2- PIANTA DELL AGAVE
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- Valerio Neri
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1 2- PIANTA DELL AGAVE Le Agavi sono originarie delle zone tropicali e subtropicali del continente americano, con particolare riguardo al Messico, Indie occidentali, America meridionale. Le loro caratteristiche ne hanno permesso l ampia diffusione nella regione mediterranea. Verso il quarantesimo anno di età emette uno scapo fiorale riversando in esso tutta l energia con morte della pianta stessa. CICLO BIOLOGICO : Le xerofite o piante xerofile sono vegetali adattati a vivere in ambienti caratterizzati da lunghi periodi di siccità o da clima arido o desertico, definiti genericamente ambienti xerici. Una categoria particolare di piante xerofile presenta anche adattamenti a vivere su suoli ad elevato accumulo di salinità; in questo caso le piante sono denominate alofite e possono colonizzare anche ambienti umidi, ma che per l'elevata tensioneosmotica mantengono prerogative analoghe a quelle degli ambienti xerici.
2 CONDIZIONE AMBIENTALI: Le condizioni ambientali in cui si insediano le xerofite sono caratterizzate da terreni generalmente asciutti o permeati da acque salse e da un'atmosfera secca. Tali condizioni sono sfavorevoli alla vita delle piante normali in quanto l'aria secca intensifica la traspirazione senza la compensazione da un adeguato assorbimento idrico da parte delle radici: in assenza di adattamenti morfologici o fisiologici di tipo xerofitico, le piante vanno incontro all'appassimento temporaneo e, infine, all'avvizzimento. L ADATTAMENTO: Gli adattamenti xerofitici, sviluppati sotto l'aspetto morfologico o fisiologico, hanno lo scopo di limitare l'impatto del deficit di umidità, rallentando la traspirazione e le perdite d'acqua per evaporazione dai tessuti, oppure di attivare meccanismi fisiologici che permettono la sopravvivenza in condizioni critiche per tempi anche molto lunghi. L'adattamento alla siccità non si accompagna necessariamente ad un adattamento all'alta temperatura: la siccità di un ambiente può essere dovuta ad una scarsa piovosità e ad uno scarso apporto idrico anche in ambienti freddi. Tuttavia l'alta temperatura è uno dei fattori principali che intensificano l'evapotraspirazione, perciò gli adattamenti xerofitici sono spesso accompagnati da adattamenti ad alte temperature. In questo caso le piante sono dette anche termoxerofite o termoxerofile. Rientrano in questa categoria le piante tipiche degli ambienti aridi o desertici delle regioni temperate calde e di quelle tropicali Gli adattamenti più evidenti del fusto e dei rami, che si riscontrano in un gran numero di piante xerofile, riguarda la presenza di un tessuto parenchimatico, detto parenchima acquifero, in grado di accumulare riserve d'acqua. Questa proprietà è dovuta alla presenza di mucillagini nei vacuoli, che hanno la proprietà di richiamare e trattenere cospicue quantitativi d'acqua. Le piante che mostrano questo adattamento sono comunemente chiamate piante succulente o piante grasse per la consistenza carnosa e l'elevato tenore in acqua del fusto o delle foglie. In altri piante la proprietà di accumulare acqua è affidata all'epidermide pluristratificata. Le piante succulente si annoverano in particolare nelle famiglie delle Cactaceae, delle Euphorbiaceae e delle Crassulaceae, tuttavia sono numerose le specie succulente appartenenti ad altre famiglie. Questo carattere si accompagna spesso alla perdita precoce delle foglie o al loro mancato o ridotto sviluppo o alla loro trasformazione in spine, perciò i rami assumono anche la funzione di svolgere la fotosintesi. Ad esempio, nel fico d'india le foglie sono presenti solo nei giovani germogli ma vengono perse precocemente, mentre i rami, detti cladodi, assumono una forma appiattita per svolgere al meglio la funzione fotosintetica.
3 La mancanza delle foglie e il passaggio della funzione fotosintetica ai rami è un adattamento xerofitico che non si accompagna necessariamente alla presenza dei parenchimi acquiferi, anche se questo adattamento è meno diffuso. Un e- sempio di questo comportamento è il pungitopo, nel quale le apparenti foglie sono in realtà rami fortemente appiattiti e che assumono una disposizione e una forma del tutto analoga a quella delle foglie Singolari sono la morfologia e l'anatomia dei Pachypodium, piante succulente dell'africa. I Pachypodium hanno un portamento dendroide e riassumono più caratteri xerofitici che conferiscono un habitus analogo a quello delle Cactaceae e delle Euphorbiaceae succulente. FUSTO: Il fusto, detto specificamente pachicaule, ha uno spiccato ingrossamento alla base ed è sede di accumulo di riserve idriche, mentre la parte superiore e le rade ramificazioni portano un apparato fogliare poco sviluppato. L'intero apparato di sostegno, fusto e rami, svolge anche funzioni fotosintetizzanti che integrano oppure sostituiscono del tutto la funzione svolta dalle foglie. La specificità dell'habitus dei Pachypodium risiede nel fatto che l'apparato fogliare, pur essendo ridotto nel complesso, è composto anche foglie dal lembo piuttosto sviluppato, portando ad un marcato contrasto morfologico fra il fusto e parte superiore. RADICI: L'apparato radicale non presenta sostanziali adattamenti morfologici, tuttavia può essere considerato un carattere tendenzialmente xerofitico la profondità delle radici. In generale la maggior parte dell'apparato radicale delle piante si sviluppa nei primi decimetri di profondità, dove l'attività chimica e biologica è più intensa. In ambienti aridi diverse specie approfondiscono una parte delle radici anche di alcuni metri, riuscendo ad assorbire l'acqua eventualmente presente in strati più profondi. FOGLIE: L'apparato fogliare delle specie xerofile è quello che in generale presenta gli adattamenti più determinanti. La xerofilia nelle foglie può esprimersi in vari modi. I più frequenti sono i seguenti: riduzione della superficie traspirante;
4 elementi istologici che aumentano la resistenza intrinseca al flusso di vapore verso l'atmosfera; elementi istologici che rallentano le perdite d'acqua per evaporazione. La riduzione della superficie traspirante si manifesta con meccanismi differenti, anche combinati, che si riconducono ad una riduzione del numero delle foglie o della loro ampiezza o all'assunzione di forme adatte a disperdere minori quantità d'acqua. FOTOSINTESI: La fotosintesi CAM (acronimo di Crassulacean Acid Metabolism), attuata nelle Crassulaceae, nelle Cactaceae e in alcune specie di altre famiglie (es. Ananas, Agave, ecc.), è un adattamento xerofitico vero e proprio perché consente lo svolgimento della fotosintesi anche con gli stomi chiusi. Nelle vie metaboliche ordinarie delle piante C3 e delle piante C4, infatti, la fotosintesi necessita dell'apertura degli stomi affinché si svolgano gli scambi gassosi (ingresso della CO 2 e uscita dell'o 2. In caso di chiusura degli stomi, pertanto, le piante non svolgono la fotosintesi. Nelle piante a metabolismo CAM si svolge una via metabolica alternativa che rappresenta un'evoluzione adattativa del ciclo di Calvin, proprio delle piante C3. La fase luminosa e la fase buia sono infatti separate nel tempo: durante la notte la pianta apre gli stomi, permettendo l'ingresso della CO 2 che sarà fissata da un acido a tre atomi di carbonio (C 3 ), prevalentemente l'acido malico, accumulato nei vacuoli. Durante il giorno, a stomi chiusi, gli acidi C 4 accumulati nel corso della notte saranno metabolizzati nel ciclo di Calvin. La via metabolica CAM ha un'efficienza fotosintetica molto bassa, tuttavia permette lo svolgimento della fotosintesi in condizioni ambientali che impedirebbero le altre vie. Un aspetto interessante del metabolismo CAM consiste nel fatto che pur avendo una base genetica, il meccanismo è innescato dalle condizioni ambientali: la fotosintesi CAM si svolge infatti in condizioni di clima arido, ma in occasione di giornate umide, ad esempio dopo un temporale, le piante CAM svolgono il ciclo di Calvin secondo il meccanismo delle piante C 3. La fotosintesi CAM, pertanto, va intesa come una risorsa metabolica integrativa che consente il proseguimento dell'attività vegetativa anche in condizioni proibitive. DISIDRATAZIONE: La capacità di disidratare e reidratare i tessuti è forse uno degli adattamenti xerofitici più estremi, diffuso per lo più fra gli organismi inferiori. Casi molto più rari si riscontrano tuttavia anche nelle Piante. L'esempio più spettacolare è quello della rosa di Gerico, emblematicamente chiamata anche Pianta della Resurrezione. Questa licopodiofita è in grado di disidratare completamente i tes-
5 suti dei propri microfilli e sopravvivere a condizioni di ambiente secco anche per decine d'anni restando in uno stato di latenza; con la completa reidratazione la pianta riacquista la vitalità e la funzionalità senza perdere le proprie strutture morfo-anatomiche. Un fenomeno di questo genere ricorda approssimativamente la proprietà di molti microrganismi, come ad esempio i lieviti, di essere conservati per liofilizzazione e rivitalizzati con la reidratazione. Singolare è trovare un comportamento simile, in natura, presso organismi più complessi come le Licopodiofite, piante vascolari affini alle Felci. La particolarità di questo comportamento lo differenzia nettamente dagli altri adattamenti xerofitici. Infatti, nei casi precedenti si assiste ad adattamenti che presuppongono il mantenimento dell'attività vegetativa in condizioni più o meno estreme; oppure la perdita, in condizioni sfavorevoli, degli organi che rappresentano il fattore di criticità, salvo poi rigenerarli al ripristino delle condizioni favorevoli; oppure l'adattamento dei ciclo biologico all'alternanza fra condizioni favorevoli e sfavorevoli. L'esame microscopico dei tessuti disidratati mostra una particolare struttura cellulare nella pianta disidratata, in cui si evidenziano in particolare i cloroplasti schiacciati. Con la reidratazione le cellule si rivitalizzano, gli organuli cellulari ripristinano la loro morfologia funzionale e le attività biochimiche si riavviano. APPARATO FOGLIARE
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