Appendice D ANATOMIA VEGETALE

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1 Appendice D ANATOMIA VEGETALE

2 D.1 STRUTTURA ANATOMICA DI UNO STELO Come premesso nel Cap.2, riportiamo in questa sezione un analisi dettagliata della generica struttura istologica dello stelo delle piante da fibra e della struttura cellulare delle fibre liberiane [9, 93 95], con un accenno finale ai metodi impiegati industrialmente per la loro estrazione. Ci si soffermerà in particolare sulla struttura dello stelo di piante dicotilèdoni (tali sono la juta e la ginestra), contraddistinte dalla presenza all interno del seme di due cotilèdoni, ovvero le foglie embrionali che svolgono una funzione di riserva, di assorbimento o di protezione. Tab. D.1 [9] 217

3 D.1.1 Analisi istologica di uno stelo di dicotilèdone Sezionando trasversalmente un qualunque fusto di pianta dicotilèdone si possono individuare al microscopio tre regioni principali (procedendo radialmente dall esterno all interno): epidermide; corteccia; cilindro centrale. L epidermide è il tessuto tegumentale primario e la sua funzione, oltre che protettiva, è strettamente connessa alla regolazione della fotosintesi e della traspirazione. È costituita da un unico strato di cellule che sono sempre in mutuo contatto, cosí da escludere la presenza di spazi intercellulari. Le membrane esterne cellulosiche delle cellule sono impregnate di cutina, secreta dalle cellule stesse, che spesso forma uno strato continuo di rivestimento (cuticola) del tutto impermeabile all acqua ed ai gas, cosicché gli scambi gassosi con l ambiente avvengono solo attraverso delle specie di pori detti stomi. Durante l accrescimento della pianta, l epidermide si stacca e le funzioni di tessuto di rivestimento vengono assunte dallo strato piú superficiale della corteccia (o cilindro corticale o tiglio). Nella pianta giovane con epidermide è presente solo una corteccia primaria, costituita da vasi, tessuti parenchimatici costituiti da grandi cellule ricche di protoplasma e con parete sottile non lignificata, responsabili dei piú importanti processi vitali e tessuti meccanici di sostegno, necessari alla pianta per resistere all azione degli agenti esterni. I tessuti meccanici sono di due tipi, collenchimi (giovanili) e sclerenchimi (adulti); quelli sclerenchimatici sono costituiti a loro volta da due tipi di cellule morte, le sclereidi (corte e tondeggianti) e le fibre (allungate, con pareti spesse e fortemente lignificate e con una cavità interna lumen molto piccola). Fig. D.1 Sezione longitudinale e trasversale di una cella di fibra vegetale 218

4 In un secondo tempo si forma una corteccia secondaria piú esterna (detta periderma) attraverso l attività del cambio corticale (fellogeno): un tessuto meristematico (ovvero costituito da cellule giovani in attiva riproduzione) che, per divisione tangenziale delle sue cellule, determina l accrescimento secondario in spessore della corteccia originando verso l interno un tessuto parenchimatico secondario (felloderma) e verso l esterno un tessuto di protezione (sughero) impermeabile all acqua, lacerato e screpolato, continuamente rinnovato, che sostituisce l epidermide. Il cilindro centrale è la porzione piú interna del fusto ed è separato dalla corteccia mediante lo strato piú profondo di quest ultima, detto endoderma, che ha la funzione di dirigere il trasferimento dell acqua e degli ioni verso l interno. È costituito essenzialmente dal cosiddetto fascio cribro-legnoso (o fibrovascolare), cioè l insieme dei condotti responsabili del trasporto della linfa, di fibre di sostegno e di cellule parenchimatiche, e dal midollo, il complesso delle cellule parenchimatiche occupante il centro del fusto. In una pianta adulta, il fascio cribro-legnoso si compone essenzialmente di due tessuti, un tessuto cribroso detto libro (o floema secondario) ed un tessuto vascolare detto legno (o xilema secondario): il libro è la zona di nostro interesse, in quanto in esso sono contenute le fibre da noi utilizzate, le piú sottili, flessibili e lunghe (fibre liberiane): queste si trovano raccolte in fascetti (strand) che si alternano a bande di fasci liberiani, formati da tubi cribrosi a pareti non lignificate destinati a trasportare la linfa discendente elaborata dalle zone di fotosintesi fogliare a tutte le parti della pianta come nutrimento (una soluzione molto diluita di acqua e di materiali organici di varia natura, soprattutto saccarosio ed altri zuccheri) e da cellule parenchimatiche; il legno è composto da fasci legnosi e da fibre xilari; i fasci legnosi comprendono vasi di conduzione (trachee e tracheidi) formati da cellule morte con membrana fortemente lignificata, entro le quali scorre la linfa grezza ascendente dalle radici (una soluzione molto diluita di acqua e sali minerali) e diretta alle foglie e cellule parenchimatiche vive, la cui attività serve a regolare il passaggio della linfa. Le fibre xilari, a differenza di quelle liberiane, non sono di nostro interesse in quanto la loro lunghezza è molto modesta, dell ordine del mm. Nel caso delle Dicotilèdoni si parla di fasci collaterali aperti, cioè il legno è disposto internamente al libro rispetto all asse della pianta e tra le due parti è interposto 219

5 uno strato di tessuto meristematico indifferenziato ad attività moltiplicativa, detto cambio cribro-legnoso (o vascolare), responsabile dell accrescimento secondario dei due tessuti: esso infatti dà origine, mediante divisione delle sue cellule, a xilema secondario verso l interno e a floema secondario verso l esterno. La parte piú vecchia del legno, quella piú interna, si indurisce man mano impregnandosi di sali (duramen), mentre la parte piú giovane, quella periferica (alburno), assume la funzione conduttrice. Il libro si accresce invece verso l esterno, cosicché i suoi strati piú recenti premono dall interno i piú vecchi producendovi delle spaccature, riempite poi da un parenchima di dilatazione. In generale gli strati dal libro al sughero possono essere asportati insieme, per cui alcuni autori chiamano corteccia della pianta il loro insieme per distinguerlo dal robusto e piú spesso cilindro centrale di legno e midollo [94] e fibre di corteccia (bark fibers) o fibre extraxilari le fibre liberiane delle piante dicotilèdoni a fusto legnoso, come illustrato a destra nella seguente figura: Fig. D.2 Schemi della struttura di tipici fusti erbacei e legnosi. Ciascuno di questi è rappresentato da un segmento cilindrico tagliato a metà nel senso della lunghezza. I tessuti vascolari sono stati indicati punteggiati (floema) e a righe trasversali (xilema). I tessuti molli (corteccia e midollo) ed il sughero nel disegno sono trasparenti. [94] L enorme lunghezza della fibra liberiana è dovuta ad un particolare meccanismo di crescita della cellula, inizialmente in armonia con le altre cellule circostanti (crescita di tipo simplastico) e successivamente con un processo di accrescimento indipendente 220

6 delle due estremità che, allungandosi, si insinuano fra le cellule sovrastanti e sottostanti (accrescimento per intrusione o per insinuazione). Fig. D.3 Particolare della sezione trasversale del fusto di una dicotilèdone in struttura primaria (fase giovanile della pianta). Si distinguono le tre zone principali del fusto: epidermide (ep), corteccia (co) e cilindro centrale (cc). Inoltre è possibile apprezzare le cellule collenchimatiche (cl), il parenchima corticale (pc), l endoderma (end), il periciclo (p), il libro (lb), il legno (lg), il midollo (m) ed i raggi midollari (rm). [da Bonnier, secondo Tonzig e Marré] [9] Nella fase di accrescimento primario (cioè in lunghezza) del fusto [Fig.D.3], caratterizzata dalla divisione cellulare e poi dal differenziamento strutturale e funzionale dei tessuti vascolari, non si distinguono chiaramente i tessuti fibrosi, che compariranno piú tardi, nella struttura secondaria [Fig.D.4]. Il differenziamento dei tessuti vascolari inizia con la comparsa di filamenti di cellule allungate che si trovano nella disposizione a fasci che sarà poi propria del sistema vascolare. Da queste cellule allungate si differenziano i primi elementi tubolari cribrosi (floema primario) e piú tardi trachee e/o vasi xilematici (xilema primario); la divisione cellulare cessa gradualmente ed i primi elementi cribrosi e xilematici entrano nella fase di accrescimento cellulare, fino a 221

7 sviluppare una struttura definitiva dividendosi dal tessuto meristematico, allungandosi e disponendosi in distinti fasci vascolari che corrono attraverso un tessuto morbido (corteccia e midollo): gli elementi tubolari cribrosi uniscono le estremità fra loro riunendosi in tubi cribrosi, mentre gli elementi vasali dello xilema si riuniscono formando i vasi. L accrescimento secondario (in spessore) dei tessuti vascolari è dovuto all attività meristematica del cambio cribro-legnoso, che inizialmente si forma frammentato tra il floema e lo xilema primari di ciascun fascio vascolare e progressivamente si estende tutt intorno al fusto fino a formare un anello continuo che genera verso l interno anelli di xilema e verso l esterno anelli di floema secondari. Fig. D.4 Primi eventi del passaggio dalla struttura primaria a quella secondaria in un fusto di dicotilèdone: fasci di fibre si alternano a fasci liberiani nel floema [da Smith ed al.] [9] 222

8 Fig. D.5 Tipica sezione longitudinale di una pianta da fibra [9] Fig. D.6 Microfotografie di sezioni trasversali di fusti che mostrano come avviene la crescita secondaria di Dicotilèdoni [94] 223

9 Quando ciò è avvenuto, un doppio cilindro continuo di tessuti vascolari (uno interno di legno, molto spesso, ed uno esterno di libro, piú sottile, separati dal cambio) sostituisce i fasci vascolari di xilema/floema che prima si trovavano piú o meno isolati e dispersi. Questa struttura secondaria manca nei fusti teneri delle piante di tipo erbaceo [Fig.D.2, a sinistra]. Il differenziamento dei tessuti si completa solo dopo che ha avuto termine la crescita in dimensioni. A questo punto nel floema del fusto (e talvolta anche altrove) si differenziano in modo notevole le fibre, rinforzando meccanicamente la pianta. Nella sequenza delle fotografie della Fig.D.6, scattate ad un fusto di alfaalfa (Medicago) da A a C, x91 e ad un fusto dell età di un anno del liriodendro (Liriodendron) figura D, x54, si può seguire l evoluzione del fusto durante la crescita secondaria. Si distinguono: A) la struttura primaria; B) la formazione del cambio vascolare entro i fasci vascolari; C) la formazione dal cambio dello xilema e del floema secondari; D) uno stadio piú avanzato della crescita secondaria, in cui il fellogeno ha cominciato a produrre sughero e si sono formati spessi strati di xilema e floema secondari. Legenda: CC: fellogeno CL: collenchima corticale CO: sughero CX: corteccia E: epidermide PPC: tessuto conduttore di floema primario PPF: fibre floematiche primarie PT: midollo PX: xilema primario SPC: tessuto conduttore di floema secondario SPF: fibre floematiche secondarie VC: cambio vascolare SX: xilema secondario 224

10 D.1.2 Analisi citologica di una fibra liberiana I tessuti sono insiemi di cellule correlate dal punto di vista morfologicofunzionale. Le cellule vegetali si distinguono da quelle animali per la presenza di un sottile rivestimento a contatto con la membrana plasmatica, chiamato parete cellulare di spessore spesso inferiore ad 1 µm, e di vacuoli generalmente grandi ed unici [9]: Fig. D.7 Schema di una parete cellulare vista in sezione trasversale [da Brown] [9] La struttura della parete cellulare è assai complessa e varia in funzione del tipo di cellula alla quale appartiene. In questo studio ci si limiterà a caratterizzare la struttura di una cellula appartenente ad una fibra extraxilare, evidenziando particolarmente i tessuti responsabili delle proprietà meccaniche di questa fibra specifica. In linea di massima, ogni parete cellulare è costituita da tre zone principali: lamella mediana parete primaria parete secondaria La lamella mediana è un sottile straterello, di spessore mai superiore ad un decimo di micron, interposto tra le due pareti primarie di due cellule attigue. La sua funzione è quella di saldare insieme le due cellule, funzione che essa esplica in virtú della sua costituzione chimica: la lamella mediana infatti è ricca di sostanze pectiche, macromolecole con una forte azione cementante che derivano dalla semplice polimerizzazione dell acido galatturonico [Fig.D.8]. Il contenuto di pectine in questa zona è importante sia ai fini della separazione delle fibre dai tessuti adiacenti sia per l ottenimento di fasci fibrosi di dimensioni stabilite: per separare le cellule di un tessuto 225

11 ad alto contenuto di pectina è necessario infatti trattare il tessuto con le pectinasi, cioè enzimi che scindono le pectine, e a livello industriale questa operazione porta degli aggravi sia economici che tecnologici non indifferenti. Nel caso della ginestra ed ancor piú della juta, il contenuto di pectina risulta basso rispetto ad altre fibre (rispettivamente, in peso, inferiore all 1% ed intorno allo 0.2%) e ciò agevola la loro stigliatura, ovvero l estrazione della fibra dallo stelo. Fig. D.8 Schema di formazione ed interconvrsione di alcune sostanze pectiche della parete cellulare [da Wareing] [9] Nella lamella mediana sono presenti anche sostanze proteiche rappresentate sia da proteine strutturali che da proteine enzimatiche, mentre non vi è cellulosa. La parete primaria è lo strato che si trova a ridosso della lamella mediana ed ha uno spessore maggiore (0.1 1 µm). Essa è formata da una sostanza fondamentale, detta matrice, in cui è disperso un materiale fibrillare presente in quantità minore. 226

12 La matrice è costituita da acqua, emicellulose, sostanze pectiche, proteine e lipidi. L acqua è il costituente principale (circa il 60% del peso fresco della parete primaria), mentre le emicellulose sono il piú abbondante degli altri componenti: si tratta di polisaccaridi a catena ramificata formati da zuccheri pentosi (in genere xilosio ed arabinosio) ed esosi (quali il glucosio, il galattosio ed il mannosio), che costituiscono le catene lineari principali a cui possono attaccarsi altri zuccheri. Il sistema fibrillare della parete primaria è costituito da cellulosa, che, in qualità di materiale rinforzante, offre alla cellula stabilità strutturale. La cellulosa è un polisaccaride a catena lineare costituito da unità di β-glucosio (glucopiranosio) C 6 H 12 O 6 legate tra loro con legami 1-4. Fig. D.9 Formula di struttura dell α-glucosio e del β-glucosio Per realizzare il legame β-1,4 ciascuna unità di β-glucosio è ruotata di 180 rispetto all unità precedente. Ne consegue che l unità strutturale ripetentesi nella catena cellulosica è il disaccaride (detto cellobiosio) [Fig.D.10], nonostante che la sintesi della cellulosa avvenga per addizione di singole unità di glucosio. Il grado di polimerizzazione della cellulosa, per quanto variabile, è sempre piuttosto elevato: nella parete primaria va da 2000 a 6000 e nella parete secondaria è approssimativamente Le catene cellulosiche sono quindi molto lunghe ed i residui glucosidici assumono una disposizione a zig-zag lungo la catena, determinando cosí un ordinamento piatto in cui i piani degli anelli formano angoli di circa 10 rispetto al piano orizzontale. La sistemazione a zig-zag permette che il gruppo ossidrile in posizione 3 si trovi cosí vicino all ossigeno dell anello del confinante residuo glucosidico da formare il legame idrogeno. Per questo la catena della cellulosa ha una conformazione simile ad un nastro rigido: tale struttura, detta microfibrilla, è costituita da un fascio di centinaia di macromolecole di cellulosa, con un diametro di Å ed una lunghezza molto variabile. A loro volta, le microfibrille sono costituite da 227

13 raggruppamenti affiancati di fibrille elementari del diametro di circa 35 Å o multipli. Fig. D.10 Struttura della cellulosa [1] Fig. D.11 Cella elementare della cellulosa [da Stocchi] [9] 228

14 Lungo l asse delle microfibrille di cellulosa, cosí come nelle fibrille elementari, si osserva una variazione periodica di regioni a struttura cristallina, denominate micelle, e di regioni a struttura amorfa. Il reticolo cristallino è tenuto insieme da vari tipi di legami: legami covalenti longitudinali tra le unità ripetitive delle singole catene e legami idrogeno trasversali tra due ossidrili o tra un ossidrile ed un ossigeno dell anello glucosidico di due catene adiacenti. I legami covalenti sono responsabili della resistenza tensile della cellulosa, mentre i legami idrogeno mantengono strettamente connesse fra di loro le catene cellulosiche. Nella Fig.D.11 è riprodotta la struttura della cella elementare della cellulosa. Tale cella comprende 5 unità del disaccaride cellobiosio; si può notare come in ogni unità cellobiosica le due unità cicloesagonali a sedia siano orientate in maniera opposta nello spazio e come dei legami idrogeno (ne sono stati indicati solo alcuni dei possibili) tengano in posizione le molecole nella struttura ordinata (e perciò cristallina) della cellulosa. Sono stati proposti vari modelli per spiegare la struttura delle fibrille elementari ed il modo con il quale si formano le zone cristalline e quelle amorfe lungo le fibrille. Tra questi si può citare la teoria di Marx-Figini e Schulz, secondo i quali la fibrilla elementare risulta costituita dalla successione di diverse catene cellulosiche ripiegate su se stesse: le regioni cristalline (micelle) corrisponderebbero alle zone delle catene ripiegate e le regioni paracristalline alle zone comprese tra due successive micelle. Fig. D.12 Modello della struttura di una fibrilla elementare secondo Marx-Figini-Schulz [9] Nella parete primaria la cellulosa raggiunge soltanto il 10-15% circa del peso fresco della parete; di conseguenza le microfibrille hanno abbastanza spazio per disporsi con orientazione casuale nell abbondante matrice: in tal caso si parla di tessitura dispersa e la cellula tenderà a crescere ugualmente in tutte le direzioni, con forma approssimativamente sferica. Nelle pareti primarie che hanno già subíto l accrescimento per distensione (tipico delle fasi giovanili della cellula, nel quale questa cresce in termini di superficie e 229

15 non di spessore) si riscontra invece una tessitura di tipo fibroide, con le microfibrille orientate prevalentemente in direzione longitudinale, parallelamente all asse maggiore della cellula, che, come risultato, si allunga ed assume una forma cilindrica. Questo costituisce il tipico accrescimento delle cellule nelle radici e nel fusto. In ogni caso, la sottile parete primaria della cellula non è affatto rigida e si può piegarla o torcerla molto facilmente; tuttavia resiste con forza allo stiramento e può essere correttamente definita inelastica [94]. La parete secondaria, infine, è lo strato che si pone a ridosso ed internamente alla parete primaria; solitamente si forma dopo che la cellula ha completato l accrescimento per distensione. Tale parete costituisce la maggior parte di tutta la parete cellulare; nella ginestra può raggiungere spessori anche superiori ai 5 µm. Come la parete primaria, essa è formata da una matrice e da un sistema fibrillare costituito da cellulosa; in questo caso, però, la quantità di matrice è molto scarsa e la cellulosa prevale su tutti gli altri componenti, rendendo la parete rigida. Nella parete secondaria le fibrille cellulosiche sono disposte sempre parallelamente fra loro (tessitura parallela), ma mostrano un orientamento rispetto all asse longitudinale della cellula differente nei diversi tipi di cellula. Nella ginestra, ad esempio, cosí come nel ramiè e nel lino, l orientamento delle fibrille nella parete secondaria è parallelo all asse longitudinale della cellula (tessitura fibrosa); in qualche caso la direzione delle fibrille cellulosiche forma un piccolo angolo <10 rispetto all asse (tessitura ad elica). Peraltro durante la crescita in superficie della parete primaria l orientamento delle microfibrille viene profondamente modificato e bande con tessitura parallela possono interessare anche la parete primaria stessa. D.1.3 Lignificazione della parete cellulare delle fibre Poiché le unità fondamentali del sistema fibrillare della parete sono le fibrille elementari, riunite in fasci a formare le microfibrille, nella parete esiste un sistema eterogeneo di interstizi: vi sono spazi allungati sottilissimi, al di sotto di 10 Å, situati tra le singole fibrille elementari, e spazi piú grossi, di circa 110 Å, situati tra le microfibrille [9]. Per la presenza di questo complicato sistema di intestizi, la parete cellulare, una volta che abbia completato il suo accrescimento, può essere stabilizzata da 230

16 una sostanza amorfa detta lignina (lignificazione). La lignina si deposita nella matrice, tra le maglie del reticolo di fibrille cellulosiche, e poiché la parete primaria è povera di cellulosa e ricca di matrice, ne deriva che in essa la lignina può depositarsi in quantità molto piú alta (piú del doppio) di quella che può insinuarsi nella parete secondaria. L incrostazione di lignina conferisce alle pareti caratteristiche speciali di colorabilità che le rendono facilmente riconoscibili. La lignificazione è una modifica secondaria della parete cellulare ed il suo significato funzionale è quello di aumentarne la resistenza meccanica. La lignina, a differenza della cellulosa, è sostanzialmente idrofoba e perciò agisce, in una certa misura, anche come agente impermeabilizzante per le pareti cellulari. Nel processo di lignificazione la lignina sostituisce, parzialmente o completamente, la matrice di natura altamente plastica della parete primaria. La parete cellulare, che già possiede una buona resistenza tensile dovuta alle microfibrille cellulosiche, incrementa cosí la resistenza a compressione. Fig. D.13 Formula di una porzione della lignina, proposta da Freudenberg [9] La natura chimica della lignina è piuttosto complessa e la sua struttura esatta è ancora in discussione. Il termine lignina, infatti, non si riferisce ad un composto 231

17 chimico ben definito, ma è usato in senso generico per indicare una serie di composti polimerici simili le cui unità fondamentali consistono principalmente di residui sostituiti del fenilpropano [Fig.D.13]. Si è notato che la lignina si trova in piccole quantità nelle piante giovani e va poi notevolmente aumentando con l approssimarsi della maturità della pianta; inoltre la sua formazione è nettamente stimolata dalla luce. D.2 Metodi di estrazione delle fibre dal libro I metodi tradizionali di estrazione (stigliatura) delle fibre liberiane, ovvero di separazione dai tessuti cribrosi dello stelo della pianta, si compongono di tre fasi successive: dopo l estirpazione (pulling), le fonti vengono macerate, scotolate e pettinate [3]. Macerazione (retting) La prima fase consiste essenzialmente nell assoggettare i gambi ad imputridimento controllato in acqua per un periodo di tempo dipendente dalle particolari condizioni climatiche e dal tipo di fibra interessata. Dopo la mietitura (tradizionalmente per estirpazione), le piante vengono fatte distendere sul campo in una falciata per subire l attacco microbiologico (ad opera di enzimi fungosi aerobici) ai legami pectinici che cementano le fibre nello stelo (metodo denominato macerazione per esposizione alla rugiada, dew-retting). Quindi la paglia affastellata viene rimossa dal campo ed immersa in acqua per la macerazione a fibre (water-retting) tramite degradazione anaerobica delle pectine, effettuata dall azione dei batteri che attaccano principalmente i tessuti parenchimatici nei quali sono incastrati i fasci (detti anche strands) di fibra. La macerazione può essere condotta in canali, bacini d acqua, fiumi, oppure in vasche costruite appositamente, sotto condizioni regolate attentamente. Gli svantaggi ambientali della macerazione in acqua sono l emissione di cattivi odori e l inquinamento dell acqua. Scotolatura (scutching) Lo scopo dell operazione di scotolatura è separare le fibre del libro dal nucleo legnoso (lo xilema), pulirle e schiuderle. Ciò si ottiene scotolando la paglia, cioè 232

18 battendola con la scotola o con apposita macchina, per spezzare il midollo legnoso interno ed estrarne le fibre col minor danno possibile. Frantoi di scotolatura sono tuttora operativi in Francia, Belgio e Paesi Bassi. Pettinatura o cardatura (hackling, carding, combing) Le fibre gregge in bioccoli cosí estratte vengono infine cardate, cioè pettinate e spazzolate con un apposito arnese a denti uncinati lo scardasso al fine di rimuovere lo sporco e corte ramificazioni da fibre piú lunghe. I prodotti finali sono perciò nastri di fibre corte e fibre lunghe, entrambe pettinate. Per quanto riguarda il lino, vanno scardassati numerosi sottoprodotti (la stoppa di lino ) prima di ottenere fibre allineate. Questa operazione è particolarmente importante se la destinazione d uso è tessile: in tal caso, infatti, le fibre ripulite e allineate vanno filate ed intrecciate a tessuti. Occasionalmente, in combinazione con una qualche forma di macerazione sono impiegate anche la separazione chimica delle fibre, l isolamento e la scotolatura meccanici. Queste tecniche tradizionali di estrazione, tuttora in uso soprattutto per il lino e nei Paesi dell Europa Orientale (Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Jugoslavia, Repubbliche dell ex URSS), garantiscono una qualità per lo piú elevata ma incostante delle fibre ottenute, troppo condizionata dal clima e dalla qualità del raccolto (harvest risk); inoltre sono inquinanti e piuttosto costose. Si sono sviluppati perciò nuovi metodi di estrazione meno dipendenti dalla qualità dell iniziale materia prima e meno costosi, effettuati per lo piú da macchinari innovativi ed automatizzati. Tra questi citiamo la macerazione enzimatica, che accelera quella ad acqua a caldo con l uso di enzimi specifici; la macerazione chimica, utilizzata nel Regno Unito, basata sull azione di agenti chimici essicanti che uccidono la pianta; la tecnologia steam-explosion, che consiste nell esposizione al vapore (a 200 C) sotto pressione o nel riscaldamento in una soluzione alcalina sotto pressione finché non si verifichi una caduta repentina di pressione, con conseguente dissoluzione ed idrolisi della pectina fra le fibre elementari. Per un approfondimento di questi ed altri metodi di nuova concezione (decortication of fibres on the farm, entangled straw process, extrusion, green flax extraction process) si rimanda ad altre fonti [3]. 233

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