Geometria I 2009-apr-22 84
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- Giuseppina Ferrante
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1 Geometria I 2009-apr Gruppi di matrici Cfr: Nacinovich, Cap I [3]. Ricordiamo gli assiomi di gruppo: un gruppo è un insieme G, munito di operazione binaria (di solito indicata con la moltiplicazione) G G G che sia associativa, in cui esista l elemento neutro 1 G, e per cui ogni g G abbia un inverso g 1 (cioè un elemento g 1 tale che gg 1 g 1 g 1). (13.1) Definizione. Un gruppo topologico è sia un gruppo sia uno spazio topologico di Hausdorff, con in più le seguenti proprietà di continuità: (i) Il prodotto G G G, definito da (g, h) gh è una funzione continua. (ii) L inversione G G definita da g g 1 è una funzione continua. (13.2) Esempio. I campi Q e R (visti come gruppi additivi) sono gruppi topologici rispetto alla somma. I gruppi moltiplicativi Q {0}, R {0} sono gruppi topologici rispetto al prodotto. Per (13.5) sotto, basta dimostralo per R. La funzione f : R 2 R definita da (x, y) x + y è continua: se (x 0,y 0 ) R 2, per ogni ɛ> 0 esiste δ ɛ/2 tale che max{ s, t } <δ s + t <ɛ f(x 0 + s, y 0 + t) f(x 0,y 0 ) < ɛ. Quindi f è continua nella topologia prodotto (che è equivalente a quella euclidea). Analogamente (facile) la funzione x x è continua. Per il prodotto, la funzione definita da f(x, y) xy è continua: se (x 0,y 0 ) R 2, per ogni ɛ> 0 δ x > 0: s <δ x sy 0 < ɛ/3 Se si pone quindi si ha δ y > 0: t <δ y tx 0 < ɛ/3. δ min{δ x,δ y, ɛ/3} max{ s, t } <δ (x 0 + s)(y 0 + t) x 0 y 0 tx 0 + sy 0 + st < ɛ/3+ɛ/3+ɛ/3 ɛ. Per quanto riguarda la funzione x x 1, sia x 0 0. Allora esiste δ 1 > 0 tale che t <δ 1 x 0 + t > x 0 x 0 + t 1 < 2. Se poniamo 2 x 0 quindi δ min{δ 1, ɛ x 0 2 } 2 D.L. Ferrario 2009-apr-22 84
2 Geometria I 2009-apr otteniamo un δ> 0 per cui t <δ < 2 δ x 0 2 ɛ, 1 x 0 + t 1 x 0 e quindi x x 1 è una funzione continua. t x 0 + t x 0 (13.3) Nota. Ogni gruppo, munito della topologia discreta, può essere visto come gruppo topologico. Per esempio, l anello degli interi Z (in cui si considera solo la struttura di somma) è un gruppo discreto infinito. (13.4) Esempio. Z/nZ è gruppo topologico (con la topologia discreta). (13.5) Sia G un gruppo topologico. Allora: Se H G è un sottogruppo di G allora (con la topologia indotta da G) è un gruppo topologico. Dimostrazione. Se H G è un sottogruppo, allora la moltiplicazione e l inversa sono mappe ottenute per restrizione: m: H H G G, i: H G H, e quindi sono continue. Questo dimostra (13.5) (insieme al fatto che un sottospazio di uno spazio di Hausdorff è di Hausdorff). q.e.d. (13.6) Siano dati N spazi topologici X 1, X 2, X 3,..., X N. Consideriamo il prodotto X X 1 X 2 X N e le proiezioni sulle componenti p 1 : X X 1, p 2 : X X 2,..., p N : X X N. Allora una funzione f : Y X 1 X 2 X N è continua se e solo se lo sono tutte le composizioni p i f : Y X i. (Di solito si scrive, per semplificare, f i p i f) Dimostrazione. Basta applicare un numero finito di volte (7.3) di pagina 28. q.e.d. (13.7) Lo spazio euclideo R n è gruppo topologico rispetto alla somma (x 1,..., x n )+(y 1,..., y n ) (x 1 + y 1,..., x n + y n ). Dimostrazione. È una conseguenza del fatto che la somma è una funzione continua (come anche il prodotto), e del lemma (13.6). q.e.d. (13.8) Sia GL(n) GL(n, R) il gruppo (chiamato gruppo lineare) di tutte le matrici invertibili n n a coefficienti reali (gruppo rispetto alla moltiplicazione di matrici), munito della topologia metrica indotta dalla inclusione GL(n) R n2. Allora GL(n) è un gruppo topologico. Lo stesso vale per il gruppo lineare complesso GL(n, C). D.L. Ferrario 2009-apr-22 85
3 Geometria I 2009-apr Dimostrazione. Osserviamo che lo spazio di tutte le matrici n n è isomorfo (come spazio vettoriale, per esempio) a R n2, per cui in questa lezione denoteremo con il simbolo R n2 lo spazio delle matrici n n. L inclusione GL(n) R n2 è indotta dall inclusione di GL(n) nello spazio di tutte le matrici n n. Dal momento che R n2 è metrico, GL(n) è di Hausdorff. Dobbiamo mostrare che la moltiplicazione di matrici e l inversione inducono funzioni continue m: GL(n) GL(n) GL(n) e i: GL(n) GL(n). Osserviamo che, dato che GL(n) ha la topologia indotta da R n2, le funzioni m e i sono continue se e solo se lo sono le corrispondenti funzioni m: GL(n) GL(n) R n2 e i: GL(n) R n2, e quindi, per (13.6) se tutte le composizioni con le proiezioni p i sono continue (cioè, se ogni componente è continua). Ma il prodotto di matrici (righe per colonne) si scrive come ((a i,j ), (b i,j )) ( N a i,k b k,j ), cioè è un polinomio nei coefficienti delle matrici (a i,j ) e (b i,j ). Dal momento che ogni polinomio è funzione continua, la moltiplicazione è continua. Analogamente, il determinante di una matrice è espressione polinomiale dei suoi coefficienti ed è sempre diverso da zero in GL(n), ed anche i cofattori (che compaiono nella definizione di matrice inversa) si esprimono come polinomi dei coefficienti, per cui la funzione di inversione i è continua. Per le matrici con coefficienti complessi vale esattamente lo stesso ragionamento. q.e.d. k1 (13.9) Il gruppo lineare GL(n, R) non è compatto. Dimostrazione. Per il teorema (10.11) un sottoinsieme di R n2 è compatto se e solo se chiuso e limitato, e quindi GL(n, R) non è compatto perché non è limitato: contiene tutte le matrici diagonali λi n, con λ R. Non è nemmeno chiuso: infatti, nella dimostrazione di (13.8) abbiamo usato il fatto che la funzione determinante det: R n2 R è continua. Per definizione si ha GL(n, R) {M : det(m) 0}, cioè GL(n, R) è la controimmagine del sottospazio aperto R {0} R, ed è quindi un aperto di R n2. Ma quest ultimo spazio è connesso, e quindi un aperto non vuoto con complementare non vuoto non può essere chiuso. q.e.d. Descriviamo ora due sottogruppi importanti di GL(n, R): Gruppo ortogonale: O(n) {A GL(n, R) :A t A AA t I n }. D.L. Ferrario 2009-apr-22 86
4 Geometria I 2009-apr Gruppo speciale ortogonale: SO(n) {A O(n) : det(a) 1}. (13.10) Sia O(n) il gruppo ortogonale, costituito da tutte le matrici ortogonali n n a coefficienti reali, e SO(n) il gruppo speciale ortogonale, costituito da tutte le matrici di O(n) con determinante +1. Allora O(n) e SO(n) sono gruppi topologici compatti. Dimostrazione. Ricordiamo che O(n) è formato da tutte le matrici A (invertibili) di GL(n) tali che AA t A t A I n (dove A t indica la trasposta di A e I n la matrice identica n n). Dato che O(n) GL(n) R n2, per (10.11) dobbiamo mostrare che è chiuso e limitato. La moltiplicazione di matrici è continua, e chiaramente l operazione di trasposizione induce un omeomorfismo R n2 R n2, per cui la funzione definita da f : R n2 R n2 A AA t si può scrivere come composizione di funzioni continue. Gli insiemi costituiti da singoli punti di R n2 sono tutti chiusi, ed in particolare l insieme {I n } R n2 è chiuso. Dunque f 1 (I n ) è un sottospazio chiuso di R n2 ; ma f 1 (I n ){A R n2 : f(a) I n } {A R n2 : AA t I n } O(n) e dunque O(n) è chiuso. Ora, si indichino con a :,1, a :,2,... a :,n i vettori colonna di A O(n). La condizione AA t I n si può riscrivere come { 1 se i j a :,i a :,j 0 se i j dove v w indica il prodotto scalare standard in R n, e dunque, considerando la prima equazione, si ha per ogni i a :,i a :,i a 2 1,i + a 2 2,i + + a 2 n,i 1, e quindi a i,j 1 per ogni i, j 1,..., n. Ne segue che a 2 i,j n n, e dunque O(n) è limitato nella metrica euclidea di R n2. i,j D.L. Ferrario 2009-apr-22 87
5 Geometria I 2009-apr Non rimane che dimostrare che SO(n) è compatto. Ma, dato che si può scrivere come la controimmagine di 1 mediante la funzione (continua) determinante det: O(n) R, esso è un sottospazio chiuso di O(n). Allora segue da (9.13) che esso è compatto. q.e.d. (13.11) [ (Rotazioni ] e riflessioni) Mostriamo che SO(2) S 1. a c Se SO(2), allora valgono le uguaglianze b d ad cb 1 (il determinante) a 2 + b 2 1 c 2 + d 2 1 ac + bd 0. (*) Osserviamo che se (a, b) 0, allora l uguaglianza ac + bd 0vale se e solo se esiste λ R tale che d λa e c λb. Infatti, a( λb)+b(λa) 0. Viceversa, può essere che b 0oppure che b 0. Nel primo caso, si ha ac/b + d 0e ponendo λ c/b risulta λa + d 0, λb c. Se b 0, allora deve necessariamente essere a 0(per l ipotesi (a, b) (0, 0)), e si può porre λ d/a per avere le uguaglianze c + bd/a c + λb 0, d λa. Dato che a 2 + b 2 1 (a, b) (0, 0), il sistema (*) è dunque equivalente al sistema nelle tre variabili a, b, λ a(λa) ( λb)b 1 { { λ(a 2 a 2 + b 2 + b 2 )1 λ 1 1 ( λb) 2 +(λb) 2 a 2 + b 2 1 a 2 + b (**) Quindi c b e d a, e la matrice deve avere la forma [ ] [ ] a c a b b d b a con a 2 + b 2 1. D.L. Ferrario 2009-apr-22 88
6 Geometria I 2009-apr La proiezione sulle due componenti del primo vettore-colonna della matrice [ ] a c (a, b) R 2 b d è una funzione continua p: SO(2) R 2, e per quanto visto sopra è iniettiva, ed ha per immagine S 1 R 2, dato che la circonferenza S 1 R 2 è definita dall equazione a 2 + b 2 1. Visto che SO(2) è compatto e R 2 è Hausdorff, la funzione p è un omeomorfismo sull immagine S 1 R 2. La mappa f : S 1 R 2 R 4 definita ponendo [ ] a b (a, b) b a per ogni (a, b) S 1 è l inversa di p (ed è quindi a sua volta un omeomorfismo). Finiamo osservando che O(2) è suddiviso in due classi: le matrici con determinante 1 e quelle con determinante 1. Le prime, che indichiamo con SO(2) + SO(2) e chiamiamo rotazioni, sono esattamente gli elementi di SO(2). Le seconde, che indichiamo con SO(2) e chiamiamo riflessioni, sono in corrispondenza biunivoca con gli elementi di SO(2): se h SO(2) è una riflessione fissata, allora per ogni r in SO(2) il prodotto hr è una riflessione (ha determinante uguale a det(r) det(h) det(h) 1); la mappa r hr è iniettiva (hr 1 hr 2 r 1 r 2 ) e suriettiva (h SO(2) h h(hh )hr con r hh SO(2)). Come sopra, si può vedere facilmente che è una funzione continua da un compatto ad un Hausdorff, e quindi anche SO(2) SO(2) S 1. L unione è disgiunta, e possiamo scrivere O(2) SO(2) + SO(2) S 1 S 1. (13.12) Esempio. Gruppo delle rotazioni di R 3 che fissano l origine: SO(3). È compatto, connesso e connesso per archi. Ogni rotazione non banale fissa una e una sola retta. Dimostrazione. Mostriamo prima che esiste una retta fissata. Supponiamo per assurdo che questo non sia vero. Se A SO(3), allora il polinomio caratteristico p A (λ) ha grado 3, e quindi ha un autovalore reale λ 1 con relativo autovettore v 1. Dato che A O(3), si ha Av 1 v 1 e dunque λ 1 v 1 v 1 λ 1 1, cioè λ 1 ±1. Dato che per ipotesi d assurdo A non ha autovalore 1, deve essere λ 1 1. Gli altri due autovalori λ 2 e λ 3 sono radici (evantualmente coincidenti) di p A (λ), e non possono essere entrambi uguali a λ 1 (altrimenti det(a) (λ 1 ) 3 1 1). Ci sono due casi: o sono due radici reali, oppure due radici complesse coniugate. Se sono reali, per lo stesso ragionamento di prima dovrebbero essere uguali a 1, e quindi det(a) 1 1. Quindi sono complesse coniugate λ 3 λ 2. Ma allora D.L. Ferrario 2009-apr-22 89
7 Geometria I 2009-apr det A λ 1 λ 2 λ 2 λ < 1, il che è assurdo. Quindi almeno un autovalore deve essere uguale a 1. Il sottospazio vettoriale ortogonale alla retta fissata è un piano, che rimane invariante: è possibile far vedere che la restrizione di A a questo piano è una rotazione (esercizio), che quindi non fissa altre direzioni. Per vedere che è connesso e connesso per archi, basta trovare una funzione continua e suriettiva X SO(3) con X spazio topologico connesso. Questo sarà fatto nell esercizio (9.31), con X S 3. Oppure, se R α x, R β y e R γ z denotano le rotazioni di angolo α, β e γ attorno ai tre assi di R 3, si può definire la funzione continua X S 1 S 1 S 1 SO(3) definita ponendo (e iα,e iβ,e iγ ) R α xr β y R γ z. È continua perché composizione di funzioni continue, ed è suriettiva (si veda il Teorema (13.16) poco sotto). Oppure, per vedere che è connesso per archi, osserviamo che le rotazioni attorno all asse z si scrivono come cos θ sin θ 0 Rz θ sin θ cos θ e la funzione θ R R θ z SO(3) è continua. Se A SO(3) è una rotazione qualsiasi e x S 2 tale che Ax x, allora esiste certamente una rotazione Q tale che Qe 3 x (perché?), e quindi la rotazione Q 1 AQ fissa e 3 (e 3 (0, 0, 1)), e dunque Q 1 AQ R θ z, da cui A QR θ zq 1. Ma allora la funzione γ : [0, 1] SO(3) definita ponendo γ(t) QR tθ z Q 1 è continua ed è tale che γ(1) QRzQ θ 1 A, eγ(0) QRzQ 0 1 I 3. Quindi SO(3) è connesso per archi. q.e.d. È vero che O(3) SO(3) + SO(3) (quelle con det 1 e 1)? (13.13) Esempio. Gruppo di simmetrie di un triangolo equilatero: è isomorfo al gruppo di permutazioni sui tre vertici? (13.14) Esempio. Gruppo ciclico {z C : z n 1}: è il gruppo di simmetrie di un poligono regolare? Perché si chiama ciclico? Per esempio, il gruppo di simmetrie di un quadrato? Un esagono? D.L. Ferrario 2009-apr-22 90
8 Geometria I 2009-apr (13.15) Esempio. Gruppo generato dalle rotazioni di angolo π attorno ai (due) tre assi ortogonali di R 3. (13.16) Teorema. Siano R α x, R β y e R γ z le rotazioni attorno agli assi coordinati di R 3 di angolo α, β e γ rispettivamente. Allora per ogni rotazione R SO(3) esistono α, β e γ tali che R R α xr β y R γ z, cioè R si scrive come prodotto di tre rotazioni attorno agli assi cartesiani. Dimostrazione. Esercizio (9.29). q.e.d. (13.17) Nota. I tre parametri α, β e γ (non esattamente questi) sono anche chiamati gli angoli di Eulero della rotazione A. Una convenzione abbastanza comune è A BCD, dove D è una rotazione di angolo φ attorno all asse z, C una rotazione di angolo θ attorno all asse x, eb una rotazione di angolo ψ attorno all asse z (bastano quindi rotazioni attorno a due assi ortogonali per generare SO(3)). (13.18) Nota. Una norma è una funzione R n R che verifica le seguenti proprietà : (i) x 0 x > 0, x 0 x 0. (ii) cx c x. (iii) x + y x + y. Una norma su R n induce una metrica (d(x, y) x y ), la quale induce a sua volta una topologia. Diciamo che due norme sono equivalenti se inducono metriche equivalenti, cioè se le topologie ottenute dalla metriche coincidono (oppure se... ). Accade che due norme qualsiasi (che indichiamo con A e B ) su R n sono sempre equivalenti tra di loro: (13.19) Tutte le norme su R n sono tra loro equivalenti. È sufficiente mostrare che se A è una norma, allora A è equivalente alla norma euclidea. Infatti, la funzione N : R n R definita da N(x) x A è continua (rispetto alla norma euclidea): se gli e i sono i vettori della base standard e x i le componenti di x, si ha per l omogeneità e la disuguaglianza triangolare ( n ) n n N(x) N x i e i x i N(e i ) M x i, i1 D.L. Ferrario 2009-apr i1 i1
9 Geometria I 2009-apr dove M è il massimo degli N(e i ). Ma x i 2 x 2 per ogni i, e quindi M n x i Mn x. i1 Allora per ogni x e y in R n si ha che N(x) N(y+(x y)) N(y)+N(x y) N(x) N(y) N(x y). Analogamente N(y) N(x) N(x y), e quindi N(x) N(y) N(x y). Dunque N(x) N(y) N(x y) Mn x y, e quindi N è una funzione continua R n R. Allora lo spazio S {x R n : x A N(x) 1}, è chiuso (controimmagine di {1} chiuso in R) e limitato, e quindi compatto. Ma allora la funzione N assume un massimo m 2 > 0 e un minimo m 1 > 0 su S: per ogni x S si ha m 1 N(x) m 2. Ma allora se x R n x, x 0, si ha S, e quindi per ogni x 0 per x A l omogeneità di N m 1 N ( ) x x m 2 m 1 N(x) x m 2 m 1 x N(x) m 2 x. Quindi le due norme sono equivalenti. Alcune norme (tutte tra loro equivalenti) sullo spazio delle matrici Mat n n (R) sono per esempio: (i) A 2 i,j a2 ij; (ii) A max i,j a ij ; (iii) A max{ Ax : x R n {0}} (quest ultima a sua volta dipende da x una scelta di norma su R n ). D.L. Ferrario 2009-apr-22 92
10 Geometria I 2009-apr Gruppi di trasformazioni Cfr: Sernesi, Vol I, Cap 1, 14 [1]. (14.1) Definizione. Sia G un gruppo e X un insieme. Si dice che G agisce (da sinistra) su X se esiste una funzione φ: G X X, denotata da (g, x) g x gx, per cui (i) x X, 1 x x (1 G è l elemento neutro). (ii) x X, g, h G, g (h x) (gh) x. L insieme X si dice anche G-insieme. (14.2) Definizione. Se G agisce su X, allora per ogni x X si definiscono: (i) lo stabilizzatore di x: G x {g G : g x x}. (ii) L orbita di x: G x {gx : g G}. (14.3) Sia G un gruppo e X un insieme su cui G agisce. Allora la relazione x y g G : gx y è una relazione di equivalenza, che partiziona X in classi di equivalenza. Le classi di equivalenza sono le orbite di G in X. Dimostrazione. Per mostrare che la relazione è di equivalenza, bisogna mostrare che è riflessiva, simmetrica e transitiva. Dato che 1x x, si ha che x x, per cui è riflessiva. Inoltre, se gx y (cioè x y) allora g 1 (gx) g 1 y, e quindi x g 1 y, cioè y x. Quindi è simmetrica. Infine, è transitiva: se x y e y z, si ha che esistono g 1 e g 2 per cui g 1 x y e g 2 y z. Quindi (g 1 g 2 )x g 2 (g 1 x)g 2 y z, cioè x z. Ora, è facile vedere che due punti stanno nella stessa classe di equivalenza se e solo se appertengono alla medesima orbita. q.e.d. (14.4) Definizione. L insieme di tutte le orbite (classi di equivalenza) di X secondo per l azione di un gruppo G su X si indica con X/G e si chiama spazio delle orbite. (14.5) Esempio. Il gruppo (additivo) Z degli interi agisce sulla retta reale R (vedi sotto). Lo spazio quoziente è omeomorfo alla circonferenza S 1. (14.6) Definizione. L azione di G su X si dice fedele se per ogni g G, g 1 G, la mappa indotta g : X X (da x g x) non è l identità 1 X : X X. D.L. Ferrario 2009-apr-23 93
11 Geometria I 2009-apr (14.7) Definizione. L azione di G su X viene detta transitiva se per ogni x, y X esiste g G per cui g x y. In questo caso si dice che X è uno spazio omogeneo. (14.8) Esempio. L azione di Z su R (traslazioni intere) è fedele ma non è transitiva. L azione di R su R è fedele e transitiva. (14.9) L azione è transitiva se e solo se esiste solo una G-orbita in X. Dimostrazione. Sia x X un punto fissato. Allora per ogni y esiste g G per cui g x y, cioè ogni y in X sta nella stessa G-orbita di x, che quindi è unica. Viceversa, supponiamo esista una sola orbita: allora esiste x X per cui {g x g G} X, e quindi per ogni y X esiste g G tale che g x y. q.e.d. (14.10) Nota. Se G è un gruppo, G agisce su se stesso X G semplicemente per moltiplicazione a sinistra. L azione è transitiva e fedele. Se H è un sottogruppo di G, anche H agisce su G per moltiplicazione da sinistra. Le orbite sono i laterali (sinistri) di H in G. La notazione G/H quindi è consistente: da un lato indica l insieme (algebrico) dei laterali sinistri di H in G, dall altro l insieme delle orbite dell azione di H su G. (14.11) Definizione. Se G è un gruppo topologico, allora si dice che G agisce su uno spazio topologico X se esiste una funzione φ: G X X che induca una azione di G su X (come nella definizione (14.1)) con l ulteriore proprietà che la funzione G X X è continua. Allora X si chiama G-spazio. (14.12) Esempio. È facile vedere che R 2 agisce su R 2 come gruppo (additivo) di traslazioni (x, y) (u, v) (x + u, y + v). (14.13) Esempio. I gruppi GL(n, R), O(n) e SO(n) agiscono su R n in modo canonico. Come visto sopra, si può vedere facilmente che l azione è continua, cioè che agiscono come gruppi topologici su R n. (14.14) Definizione. Se G è un gruppo topologico che agisce su uno spazio topologico X, lo spazio delle orbite X/G è uno spazio topologico con la topologia quoziente. (14.15) Esempio. Sia G Z (con la topologia discreta) e X R. Allora G agisce su R mediante la somma (g, t) g +t per ogni g Z e ogni t R. Lo spazio delle orbite è uguale allo spazio R/ dell esempio (8.1). Mostriamo D.L. Ferrario 2009-apr-23 94
12 Geometria I 2009-apr che è omeomorfo a S 1 {(x, y) R 2 : x 2 + y 2 1}. Sia f : R R 2 la funzione definita da f(t) (cos(2πt), sin(2πt)). Si vede subito che induce una funzione f(t): R S 1 R 2, e che è continua (le funzioni trigonometriche sono continue, poi si usa (13.6)). Dal momento che f(g + t) (cos(2πt +2gπ), sin(2πt +2gπ)) (cos(2πt), sin(2πt)) f(t), la funzione f induce una funzione sullo spazio delle orbite f : R/Z S 1. La funzione indotta f è continua: infatti, se U S 1 è un aperto di S 1, la sua controimmagine f 1 (U) in R/Z è continua se e soltanto se (per definizione di topologia quoziente) il sottoinsieme p 1 ( f 1 (U) ) R è aperto in R, dove p indica la proiezione sul quoziente p: R R/Z. Ma p 1 ( f 1 (U) ) {t R : f (p(t)) U} {t R : f(t) U} f 1 (U), che è aperto, visto che f è continua. Ora, la funzione indotta f : R/Z S 1 è iniettiva: se f(t 1 ) f(t 2 ) si ha che cos(2πt 1 ) cos(2πt 2 ) e sin(2πt 1 ) sin(2πt 2 ), e quindi t 2 2kπ + t 1 per un certo k Z, cioè esiste g Z tale che g t 1 t 2 : i due punti t 1 e t 2 appartengono alla stessa G-orbita. È facile vedere che f è suriettiva. Osserviamo che l inclusione [0, 1] R è una funzione continua, e quindi la composizione [0, 1] R R/Z è anch essa una funzione continua, e suriettiva. Quindi la sua immagine R/Z, per (9.15), è un compatto. Ora, f è una funzione continua e biunivoca da un compatto ad uno spazio di Hausdorff (S 1 ), e quindi un omeomorfismo per (9.17). (14.16) Esempio. Sia G Z 2 R 2 il reticolo degli interi (h, k) R 2. Allora R 2 /G è omeomorfo a S 1 S 1. Sappiamo dall esempio precedente che R/Z S 1. Per prima cosa mostriamo che la funzione f : R 2 /Z 2 R/Z R/Z S 1 S 1 definita da (x, y)+z 2 (x + Z,y+ Z) D.L. Ferrario 2009-apr-23 95
13 Geometria I 2009-apr è ben posta. Se (x,y )+Z 2 (x, y) +Z 2 R 2 /Z 2, allora per definizione x x Z e y y Z, e quindi x + Z x + Z e y + Z y + Z. È iniettiva: se (x + Z,y+ Z) (x + Z,y + Z), allora x x Z e y y Z, e quindi (x,y )+Z 2 (x, y) +Z 2 R 2 /Z 2. Analogamente si può mostrare che è suriettiva. Dimostriamo che è continua: denotiamo con P : R 2 R 2 /Z 2 la proiezione sul quoziente e con p p la mappa p p: R R R/Z R/Z (che è continua). Se U R/Z R/Z è un aperto, allora (p p) 1 (U) è aperto in R R, e quindi è aperto in R 2 (che è identificato con R R tramite la mappa f : R 2 R R che induce f). Ma il sottoinsieme di R 2 dato da f 1 (p p) 1 (U) coincide con P 1 (f 1 (U)), che quindi è aperto. Ora, per definizione di topologia quoziente f 1 (U) è aperto se e solo se P 1 (U) è aperto in R 2, e quindi f 1 (U) è aperto. Di nuovo, una funzione biunivoca da uno spazio compatto ad uno spazio di Hausdorff è un omeomorfismo. (14.17) Esempio. Si consideri l azione di SO(2) sulla circonferenza unitaria S 1. Ogni elemento di SO(2) agisce ruotando la circonferenza su se stessa: ogni punto ha stabilizzatore banale e l azione è transitiva e fedele. Fissiamo e 0 (1, 0) S 1. L orbita di e 0 è tutto S 1, e quindi c è una funzione continua f : SO(2) S 1 definita da f(g) g e 0. L azione è transitiva, e quindi f è suriettiva. Inoltre lo stabilizzatore è banale, e quindi f è iniettiva. Dato che SO(2) è compatto e S 1 di Hausdorff, f è un omeomorfismo tra SO(2) e S 1. (14.18) Esempio. Consideriamo ora l azione di SO(3) su S 2 (la sfera di dimensione 2, centro nell origine e raggio 1, contenuta in R 3 ). L azione è ancora transitiva (perché?), fedele, ma ogni punto ha uno stabilizzatore non banale (cosa sono le rotazioni di R 3 che fissano un punto?). Si veda l esercizio (9.29). (14.19) Esempio. Il gruppo Z/2Z agisce su S 2 ponendo g x x. (14.20) Esempio. Le isometrie di uno spazio metrico X costituiscono un gruppo topologico che agisce su X. Quali sono le isometrie di R? Le isometrie di C R 2? Di R 3? (14.21) Esempio. Ogni numero complesso a + ib non nullo può essere interpretato come vettore di R 2 con coordinate (a, b) (piano di Argand Gauss), ma anche come elemento di GL(2, R), come segue. Definiamo l azione, per G C {0} e X C, (g, w) gw D.L. Ferrario 2009-apr-23 96
14 Geometria I 2009-apr con g G C {0} e w C R 2. Per ogni g G, l applicazione indotta g : X X è R-lineare, e quindi c è una funzione f : G GL(2, R). Osserviamo che f(g 1 + g 2 )f(g 1 )+f(g 2 ) e f(g 1 g 2 )f(g 1 )f(g 2 ) e che se c R e g C si ha f(cg) cf(g) (qui teniamo conto anche degli elementi non invertibili). La funzione f è anche iniettiva: f(g 1 )f(g 2 ) g 1 g 2. Se g 1 1 R C, allora [ ] 1 0 f(g 1 )f(1). 0 1 Se g 2 i C, allora per ogni w w 1 + iw 2 C si ha cioè g 2 w i(w 1 + iw 2 )iw 1 w 2 w 2 + iw 1 f(g 2 )f(i) [ ] [ ][ w1 Dunque, per l additività se z a + ib C, si ha [ ] [ ] [ ] a b f(z) f(a + ib) af(1) + bf(i) a + b b a [ ] a b In questo modo, le rotazioni (che si scrivono come con a b a 2 + b 2 1) corrispondono mediante la f ai numeri complessi di norma 1. Il prodotto di numeri complessi corrisponde al prodotto di matrici, la somma di numeri complessi, alla somma di matrici. Il coniugato del numero complesso z a + ib è z a ib, dunque [ ] a b f(z) [f(z)] t, b a cioè la trasposta di [ ] a b f(z). b a La norma di un numero complesso z a + ib è data da z 2 a 2 + b 2, che è anche zz (a + ib)(a ib) a 2 (ib) 2 a 2 + b 2. Tra matrici, si ha [ ][ ] [ ] a b a b 1 0 f(z)f(z) f(z)f(z) t (a 2 + b 2 ). b a b a 0 1 D.L. Ferrario 2009-apr w 2 ],
15 Geometria I 2009-apr Per ogni numero complesso z C, sia e z n0 Dato che z n z n, è una serie in C convergente (le serie parziali delle norme convergono e quindi... ). Osserviamo che ( )( e z e w z n ) w m n! m! n0 m0 ( ) z n w m n!m! k0 n+mk ( k ) k! z j w k j k! j!(k j)! k0 j0 ( k ( ) 1 k )z j w k j k! j k0 j0 1 (z + w)k k! e che Quindi k0 e z+w z n n!. e z (e z ) e 0 1. e iθ 2 e iθ e iθ e 0 1, cioè e iθ è un punto della circonferenza unitaria in C. In altre parole, la mappa R {a + ib C : a 2 + b 2 1} C, definta da θ e iθ è ben definita. Ricordiamo che 10 cos θ sin θ ( 1) k θ2k (2k)! ( 1) k θ 2k+1 (2k + 1)! k0 k0 10 Questa potrebbe essere una definizione delle funzioni trigonometriche cos e sin. D.L. Ferrario 2009-apr-23 98
16 Geometria I 2009-apr e dunque Cioè e iθ (iθ) n n0 n! n0, n2k (iθ) n + n! n1, n2k +1 (iθ) n n! (i) 2k θ2k (2k)! + (i) 2k+1 θ 2k+1 (2k + 1)! k0 ( 1) k θ2k (2k)! + i ( 1) k θ 2k+1 (2k + 1)! k0 k0 cos θ + i sin θ. k0 [ ] cos θ sin θ e iθ cos θ + i sin θ. sin θ cos θ Moltiplicare per e iθ un punto del piano complesso significa ruotarlo attorno all origine in senso antiorario di un angolo θ. Se z C, allora 11 e z z n 1 n! 1 n0 z n n! z + z2 2! + z3 3! +... n1 z n z( (n + 1)! ) n0 e z 1zr(z) dove se z < 1 il resto r(z) verifica z n r(z) (n + 1)! n0 z n r(z) (n + 1)! z n 1 1 z. ez 1 z 1 z. n0 n0 Osserviamo che, in conseguenza dell ultima disuguaglianza, la funzione C C definita da z e z è continua: se z 0 C e ɛ> 0, definiamo ɛ δ : > 0. e z 0 + ɛ 11 Si può usare la proprietà distributiva di C anche per somme infinite? D.L. Ferrario 2009-apr-23 99
17 Geometria I 2009-apr Segue che per ogni h C con h <δ si ha h 1 h < e z 0+h e z 0 e z 0 e h e z 0 e z 0 e h 1 δ e quindi 1 δ e z 0 h 1 h < ez 0 δ 1 δ ɛ e z 0 ɛ e z 0 e z 0 + ɛ e ɛ z 0 + ɛ 1 e z 0 + ɛ ɛ e z 0 + ɛ e z 0 + ɛ ɛ. e quindi z e z è continua in z 0 C. Di conseguenza anche cos θ e sin θ sono funzioni continue di θ. D.L. Ferrario 2009-apr
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