di picchieri il loro baricentro. Le formazioni di picchieri erano al contempo punto di coesione e perno di manovra. Non si trattava più degli enormi quadrati svizzeri o lanzichenecchi del tardo Quattrocento o del primo Cinquecento, che si schieravano in ordine chiuso e compatto, con gli uomini spalla a spalla. Parlando degli esquadrones abbiamo visto che la formazione era più aperta, con uno spazio tra file e ranghi che permetteva ai moschettieri di muoversi e schierarsi all interno della selva di picche. Si trattava quindi di formazioni di natura diversa da quella di quei quadrati che avevano determinato la fortuna della picca, ma era sempre la picca era l arma decisiva.

27 Sapere e addestramento (1) È venuto ora il momento di andare a vedere come si addestravano i soldati e gli ufficiali che componevano questi eserciti Cinque-Seicenteschi. Nel passato, anche relativamente recente, la storiografia militare ha posto l accento sull addestramento manualistico del soldato, sull importanza della istituzioni nate appositamente per la formazione degli ufficiali, le accademie, e sulla trattatistica militare come strumento didattico. Questa lettura era strettamente legata a quella della modernità e superiorità del modello olandese. Se il modello olandese era innovativo e rappresentava una svolta decisiva nella tattica di combattimento degli eserciti europei ecco che parimenti dovevano esserlo i metodi di addestramento olandesi (riportati nella manualistica militare di area protestante) e l Accademia di Siegen, fondata nel 1616 da Giovanni di Nassau-Siegen, fratello di Luigi Guglielmo e cugino di Maurizio. Sempre di Giovanni di Nassau-Siegen era il metodo elaborato per addestrare i moschettieri olandesi alla manovra con la contromarcia e a ricaricare il più rapidamente possibile l arma (scomponendo la procedura in singole stazioni che il fante doveva imparare, per poi eseguirle in sequenza). A seguire questa lettura sembra quasi che la modernità militare sotto il profilo tattico e del sapere sia un affare olandese, o meglio, un affare di famiglia degli Orange-Nassau. La realtà che emerge dai lavori più recenti è tuttavia diversa: vediamola.

28 Sapere e addestramento (2) Iniziamo dalla trattatistica. La domanda che si è posta la storiografia più recente è: i trattati militari per che pubblico venivano prodotti? Venivano letti e utilizzati dai militari? La risposta è no. Si tratta di scritti che hanno funzioni diverse da quella della trasmissione del sapere militare in ambito professionale. I trattati seicenteschi, ad esempio, erano principalmente voluminosi spot cartacei scritti per celebrare un esercito (l olandese in primo luogo) e come elaborati e raffinati prodotti di mercato, destinati all élite colta europea, ossia agli scaffali delle biblioteche di soggetti che nulla avevano a che fare con il militare. Ci sono pervenuti gli inventari di collezioni librarie di militari del XVII secolo; ebbene, in questi inventari i trattati militari spiccano per la loro assenza. Il militare di professione non aveva infatti bisogno di far riferimento alla trattatistica; imparava il mestiere attraverso la pratica, lo affinava con l esperienza, veniva istruito da più mentori nel corso della sua carriera, e più questa era variegata (militanza in eserciti diversi, ad esempio) più il suo sapere si arricchiva di esperienze diverse. Il militare poi poteva scrivere un trattato, ma non lo faceva tanto per trasmettere il suo sapere, quanto per propagandare la grandezza della compagine in cui aveva

29 Sapere e addestramento (3) servito (soprattutto se lui era un protestante e la compagine era quella olandese) e lo faceva guardando al mercato librario. Non è un caso se i trattati appaiano spesso come eruditi esercizi di retorica ispirati dalla letteratura classica: il clima culturale rinascimentale rendeva quasi obbligatorio il richiamo al sapere dei classici per conferire dignità ad uno scritto. Abbiamo così pagine e pagine di descrizioni e ammaestramenti su un militare che ha ben poca aderenza con quella che era la realtà del campo di battaglia nel Seicento. Abbiamo trattati che propongono situazioni confuse, che si contraddicono, che contengono fantasiose invenzioni. Il celebrato trattato di Johan von Wallhausen, già direttore dell Accademia di Siegen, contiene, ad esempio, la descrizione di formazioni impostante su figure geometriche, come il cerchio, che non hanno nessuna corrispondenza con quanto emerge dalla ricerca d archivio in merito alle concrete vicende della guerra e del campo di battaglia. Il caso di Wallhausen non è isolato. Sfogliando le pagine di altri trattati ci si imbatte in tavole e spiegazioni di formazioni a croce, ad esagono, ad ottagono. Insomma, la fantasia regnava sovrana, allontanando la trattatistica dalla realtà della guerra.

30 Sapere e addestramento (4) L ufficiale non si formava, quindi, studiando su questi libri ma imparando il mestiere dagli ufficiali veterani (dai suoi mentori) e attraverso l esperienza pratica della guerra e della battaglia. Passiamo adesso dalla formazione degli ufficiali a quella del soldato. Il quadro non cambia Anche qui, se guardiamo oltre alla trattatistica, che ruota intorno al tanto declamato sistema olandese, la realtà che emerge è del tutto diversa. I trattati, tra cui quello di Wallhausen, descrivono una pratica d addestramento rigida e standardizzata, con quotidiani esercizi ripetitivi affidati alla supervisione di sottoufficiali e ufficiali addestratori. Anche qui, come per la formazioni degli ufficiali, la storiografia militare fino a tempi abbastanza recenti ha preso per buono quanto contenuto nei manuali proponendo quindi l addestramento rigido, standardizzato e sistematico affidato a sottoufficiali e ufficiali addestratori come una realtà già affermata nel Cinquecento e nel Seicento (mentre lo sarà solo nel Settecento e solo in determinai contesti, come il prussiano) La realtà è diversa. Le fonti spagnole e francesi ci parlano di soldati che dedicavano un giorno della settimana all esercizio delle armi e all addestramento alla manovra. L addestratore non era tanto l ufficiale e il sottoufficiale quanto il veterano, il soldato in servizio da lungo tempo che metteva la sua esperienza e il suo sapere a disposizione delle reclute e degli altri uomini della compagnia.

31 Sapere e addestramento (5) Il veterano era un trattato militare vivente a disposizione della truppa e intorno a cui la truppa si coagulava. Era un punto di riferimento per il reparto, trasmetteva non solo il sapere sul maneggio delle armi, sulla manovra e su come affrontare la battaglia, ma trasmetteva anche lo spirito di corpo; erano i veterani che inserivano le reclute nel corpo del reparto, forgiavano tanto gli uomini quanto il gruppo. Un reparto militare è un formato da un gruppo di uomini, è una squadra; buona parte della sua efficienza dipende dall affiatamento, dal cameratismo, dalla capacità di agire come un tutt uno. La figura carismatica del veterano era centrale nel reparto. Nelle squadre sportive il capitano è la figura veterana e carismatica di riferimento, guida la squadra in subordine all allenatore. Nei reparti militari il veterano era come il capitano (e l ufficiale come l allenatore). Nelle unità spagnole dal XVI secolo gli ufficiali dividevano gli uomini in squadre (camerades) di 10 uomini al comando di un veterano, nominato dall ufficiale o eletto dai cameradi, che veniva chiamato capitano (in modo informale, perché non era in realtà un ufficiale, cioè non aveva quel grado, capitano, che sarà proprio del comandante di una compagnia ossia di un unità di circa 100 uomini, con varianti locali e temporali). Il veterano costituiva quindi la spina dorsale degli eserciti, aveva quel ruolo chiave che era stato del centurione nelle legioni romane, era una risorsa preziosa, di valore

32 Guerra, logistica, finanza (1) Uno degli aspetti centrali del grande mutamento che caratterizza il militare nel passaggio tra Medioevo ed Età Moderna è, come vi ho già accennato, l incremento della dimensioni degli eserciti. Gli eserciti medievali, durante un conflitto, potevano essere formati un massimo di alcune decine di migliaia di uomini. Quelli dell età moderna raggiunsero ordini di grandezza del tutto differenti. Nel 1552 Carlo V teneva sotto le armi uomini; nel 1632 l esercito svedese di Gustavo Adolfo nel contava ; la Francia passò dai di metà Seicento ai del 1670, ai del 1691 ai del Alla fine della guerra di successione spagnola è stato calcolato che gli eserciti dei stati impegnati nel conflitto contassero in tutto circa uomini. Ma non è tutto, perché il grande mutamento nella struttura degli eserciti europei non fu solo una questione di dimensioni. Gli eserciti medievali erano formati quasi esclusivamente da combattenti che venivano mobilitati in caso di guerra e si trattava di uomini che pesavano relativamente poco sulle finanze dello Stato perché si equipaggiavano ed armavano in proprio. Gli eserciti dell età moderna diventarono progressivamente dei grandi organismi permanenti, formati da soldati professionisti e finanziati dallo Stato.

33 Guerra, logistica, finanza (2) Quindi ci troviamo davanti a grandi eserciti, che sono permanenti ed i cui costi devono essere sostenuti in toto dallo Stato. Un compito non da poco per gli stati di antico regime, che avevano accesso limitato alle risorse economiche e umane, ossia al potenziale militare della società. Una società con un potenziale militare enorme (ricchezza, tecnologia, popolazione) non necessariamente da origine ad una potenza militare, la discriminante sta nella possibilità di accesso dello Stato al potenziale militare, ossia dipende dalla capacità del sovrano di mobilitare questo potenziale per la guerra. Per fare ciò il sovrano aveva bisogno di strumenti fisco, amministrazione-burocrazia, sistema di reclutamento e per dotarsi di questi strumenti aveva bisogno di accentrare il potere nelle sue mani, togliendolo ai corpi politici (e sociali) particolari. La dinamica di modernizzazione dei maggiori stati europei va quindi letta in primo luogo come una risposta alle esigenze imposte dalla guerra. Quello che comunemente chiamiamo stato moderno è una peculiarità europea, nato e cresciuto in Europa perché figlio della conflittualità europea, ossia figlio della continua condizione di guerra che caratterizzò il nostro continente. Lo stato moderno nel senso compiuto del termine è però un punto di arrivo, lo troviamo in forma completa solo nella Francia rivoluzionaria e nella monarchia amministrativa napoleonica (che non a caso furono in grado di mobilitare e sostenere logisticamente eserciti di dimensioni inedite)

34 Guerra, logistica, finanza (3) Il punto di arrivo è collocato quindi alla fine dell età moderna, per raggiungerlo gli stati europei hanno percorso un cammino di tre secoli, caratterizzato da guerre continue, in cui il potenziale militare e la capacità di mobilitarlo rappresentarono la discriminante. Pensiamo ad esempio alla città marittime italiane: Genova e Venezia erano le due massime potenze navali del Medioevo, non lo saranno più in età moderna perché prive del potenziale militare delle grandi monarchie nazionali. Pensiamo anche al caso della Polonia, un grande regno con potenziale militare di livello non inferiore a quello dei domini degli Asburgo d Austria e superiore alla Prussia, nel quale però non si svilupparono li strumenti istituzionali e amministrativi necessari per la mobilitazione, generando una condizione di debolezza politica e militare tale da determinare, nel Settecento, la scomparsa del regno, fagocitato da tre vicini (Austria, Prussia e Russia) che quegli strumenti li avevano, al contrario, sviluppati. Gli stati europei, quindi, percorsero questo cammino plurisecolare, cadenzato da continui conflitti, adattando progressivamente le loro strutture alle necessità imposte dalla guerra. Abbiamo quindi un continuo sforzo volto ad avere un sempre maggiore accesso al proprio potenziale militare; sforzo accompagnato, in parallelo, da soluzioni alternative e complementari, più o meno efficaci.

35 Il reclutamento (1) Questo perché l incremento della capacità di accesso al potenziale militare non è stato per nulla semplice da ottenere; le difficoltà non sono mancate, le resistenze sono state particolarmente intense: in Inghilterra il tema dell incremento della tassazione per finanziare un conflitto scatenò la guerra civile. In Francia il processo di accentramento del potere nelle mani della Corona sta alla base della due Fronde. Mentre alcuni stati europei compivano questo lungo e periglioso cammino verso la forma di stato più adatta a sostenere la guerra questi stessi stati dovevano anche combattere guerre, dovevano organizzare eserciti sempre più grandi e sempre più costosi, tra difficoltà senza precedenti. Bisognava reclutare soldati, bisognava equipaggiarli, pagarli e rifornirli. Il reclutamento fu la difficoltà minore. Non ci furono mai particolari problematiche nel reperimento delle risorse umane necessarie per l esercito. Lo Stato non aveva ancora lo strumento per un reclutamento di massa (la leva) fra i propri sudditi. La forma principale di reclutamento fu quella del soldato professionista, nazionale o internazionale, in servizio permanente. Forma integrata dal ricorso, in caso di necessità, dall inserimento di reparti della milizia territoriale nell esercito regolare (è il caso, ad esempio, delle compagnie paeselle genovesi).

36 Il reclutamento (2) In una società essenzialmente agricola ed estremamente povera come quella d antico regime la professione militare era considerata una scappatoia ad una vita di indigenza, quindi le reclute difficilmente mancavano, soprattutto sul mercato internazionale della guerra, perché il reclutamento non avveniva unicamente su base nazionale. Esistevano aree di reclutamento tradizionali (principalmente povere regioni montane: Svizzera, Scozia, Tirolo, Corsica, Baviera meridionale) ma la necessità faceva sì che i reclutatori agissero ovunque, e faceva sì che si adottassero anche soluzioni alternative, come il reclutamento dei criminali (se ti arruoli vieni graziato), quello dei prigionieri di guerra e dei disertori (amici, nemici o neutrali). Il reclutamento di queste ultime categorie rispondeva ad un esigenza ben precisa: prigionieri e disertori potevano essere veterani, e il veterano era la recluta più ambita. Esistevano anche forme di reclutamento complementari all arruolamento professionale puro e semplice. Ad esempio l arruolamento su base clanico-clientelare caratteristico, ad esempio, dei reggimenti scozzesi (professionali) o delle formazione còrse (irregolarimilizia) che combatterono a favore di Genova nelle guerre di Corsica e quello per capitolazione, un contratto di fornitura di un reparto completo, stipulato o con un privato (che solitamente prendeva il comando dell unità e si sceglieva gli ufficiali subordinati, vendendone i posti) o con una comunità (ad esempio Genova col cantone svizzero di Friburgo).

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