1. Il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere nei casi previsti dall'articolo 60 e quando la sanzione è estinta per prescrizione.
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- Armando Rocchi
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2 1. Il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere nei casi previsti dall'articolo 60 e quando la sanzione è estinta per prescrizione.
3 1. Non può procedersi alla contestazione di cui all'articolo 59 quando il reato da cui dipende l'illecito amministrativo dell'ente è estinto per prescrizione.
4 1. Le sanzioni amministrative si prescrivono nel termine di cinque anni dalla data di consumazione del reato. 2. Interrompono la prescrizione la richiesta di applicazione di misure cautelari interdittive e la contestazione dell'illecito amministrativo a norma dell'articolo Per effetto della interruzione inizia un nuovo periodo di prescrizione. 4. Se l'interruzione è avvenuta mediante la contestazione dell'illecito amministrativo dipendente da reato, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.
5 1. Non si procede all'accertamento dell'illecito amministrativo dell'ente quando l'azione penale non può essere iniziata o proseguita nei confronti dell'autore del reato per la mancanza di una condizione di procedibilità.
6 1. La responsabilità dell'ente sussiste anche quando: a) [ ]; b) il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia. 2. Salvo che la legge disponga diversamente, non si procede nei confronti dell'ente quando è concessa amnistia per un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e l'imputato ha rinunciato alla sua applicazione. 3. L'ente può rinunciare all'amnistia.
7 Art. 529 c.p.p. 1.Se l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere indicandone la causa nel dispositivo. 2. Il giudice provvede nello stesso modo quando la prova dell'esistenza di una condizione di procedibilità è insufficiente o contraddittoria. Art. 531 c.p.p. 1. Salvo quanto disposto dall'articolo 129 comma 2, il giudice, se il reato è estinto, pronuncia sentenza di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo. 2. Il giudice provvede nello stesso modo quando vi è dubbio sull'esistenza di una causa di estinzione del reato.
8 1. Se l'illecito amministrativo contestato all'ente non sussiste, il giudice lo dichiara con sentenza, indicandone la causa nel dispositivo. Allo stesso modo procede quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova dell'illecito amministrativo.
9 1. Se l'ente risulta responsabile dell'illecito amministrativo contestato il giudice applica le sanzioni previste dalla legge e lo condanna al pagamento delle spese processuali. 2. In caso di applicazione delle sanzioni interdittive la sentenza deve sempre indicare l'attività o le strutture oggetto della sanzione.
10 CASS., SEZ. VI, 9 LUGLIO 2009, N , MUSSONI ED ALTRI Il principio di diritto In tema di responsabilità da reato degli Enti, la persona giuridica che abbia omesso di adottare ed attuare il modello organizzativo e gestionale non risponde del reato presupposto commesso da un suo esponente in posizione apicale soltanto nell'ipotesi in cui lo stesso abbia agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
11 CASS., SEZ. VI, 9 LUGLIO 2009, N , MUSSONI ED ALTRI 12. [ ] Ad eccezione dell'ipotesi ora menzionata (art. 5.2) - che le sentenze dei giudici di merito, nel caso esame, hanno motivatamente escluso - per non rispondere per quanto ha commesso il suo rappresentante l'ente deve provare di avere adottato le misure necessarie ad impedire la commissione di reati del tipo di quello realizzato. Originano da questi assunti le inversioni dell'onere della prova e le previsioni probatorie di cui al cit. d. lgs., art. 6 e, specificamente, la necessità che l'ente fornisca innanzitutto "la prova che l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a tal fine" (d. lgs. cit., art. 6, lett. a). È significativo che tutte le altre previsioni probatorie, elencate nell'art. 6 dopo la lett. a (compreso il comportamento fraudolento dell'autore del reato), presuppongono l'adozione e l'attuazione dei predetti modelli di organizzazione e di gestione.
12 CASS., SEZ. VI, 9 LUGLIO 2009, N , MUSSONI ED ALTRI La mancata adozione di tali modelli, in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi sopra indicati (reato commesso nell'interesse o vantaggio della società e posizione apicale dell'autore del reato) è sufficiente a costituire quella "rimproverabilità" di cui alla Relazione ministeriale al decreto legislativo e ad integrare la fattispecie sanzionatoria, costituita dall'omissione delle previste doverose cautele organizzative e gestionali idonee a prevenire talune tipologie criminose. In tale concetto di "rimproverabilità" è implicata una forma nuova, normativa, di colpevolezza per omissione organizzativa e gestionale [ ]
13 CASS., SEZ. UN., 24 APRILE 2014, N , ESPENHAHN ED ALTRI I principi di diritto Il sistema normativo introdotto dal d. lgs. n. 231 del 2001, coniugando i tratti dell'ordinamento penale e di quello amministrativo, configura un "tertium genus" di responsabilità compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza (nell'affermare tale principio, la Corte ha chiarito, in tema di responsabilità dell'ente derivante da persone che esercitano funzioni apicali, che grava sulla pubblica accusa l'onere di dimostrare l'esistenza dell'illecito dell'ente, mentre a quest'ultimo incombe l'onere, con effetti liberatori, di dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi). In tema di responsabilità da reato degli enti, la colpa di organizzazione, da intendersi in senso normativo, è fondata sul rimprovero derivante dall'inottemperanza da parte dell'ente dell'obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individua i rischi e delinea le misure atte a contrastarli.
14 CASS., SEZ. UN., 24 APRILE 2014, N , ESPENHAHN ED ALTRI 62. [ ] Grava sull'accusa l'onere di dimostrare l'esistenza dell'illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa della societas e che abbia agito nell'interesse di questa; tale accertata responsabilità si estende "per rimbalzo" dall'individuo all'ente collettivo, nel senso che vanno individuati precisi canali che colleghino teleologicamente l'azione dell'uno all'interesse dell'altro e, quindi, gli elementi indicativi della colpa di organizzazione dell'ente, che rendono autonoma la responsabilità del medesimo ente.
15 CASS., SEZ. UN., 24 APRILE 2014, N , ESPENHAHN ED ALTRI [ ] militano a favore dell'ente, con effetti liberatori, le previsioni probatorie di segno contrario di cui al d. lgs. n. 231, art. 6, afferenti alla dimostrazione di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Nessuna inversione dell'onere della prova è, pertanto, ravvisabile nella disciplina che regola la responsabilità da reato dell'ente, gravando comunque sull'accusa la dimostrazione della commissione del reato da parte di persona che rivesta una delle qualità di cui al d. lgs. n. 231, art. 5, e la carente regolamentazione interna dell'ente, che ha ampia facoltà di offrire prova liberatoria. Si tratta di un ordine di idee che si rinviene pure nella sentenza impugnata, che rimarca l'iniziativa dell'accusa pubblica nella dimostrazione delle gravi carenze organizzative. Dunque, non hanno fondamento le censure difensive volte ad enfatizzare meccanismi presuntivi. Neppure si può pensare ad un'indeterminatezza della fattispecie. Le considerazioni svolte al riguardo dalla sentenza d'appello sono condivisibili: l'obbligo organizzativo e gestionale imposto all'ente è ben delineato dalla normativa.
16 REATO PRESUPPOSTO IN TUTTI I SUOI ELEMENTI COSTITUTIVI PROBLEMA DELL ELEMENTO SOGGETTIVO CASS., SEZ. V, 4 APRILE 2013, N , CITIBANK 22. L'indagine sul dolo è questione di fatto che dovrà essere approfondita in sede di rinvio dal giudice di merito, non potendovi provvedere questa Corte in questa sede di legittimità. CASS., SEZ. UN., 2 FEBBRAIO 2008, N , FISIA ITALIMPIANTI S.P.A. 8. [ ] Pur se la responsabilità dell'ente ha una sua autonomia, tanto che sussiste anche quando l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile (art. 8 d. lgs. n. 231), è imprescindibile il suo collegamento alla oggettiva realizzazione del reato, integro in tutti gli elementi strutturali che ne fondano lo specifico disvalore, da parte di un soggetto fisico qualificato.
17 RESPONSABILITA PER IL REATO COMMESSO DA SOGGETTO APICALE - INTERESSE O VANTAGGIO DELL ENTE (ART. 5 COMMA 1) - QUALIFICA SOGGETTIVA DELL AGENTE (ART. 5 COMMA 2 LETT. A) - CARENZE ORGANIZZATIVE RESPONSABILITA PER IL REATO COMMESSO DA SOGGETTO SUBORDINATO - INTERESSE O VANTAGGIO DELL ENTE 8 (ART. 5 COMMA 1) - QUALIFICA SOGGETTIVA DELL AGENTE (ART. 5 COMMA 2 LETT. B) - CARENZE ORGANIZZATIVE CON CONSEGUENTE INOSSERVANZA DEGLI OBBLIGHI DI DIREZIONE E DI VIGILANZA (ART. 6 COMMA 2)
18 INTERESSE ESCLUSIVO PROPRIO DELL AGENTE O DI TERZI (ART. 5 COMMA 3) CIRCOSTANZE ESIMENTI PREVISTE DAGLI ARTT. 6 COMMA 1 E 7 COMMA 2
19 1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente non risponde se prova che: a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).
20 2. In ogni caso, è esclusa l'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l'ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
21 DUE DISTINTI MOMENTI: ADOZIONE E ATTUAZIONE VALORE NON VINCOLANTE DEI CODICI DI COMPORTAMENTO (ART. 6 COMMA 3) RISPETTO ALL ADOZIONE VERIFICA IN ASTRATTO (ART. 6 COMMA 2) CHE SFOCIA IN UN GIUDIZIO DI TIPO PROGNOSTICO SUL FUNZIONAMENTO DEL MODELLO RISPETTO ALL ATTUAZIONE VERIFICA IN CONCRETO: IL GIUDICE ENTRA NELL AZIENDA IDONEITA PREVENTIVA RISPETTO A REATI DELLA STESSA SPECIE DI QUELLO VERIFICATOSI CORRISPONDENZA TRA LA REGOLA CAUTELARE VIOLATA (AD ESEMPIO UN PROTOCOLLO DI GESTIONE) E IL RISULTATO OFFENSIVO VERIFICATOSI (IL REATO)
22 CASS., SEZ. V, 18 DICEMBRE 2013, N. 4677, IMPREGILO S.P.A. 6. Peraltro, il d. lgs. n. 231 del 2001 parte dal presupposto che un efficace modello organizzativo e gestionale può essere violato (e dunque il reato che si vuole scongiurare può essere commesso) solo se le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente (art. 5, comma 1, lett. a) abbiano operato eludendo fraudolentemente il modello stesso. Dunque la natura fraudolenta della condotta del soggetto apicale (persona fisica) costituisce, per così dire, un indice rivelatore della validità del modello, nel senso che solo una condotta fraudolenta appare atta a forzarne le "misure di sicurezza".
23 CASS., SEZ. V, 18 DICEMBRE 2013, N. 4677, IMPREGILO S.P.A Occorre dunque chiarire che cosa sia una condotta fraudolenta, essendo evidente che essa non può consistere nella mera violazione delle prescrizioni contenute nel modello. Ebbene lo stesso concetto di frode, se pure, come suggerisce il difensore di IMPREGILO, non deve necessariamente coincidere con gli artifizi e i raggiri di cui all'art. 640 c.p., non può non consistere in una condotta ingannevole, falsificatrice, obliqua, subdola. [ ] Si tratta, insomma, di una condotta di "aggiramento" di una norma imperativa, non di una semplice e "frontale" violazione della stessa. La sentenza impugnata sembra, viceversa, ravvisare la condotta fraudolenta del. e del nella semplice alterazione/sostituzione dei contenuti della bozza elaborata dagli organi interni di IMPREGILO. Se così stanno le cose, si deve giungere alla conclusione che ci si trova in presenza di un abuso (cioè dell'uso distorto di un potere), non di un inganno (vale a dire di una condotta fraudolenta).
24 Art. 533 c.p.p. 1. Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. [ ] Art. 530 c.p.p. 3. Se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità ovvero vi è dubbio sull'esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione a norma del comma 1.
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