Il commento alla sentenza 5 luglio 2004 n della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Sicilia

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1 Commento alla sentenza 5 luglio 2004 n della Corte dei Conti Sicilia (Articolo di Rosa Francaviglia - Magistrato Corte dei Conti) Riteniamo utile riprendere questo interessante articolo pubblicato su Altalex e realizzato dalla Dott.ssa Francaviglia che ringraziamo. (Si ringrazia Altalex per la segnalazione) Il commento alla sentenza 5 luglio 2004 n della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Sicilia di Rosa Francaviglia (Magistrato della Corte dei Conti) La vicenda giudiziale La sentenza che qui si commenta è di particolare importanza, in quanto risolve positivamente la questione della controversa pensionabilità dell indennità di amministrazione. La fattispecie sottoposta al vaglio del Giudicante rileva, peraltro, sotto un duplice profilo: 1) la pensionabilità dell indennità di amministrazione; 2) la possibilità per la P.A., ex datore di lavoro, di procedere di ufficio ed in via di autotutela a rideterminare il trattamento definitivo di quiescenza in senso peggiorativo con conseguente recupero dell indebito limitatamente agli importi già erogati ed asseriti come non includibili nella base retributiva pensionabile. La ricorrente, dipendente della Agenzia delle Entrate, ricorre avverso il decreto di pensione definitiva di annullamento di un primo decreto, sempre di attribuzione di trattamento definitivo, per sentir dichiarare il suo diritto alla riliquidazione di detto trattamento nella misura corrispondente a quella già prevista nel precedente provvedimento, oltre accessori di legge. In sostanza, quindi, non si verte in ipotesi di contestazione del trattamento definitivo di quiescenza a seguito di liquidazione di quello provvisorio, bensì di impugnativa di un secondo decreto annullatorio del precedente e modificativo in pejus. L Amministrazione ( Ministero delle Finanze ) resiste in giudizio sostenendo che la variazione peggiorativa era scaturita dal mutamento di orientamento in tema di pensionabilità dell indennità di amministrazione, ritenuta, in sede di prima liquidazione definitiva, ricompresa nella base retributiva pensionabile, e successivamente esclusa da quest ultima in ragione della asserita natura non retributiva. Di converso, parte attrice asserisce detta indennità doveva necessariamente considerarsi utile ai fini pensionistici, stante la sua natura fissa e ricorrente ed il carattere generalizzato e continuativo della sua corresponsione ai dipendenti ministeriali e di agenzia. Ciò anche sulla base di quanto prescritto dall art. 2, comma 9 e 10 della cosiddetta Riforma Dini di cui alla L. n 335/1995 che assoggetta l indennità succitata a contribuzione con conseguente implicito riconoscimento della natura retributiva della stessa. Né poteva ammettersi che, a fronte dell intervenuta liquidazione in via definitiva e non meramente provvisoria in favore della ricorrente, l amministrazione procedesse sua sponte ad escludere l indennità di amministrazione ai fini di quiescenza assimilandola ad un emolumento variabile e provvisorio. La tesi difensiva della P.A. si risolve, quindi, non solo nella palese violazione del divieto di reformatio in pejus, quale principio generale dell ordinamento giuslavoristico e previdenziale, ma acclara anche un comportamento datoriale contraddittorio, attesa anche la disparità di trattamento rispetto ad altri ex dipendenti pensionati dello stesso dicastero che avevano visto riconosciuta l indennità in questione sul proprio trattamento pensionistico di liquidazione.

2 La resistente assume, inoltre, a giustificazione del proprio operato, il mutamento di indirizzo dell organo di controllo ( rectius: Ufficio Controllo Atti Amministrazioni Stato della Corte dei Conti ), il quale dapprima aveva ammesso a registrazione i decreti di pensionamento definitivi includenti l indennità di amministrazione per poi disattendere tale orientamento favorevole escludendo l emolumento dal computo e, quindi, non ammettendo più a visto detti decreti. La sentenza dichiarativa di accoglimento del Giudice Unico delle Pensioni della Sezione Giurisdizionale Siciliana statuisce la rilevanza dell indennità di amministrazione, corrisposta ai dipendenti ministeriali, ai fini di quiescenza con inclusione della stessa nella base retributiva pensionabile con ciò discostandosi da quell orientamento giurisprudenziale della Corte dei Conti attestato su posizioni negatorie. LA CONTROVERSA QUESTIONE DELLA PENSIONABILITA DELLA INDENNITA DI AMMINISTRAZIONE: GLI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Nel pubblico impiego privatizzato, il trattamento economico indica il complesso dei diritti patrimoniali strettamente economici dei dipendenti, definito in sede contrattuale. L ambito di operatività dell autonomia negoziale, peraltro, rientra necessariamente nell ottica delle aree macroeconomiche della contabilità pubblica. A tal fine, le Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei Conti ( III Collegio Costo del Lavoro ) deliberano in materia di contratti collettivi nazionali di lavoro ex art. 47, comma 5, del D. Lgs. n 165/2001 mediante certificazione positiva ovvero negativa in ordine alle ipotesi di accordo pervenutele sulla scorta delle valutazioni formulate dal Nucleo tecnico con riferimento ai costi derivanti dalle ipotesi di accordo negoziali. In sostanza, trattasi di verifica sulle compatibilità finanziarie delle disposizioni concernenti i fondi destinati al trattamento fisso ed a quello accessorio. Lo stipendio è, difatti, composto da elementi fissi quali lo stipendio tabellare, la tredicesima mensilità, le quote per aggiunta di famiglia, l indennità integrativa speciale e da elementi accessori quali l indennità di amministrazione, il Fondo unico di amministrazione, il compenso per lavoro straordinario, l indennità di missione, compensi incentivanti ed indennità varie rapportate alla specificità della qualifica professionale. Ciò premesso, è controverso se detto elemento sia da ritenersi meramente provvisorio e variabile e, quindi, non utile ai fini pensionistici essendo privo di carattere retributivo ovvero fisso e generalizzato e, perciò, interamente quiescibile ovvero parzialmente quiescibile in conformità di quanto prescritto dalla Riforma pensionistica. Difatti, è indubbio che l indennità di amministrazione, prevista in favore dei dipendenti statali dall art. 34 del C.C.N.L. del Comparto Ministeri ed attribuita dal 1 dicembre 1995, ai fini del trattamento di quiescenza dei dipendenti della Amministrazione statale, è stata resa pensionabile dal 1 gennaio 1996 in forza dell art. 2, comma 9, della L. n 335/1995, ma è anche per l altrettanto vero che detta pensionabilità è limitata in base al comma 10 del succitato art. 2. La limitazione normativizzata implica che sia utile ai fini pensionistici soltanto quella parte della stessa indennità che ecceda la maggiorazione del 18% applicata sulle voci della retribuzione che, anteriormente alla data del 1 gennaio 1996, erano pensionabili ai sensi dell art. 43 del D.P.R. n 1092/1973, concernente il trattamento economico e di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato. In tal senso, si è pronunziata la Corte dei Conti Sezione III Giurisdizionale Centrale d Appello con la sentenza n 8/2003 che ha ritenuto che, per effetto di quanto disposto dall art. 2, comma 9, L. n 335/1995, l emolumento in contestazione deve considerarsi, a partire dal 1996, retribuzione pensionabile, ma soltanto per la quota eccedente l aumento del 18% di cui all art. 15 L. n 177/1976. In particolare, la Corte aveva rigettato l appello proposto da un insegnante ( dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione e collocata a riposo dal 1 dicembre 1998 per raggiunti limiti di età ) con cui ella aveva impugnato la sentenza di primo grado di reiezione del ricorso presentato avverso la mancata

3 inclusione nella base pensionabile dell indennità di amministrazione maggiorata del 18 % che, a suo dire, essendo indennità fissa e continuativa con carattere stipendiale, doveva,invece, essere considerata pensionabile in base ad una corretta interpretazione dell art. 43 del D.P.R. n 1092/1973. La Sezione III Centrale non ha, però, aderito a siffatta impostazione. Difatti, fino al 31 dicembre 1995, l indennità di amministrazione di cui all art. 34 del C.C.N.L del Comparto Ministeri non poteva concorrere a determinare la base pensionabile in quanto non menzionata nella indicazione tassativa - contemplata all art. 43 succitato relativa a quegli assegni qualificati come pensionabili e suscettibili di essere maggiorati del 18 %. Inoltre, tale indennità, contrariamente a quanto richiesto dall ultimo comma dello stesso art. 43, non era stata considerata quiescibile da alcun altra specifica disposizione. Dal 1 gennaio 1996, anche l indennità di amministrazione è divenuta pensionabile in virtù dell art. 2, comma 9 L. n 335/1995, volto a dare attuazione alla prescritta armonizzazione degli ordinamenti pensionistici. Da tale data, quindi, ai dipendenti statali va applicato il principio della onnicomprensività del trattamento pensionistico, già effettivo per le pensioni erogate nel regime dell A.G.O. ( Assicurazione Generale Obbligatoria ). Una completa e definitiva armonizzazione tra i diversi sistemi previdenziali non può, peraltro, prescindere dal superamento del divario che, di fatto, continuava a sussistere fra i due ordinamenti (quello statuale e quello A.G.O.), in ragione del fatto che la base pensionabile del primo, seppur ridotta rispetto a quella del secondo, beneficiava tuttavia della ricordata maggiorazione del 18%: è in tale prospettiva che il legislatore ha espressamente stabilito all art. 2, comma 10, L. n 335/1995 che la disposizione di cui al comma 9 opera per la parte eccedente l incremento della base pensionabile previsto dagli artt. 15,16 e 22 della L. n 177/1976 e per quello previsto dall art. 15, comma 2, della L. n 724/1994. In estrema sintesi: gli elementi retributivi resi pensionabili dal 1 gennaio 1996 sono assoggettati a contribuzione e confluiscono in pensione solo per la parte eccedente la maggiorazione del 18%. Ne deriva la legittimità dell operato dell Amministrazione competente che aveva liquidato la pensione senza comprendere nella base pensionabile l indennità di amministrazione perché di importo inferiore alla maggiorazione del 18% degli elementi retributivi pensionabili in base al menzionato art. 43. Sulla scorta di tale orientamento, è intervenuta ulteriore pronunzia ( la n 65/2004 ), la quale ha precisato che il criterio di calcolo è quello della media su base annua con applicazione delle frazioni di aliquota pensionistica maturate successivamente al 1 gennaio Tuttavia, laddove si tratti di dipendente rientrato ai fini pensionistici nel sistema cosiddetto retributivo ossia avente alla data del 31 dicembre 1995 un anzianità contributiva di almeno 18 anni ( art. 1, comma 13, L. n 335/1995 ), occorre applicare l art. 43 del D.P.R. n 1092/1973 e, tenuto conto di quanto esso dispone, è da escludere che, in assenza di specifiche previsioni, nel calcolo della base pensionabile possa essere compresa qualsiasi indennità accessoria, sia pur lungamente percepita con carattere di continuità ed ordinarietà prima del collocamento a riposo quale l indennità di amministrazione. Essendo, dunque, quest ultima un assegno accessorio non espressamente qualificato come pensionabile, non può essere incluso nella quota A) di pensione di cui all art. 13, comma 1, lett. A) dell art. 13 del D.Leg.vo n 503/1992 ( ex plurimisi: C.d.C. Sez. Giur. Puglia n 405/2002 ). La tesi negatoria di esclusione della computabilità ai fini di quiescenza è, invece, condivisa da altre sezioni ( C.d.C. Sez. Giur. Piemonte n 1395/2001 ).

4 L INFORMATIVA I.N.P.D.A.P. N 51/2002 Con l informativa n 51/2002, l I.N.P.D.A.P., recependo l orientamento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha diramato le conseguenti disposizioni anche relativamente alla regolarizzazione delle pensioni già liquidate in modo difforme rispetto alle indicazioni date dal suddetto dicastero. Dette indicazioni, d intesa con il Ministero dell economia e delle Finanze e con il Dipartimento della funzione pubblica, precisavano che l indennità di amministrazione non poteva essere computata nella quota A della pensione del personale statale in quanto, data la sua natura di retribuzione accessoria, non era includibile, con una interpretazione meramente amministrativa, fra le voci elencate nell art. 43 del D.P.R. n 1092/1973, come sostituito dall art. 15 della L. n 177/1976. Tale indennità resta, quindi, computabile nella quota B della pensione, per la parte relativa alla anzianità contributiva acquisita dal 1 gennaio 1996, limitatamente (ed unitamente alle altre indennità accessorie), all ammontare eccedente l importo corrispondente alla maggiorazione del 18% dello stipendio, oltrechè della RIA ( retribuzione individuale di anzianità ) e delle altre voci già computabili per la quota A della pensione. IL C.C.N.L. INTEGRATIVO DEI MINISTERI IN VIGORE DAL 17 MAGGIO 2001 Deve, comunque, rilevarsi che il C.C.N.L. integrativo dei ministeri, entrato in vigore il 17 maggio 2001, ha stabilito che, a decorrere dall , l indennità di amministrazione è utile ai fini del calcolo della buonuscita e che essa vada ricompresa fra le voci della retribuzione a carattere fisso e ricorrente, così creando il presupposto per la sua completa pensionabilità. Sotto tale profilo, è bene chiarire che non vi è alcun automatismo fra la disposizione contrattuale e l inserimento dell indennità fra le voci che concorrono a formare la base pensionabile, calcolata con il metodo retributivo, per i dipendenti che al 31 dicembre 1992 avevano almeno 15 anni di servizio utile. Per costoro, la pensione si compone di due voci: 1- la cosiddetta quota A calcolata sull ultima retribuzione prendendo come base lo stipendio, l indennità integrativa speciale, la RIA ed il 18% di stipendio e RIA, per gli anni utili sino al ; 2- la cosiddetta quota B per gli anni utili successivi al , calcolando le medie delle retribuzioni degli ultimi dieci anni, rivalutate con opportuni coefficienti, prendendo come base fino al le stesse voci della quota A, e dall l intera retribuzione, comprensiva di ogni trattamento economico anche accessorio. Qualora il complesso dei trattamenti accessori non superi il 18% di stipendio e RIA si applica il miglior trattamento. Dalle considerazioni suesposte, secondo alcuni, si dovrebbe poter giungere ad estrapolare l indennità di amministrazione dalle voci di salario accessorio inserendola fra quelle che compongono il fondamentale. In relazione alla buonuscita, il beneficio riguarda tutti coloro che sono andati in pensione a partire dall L incremento della buonuscita comporta un aumento della contribuzione con quota a carico dei lavoratori pari al 2%. L INDENNITA DI AMMINISTRAZIONE E INTERAMENTE PENSIONABILE? In tale contesto giurisprudenziale, contrattuale e normativo si inserisce la sentenza n 1620/2004 della sezione siciliana, la quale sostanzialmente accoglie l orientamento favorevole a ritenere l indennità di amministrazione e/o quella di agenzia una quota stipendiale con conseguente piena pensionabilità.

5 Quiescibilità per intero, su tredici mensilità e senza detrazioni per malattie brevi: questi i postulati della tesi maggiormente innovativa. Sul punto deve, infatti, evidenziarsi che la giurisprudenza di merito ( Sentenza n 726/2003 del tribunale di Pisa ) ha stabilito che ai dipendenti ministeriali, delle Agenzie fiscali e della Presidenza del Consiglio dei Ministri spetta detta indennità nel calcolo della 13 mensilità, in quanto deve ritenersi attualmente vigente il D.P.L.C.S. n 263/1946, ove si prevede che la tredicesima vada commisurata al trattamento economico complessivo spettante. Atteso che né nelle tabelle All. A e B del T.U. n 165/2001, né negli artt. 26 e 27 del C.C.N.L. del 12 giugno 2003 per la tornata contrattuale vi è traccia di abrogazione esplicita dello stesso, e considerato che nelle previsioni di cui al comma 3, All. B, del C.C.N.L. del 16 maggio 1995 viene precisato che l indennità di amministrazione deve essere corrisposta nelle stesse circostanze in cui lo sia lo stipendio tabellare, ne consegue che il trattamento economico complessivo a cui, per l art. 7 D.P.L.C.S. n 263/1946, risulta essere commisurato il rateo di tredicesima, è tuttora, assieme alla disposizione di cui al terzo comma dell All. B al C.C.N.L. del 16 maggio 1995 ( la cui vigenza è stata confermata con C.C.N.L. del ) lo strumento principale di riferimento per stabilire il contenuto da assegnare alla tredicesima mensilità ( G. Schiavone 2004 ). Parimenti, l ARAN - su quesito del ha chiarito che al personale collocato in posizione di comando o di fuori ruolo con provvedimento formale spetta l indennità di amministrazione ed, in genere, il trattamento accessorio, dell amministrazione presso la quale lo stesso presta servizio, mentre per i dipendenti privi di provvedimento formale di comando ed incardinati di fatto presso un amministrazione diversa da quella di appartenenza non spettano detti emolumenti. Infine, per le malattie brevi, la stessa Aran sempre in sede di quesito ha ribadito che detta indennità compete per intero soltanto se il periodo di assenza per malattia sia pari o superiore a 15 giorni di calendario, mentre per il personale con rapporto a tempo parziale verticale occorrerebbe effettuare la decurtazione dell emolumento nella misura spettante, qualora la certificazione medica preveda per l episodio morboso un periodo di tempo inferiore ai 15 giorni. Nel caso di più certificati medici consecutivi rilasciati solo per i giorni per i quali il dipendente in part-time è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative, senza ricomprendere le giornate intermedie non lavorate, l ARAN reputa che essi vadano considerati separatamente, in quanto attestanti eventi morbosi distinti. Il periodo dei 15 giorni viene sussulto quale arco temporale di riferimento utilizzato ai fini della valutazione della gravità dell episodio morboso nel suo complesso, stante che la ratio della norma si fonda sull esigenza di garantire, in caso di malattie di particolare serietà, il massimo della tutela possibile anche sotto il profilo economico. Tuttavia, la sentenza che qui si commenta, apparentemente favorevole alla piena pensionabilità dell indennità di amministrazione, va letta anche sotto un diverso profilo che è quello dianzi evidenziato della violazione del principio del legittimo affidamento. Se è acclarato che l indennità di amministrazione ha natura giuridica di emolumento accessorio, si verte, comunque, in ipotesi di trattamento economico privo dei caratteri di provvisorietà, precarietà ed accidentalità. Salvo che per le malattie brevi, essa sostanzialmente finisce con l avere connotazioni proprie del trattamento economico principale. Superando l ultimo scoglio della pensionabilità integrale, l equiparazione, di fatto, esiste. Ai fini di quiescenza, il pubblico dipendente legittimamente considera includibili tutte quelle voci stipendiali aventi carattere fisso, generalizzato e continuativo. E chè l indennità de qua abbia assunto siffatto carattere, è circostanza che ben difficilmente possa essere smentita. Ergo: se l Amministrazione liquida in via definitiva il trattamento pensionistico includendo tale voce, non può poi esercitare lo ius poenitendi ed in via di autotutela seppure sulla base dei rilievi dell organo tutorio - annullare il precedente decreto di attribuzione del trattamento definitivo sostituendolo con un secondo economicamente peggiorativo. La qual cosa, presumibilmente, sarebbe stata di diversa portata se si fosse contestata la trasformazione della pensione provvisoria in definitiva, essendo la prima, per

6 definizione, prodromica e preliminare alla seconda, ma proprio perché tale, gli indebiti insorti in costanza di erogazione sono ripetibili ( semprechè la P.A. motivi adeguatamente il provvedimento recuperatorio ) e non sono assoggettati a rigore alla disciplina propria degli indebiti pensionistici insorti a seguito di liquidazione della definitiva, correlata al principio della percezione in buona fede e relative sanatorie di legge laddove applicabili. Pertanto, il Giudicante, a prescindere dalla questione della piena quiescibilità o meno della indennità di amministrazione, doveva, comunque, come ha fatto, tenere in debita considerazione il duplice profilo della tutela del legittimo affidamento del pensionato-ex pubblico dipendente in ordine ad emolumenti ricorrenti e fissi e del divieto di reformatio in pejus del trattamento economico corrisposto qualora conglobante voci non meramente provvisorie e variabili. ( da )

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