Vito Pignatelli ENEA, Gruppo Sistemi Vegetali per Prodotti Industriali
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- Beniamino Palmieri
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1 PRESENTE E FUTURO DEI BIOCARBURANTI Vito Pignatelli ENEA, Gruppo Sistemi Vegetali per Prodotti Industriali Il diffuso e crescente interesse per l utilizzazione a fini energetici di materie prime di origine agricola o, più in generale, biologica (la cosiddetta Bioenergia ) ha recentemente alimentato il dibattito su quali siano e possano essere in futuro i rapporti fra la produzione di alimenti, che costituisce la funzione primaria dell agricoltura, e la destinazione di quantitativi rilevanti di prodotti agricoli alla produzione di energia e/o biocarburanti. Si tratta, in effetti, di un problema reale che, anche alla luce dei recenti accordi fra alcune società petrolifere europee (fra cui l italiana ENI) e di Paesi terzi, in primo luogo Brasile, per la fornitura di ingenti quantitativi di etanolo da utilizzare in Occidente come additivo delle benzine e della crescente importazione di olio di palma da Paesi del Sud-Est asiatico per la produzione di energia elettrica o di biodiesel, rischia di riflettersi pesantemente sia sui delicati equilibri ambientali dei Paesi produttori, sia sulla sicurezza delle forniture alimentari per le popolazioni di questi Paesi e, più in generale, della parte meno sviluppata del pianeta. E evidente che il problema della dipendenza energetica e degli effetti negativi sull ambiente connessi all impiego dei combustibili fossili non si può risolvere esclusivamente con i biocarburanti, ma è altrettanto vero che questi possono fornire un contributo rilevante, in particolare per quel che riguarda il settore dei trasporti. Infatti, a questo settore possono essere imputati oltre il 30% dei consumi energetici nei paesi dell Unione Europea e, considerando che il 98% dei carburanti liquidi vengono prodotti da combustibili fossili, soprattutto petrolio, tale situazione ha immediate ripercussioni nel mancato rispetto, non solo da parte del nostro paese, di una tabella di marcia che possa consentire di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra - in primo luogo CO 2 - stabiliti con il Protocollo di Kyoto. Per ovviare a questi problemi, la Comunità Europea ha avviato un ambizioso programma a sostegno dei biocombustibili, a partire dall emanazione della Direttiva n. 2003/30/CE dell 8 maggio 2003, che prevedeva il raggiungimento per ogni Stato membro di obiettivi indicativi di sostituzione dei carburanti derivanti dal petrolio con biocarburanti e/o altri carburanti da fonti rinnovabili per una quota pari al 2% (sulla base del contenuto energetico) nel 2005 fino al 5,75% nel 2010, fino alla recente emanazione della Direttiva n. 2009/28/CE sulla promozione dell uso dell energia da fonti rinnovabili, che stabilisce l obbligo di copertura, al 2020, del 10% dei consumi energetici del settore dei trasporti con biocarburanti, elettricità e idrogeno. In realtà, pur nella consapevolezza della diseconomia determinata dai maggiori costi di produzione delle materie prime agricole rispetto alle fonti fossili (petrolio, gas naturale, ma anche - e questo viene quasi sempre sottaciuto - carbone, dal quale è possibile ottenere benzina e gasolio sintetici in quantità con processi ben conosciuti e utilizzabili su scala industriale), è evidente che, in attesa della maturità tecnologica della produzione di idrogeno da fonti rinnovabili e del suo impiego diffuso negli autoveicoli, i biocarburanti rappresentano oggi l unica alternativa realisticamente praticabile per ridurre le emissioni di CO 2 nel settore dei trasporti. Come è noto, la produzione di biocarburanti rappresenta in molti Paesi europei ed extraeuropei una realtà diffusa e consolidata da diversi anni (Figg. 1 e 2) ed alimenta un mercato in continua espansione, ma, allo stato attuale della tecnologia, gli unici biocarburanti prodotti e utilizzati su larga scala sono gli oli vegetali, utilizzati direttamente come tali - in genere per l alimentazione di macchine agricole -, o trasformati chimicamente in una miscela di esteri metilici meglio conosciuta con il nome di biodiesel, e l etanolo - o bioetanolo - e i sui derivati di sintesi ETBE (etere etil ter-butilico, considerato come biocarburante per il 47% in peso, corrispondente al contenuto in etanolo) e TAEE (Etere etil ter-amilico). A biodiesel ed etanolo si è aggiunto negli ultimi anni il biometano, ottenuto a partire dal biogas prodotto dalla fermentazione anaerobica di reflui zootecnici, residui e scarti agroindustriali e colture
2 dedicate, in primo luogo mais, utilizzato prevalentemente per l alimentazione di autobus adibiti al trasporto pubblico (Fig. 3). Fig. 1 - Produzione di biodiesel nei Paesi dell Unione Europea. Anni Fonte: European Biodiesel Board, 2009 Fig. 2 - Consumi di biocarburanti nell Unione Europea nel 2007 Valori di riferimento: 1 t biodiesel o olio = 0,86 tep 1 t bioetanolo = 0,64 tep 1 t di biometano = 1,20 tep Fonte: Elaborazione ENEA su dati EurObserv ER - Biofuels Barometer,
3 Fig. 3 - Mezzi di trasporto pubblici alimentati a biometano nella città svedese di Kristianstad (2008) Tutti i biocarburanti liquidi attualmente prodotti e distribuiti su larga scala sono ricavati a partire da colture ben note (oleaginose come colza, soia, girasole e palma o zuccherine come mais, grano, barbabietola e canna da zucchero), largamente diffuse e utilizzate prevalentemente a fini alimentari, e utilizzando tecnologie mature e pienamente affidabili dal punto di vista industriale. L attuale tendenza ad incorporare percentuali crescenti (ma, tutto sommato, limitate) di questi prodotti in benzina e gasolio va quindi incontro all esigenza del sistema produttivo agricolo di diversificare le proprie produzioni e di utilizzare grandi estensioni di terreni non più destinabili in modo economicamente conveniente alla produzione di risorse alimentari. Ovviamente, questa convergenza di interessi è valida solo fino ad un certo punto, corrispondente ad un livello di sostituzione stimabile intorno al 5-10%. Se però, in un contesto di nuove e più forti esigenze di diversificazione delle fonti energetiche e di contenimento delle emissioni di gas responsabili dell effetto serra, si dovesse decidere di introdurre sul mercato quantitativi di biocarburanti maggiori, allora la duplice esigenza di ridurre significativamente i costi di produzione e di ottimizzare l uso del territorio, in modo da non dar vita ad un possibile conflitto con le produzioni alimentari, imporrebbe lo sviluppo di filiere produttive alternative alle attuali per ottenere nuovi tipi di biocarburanti diverse da quelli attualmente presenti sul mercato, comunemente indicati come biocarburanti di seconda generazione. Questa comune denominazione raggruppa in realtà una gamma piuttosto ampia e diversificata di prodotti, ottenibili da diverse materie prime con una varietà di processi, a diversi stadi di sviluppo (dal laboratorio all impianto dimostrativo pre-commerciale), ma nessuno ancora presente sul mercato in quantità significative (Tab. 1). I principali esempi di questi biocarburanti sono: Il gasolio sintetico da biomassa (FT-liquids), il dimetil-etere (DME) e il bio-metanolo, ottenuti via gassificazione e sintesi catalitica, genericamente indicati come BTL (Biomass to liquids) fuels. Nel primo caso, la produzione del biocarburante viene effettuata con processi analoghi alla sintesi di Fischer-Tropsch, utilizzati per la produzione di carburanti sintetici da carbone, e la tecnologia è ormai allo stadio di impianto dimostrativo precommerciale (il primo impianto di questo tipo, della Società Choren AG, è stato inaugurato a Freiberg dal Cancelliere tedesco Angela Merkel il 17 aprile 2008). Gli altri processi sono attualmente oggetto di sperimentazione a livello di laboratorio o impianti di piccola scala; Il biodiesel di nuova generazione, meglio noto come hydrodiesel o green diesel, ottenuto per idrogenazione catalitica di oli e grassi vegetali e animali, anche con caratteristiche chimico-fisiche tali da renderli inadatti alla produzione di biodiesel convenzionale. Nel 3
4 caso specifico di questa tecnologia, sviluppata da alcune compagnie petrolifere (tra cui l italiana ENI), è più corretto parlare di un biocarburante ibrido fra la prima e la seconda generazione, considerando che si tratta di un prodotto per il quale sono già in fase di avvio della produzione o in fase avanzata di realizzazione alcuni impianti industriali di grandi dimensioni; L etanolo ottenuto da processi biotecnologici di idrolisi enzimatica della cellulosa, oggetto di ricerca e sperimentazione, fino alla realizzazione di impianti dimostrativi, già dalla seconda metà degli anni 70 e attualmente al centro di un rinnovato interesse da parte della comunità scientifica e di alcuni grandi produttori industriali del settore; I biocombustibili (biolio e biodiesel) ottenuti a partire dall olio prodotto e accumulato da colture di microalghe, oggetto di numerose attività di ricerca sperimentale, ma ancora lontani da possibili applicazioni industriali. Tab. 1 - Principali biocarburanti di seconda generazione Tipologia Biocarburante Materie prime Bioetanolo Etanolo da cellulosa Biocarburanti di sintesi Fischer-Tropsch diesel Processo produttivo Idrolisi enzimatica e fermentazione Biometanolo Alcoli superiori (butanolo e altri) Dimetil etere (DME) Gassificazione e sintesi Biodiesel (ibrido fra Ia e IIa generazione) Ossigenati di sintesi (etanolo + MTHF ecc.) Hydrodiesel Oli e grassi vegetali e animali Idrogenazione catalitica Greendiesel da pirolisi Pirolisi Biolio da microalghe Microalghe Metano Gas naturale di sintesi (SNG) Idrogeno Bioidrogeno Biomasse fermentescibili Coltivazione ed estrazione Gassificazione e sintesi Gassificazione e separazione Fermentazione anaerobica Fonte: IEA Bioenergy Implementing Agreement - From 1st to 2nd Generation Biofuel Technologiees (novembre 2008) Denominatore comune di queste filiere è l utilizzazione, come materia prima, di substrati generalmente non utilizzabili a fini alimentari (materiali, oli e grassi non commestibili 4
5 ecc.) o prodotti comunque in aree diverse da quelle tradizionalmente destinate alle produzioni agricole convenzionali (microalghe). Nel caso specifico delle colture da biomassa, è noto che già oggi la produttività per ettaro è molto più elevata rispetto a quella dei cereali o delle oleaginose e che, in ogni caso, i processi in questione consentono di utilizzare una frazione maggiore della biomassa prodotta o addirittura l intera pianta, cosa che si traduce immediatamente in bilanci energetici ed ambientali molto più vantaggiosi rispetto a quelli dei corrispondenti biocarburanti di prima generazione. Al di là delle critiche, a volte strumentali, di chi prefigura un contrasto insanabile fra la produzione di cibo e quella di energia, è evidente che un approccio corretto e ragionevole al problema della produzione di sempre maggiori quantitativi di biocarburanti necessita di una particolare attenzione verso una serie di elementi che costituiscono i presupposti indispensabili per garantire l effettiva sostenibilità delle relative filiere produttive e, in un simile contesto, il mondo della ricerca, pubblica e privata, è chiamato a dare un significativo contributo all individuazione e allo sviluppo di nuove vie, nella prospettiva del superamento dei limiti della situazione attuale. Roma, 27 ottobre
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