Italiani e Artico di Ciro Paoletti

Transcript

1 Italiani e Artico di Ciro Paoletti Nonostante avessero nozione dell Artico e delle sue acque e nonostante alcuni navigatori, da Querini ai Caboto e forse anche a Colombo, le avessero solcate dopo l inizio del XVI Secolo, per 360 anni gli Italiani non fecero alcun tentativo d esplorare l Artico, finché due ufficiali della Regia Marina, e poi un terzo, decisero di provare. Nel Passaggio a Nordest Nel 1872 il barone svedese Adolf Erik Nordenskiöld organizzò una spedizione artica e prese con sé un ufficiale della Regia Marina, il tenente di vascello Parent. Sfortunatamente, poco dopo il ritorno Parent morì, cosicché, quando nel 1877 Nordenskiöld organizzò un altra spedizione, il presidente della Reale Società Geografica Italiana, barone Cristoforo Negri, gli offrì la partecipazione d un altro ufficiale della Regia Marina, che questa stessa avrebbe scelto. Nordenskiöld accettò e da Roma mandarono il tenente di vascello Giacomo Bove. Era un esperto geografo e buon idrografo. Era stato in Giappone, Cina e India, nel Borneo e nelle Filippine, per cui aveva una buona esperienza come esploratore, anche se non conosceva l Artico. Nordenskiöld era interessato al Passaggio a Nordest, se c era, per arrivare in Cina e Giappone dal Partite in ritardo e in maniera discontinua, oggi le esplorazioni italiane dell Artico sono all avanguardia nella ricerca nord. Nel precedente viaggio del aveva raggiunto la foce dello Jenisei, ma l autunno gli aveva impedito di procedere. Il 24 giugno 1878, la nuova spedizione lasciò Carlskrona e il 16 luglio entrò nel Mar Glaciale Artico. Nordenskiöld aveva scelto per il viaggio un ex-baleniera, la Vega, ed era accompagnato dai tre vaporetti di supporto, Lena, Express e Fraser. La prima zona di mare ghiacciato fu incontrata solo in agosto e, mentre esplorava l area intorno al piccolo centro abitato siberiano di Dikson, Bove scoprì un nuovo arcipelago, che battezzò Vega, e alcune isole che, col permesso di Nordenskiöld, chiamò Isola Re Umberto; Isola Brin; Isola Negri; isola Bucchia (in onore del ammiraglio Bucchia); isola Correnti (in onore di Cesare Correnti, patriota lombardo ed ex-presidente della Società Geografica Italiana) e isola Accinni (in onore del comandante Enrico Accinni con cui, sul Magenta, era stato in Estremo Oriente), ma la Punta Correnti fu dalla spedizione ribattezzata Capo Bove in suo onore. L Express e il Fraser si staccarono e tornarono verso lo Jenisei, mentre il 10 agosto la Vega e la Lena proseguivano e, il 17, esploravano lo Stretto di Taimir, proseguendo verso il Capo Celiuskin. Raggiunta la foce della Lena anche il vaporetto Lena si staccò in direzione sud. La Vega proseguì da sola e 21

2 Un ritratto del tenente di Vascello Massimo Bove eseguito subito dopo il suo rientro dalla spedizione artica; in apertura la nave del Duca degli Abruzzi, la Stella Polare, sbarca del materiale nella Baia di Teplitz trovò ghiaccio sempre più compatto, poi il pack e alla fine, quando il mare gelò del tutto, il 28 settembre 1878 si fermò a svernare a Pitlekai, nella penisola dei Ciukci, rimanendoci fino al disgelo, nel luglio Il 18 luglio 1879, il ghiaccio si sciolse abbastanza da consentire la partenza. Due giorni più tardi, la Vega traversò lo Stretto di Bering e, dopo una sosta in Alaska e nell isola di San Lorenzo, il 2 settembre arrivò a Yokohama. Il Passaggio a Nordest era stato trovato e, quando fosse stato privo di ghiaccio, come cominciò ad accadere dal 2007, avrebbe ridotto la rotta da Rotterdam a Yokohama dalle miglia via Suez alle sole di quella dell Artico: una diminuzione del 42%. Nel 1880, Bove pubblicò, in varie puntate, sulla Rivista Marittima, un dettagliato resoconto della sua partecipazione alla spedizione Nordenskiöld. Poi organizzò una spedizione verso il Circolo Polare Antartico nel e nel 1887 esplorò il basso Congo, da dove però rientrò tanto ammalato da morire nello stesso anno. 22 Il Duca degli Abruzzi e Cagni verso il Polo Vent anni dopo la partenza di Bove per l Artico, nel 1899, Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi, all epoca tenente di vascello, organizzò una spedizione verso il Polo Nord. Al di là del raggiungimento del Polo, restava da capire e il dubbio sarebbe durato decenni se l Artico fosse un mare ghiacciato o contenesse delle terre. Nella primavera del 1899, il duca arrivò in Norvegia con altri dieci italiani, tra cui il capitano di fregata Umberto Cagni, il tenente di vascello Francesco Querini, il tenente medico Achille Cavalli Molinelli e i marinai Canepa e Cardenti. A Cristiania, l odierna Oslo, il Duca comprò la Jason, una baleniera da 570 tonnellate, che ribattezzò Stella Polare e mandò ai lavori per modificarla secondo le caratteristiche d una nave bestiame. Seguendo l esempio della Fram di Nansen, la chiglia tonda sarebbe sfuggita alla pressione dei ghiacci e le altre modifiche erano intese a renderla più resistente alle sollecitazioni che avrebbe ricevuto nelle regioni polari. Terminati i lavori, i1 12 giugno il duca salpò per Arcangelo, che lasciò il 12 luglio diretto al Polo. Compreso lui, il capitano e i marinai norvegesi dell equipaggio, la spedizione era composta da 21 persone. Navigarono fino alla Terra di Francesco Giuseppe. Sull isola Rodolfo stabilirono un campo in cui passare l inverno e si prepararono a raggiungere il Polo in primavera, su slitte trainate da cani. L inverno portò al Duca il congelamento e l amputazione di alcune falangi. Al momento della partenza per il Polo aveva ancora il braccio sinistro al collo e, capendo che in quelle condizioni sarebbe stato d impaccio, passò il comando della marcia a Cagni e rimase ad aspettarlo insieme agli altri al campo stabilito nei pressi della Stella Polare. Accompagnate per un primo tratto dal capitano della nave e da due marinai, le tre pattuglie di Cagni partirono l 11 marzo Contavano di farcela, ma non fu così. La temperatura si abbassò considerevolmente e toccò i 53. La marcia fu rallentata dalle condizioni del ghiaccio una volta Cagni si trovò davanti un improvvisa barriera alta 15 metri, creata in un attimo dal cozzo dei ghiacci e la velocità scese a 4 chilometri in una dozzina di ore. La lentezza allungò il viaggio e rese chiaro che i viveri non sarebbero bastati né a tutti, né a ragsettembre-ottobre 2015

3 migliore dei casi, distava ancora almeno otto chilometri dal Polo, per cui la gloria d esservi arrivati per primi, anche se non quella d averlo calpestato, spettava non a loro, ma ad Amundsen, Nobile, Elmsworth ed agli altri, civili e militari, norvegesi e italiani, giunti là col Norge nel 1926, incidentalmente i primi esploratori italiani che fossero tornati nell Artico dopo il Duca degli Abruzzi. Amundsen, Nobile e il Norge attraverso l Artico e sul Polo Nella primavera del 1924 Roald Amundsen, il conquistatore del Polo Sud, decise di tentare di raggiungere il Polo Nord in volo. Provò senza successo in aereo nel 1925 e il fallimento lo convinse a ritentare in dirigibile. Poiché l Italia aveva firmato il Trattato delle Svalbard relativo allo sfruttamento dell Artico e produceva dirigibili, Amundsen trattò col generale Umberto Nobile, allora capo dello Stabilimento Costruzioni Aeronautiche di Roma e, nel 1926, giunse a un accordo. L Aero Club di Norvegia avrebbe comprato il dirigibile italiano N. 1, ribattezzato Norge, di cui Nobile sarebbe stato il comandante, con un equipaggio di Norvegesi e Un immagine inusuale di Luigi Amedeo di Savoia Aosta in tenuta alpinistica giungere il Polo e tornare. Di conseguenza Cagni spedì indietro una prima pattuglia, comandata da Querini e comprendente una guida e l unico norvegese presente e poi una seconda, comandata dal dottor Cavalli Molinelli. Lui invece avanzò con soli tre uomini fino a che, stremati e affamati, il 24 aprile 1900, innalzarono il tricolore a nord. Nel 1895 Nansen era arrivato a 86 13,6 nord. Con poco cibo, Cagni cercò di rientrare. La marcia fu terribile, finirono fuori strada, ma alla fine, il 23 giugno 1900, arrivarono. Il 16 agosto, persa qualsiasi speranza di ritrovare Querini, che si era perso per strada con la sua pattuglia, mentre Cavalli era riuscito a tornare, la Stella Polare lasciò l isola Rodolfo e puntò sulla Norvegia. Durante la permanenza laggiù, la spedizione aveva esplorato e rilevato la costa settentrionale dell isola Rodolfo e altre due isole. Nel 1909 Robert Peary asserì d aver raggiunto il Polo e Frederick Cook protestò d averlo fatto prima lui l anno precedente. Solo nel 1997 Robert Bryce, analizzando i diari e le carte di Cook e Peary, finalmente resi disponibili, poté dimostrare che Cook, nel 1908, era arrivato poco oltre gli 87 47, mentre Peary era tornato indietro quando, nel Umberto Cagni, qui in uniforme da capitano di vascello, tentò con grande abnegazione senza però riuscirvi, di raggiungere il Polo 23

4 L Italia, un dirigibile semirigido tipo N5 sostenuto da sacche di idrogeno, effettua l operazione di atterraggio alla Baia del Re, nell isola di Spitbergen, in Norvegia Italiani, trasportando Amundsen e il finanziere americano Ellsworth, che sosteneva l impresa con dollari. Il Norge lasciò Roma il 10 aprile 1926, passò per Pulham e Oslo e arrivò a Leningrado il 15 aprile. Dopo una sosta di 15 giorni dovuta al maltempo, il 5 maggio ripartì e il 7 arrivò alla Baia del Re, nell arcipelago delle Svalbard, o Spitsbergen, dal nome dell isola maggiore del gruppo. Amundsen intendeva accertare l esistenza o meno d un continente o d una terra nella parte ancora ignota dell Artico intorno al Polo. L 11 maggio 1926, alle 9,50 di Greenwich, il Norge lasciò la Baia del Re per il Polo. Nessuno ci era ancora mai arrivato, nonostante tutte le affermazioni degli americani. Infatti, dopo Peary nel 1909 e appena due giorni prima della partenza del Norge, il 9 maggio 1926 Richard Evelyn Byrd della US Navy e il pilota Floyd Bennet avevano provato a volare sul Polo partendo dalle Svalbard, annunciando d averlo raggiunto una volta rientrati alla base nella Baia del Re. Le prove sembrarono dubbie fin da allora e le discussioni in merito cominciarono subito, terminando solo quando, nel 1996, il diario di Byrd fu reso pubblico e si scoprì che alla data del 9 maggio 1926 risultavano leggibili, benché cancellati, dei dati letti al sestante che differivano molto da quelli del rapporto ufficiale scritto a macchina da Byrd e presentato il 22 giugno alla National Geographic Society. Byrd aveva preso il punto al sestante alle 7,07 e 10 secondi ora di Greenwich e i dati cancellati nel suo diario riportavano un elevazione apparente del sole di , mentre il suo successivo rapporto dattiloscritto riferiva che alle medesime ore 7,07 e 10 secondi l elevazione del sole sull orizzonte era stata di Sulla base di questo e di altri dati del diario, l astronomo e storico della scienza americano Dennis Rawlins concluse che Byrd aveva pilotato bene e coperto circa l 80% della distanza, arrivando a 243 chilometri dal Polo prima di tornare indietro per colpa d una perdita 24

5 d olio dal motore, ma che in seguito aveva falsificato il rapporto ufficiale per dimostrare d aver raggiunto il Polo. Altre fonti asseriscono che più tardi sia Floyd Bennett sia Byrd ammisero, in conversazioni private, di non avercela fatta e che Bennett in seguito confidò a un altro pilota di non aver raggiunto il Polo. Infine, già nel 1930, Byrd stesso confessò il suo insuccesso al geografo Isaiah Bowman, direttore dell American Geographical Society. Dunque, per tornare al Norge, il 12 maggio 1926, all 1,30 del mattino di Greenwich, per la prima volta nella storia il Polo Nord fu raggiunto, anche se non toccato materialmente. Le bandiere di Norvegia, Italia e Stati Uniti furono lasciate cadere sul pack e il Norge fece rotta a ovest verso l Alaska, più o meno lungo il meridiano 150. Raggiunse la costa dell Alaska il 13 maggio alle 7,35 del mattino e, invece d arrivare a Nome, fu costretto dal maltempo a scendere circa 100 miglia prima, a Teller, il 14 maggio 1926 alle 7,30 antimeridiane di Greenwich, le 20,30 locali. Il primo volo sul Polo era finito e non era stata trovata alcuna traccia di terra: l Artico era un oceano ghiacciato e, come Nobile scrisse più tardi, lo si poteva capire perché il pack era stato sempre frastagliato e accidentato, come sul mare, non piatto com è sulla terra. La regia nave posacavi Città di Milano, utilizzata come unità logistica e picchetto radio per ricevere le comunicazioni dell Italia e rilanciarle in caso di necessità Il disastro dell Italia Nel 1928 Nobile fece un secondo volo polare, sia per esplorare l Artico, sia per dimostrare che i dirigibili potevano andare senza scalo dall Europa all Asia o alla costa occidentale Americana, dalla Scandinavia a Tokio e San Francisco. Questa volta Nobile adoperò il dirigibile N. 4, ribattezzato Italia, della stessa classe del Norge, da metri cubi come il capoclasse. Trasferito in volo da Roma a Milano, l Italia lasciò Milano con un equipaggio misto di civili e di militari della Marina e dell Aeronautica il 15 aprile 1928 all 1,55 del mattino e, via Stolp, l odierna Słupsk, il 6 maggio arrivò a Ny-Ålesund, dove trovò la regia nave posacavi Città di Milano mandata a fornirgli appoggio logistico. Nei giorni seguenti il maltempo impedì il volo. Solo dopo mezzodì del 15 maggio il dirigibile mollò 25

6 Uno degli eroi della spedizione fu Giuseppe Biagi, l operatore radio che, riparando il suo apparato Ondina 33 rimasto danneggiato nell urto con il pack, riuscì a lanciare un SOS che non venne captato dal Città di Milano, ma da un radioamatore russo che diede l allarme; al suo fianco la copertina della Domenica del Corriere raffigurante il momento del disastro gli ormeggi verso la zona inesplorata della Terra del Nord, ma, passata la Terra di Francesco Giuseppe, il vento e il cattivo tempo gli impedirono di proseguire, per cui Nobile rientrò a Ny-Ålesund, passando sulla costa nordoccidentale della Novaja Zemlja da Capo Vlissinger a Capo Nassau e poi sulla Terra di Nord-Est, dove notò sia l assenza dei ghiacciai segnati sulle mappe, sia che alcune montagne erano più alte di quanto indicato dalle carte. In totale il volo era durato 69 ore, poco meno di tre interi giorni. Il 23 maggio 1928, alle 4,28 del mattino l Italia lasciò Ny-Ålesund per quello che si pensava essere un volo di sole 40 ore. A causa del vento contrario, il dirigibile procedette verso ovest e la Groenlandia e, arrivato a Capo Bridgman, virò a nord. Il 24 maggio, alle 0,20 del mattino, l Italia era sul Polo e scese fino a 120 metri sulla banchisa. Due ore dopo iniziò il rientro verso le Spitsbergen e incappò in vento contrario a 50 chilometri orari, per cui la sua velocità a tutta forza calò da 110 a solo 60 chilometri all ora. Il 25 maggio, alle 10,30 del mattino, l aeronave cominciò ad abbassarsi e due minuti dopo si schiantò sulla banchisa. In una manciata di secondi la cabina rimase sul pack con la maggior parte dell equipaggio, mentre l involucro risaliva cogli altri. Pochi minuti dopo, i superstiti videro un alta e densa colonna di fumo nero a circa 30 chilometri di distanza e l ingegner Trojani scrisse poi che era uguale a quella che aveva visto quando il dirigibile N. 3 s era incendiato a Ciampino mentre lo sgonfiavano. Il disastro era successo non molto lontano da Capo Platen, sul lato settentrionale della Terra di Nord-Est, esattamente 30 miglia a nord dall isola di Carlo XII, ma, nonostante la radio dei naufraghi ricevesse e, opportunamente riparata dal radiotelegrafista Biagi, riuscisse a trasmettere, non era sentita dal Città di Milano alla Baia del Re, il 26

7 Il generale Umberto Nobile regge in braccio la sua cagnetta, Titina che, trovandosi a bordo dell Italia, condivise la sorte del suo padrone. Per volontà di questo, alla sua morte venne imbalsamata e oggi è esposta in una teca del Museo dell Aeronautica di Vigna di Valle presso Roma quale, a sua volta riceveva le trasmissioni da Roma e dal resto del mondo. Come si sa bene, alla fine, il 3 giugno, i sopravvissuti furono sentiti da un radioamatore russo, che avvertì le proprie autorità. Navi e aerei intensificarono le loro ricerche e, il 12 luglio 1928, dopo che Nobile era stato portato via da un aereo svedese, i sopravvissuti furono salvati dal rompighiaccio russo Krassin. Il volo di Nobile determinò l abbandono dei dirigibili in Italia e, per lungo tempo, anche delle esplorazioni italiane nell Artico, dove gli Italiani sarebbero tornati solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, con le missioni dell Istituto Polare e con le ricerche fatte dall ENI e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, tanto nella base Dirigibile Italia appositamente costruita a Ny-Ålesund grazie al memorandum di cooperazione scientifica italo-norvegese del 1997, quanto col Progetto europeo ERICON. Questo, il cui acronimo significa European Research Icebreaker CONsortium, è gestito dalla Fondazione Europea per la Scienza European Science Foundation e dall Alfred Wegener Institute e comprende quindici membri europei e non, fra i quali il CNR e il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide. Si tratta d un progetto da 800 milioni di euro, a cui la Commissione Europea partecipa coi fondi del 7 Programma Quadro, ed è volto alla costruzione e impiego dello speciale e modernissimo rompighiaccio Aurora Borealis. Per il quale è stata proposta dalla Finlandia anche una versione ridotta denominata Aurora slim dal costo di soli 500 milioni. Aurora Borealis, la cui entrata in servizio è prevista per il 2016, è progettato come un rompighiaccio pesante con capacità di perforazione di metri di fondali giacenti a una profondità di metri sotto il pelo dell acqua. Dovrebbe essere multifunzionale ed utilizzabile per ricerche oceanografiche, biologiche e geologiche, da farsi tanto in Artide che in Antartide lungo tutto l arco dell anno, sia in acque costiere sia in altura. La costruzione, cominciata nel 2012, dovrebbe portare nel 2016 a un rompighiaccio da tonnellate, lungo 199 metri, i cui motori diesel elettrici dovrebbero sviluppare una potenza di 81 Megawatt, consentendogli di raggiungere il 98% dell area artica con a bordo 120 persone fra equipaggio e ricercatori e con un autonomia d impiego di non meno di 90 giorni. L Italia è profondamente coinvolta nella definizione del piano scientifico e della struttura di gestione della nave. 27