Licenziamenti collettivi e mobilità 529

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1 Licenziamenti collettivi e mobilità 529 seguente obbligo del datore di lavoro di reintegrare i lavoratori in base al principio generale del quod nullum est nullum producit effectum. Quest ultima conseguenza si produce secondo gran parte dell esegesi dottrinale anche in caso di violazione dei criteri di selezione del personale, mentre la Suprema corte sostiene che il lavoratore possa solo esperire un azione di danni per inadempimento contrattuale nei confronti del datore di lavoro GLI STRUMENTI LEGISLATIVI INTESI A SCONGIURARE IL RICORSO AI LI- CENZIAMENTI COLLETTIVI: LA CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI STRA- ORDINARIA, I CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ. La crisi economica verificatasi alla fine degli anni sessanta focalizza l interesse del legislatore sull utilizzazione di strumenti intesi a scongiurare il ricorso ai licenziamenti collettivi, al fine di tutelare l occupazione e di garantire la pace sociale. Fra questi un posto di notevole rilievo assume l istituto della Cassa integrazione guadagni straordinaria prevista dalla legge n. 115 del 1968 per il settore industriale la quale consente di sospendere i rapporti di lavoro e di erogare un trattamento economico in ipotesi di ristrutturazioni, riorganizzazioni e riconversioni aziendali o crisi aziendale di particolare rilevanza sociale. Si tratta di ipotesi che, a differenza di quanto si verifica per la versione ordinaria dell istituto, prescindono dai requisiti della non imputabilità ed involontarietà della situazione aziendale, della temporaneità della causa e del condizionamento della ripresa dell attività produttiva, che potrebbe anche non esserci. L istituto è concesso su autorizzazione dell autorità politica, ha limiti assai flessibili di durata ed è esteso da successivi provvedimenti sia a settori in crisi diversi da quello industriale, sia all ipotesi delle procedure concorsuali, qualora la continuazione dell attività non sia stata disposta o sia cessata. La sua disciplina è pertanto tale da consentirne un ampio utilizzo, in funzione sostanzialmente sostitutiva dell indennità di disoccupazione, magari in attesa di quei prepensionamenti, che la stessa legge n. 115 del 1968 introduce come ulteriore ausilio nelle situazioni di crisi e che ulteriori provvedimenti confermano con riferimento ai dipendenti di imprese di settori produttivi in crisi. La sostanziale sostituzione della disoccupazione palese con una disoccupazione occulta attuata per il tramite dell utilizzo estensivo della Cassa integrazione guadagni straordinaria sdrammatizza altresì il problema della scelta dei lavoratori da sospendere, che il legislatore in un primo tempo non affronta e che i lavoratori vorrebbero risolvere col ricorso ad un sistema di riduzione di orario uguale per tutti, da realizzarsi o meno col ricorso alla rotazione del personale. 4 Cfr. Cass. 20 marzo 1985, n. 2056, in Mass. giur. lav., 1985, 99; Cass. 9 aprile 1987, n. 3528, in Giust. civ., 1988, I, 1285; Cass. 12 aprile 1989, n. 1741, in Mass. giur. lav., 1989, 197. Cfr. anche Corte cost. 28 giugno 1985, n. 191.

2 530 Diritto del lavoro Dal canto suo la giurisprudenza della Suprema corte ritiene che l imprenditore eserciti un potere soggetto a limitazioni di carattere interno cioè di coerenza fra le proprie scelte e le finalità verso le quali è preordinata la concessione dell integrazione salariale ed esterno, cioè di specifiche norme di legge implicanti divieti di non discriminazione e rispetto delle regole di correttezza e buona fede. Dunque, alla luce di tali criteri, il datore di lavoro dovrà fornire la prova del nesso causale fra la sospensione del lavoratore e la causa integrabile, mentre spetterà al lavoratore provare eventuali discriminazioni. L orientamento viene avvallato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 694 del 1988, la quale osserva altresì che il criterio di rotazione fra i lavoratori non può essere applicato indiscriminatamente, ma sempre che lo consenta la situazione da sanare. Un ulteriore strumento alternativo ai licenziamenti collettivi peraltro di scarsa diffusione è quello dei contratti di solidarietà cosiddetta interna, che consistono in accordi aziendali stipulati coi sindacati aderenti alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale intesi a favorire la riduzione dell orario di lavoro al fine di evitare in tutto o in parte la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale (art. 1 della legge del 19 dicembre 1984, n. 863, successivamente modificato: dall art. 5 della legge del 19 luglio 1993, n. 236; dall art. 4, 1 comma della legge n. 451 del 1994; dall art. 6, 2, 3 e 4 comma; art. 9, 25 comma della legge n. 608 del 1996). Ai fini di incentivare l istituto rivolto a salvaguardare l occupazione in atto, con un ipotesi di scambio fra licenziamenti collettivi e riduzione dell orario di lavoro il legislatore riconosce vantaggi di carattere economico non solo ai lavoratori, ma anche ai datori di lavoro, che concordino la riduzione di orario. L aspetto di carattere premiale o incentivante varia a seconda che si tratti di datori di lavoro rientranti o meno nel campo di applicazione della vigente normativa sulla CIGS. Per quanto riguarda i primi, la riduzione dell orario di lavoro comporta a favore dei dipendenti l intervento della CIGS nella misura del 60% del trattamento retributivo perso per un periodo massimo di ventiquattro mesi (art. 6, 3 comma della legge n. 608 del 1996). A favore del datore di lavoro la CIGS si assume il carico delle quote di accantonamento relative alla retribuzione persa, a seguito della riduzione dell orario di lavoro per la determinazione del t.f.r. (art. 8, comma 2 -bis della legge n. 160 del 1988) e l impresa non è tenuta al versamento del contributo addizionale (art. 8, 8 comma della legge citata). Come si può notare, gli interventi incentivanti sono a carico della CIGS 5. Dunque si tratta di solidarietà sociale esterna all impresa e non già di solidarietà interna alla stessa. Per quanto riguarda le imprese non rientranti nel campo di applicazione della CIGS, che stipulino accordi intesi ad evitare o ridurre le eccedenze di personale è prevista la possibilità di accedere a un contributo disposto con decreto del Ministro del lavoro da ripartirsi in parti uguali tra imprenditore e lavoratori interessati (art. 5, 5 comma della legge n. 236 del 1993). 5 Cfr. d.m. 20 agosto 2002, modificato dal d.m. 16 settembre 2003.

3 Licenziamenti collettivi e mobilità 531 La legge n. 863 del 1984 prevede un ulteriore figura dei contratti di solidarietà, quelli di cosiddetta solidarietà esterna, che a differenza dei precedenti sono intesi ad incrementare gli organici attraverso l assunzione contestuale di nuovo personale a tempo indeterminato e con richiesta nominativa. Tali contratti sono dunque impostati su una visione di solidarietà fra lavoratori occupati e disoccupati e tendono a ridurre gli effetti della crisi occupazionale. In tale prospettiva, si prevede che un contratto aziendale stipulato dalle organizzazioni sindacali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale possa prevedere una stabile riduzione dell orario di lavoro e della retribuzione al fine di incrementare gli organici con la contestuale assunzione di nuovo personale a tempo indeterminato e con richiesta nominativa. A favore delle imprese che stipulino contratti di solidarietà esterni sono previsti contributi intesi ad integrare la retribuzione dei lavoratori che viene ridotta in conseguenza del contratto di solidarietà. 3. LE PROCEDURE DI MOBILITÀ DELLA LEGGE N. 675 DEL Ad un sistema di difesa intransigente del posto di lavoro realizzato con l uso estensivo della CIGS, che opera un congelamento della manodopera su posti di lavoro comunque destinati ad essere soppressi il legislatore cerca di sostituire un sistema di passaggio guidato da un posto di lavoro ad un altro, da reperire non più nell ambito dell impresa ristrutturata o riconvertita, ma nell ambito di imprese diverse. È il disegno contemplato dalla legge n. 675 del 1977 che prevede un meccanismo di trasformazione dei licenziamenti in trasferimenti collettivi, da attuarsi per il tramite di un canale privilegiato di assunzione dei lavoratori delle aziende in crisi gestito dalla Commissione regionale per l impiego. Si opera poi un collegamento fra CIGS e mobilità interaziendale, costituendo la prima lo strumento per garantire la continuità salariale nel momento di passaggio da un rapporto di lavoro in via di estinzione ad uno in via di formazione. Le procedure di mobilità sono attivate dal decreto ministeriale di dichiarazione dello stato di crisi occupazionale o dello stato di crisi aziendale e sono vincolanti nei confronti delle imprese appartenenti al settore industriale impegnate in processi di ristrutturazione o riconversione produttiva, anche se nei confronti delle stesse viene proposta la dichiarazione di fallimento senza continuazione dell attività. I licenziamenti collettivi sono sospesi durante l espletamento delle procedure e possono riprendere solo una volta esaurite le stesse, cioè dopo 30 giorni dalla pubblicazione formale delle graduatorie per la mobilità (art. 25, 8 comma della legge n. 675 del 1977). Le imprese tenute ad assumere i lavoratori non più per il tramite del collocamento ordinario, ma dalle liste di mobilità sono quelle con un numero di di-

4 532 Diritto del lavoro pendenti non inferiore a 35, che ottengono agevolazioni finanziarie a carico dello stato ovvero operano nello stesso settore produttivo delle imprese per le quali sia intervenuta la dichiarazione di crisi occupazionale. Al fine di agevolare il più possibile i meccanismi di mobilità, il legislatore consente poi che la Commissione regionale per l impiego possa approvare accordi direttamente intercorsi fra le parti sociali contenenti deroghe alla disciplina vincolistica del collocamento e che i lavoratori in possesso di qualifica professionale diversa da quella per cui è stata avanzata richiesta di assunzione frequentino corsi di riqualificazione, godendo del trattamento di CIGS (legge 9 febbraio 1979, n. 36). In realtà, il disegno di una mobilità guidata da posto a posto di lavoro specie se si vuole reperire quest ultimo nella stessa area professionale e nello stesso settore produttivo si dimostra in gran parte inefficace ed illusorio, soprattutto a cagione del carattere strutturale della crisi del sistema produttivo, interessato da una contrazione irreversibile dell occupazione nel settore industriale. Infatti, il nuovo tipo di società emergente alla fine degli anni settanta c.d. post-industriale o del terziario avanzato è sempre più basato sulla conoscenza come nuova risorsa strategica e dunque richiede un lavoratore altamente professionalizzato, in grado di gestire i processi continui di innovazione tecnologica per il tramite di una formazione professionale permanente. Tuttavia, poiché la distruzione del vecchio sistema produttivo procede più velocemente della creazione del nuovo, il legislatore si trova nella necessità di utilizzare ammortizzatori sociali in grado di fare fronte alle conseguenze della crisi economica. 4. L INTERVENTO DEL LEGISLATORE COMUNITARIO: LA DIRETTIVA N. 75/129/CE E SUCCESSIVE MODIFICHE. Proprio nel periodo in cui l ordinamento interno appare interessato dalla cosiddetta legislazione d emergenza, il legislatore comunitario emana la direttiva C.E.E. n. 129 del 17 febbraio 1975, successivamente modificata dalla direttiva 26 giugno 1992, n. 56/92. Ambedue gli atti normativi sono poi stati coordinati in un unico testo dalla direttiva 20 luglio 1998, n. 98/59, abrogativa delle precedenti. La normativa comunitaria definisce il licenziamento collettivo sotto i profili quantitativo-temporale e qualitativo. Più precisamente, è licenziamento collettivo per riduzione di personale quello effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti la persona del lavoratore, se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri: per un periodo di trenta giorni almeno pari a dieci negli stabilimenti che occupano abitualmente più di venti e meno di cento lavoratori; almeno pari al dieci per cento del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente cento e meno di trecento lavoratori; almeno pari a trenta negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno trecento lavoratori; oppure, per un periodo di novanta giorni, almeno pari a venti, senza tener conto del numero dei lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati.

5 Licenziamenti collettivi e mobilità 533 L entità della riduzione di personale viene accertata assimilando ai licenziamenti le altre ipotesi di cessazione del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti in senso stretto siano almeno cinque 6. Il legislatore comunitario sembra fare principalmente riferimento alle ipotesi di cessazione del rapporto diverse dal licenziamento, ma comunque riconducibili ad un unico disegno di riduzione degli esuberi di personale, come ad esempio i prepensionamenti o le risoluzioni negoziate del contratto. È poi compresa nel campo di applicazione della direttiva l ipotesi del licenziamento collettivo conseguente a cessazione dell attività dello stabilimento in seguito a decisione giudiziale. Peraltro, come ha chiarito la giurisprudenza della Corte di giustizia 7, la nozione di licenziamento contenuta nella direttiva n. 98/59/CE è molto ampia e deve essere intesa come qualsiasi cessazione del contratto di lavoro non voluta dal lavoratore e non corrispondente alla volontà del datore di lavoro. Sono pertanto comprese in tale nozione le ipotesi di fallimento, di procedure concorsuali, di espropriazione, di causa di forza maggiore, di cessazione dell attività di impresa a seguito di decesso dell imprenditore. Infatti, in tali casi, anche se non risulta attuabile una limitazione dei licenziamenti, è possibile, secondo la Corte, ricorrere a misure sociali di accompagnamento, come ad esempio la riqualificazione dei lavoratori. La direttiva prevede l obbligo di previa consultazione dei rappresentanti dei lavoratori i quali possono farsi assistere da esperti al fine di esaminare la possibilità di evitare i licenziamenti, nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati. Si prevede altresì l obbligo dell ulteriore notifica dei licenziamenti all autorità pubblica competente con la conseguente sospensione degli stessi per un certo tempo al fine di cercare soluzioni alternative. Va inoltre rilevato che la direttiva nella sua versione più recente prevede che siano soggetti agli obblighi previsti i datori di lavoro facenti parte di gruppi multinazionali. In altre parole, il datore di lavoro cosiddetto diretto non può sottrarsi alla consultazione sindacale, adducendo la mancata trasmissione delle informazioni necessarie da parte dell impresa che abbia preso la decisione determinante il licenziamento collettivo (art. 2, par. 4, 1 comma). La Corte ritiene altresì che la direttiva si applichi anche alle unità produttive di una singola impresa 8 6 In tal senso è anche la giurisprudenza di legittimità. Cfr. Cass. 6 novembre 2001, n , in Guida al lavoro, 2002, n. 3, 22; Cass. 1 marzo 2003, n. 3068, ivi, 2003, n. 15, 56; Cass. 9 agosto 2003, n , ibidem, n. 40, 18; Cass. 20 ottobre 2003, n , ibidem, n. 48, 44; Cass. 17 novembre 2003, n , ivi, 2004, n. 3, 62; Cass. 2 gennaio 2007, n. 1334, ivi, 2007, n. 15, Cfr. Corte giust. CE, 12 ottobre 2004, causa 55/02, in Orient. giur. lav., 2004, III, Cfr. Corte giust. 15 febbraio 2007, n. C-270/05, in Guida al lavoro, 2007, n. 13, 22.

6 534 Diritto del lavoro 5. IL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA NELL ORDINAMENTO INTERNO: L ART. 25 DELLA LEGGE N. 675 DEL Le indicazioni comunitarie sono accolte solo parzialmente dall art. 25, 8 comma della legge n. 675 del 1977, che, con una formulazione piuttosto vaga, così si limita a disporre: nei settori nei quali non siano previste procedure sindacali, le aziende che intendano procedere a licenziamenti per riduzione di personale, dovranno comunicarli all Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, che provvederà a convocare le parti. Non vengono specificati né i soggetti, né i contenuti della procedura sindacale e manca altresì qualsiasi riferimento al controllo pubblico. In realtà, come si è visto, per il settore industriale e gli altri successivamente specificati dal legislatore la CIGS e le procedure di mobilità paralizzano l efficacia del licenziamento collettivo per un periodo ben superiore a quello previsto dalla direttiva. Il problema si pone comunque per i lavoratori dipendenti da imprese non rientranti in quelle citate e per i datori di lavoro non imprenditori. Anche la nozione di licenziamento collettivo indicata dalla direttiva non viene recepita dalla giurisprudenza della Suprema corte. Infatti, quest ultima continua a ritenere che l ipotesi in esame si colleghi ad una pluralità di destinatari quanto meno ad un numero superiore all unità ma riguardi solo la riduzione o trasformazione rilevante e definitiva dell attività economica dell impresa, che comporti eventualmente anche la soppressione di elementi materiali dell azienda. In tale prospettiva, non viene dunque considerato licenziamento collettivo, ma recesso plurimo per giustificato motivo oggettivo, quello determinato da trasformazione o riduzione dell attività di lavoro, che comporti incrementi di produttività, in quanto conseguente all introduzione di innovazioni tecnologiche. L orientamento interpretativo non solo non appare in sintonia con le indicazioni comunitarie e col contenuto degli accordi interconfederali, ma non sembra nemmeno giustificato dall esigenza di ritagliare uno spazio di differenziazione fra licenziamento per giustificato motivo oggettivo e licenziamento per riduzione di personale, una volta che anche quest ultimo è ritenuto pur sempre soggetto a controllo giudiziale. È semmai probabile che l atteggiamento giurisprudenziale sia influenzato non solo dalla logica della legislazione dell emergenza la quale affronta soprattutto problematiche legate alle contrazioni di attività produttiva ma anche dalla volontà, più o meno esplicita, di delimitare in modo restrittivo la nozione di licenziamento collettivo e, con essa, la relativa disciplina regolatoria, estendendo per converso il campo applicativo della collaudata e protettiva tutela di cui alle leggi nn. 604 del 1966 e 300 del 1970, invocabili proprio sulla scorta della irriducibilità dei licenziamenti c.d. tecnologici all area definitoria ritagliata per il licenziamento collettivo.

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