Famiglie. de tenis. Futuro in costruzione. il mensile della strada. ventuno Generazione si salvi chi può

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1 numero 161 anno 17 maggio il mensile della strada de tenis ventuno Generazione si salvi chi può Spedizione in abbonamento postale 45% articolo 2, comma 20/B, legge 662/96, Milano Famiglie Futuro in costruzione Crisi, impoverimento, assenza di politiche. E rotture e solitudini. Nubi nere, attorno alla famiglia. Che però resta uno straordinario serbatoio di accoglienza e apertura agli altri. Lo ribadirà il Papa a Milano Milano Non accompagnati Como Vite fragili Torino Carcere tetro Genova Pedalare in verticale Vicenza Che fare per Stefano? Modena Farmaci per tutti Rimini Mal di casa Firenze Ammalato di internet Napoli M immagino d immenso Salerno Matierno senza mix Catania Arriva la moschea

2 editoriali Grandinata dal medioevo, convenienza degli epuloni Famiglia, valore comune Roberto Davanzo direttore Caritas Ambrosiana Èrecente la pubblicazione dell ennesima ricerca che mostra come la famiglia ancora rappresenti uno dei principali ammortizzatori sociali del paese. Secondo un rapporto Bankitalia, sono 480 mila le famiglie che hanno sostenuto almeno un figlio disoccupato dal Consumando gli ultimi cuscinetti di grasso accumulati in anni di saggia economia domestica. Basterebbero queste prosaiche considerazioni per giustificare la necessità di politiche finalizzate a sostenere anche culturalmente la famiglia, e il contributo che fornisce all equilibrio del sistema-italia. Così come suona sgradevole la contraddizione tra retorica della famiglia, declamata a livello politico, ed esiguità delle misure attuate per consentirle di svolgere la sua prioritaria missione. Per troppo tempo la difesa della famiglia è apparsa come una battaglia cattolica, portata avanti da una Chiesa preoccupata anzitutto di proteggere un istituzione del passato, a giudizio di molti da superare. E così abbiamo accumulato un colpevole ritardo nel riconoscere l insostituibile valore sociale della famiglia, luogo privilegiato dell imparare a diventare grandi, dell alleanza tra generazioni, dello scoprire che al mondo non ci siamo solo noi, della mutualità, della coltivazione del senso del bene comune. Valori molto laici, e insieme decisivi per costruire un domani più bello del presente. Lo stesso titolo dato alla grande assemblea mondiale delle famiglie voluta dalla Santa Sede a Milano (30 maggio - 3 giugno: La famiglia: il lavoro e la festa ), propone elementi valoriali che non è necessario essere credenti per apprezzare. L auspicio è che tutte le componenti culturali del nostro paese riescano a esprimere un cordiale interessamento e una sentita partecipazione alla riflessione che da quei giorni scaturirà: promuovere la famiglia è interesse comune.. Paolo Brivio Una grandinata crudele. Gravida di numeri impietosi, di valori al ribasso, di curve flettenti. Non c è giorno ormai da mesi che non ci rechi la pena di una statistica sconfortante, alcune al limite dello spavento. La crisi sembra divertirsi a imbastire un sadico rosario di dolori. Se oggi è la produzione industriale tracollata, domani saranno i consumi tornati all età della pietra. E poi verranno i redditi retrocessi ai livelli di sussistenza. Le pensioni lesionate. I risparmi evaporati. Le maree di cassintegrati disoccupati esodati scoraggiati. Addirittura la macabra contabilità dei suicidi. È il dodicesimo anno del terzo millennio, e sembra di starsene affacciati sull orlo di un medioevo di ritorno. Vertigini da bancarotta sociale, fuga in un passato che, almeno alle nostre latitudini, ritenevamo repertorio di archeologia macroeconomica: come considerare, se non con orrore stupefatto, la notizia di fonte Unicef che il 21,6% dei bambini greci si può considerare tecnicamente malnutrito? Ci sarà una fine, ci sforziamo di credere, al martirio quotidiano dell umore, delle finanze e delle condizioni di vita di intere popolazioni. Però, da che mondo è mondo, nulla si capovolge in bene, nè spuntano all orizzonte arcobaleni, se prima non si provvede a individuare le cause dei rovesci. E a combattere per raddrizzarle. È precisamente a questo punto, che si spalanca lo spazio del dibattito politico. Del quale rispettiamo la complessità (decliniamo, in Italia, perché la bilancia demografica pende verso il vecchio? Perché siamo stati cicale accumuladebiti, che ora ci impiombano nella competizione globale? Perché non esercitiamo cervelli nell innovazione? Perché siamo in asfissia da evasione e mafie e corruzione e burocrazia? Perché perseguiamo cieche ricette di rigore finanziario? Perché siamo attaccati dalla finanza?). Ma al quale vorremmo partecipare con una sommessa osservazione. Formulata, è ciò che ci compete, dal punto di vista degli ultimissimi della fila. Quelli che si vedono congelata l ammissione alle liste dei sussidi per gli indigenti, o tagliato il fondo per l affitto, o ridotte le borse lavoro, perché gli enti locali devono centellinare ogni spicciolo, inclusi quelli per le (già scarse) misure di lotta alla povertà. Immaginate come si devono sentire, quando leggono uno tra i tanti dati che attestano il drastico impennarsi, negli ultimi decenni, delle disparità economiche in Italia, ovvero che i dieci individui più facoltosi posseggono ricchezze pari a quelle dei tre milioni di italiani più poveri. Insieme a questi ultimi, non possiamo che osservare il fallimento della teoria secondo cui agevolare, quantomeno non livellare né tassare la ricchezza dei forti, serve a incentivare dinamismo e benessere complessivi di una comunità. La crisi di questi anni ha ampiamente dimostrato che il prosperare degli epuloni può coesistere con l inabissarsi delle torme dei lazzari, se non addirittura determinarlo. Difficile stabilire quando lo squilibrio sconfini nello scandalo. Avendo letto il vangelo, sappiamo però che le compensazioni prima o poi avvengono. Agli stessi epuloni, conviene che vi provvedano gli uomini..

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4 sommario 7 Cos è È un giornale di strada non profit. È un impresa sociale che vuole dar voce e opportunità di reinserimento a persone senza dimora o emarginate. È un occasione di lavoro e un progetto di comunicazione. È il primo passo per recuperare la dignità. In vendita agli inizi del mese. Come leggerci Scarp de tenis è una tribuna per i pensieri e i racconti di chi vive sulla strada. È uno strumento di analisi delle questioni sociali e dei fenomeni di povertà. Nella prima parte, articoli e storie di portata nazionale. Nella sezione Scarp città, spazio alle redazioni locali. Ventuno si occupa di economia solidale, stili di vita e globalizzazione. Infine, Caleidoscopio: vetrina di appuntamenti, recensioni e rubriche... di strada! dove vanno i vostri 3 euro Vendere il giornale significa lavorare, non fare accattonaggio. Il venditore trattiene una quota sul prezzo di copertina. Contributi e ritenute fiscali li prende in carico l editore. Quanto resta è destinato a progetti di solidarietà. Per contattarci e chiedere di vendere Redazione centrale - milano cooperativa Oltre, via Copernico 1, tel fax scarp@coopoltre.it Redazione torino associazione Opportunanda via Sant Anselmo 21, tel opportunanda@interfree.it Redazione Genova Fondazione Auxilium, via Bozzano 12, tel /544 comunicazione@fondazioneauxilium.it Redazione Vicenza Caritas Vicenza, Contrà Torretti 38, tel vicenza@scarpdetenis.net Redazione rimini Settimanale Il Ponte, via Cairoli 69, tel rimini@scarpdetenis.net Redazione Firenze Caritas Firenze, via De Pucci 2, tel addettostampa@caritasfirenze.it Redazione napoli cooperativa sociale La Locomotiva largo Donnaregina 12, tel scarpdenapoli@virgilio.it Redazione Catania Help center Caritas Catania piazza Giovanni XXIII, tel redazione@telestrada.it Fotoreportage Il lavoro nobilita l uomo p.6 Scarp Italia L inchiesta/1 Disagio e dono, affari di famiglia p.12 L inchiesta/2 Abitare? Un diritto. Parola di giudice p.20 L intervista Improvvisazione teatrale: recitare l improvviso p.24 Scarp città Milano Minori non accompagnati: voglia di futuro p.26 Scuola senza soldi? Tocca a mamma e papà p.30 Como Vite tra solitudine e libertà: il lavoro del Cav p.37 Torino Carcere, difficile uscirne bene p.38 Genova Superba e verticale. Eppure pedalabile p.40 Vicenza Ragazzi in strada. Che fare per Stefano? p.42 Modena Farmaci per tutti, curarsi è un diritto p.46 Rimini Mal di casa: poveri ma con un tetto p.48 Firenze Michele che si è ammalato di internet p.50 Napoli M immagino d immenso p.52 Salerno Matierno senza mix aspetta le sue luci p.55 Catania Nuova moschea aperta agli incontri p.56 Scarp ventuno Dossier Generazione Si salvi chi può p.60 Stili Caduta massi, poveri d alta quota p.66 Caleidoscopio Rubriche e notizie in breve p.76 scarp de tenis Il mensile della strada Da un idea di Pietro Greppi e da un paio di scarpe - anno 17 n. 161 maggio costo di una copia: 3 euro Per abbonarsi a un anno di Scarp: versamento di 30 c/c postale (causale AbbonAmento SCArP de tenis) Redazione di strada e giornalistica via Copernico 1, Milano (lunedì-giovedì e , venerdì ), tel , fax Direttore responsabile Paolo Brivio Redazione Stefano Lampertico, Ettore Sutti, Francesco Chiavarini Segretaria di redazione Sabrina Montanarella Responsabile commerciale Max Montecorboli Redazione di strada Antonio Mininni, Lorenzo De Angelis, Tiziana Boniforti, Roberto Guaglianone, Alessandro Pezzoni Sito web Roberto Monevi, Paolo Riva Hanno collaborato Mario Agostino, Mr. Armonica, Andrea Barolini, Damiano Beltrami, Claudio Bertone, Simona Brambilla, Aldo Cascella, Mariapia Cavani, Salvatore Cochoud, Claudio Corso, Stefania Culurgioni, Massimo De Filippis, Felice De Marco, Angela De Rubeis, Giuseppe Del Giudice, Edo, Maria Esposito, Frank, Favour, Sissi Geraci, Barbara Garavaglia, Silvia Giavarotti, Maria Chiara Grandis, Gaetano Toni Grieco, Bruno Limone, Paola Malaspina, Carlo Mantoan, Mary, Mister X, Emanuele Merafina, Rosana Mura, Nemesi, Aida Odoardi, Daniela Palumbo, Guido Pollini, Cinzia Rasi, Paolo Riva, Cristina Salviati, Sandra Tognarini, Valentina, Gabriella Virgillito, Wolfgang Wirrwich, Yamada, Marta Zanella Foto di copertina Romano Siciliani Foto Romano Siciliani, Archivio Scarp Disegni Silva Nesi, Psichedelio Progetto grafico Francesco Camagna e Simona Corvaia Editore Oltre Società Cooperativa, via S. Bernardino 4, Milano Presidente Luciano Gualzetti Registrazione Tribunale di Milano n. 177 del 16 marzo 1996 Stampa Tiber, via della Volta 179, Brescia. Consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci copia. Questo numero è in vendita dal 6 maggio 2012 al 9 giugno Associato all Unione Stampa Periodica Italiana

5 Il lavoro nobilita l uomo? Perlomeno, non dovrebbe rubargli la dignità. Ma in tanti paesi poveri, le risorse umane sono manovalanza senza valore. Le donne velate, non per vezzo, dei mulini etiopici, che la farina avvolge in nuvole magiche ma irrespirabili. Le famiglie nepalesi, murate a vita tra mattoni che non serviranno per le loro case. Il sale, destinato alle tavole degli altri, raccolto da uomini invisibili nelle saline del Golfo Persico, a turni massacranti, sotto un sole che asciuga mare e pelle. I bambini eritrei che non giocano: seri, s impegnano in lavori da grandi, dove però servono le loro mani piccole e i loro corpicini magri. Uomini e donne, adulti e bambini. Che non possono fermarsi. Nemmeno il Primo Maggio. Quasi neppure il tempo di uno scatto. Lo sfruttamento mascherato da opportunità di salario. C è da produrre: ora, labora! Testo Donatella Murè Foto Mario Negri 6. scarp de tenis maggio 2012

6 fotoreportage La guerra, lo sfruttamento Un bambino eritreo in una fabbrica per il recupero di reti metalliche nel Medebet, regione di Asmara. Sotto, donne lavoratrici in Etiopia: turni anche di dodici ore al giorno, a discernere granaglie e in fabbrica. I due paesi sono in conflitto, ma i loro lavoratori subiscono analoghi soprusi maggio 2012 scarp de tenis.7

7 Il lavoro nobilita l uomo? 8. scarp de tenis maggio 2012

8 fotoreportage Sfiancarsi per sopravvivere Nella pagina a sinistra, due bambini eritrei dipingono reti di letti (sopra) e una distesa di sale in Oman (Emirati Arabi): si intravedono, a fare da contrasto al bianco della salina, nere ombre di lavoratori, spesso immigrati, la cui salute è messa a repentaglio dalle dure condizioni di lavoro. Sopra, il primo piano di una bambina impiegata in una fornace di mattoni nello stato himalayano del Nepal Polveri invasive Una donna etiope si copre il volto per non respirare polveri e residui della lavorazione di un mulino maggio 2012 scarp de tenis.9

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10 anticamera Aforismi di Merafina CUORE Io abito nel tuo cuore PER RIDERE Ridiamo che le lacrime non ci mancano LA COSCIENZA Io non odio chi mi ama, odio chi mi odia La cura Possono rubarmi tutto quello che possiedo, ma non potranno mai portarmi via ciò che è dentro di me: il pensiero, la creatività e l ironia. Tutti i medici sanno che il sonno è la miglior medicina: io mi curo dormendo e magicamente i sogni prendono forme e colori nel loro lungo viaggio all interno del mio cervello Silvia Giavarotti Inesorabile Il tempo passa e ogni cosa cancella le gioie, i dolori. Il tempo inflessibile saggio, ora buono ora malvagio, d ogni sentimento indifferente, scorre veloce nella gioia, lento nel dolore, implacabile e monotono, padrone della tua vita, cancella ogni cosa per ricercartele, giullare beffardo, quando meno ti sono gradite. Claudio Bertoni Il sogno (a mia madre) Afferro le sue mani e le stringo al mio petto. Tento di riempire le mie braccia della sua bellezza, di depredare con i baci il suo dolce sorriso, di bere i suoi bruni sguardi con i miei occhi. Ma dov è? Chi può spremere l azzurro del cielo? Essa mi elude lasciando soltanto il corpo nelle mie mani. Stanco e frustrato mi ritraggo. Come può il corpo toccare il fiore che soltanto lo spirito riesce a trovare? Gaetano Toni Grieco maggio 2012 scarp de tenis.11

11 Il papa incontra a Milano le famiglie del mondo. Quelle che soffrono, quelle che si aprono all accoglienza Disagio e dono, affari di famiglia Di famiglie si sente spesso parlare. Dibattiti ricorrenti sui vecchi e nuovi modelli famigliari, sull assenza di politiche adeguate per la famiglia. La verità è che le famiglie sono spesso lasciate sole, specie in una stagione di crisi, ad affrontare situazioni di impoverimento e disagio. Le istituzioni hanno sempre più casi cui far fronte, e sempre meno mezzi per intervenire. E se non si può contare su una rete parentale solida e ampia, iniziano i guai. Che si ripercuotono, inevitabilmente, sulla tenuta della famiglia, spesso costretta a dividersi per cercare di far fronte alla difficoltà. O a sopportare lacerazioni o rotture dolorose. più formativa scuola di apertura agli Le storie di disagio di tante famiglie, però, non devono far dimentica- esista nella nostra società. Lo ribadirà altri, di accoglienza e solidarietà che re che proprio la famiglia è la prima, a Milano il settimo Incontro mondia- le delle famiglie (30 maggio 2 giugno, grande raduno ecclesiale, organizzato dalla Santa Sede e dalla diocesi ambrosiana, sul tema La famiglia: il lavoro e la festa, con la preziosa presenza di papa Benedetto XVI. Nell occasione, Scarp ha raccolto le storie di alcuni nuclei che stentano. E di altri che accolgono. Destini diversi, una scoperta: sostenere le famiglie, è costruire una società più umana. E fu così che dormimmo in macchina Giorgio, Stefania, il bimbo. Casa popolare assegnata. Sulla carta. Non resta che l auto di Ettore Sutti 12. scarp de tenis maggio 2012 Giorgio e Stefania, 60 anni in due. Sposati da cinque. Hanno un bimbo. Nicolò, di un anno e mezzo. E Stefania è al settimo mese di gravidanza «Il sesso non lo abbiamo voluto sapere racconta la giovane, sarà una sorpresa». La loro è una famiglia normalissima: Gorgio lavora per l Amsa, l azienda rifiuti di Milano, stipendio regolare anche se non altissimo, Stefania faceva qualche lavoretto, prima di rimanere a casa per la sua situazione. Una vita tranquilla: casa, lavoro, qualche difficoltà ad arrivare a fine mese, ma nulla di drammatico, basta tirare un pochino sulle spese. Fino a che succede l imprevedibile. «La attendevamo da tempo. E finalmente un giorno arriva la lettera dell Aler (Azienda lombarda edilizia residenziale) racconta Giorgio : avevamo ottenuto l alloggio popolare. Quella sera abbiamo festeggiato, finalmente potevamo iniziare a mettere da parte qualcosa, risparmiando sull affitto». L Aler prospetta una data per l assegnazione dell alloggio; Giorgio e Stefania, che de- vono lasciare la casa perchè sotto sfratto, sono tranquilli, le date concedono tempo. Però a un certo punto qualcosa si blocca. Giorgio e Stefania lasciano l appartamento, ma l Aler fa sapere che servirà qualche giorno. I due giovani, che già pagano un affitto per un locale dove hanno tutti i loro mobili, non hanno molte risorse a disposizione. «Mia madre vive con mia nonna malata in un monolocale racconta Stefania, da lei riesco a stare giusto per emergenze, mentre i rapporti con la madre di Giorgio non sono buoni. Non abbiamo nessuno altro a cui chiedere aiuto». Per una settimana i due giovani si trasferiscono in albergo. Poi i soldi finiscono. Anche perchè quando si entra in una casa popolare le spese ci sono: i soldi che hanno messo da parte servono proprio a quello e non possono essere toccati. Da qui la decisione: la famiglia si

12 l inchiesta trasferisce in macchina. Dove rimangono per una settimana, ma poi Stefania non si sente bene e viene ricoverata alla Mangiagalli, dove è già in cura per rischio di parto prematuro. Dopo due giorni viene dimessa e le viene proposto di trasferirsi in una comunità collegata alla clinica fino al parto. L offerta vale per lei e il bambino. Per il padre no. Non si può. Lei rifiuta. «Siamo una famiglia racconta abbiamo fatto tanto per stare insieme, abbiamo lottato contro tanta gente e non abbiamo mai mollato. Come potevo separarmi da mio marito, in un momento così difficile? Cosa sarebbe stato di lui, da solo, sulla strada? No, meglio stare insieme. Al freddo, ma uniti». Troppo normale Intanto Stefania inizia a bussare a tutte le porte che può, ma la risposta è sempre la stessa: per lei e il bambino non ci sono problemi. Per tutta la famiglia no. «Il paradosso spiega Tea Geromini, operatrice della Casa della Carità, struttura che ha intercettato Giorgio e Stefania è che stanno troppo bene per essere aiutati. Oggi a Milano non esiste una struttura in grado di accogliere famiglie al completo: solo in presenza di un problema sanitario si può accedere a un alloggio di emergenza. Gli altri, si devono dividere. E tanti non accettano. L altra particolarità di questo caso è che Giorgio ha un lavoro regolare, quindi è troppo ricco per poter entrare in alcuni ambiti d accoglienza; inoltre, essendo in attesa di assegnazione della casa popolare, non può nemmeno firmare un contratto di affitto, altrimenti perderebbe il diritto all alloggio Aler». Quindi una famiglia normalissima, con un reddito medio, può tranquillamente andare a dormire altrove: in macchina. Intanto passa un mese, e la situazione sul fronte Aler è tutt altro che sistemata. «Nonostante le nostre richieste continua Giorgio l assegnazione continuava a essere rimandata. Noi eravamo al limite: quando proprio non ce la facevamo più, andavamo a dormire in albergo, ma era dura comunque». Poi, grazie all intervento di Casa della Carità, tramite a un associazione di Cologno Monzese salta fuori un monolocale in cui possono stare tutti insieme. «Eravamo felici dice Stefania : tutti insieme. Finalmente un ritorno alla normalità». Ancora in attesa della casa Tutto bene, dunque. E invece no. Un mese dopo la casa popolare non c è ancora, e Giorgio e Stefania devono lasciare l appartamento, che serve a un altra famiglia. Stefania è ormai vicina al termine, ma si rifiuta categoricamente di trasferirsi in comunità. La famiglia torna a dormire in macchina. Oggi, cinque mesi dopo la data di assegnazione dell alloggio, Stefania e Giorgio si sono trasferiti in una comunità che accoglie famiglie dietro il pagamento di una piccola quota come concorso alle spese. Dell alloggio popolare ancora nessuna traccia, nonostante continuino a figurare tra gli assegnatari. «Siamo comunque fortunati conclude Stefania, perchè abbiamo un reddito su cui contare. E tanta forza di volontà. Altrimenti cosa sarebbe stato di noi?».. maggio 2012 scarp de tenis.13

13 Disagio e dono, affari di famiglia Storie tormentate, incrociatesi a Scarp: ora vogliono metter su famiglia Vincenzo e Laura, che non temono il passato di Ettore Sutti Vincenzo, Enzo per gli amici, ha un viso mesto. Quando parla lo fa a voce bassa, come per non disturbare. Ma ha un sorriso che allarga il cuore. Si intuisce che ha una storia importante alla spalle, ma non la fa pesare. «Oggi va tutto bene dice con tono che non ammette repliche. Ho passato tanti anni in comunità. Avevo problemi seri. Ma ora ho passato i 40, e ho capito». Da tre anni Enzo è uno dei venditori di Scarp. «Sono ancora al dormitorio racconta ma Scarp è riuscito a regalare un senso alla mia vita. E non solo: con i soldi che sto mettendo da parte sto pensando di prendermi una casa. In cui ricominciare. Non da solo, però...». Eh sì, non da solo. Perché Enzo proprio a Scarp ha incontrato Laura, «una delle cose più belle della mia vita», ammette. E con lei vuole metter su famiglia. Laura, dopo lunghi periodi passati in casa da amiche, da qualche tempo è ospite anche lei di una comunità. Anche la sua storia è abbastanza complicata. «Prima di incontrare Vincenzo tiravo a campare racconta. Ero sempre depressa. Piangevo spesso e stavo rinunciando a trovare un lavoro. Avevo interrotto i contatti con le mie figlie (Laura ha un matrimonio alle spalle) e non avevo più voglia di nulla. Poi Enzo è entrato nella mia vita e tutto è cambiato. Lui è gentile, premuroso, mi ha accettata per quello che sono. A lui posso raccontare tutto quello che ho passato senza il timore di dover essere giudicata. Grazie a GLI ATTI DI VANDALISMO SONO AGGRESSIONI, E TU SEI LA VITTIMA. IL VANDALISMO SUI TRENI CI COSTA OGNI ANNO 12 MILIONI DI EURO NON RESTIAMO A GUARDARE INFO E SEGNALAZIONI NUMERO VERDE

14 l inchiesta Scarplove Vincenzo e Laura, coppia nella vendita e nella vita lui ho ritrovato la forza di vivere e di pensare al futuro, nonostante la nostra situazione sia tutt altro che semplice». Colazione e fine settimana In effetti, Enzo e Laura riescono a vedersi soltanto nel fine settimana. Quando, cioè, insieme vanno a vendere Scarp de Tenis fuori dalle chiese. Troppo complicato, in settimana, spostarsi tra le due comunità. «Riusciamo comunque a fare colazione insieme racconta Enzo, poi la accompagno alla sua borsa lavoro. Lo so, è poco. Ma è tutto quello che abbiamo. E ce lo facciamo bastare». Se lo fanno bastare così tanto, che nonostante la situazione, nonostante la crisi, nonostante l assenza di lavoro, Enzo e Laura hanno fiducia nel futuro. Abbastanza da voler costruire una nuova famiglia. Insieme. «Quando ne hai passate tante racconta Enzo e hai la fortuna di incontrare qualcuno che davvero ti capisce e ti completa, quello è il momento di cambiare. Laura è tutto quello che ho: insieme a lei tutto sembra possibile, anche superare le cose più difficili. Per questo abbiamo voglia di metter su famiglia. Abbiamo capito che insieme stiamo bene e non temiamo più nessuno. Nemmeno il nostro passato». Già, il passato. Quello che, almeno all inizio, è stato così difficile raccontare all altro. Perché raccontare vuol dire ammettere. E ammettere vuol dire affrontare. «Da qualche tempo ho ricominciato a frequentare le mie figlie racconta Laura, riaprendo una parentesi della vita che pensavo di avere seppellito per sempre. Se l ho fatto è solo grazie a Enzo. Che mi ha aiutato ad affrontare le mie paure. Perché quando sto con lui mi sento protetta. E sto bene». Enzo, annuisce. «Abbiamo voglia di stare insieme. Abbiamo voglia di avere una famiglia. Tutta nostra».. Il sociologo «Famiglia primo valore, tra sicurezza e identità» Il professor Giuseppe De Rita, presidente del Censis, ha teorizzato di recente che gli italiani «soli e senza governo» riscoprono la famiglia: la propria e quella di origine. Un rifugio dal disorientamento. Ma anche un luogo identitario. Un valore non solo cattolico. Un nucleo sociale che ha bisogno di tornare a desiderare il proprio futuro. Professore, nell ultima ricerca Censis la famiglia è ancora la cosa più importate nella vita per gli italiani. Mentre rispetto a indagini precedenti, gli italiani sembrano meno attratti dal consumismo. Reazione alla crisi, o indice di una tendenza duratura? Finora abbiamo ritenuto che il consumismo fosse una coazione a comprare qualsiasi cosa a qualsiasi prezzo. Ora questa idea sta scomparendo, perché è cambiato l atteggiamento del consumatore. La stessa persona può prendere il volo low cost per andare a Parigi e scegliere il ristorante costoso per la cena. Il consumatore è diventato arbitro, vuole essere soggetto e non più oggetto passivo dei messaggi pubblicitari. Ora questa consapevolezza comporta anche la diminuzione di alcuni volumi, cioè si comprano meno frigoriferi e meno abiti. Questo nuova propensione all acquisto dipende dalla minore disponibilità economica? In parte sì, ma in parte deriva dal fatto che decidere cosa comprare o cosa no è ritenuta una questione di dignità personale da preservare. Se non fosse così, non si spiegherebbe come mai i consumi italiani sono aumentati negli ultimi due anni del 2%, mentre la spesa privata delle famiglie per la sanità è aumentata dell 8%. Una crescita che non si può spiegare come risposta in supplenza alla spesa pubblica, perché dentro questa voce, che vale 30 miliardi di euro in un anno, ci sono anche le cure estetiche, le cure fisioterapiche, le cure alternative. I consumatori vogliono esprimere il loro diritto di scelta. E lo fanno per una maggiore consapevolezza, invece che per necessità. Sempre secondo la recente indagine Censis sui valori, emerge che gli italiani riscoprono le tradizioni religiose. Contemporaneamente aumentano anche le unioni di fatto, famiglie che prescindono dal vincolo matrimoniale. È una contraddizione? In tutto l occidente, il soggettivismo etico, per cui decido io cosa è bene e cosa è male, sta prevalendo sulla Legge. E dentro la Legge c è tutto: dall autorità dell insegnante a quella del parroco. Dalla ricerca emerge che la spinta alla soggettività sta declinando. Però c è ancora. Ed è anche molto radicata fra i cattolici. Alla base dei movimenti cattolici più spirituali, così come nella new age, c è in fondo la tendenza a pensare soggettivamente la fede e vivere di emozione l esperienza religiosa, mettendo in secondo piano la Legge. L italiano medio oggi è solo. È senza governo generale e senza una solitudine propria. Cioè non ha un traguardo, un indirizzo. Ma nemmeno quella solitudine interiore che gli consente l esame di coscienza e l esercizio spirituale. Questa solitudine nuda crea problemi antropologici. Ed è il vero dramma. In questo panorama desolante, che ruolo ha la famiglia? Nella nostra indagine, l 88% delle persone intervistate ha messo la famiglia al primo posto e al secondo, con il 66% di preferenze, la famiglia in cui si è nati. Questo farebbe pensare, che nell attuale scenario di soli senza solitudine e senza governo, ci si rifugi nelle forme sociali più antiche. In parte è un salto indietro: una sorta di ritorno a una sicurezza arcaica, che non mette in discussione qualità, struttura, regole. Ma la famiglia è anche un luogo dove trovare un modo di vivere e parlare. Un posto dove ritrovare una propria identità. Un valore, tra l altro, che non riguarda i soli cattolici, dal momento che dentro quell 88% di italiani che la mette al primo posto c è anche chi non crede e non si riconosce nella chiesa. maggio 2012 scarp de tenis.15

15 Disagio e dono, affari di famiglia Il cancello di Bruno resta rotto da trent anni I Volpi erano insoddisfatti del sistema, negli anni Settanta. Come loro, tanti amici. Ne è nata una comunità di famiglie. La prima di 35. «Accogliere, un bisogno umano» di Stefania Culurgioni Ha un telefono che squilla in continuazione e il cancello di casa rotto da più di trent anni. Il primo è perché ha una famiglia grande, molto grande, e incontri, consigli, parole da dare a tutti che lo chiamano ogni due minuti. Il secondo è per una scelta di vita: un cancello rotto è anche un cancello aperto. E un cancello aperto, è un invito a entrare. La strana famiglia di Bruno Volpi, il fondatore della comunità di Villapizzone, posa le sue fondamenta su questi principi: ascolto, accoglienza, apertura. Controcorrente e anticonformista, rispetto al modello di famiglia imperante nella società di oggi, omologante, chiusa, atomizzata, che emargina e si spaventa delle differenze, recludendole ognuna nella sua nicchia. Insomma, un altra famiglia è possibile. Ed è una grande lezione per tutti. 16. scarp de tenis maggio 2012 Dal lago a Milano, via Africa Tutto comincia poco più di trent anni fa quando Bruno, che oggi ha 75 anni, era un trentenne con la fregola di fare qualcosa di diverso che abitava a Mandello Lario, in provincia di Como. Da qualche mese era uscito dal seminario, dove era stato sette anni. Ma aveva litigato ferocemente con un professore e quindi se n era andato, trovando lavoro in fabbrica, alla Moto Guzzi. Manovale specializzato, frequentava la parrocchia, era iscritto al sindacato e all Azione Cattolica, ma la sua vita non lo soddisfaceva, stava ancora cercando la sua strada. «Sentivo una contraddizione tra quello che vivevo in parrocchia, nei movimenti, e quello che vivevo quando ogni mattina mi alzavo e dovevo andare a lavorare in fabbrica racconta Bruno ; sentivo uno stacco tra i miei ideali e la mia vita, protestavo sempre. Nel frattempo ho conosciuto Enrica. Anche lei aveva quei pensieri per la testa, e così abbiamo cominciato a sognare insieme che senso dare alla nostra vita». Il senso, Bruno ed Enrica Volpi provarono a darselo sposandosi, e subito dopo partendo per l Africa: volevano fare i missionari laici, un esperienza nuova in quegli anni. «Quando siamo tornati dall Africa, dopo otto anni, non eravamo più quelli di prima spiega Bruno ; l esperienza ci aveva cambiati e abbiamo fatto fatica a reinserirci nel sistema e nel lavoro. Così siamo andati a Milano: erano gli anni Settanta, quelli in cui i giovani pensavano di cambiare il mondo. Io con i ragazzi di allora mi trovavo bene, sentivo di avere qualcosa da dire a loro e da imparare da loro. E così attorno alla nostra famiglia è cominciato a nascere un gruppo di persone. Io avevo cinque figli, quattro nostri e una adottata in Africa. I giovanotti che si erano aggregati a noi ce l avevano con lo stato, con la chiesa, con il lavoro, con la famiglia tradizionale. Era la moda del momento, ma da quel mix di teste è nato uno strano modo di stare insieme. Volevamo essere alterna- tivi, eravamo antagonisti di un sistema che non ci piaceva. E alla fine siamo diventati una quindicina di persone, tra la mia famiglia, ragazzi adottati, giovani scappati di casa, che contestavano e giravano per Milano in cerca di avventura». Scovati dai servizi (sociali) Questa è la genesi della strana e grande famiglia di Bruno ed Enrica Volpi. Bruno era geometra e insieme ai suoi ragazzi lavorava quel tanto che bastava per vivere, perché l idea era: non vivere per lavorare, ma il contrario. Facevano insieme i lavori che oggi fanno gli immigrati: spazzavano cantine, piccoli trasporti, qualche muro da aggiustare. Poi trovarono un enorme cascina abbandonata, con tanto di terreni, stalle, edifici annessi. Stava nel quartiere di Villapizzone, a Milano, era diroccata, aveva i tetti rotti, i muri mezzi pericolanti. Ma il proprietario accettò di darla alla famiglia di Bruno e lui, con tutta la sua truppa, la rimise in piedi e ci andò a vivere. «Nel frattempo prosegue il racconto di Bruno i servizi sociali ci avevano scovato e ci affidarono una ragazzina che aveva tentato il suicidio, poi un minorenne scappato di casa... Così la mia famiglia è diventata ancora più grande: allargata, punto di rifugio, tramite i servizi sociali, di minori senza dimora». Quella cascina enorme con il cancello rotto (tuttora) era un invito aperto a entrare, e i primi che si avvicinarono furono un gruppo di gesuiti che volevano vivere in mezzo alle persone e predicare il Vangelo. Poco dopo, un amico di Bruno tornò dall Africa e decise anche lui di stabilirsi lì. «Oggi a Villapizzone ci sono sette nuclei famigliari spiega il fondatore di quella che nel frattempo è diventata l associazione Comunità e Famiglia : ognuno fa la sua vita, ma ab-

16 biamo stretto un patto di mutuo aiuto. Abbiamo in comune la cassa, e soprattutto quando possiamo accogliamo ermaginati e persone in difficoltà. Che non significa però essere una casa di accoglienza, un istituzione con regole e contributi pubblici. Noi siamo privati, famiglie singole che vivono insieme e che si aiutano reciprocamente. Aprendo la porta di casa a chi ha bisogno». Svuotarsi per riuscirci In effetti, il cuore autentico dell esperienza di Villapizzone, e di tutte le altre che ha filiato, sparse per l Italia (35 comunità, 150 nuclei famigliari coinvolti), è l accoglienza. Un bisogno umano, secondo il fondatore, perché nessuno può vivere da solo. «L'accoglienza significa: io ti accolgo, ti faccio posto nella mia vita, ti posso amare, e tu puoi amare qualcuno riflette Bruno Volpi. E si impara molto da chi è accolto: si impara a vivere. Dopo tre giorni il pesce puzza, e dopo tre giorni che hai accolto una persona ti accorgi che la tua vita non è più come prima. Per riuscirci devi svuotarti un po di te stesso, ma a pensarci è la stessa cosa che accade a chi si sposa, a chi decide di avere figli. Insomma a chi mette su una famiglia».. Reti di famiglie Prospettive oltre la crisi? «Noi le costruiamo insieme» l inchiesta La crisi imperversa. Ma le famiglie possono fare rete. Per evitare l avvitamento nelle proprie sofferenze. E rivelarsi risorsa. Per se stesse. E per la comunità intera. Lo dimostra Coraggio insieme si può. Un progetto decollato a Castellarano, provincia di Reggio Emilia, distretto (sei comuni) della ceramica. L associazione è nata un paio d anni fa, sfruttando l esperienza pluriennale di una rete di famiglie C entro che si occupava del disagio nelle relazioni interne ai nuclei famigliari, dando vita a centri di aggregazione e percorsi formativi. Ma poi la crisi è piombata anche su questo lembo di terra emiliana, falcidiando i posti di lavoro. E allora dai servizi sociali pubblici è arrivato lo spunto, applicando il metodo della rete tra famiglie, per far nascere l associazione, che conduce microsperimentazioni per un economia di sussistenza. La finalità di Coraggio insieme si può patrocinata dal comune, conta oltre cento soci è sostenere la speranza tra persone e famiglie in difficoltà, contrastando gli aspetti più intimi della crisi. Insieme si supera anche la barriera della vergogna, si riesce a vedere il problema sociale senza fermarsi a quello personale. E il supporto non è solo morale. I soci sono disoccupati, persone in cerca di prima occupazione, artigiani che hanno dovuto chiudere bottega. E hanno deciso di investire in modo diverso qualità e competenze. È stata aperta una banca dati, ciascuno ha messo in campo le proprie risorse. Alleandosi, è più facile farsi conoscere e trovare opportunità, anche piccole, di lavoro e guadagno. E poi ci si aiuta reciprocamente, e non ci si sente accantonati. Vogliamo e possiamo fare, recita lo slogan sul sito del sodalizio ( per presentarsi, non avrebbero potuto scegliere parole migliori. Dai una mano a chi ti dà una mano. Grazie a Saf Acli puoi mettere in regola subito e a prezzi veramente contenuti chi lavora per te, assistendo le persone che ti sono più care. Il nostro servizio comprende anche la consulenza e l orientamento legale e il costante aggiornamento interpretativo in merito a previdenza e fiscalità del rapporto di lavoro domestico. Per informazioni vai su (clicca su Area lavoro Domestico) oppure chiama il nostro n. verde Numero Verde

17 Disagio e dono, affari di famiglia Il destino è un budino l importante è ricambiare Felix e Carmen, peruviani d Italia: sono stati accolti, aspettano una famiglia del Papa di Stefania Culurgioni Racconta che tutto è cominciato da un budino. Fu una questione di attimi, l attesa dal pasticcere che il dolce fosse pronto, per comprarlo e portarlo alla famiglia. Era in ritardo, indeciso se andarsene a mani vuote o aspettare. Decise di avere pazienza, e quei minuti furono cruciali: entrò in negozio un amico che non vedeva da tempo. Cercava qualcuno che tornasse in Italia con lui per lavorare. Inizia così la storia di Felix Alberto Juarez, peruviano, 58 anni, in Italia da venti. Uno dei tanti che hanno deciso di aprire le porte alle famiglie straniere che arriveranno a Milano a fine maggio per incontrare il papa. «Io sono stato accolto tanti anni fa spiega e ora accogliere gli altri è il minimo che possa fare». Ma si diceva dell inizio. Era il 1991, e due giovani trentenni avevano già messo in piedi una bella famiglia. Avevano tre figli, lui faceva l impiegato nell ufficio delle buste paga di un ospedale di Lima, lei la pedagoga per ragazzini con autismo, sindrome di down e handicap vari. Tutto bello, ma solo in apparenza. Perché la crisi economica mordeva, in Perù, l inflazione era altissima, la vita costava sempre di più, nelle tasche dei due non restava granché. E poi c era il problema delle scuole. Quelle pubbliche facevano acqua, quelle private costavano un occhio della testa. E i tre figli, Samagin Israel (tradotto: dimora di Dio ) di 12 anni, Daniel Sky di 11 e Angela Candy di 8, in qualche modo dovevano studiare. Magari, studiare bene. «Io ci pensavo da un po racconta Felix. Mi domandavo: cosa posso fare per il futuro della mia famiglia? La risposta era una sola: andare via. All inizio pensavo solo per cinque anni, poi ne sono passati 21, e sono ancora qua. E tutta la mia famiglia con me». Uniti sotto la Madunina Quel budino, dunque, fece la differenza. Fu dal pasticcere che Felix incontrò il vecchio amico. Stava a Roma da qualche mese, era tornato per portarsi dietro il fratello, che però non aveva i documenti in regola. Al suo posto così partì Felix, con la promessa di un occupazione come operaio per installare lampadine ai lampioni di Roma. «Mia 18. scarp de tenis maggio 2012 moglie non era contenta racconta Felix temeva che la famiglia si rompesse, conosceva i terribili effetti della migrazione. Mariti che partono e non tornano più, che si rifanno un altra famiglia, che prendono brutte strade. Uomini che cercano il futuro e si perdono, nella solitudine, nell alcol, nella malavita, nella strada». Ma Felix aveva 37 anni, e tanta fiducia. Arrivò a Roma e trovò la prima sorpresa: non solo non c era il lavoro, ma neanche una casa. «Così presi un treno per Milano continua : non conoscevo nessuno, non parlavo la lingua, non sapevo a chi bussare...». Il bivio, a volte, è una biforcazione di attimi. E soprattutto di incontri. La fortuna è incrociare sulla propria strada qualcuno che sceglie di aprirti le porte. Di darti un tetto, un appoggio, un istante di serenità da cui ripartire. «Io ho trovato un gruppo di accoglienza per stranieri, e un prete, don Ferdinando Colombo, che mi ha aiutato a separarmi dalle cattive compagnie della strada ricostruisce oggi Felix ; gra- zie a quel letto ho potuto sistemarmi, e da lì cominciare a cercare lavoro». Poi la sua storia è stata ancora segnata da episodi di accoglienza. «Dopo mesi di lavoretti, finalmente a Milano ne trovai uno serio. Ancora una volta grazie alla fiducia di una famiglia italiana che mi prese come portinaio racconta oggi : dovevo curare tre cani e otto gatti mentre il proprietario lavorava. Intanto studiavo la lingua, e sognavo la mia famiglia in Perù. Mi arrivò una lettera dal mio figlio maggiore che mi commosse, diceva che credeva in me, che era sicuro che io li amassi nonostante fossi lontano, e così presi la decisione: dissi a mia moglie di venire, prima con la bimba; i maggiori li avremmo portati in Italia dopo». Era il 1995: di nuovo uniti, sotto la Madunina. Una stanza per chi arriva «Gli italiani sono un pueblo che ti accoglie sentenzia oggi Felix, ma io ho sempre cercato di diventarne parte, imparando la lingua, la mentalità. E allora, oggi, quando si prospetta l occasione di accogliere famiglie straniere che arrivano per incontrare il papa, non ho potuto né voluto dire di no. Anzi, a dire il vero, per me è una cosa bellissima. A casa mia siamo tutti pronti, non vediamo l ora». Felix oggi abita a Carpiano, in provincia di Milano, e lavora nel reparto di sterilizzazione dell Istituto Europeo Oncologico di via Ripamonti. I suoi figli sono tutti in Lombardia: uno lavora al montaggio nell emittente tv Sky, un altro è perito informatico, la figlia è laureata in comunicazione. Vivono tutti da soli, in casa sono rimasti Felix e la moglie Carmen, e una stanza vuota per la famiglia che arriverà. Quella alla quale i due coniugi peruviani, intanto divenuti volontari nella pastorale dei migranti, non vedono l ora di aprire le braccia....

18 l inchiesta La testimonianza Famiglie di Amel: anche la non convenzionale è capace di attenzioni Amel ha gli occhi neri come la pece. Lo sguardo è dolce ma profondo. Racconta di storie che una ragazza della sua età non dovrebbe conoscere. Già. Perchè durante i suoi 23 anni di vita, Amel ha dovuto superare difficoltà che l hanno fatta crescere in fretta. E che l hanno strappata agli affetti di genitori, fratelli, parenti. Per consegnarla alle cure di un altra famiglia. Non convenzionale. Oggi le giornate di Amel si dividono tra lavoro in pasticceria, università (facoltà di scienze dell educazione), volontariato e la casa. Ma la sua vita non è sempre stata così. Amel infatti è arrivata in Italia quando di anni ne aveva solo 5, lasciando in Somalia i genitori e ben 11 fratelli. Qui aveva la nonna. E con lei è vissuta negli anni delle scuole elementari e il primo anno di medie. Nel 2000 però, il dramma. La nonna morì all improvviso e Amel si ritrovò sola, in un paese che sentiva suo, ma dove non aveva nessuno. I servizi sociali del comune di Milano si occuparono di lei immediatamente e le trovarono una comunità di suore in cui andare a vivere. «I primi giorni passati dalle suore sono stati davvero difficili ricostruisce oggi la giovane. Soffrivo perché non c era più mia nonna, perché avevo dovuto lasciare la mia casa, i miei amici e la mia scuola. Ero li in mezzo a persone che non conoscevo. Da sola e senza nessuno che mi voleva bene». La comunità in cui Amel era ospitata, è situata in una zona di Milano opposta a quella in cui la piccola Amel era cresciuta. Fu quindi obbligata a lasciare anche il mondo di amicizie e di affetti che si era costruita negli anni precedenti. «Per me era pesante vivere lì, c erano anche altre ragazze, con vissuti davvero complessi, non sapevo come rapportarmi a loro. Ma pian piano mi sono integrata. Le suore, soprattutto madre Carla, mi sono state molto vicine e non mi hanno fatto mancare niente. Inoltre avevano rispetto di me e della mia persona. Io sono di religione musulmana, seguo una determinata dieta e un programma di culto diverso da quello cattolico. Nessuna madre ha mai ostacolato in alcun modo la mia religione». Con il tempo anche il rapporto con le altre ragazze è andato migliorando, Amel ha trovato amiche con cui ancora oggi è in stretti rapporti. «Ho imparato a volere bene a quella nuova famiglia, che mi circondava di affetto e di attenzioni. Le suore mi hanno anche... fatta filare, i rimproveri non sono mancati, soprattutto quando portavo a casa la pagella del liceo con qualche insufficienza. Ma sono state sane lavate di testa, come quelle che un genitore fa a un figlio». Come quelle che aiutano a diventare grandi e autonomi. Ancora più in fretta, quando alle spalle c è una famiglia non convenzionale. Simona Brambilla Montascale Stannah. Per le tue scale, scegli il meglio. Siamo gli specialisti dei montascale. Per la tua tranquillità scegli la competenza del n 1 al mondo, garantita da oltre clienti e da più di 16 anni di presenza in Italia. Amiamo il nostro lavoro e con impegno e passione mettiamo a tua disposizione la nostra esperienza. Progettiamo su misura per te e la tua casa. Per darti il massimo della sicurezza, della praticità d uso e del design, costruiamo uno a uno i nostri montascale a misura della tua casa e delle tue esigenze Chiamata gratuita Lun-Sab 8.00/ nnah.it Abbiamo la più ampia gamma di modelli. Solo con noi hai la libertà di scegliere il montascale che più ti piace, tra 7 modelli e 70 diverse combinazioni. Stannah offre soluzioni diverse e personalizzate per tutte le esigenze e tutte le tasche. Abbiamo una garanzia in più: il servizio! Con Stannah hai un assistenza certa, veloce ed efficace, in tutta Italia. Dal primo contatto a dopo l installazione, ci impegniamo a essere sempre al tuo fianco. Persone di cui fidarsi. Dal 1867.

19 Campagna europea per l abitare sociale dei senza dimora Housing? Un diritto Parola di giudice Una rete continentale, promossa da Feantsa, la federazione degli organismi che aiutano gli homeless, è in cerca di casi da far arrivare, tramite i tribunali nazionali, alla Corte di giustizia della Ue. Che poi potrebbe premere sugli stati. Per affermare un diritto sancito dal Trattato di Lisbona, costituzione d Europa 20. scarp de tenis maggio 2012 di Paolo Riva Marc Uhry è un operatore sociale e un attivista francese per il diritto alla casa. Sempre presente alle manifestazioni, si occupa di situazioni di pesante disagio abitativo, di occupazioni e, soprattutto, di alloggi per i senza dimora. Ora lavora per la Fondazione Abbé Pierre, nel distretto Rhone-Alpes. Dal suo punto di vista ma l idea potrebbe adattarsi a molti altri contesti, compreso quello italiano in Francia «è in corso un processo di criminalizzazione della povertà che va combattuto con ogni mezzo. Si tratta argomenta di un attacco ai diritti umani, alla dignità di base che ogni persona deve avere a prescindere dal suo stato e dalla sua cittadinanza, un principio che viene dalla Rivoluzione francese e che è parte integrante dei nostri ideali democratici. È un processo che va combattuto usando la legge, il diritto: norme e pratiche che criminalizzano la povertà sono spesso contro i trattati internazionali che salvaguardano i diritti umani. Esperti, avvocati, giudici e tutta la società civile devono combattere con efficacia una sorta di guerrilla contro questi abusi, ovunque li incontrino. In particolare nell ambito delle politiche abitative». Alla base c è la Carta Uhry, infatti, è uno dei corrispondenti francesi di Housing Rights Watch (Hrw), rete europea costituita da un gruppo interdisciplinare di associazioni, avvocati e accademici, che hanno come obiettivo la promozione del diritto alla casa per tutti. Il gruppo di lavoro, che si incontra circa tre volte all anno, ha membri anche in Belgio, Spagna, Irlanda, Slovenia e Italia, che partecipa con l associazione Avvocati per Niente. Il tutto è nato nel 2008 su iniziativa di Feantsa, la realtà che riunisce a livello europeo tutte le associazioni che si occupano di persone senza dimora. E proprio a fine aprile, il 20 e il 21, si è tenuta a Galway, in Irlanda, la conferenza annuale di Hrw intitolata Contemporary housing issues in a changing Europe. Al centro della due giorni di conferenze, e del lavoro della rete da diversi mesi, c è la possibilità che la Corte di giustizia dell Unione europea, attraverso una procedura sui giudizi preliminari richiesta da una corte nazionale, si pronunci sul diritto all assistenza sociale e alla casa. Una procedura giuridica abbastanza complessa, che però, secondo gli esperti di Hrw, sarebbe uno strumento molto efficiente per vedere riconosciuto il diritto a una dimora agli homeless di tutta Europa. Alla base dell operazione c è la Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea, inserita nel trattato di Lisbona, quindi riconosciuta da tutti gli stati membri dell Ue. La Carta, nello specifico, non parla di diritto alla casa, ma

20 sancisce, con l articolo 34.3, il diritto all housing sociale per assicurare un esistenza dignitosa a tutti coloro che non siano in possesso delle risorse minime, in accordo alle regole stabilite dalla legislazione comunitaria e dalla legislazione e pratiche internazionali. Finora, in realtà, i casi di homelessness che hanno raggiunto con successo la Corte di giustizia europea sono stati pochi. E soprattutto in Francia, al punto che Housing Rights Watch ha ottenuto il sostegno della Fondation Abbé Pierre. La Fondazione, arrivata nel 2012 ai venti anni di attività, fa parte del più ampio movimento Emmaus, fondato dal religioso francese nel dopoguerra, e si occupa specificamente dell alloggio delle persone in condizioni di grave difficoltà. Negli ultimi sette anni, grazie a un investimento complessivo di 24 milioni di euro, ha finanziato la realizzazione di appartamenti sociali. L Italia in forte ritardo Questo solo dato, se confrontato con la situazione italiana, dà l idea dei differenti contesti nei quali Housing Rights Watch si ritrova a lavorare. A chiarirlo è Stefano Galliani, che lavora al Nuovo Albergo Popolare di Bergamo e, dallo scorso ottobre, è vicepresidente di Feantsa, su indicazione di Fio.psd (la federazione italiana delle organizzazioni per senza dimora). «L attività di Hrw nel nostro paese chiarisce può essere un esca, un ulteriore modo per riportare l attenzione pubblica sui diritti delle persone più fragili. In particolare, le azioni del gruppo hanno tre livelli di efficacia. Il primo, e il più immediato, è l utilizzo di un istanza giuridica, un caso, per attirare l attenzione su palesi violazioni di legge in materia abitativa. Il secondo è la possibilità, data dal coinvolgimento della Corte di giustizia dell Unione europea, di aprirsi all Europa, di allargare il nostro sguardo alle esperienze comunitarie più avanzate. Infine, il terzo è aggiungere al grande lavoro (appena concluso) del censimento nazionale delle persone senza dimora, Campagna di immagini In queste pagine, due manifesti realizzati in Francia da Fondation Abbè Pierre per sensibilizzare sul diritto alla casa ulteriori dati, relativi proprio alla questione casa». In pratica, attraverso lo strumento giuridico, Human Rights Watch si propone di fare advocacy a livello nazionale, all interno di un contesto comunitario che legittima e giustifica le sue azioni. Hrw, infatti, raccoglie nei paesi in cui è presente, e quindi anche nel nostro, alcuni casi concreti, in cui il diritto all housing sociale, sancito come detto dalla Carta dei diritti fondamentali dell'unione Europea, è negato a persone in difficoltà. I casi vengono poi presentati ai tribunali nazionali, con l intento di farli arrivare fino alla Corte di giustizia dell Unione che, esprimendosi sulla singola richiesta, prenderebbe una decisione vincolante per tutti gli stati membri e utile, soprattutto in Italia, a riproporre il problema generale dell abitare. Alloggi popolari inacessibili «Oggi, infatti sottolinea amaro Galliani per ampie fasce di popolazione fragile, gli alloggi rimangono sostanzialmente inaccessibili. Anche perché le nostre case popolari sono in crisi da l inchiesta tempo e per diversi motivi». Secondo il vicepresidente di Feantsa, la prima ragione è che le assegnazioni, nel nostro paese, sono definitive, per sempre. La seconda è che, ormai da anni, non si costruiscono nuovi alloggi, mentre la terza è che, anche tra quelli esistenti, troppi vengono lasciati sfitti, oppure in condizioni tali da non poter essere assegnati. «Proprio per questo, a Bergamo esemplifica Galliani, l Albergo sta cercando, in accordo con il comune, di risistemare venti alloggi sfitti per destinarli alle fasce più deboli. É già qualcosa, anche se ciò che manca a livello nazionale sono esempi positivi, attraverso i quali la funzione pubblica regoli il mercato privato. Oggi ce ne sono pochissimi». Uno di questi è in Toscana. A Lucca, dal 2007, è attiva la fondazione Casa Lucca, promossa dalla Provincia insieme a diverse amministrazioni comunali, ai sindacati e ad alcune realtà del terzo settore, come Caritas e Arci. Il suo scopo è la realizzazione di iniziative destinate a far fronte alle situazioni di disagio che hanno origine dalla mancanza di un alloggio, favorendo altresì l inserimento nel tessuto economicoproduttivo e l integrazione sociale. Uno dei suoi ultimi interventi è la realizzazione di 80 alloggi a canone sostenibile, che saranno assegnati entro novembre. «Il problema dell emergenza abitativa ha dichiarato in occasione dell'a- maggio 2012 scarp de tenis.21

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