Il DANNO NON PATRIMONIALE DA ILLECITO EXTRACONTRATTUALE

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1 Il DANNO NON PATRIMONIALE DA ILLECITO EXTRACONTRATTUALE 1. Il danno non patrimoniale. Evoluzione della giurisprudenza; 2. L intervento delle Sezioni Unite della Cassazione del novembre Il nuovo danno morale; 3. Il danno morale da morte jure hereditario ; 4. Il danno morale jure proprio da morte o lesione del rapporto parentale; 5. I criteri di liquidazione del danno morale; 6. I criteri di liquidazione del danno morale jure proprio da morte o lesione del rapporto parentale; 7. Il nuovo danno esistenziale; 8. Il danno biologico; 9. Il danno biologico da morte. Il danno tanatologico; 10. Criteri di liquidazione del danno biologico. In particolare nell infortunistica stradale; 11. Il danno estetico, il danno alla vita di relazione, il danno alla capacità lavorativa generica, il danno alla sfera sessuale ed il danno da cenestesi lavorativa; 12. Liquidazione del danno non patrimoniale da illecito extracontrattuale e stranieri. Criteri di quantificazione del danno e condizione di reciprocità. 1. Il danno non patrimoniale. Evoluzione della giurisprudenza. La dottrina ha sempre definito il danno non patrimoniale come la lesione di interessi non economici, vale a dire di quegli interessi che, alla stregua della coscienza sociale, non sono suscettibili di valutazione economica. Il codice civile, in linea generale, sancisce la regola della risarcibilità del danno non patrimoniale nei soli ed esclusivi casi determinati dalla legge (art c.c.), vale a dire, in particolare, in ipotesi di danni derivanti da reato. Dunque vige nel nostro ordinamento il principio della non risarcibilità del danno non patrimoniale, ispirato alla tradizionale concezione del diritto privato come ordinamento costituito a tutela di interessi esclusivamente economici, con sostanziale irrilevanza di interessi di altra natura. L eccezione dell art c.c. del danno non patrimoniale da reato è giustificata, secondo la dottrina più avveduta, dal fatto che la norma penale tutela valori di rilevanza pubblica, la cui violazione esige dalla vittima una completa riparazione del danno prodotto, economico e non economico. Per quanto concerne, poi, la configurazione del danno non patrimoniale risarcibile nei limiti dell art c.c., giurisprudenza e dottrina lo individuavano nel solo danno morale, il cd. pretium doloris, inteso come sofferenza psichica transitoria conseguente al pregiudizio subito, con esclusione delle lesioni all integrità ed alla salute della persona, considerati danni materiali.

2 Inoltre il danno morale soggiace al vincolo di cui all art. 185 c.p. e deve sussistere una fattispecie di reato, anche solamente in astratto e sulla base di semplici presunzioni legali. Tuttavia, sotto un primo profilo, la concezione paneconomica del diritto privato è stata gradualmente abbandonata, essendo andata emergendo, viceversa, la preminenza dei valori della persona e la inadeguatezza dell impostazione tradizionale, la quale riteneva non risarcibili le lesioni dei diritti fondamentali dell uomo. Del pari con la storica sentenza della Corte Costituzionale n. 184 del è stata affermata la risarcibilità del danno biologico come tale, a prescindere dagli effetti economici negativi. Il giudice delle leggi ha affermato che il collegamento dell art c.c. con l art. 32 della Costituzione consente, alla luce dell interpretazione estensiva affermatasi nella evoluzione dello stesso diritto vivente, di risarcire, oltre ai danni in senso stretto patrimoniali, anche tutti quelli che, almeno potenzialmente, ostacolano le attività realizzatrici della persona umana e quindi anche, autonomamente e senza alcun ipotizzabile limite, il danno biologico. Dunque, il danno non patrimoniale non è più limitato a quello morale, comprendendo anche il danno biologico, inteso come lesione dell integrità psicofisica della persona in sé e per sé considerata e da accertare sul piano medico-legale, e può definirsi come il pregiudizio arrecato ad interessi non economici aventi rilevanza sociale, tra i quali, principalmente, i diritti fondamentali dell individuo. Il sistema risarcitorio del danno alla persona si veniva a configurare come tripolare, vale a dire il danno patrimoniale, il danno morale ex art c.c. ed il danno biologico. Con le sentenze della Cassazione, terza sezione civile, nn e 8828 del 2003 è stato superato il principio che faceva coincidere il danno non patrimoniale ex art c.c. con il solo danno morale soggettivo, giungendo, quindi, ad un sistema risarcitorio del danno alla persona non più tripolare, bensì bipolare, contraddistinto solo dal danno patrimoniale e dal danno non patrimoniale, in cui comprendere il danno morale soggettivo, il danno biologico e il danno da lesione di altri interessi di rango costituzionale inerenti alla persona, o anche detto esistenziale. A questa impostazione ha dato continuità la Corte Costituzionale, la quale con sentenza n. 233 del ha anche tributato un formale riconoscimento al danno esistenziale, quale terza sottocategoria di danno non patrimoniale. Tutta la disciplina del risarcimento del danno non patrimoniale viene integralmente posta sotto l egida dell art c.c. e, dunque, mentre l art c.c. sottopone il risarcimento del danno patrimoniale al principio della atipicità dell illecito aquiliano (e ciò vuol dire che la lesione di qualunque interesse dotato di protezione giuridica può generare l obbligazione di 2

3 risarcimento del danno patrimoniale), l art c.c. stabilisce invece l opposta regola secondo cui il risarcimento del danno non patrimoniale è ammesso nei soli casi, tipici, previsti dalla legge. 2. L intervento delle Sezioni Unite della Cassazione del novembre Il nuovo danno morale. In questo quadro sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con le quattro sentenze gemelle nn , n , n e n dell 11 novembre 2008, rivisitando alcuni dei più importanti tasselli della responsabilità civile e le questioni più dibattute in materia di danno non patrimoniale. I primi commentatori hanno evidenziato come le sentenze in questione non abbiano raggiunto l obiettivo preso di mira, vale a dire fornire un indirizzo preciso ed univoco sui temi più controversi in materia di danno non patrimoniale. Anzi, come è stato giustamente osservato, alcuni obiter dicta hanno dato adito a letture interpretative diametralmente opposte e, se possibile, ulteriormente infiammato il dibattito dottrinario. In particolare le Sezioni Unite, dopo aver ribadito che tutti i danni non patrimoniali sono da ricondursi nell ambito della previsione dell art c.c., hanno premesso che nella categoria generale del danno non patrimoniale, la formula danno morale non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata. Tale danno, poi, in conformità alle precedenti pronunce, (per tutte Cass. Civ., 19 ottobre 2007 n , in motivazione) consegue alla ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente garantito e, per essere risarcito, non è soggetto al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'art. 185 c.p., e non presuppone necessariamente, pertanto, la configurazione del fatto illecito come reato, giacché il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della stessa, ove si consideri che il riconoscimento, ivi contenuto, dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale. In conclusione è un danno che sussiste nei casi di reato o previsti dalla legge, ovvero in ipotesi di lesione di diritti inviolabili della persona costituzionalmente qualificati, nonchè in 3

4 presenza di una offesa grave e di una lesione seria e, per quanto concerne l onere probatorio, le Sezioni Unite operano riferimento alla prova testimoniale, documentale e presuntiva. Precisato tutto ciò, la Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che (punto 4.9 della sentenza n /08) va Definitivamente accantonata la figura del cd. danno morale soggettivo, la sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di durata, integra pregiudizio non patrimoniale. Deve tuttavia trattarsi di sofferenza soggettiva in sé considerata, non come componente di più complesso pregiudizio non patrimoniale. Ricorre il primo caso ove sia allegato il turbamento dell animo, il dolore intimo sofferti, ad esempio, dalla persona diffamata o lesa nella identità personale, senza lamentare degenerazioni patologiche della sofferenza. Ove siano dedotte siffatte conseguenze, si rientra nell area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente. Determina quindi duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei suindicati termini inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo. Esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza. Dunque, sembra configurarsi una duplice categoria di danno morale. In primo luogo si avrà un danno morale puro o in senso stretto, inteso come sofferenza soggettiva in sé considerata e non come componente di più complesso pregiudizio non patrimoniale, ricorrente ove sia allegato il turbamento dell'animo, il dolore intimo sofferti, ad es., dalla persona diffamata o lesa nella identità personale, senza lamentare degenerazioni patologiche della sofferenza. Al danno morale puro si accompagna un danno morale con degenerazioni patologiche, il quale sussiste quando il turbamento dell animo o il dolore intimo sofferti siano accompagnati da degenerazioni patologiche della sofferenza. Questa seconda tipologia di danno morale, in realtà, continua la Cassazione, rientrerebbe nell area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente, e, dunque, determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale, nei suindicati termini inteso, normalmente liquidato in percentuale del primo. Le pronunce delle Sezioni Unite, dunque, inquadrano il danno morale come aspetto del danno non patrimoniale e negano ogni sua autonomia ontologica, affermando che la sua liquidazione deve essere sganciata da quanto riconosciuto a titolo di danno biologico. 4

5 Questa impostazione della Corte di Cassazione è stata oggetto di critiche, in particolare per quanto concerne la negazione del danno morale come categoria autonoma, lamentando la sua sostanziale scomparsa ed il pericolo che il danneggiato possa percepire un risarcimento inferiore rispetto al pregiudizio effettivamente subito. In particolare è stato osservato come l affermazione secondo la quale il danno biologico non si cumula a quello morale, come è invece prassi della generalità dei Tribunali italiani, in caso di macrolesioni, cioè di lesioni della persona comprese tra il 10% ed il 99% di invalidità, può voler dire tra i centomila ed i duecentomila euro in meno al danneggiato. Più precisamente, si osserva, che la liquidazione del danno non patrimoniale è di norma fatta sulla base delle tabelle del danno biologico, sia pure con l ausilio della sempre necessaria personalizzazione, ed occorre considerare che le stesse non tengono conto del danno morale soggettivo e che, in caso di sinistri stradali, anche se solo per le micropermanenti, o lesioni di lievi entità, la personalizzazione incontra il limite del 20% in aumento ex art. 139 del decreto legislativo n. 209/2005. Altri autori, però, hanno evidenziato come, a fronte di una apparente rivoluzione in materia di danno non patrimoniale, in realtà, da un punto di vista pratico, nulla è cambiato per il danno morale e che una lettura attenta degli enunciati motivazionali conduce, invero, a ritenere che la SS.UU. abbiano cambiato il linguaggio della responsabilità civile, ma non la sostanza e che non può ritenersi che il danno morale inteso come sofferenza psichica transitoria conseguente al sinistro sia scomparso dal nostro ordinamento e non sia più risarcibile. Lo stesso, in realtà, gode solo di un diverso inquadramento sistematico, non più categoria autonoma, bensì aspetto meramente descrittivo del danno non patrimoniale unitariamente inteso. Del pari il danno morale con degenerazioni patologiche altro non è che il danno biologico da invalidità permanente, già riconosciuto e liquidato da tempo per costante giurisprudenza. Dunque il danno morale è sempre da riconoscere e da liquidare e, del resto, le successive pronunce della Cassazione hanno ribadito la piena risarcibilità del danno morale. La Cassazione civile, sez. III, 28 novembre 2008, n ha chiarito infatti che L autonomia ontologia del danno morale rispetto al danno biologico, in relazione alla diversità del bene protetto, appartiene ad una consolidata, giurisprudenza di questa Corte, che esclude il ricorso semplificativo a quote del danno biologico, esigendo la considerazione delle condizioni soggettive della vittima e della gravità del fatto e pervenendo ad una valutazione equitativa autonoma e personalizzata. Il collegio qui si pronuncia, espressamente, proprio a favore della netta distinzione tra biologico e morale, da un punto di vista ontologico in relazione alla diversità del bene 5

6 protetto, e tale decisione trova conferma in Cassazione civile, sez. III, 12 dicembre 2008, n , la quale, pur ribadendo come sia un error in iudicando valutare il danno morale quale in termini di quota del danno biologico, sostiene che nella valutazione del danno morale contestuale alla lesione del diritto della salute, la valutazione di tale voce, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona (la sua integrità morale: art. 2 della Costituzione in relazione allo art. 1 della Carta di Nizza, che il Trattato di Lisbona, ratificato dall'italia con L. 2 agosto 2008, n. 130, collocando la dignità umana come la massima espressione della sua integrità morale e biologica) deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della gravità del fatto, senza che possa considerarsi il valore della integrità morale una quota minore del danno alla salute. Per Cassazione civile, sez. Lavoro, 19 dicembre 2008, n , invece, il danno morale e quello biologico non sono categorie di danno, ma il giudice ne deve tenere comunque conto ai fini della liquidazione del risarcimento, in quanto descrivono la lesione subita. Questa sentenza, dunque, fa proprie le conclusioni delle SS.UU. del novembre 2008, attenuando, però, i principi di diritto enunciati dal Supremo Collegio. Infatti, se è vero che danno biologico e morale non sono categorie di danno, bensì semplici nozioni descrittive, è anche vero che, in sostanza, il giudice, esattamente come prima, li utilizza e li considera ai fini del risarcimento del danno e, dunque, pur cambiando le terminologie e le collocazioni sistematiche, non muta la sostanza. Di recente, poi, Cassazione civile, sez. III, 13 gennaio 2009, n. 479 si è sganciata dalle pronunce gemelle del 2008, nelle quali, come già detto, il Collegio aveva chiaramente affermato che se la sofferenza è accompagnata da degenerazioni patologiche il danno morale non va liquidato assieme al biologico, e, dunque, se c è danno alla salute, va risarcito il solo danno biologico dinamico, il quale è comprensivo del morale così inteso. Per Cassazione n. 479/09, invece, costituisce violazione dell art c.c. negare il risarcimento del danno morale in caso di lesioni gravi riportate dalla vittima. Nella fattispecie oggetto di giudizio le corti di merito avevano già liquidato il biologico, ma non il morale e, se il Collegio avesse confermato la lettera delle SS.UU. 2008, dinanzi alle censure concernenti la mancata liquidazione del morale, questi avrebbe, comunque, affermato che andava liquidato il solo biologico seppur con adeguamento ai risvolti dinamici. Invece Cass. 479/09 afferma il seguente principio di diritto: la parte che ha subito lesioni gravi alla salute nel corso di un incidente stradale, ha diritto al risarcimento integrale del danno ingiusto non patrimoniale (nella specie dedotto come danno morale), che deve essere equitativamente valutato tenendo conto delle condizioni soggettive della vittima, della entità 6

7 delle lesioni e delle altre circostanze che attengono alla valutazione della condotta dell autore del danno. Da ultimo Cassazione civile, sez. III, ordinanza n , nel chiarire che le sofferenze morali devono essere sempre risarcite, ha stabilito che Le sentenze della Corte di cassazione a S.U. n e 26973/ citate dalla resistente - confermano tale principio, disponendo che non è ammessa la creazione di diverse tipologie autonome e a sè stanti di danno non patrimoniale (ed in particolare di quella del danno c.d. esistenziale), per attribuire una specifica somma in risarcimento di ognuna; ma che il giudice deve comunque tenere conto - nel liquidare l unica somma spettante in riparazione - di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto (danno alla vita, alla salute, ai rapporti affettivi e familiari, sofferenze psichiche, ecc.) In definitiva oggi la giurisprudenza di legittimità, pur sottolineando la necessità di evitare duplicazioni risarcitorie del danno non patrimoniale, ha ribadito l esistenza del danno morale, ne ha confermato il ristoro pur in presenza di semplici presunzioni e ha sganciato la sua risarcibilità dall accertamento incidentale della presenza di un reato (per quest ultimo aspetto chiaramente la già citata Cass. civ., n /08), Sul punto, inoltre, è da registrare un importante intervento del legislatore, il quale, seppur in una materia del tutto peculiare e disciplinando un settore speciale, rivela un ragionamento in evidente contrasto con quello fatto dalle SS.UU. Si tratta del d.p.r , n. 37 (Regolamento per la disciplina dei termini e delle modalità di riconoscimento di particolari infermità da cause di servizio per il personale impiegato nelle missioni militari all'estero, nei conflitti e nelle basi militari nazionali, a norma dell'articolo 2, commi 78 e 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), il cui art. 5 introduce criteri legali per la determinazione dell invalidità permanente. Orbene, con questa normativa il legislatore collega il danno biologico del decreto in oggetto a quello del Codice delle Assicurazioni Private di cui al d.lgs. 209/05 e stabilisce, art. 5, comma 1, lett. c), che nella determinazione del danno morale si deve tenere conto della lesione alla dignità della persona, riconoscendo, così, l autonomia ontologica del danno morale e facendone presidio della dignità umana. Peraltro anche quei Tribunali che non individuano espressamente come danno autonomo il pregiudizio morale, ma lo considerano come aspetto descrittivo di un unico danno, quello non patrimoniale (tra le altre Trib. Nocera Inferiore, Sez. II, 26/01/2010; Trib. Roma, Sez. XII, 12/01/2010, Trib. Roma, Sez. XII, 04/01/2010; Trib. Milano, Sez. X, 17/11/2009; Trib. Roma, Sez. XIII, 29/10/2009; Trib. Milano, Sez. XI, 21/10/2009; Trib. Roma, Sez. XIII, 7

8 23/07/2009; Trib. Milano, Sez. X, 12/03/2009), giungono, in sostanza, alle medesime conclusioni pratiche, nel senso che trattasi di danno comunque risarcito e riconosciuto. Appare opportuno, infine, rammentare che in materia di circolazione stradale, in virtù della sentenza della Corte Costituzionale n. 233 dell , il risarcimento del danno morale, ma ciò è dirsi per l intera area del danno non patrimoniale, non richiede la responsabilità penale dell autore del fatto illecito, ovvero la necessaria sussistenza di un fatto-reato accertato in concreto, ed è, dunque, risarcibile anche nel caso in cui la responsabilità sia fondata sulla presunzione di colpa ex art. 2054, 2 comma, c.c. (Cass. n. 479/2009, cit.; Trib. Roma, Sez. XIII, 04/09/2009; App. Bologna, Sez. II, 13/01/2009; Trib. Modena, 23/05/2008; Cass. civ., sez. I, 15/01/2005, n. 729; Cass. civ., Sez. III, 24/11/2005, n ; Cass. civ., Sez. III, 20/07/2004, n ; Cass. civ., Sez. III, 01/06/2004, n ; Cass. civ., Sez. III, 20/07/2004, n ; Cass. civ., Sez. III, 14/07/2003, n ; Trib. Roma, 17/10/2003). 3. Il danno morale da morte jure hereditario. Per costante orientamento della giurisprudenza la morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute (tra le tante Cass. civ., Sez. lavoro, 27/05/2009, n ; Cass. civ., Sez. lavoro, 22/07/2008, n ; Cass. civ., Sez. III, 17/01/2008, n. 870; Cass. civ., Sez. lavoro, 13/01/2006, n. 517; Cass. civ., Sez. III, 19/10/2007, n ; Corte Costituzionale, , n. 372; Cass. civ., Sez. III, 16/05/2003, n. 7632; Cass. civ., Sez. III, 23/02/2004, n. 3549; Cass. civ., Sez. III, 30/06/1998, n. 6404), e, dunque, in caso di morte senza che sia passato un apprezzabile lasso di tempo dal momento dell illecito, non sorge alcun danno biologico o morale da trasmettere agli eredi. Le sentenze gemelle del 2008 sono state innovative sul punto, in quanto è stato colmato il vuoto di tutela rappresentato dalla tesi giurisprudenziale che nega, appunto, in caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per perdita della vita, come vedremo poi sub. 9 detto anche tanatologico, ammettendolo solo se il soggetto rimanga in vita per un tempo apprezzabile. Infatti è riconosciuto dalle sezioni unite del 2008 che, in ogni caso, il giudice potrà invece correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l agonia in consapevole attesa della fine e che Una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione. 8

9 Dunque, in caso di morte immediata o di sopravvivenza limitata nel tempo, se non può nascere alcun danno biologico, può essere riconosciuto un danno morale trasmissibile agli eredi. Si vedano oggi sulla questione in esame Cass. civ., Sez. III, 08/04/2010, n per la quale Deve essere risarcito iure hereditario ai familiari della persona deceduta dopo mezz ora il danno morale patito dal de cuius che in tale lasso di tempo sia rimasto lucido durante l'agonia, in consapevole attesa della fine, Cass. civ., Sez. III, 12/02/2010, n secondo cui In caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo, la sofferenza psichica patita dalla vittima delle lesioni fisiche integra un danno che deve essere qualificato, e risarcito iure haereditatis (con liquidazione ancorata alla gravità dell'offesa ed alla serietà del pregiudizio), come danno morale e non come danno biologico, giacché una tale sofferenza, di massima intensità anche se di durata contenuta, non è suscettibile, in ragione del limitato intervallo temporale di tempo tra lesione e morte, di degenerare in patologia e Cass. civ., Sez. III, 13/01/2009, n. 458, in base alla quale Nel caso in cui il de cuius sia sopravvissuto per un apprezzabile lasso di tempo all'evento lesivo è ammissibile il risarcimento del danno morale terminale. 4. Il danno morale jure proprio da morte o lesione del rapporto parentale. E ormai consolidato in giurisprudenza il riconoscimento del danno morale jure proprio da lesione del rapporto di parentela, vale a dire il riconoscimento di tale danno in favore dei congiunti di persona che abbia subito, a causa di fatto illecito, lesioni personali (per tutte Cass. Civ. Sez. Unite, , n. 9556), ovvero sia deceduto (per tutte Cass. civ., Sez. III, 15/07/2005, n e Cass. civ., Sez. III, 12/07/2006, n ), e che tale danno, il quale trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso (Cass. civ., sez. III, 11/03/2004, n. 4993), può essere dimostrato in via presuntiva (Cass. civ., sez. III, 14/12/2004, n ; Cass. civ., sez. III, 14/07/2003, n ; Cass. civ., sez. III, 14/07/2003, n ). Parte della giurisprudenza qualifica questo pregiudizio non come morale, bensì, più genericamente, come lesione alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost., trattandosi di interesse protetto, di rilievo costituzionale, non avente natura economica, la cui lesione non apre la via ad un risarcimento ai sensi dell art c.c., nel cui ambito rientrano i danni patrimoniali, ma ad una riparazione ai sensi dell art c.c. - senza il limite ivi previsto in correlazione all'art. 185 c.p. in ragione della natura del valore inciso - 9

10 vertendosi in materia di danno che non si presta ad una valutazione monetaria di mercato (Cass. civ., Sez. III, 16/09/2008, n ). Le Sezioni Unite del novembre 2008, poi, hanno precisato che il danno morale assorbe il danno parentale, vale a dire il danno da lesione o uccisione del congiunto, e statuito che determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l esistenza del soggetto che l ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato (così anche Cass. civ., Sez. III, 28/11/2008, n ). Anche, in questo caso, però, la precisazione e solo terminologica o sistematica, in quanto, comunque lo si voglia inquadrare o chiamare e fermo il divieto di duplicare le voci risarcitorie, il danno da lesione o uccisione del congiunto è oggi un danno che deve sempre essere integralmente risarcito. 5. I criteri di liquidazione del danno morale. Dopo le sentenze delle Sezioni Unite del novembre 2008 si è aperto un ampio dibattito in seno ai Tribunali italiani in ordine ai criteri di determinazione del punto tabellare, vale a dire del punto delle tabelle normalmente utilizzate per la liquidazione del danno biologico. Una prima impostazione, oggi seguita dal Tribunale di Milano, le cui tabelle sono largamente le più diffuse sul territorio nazionale, ha adottato il criterio del c.d. punto pesante, nel senso di comprendere nel punto in una liquidazione congiunta i valori riferibili al danno biologico ed a quello morale. In particolare l'osservatorio per la giustizia civile di Milano ha elaborato nel maggio 2009 nuove tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale complessivamente inteso, con le quali viene proposta la liquidazione congiunta del danno non patrimoniale quale lesione dell integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico legale, sia nel suo aspetto statico, vale a dire la lesione in sé e per sé considerata, sia nel suo aspetto dinamico, vale a dire dei risvolti anatomo-funzionali e relazionali, e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di sofferenza soggettiva. In definitiva sono liquidati unitariamente, con riferimento all andamento dei precedenti degli uffici giudiziari di Milano, i pregiudizi in passato liquidati a titolo di danno biologico standard, in tutte le sue componenti (estetico, alla vita di relazione, alla capacità lavorativa generica, etc), di danno esistenziale e di danno morale. 10

11 Questa posizione, però, è stato osservato, se ha l indubbio vantaggio, in un ottica di conciliazione e transazione delle cause, di fornire una maggiore prevedibilità della futura entità del risarcimento, comporta un eccessivo automatismo nella liquidazione del danno e comprime notevolmente il potere equitativo del giudice in un valore già elaborato a priori nei suoi standard medi, lasciando alla personalizzazione solo una funzione marginale di intervento in ipotesi rare ed eccezionali. Altri Tribunali, invece, tra cui quello di Roma, ha adottato un principio opposto, lasciando sostanzialmente invariato il punto di invalidità, limitato al solo danno biologico, e rimandando al potere equitativo del giudice la personalizzazione e, soprattutto, la liquidazione del danno morale. Inoltre comprendere il danno morale nel punto tabellare tramite un appesantimento dello stesso incontra altri due ostacoli, uno di carattere sistematico e l altro pratico. Sotto il primo profilo, quello sistematico, il danno biologico è un danno permanente, mentre quello morale è, per sua definizione, un danno transitorio. Da qui la difficoltà concettuale di comprendere nello stesso punto un danno non patrimoniale permanente, quello biologico, ed un danno patrimoniale transitorio per sua natura, quale è quello morale. Inoltre, da un punto di vista pratico, appunto, anche comprendendo il danno morale nel punto tabellare, non potrebbe non esservi comunque sempre spazio per la c.d. personalizzazione del danno, personalizzazione che, per costante giurisprudenza di legittimità, costituisce uno specifico dovere del giudice, il quale non può limitarsi alla semplice applicazione automatica dei criteri tabellari. In concreto, dunque, dovendosi comunque sempre personalizzare il danno non patrimoniale, appare sostanzialmente inutile includere nel punto tabellare il danno morale, oltre che parzialmente, ed inutilmente, vincolante per il giudice. Peraltro, inserire il danno morale nel punto tabellare è più complicato rispetto al danno biologico, attesa la natura strettamente soggettiva della sofferenza psichica transitoria, la quale non può non tener conto di circostanze, quali, ad esempio, il tipo e la gravità della condotta illecita altrui, le quali ben possono cagionare un danno morale elevato a fronte di un biologico lieve o insussistente (sul punto basti pensare alla violenza sessuale, la quale, se può comportare un lieve danno sotto il profilo strettamente biologico, integra un rilevante danno morale per la vittima). Infine, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente censurato la prassi delle corti di merito in ordine all appiattimento del risarcimento sui criteri tabellari e, dunque, la 11

12 superficiale valutazione soggettiva del danno in relazione al singolo caso concreto e, inevitabilmente, il punto tabellare pesante aumenta la possibilità di questo appiattimento. Altra questione e se il danno morale possa essere liquidato in percentuale su quanto riconosciuto a titolo di danno biologico, opzione che, in base a quanto sopra esposto, sembrerebbe preclusa dalle pronunce delle Sezioni Unite. In realtà alcuni Tribunali di merito continuano a liquidare il danno morale con riferimento ad una frazione del quantum liquidato a titolo di danno biologico (da ultimo Trib. L'Aquila, 05/03/2010) e la successiva giurisprudenza di legittimità avalla tale impostazione, sottolineando però il dovere del giudice di procedere poi alla necessaria personalizzazione (Cass. civ., Sez. III, 15/07/2009, n ; Cass. civ., Sez. III, 19/01/2010, n. 702). Anche in questo caso, peraltro, la questione appare più formale che sostanziale, atteso che, una volta riconosciuta la risarcibilità del danno morale, il relativo criterio di liquidazione, necessariamente equitativo, è rimesso al prudente apprezzamento del giudice, il quale ben potrà utilizzare come punto di riferimento quanto liquidato a titolo di danno biologico, salvo tener conto delle circostanze del caso concreto e riconoscere un complessivo danno non patrimoniale il più possibile personalizzato. 6. I criteri di liquidazione del danno morale jure proprio da morte o lesione del rapporto parentale. Per questa liquidazione i Tribunali hanno normalmente adottato un criterio elastico, lasciando ampio margine di personalizzazione e quindi di parametrazione del risarcimento alla specificità del caso concreto e all incidenza dell azione illecita del terzo. In pratica è normalmente prevista una forbice tra i massimi ed i minimi tabellari ed è rimesso al potere sostanzialmente discrezionale del giudice la liquidazione del danno. Il Tribunale di Roma, invece, prevede oggi per tale tipo di danno, nell ottica di una maggiore personalizzazione, un sistema a punti basato sull attribuzione al danno di un punteggio numerico a seconda della sua presumibile entità e nella moltiplicazione di tale punteggio per una somma di denaro che costituisce il valore di ideale di ogni punto. Più precisamente sono individuati cinque fattori di influenza del risarcimento, vale a dire il rapporto parentale, l età della vittima, l età del danneggiato, la convivenza e la composizione del nucleo familiare, nei quali sono previste delle variabili a ciascuna delle quali è attribuito un punteggio da moltiplicarsi per il valore monetario, aggiornato annualmente, sul cui importo finale possono essere, poi, applicati dei correttivi per adeguare ulteriormente il risarcimento alla fattispecie concreta in esame. 12

13 Questa presenza di variabili soggettive di valutazione porta la tabella romana ad avere un approccio meno rigido e, dunque, meno discrezionale e più orientato alla personalizzazione del danno. 7. Il nuovo danno esistenziale. A seguito dell intervento delle Sezioni Unite del novembre 2008 anche il danno esistenziale non può essere inteso come categoria autonoma, ma come figura individuata ai fini meramente descrittivi di un particolare aspetto del danno non patrimoniale. Tale danno consiste in un pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma permanente, oggettivamente accertabile e provocato sul fare areddittuale del soggetto, il quale altera le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno (Cass. Civ. Sez. Unite, n del 24.6/ ; Cass. civ., Sez. Unite, 24/03/2006, n. 6572; Cass. civ., Sez. lavoro, 07/03/2007, n. 5221; Cass. civ., Sez. lavoro, 16/05/2007, n ) e sussiste solo nei casi di reato o previsti dalla legge, ovvero in ipotesi di lesione di diritti inviolabili della persona costituzionalmente qualificati, ed in presenza di una lesione grave e di un danno serio (da ultimo sempre Cass. Civ. Sezioni Unite, n /2008). Dunque, così come per il danno morale, non può ritenersi che il danno esistenziale sia stato cancellato dalle Sezioni Unite, ma, al pari di quello, è stato semplicemente collocato sistematicamente nella più ampia categoria unitaria del danno non patrimoniale e ne è stata delimitata in termini ristretti l area di applicazione. In particolare la Corte ha osservato che (punto 3.11 sent /08) La gravità dell offesa costituisce requisito ulteriore per l ammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili. Il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza. Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile. Pregiudizi connotati da futilità ogni persona inserita nel complesso contesto sociale li deve accettare in virtù del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.). Entrambi i requisiti devono essere accertati dal giudice secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico 13

14 (criterio sovente utilizzato in materia di lavoro, sent. n /2002; n. 9266/2005, o disciplinare, S.U. n /2002). Basta, per tali motivi, al risarcimento di danni bagatellari, quali, così come riconosciuti dalla giurisprudenza di merito, in particolare dai Giudici di Pace, la rottura del tacco di una scarpa da sposa, l errato taglio di capelli, l attesa in aeroporto, il disservizio dell ufficio pubblico, l invio di contravvenzioni illegittime, la morte dell animale da affezione o il mancato godimento della partita di calcio in tv determinato da black out elettrico. Insomma, non sono meritevoli di tutela risarcitoria non patrimoniale i pregiudizi consistenti in «disagi, fastidi, disappunti, ansie» o varie insoddisfazioni relative ai più disparati aspetti della vita quotidiana e non esiste un diritto ad essere felici ed alla qualità della vita. In sostanza il pregiudizio di tipo esistenziale è riconosciuto solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell evento di danno e senza lesione di diritti fondamentali non c è tutela, con l ulteriore filtro della serietà e gravità della lesione e, per quanto concerne l onere probatorio, si rinvia ancora alla prova documentale, testimoniale o per presunzioni (Cass. civ., Sez. Unite, 6572/2006, cit., e. Cass. civ., Sez. lavoro, 11278/2007, cit.) In definitiva, le Sezioni Unite non negano affatto la configurabilità di pregiudizi esistenziali, ma si limitano ad affermare che tali pregiudizi in tanto sono risarcibili in quanto siano conseguenza (danni-conseguenza) della lesione di diritti fondamentali costituzionalmente tutelati (danni-evento): pregiudizi di tipo esistenziale, dicono le Sezioni Unite, sono risarcibili purché conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Peraltro appare evidente, anche per evitare la duplicazione del danno risarcibile, la distinzione del danno esistenziale da quello morale. In particolare è stato osservato che Poiché il danno esistenziale si sostanzia in un non poter più fare, un dover agire altrimenti, la prova della sola lesione di un diritto fondamentale dell'individuo (nella specie la lesione del diritto alla salute ed alla solidarietà familiare) non è sufficiente a giustificarne il risarcimento, costituendo invero la stessa un semplice indizio di danno; la sua esistenza deve, perciò, essere dimostrata mediante elementi che confermino il carattere permanente del pregiudizio, risolvendosi altrimenti lo stesso in un "pati" transitorio risarcibile solo sotto il diverso profilo del danno morale (Trib. Roma, Sez. XII, 01/12/2009). Dunque, il danno morale è essenzialmente un sentire, mentre il danno esistenziale è piuttosto un non poter più fare, un dover agire altrimenti, l uno attiene per sua natura alla sfera dell emotività e l altro concerne il modo di estrinsecarsi e nessuna incidenza sullo stesso è stata compiutamente provata. 14

15 Interessante, per quanto concerne i rapporti tra il danno esistenziale e quello morale, è Cass. civ., Sez. Unite, 16/02/2009, n. 3677, la quale, sempre per sottolineare la necessità di evitare duplicazioni risarcitorie, ha evidenziato come Il danno c.d. esistenziale, non costituendo una categoria autonoma di pregiudizio, ma rientrando nel danno morale, non può essere liquidato separatamente solo perchè diversamente denominato. Da ultimo, a conferma di quanto sopra esposto, è stato affermato che Il danno non patrimoniale di cui all art cod. civ. costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo del c.d. danno morale soggettivo (e cioè della sofferenza contingente e del turbamento d animo transeunte, determinati da fatto illecito integrante reato), ma anche di ogni ipotesi in cui si verifichi un ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, senza soggezione al limite derivante dalla riserva di legge correlata all art. 185 cod. pen. (Cass. civ., Sez. III, 19/02/2009, n. 4053). La conclusione, così come per il danno morale, anche per il danno esistenziale appare la stessa, nel senso che, come lo si voglia nominare ed inquadrare, è un pregiudizio che deve essere liquidato, sempre nell ottica della personalizzazione e nel rispetto dell esigenza di evitare duplicazioni risarcitorie. 8. Il danno biologico Nei primi anni settanta la dottrina e la giurisprudenza cominciano ad incentrare l attenzione sulla tutela della persona in quanto tale, prescindendo dalla sua capacità di produrre reddito. Il primo a pronunciarsi in tal senso è il Tribunale di Genova, il quale, con sentenza del , stabilisce che il danno alla persona riguarda sia l ambito professionale, sia le attività extralavorative e ricreative, giacché è attraverso queste ultime che l individuo realizza la propria personalità. Cinque anni più tardi, con sentenza n. 88 del , la Corte Costituzionale contribuisce ulteriormente all affermarsi di questo rinnovato concetto di danno alla persona, sancendo testualmente che la salute è un diritto fondamentale, primario ed assoluto dell individuo, il quale, in virtù del suo carattere privatistico, è direttamente tutelato dalla Costituzione (art. 32) e, nel caso di sua violazione, il soggetto può chiedere ed ottenere il giusto risarcimento, in forza del combinato tra il medesimo articolo costituzionale e l art del codice civile. Nella stessa pronuncia, il giudice delle leggi precisa che la tutela del bene salute va estesa anche alle situazioni ove intervenga la lesione di interessi non economici. 15

16 In questa nuova ottica, il risarcimento del danno alla persona perde il suo legame esclusivo con l aspetto reddituale per riferirsi a chiunque subisca una lesione da parte di terzi, includendo, pertanto, anche quelle categorie sociali, fino ad allora, escluse. La sentenza n. 88/79, inoltre, ha il merito di aver valorizzato il dettame dell art. 32 della Costituzione, segnando il passo alla successiva e già evidenziata pronuncia della Corte Costituzionale n. 184/86, la quale, nel combinato disposto dell art. 32 Cost. e dell art c.c., pone in essere l effettiva tutela giuridica del bene salute e conferisce al danno biologico lo status di tertium genus rispetto al danno patrimoniale e morale derivante da reato. Il danno biologico diventa evento costitutivo della lesione, quindi insito nella medesima e, in altre parole, la prova della lesione è in re ipsa. Si apre, inoltre, la strada ad una diversa definizione del bene salute, nella cui accezione, d ora in avanti, saranno comprese tutte le funzioni naturali afferenti al soggetto nel suo ambiente e aventi rilevanza biologica, sociale, culturale ed estetica, oltre che economica (Cass. civ., Sez. lavoro, 06/07/1990, n. 7101). Il legislatore è poi intervenuto dando le definizioni normative del danno biologico, così come contenute nel decreto legislativo 23 febbraio 2000 n. 38 e nella Legge 5 marzo 2001 n. 57. L art. 13 del d.l.vo n. 38/2000 definisce il danno biologico come la lesione dell integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, specificando che le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione di reddito del danneggiato. L art. 5 della legge n. 57/2001 riprende testualmente quanto già espresso dal d.l.vo n. 38/2000, aggiungendo che il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato. Da ultimo è intervenuto l art. 139, secondo comma, del decreto legislativo n. 209 del , il quale ha definito il danno biologico come la lesione temporanea o permanente all integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito. Nel danno biologico, poi, come vedremo sub 10, sono state comprese dalla giurisprudenza le figure del danno estetico, del danno alla vita di relazione, del danno alla capacità lavorativa generica, del danno alla sfera sessuale e del danno da cenestesi lavorativa. 9. Il danno biologico da morte. Il danno tanatologico. Il danno tanatologico è il danno derivante dalla morte di un congiunto per fatto illecito altrui. 16

17 La dottrina ha individuato due categorie di danno tanatologico: diretto e riflesso. Si parla di danno tanatologico diretto quando il soggetto perde la vita per un fatto ingiusto causato da terzi. In questo caso, il risarcimento del danno tanatologico, traducendosi in un vero è proprio danno biologico, è trasmissibile iure hereditatis, salvo che, come già visto parlando sub. 3 del danno morale da morte e come vedremo poi, nei casi di decesso istantaneo. Il danno tanatologico, riflesso, invece, si ha quando un soggetto subisce una menomazione psicofisica, a causa dell evento morte di un congiunto. In questo caso, l evento-morte produce un ulteriore evento-lesione che danneggia la salute psichica o fisica del congiunto rimasto in vita, e, in definitiva, causa un danno biologico. La c.d. tesi minoritaria positiva, seguita dalla dottrina, sostiene la risarcibilità jure hereditario sempre e comunque del danno tanatologico diretto, anche quando l evento morte cagionato dall evento lesivo è pressoché immediato, ovvero interviene dopo un breve lasso di tempo. Questa impostazione trova fondamento nell art. 2 della Costituzione, nella Dichiarazione universale dei diritti dell uomo ( ), nella Convenzione europea sui diritti dell uomo ( ) e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici (16/ ), tutti ratificati dall Italia con apposite leggi. L altra corrente, che prende il nome di c.d. tesi maggioritaria negativa ed è seguita dalla prevalente giurisprudenza, sostiene che il danno tanatologico diretto da morte immediata non costituisce danno biologico, poiché la perdita della vita non è la massima lesione possibile del diritto alla salute (vedi giurisprudenza sopra sub 3) e richiede ai fini della risarcibilità il decorrere di un certo lasso di tempo tra l illecito e la morte. Di conseguenza, trasmettere per via ereditaria il risarcimento della perdita della vita, equivarrebbe a dare al bene giuridico vita lo status giuridico di un bene patrimoniale, senza contare che il danno da morte nega la sopravvivenza, mentre il danno alla salute la presuppone. A chiarire la posizione della giurisprudenza in tema di danno tanatologico è intervenuta di recente Cass. civ., Sez. III, , n La Corte distingue il caso in cui la morte è istantanea dal caso in cui il decesso intercorre dopo un certo lasso di tempo dall evento lesivo. Nel caso di morte istantanea, non vi è danno alla salute, poiché ciò che viene leso è il bene giuridico vita e non la salute, la quale, perché sia considerata un bene giuridico, presuppone l essere in vita del danneggiato. 17

18 Quando, invece, il decesso avviene dopo un considerevole lasso di tempo dall evento lesivo, il bene giuridico salute deve considerarsi compromesso, poiché il danneggiato è stato costretto a vivere, fino al momento della propria morte, accusando la compromissione della propria integrità psico-fisica. Per quanto concerne i criteri di liquidazione, l ammontare del danno biologico che gli eredi del defunto richiedono iure successionis va calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita del defunto, ma alla sua durata effettiva (Cass. civ., Sez. III, 30/10/2009, n ; Cass. civ., Sez. III, 30/01/2008, n. 2106), tenendo conto del fatto che nei primi tempi il patema d'animo è più intenso rispetto ai periodi successivi, ed è un danno nel quale i fattori della personalizzazione debbono valere in un grado assai elevato. Lo stesso, dunque, non può essere liquidato attraverso l applicazione automatica dei criteri contenuti nelle tabelle utilizzate dai Tribunali, le quali, per quanto dettagliate, nella generalità dei casi sono predisposte per la liquidazione del danno biologico o delle invalidità, temporanee o permanenti, di soggetti che sopravvivono all evento dannoso, ma deve essere ulteriormente e compiutamente adeguato al caso concreto (Cass. civ., Sez. III, 27/11/2006, n ; Cass. civ., Sez. III, 30/01/2006, n ; Cass. civ., Sez. III, 16/05/2003, n. 7632; Cass. civ., Sez. III, 23/02/2004, n. 3549; Cass. civ., Sez. III, 14/07/2003, n ). Da notare, inoltre, che la giurisprudenza rinvia normalmente alle sole tabelle per l'invalidità temporanea assoluta e totale e non a quelle per l invalidità permanente (per tutte Cass. civ., Sez. III, 09/10/2009, n ). Inoltre il giudice, nell'adeguare l ammontare tale danno alle circostanze del caso concreto, deve tener conto del fatto del fatto che lo stesso, se pure temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, tanto che la lesione alla salute è così elevata da non essere suscettibile di recupero ed esitare nella morte (Cass. civ., Sez. III, 28/08/2007, n ; Cass. civ., Sez. III, 14/02/2007, n. 3260) Infine è da ricordare che, come già ampiamente evidenziato sub 3, in caso di morte immediata è oggi comunque riconosciuto il danno morale jure hereditario. 10. Criteri di liquidazione del danno biologico. In particolare nell infortunistica stradale. Per quantificare tale danno si procede, come è noto, ad una liquidazione in via equitativa ai sensi degli artt e 2056 c.c. Utilizzando questo criterio e per il riconoscimento di un danno il più possibile personalizzato, il giudice di norma, deve avere riguardo, in modo particolare, all età del danneggiato ed alla gravità della lesione, applicando a tal fine, come è prassi giurisprudenziale, le tabelle appositamente fissate in materia dai singoli Tribunali. 18

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